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Ultimo Aggiornamento: 03/06/2010 17:06
06/07/2006 12:36
 
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(ne abbiamo parlato mille volte, ma questo sembra essere un bel concentrato)

La sinistra al potere e il problema della guerra

• da La Repubblica del 4 luglio 2006, pag. 1

di John Lloyd

E’ adesso il turno della sinistra italiana di avvertire tutta la pressione di un nuovo tipo di globalizzazione, la globalizzazione della politica, degli ideali e delle decisioni da prendere sulla guerra e sulla pace. In America e in Gran Bretagna la sinistra ne ha sofferto. In Francia, Germania e Spagna le sinistre l'hanno evitata. La sinistra italiana, ora al governo, deve sperimentarla in forma acuta, ma così facendo potrebbe essere di esempio alle altre. La globalizzazione ha portato vicino a noi la sofferenza altrui. Lo ha fatto in modi diversi: quello più ovvio è tramite i nostri schermi televisivi e i giornali, dove osserviamo e leggiamo di atrocità mentre sono ancora in corso. Il modo assillante con cui lo ha fatto è tramite la nostra percezione della sicurezza: ci rendiamo progressivamente conto che né le guardie alla frontiera e neppure le armi nucleari possono garantirla, poiché ad essa attentano pericoli aventi origine in Paesi che alimentano il terrorismo o che sono talmente devastati che, del tutto indifesi, ne diventano basi essi stessi. Queste sono forme ben note di globalizzazione, ma ce n'e un'altra ancora.


Adesso possiamo sapere o informarci di tutto quello che accade nel mondo ogniqualvolta lo desideriamo. Possiamo vedere con i nostri occhi, sempre più chiaramente, che esistono movimenti che ambiscono a distruggere il nostro modo occidentale e democratico di vivere. Possiamo osservare in che modo questi movimenti dichiarano guerra prima di tutto a loro stessi con cittadini e correligionari. Siamo pertanto obbligati a considerare il mondo uno spazio politico. Ciò implica che i criteri che abbiamo applicato alla nazione debbano ora essere applicati al globo. Per la nostra coscienza, per la nostra sicurezza, per concretizzare i nostri ideali politici siamo travolti in conflitti e atrocità che non possiamo eludere più a lungo.


Il più grande conflitto di questo tipo e stato l'Iraq, causa di spaccatura nei partiti di centrosinistra americani e britannici. In entrambi i Paesi una parte del più importante partito di sinistra i Democratici statunitensi e il Partito Labour britannico è stata favorevole all'invasione dell'Iraq, mentre un'altra parte vi si è opposta. Negli Stati Uniti i Democratici hanno il lusso di essere all'opposizione e di poter discutere da lì delle loro posizioni. In Gran Bretagna il New Labour avverte la pressione del governo, che finora ha fatto si che il partito in Parlamento restasse fedele al primo Ministro Tony Blair, anche se spesso controvoglia.


In Italia la questione dell'Iraq è stata accantonata, in seguito alla decisione del governo Prodi di ritirare il contingente italiano una decisione già presa in linea di principio dall'ex governo di Silvio Berlusconi. La crisi interna di cui ora soffre riguarda l'Afghanistan, la decisione da parte di otto senatori della sinistra di votare contro il finanziamento delle truppe italiane lì dispiegate, episodio che ha costretto il governo a dipendere dai voti dei partiti di destra. E’ un inizio deludente per il mandato di D'Alema alla Farnesina. Finora il ministro italiano degli Esteri ne aveva discusso in termini diplomatici, affermando che l’Italia deve rispettare gli accordi presi con i suoi alleati per dare aiuto nella ricostruzione dell'Afghanistan e per difendere il locale governo eletto. Sicuramente questo è un ragionamento che va fatto, ma ce n'é un altro. Si tratta di un ragionamento di principio, un principio che unisce, o può unire, i democratici di tutte le opinioni e lo si rinviene in quel vecchio punto di aggregazione della sinistra che e l'internazionalismo.


Questo principio e stato ricordato nel corso di un meeting tenutosi a Roma a giugno per la presentazione del libro di Christian Rocca "Cambiare regime”. Tra i relatori provenienti dagli Stati Uniti c'erano Christopher Hitchens e Paul Berman, e dalla Gran Bretagna è arrivato il sottoscritto, ma l'incontro e stato degno di nota per la partecipazione di Adriano Sofri al suo primo convegno pubblico da quando è stato scarcerato e per quella di Piero Fassino, leader dei Ds. Nonostante siano stati contrari alla guerra in Iraq, entrambi hanno accettato la posizione internazionalista, in base alla quale laddove è possibile i tiranni debbono essere destituiti e la retorica della sinistra che ha appoggiato il cambiamento democratico in tutto il mondo dovrebbe avere le sue premesse nell'azione.


Queste cose, ovviamente, sono più facili a dirsi quando si è all'opposizione che non quando si è al governo, e sono più difficili ancora a dirsi in quei Paesi, come Italia e Germania, nei quali le costituzioni del dopoguerra vincolano tutti i partiti a opporsi a prendere parte a una guerra. Ma se ne deve discutere. E’ la stessa cosa che fece D'Alema quando da primo Ministro impegnò l'Italia a dare il suo supporto all'intervento di Stati Uniti, Regno Unito e Francia contro la Serbia per come si era comportata in Kosovo. E’ la stessa cosa che fece Joschka Fischer quando da ministro degli Esteri tedesco volle impegnare il Bundeswehr in missioni di peacekeeping in Bosnia. E’ il ragionamento in base al quale la posizione della sinistra non può
semplicemente essere pacifista, ma deve impegnarsi attivamente nelle battaglie utili a togliere dall'oppressione quanti la subiscono.


Che cosa significa questo in pratica? Certo non può significare intervenire ovunque: il governo cinese opprime chi crede in una religione (cattolici inclusi) e i dissidenti politici, ma nessun leader responsabile proporrebbe qualcosa di diverso da una pressione diplomatica. Il governo della Corea del Nord impone al suo popolo un regime stalinista e minaccia i Paesi vicini, ma il fatto di possedere armi atomiche la rende per il momento invulnerabile. (Una delle buone ragioni per invadere l'Iraq era fermare Saddam così che non potesse arrivare alla medesima posizione, cosa che egli sperava di poter fare). Significa però, prima di tutto, solidarietà e una più attiva promozione di campagne e pressioni su quei governi che palesemente rappresentano un pericolo per le loro popolazioni. Significa solidarietà con la popolazione dello Zimbabwe, che ora deve fare i conti con una carestia per le disastrose politiche di mania di grandezza del presidente Robert Mugabe. Significa discutere nel modo più serio possibile sulle alternative per il Darfur, Paese nel quale nonostante tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite e di altre, proseguono stermini e violenze di massa. E significa altresì solidarietà con gli iracheni rappresentanti dei sindacati, esponenti di sinistra e democratici appartenenti alla Scia, comunità sunnite e curde che dalle elezioni democratiche degli ultimi due anni si battono per creare un governo stabile. Anche là dove si ritirano le truppe come nel caso dell’Italia e
chiaramente imperativo per un governo di sinistra vedere in queste battaglie altrettanti sforzi utili a dare a quel Paese una politica normale, con la quale si possa affrontare e infine superare l'eredità della tirannia di Saddam. Quali che siano le motivazioni addotte dalla sinistra, le atrocità di Saddam sono state molto peggiori degli errori di George Bush e di Tony Blair e il dovere di rendere sicura la democrazia in Iraq e molto più importante che scovare un personaggio al quale imputare tutta le colpe di una cattiva politica e della mancanza di preparazione.


Dovere della sinistra, più di ogni altra cosa, e portare davanti all'elettorato le importanti problematiche del mondo, e tra le più importanti vi è questa: con l'Islam radicale ci troviamo di fronte a un movimento che è più simile al fascismo di qualsiasi altro mai visto dall'ultima guerra a oggi. E’ un movimento che anela a distruggere la democrazia o contrastarne l'affermazione, a sostituirle la legge islamica dello stigma, che vorrebbe subordinare il singolo allo Stato e lo Stato alla parola di un Profeta le cui frasi sono interpretate in modo tale da negare i diritti delle donne, da considerare nemici i non musulmani e da legittimare l’omicidio e la mutilazione allorché sono praticati da quanti si definiscono giusti.


Le tradizioni della sinistra democratica sono quelle della tolleranza, dell'eguaglianza e della giustizia. Non possono essere limitate a un solo paese. Devono invece diventare il diritto di tutti, acquisito alla nascita. Una delle ragioni per le quali la sinistra aspira al potere di governo e eliminare l'oppressione tutte le volte che può farlo.


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Georg Buchner, nella Morte di Danton , atto quarto: "Il Nulla è il Dio mondiale nascituro".
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