Dal blog di Lella...
QUELLA PASQUA MISTERIOSA
Papa Ratzinger getta luce su alcuni degli enigmi che avvolgono la vicenda storica di Cristo
C´è contraddizione fra i vangeli sugli ultimi giorni di Gesù. Ma secondo Benedetto XVI la chiave per risolverla è nei rotoli di Qumran e nei riti degli Esseni. Che Gesù stesso condivideva
Le ricerche del Pontefice sono contenute in un libro che uscirà la prossima settimana
All´inizio il Nazareno fu un seguace di Giovanni Battista e battezzava come lui
Città del Vaticano
Perché manca l´agnello sul tavolo dell´Ultima Cena? Sherlock Holmes non avrebbe saputo rispondere. «Perché l´Agnello è Gesù stesso», poteva ribattere un teologo. Ma la risposta non avrebbe risolto l´enigma, perché solo durante il pasto Cristo si è rivelato ai suoi seguaci come vittima sacrificale, offrendo loro il pane e il vino come suo corpo e suo sangue. Però gli apostoli, quando organizzarono la cena, non potevano saperlo e toccava a loro organizzare tutto. I vangeli parlano chiaro. Gli apostoli gli chiesero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». E Gesù dà le sue istruzioni.
Sulla tavola di un ebreo osservante, all´epoca di Cristo, l´agnello non poteva mancare. Era così per volontà del Signore, che aveva detto a Mosè e ad Aronne nel giorno della fuga dall´Egitto: «Ciascuno si procuri un agnello per famiglia (e il giorno di Pasqua) tutta l´assemblea delle comunità di Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po´ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull´architrave delle case in cui lo dovranno mangiare». Quel segno rosso così inquietante doveva servire all´Angelo del Signore per riconoscere le abitazioni degli ebrei e salvarle, perché nelle case degli egiziani in quella notte fatale sarebbe morto il primogenito. Un rito da seguire scrupolosamente.
Mosè, così tramanda il libro dell´Esodo, lo inculcò agli israeliti: «Voi osserverete questo rito per sempre». E invece l´agnello non c´è, quando Gesù e gli apostoli si siedono per la cena dell´addio. E c´è ancora un altro mistero, che circonda quella riunione che per i cristiani è diventata fondante.
C´è una contraddizione di date. Gli evangelisti Marco, Luca e Matteo affermano senza esitazioni che l´ultima cena si verifica proprio nel giorno della Pasqua ebraica, mentre Giovanni nel suo vangelo dichiara che Cristo muore sul Calvario (e questo accade il giorno seguente dopo la notte del tradimento e del processo) esattamente nel momento in cui si immolavano gli agnelli».
Come risolvere i due indovinelli? Ci prova papa Ratzinger, il quale ha colto l´occasione di queste liturgie prepasquali per gettare una luce sulle sue ricerche intorno alla figura di Gesù Cristo, che vedranno la luce venerdì prossimo in un libro. Da sempre Ratzinger come teologo è stato affascinato dalla persona di Gesù. Quando nel 2002, ormai superati i settantacinque anni, chiedeva a Giovanni Paolo II di poter andare in pensione e di lasciare la carica gravosa di prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, era proprio per dedicarsi a tempo pieno a mettere nero su bianco le sue ricerche sul Messia. In pensione non ci è andato, invece lo hanno eletto papa. Ma con tenacia ha usato ogni momento di tempo libero in questo primo biennio di regno per scrivere le sue conclusioni.
Giovedì in San Pietro, durante la predica per la messa dedicata all´ultima cena, Benedetto XVI ha svelato gli enigmi. No, ha spiegato, non c´è contraddizione tra il resoconto dell´evangelista Giovanni e quello degli altri tre. «Siamo in grado di dire - ha esclamato con il tono chiaro e preciso che lo contraddistingue - che Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della Pasqua nell´ora dell´immolazione degli agnelli». E il pasto nel Cenacolo? «Egli ha però celebrato la Pasqua con i suoi discepoli - ha soggiunto il pontefice - probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima: l´ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio».
Una dichiarazione clamorosa proprio perché fatta da un papa e non da un semplice studioso, un accenno quasi rivoluzionario ad uno scenario inedito, che ci riporta a quella stagione tumultuosa dell´ebraismo in cui è germogliato il cristianesimo. Qumran è la località desertica, tra le rupi del Mar Morto, dove sono stati trovati i celebri rotoli appartenenti ad una setta - gli Esseni - che erano in forte polemica con la tradizione religiosa ebraica come interpretata e praticata dai Farisei. Dire che Gesù seguiva il «calendario di Qumran» significa dire molto di più: vuol dire che Gesù condivideva il rito pasquale di una setta, che si era creato un mondo di idee tutto suo, vuol dire che almeno in parte Gesù si comportava da seguace di quel movimento, che respingeva i fedeli del Tempio ufficiale e si concepiva protagonista di una lotta apocalittica tra i Figli della Luce e i Figli delle Tenebre.
Molti dei temi trattati negli Inni di Qumran li ritroveremo poi nell´Apocalisse di san Giovanni e anche immagini come il Paraclito (cioè lo Spirito Santo) o l´avvento di un nuovo Regno dopo una catastrofe finale. Figure come il «Maestro di Verità» o la visione messianica del Giusto sofferente. «Chi è stato disprezzato come me? Chi è stato reietto come me? Chi ha portato tutte le afflizioni come me?», scandisce uno degli inni più emozionanti e sembra di vedere l´Agnello che porta i peccati del mondo.
«Gesù non è nato imparato», ha detto una volta la teologa Caterina Jacobelli. Fa parte del fascino della ricerca storica scoprire come il Nazareno è maturato e ha costruito il suo messaggio e indagare da quali fonti ha attinto. È interessante scoprire, ad esempio, che Gesù all´inizio fu un «seguace» di Giovanni Battista e battezzava come lui.
Ratzinger, dunque, ci riserva sorprese. Una sola cosa non troveremo nel suo libro. Un frase lapidaria che scrisse da teologo nella sua Introduzione al Cristianesimo più di un quarto di secolo fa: «La dottrina affermante la divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata, quand´anche Gesù fosse nato da un normale matrimonio umano. No, perché la filiazione divina di cui parla la fede non è un fatto biologico bensì ontologico». Sancire questo da parte del Papa (almeno oggi) sarebbe troppo.
Repubblica, 7 aprile 2007
Una lettura spirituale del sacrificio
Ma è un nodo di difficile soluzione
Il suo corpo diventa il tempio vivente
GIOVANNI FILORAMO
Nel discorso di Ratisbona il Pontefice aveva visto nel Logos, ragione donata da Dio a tutti gli uomini, ma anche, come insegna il Prologo del Vangelo di Giovanni, il Figlio preesistente, il fondamento della sintesi tra cristianesimo ed ellenismo. Dimostrando una singolare predilezione per quello che già gli antichi definivano il vangelo spirituale, nella omelia pronunciata per i riti del giovedì santo egli lo sceglie nuovamente, questa volta per fornire una lettura spirituale del sacrificio di Cristo.
Le fonti più antiche che ci parlano di questo - Paolo, i tre vangeli sinottici e, appunto, il quarto vangelo - ne hanno dato in sostanza due letture difficilmente conciliabili. Per i tre sinottici l´ultima cena di Gesù fu una tipica cena pasquale ebraica, ricordo dell´esodo dall´Egitto e dell´azione salvifica che Dio aveva compiuto nei confronti di Israele. All´interno di questa cerimonia tradizionale, atto rituale costitutivo della memoria culturale ebraica, Gesù avrebbe poi inserito la novità rappresentata dall´offerta sacrificale del suo corpo e del suo sangue per redimere l´uomo peccatore.
Secondo la cronologia seguita dall´autore del quarto vangelo, invece, Gesù sarebbe morto alla vigilia della Pasqua ebraica. Di conseguenza, egli non avrebbe potuto celebrare personalmente questa cena. Come risolvere questa contraddizione?
La proposta esegetica del Pontefice, in sé non nuova, ipotizza, in modo alquanto problematico, il ricorso da parte di Giovanni al calendario di Qumran e cioè di una setta giudaica, in genere identificata con gli Esseni, che aveva rotto con il Tempio di Gerusalemme, anche se non era ormai più attiva al momento della redazione del vangelo. Celebrando un sacrificio non cruento senza Tempio prima della pasqua ebraica, nella rilettura del Pontefice i settari di Qumran aprono la strada al modo spirituale in cui, per Giovanni, Gesù avrebbe celebrato un sacrificio ormai sganciato dalla religione sacrificale del Tempio. Il suo corpo diventa così il Tempio vivente in cui Egli celebra il sacrificio di sé. In questo modo il Pontefice sembra voler sottolineare la novità di una Pasqua, che Gesù celebra prendendo radicalmente le distanze dalla pratica ebraica tradizionale.
Repubblica, 7 aprile 2007
BENEDETTO XVI: IL NOSTRO DIO HA UN CUORE DI CARNE
BENEDETTO XVI COSÌ TORNA IL TIMORE DI DIO
Gianni Baget Bozzo
Da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI è passato non qualche anno, ma come un nuovo tempo della Chiesa nel mondo. Il Papa polacco viveva ancora nella visione del mondo del Concilio Vaticano II, cioè un concetto progressista della storia umana: il moderno trionfante nella democrazia e nel comunismo, l’uomo che entrava in possesso della sua storia. E la Chiesa non poteva che conciliarsi in quest’umanità maggiorenne «adulta», che prendeva in mano la realtà della natura e conduceva l’uomo a una signoria delle cose della natura e della società in una figura che aveva il significato di compimento escatologico. I «segni dei tempi» furono una categoria con cui il Vaticano II volle interpretare la società a lui contemporanea quasi come un evento degli ultimi tempi, applicando l’espressione del Vangelo «segni dei tempi», che ha un chiaro significato di avvento del regno e di compimento escatologico, alla dinamica progressiva della storia contemporanea.
Giovanni Paolo II mutò lentamente registro sul piano delle indicazioni spirituali, ma la sua apertura alle nazioni e ai mezzi di comunicazione sociale, la sua figura di star mondiale della televisione, espresse ancora una volta il messaggio della fiducia nei tempi espresso nel suo primo ammonimento papale: «Non abbiate paura». Spinse l’ecumenismo sino a chiedere alle Chiese separate dalla Chiesa cattolica le condizioni possibili per una loro accettazione di una qualche dimensione del primato romano; promosse, sino ai limiti dell’ortodossia, il dialogo con le altre religioni, sino agli incontri di Assisi con la preghiera comune, nel comune luogo ma in distinte comunità, per la pace nel mondo. In un certo modo bilanciò con la sua insistenza sulla vita e sul sesso le indicazioni fortemente conciliari che egli dava in altre direzioni. E si può dire che la parte frenante contro il senso del progressismo fu dovuta soprattutto all’azione del cardinale Ratzinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Con Benedetto XVI l’eone conciliare e postconciliare, il linguaggio escatologico dei «segni dei tempi» applicato alla civiltà moderna sparisce del tutto: e le parole del Papa ricordano più la stagione della Chiesa dei Pii e l’ultima figura di essa, Pio XII. La Chiesa non è più per Benedetto il sacramento della storia come appariva nell’eone conciliare e postconciliare. Ma sta di fronte alla storia come unica portatrice della grazia e della libertà del regno di Dio che opera e conclude la storia, ma è altro dalla vicenda dei poteri mondani e delle loro culture. Ratzinger non ha cercato i segni del regno nel tempo storico come codificazione di esso ma ha visto i messaggi storici del tempo come espressione della crisi del mondo, del pericolo che incombe sopra di esso. Papa Benedetto non dice «non abbiate paura», dice piuttosto «abbiate timore». Timore di Dio. Egli così può reggere efficacemente e laicamente la storia contemporanea perché non la ritiene compenetrata di una densità escatologica, non la vede come sacramento del regno. E la coscienza degli uomini manda segni del timore escatologico. Il riscaldamento del pianeta terra fa sì che le più raffinate analisi mondiali, espresse dalle Nazioni Unite, prevedano lo sconvolgimento della geografia e della storia del pianeta nei prossimi cent’anni, mentre le migrazioni dal Sud al Nord del mondo pongono in dubbio la permanenza delle nazioni europee. E inoltre l’Islam si addensa ancora una volta come sfida alla Cristianità sul piano della concezione della vita e della morte: una sfida politica e civile, giocata sul sentimento dell’eternità e della sorte beata dei combattenti per la propria fede.
Ratzinger è un buon profeta, se profeta vuol dire leggere il timore di Dio negli eventi e non le «magnifiche sorti e progressive». Un criterio che ci viene dalla Bibbia ebraica è che non si deve credere ai profeti che annunciano vittorie mentre si deve credere a quelli che annunciano il giudizio divino sulla storia. E incitano dunque al timor di Dio. Forse per questo, Papa Benedetto ha più uditori che Giovanni Paolo II e soprattutto li ha in modo diverso. Da lui non aspettano la speranza della storia, ma ascoltano il linguaggio del timore di Dio.
La Stampa, 7 aprile 2007
La Via Crucis del Papa dedicata alle donne
«Le madri coraggio non abbandonarono Gesù. Il nostro Dio non è lontano, ha un cuore di carne»
ALCESTE SANTINI
Città del Vaticano. Nella Via Crucis di ieri sera al Colosseo - guidata da Benedetto XVI che ha portato la croce alla prima e all'ultima stazione mentre nelle altre si sono alternati Ruini e giovani del Congo, Angola, Corea e Cile - è prevalso il racconto dell'evangelista Luca perché, secondo il biblista Gianfranco Ravasi che ha scritto i testi, è il più vicino ai fatti scritti nel Vangelo. Ma questa impostazione ha confermato pure che la ricerca sul «Gesù storico», rispetto a quello della fede e del dogma, rimane aperta, come stanno dimostrando molti saggi e film ispirati dall'esigenza di ricostruire la vita del Cristo vicina alla gente comune. Infatti, delle 14 stazioni solo l’ultima è rimasta immutata. Mentre nella prima stazione che rappresenta «Gesù condannato a morte», ha presentato «Gesù nell'orto degli ulivi» per sottolineare la notte di sofferenza e di preghiera vissuta con i suoi discepoli. C'è, quindi, uno sviluppo logico oltre che storico per cui alla seconda stazione è stato presentato «Gesù tradito da Giuda, ed è arrestato», al posto del «Gesù processato e condannato dal Sinedrio». Abolita anche la scena della Veronica e sostituita da «Gesù caricato della croce». Nella quinta stazione «Gesù giudicato da Pilato» al posto del Cireneo che lo aiuta e spostato più avanti, per far risaltare l'ignavia del governatore romano. Quattordici soste, presentate come altrettante icone dove la bestialità si contende con la misericordia con chiaro riferimento ai drammi del nostro tempo, consentendo a Benedetto XVI, una volta giunto sulla collina del Palatino di tornare a riflettere sulla figura di Gesù che, in quanto portatore di «amore», ha potuto condannare i mali che tormentano oggi i popoli. Papa Ratzinger ha detto che, in questa Via Crucis riviviamo non solo «la Passione di Gesù ma ci facciamo carico di tutti i sofferenti del mondo». Ed è questa «la parte centrale della preghiera della Via Crucis che ci spinge ad aprire i nostri cuori». Dopo aver ricordato che i Padri della Chiesa hanno considerato come «il più grande peccato del mondo pagano la loro insensibilità e la durezza del cuore», ha citato il profeta Ezechiele: «vi toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne». E ha aggiunto che «convertirsi a Cristo, farsi cristiano voleva dire ricevere un cuore di carne, sensibile per la passione e la sofferenza degli altri». Ecco perché c'è da chiarire che «il nostro Dio non è lontano, intoccabile nella sua beatitudine, ma ha un cuore di carne per poter soffrire con noi. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e risvegliare in noi l'amore per i sofferenti». Toccante è stata, poi, la riflessione fatta alla nona stazione dove «Gesù incontra le donne di Gerusalemme» perché hanno permesso al Papa di valorizzarle, attualizzandone il significato, condannando «le tante donne offese, umiliate e violentate, le donne ebree e palestinesi e quelle di tutte le terre in guerra, le vedove e le anziane dimenticate dai loro figli, mentre esse ci insegnano la bellezza dei sentimenti». Lo stesso tema era stato trattato nel pomeriggio nella Basilica di San Pietro, dove il Papa si era prostrato davanti all’altare durante il rito dedicato alla Passione, dal predicatore del Papa, padre Raniero Cantalamessa, che si è soffermato sulle «donne coraggiose e sapienti che sono andate dietro a Gesù sulla via dolorosa». Esaltate le le «pie donne» che accompagnarono Gesù sulla croce - «madri coraggio» ante litteram, «le uniche che non si sono scandalizzate di lui», un condannato a morte rifiutato dai suoi stessi discepoli, e «le prime a vederlo risorto» - ma criticando poi gli eccessi del femminismo moderno. Una grande folla ha seguito la Via Crucis, diffusa in mondovisione da 67 tv e radio di 41 Paesi. Si è voluto far risaltare, riproponendo il Vangelo secondo Luca, che «la croce e il sepolcro non sono stati l'estuario ultimo» di Gesù, «bensì lo è stata la luce della sua Risurrezione e della sua gloria». Una storia avvenuta tra il 30 e il 33 della nostra era che consente, a credenti e non credenti, di riflettere sui vari Golgota e le piaghe sociali della nostra epoca nella speranza che un sussulto delle coscienze spinga i popoli a «rispettarsi e ad amarsi». Temi che Benedetto XVI riprenderà domani nel suo messaggio pasquale.
Il Mattino, 7 aprile 2007
Grande gesto del Papa
Iran:intervento Papa per marinai Gb
Ha scritto a Khamenei di intercedere per il loro rilascio
(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 7 APR - Anche Benedetto XVI e' intervenuto su Teheran per chiedere la liberazione dei marinai britannici. La notizia, data dal giornale britannico 'The Guardian', e' stata confermata ufficiosamente in Vaticano. Papa Ratzinger ha scritto una lettera alla guida suprema iraniana Ali Khamenei per intercedere per la liberazione dei 15 marinai britannici.
IRAN: GUARDIAN, LETTERA DEL PAPA A KHAMENEI DURANTE CRISI MARINAI
Londra, 7 apr. - (Adnkronos) - Nella crisi dei marinai britannici catturati dalle forze iraniane nelle acque dello Shatt al Arab sarebbe intervenuto anche il Vaticano. Lo rivela il "Guardian", secondo cui qualche ora prima del rilascio dei militari - avvenuto mercoledi' scorso, dopo 13 giorni di prigionia - all'Ayatollah Ali Khamenei sarebbe stata consegnata una lettera di papa Benedetto XVI, nella quale il Pontefice si diceva fiducioso che gli uomini di buona volonta' avrebbero potuto trovare una soluzione alla crisi.
ALESSIO II INVIA GLI AUGURI DI BUONA PASQUA A BENEDETTO XVI
MOSCA - Il patriarca della Chiesa ortodossa di Russia, Alessio II, ha inviato gli auguri di Pasqua a Papa Benedetto XVI: "Vi auguro una pace benedetta, buona salute e l'aiuto del Redentore per il vostro elevato servizio in occasione della sempre lieta festivita' di Pasqua". La notizia e' stata riportata dall'agenzia Interfax. Gli auguri del patriarca sono stati inviati anche all'armeno Garegin II e all'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams.
Pasqua, auguri Patriarca russo al Papa
10.50 Il Patriarca della Chiesa ortodossa russa, Alessio II, ha inviato a Papa Benedetto XVI un messaggio di auguri per la Pasqua, che quest'anno cade nello stesso giorno per entrambe le confessioni. Le due Chiese si stanno riavvicinando dopo lunghe polemiche da parte ortodossa su un presunto proselitismo cattolico in Russia. La Pasqua ortodossa verrà celebrata stasera dal Patriarca nella Chiesa del Cristo Salvatore a Mosca.
Rai televideo
Ratzinger "Un neo femminismo cattolico"
Via Crucis nel nome delle donne umiliate
In San Pietro omelia "femminista". "La Maddalena esempio di fede"
In migliaia al rito della Passione di Cristo, che sarà trasmesso anche dalla tv di Cuba
Il predicatore papale Cantalamessa: le "madri coraggio" salvano l´umanità
MARCO POLITI
CITTÀ DEL VATICANO - Elogio alla Donna sotto le volte della basilica vaticana. Lo intona il predicatore papale Raniero Cantalamessa, che auspica l´inizio di una pagina nuova nella storia dell´umanità. Dopo tante ere dedicate al maschio: homo erectus, homo faber, homo sapiens - scandisce il frate dal pizzo bianco, lo sguardo vivace e l´eloquio appassionato - dovrebbe aprirsi «finalmente un´era della donna: un´era del cuore, della compassione».
E´ probabile che Cantalamessa abbia concordato il tema dell´omelia del Venerdì Santo con papa Ratzinger. Perché è talmente forte l´accento neo-femminista (cattolico, beninteso) che anima le sue parole da lasciare immaginare l´intenzione di Benedetto XVI di imprimere una spinta verso una maggiore valorizzazione della donna nella Chiesa. Altro che «pie donne», incalza Cantalamessa riferendosi alle figure dolenti ai piedi della Croce. Erano «madri coraggio», che sfidavano il pericolo di farsi vedere accanto ad un condannato a morte. In ogni caso sono le uniche innocenti del sangue di Cristo. «Si discute animatamente - soggiunge padre Cantalamessa - su chi fu a volere la morte di Gesù: se i capi ebrei o Pilato o entrambi. Una cosa è certa: furono degli uomini, non delle donne».
Anche nella Via Crucis - guidata ieri sera da Benedetto XVI con grande partecipazione di fedeli, che recavano migliaia di fiaccole - è risuonata una meditazione del biblista Ravasi, dedicata a «tutte le donne umiliate e violentate, emarginate, sottoposte a pratiche tribali indegne, donne in crisi e sole dinanzi alla maternità, madri ebree e palestinesi... «. Molte giovani fedeli, fra cui una cinese (popolo al quale il Papa sta per mandare un messaggio), hanno portato la croce all´ombra del Colosseo durante la cerimonia ritrasmessa da un gran numero di televisioni, fra cui l´emittente nazionale di Cuba (che lo farà oggi in differita).
Il Dio dei cristiani, ha detto il Papa, non è un dio lontano, ma con un «cuore di carne», che spinge i fedeli ad avere «amore per tutti i sofferenti e i bisognosi».
La giornata si è svolta, comunque, sotto il segno della donna. Nella basilica di San Pietro padre Cantalamessa ha detto che anche gli apostoli fecero una figura meschina nell´ora cruciale. La loro fu una «storia ignominiosa della paura, della fuga, del rinnegamento». Da ogni parte, ha continuato il frate, emerge oggi l´esigenza di fare «più spazio alla donna», di liberarla da «antiche soggezioni».
Tuttavia, per non dare l´impressione di sposare il femminismo duro e puro, il frate ha dato un colpo di barra, lanciando una stilettata a Simone de Beauvoir, compagna dell´esistenzialista Sartre e teorica del "secondo sesso". «Noi non crediamo - ha esclamato - che l´eterno femminino ci salverà». E per non sbagliare ha aggiunto: «L´esperienza quotidiana dimostra che la donna può sollevarci in alto, ma può anche farci precipitare in basso».
Insomma, anche la donna necessita della redenzione di Gesù. Però una volta «redenta e liberata», può contribuire a salvare la nostra società dai mali peggiori: violenza, volontà di potenza, aridità spirituale, disprezzo della vita. A una condizione, tuttavia: che la donna rimanga se stessa e non cerchi di «trasformarsi in uomo».
Icona di questa rivalutazione, pronunciata davanti alla Curia dopo che Benedetto XVI si era prostrato in preghiera sul pavimento della basilica, è Maria Maddalena. Quadri e statue hanno trasmesso per secoli l´immagine della Maddalena pericolosa peccatrice, poi pentita. Ma il predicatore pontificio rammenta l´episodio cruciale dei vangeli: è Maria di Magdala, una donna, la prima testimone della Resurrezione. «Apostola degli apostoli», la definì san Tommaso d´Aquino. Papa Ratzinger è d´accordo.
Repubblica, 7 aprile 2007
Via Crucis, il Papa: «Vicino a chi soffre»
Ratzinger torna alla tradizione e, in segno di lutto, non indossa l'anello del Pescatore
Bruno Bartoloni
ROMA — Circondato da una folla eccezionale di pellegrini
Benedetto XVI ha seguito senza l'anello pontificio al dito in segno di lutto e di mortificazione la sua seconda Via Crucis notturna al Colosseo.
Papa Ratzinger ha così ripreso una antica tradizione che voleva che il capo della Chiesa rinunciasse il venerdì santo a portare l'anello del Pescatore, simbolo del suo potere, che viene frantumato il giorno della morte.
Nella sua omelia il pontefice ha lanciato un appello in favore di tutti i sofferenti del mondo nei confronti dei quali i cristiani devono mostrare di aver un «cuore di carne». «Il nostro Dio non è lontano, ha un cuore di carne», ha commentato.
Ed ha ricordato che il più grande peccato del mondo pagano era la «durezza del cuore».
«Preghiamo in questo momento — ha detto — perché ci dia realmente un cuore di carne, ci faccia messaggeri del suo amore non solo con parole, ma con tutta la nostra vita».
Il pontefice ha portato la croce dalla prima alla seconda stazione all'interno del Colosseo e nell'ultima sulla terrazza del Palatino davanti al tempio di Venere e Roma. Nelle altre stazioni si sono alternati il cardinale vicario Camillo Ruini e una giovane cinese, alcuni giovani provenienti da Taiwan, dalla Repubblica democratica del Congo, dall'Angola, dalla Corea, dal Cile, da una famiglia romana e da due religiosi francescani della Custodia di Terra Santa.
Le meditazioni sono state affidate quest'anno a monsignor Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano, che ha ricordato alla nona stazione sullo sfondo dell'incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme tutte le figure femminili tribolate di oggi e di ogni tempo.
Alla terza stazione, la condanna di Gesù da parte del Sinedrio, ha sottolineato monsignor Ravasi, «ricorda a tutti il dovere della testimonianza alla verità».
«Una testimonianza, ha commentato, da far risuonare anche quando forte è la tentazione di celarsi, di rassegnarsi, di lasciarsi condurre alla deriva dall'opinione dominante». Ed ha citato una «giovane ebrea destinata ad essere uccisa in un lager», Etty Hillesum, una ragazza olandese che morì ad Auschwitz a 29 anni e che scrisse in un drammatico e commovente Diario: «A ogni nuovo orrore o crimine dobbiamo opporre un nuovo frammento di verità e di bontà che abbiamo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire, ma non dobbiamo soccombere».
Il tradimento di Giuda, un Giuda che si pente, è una prova che «genera abbandono e isolamento», invita a riflettere, secondo monsignor Ravasi, sulla «esperienza aspra di tante persone che anche in quest'ora che ci vede riuniti, come in altri momenti del giorno, sono sole in una stanza, davanti ad una parete spoglia o a un telefono muto, dimenticati da tutti perché vecchi, malati, stranieri o estranei. Gesù beve con loro anche questo calice che contiene il veleno dell'abbandono, della solitudine, dell'ostilità».
Le decine di migliaia di pellegrini che hanno invaso Roma per le feste pasquali gremivano il piazzale con fiaccole e torce fra l'arco di Costantino ed il Colosseo fino ai piedi della colle Oppio.
Corriere della sera, 7 aprile 2007
RANIERO CANTALAMESSA
Elogio della Maddalena (non più peccatrice) E monito alle donne: attente al femminismo
Luigi Accattoli
CITTA' DEL VATICANO — Esaltazione delle donne dei Vangeli che non furono «coinvolte» nella condanna di Gesù e riscatto della figura della Maddalena dalla «errata identificazione» con la «peccatrice» di altro brano evangelico: lei anzi fu la prima a vedere «il Signore risorto» e a darne l'annuncio agli apostoli. Ma anche affermazione forte che occorre «fare più spazio alla donna», unita però al rigetto del neo-femminismo che riduce la differenza tra i sessi a un «prodotto della cultura».
Tutto questo e altro ancora ha detto, con la passione che lo caratterizza, il padre cappuccino Raniero Cantalamessa nella predica che ha tenuto ieri pomeriggio in San Pietro davanti al Papa. Un «elogio della donna», la sua predica, svolto nei toni più volte usati da Giovanni Paolo II, che in occasione dell'«anno internazionale della donna» (1995) arrivò a esprimere «rammarico» per l'incomprensione del «genio femminile» da parte degli uomini di Chiesa.
Cantalamessa ieri è partito dalla «Passione» di Gesù, osservando che «furono degli uomini non delle donne» a volere la sua morte: «Nessuna donna è coinvolta, neppure indirettamente, nella sua condanna». Anche per l'oggi il predicatore pontificio ritiene che la donna possa essere meno pericolosa dell'uomo e «contribuire a salvare la nostra società da alcuni mali inveterati che la minacciano: violenza, volontà di potenza, aridità spirituale, disprezzo della vita».
Ecco la messa in guardia dal femminismo radicale: «Bisogna solo evitare di ripetere l'antico errore gnostico secondo cui la donna, per salvarsi, deve cessare di essere donna e trasformarsi in uomo». Pregiudizio «tanto radicato» che le stesse donne per «affermare la loro dignità» a volte «hanno creduto necessario assumere atteggiamenti maschili, oppure minimizzare la differenza dei sessi, riducendola ad un prodotto della cultura». «Donna non si nasce, ma si diventa», ha citato a conferma da un famoso libro di Simone de Beauvoir, Il secondo sesso.
Anche nella confutazione del neofemminismo, padre Cantalamessa si è attenuto creativamente al magistero consolidato: l'affermazione della «differenza sessuale» come «insuperabile» è contenuta in un documento sulla «collaborazione» tra uomo e donna pubblicato nel 2004 dalla Congregazione per la dottrina della fede e firmato dal cardinale Ratzinger.
Il passaggio più suggestivo della predica è stato quello dedicato alla figura di Maria di Magdala, da non confondere con «la peccatrice« che compare nel Vangelo di Luca: «È un peccato che a causa di questa errata identificazione Maria Maddalena abbia finito per alimentare infinite leggende antiche e moderne e sia entrata nel culto e nell'arte quasi solo nella veste di penitente, anziché in quella di prima testimone della resurrezione, "apostola degli apostoli", come la definisce San Tommaso D'Aquino».
Corriere della sera, 7 aprile 2007
E nella predica si cita Olmi
CITTÀ DEL VATICANO — Anche i Centochiodi,
l'ultimo film di Ermanno Olmi interpretato da Raz Degan, è finito nella predica pronunciata ieri davanti al Papa da padre Raniero Cantalamessa.
Il frate cappuccino ha rievocato la sequenza in cui il regista fa «inchiodare simbolicamente al pavimento i preziosi volumi di una biblioteca e fa dire al protagonista: "Tutti i libri non valgono una carezza"».
Corriere della sera, 7 aprile 2007
CELEBRAZIONE AL COLOSSEO CON LA MEDITAZIONE SCRITTA DA MONSIGNOR RAVASI
Anche la famiglia porta la croce
MARCO TOSATTI
Una Via Crucis fortemente attualizzata, quella che Benedetto XVI ha guidato ieri al Colosseo, in uno degli appuntamenti più suggestivi delle celebrazioni pasquali. Papa Ratzinger ha portato la croce nella prima e nell’ultima delle quattordici stazioni; l’hanno aiutato nelle altre tappe oltre al cardinale Camillo Ruini, suo Vicario per la città di Roma, alcuni giovani provenienti da diverse parti del mondo, fra cui una giovane cinese; probabilmente della Cina continentale, ma il suo nome è stato mantenuto segreto. Una famiglia italiana ha portato la croce nella quarta e quinta tappa, a simboleggiare le difficoltà che la famiglia tradizionale affronta nel mondo di oggi; mentre di forte valore simbolico anche la presenza di due frati francescani della Custodia di Terrasanta, che si sono caricati della croce nella decima e nell’undicesima stazione, per ricordare le sofferenze della terra che vide Gesù, e in particolare il dramma dei cristiani che vi abitano.
Quest’anno le meditazioni che accompagnano l’incedere della lunga processione al Colosseo sono state scritte dal biblista monsignor Gianfranco Ravasi, dell’Ambrosiana, che ipotizza anche un possibile pentimento di Giuda. Il valore simbolico del Calvario è stato fortemente attualizzato; vi compaiono i lager, la tortura e l’oppressione, e l’indifferenza come forma di amoralità nell’assenza di giudizio di Pilato. «Sotto la pressione dell’opinione pubblica Pilato incarna un atteggiamento che sembra dominare nei nostri giorni, quello dell’indifferenza, del disinteresse, della convenienza personale. Per quieto vivere e per proprio vantaggio, non si esita a calpestare verità e giustizia. L’immoralità esplicita - ha scritto Ravasi - genera almeno un sussulto o una reazione. L’indifferenza è la morte lenta della vera umanità». E poi il biblista fa entrare la cronaca, con un affondo verso il relativismo: «E come spesso facciamo anche noi, Pilato guarda dall’altra parte, se ne lava le mani e come alibi lanci l’eterna domanda tipica di ogni scetticismo e di ogni relativismo etico: “Che cos’è mai la verità?”».
Molto ampio lo spazio riservato alle donne, e al ruolo che queste hanno nella vita di Gesù e alle loro sofferenze, alle violenze che subiscono. «Accanto a lui noi ora immaginiamo anche tutte le donne umiliate e violentate, quelle emarginate e sottoposte a pratiche tribali indegne, le donne in crisi e sole di fronte alla loro maternità, le madri ebree e palestinesi e quelle di tutte le terre in guerra, le vedove o le anziane dimenticate dai loro figli...». Ed è proprio di una donna, un’intellettuale ebrea olandese, Etty Hillesum, una forte testimonianza di eroismo: «a ogni nuovo orrore o crimine dobbiamo opporre un nuovo frammento di verità e di bontà che abbiamo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire, ma non dobbiamo soccombere». Delle donne ha parlato anche il predicatore della casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ieri in San Pietro, durante il ricordo della Passione, una delle poche cerimonie in cui il Pontefice non pronuncia un’omelia, ma ascolta solamente. «Dopo tante ere che hanno preso il nome dall’uomo, homo erectus, homo faber, fino all’homo sapiens-sapiens, cioè sapientissimo, di oggi, c’è da augurarsi che si apra finalmente, per l’umanità, un’era della donna: un’era del cuore, della compassione, e questa terra cessi finalmente di essere “l’aiuola che ci fa tanto feroci”», ha detto il religioso francescano davanti al Pontefice.
La Stampa, 7 aprile 2007
Il programma
Il riposo dopo la Santa Messa
Oggi
Il rito centrale del Sabato Santo è la Veglia pasquale, che papa Ratzinger presiederà nella basilica di San Pietro dalle 22 per commemorare la Notte della Risurrezione. All’inizio della celebrazione, il Papa benedice nell’atrio il fuoco nuovo. Dopo l’ingresso in processione in Basilica con il cero pasquale, al canto dell’Exsultet, presiederà le liturgie della parola, battesimale ed eucaristica.
Domani
Domenica di Pasqua. Benedetto XVI presiederà la messa del Giorno, alle 10,30, sul sagrato di San Pietro. Alle 12, pronuncerà il messaggio pasquale e impartirà la benedizione «Urbi et Orbi» dalla loggia centrale. Anche per riposarsi dalle «fatiche» della Settimana Santa, alle 16,30 Benedetto XVI si trasferirà nella residenza di Castel Gandolfo, dove rimarrà per una settimana.
La Stampa, 7 aprile 2007
La Via Crucis di Benedetto XVI: «Il nostro Dio non è lontano»
di Andrea Tornielli
«Il nostro Dio non è un Dio Lontano, ma ha un cuore e un cuore di carne per soffrire con noi». Con queste parole Benedetto XVI ha concluso la Via Crucis al Colosseo. «Seguendo Gesù nella via della sua passione – ha detto – ci fa vedere tutti i sofferenti di questo mondo e ci aiuta a vedere col cuore». La croce, portata dal Papa nella prima e nell’ultima stazione, è passata di mano in mano, da una famiglia romana a una giovane cinese a un giovane angolano.
Una delle meditazioni della Via Crucis scritte dal biblista Gianfranco Ravasi è stata dedicata alla condizione femminile e alla difesa delle donne «umiliate e violentate». E ieri pomeriggio, durante la solenne e suggestiva liturgia della croce, in San Pietro, hanno attirato l’attenzione le parole del predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, il quale ha auspicato che si apra «finalmente per l’umanità un’era della donna: un’era del cuore e della compassione». L’omelia di Cantalamessa, tenuta alla presenza di Benedetto XVI, ha esaltato le donne che hanno accompagnato Gesù sulla croce, «le uniche che non si sono scandalizzate di lui», le uniche ad aver «assimilato lo spirito del Vangelo».
«Da ogni parte emerge l’esigenza di fare più spazio alla donna», di liberarla da «antiche soggezioni», ha detto il frate predicatore, precisando, con un velato accenno al Codice da Vinci, che i cristiani non credono che «l’eterno femminino ci salverà». Certo, spiega Cantalamessa, anche la donna ha bisogno della redenzione di Cristo, «ma una volta redenta e liberata, sul piano umano, da antiche soggezioni, la donna può contribuire a salvare la nostra società da alcuni mali inveterati che la minacciano, violenza, volontà di potenza, aridità spirituale...». A condizione, ha spiegato, che la donna rimanga se stessa e non cerchi di «trasformarsi in uomo», come predicavano gli gnostici, o «minimizzare la differenza dei sessi, riducendola a un prodotto della cultura», come ha fatto la femminista Simone de Beauvoir. La grandezza delle donne sta nel loro cuore, come dimostra la passione di Gesù. «Una cosa è certa – ha detto ancora Cantalamessa – in ogni caso furono degli uomini, non delle donne» a volere la morte di Gesù. Il predicatore della Casa pontificia ha infine citato positivamente anche l’ultimo film di Ermanno Olmi Cento chiodi , rievocando la scena in cui il regista fa inchiodare simbolicamente al pavimento i preziosi volumi di una biblioteca e fa dire al protagonista: «Tutti i libri non valgono una carezza». Prima di lui, ha sottolineato Cantalamessa, San Paolo «aveva scritto: la scienza gonfia, l’amore edifica».
Il Giornale, 7 aprile 2007
6 aprile 2007
Al Colosseo in migliaia per Ratzinger
Per la seconda volta Papa Bendetto XVI guida la via dolorosa nel luogo simbolo del martirio cristiano
La solenne funzione diffusa attraverso le televisioni di 41 nazioni sparse in tutto il mondo
Via Crucis, un inno alla donna
Al Colosseo in migliaia per Ratzinger
Alla nona stazione la meditazione "femminista": "Preghiamo per le umiliate e le violentate"
Nel pomeriggio la Messa del venerdì santo a San Pietro: "Si apra un'era al femminile"
ROMA - E' stata la via Crucis delle donne, quelle "umiliate e violentate, quelle emarginate e sottoposte a pratiche tribali indegne, le donne in crisi, e sole di fronte alla loro maternità, le madri ebree o palestinesi e quelle di tutte le terre in guerra le vedove e le anziane dimenticate dai loro figli". Un inno alle donne, quelle che erano sul Golgota e quelle a cui il Signore si rivelò per prime, le donne di ogni tempo. Benedetto XVI vuole imprimere una spinta verso una maggiore valorizzazione della donna nella Chiesa. Lo ha fatto attraverso le meditazioni affidate al biblista Gianfranco Ravasi, prefetto della biblioteca Ambrosiana, che alla nona stazione, quella dove Gesù incontra un gruppo di donne, si richiama alle donne dolenti d'ogni tempo e luogo, quelle "umiliate e violentate, di tutte le terre in guerra".
Molte giovani fedeli, tra cui una cinese, hanno portato la croce nella suggestiva cornice del Colosseo illuminato, da sempre legato per i cristiani alla memoria dei martiri. Davanti a migliaia di pellegrini che stringono tra le mani piccole croci in legno o ceri bianchi, osservato da milioni di spettatori in 41 nazioni sparse in tutto il mondo compresa Cuba, Papa Ratzinger ha dato il via al rito della via Crucis, portando personalmente la croce alla prima e all'ultima stazione.
E' stata la seconda volta che Papa Bendetto XVI è tornato all'Anfiteatro Flavio per ripercorrere la Passione di Gesù seguendo l'esempio di Paolo VI che nel 1964 riportò nel luogo simbolo del martirio cristiano l'antica tradizione della "via dolorosa", e di Giovanni Paolo II, che in 27 anni di pontificato saltò solo l'ultimo appuntamento del venerdì santo costretto dalla malattia a seguire il rito dalla sua cappella privata.
Alla seconda stazione, la croce è passata al cardinale vicario Camillo Ruini, e poi si sono susseguiti gli altri cirenei: una giovane della diocesi di Brazzaville in Congo; una famiglia della diocesi di Roma; un giovane cileno e due frati francescani della Custodia di Terra Santa.
Un venerdì santo che può essere definito speciale perché all'insegna del neofemminismo cattolico. "Dopo tante ere che hanno preso il nome dall'uomo, homo erectus, homo faber, fino all'homo sapiens-sapiens, cioè sapientissimo, di oggi, c'è da augurarsi che si apra finalmente, per l'umanità, un'era della donna". L'auspicio era già risuonato con forza nell'omelia pronunciata nella Basilica di San Pietro durante la solenne funzione che ricorda la Morte e la passione di Gesù Cristo. Papa, cardinali e vescovi hanno reso oggi omaggio alle donne: alla loro dignità e al ruolo sempre maggiore che hanno conquistato nella Chiesa e nella società. E si sono uniti alla più ferma condanna delle violenze di cui sono ancora troppo spesso vittime nel mondo.
Partendo dalle figure femminili del Vangelo, il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, nell'omelia della tradizionale Adorazione delle Croce letta davanti a Benedetto XVI e all'intera Curia Romana, ha detto: "Con una certa condiscendenza maschile le chiamano le pie donne, ma esse sono ben di più: sono altrettante Madri Coraggio. Hanno sfidato il pericolo che c'era nel mostrarsi così apertamente in favore di un condannato a morte". L'invito di padre Cantalamessa è stato però quello di evitare nella Chiesa "di ripetere l'antico errore gnostico secondo cui la donna, per salvarsi, deve cessare di essere donna e trasformarsi in uomo".
Repubblica (sito)
PAPA: IL COLOSSEO ILLUMINATO DA MIGLIAIA DI FIACCOLE
Con una presenza massiccia e un calore straordinario, i fedeli hanno premiato Benedetto XVI che, alla vigilia ormai del suo 80esimo compleanno, non si e' sottratto a nessuno dei gesti delle impegnative liturgie del Triduo Pasquale: ieri ha lavato e asciugato i piedi a dodici fedeli in San Giovanni il Laterano, oggi pomeriggio in San Pietro si e' prostrato a terra, su un tappeto rosso, per l'Adorazione della Croce, stasera alla XIV stazione della Via Crucis del Colosseo, ha preso di nuovo a portare la croce, salendo fino alla terrazza del Palatino dove Giovanni Paolo II negli ultimi anni era costretto a fermarsi per assistere al rito. Le immagini suggestive del Colosseo illuminato dalle migliaia di fiaccole dei fedeli e l'emozione visibile sul volto del Papa sono riflesse negli occhi dei bambini africani, asiatici e europei che hanno seguito la croce in rappresentanza dei Continenti.
PAPA/ BENEDETTO XVI: IL NOSTRO DIO HA UN CUORE DI CARNE
Conclude la Via crucis al Colosseo: siamo vicini ai bisognosi
Roma, 6 apr. (Apcom) - Il Dio cristiano "ha un cuore di carne": con queste parole Papa Benedetto XVI ha concluso la Via crucis al Colosseo del venerdì santo. Un lungo applauso delle migliaia di fedeli ha salutato le parole conclusive di Ratzinger, che si è rivolto loro dalla terrazza che domina il monte palatino e l'Anfiteatro flavio.
"Seguendo Gesù nella via della sua passione - ha detto il Papa - vediamo non solo la passione di Gesù ma quella di tutti i sofferenti del mondo. Questa è la profonda intenzione della preghiera della Via crucis: aprire i nostri cuori e aiutarci a vedere col cuore. I padri della Chiesa - ha proseguito Benedetto XVI - hanno considerato come il più grande peccato del mondo pagando la insensiblità e la durezza del cuore. Per questo amavano il profeta Ezechiele, che diceva: 'Vi toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne".
"Convertirsi a Cristo - ha detto il Papa - voleva dire ricevere un cuore di carne, sensibile per la passione e per la sofferenza degli altri. Il nostro Dio non è un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine, ma ha un cuore. Anzi - ha precisato il Papa - ha un cuore di carne, si è fatto carne proprio per porter soffrire con noi e essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e risvegliare in noi l'amore per i sofferenti e i bisognosi. Preghiamo per tutti i sofferenti del mondo, perchè Dio ci dia realmente un cuore di carne, ci faccia messaggeri non solo con le parole ma con tutta nostra vita".
GRAZIE SANTITA'!
Un Venerdì Santo dedicato alle donne
OMAGGIO ALLE DONNE NELLA CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE DEL SIGNORE
Arrivato all'altare della Confessione, il Santo Padre si e' prostrato a terra in segno di venerazione.
Stasera la via crucis al Colosseo
«Si apra per l'umanità l'era della donna»
CITTA DEL VATICANO - In attesa della Via Crucis di stasera al Colosseo dove il papa dedicherà alla nona stazione la meditazione scritta dal biblista Ravasi sulla condizione femminile ed in difesa delle donne «umiliate e violentate», il predicatore del Papa Raniero Cantalamessa nell'omelia del pomeriggio in San Pietro ha esaltato le "pie donne" (così chiamate "con una certa condiscendenza maschile") che accompagnarono Gesù Cristo sulla croce - "madri coraggio" ante litteram, "le uniche che non si sono scandalizzate di lui", un condannato a morte rifiutato dai suoi stessi discepoli, e "le prime a vederlo risorto" - ma critica gli eccessi del femminismo moderno, il predicatore .
Il cappuccino ha pronunciato l’omelia della messa che Benedetto XVI ha celebrato questo pomeriggio nella basilica di San Pietro. «Dopo tante ere che hanno preso il nome dell'uomo - homo erectus, homo faber, fino all'homo sapiens-sapiens, cioè sapientissimo di oggi - c'è da augurarsi che si apra finalmente, per l'umanità, un'era della donna: un'era del cuore e della compassione», afferma di fronte ad un auditorio impassibile. Ratzinger sembra assorto nelle sue riflessioni.
«Da ogni parte emerge l'esigenza di fare più spazio alla donna», di liberarla da «antiche soggezioni», incalza il cappuccino-predicatore, che però, a questo punto, sente il bisogno di precisare. «Noi non crediamo che l'eterno femminino ci salverà», afferma. «L'esperienza quotidiano - spiega - dimostra che la donna può sollevarci in altò, ma può anche farci precipitare in basso». Pure la donna ha bisogno della redenzione di Gesù. «Ma una volta redenta e liberata, sul piano umano, da antiche soggezioni, la donna può contribuire a salvare la nostra società da alcuni mali inveterati che la minacciano, violenza, volontà di potenza, aridità spirituale, disprezzo della vita..». Ciò a condizione, sottolinea padre Cantalamessa, che la donna rimanga se stessa e non cerchi di «trasformarsi in uomo», come sostenevano le femministe d'epoca: il cappuccino non fa nomi, ma nelle note al suo discorso, tanto per non sbagliarsi, fa riferimento agli scritti di Simone de Beauvoir.
La grandezza delle donne - argomenta il religioso sta nel loro cuore, come dimostra proprio la passione di Gesù. «Pie donne» è un termine diminutivo, osserva. Furono le «madri coraggio» del vangelo a «sfidare il pericolo» e a «non abbandonare il condannato a morte». «Certo - ammette il predicatore - Gesù morì anche per i peccati delle donne, ma storicamente esse possono dire in verità 'noi siamo innocenti del sangue di costui'. Si discute animatamente da qualche tempo chi fu a volere la morte di Gesù: se i capi ebrei o Pilato, o entrambi. Una cosa è certa in ogni caso - scandisce il frate - furono degli uomini, non delle donne». Anche gli apostoli, ricorda, nei vangeli fanno una «figura meschina»: la loro è la «storia ignominiosa della propria paura, fuga rinnegamento, aggravata in più dal confronto con la condotta così diversa di alcune povere donne». A quelle donne, a cui è spettato il compito di annunciare poi la risurrezione di Cristo, 'l'umanità deve affidarsi», per ritrovare «le ragioni del cuore».
Padre Raniero Cantalamessa ha anche deplorato l«'errata identificazione» di Maria Maddalena con la donna peccatrice. La confusione - ha spiegato stasera durante il rito della passione, celebrato a San Pietro davanti a papa Benedetto XVI - è nata da un passo del vangelo di Luca, dove Maria Maddalena viene identificata con la donna peccatrice che lava e profuma i piedi a Gesù in una casa di farisei. «È un peccato», ha detto padre Cantalamessa, che a causa di questa «errata identificazione» «Maria Maddalena abbia finito per alimentare infinite leggende antiche e moderne e sia entrata nel culto e nell'arte quasi solo nella veste di 'penitente', anzichè in quella di prima testimone della resurrezione, 'apostola degli apostoli', come la definisce San Tommaso D'Aquino».
Sito corriere della sera
[Modificato da Paparatzifan 07/04/2007 17.51]