Dico, tensione nel governo la battaglia comincia al Senato
Il cardinale Bertone: "Mediare con intelligenza"
di GIOVANNA CASADIO
ROMA - «Sarebbe uno spreco per le persone, per i loro diritti, doveri e speranze se il Senato facesse naufragare i Dico. Ma sono sicura che ce la faremo. Anche se sarà un confronto vero, vivo, da affrontare con intelligenza e tenacia». Barbara Pollastrini, la ministra delle Pari opportunità che - con Rosy Bindi - è autrice del disegno di legge sui Diritti dei conviventi, avrebbe preferito che l´iter parlamentare cominciasse alla Camera. Teme anche lei che la legge sulle coppie di fatto possa essere messa facilmente ko a Palazzo Madama, vista la risicata maggioranza dell´Unione e soprattutto il dissenso dell´Udeur di Mastella.
Il governo ha deciso a sera, dopo una giornata di fibrillazioni, che la strada dei Dico inizia dal Senato. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti passa da una riunione con i capigruppo dell´Ulivo di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro a un "caffè" con il presidente del Senato, Franco Marini e con Cesare Salvi che guida la commissione Giustizia dove i Dico raggiungeranno le altre proposte sulle unioni civili già in discussione. L´annuncio però avviene solo dopo il ritorno di Prodi dal vertice spagnolo con Zapatero. Quando il premier dà il suo benestare, il ddl sui "Diritti e doveri dei conviventi" viene formalmente «trasmesso» al Senato. Spiega Chiti: «La decisione presa dal governo tiene conto del fatto che nella commissione giustizia del Senato sono già in discussione provvedimenti sulle unioni civili che portano la firma sia di esponenti della maggioranza che di opposizione. Mi auguro che su un tema così delicato si sviluppi un confronto serio e approfondito, senza pregiudiziali».
Nel vortice di incontri e colloqui, Anna Finocchiaro - che si è battuta difendendo «le prerogative del Senato» e sollecitando Chiti a incardinare qui i Dico - sente anche il segretario del suo partito, i Ds, Piero Fassino perplesso sull´avvio al Senato. La Casa delle libertà mette sotto accusa in conferenza dei capigruppo, il sottosegretario Giampaolo D´Andrea che rappresenta il governo: «L´esame della legge sulle coppie di fatto deve partire dal Senato, a meno di non volere svuotare questo ramo del Parlamento», denuncia la senatrice di Fi, Elisabetta Alberti Casellati. Marini garantisce che questo non accadrà. Chiti invita Salvi a non esasperare le tensioni con i cattolici dell´Unione, Teodem in testa. Il governo è diviso tra opportunità politica (meglio un cammino soft a Montecitorio), la prassi istituzionale (la materia è già all´esame del Senato) e la consapevolezza dei rischi a Palazzo Madama, primo fra tutti l´affossamento con una pregiudiziale di costituzionalità. Chiede alcune garanzie: di non cambiare il testo dei Dico e il voto segreto anche sulle pregiudiziali. Salvi dal canto suo avrebbe assicurato un cammino lento, la ricerca di intese trasversali e di non sovraesporre la battaglia per i Dico ad appuntamenti come i congressi di Ds e Dl ad aprile, la nota della Cei, o la Conferenza di governo sulla famiglia a Firenze, il 24, 25 e 26 maggio. Francesco Rutelli avrebbe convinto i Teodem ad allinearsi.
Da Oltretevere arriva inoltre una dichiarazione distensiva del segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone:«Meglio mediare con intelligenza anche in politica». Prodi nell´incontro con Bertone lunedì, durante la celebrazione per la firma dei Patti Lateranensi, ha usato come argomento di dialogo, l´attenzione del governo alla famiglia. Un esempio? La Conferenza nazionale sulla famiglia che la ministra Rosy Bindi sta preparando. Punta la Bindi a ottenere in Italia un "piano per la famiglia" così come c´è il "piano sanitario". Riflette Marina Sereni, vice capogruppo dell´Ulivo alla Camera: «Adesso bisogna cercare ampie convergenze sui Dico». Oggi Marini decide se Dico saranno esaminati congiuntamente dalle commissioni Giustizia e Affari costituzionali.
(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)
"Ordinano sacerdoti gay" divisione tra gli anglicani
la polemica
ROMA - La Comunione anglicana mondiale è in subbuglio e minaccia di tagliare i legami con la sua parte americana. Al centro dello scontro l´ordinazione di sacerdoti gay da parte di un arcivescovo donna e la benedizione di coppie dello stesso sesso. I leader anglicani, riuniti in Tanzania, hanno esortato la Chiesa episcopale, branca americana della Comunione anglicana, a rinunciare a queste pratiche entro il 30 settembre. Se ciò non avverrà «i rapporti verranno come minimo danneggiati, e questo avrà conseguenze sulla piena partecipazione della Chiesa alla comunione anglicana».
(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)
IL CASO
Le associazioni cattoliche più vicine a Ruini in poche ore cancellano la protesta anti-Dico
Contrordine per i movimenti annullata la marcia di marzo
Ma c´è chi parla di una mobilitazione di altre associazioni contro una iniziativa interpretabile come contraria a Prodi
Giacobbe, del Forum delle famiglie: ci siamo resi conto che era difficile convocare tutti in così poco tempo
ROMA - Tutti in marcia per difendere la famiglia e dare una spallata ai Dico. Appuntamento il 25 marzo a piazza San Giovanni. Anzi no. Tutti fermi, se ne riparla. Nell´arco di un giorno e di una notte si impone e si arresta la parola d´ordine di una grande manifestazione cattolica, patrocinata dalla Cei e soprattutto dal cardinal Vicario Ruini, per scagliare in faccia al governo Prodi i grandi «valori della famiglia».
Il disco verde, seguito precipitosamente da un disco giallo, porta alla luce tutta la tensione, che percorre il mondo cattolico da quando il presidente della Cei ha preannunciato la sua Nota: una sorta di manifesto del buon comportamento politico dei cattolici nell´ora attuale.
Singolare è l´accavallarsi delle manovre in vista della manifestazione, cosa che già contrasta con la fredda precisione con cui Ruini ha sempre gestito ogni operazione: non ultima la creazione-benedizione del comitato, che gestì la campagna astensionista per il referendum del 2005 sulla procreazione assistita.
Singolare è che il primo accenno ad una dimostrazione di massa sia venuto dal braccio destro di Ruini, monsignor Fisichella, in un´intervista del 13 febbraio scorso. Il rettore della Lateranense, che non lancia mai segnali politici a vuoto, disse di botto dopo l´approvazione del disegno di legge sui Dico: «Non credo che qualcuno voglia spingerci a mettere in campo la nostra capacità organizzativa per far comprendere che il nostro popolo vuole restare fedele a certi principi ed è pronto a scendere in piazza a San Giovanni».
Singolare è l´idea della dimostrazione di massa sia sorta ai neo-catecumenali di Kiko Arguello, che mai si è occupato di iniziative parapolitiche, ma che evidentemente si è lasciato ispirare dalla campagna anti-Zapatero dei vescovi spagnoli. L´idea è «apprezzata dalla Cei», sostengono unanimi gli ambienti cattolici a Roma.
L´idea prevede che si mobilitino le grandi associazioni cattoliche. Fa da padrone di casa per la riunione, che dovrebbe lanciare la manifestazione, il Forum delle famiglie, guidato dal professore Giuseppe Giacobbe, preside della Facoltà giuridica dell´università Lumsa. L´appuntamento è per stamane. Sono invitate tutte le associazioni che contano.
Ma all´improvviso qualcosa si inceppa e all´ultimo momento la riunione è rinviata a data da destinarsi. «Ci siamo accorti che in così poco tempo era difficile radunare tutti», spiega Giacobbe.
Altrove la spiegazione è diversa. Acli, Sant´Egidio, Focolarini, Azione cattolica e Coldiretti hanno manifestato riserve sull´impostazione di una dimostrazione anti-Dico e in ultima analisi anti-Prodi. Le riserve sono arrivate in Vaticano, dove il cardinale Bertone era appena reduce dal vertice italo-vaticano per l´anniversario dei Patti Lateranensi, durante il quale in cui aveva assicurato a Prodi che la Chiesa osteggiando i Dico non ha «altre finalità».
Ora è in corso il braccio di ferro sotterraneo per riequilibrare l´iniziativa. Il gruppo che va dalle Acli alla Coldiretti è disponibile ad un «evento di popolo» sulla questione-famiglia, ma lo vuole di ampio respiro, non schiacciato sulla polemica intorno ai Dico. Cosa che, tra l´altro, metterebbe in forte difficoltà di teo-dem nella Margherita. La prossima settimana ci si dovrebbe rivedere dopo che sabato il Forum delle famiglie avrà tenuto una prima assemblea con i quaranta organismi che ne fanno parte. Dice il leader del Forum Giacobbe: «La manifestazione a cui pensiamo non deve avere assolutamente il carattere di uno schieramento partitico. Nostro obiettivo principale è spingere per una forte iniziativa del governo a sostegno delle famiglie numerose e dei giovani, che vogliono formare una famiglia».
E´ il tema di cui hanno discusso nel loro faccia a faccia il premier Prodi e il cardinale Bertone. Potrebbe persino avvicinare Ulivo e Santa Sede.
(m. pol.)
(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)
IL PERSONAGGIO
Le grandi manovre che coinvolgono il cardinale di Genova per la successione a Ruini
Bagnasco, il cardinale che stima Bush da nunzio militare a outsider per la Cei
Un seguace convinto del Concilio, ma anche strenuo difensore della identità cristiana
A 64 anni per il mondo della Chiesa è un giovane. È in Liguria da soli sei mesi
di MARCO POLITI
CITTA´ DEL VATICANO - Sessantaquattro anni - un giovane per la gerarchia eccelsiastica - arcivescovo di Genova da neanche sei mesi, monsignor Angelo Bagnasco è l´outsider in pista per diventare presidente della Cei. In Vaticano non c´è mai stato un tale turbinio di proposte, candidature, ripensamenti, ipotesi e ripescaggi per individuare il leader dell´episcopato italiano. Il difetto sta probabilmente nel fatto che i vescovi d´Italia non sono liberi di scegliersi la propria dirigenza come in tutte le altre nazioni del mondo cattolico.
Bagnasco, lombardo di origine, è genovese fino in fondo quanto a vita sacerdotale. Non a caso fu accolto con grande calore, quando il 29 agosto scorso si insediò a Genova dopo gli anni di Tettamanzi e di Bertone. Genova porta fortuna. Tettamanzi è diventato arcivescovo di Milano, la più grande diocesi europea, e Bertone è salito alla carica di Segretario di Stato. Ma Bagnasco non partirà e guiderà la Conferenza episcopale dalla sua diocesi.
Già questo è un segno di novità o, meglio, di ritorno all´antico. Negli anni Settanta e Ottanta presidenti della Cei sono stati gli arcivescovi di Bologna (Poma) e Torino (Ballestrero), poi papa Wojtyla aveva preferito centralizzare tutto, portando Ruini a Roma come cardinal Vicario e timoniere dell´episcopato.
Benedetto XVI, in questo senso, ridà fiato alle periferie. Ma la nomina di un arcivescovo - e non di un cardinale - rappresenta anche una vittoria del teorema Bertone, secondo il quale è meglio che il presidente della Cei abbia un profilo più pastorale (come hanno chiesto insistentemente i vescovi italiani) lasciando alla Segreteria di Stato vaticana il gioco più propriamente politico. Cioè a Bertone stesso.
In termini di carriera, la traiettoria di Bagnasco è stata finora molto calma. Dal 1998 al 2003 è stato vescovo di Pesaro e successivamente vescovo castrense, costretto a occuparsi dei cappellani militari proprio nella stagione in cui i soldati italiani erano sui fronti più pericolosi: Iraq e Afghanistan.
Bagnasco si è fatto ben volere e il suo calore umano è un primo dato caratterizzante. Viene dall´esperienza di assistente spirituale degli Scout e della Fuci e ha mantenuto nel suo stile pastorale una freschezza di approccio e una immediatezza che crea discontinuità con la freddezza e la rigidità di Ruini (peraltro molto simpatico a quattr´occhi).
Il grande salto l´ha fatto quando papa Ratzinger lo ha scelto come arcivescovo di Genova. E lì che si è capito che era destinato all´elite cardinalizia. Ora, se le previsioni non saranno smentite, dovrà misurarsi con un´eredità pesante: la successione di Ruini, che ha retto con polso di ferro un ventennio di rapporti tra Chiesa e Stato.
Come formazione l´arcivescovo di Genova è cresciuto con il Vaticano II e nel dopo-Concilio e quindi è un seguace convinto del dialogo con la società e le altre religioni. Ma al tempo stesso - e questo lo rende ben visto da Ratzinger - è un fautore molto determinato della necessità di salvaguardare l´identità cristiana.
Anzi di rilanciarla. «In Europa manca l´identità - ha detto in un´intervista - Noi siamo il cuore del mondo, ma fatichiamo a definire i valori fondamentali della nostra civiltà». Negli Stati Uniti, ha soggiunto, questa identità c´è: «Basta pensare a come Bush si è imposto». In Italia è dunque necessario rivendicare la propria identità civile, religiosa, culturale «senza demagogia e senza paura».
Per quella che riguarda i cattolici nella società, Bagnasco sembra a tratti sfiorato da un velo di pessimismo: «Si muovono in un contesto ostile», ha dichiarato una volta, vengono considerati «animali rari».
Ma certamente questo non lo mette sulla difensiva. Come papa Ratzinger l´arcivescovo di Genova crede nell´esigenza di muoversi per riconquistare il terreno sociale. Non è vero, ama sottolineare, che ogni espressione della posizione cattolica sul piano antropologico o sociale sia «un atto confessionale o un´imposizione ai non cristiani». I valori fondamentali della Chiesa - rimarca - equivalgono ai valori universali basati sulla «retta ragione».
In ogni caso, come Benedetto XVI, il futuro presidente della Cei è persuaso che l´Italia sia a un bivio: o mantiene la sua identità cristiana oppure si lascia risucchiare dal «coro» della società secolarizzata contemporanea.
(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)
Preservativi, documento del Papa
Sgreccia: arriverà, ma non subito
Non è imminente, né tanto meno prevista a giorni, una dichiarazione del Vaticano sull’uso dei contraccettivi artificiali. Lo hanno precisato monsignor Elio Sgreccia presidente della Pontificia accademia per la vita e il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, durante la presentazione del convegno internazionale sulla «Coscienza cristiana a sostegno al diritto alla vita». Era circolata voce secondo cui per il ventesimo anniversario del documento «Donum vitae» il Papa avrebbe pubblicato un documento definitivo sulla materia. Sgreccia ha detto che si sta riflettendo sull’argomento, ma non gli risulta che a breve possa essere pubblicato un testo definitivo. Padre Lombardi ha spiegato che la voce potrebbe essere nata da alcune dichiarazioni di mons. Angelo Amato, segretario del dicastero per la dottrina della fede. Ma, ha detto padre Lombardi, non pare che la riflessione sul tema sia ormai conclusa.
Monsignor Sgreccia ha affrontato il tema della adozione di bambini da parte di coppie gay e del carattere vincolante o meno per il cattolico - medico o politico che sia - dell’indicazione per l’obiezione di coscienza su alcune materie, fatta dal magistero. L’obiezione di coscienza contro l’adozione di figli in una coppia omosessuale è «pienamente fondata», ha detto Sgreccia a proposito di una normativa in discussione in Gran Bretagna, «è stata opposta anche in Spagna - ha ricordato -, è pienamente fondata e mi meraviglierei che in Gran Bretagna si rifiutasse di riconoscerla». Per Sgreccia il cristiano, politico o cittadino, ha come scelta obbligata l’obiezione di coscienza, oltreché su aborto ed eutanasia, anche nell’ambito della ricerca sulle staminali «dove implichi la morte degli embrioni e altre forme di violazione della vita». «Siamo convinti - ha proseguito il presule - che c’è un’utilità per tutta la società quando la coscienza cristiana può esprimersi e può offrire il suo contributo».
(da “la stampa” del 21 febbraio 2007)
Dico, no di Bertone al muro contro muro
di AMEDEO LA MATTINA
ROMA
Ci sono voluti dodici giorni prima che il ddl sui Dico - approvato dal governo l’8 febbraio - approdasse in Parlamento. Finalmente ieri è stato deciso che il difficile iter cominci al Senato dove l’opposizione è agguerritissima e la maggioranza non ha i numeri (Mastella e i Teodem sono contrari) per far passare un testo che è frutto di estenuanti mediazioni. Ora il rischio è che a Palazzo Madama, sotto una gragnuola di emendamenti, il provvedimento venga rigirato come un calzino, più probabilmente in senso restrittivo, secondo gli input dei vescovi.
Ma va registrato che, dopo l’incontro con Prodi, il cardinal Bertone sembra invitare alla prudenza. E’ proprio il segretario di Stato Vaticano infatti che sollecita «a mediare e a non coltivare contrapposizioni». L’occasione per questa apertura è stata la presentazione delle ultime edizioni degli scritti di San Pier Damiani. «Questa figura - ha detto il cardinale - ci esorta a mediare intelligentemente e sapientemente anche in politica».
Tuttavia da oggi lo scontro al Senato va in scena. Già con le pregiudiziali di costituzionalità che il centrodestra si appresta a presentare, e che l’Udeur è disposto a votare, potrebbe andare tutto a gambe all’aria. C’è chi invece sostiene il contrario, ricordando che in commissione Giustizia, guidata dal diessino Cesare Salvi, la maggioranza dispone di un vantaggio di 14 senatori contro i 13 della Cdl: ma quel che più conta è che tra i 14 non ci sono i senatori a vita (Colombo, Andreotti e Cossiga sono notoriamente contrari ai Dico) e gli uomini di Mastella.
Insomma, la battaglia è tutta aperta e l’esito è altrettanto incerto. Per questo motivo il governo e soprattutto la sinistra (radicale e moderata) avrebbe voluto che l’iter iniziasse dalla Camera: proprio per preservare il fragile equilibrio raggiunto nel governo. A Montecitorio i nodi più spinosi sarebbero stati affrontati con più tranquillità. E l’opposizione, con le armi spuntate, non avrebbe potuto incidere negativamente. Sarebbe stato poi più facile introdurre cambiamenti che loro considerano «migliorativi». Ma la scelta è stata fatta e saranno i senatori ad avere la prima parola.
Alla decisione si è arrivati attraverso un acceso scontro dentro la stessa maggioranza. Il ministro Chiti ha cercato di convincere Anna Finocchiaro e Cesare Salvi della convenienza di incardinare i Dico a Montecitorio. Ma i due esponenti diessini si sono opposti strenuamente, nonostante avessero contro il segretario dei Ds Fassino che avrebbe preferito una partenza alla Camera. Ma la Finocchiaro e Salvi hanno puntato i piedi, spiegando che intanto la discussione è già iniziata al Senato. «I Dico - è stato il ragionamento della capogruppo dell’Ulivo - sono un punto di equilibrio. Se il testo va alla Camera sarà stravolto dallo stesso centrosinistra e quando arriverà al Senato non avrebbe la minima possibilità di passare. Se invece prendiamo in mano noi questo benedetto ddl possiamo provare a blindarlo o cambiarlo poco e portarlo a casa». Per la Finocchiaro, inoltre, bisognava evitare di dare l’impressione di un Senato impotente, che non fosse in grado di legiferare. Nella girandola di incontri e contatti telefonici, Dario Franceschini alla fine ha sostenuto la Finocchiaro. Qualche perplessità sembra l’abbia avuta il presidente del Senato, Franco Marini, anche lui preoccupato di uno scivolone. Perciò avrebbe chiesto a Salvi assicurazioni: ci sono i margini per mantenere sostanzialmente invariato l’impianto dei Dico? Il presidente della commissione Giustizia avrebbe risposto che il testo, così com’è, non funziona, e che quindi va modificato in alcuni punti significativi. Qualcuno ha perfino visto in questa risposta di Salvi un retropensiero: la sua intenzione di mettere un ostacolo sulla strada della costituzione del Partito democratico.
(da “la stampa” del 21 febbraio 2007)
[Modificato da ratzi.lella 21/02/2007 15.36]