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stupor-mundi
00sabato 17 febbraio 2007 17:23
Re: appello e controappello

Scritto da: ratzi.lella 17/02/2007 14.36
Battaglia su laicita’ e liberta’

Cattolici di sinistra ai vescovi: non battetevi per le idee della chiesa. Ma c’è un controappello
________________________________________

Appello ai vescovi italiani
La Chiesa italiana, malgrado sia ricca di tante energie e fermenti, sta subendo un’immeritata involuzione. L’annunciato intervento della Presidenza della Conferenza episcopale, che imporrebbe ai parlamentari cattolici di rifiutare il progetto di legge su “diritti delle convivenze” è di inaudita gravità. Con un atto di questa natura l’Italia ricadrebbe nella deprecata condizione di conflitto tra la condizione di credente e quella di cittadino. Condizione insorta dopo l’unificazione del paese e il “non expedit” della Santa Sede e superata definitivamente solo con gli accordi concordatari.
Denunciamo con dolore, ma con fermezza, questo rischio e supplichiamo i Pastori di prenderne coscienza e di evitare tanta sciagura, che porterebbe la nostra Chiesa e il nostro Paese fuori dalla storia. Si può pensare che il progetto di legge in discussione non sia ottimale, ma è anche indispensabile distinguere tra ciò che per i credenti è obbligo, non solo di coscienza ma anche canonico, e quanto deve essere regolato dallo Stato laico per tutti i cittadini.
Invitiamo la Conferenza episcopale a equilibrare le sue prese di posizione e i parlamentari cattolici a restare fedeli al loro obbligo costituzionale di legislatori per tutti.

Giuseppe Alberigo - Bologna
Alberto Melloni - Bologna
Gian Carlo Jocteau - Torino
Maria Serena Piretti - Bologna
Stefano Sciuto - Torino
Ugo Perone - Vercelli
Corrado Truffelli - Parma
Vittorio Bellavite - Milano
Maria Serena Piretti - Bologna
Raniero La Valle - Roma
Ettore Masina - Roma
Angelina Nicora - Bologna
Giuseppe Ruggieri - Catania

Controappello ai vescovi italiani

Noi laici e cattolici italiani chiediamo ai vescovi di mantenere chiara e libera la loro impostazione di dottrina e di cultura morale in tema di legislazione familiare. Riteniamo ingiusta ogni forma di intimidazione intellettuale contro l’autonomia del pensiero religioso. Consideriamo decisivo, per arricchire il pluralismo di valori della società italiana, che la religione occupi uno spazio pubblico nella vita della comunità. Giudichiamo improprio, e sintomo di un uso politico della sfera religiosa, l’appello dei cattolici democratici affinché la chiesa italiana rinunci a un suo atto di magistero, che la libera coscienza di laici e cattolici, compresi i parlamentari della Repubblica, potrà valutare serenamente e in piena libertà.
Il nuovo Concordato del 1984 affida alla chiesa italiana, che non è più espressione di una “religione di stato”, un ruolo indipendente di testimonianza civile, politica e morale che è pienamente compatibile con la funzione laica e sovrana nel suo ordine dello stato. La cultura di questo paese deve liberarsi delle pastoie politiciste di un pensiero illiberale e veteroconcordatario che intende censurare con argomenti obliqui la libertà religiosa e la sua funzione sociale.

Sergio Ricossa - Torino, Marta Sordi - Milano, Francesco D’Agostino - Roma, Vittorio Mathieu - Torino, Giuliano Ferrara - Roma, Lucetta Scaraffia - Roma, Giovanni Maria Vian - Roma, Ubaldo Casotto - Roma, Antonio Socci - Siena, Nicoletta Tiliacos - Roma, Eugenia Roccella - Roma, Sergio Soave - Milano, Luigi Amicone - Milano

(da "il foglio" del 15/02/2007)


Battaglia su laicita’ e liberta’
Acquaviva, laicisti ottocenteschi e cattolici democratici sono fantasmi veteroconcordatari ________________________________________

Roma. Gennaro Acquaviva, sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il governo Craxi (1983-’87), legge l’allarmata dichiarazione di Stefano Rodotà sull’annuncio di un documento della Cei sui Dico, impegnativo per i cattolici: “Così in un colpo solo viene aperto un conflitto con il governo, affermata la sovranità limitata del Parlamento, azzerata la Costituzione”. Acquaviva ripiega Repubblica e commenta: “Un linguaggio ottocentesco e una lettura dell’articolo 7 della Costituzione ferma al Concordato del 1929, esattamente come quella di Leopoldo Elia. I cattolici democratici – che se andate nelle parrocchie nessuno sa chi siano, mentre hanno molta udienza sui media – si dimenticano che su questo punto la Costituzione è stata già cambiata, è successo nel 1984 quando il laico e garibaldino Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli, che non credo agisse sotto l’influenza di Ruini, firmarono la revisione del Concordato”. Sul perché di questa omissione Acquaviva ritiene che “in questo paese ci siano molti orfani della Dc, lo strumento di mediazione che la chiesa ha usato per cinquant’anni, certo per difendere i suoi interessi, ma anche quelli del paese. Finita la funzione di questo partito la questione cattolica rimane, nel senso che rimane la chiesa come protagonista sociale, culturale e in qualche modo politico della vita del paese”. Sull’importanza di quanto successo nell’84 Acquaviva non ha dubbi, “la modifica dell’assetto dell’articolo 7 è stato un atto modernizzatore della vita pubblica italiana e forse vale la pena rileggerla: ‘La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese’. Sottolineo ‘reciproca collaborazione’. E’ tutto qui il superamento dell’impostazione ‘separatista’ risorgimentale dei rapporti tra stato e chiesa. Non ci sono più due soggetti che si riconoscono diritti, doveri e privilegi ma un accordo che toglie i privilegi nella logica di un rapporto collaborativo di libertà”. Rinuncia a privilegi? “Il cattolicesimo non è più religione di stato, e scusate se è poco, l’insegnamento della religione cattolica è diventato totalmente facoltativo. E poi è cambiato il sistema di finanziamento. Tutto questo rende la chiesa più libera e meno clericale il rapporto tra politici cattolici e Vaticano, ricordatevi che Dossetti faceva la spola con la Segreteria di stato a prendere ordini per la Costituente… E ricordatevi anche che il cattolico democratico Ciriaco De Mita, allora segretario della Dc, non venne alla Camera per votare il testo del nuovo Concordato”.

Il garibaldino Craxi: “Non affamare i preti” All’obiezione che il Concordato resta comunque un trattato internazionale fra due stati mentre qui c’è di mezzo l’episcopato italiano Acquaviva risponde che “senza l’accordo dell’84 non ci sarebbe la Cei, o meglio, ci sarebbe canonicamente, già c’era, ma il suo essere interlocutore reale, soggetto italiano della chiesa universale dipende molto da quelle due firme. Il perché è tutto nell’8 per mille, che non va al Vaticano, ma ai vescovi italiani. Tu non rendi libero uno se non gli dai la possibilità economica di vivere”. Una bella responsabilità per un politico laico come Craxi… “Craxi, che non risparmiò duri attacchi a Giovanni Paolo II che comiziava per il referendum sull’aborto, era però convinto che il tessuto del nostro paese, lo stare insieme degli italiani non poteva reggere senza il cristianesimo, e questo non è solo una verità storica, è una verità nel presente, avremmo un paese sbrindellato. L’intelaiatura istituzionale che si è costruita risponde a questo desiderio, dirò di più a questo obbligo morale e politico di tenere insieme il paese. Per questo a Francesco Margiotta Broglio, che sul finanziamento della chiesa giocava al ribasso, Craxi diede una indicazione politica: ‘Non affamare i preti’”.
Acquaviva ritiene attuale anche oggi il giudizio di Craxi: “Una società laica ha interesse a una presenza pubblica della religione, ne è arricchita, non impoverita. In Italia la chiesa, maggioritaria o minoritaria che sia, è una forza sociale rilevante, la sua dimensione pubblica è ineludibile, direi che è auspicabile”. E se gli si prospetta il modello americano di rapporto stato-chiese improntato a una più franca libertà ma anche a un più deciso interventismo, modello elogiato sia dal cardinale Ruini che da Benedetto XVI, Acquaviva distingue: “Sono due storie troppo diverse, la via della modernizzazione da noi passa per un accordo. Non potremmo mai, anche se sarebbe bello, avere Dio nel preambolo della Costituzione o pregare nell’Aula del Parlamento come chiese La Pira”.
E i Dico? “Non sono riusciti a evitare le trappole del linguaggio, ma il decidere di fare una legge ad hoc, invece di modificare il codice civile, portava inevitabilmente a una definizione di simil-matrimonio. E alla scontata reazione delle chiesa. Vuole una previsione? Hanno deciso di iniziare col Senato, credo che non se ne farà niente”.

(da "il foglio" del 15/02/2007)

[Modificato da ratzi.lella 17/02/2007 14.38]




Due rappresentanze delle opposte fazioni di cui sopra si sono affrontate ieri sera su La7 durante la trasmissione otto e mezzo condotta da Ferrara.
Orbene, Melloni e compagni ( [SM=g27828] ) si sono mostrati per quello che sono: dei sepolcri imbiancati, dei traditori peggio di giuda!! La loro strategia è quella di tappare la bocca alla chiesa per offrire un puntello a questo schifo di governo dove anche loro, i c.d. "teo-dem" (vedi bindi et similia) hanno il c*** ben attaccato alla poltrona!!!
E, indovina indovina, qual è l'arma del ricatto: abolire il concordato per affamare la chiesa e togliergli l'otto per mille!!!VILI TRADITORI! ALTRO CHE DOCUMENTO VINCOLANTE DELLA CEI!!!!LA SCOMUNICA CI VORREBBE!!!
euge65
00sabato 17 febbraio 2007 21:32
Re: Re: appello e controappello

Scritto da: stupor-mundi 17/02/2007 17.23


Due rappresentanze delle opposte fazioni di cui sopra si sono affrontate ieri sera su La7 durante la trasmissione otto e mezzo condotta da Ferrara.
Orbene, Melloni e compagni ( [SM=g27828] ) si sono mostrati per quello che sono: dei sepolcri imbiancati, dei traditori peggio di giuda!! La loro strategia è quella di tappare la bocca alla chiesa per offrire un puntello a questo schifo di governo dove anche loro, i c.d. "teo-dem" (vedi bindi et similia) hanno il c*** ben attaccato alla poltrona!!!
E, indovina indovina, qual è l'arma del ricatto: abolire il concordato per affamare la chiesa e togliergli l'otto per mille!!!VILI TRADITORI! ALTRO CHE DOCUMENTO VINCOLANTE DELLA CEI!!!!LA SCOMUNICA CI VORREBBE!!!




SONO D'ACCORDO CON TE SULLA SCOMUNICA!!!!!!!!!!!!!! IO FAREI DI PIU' RIPRISTINEREI A PIENO REGIME IL SANT'UFFIZIO!!!!!!!!! CON TANTO DI CELLE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Paparatzifan
00sabato 17 febbraio 2007 21:48
Re: appello e controappello

Scritto da: ratzi.lella 17/02/2007 14.36
Battaglia su laicita’ e liberta’

Cattolici di sinistra ai vescovi: non battetevi per le idee della chiesa. Ma c’è un controappello
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Appello ai vescovi italiani
La Chiesa italiana, malgrado sia ricca di tante energie e fermenti, sta subendo un’immeritata involuzione. L’annunciato intervento della Presidenza della Conferenza episcopale, che imporrebbe ai parlamentari cattolici di rifiutare il progetto di legge su “diritti delle convivenze” è di inaudita gravità. Con un atto di questa natura l’Italia ricadrebbe nella deprecata condizione di conflitto tra la condizione di credente e quella di cittadino. Condizione insorta dopo l’unificazione del paese e il “non expedit” della Santa Sede e superata definitivamente solo con gli accordi concordatari.
Denunciamo con dolore, ma con fermezza, questo rischio e supplichiamo i Pastori di prenderne coscienza e di evitare tanta sciagura, che porterebbe la nostra Chiesa e il nostro Paese fuori dalla storia. Si può pensare che il progetto di legge in discussione non sia ottimale, ma è anche indispensabile distinguere tra ciò che per i credenti è obbligo, non solo di coscienza ma anche canonico, e quanto deve essere regolato dallo Stato laico per tutti i cittadini.
Invitiamo la Conferenza episcopale a equilibrare le sue prese di posizione e i parlamentari cattolici a restare fedeli al loro obbligo costituzionale di legislatori per tutti.

Giuseppe Alberigo - Bologna
Alberto Melloni - Bologna
Gian Carlo Jocteau - Torino
Maria Serena Piretti - Bologna
Stefano Sciuto - Torino
Ugo Perone - Vercelli
Corrado Truffelli - Parma
Vittorio Bellavite - Milano
Maria Serena Piretti - Bologna
Raniero La Valle - Roma
Ettore Masina - Roma
Angelina Nicora - Bologna
Giuseppe Ruggieri - Catania

(da "il foglio" del 15/02/2007)

[Modificato da ratzi.lella 17/02/2007 14.38]



CHE SCHIFO DI GENTE!!!! PUAJJJJJJJ!!!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=x40796]
ratzi.lella
00domenica 18 febbraio 2007 10:50
Nuovo affondo del Papa
“Lobby contro la famiglia”
“Preoccupazione anche per l’aborto, mai giustificabile”
di MARCO TOSATTI

Benedetto XVI torna a parlare di famiglia in termini che mostrano tutta la sua preoccupazione per i provvedimenti legislativi - ovunque siano presi - che possano in qualche modo indebolire il modello tradizionale di unione fra uomo e donna. E naturalmente il clima particolare che accompagna in questi giorni il dibattito sui «Dico» in Italia fa sì che le sue parole, anche se non dirette esplicitamente alla nostra realtà, vengano immediatamente tradotte e interpretate in un codice tutto italiano. E’ accaduto così anche ieri. Papa Ratzinger sarà in Brasile, ad Aparecida, agli inizi di maggio; considera la sua trasferta brasiliana un momento centrale per rivolgersi a tutto il subcontinente. In quest’ottica ha convocato tutti i nunzi dell’America Latina a Roma, per discutere della situazione dei singoli Paesi. E ieri ha rivolto loro un discorso. «Un’attenzione prioritaria - ha detto - merita proprio la famiglia che mostra segni di cedimento sotto le pressioni di lobbies capaci di incidere negativamente sui processi legislativi». Ha continuato con un quadro certamente non roseo della situazione: «Divorzi e unioni libere sono in aumento, mentre l’adulterio è guardato con ingiustificabile tolleranza. Occorre ribadire che matrimonio e famiglia hanno il loro fondamento nel nucleo più intimo della verità sull’uomo e sul suo destino. Solo sulla roccia dell’amore coniugale, fedele e stabile, tra un uomo e una donna, si può edificare una comunità degna dell’essere umano».
Il Papa ha toccato di nuovo l’argomento dell’etica pubblica lanciando un allarme sulle sette, che sempre più, complice il «secolarismo edonista post-moderno», si diffondono in America Latina, sottraendo fedeli alla Chiesa cattolica. «Davanti alle sfide dell’attuale momento storico le nostre comunità sono chiamate a rinsaldare la loro adesione a Cristo per dimostrare una fede matura e piena di gioia. E, nonostante tutti i problemi, enormi sono le potenzialità spirituali a cui può attingere l’America Latina dove i misteri della fede sono celebrati con fervida devozione». Ma la difesa dei valori cristiani nella società non deve vedere i sacerdoti in prima linea: ai nunzi il Papa ha detto che sono i laici e non gli ecclesiastici i protagonisti dell’azione politica. «Sento il dovere di ribadire che non spetta agli ecclesiastici capeggiare aggregazioni sociali o politiche ma ai laici maturi e professionalmente preparati».
Non c’è stato nessun accenno diretto da parte del Pontefice a quanto sta accadendo in Italia coi «Dico» anche perché il lungo discorso rivolto ai nunzi era incentrato sui problemi della Chiesa nel continente. E’ probabile che le «lobbies» a cui faceva riferimento fossero diverse: da quelle legate alla medicina e alla farmacologia che spesso trovano la Chiesa come oppositore in temi come fecondazione, pillola «del giorno dopo» e problematiche simili, a quelle - come i movimenti di opinione omosessuali - che vorrebbero la totale parità di ogni genere di unione con il matrimonio tradizionale, a «lobbies» di tipo economico neo-liberista, ben presenti in America Latina, che vedono nella chiesa un ostacolo allo sfruttamento, una delle cause della disgregazione della famiglia tradizionale. Le sue parole però sono tornate ad alimentare la polemica, e a provocare reazioni a catenza. Da Antonio Satta dell’Udeur («anche in Europa c’è un disegno per scardinare la famiglia») a Luca Volonté («è in atto nelle scuole pubbliche una campagna di "omosessualizzazione educativa" lanciata dall’Arcigay») mentre per Roberto Villetti, capogruppo della Rosa del Pugno, «addebitare la crisi della famiglia alle pressioni e alle minacce di lobby, magari formate soprattutto da gruppi gay, deriva da una lettura superficiale e sbagliata dei cambiamenti in corso nelle società moderne». Villetti teme una «nuova caccia alle streghe».

(da "la stampa" del 18 febbraio 2007)


L’ARCIVESCOVO DI MILANO
Tettamanzi si allinea al Pontefice
«Aiutiamo le coppie sposate»


L’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, precisa il suo pensiero sulle polemiche in corso sulle unioni di fatto, ed esprime una linea in sostanziale sintonia con quella di Benedetto XVI e del cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei. «Il primo aspetto della politica familiare è di riconoscerne la specificità, che deriva dall’unicità propria della famiglia fondata sul matrimonio» dice il cardinale, sottolineando che è in gioco «la dignità personale dell’uomo e della donna». Tettamanzi parla di «una emergenza, data la situazione attuale di ritardo, di scarsità di risorse, di gravi e generali difficoltà» della famiglia; e «come tale, la politica familiare non può non avere precedenza su tutto il resto: precedenza anche nei tempi di intervento, e comunque come criterio per valutare o "misurare" ogni altro intervento».
Quindi, solo «nel contesto di una vera e autentica politica familiare» ci può essere «considerazione dei problemi personali e sociali connessi alle unioni di fatto». Il cardinale lamenta la «politicizzazione», e la deformazione «per la forte spinta culturale di un radicale "soggettivismo" e "individualismo", che da un lato ritiene "diritto" ciò che è "desiderio" e rivendica diritti cancellando doveri, e dall’altro lato giunge a negare la rilevanza personale e sociale della differenza e complementarità sessuale».

(da "la stampa" del 18 febbraio 2007)

[Modificato da ratzi.lella 18/02/2007 10.51]

Sihaya.b16247
00domenica 18 febbraio 2007 11:44
Re: Re: Re: appello e controappello

Scritto da: euge65 17/02/2007 21.32



SONO D'ACCORDO CON TE SULLA SCOMUNICA!!!!!!!!!!!!!! IO FAREI DI PIU' RIPRISTINEREI A PIENO REGIME IL SANT'UFFIZIO!!!!!!!!! CON TANTO DI CELLE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!



Ciusto!! [SM=g27811] [SM=g27828]
Rispetto molto più i deputati della Rosa, che sono coerenti dall'inizio alla fine, piuttosto che il giornalista che prima si inchina all'udienza del Papa poi firma l'appello oppure il "teodem" che si barcamena in acrobazie cerchiobottiste...Che vergogna! "Vorrei ma non possum, non potrei ma forse lo faccio lo stesso..." [SM=g27818]
Fabiochiattone
00lunedì 19 febbraio 2007 15:37
Re: Re: Re: Re: appello e controappello

Scritto da: Sihaya.b16247 18/02/2007 11.44


Ciusto!! [SM=g27811] [SM=g27828]
Rispetto molto più i deputati della Rosa, che sono coerenti dall'inizio alla fine, piuttosto che il giornalista che prima si inchina all'udienza del Papa poi firma l'appello oppure il "teodem" che si barcamena in acrobazie cerchiobottiste...Che vergogna! "Vorrei ma non possum, non potrei ma forse lo faccio lo stesso..." [SM=g27818]




quoto in pieno!!!!!Vorrei che il potere della Chiesa si farebbe piu'sentire come i vecchi tempi! [SM=x40792]
euge65
00lunedì 19 febbraio 2007 19:56
Da Avvenire
Il Concordato non può comprare il silenzio



L'anniversario dei Patti Lateranensi e del Concordato riformato nel 1984 cade quest'anno in un momento particolare per la società italiana. Visti nella loro dimensione storica essi hanno dato stabilità alle relazioni tra Stato e Chiesa cattolica. Prima risolvendo la questione romana, poi inserendo il Concordato nell'alveo della Costituzione democratica.
Con il Trattato del Laterano, la Santa Sede ha visto crescere il proprio ruolo nella società internazionale e la voce del Papa ha parlato, come mai prima, a tutti i popoli e a tutti gli Stati. La riforma poi del Concordato ha aperto la strada alla stipulazione di Intese con altri culti. Ha consentito, cioè, la piena attuazione dell'articolo 7 ma anche dell'articolo 8 della nostra Costituzione per il quale "tutte le Confessioni sono egualmente libere davanti alla legge".
La scelta del Costituente di fare dei Patti lateranensi e delle Intese gli strumenti peculiari dello Stato laico ha fatto scuola in Europa. Perché negli ultimi decenni i concordati, e gli accordi con le confessioni, si sono moltiplicati, dal Portogallo all'Austria, dalla Slovacchia alla Germania, dalla Croazia alla Polonia alla Spagna, e via di seguito. E perché le legislazioni ecclesiastiche - concordatarie o meno - sono molto simili in tutto il continente. Un po' dovunque i culti sono finanziati dallo Stato, l'insegnamento religioso è previsto quasi dappertutto, dal Belgio alla Germania, dalla Spagna alla Russia alla Romania, a tanti altri Paesi ancora. Stato e Chiese collaborano sulla base di normative, sempre perfettibili, ma certamente equilibrate e adeguate all'evoluzione democratica delle rispettive società.
È vero, però, che in Italia, anziché menar vanto di questi risultati, soprattutto da due anni il Concordato è oggetto di critica e di polemiche da parte di alcuni gruppi politici. La prima volta, quando il referendum sulla procreazione assistita del 2005 ha mancato il suo obiettivo; in questi giorni perché la Chiesa fa sentire la sua vo ce sui rischi di proposte normative che toccano una delle basi morali della società, disincentivando di fatto l'istituto familiare fondato sul matrimonio e premiando esperienze individuali diverse rispetto alla famiglia.
Per sé, nessun rapporto lega il Concordato al referendum sulla procreazione, e alle proposte di legge sulle convivenze. Ma certi settori laici sviluppano un ragionamento strumentale per mettere in crisi le relazioni tra Stato e Chiesa. Poiché, si dice, la Chiesa non tace e non accetta passivamente le riforme legislative che si vogliono introdurre è bene rivedere la legislazione ecclesiastica abolendo le forme di finanziamento delle confessioni, eliminando l'insegnamento religioso nelle scuole, e altro ancora. Chiunque vede che siamo di fronte ad una specie di ritorsione censoria che chiama in causa questioni che non hanno alcun rapporto tra di loro. Quasi che il Concordato e le Intese possano comprare il silenzio delle Chiese. Un salto indietro verso l'Ottocento, in controtendenza nei confronti dell'Europa.
Per questo motivo l'odierno anniversario dei Patti Lateranensi può giovare a rispondere pacatamente ma fermamente a queste posizioni. La libertà della Chiesa, come quella degli altri culti, dei cittadini e delle organizzazioni sociali non è oggetto di concessione da parte di alcuno, ma ha fondamento nella Costituzione (elaborata con il contributo di tutti) e nell'ispirazione giusnaturalista della democrazia politica. Le libertà civili che permettono di parlare, discutere, cercare di convincere, non sono soggette a censure o ritorsioni.
Forse l'agitarsi di alcuni gruppi vuole raggiungere un risultato obliquo, quello di sventolare la bandiera della laicità per non doversi confrontare nel merito con le idee e le proposte dei cattolici, e di tanti laici, per non volersi misurare con sentimenti popolari profondi. Ma la regola della democrazia è un'altra. È la regola del confronto per far parlare tutti, della discussione per far partecipare le var ie componenti sociali alle decisioni da adottare. Per questo motivo, la voce della Chiese, delle Chiese, e di chiunque altro, si rivela cosa preziosa anche in questo momento storico, perché è rivolta ai cittadini, alle loro coscienze, è diretta a far crescere la consapevolezza dei valori di cui si parla e si discute.




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La coscienza ambientale c'è Adesso agiamo di conseguenza


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Il Concordato non può comprare il silenzio


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Io parroco badilante e i giornali dell'ultima settimana


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Tutto a posto poco in ordine


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Cercansi eroi da parete per il Partito democratico

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ratzi.lella
00lunedì 19 febbraio 2007 21:26
Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: Paparatzifan 13/02/2007 21.44

Mi dispiace per te!!! [SM=g27819] Se vuoi ti presto il mio Patriarca! [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x40800]



magari!!! ehehehehehhe [SM=g27811]
da noi ci appioppano sempre i sedicenti "pregressisti" buonisti [SM=g27812]

Dico, vertice Prodi-Bertone
di FLAVIA AMABILE

ROMA
Si incontreranno questa mattina Romano Prodi e Camillo Ruini. Lontani i tempi in cui tra i due correva buon sangue, tanto che fu proprio Ruini a celebrare le nozze di Prodi con la moglie Flavia. Ora che uno è capo del governo che vorrebbe dare il via libera alle unioni di fatto e l’altro è il presidente della Cei, i rapporti sono ridotti all’essenziale. Oggi si vedranno soltanto per ricordare la firma dei Patti Lateranensi, un evento celebrativo nella sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, al quale prenderanno parte anche monsignor Tarcisio Bertone e tutte le massime cariche istituzionali italiane e vaticane, Papa escluso.
L’incontro cade nel pieno della bufera tra Chiesa e governo italiano sui Dico, ma durerà mezz’ora. Dopodichè vi sarà un secondo incontro questa volta con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e i vertici del Vaticano, che potrebbe trasformarsi anche in un faccia-a-faccia con il Segretario di Stato. Mezz’ora, dunque. Da parte dei rappresentanti della Santa Sede non si vuole entrare nel merito delle accese polemiche di queste settimane sui Dico, nè tanto meno intende farlo il governo. Ruini ha annunciato una nota per chiarire la posizione della Chiesa, ma oggi molto probabilmente ribadirà un principio: nessuno può zittire la Chiesa, il Papa, i cardinale e i vescovi hanno diritto di parlare. Si entrerà invece nel merito di alcune questioni sui beni culturali come dell’assistenza spirituale nelle carceri.
Ma se oggi si celebrerà la firma dei Patti, in quest’atmosfera di frizione tra Stato e Chiesa si discute molto se i Patti siano stati violati, se siano ancora validi e se i rapporti tra Italia e Santa Sede non versino in cattiva salute. «Certi settori laici - accusa il quotidiano dei vescovi, Avvenire - sviluppano un ragionamento strumentale per mettere in crisi le relazioni tra Stato e Chiesa» E prosegue parlando di «ritorsione censoria che chiama in causa questioni che non hanno alcun rapporto fra loro». Radio Vaticana ha intervistato invece Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, che ricorda come alla Chiesa sia «assicurata libertà attraverso la Costituzione e il Concordato». E comunque - aggiunge Mirabelli, «quello della Chiesa non è mai un insegnamento costrittivo». Ma la componente laica del governo non ci sta. «Bisogna dire basta ai diktat, alle guerre di religione e alle discriminazioni», avverte il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Mentre Fabio Mussi, ministro per l’Università,ha respinto le accuse lanciate due giorni fa dal Vaticano. Non ci sono lobby minacciose che lavorano contro la famiglia, semmai c’è chi vuole, come il Vaticano, imporre l’etica della verità che è la verità unica, la sua, a tutta la società civile.


Il Papa e la Grande lobby
di Vittorio Messori

“Dai gay al Pse, all’Oms ecco i nemici della Chiesa”
GIACOMO GALEAZZI

CITTA’DEL VATICANO
«L’Organizzazione mondiale della sanità, certi settori della massoneria, le associazioni gay soprattutto americane, le multinazionali farmaceutiche, le potenti organizzazioni ecologiste internazionali che odiano il cristianesimo per nostalgia di paganesimo, i circoli liberal-radicali del "politicamente corretto"». A spiegare quali sono le lobbies anti-famiglia («capaci di incidere sui processi legislativi») denunciate sabato da Benedetto XVI è lo scrittore cattolico Vittorio Messori.

Chi lavora per contrastare la famiglia e, in genere, la prospettiva etica cattolica ?

«E’evidente l’esistenza delle lobbies di cui parla il Pontefice. L’azione di questi influenti gruppi di pressione non è diretta solo contro la coppia nella prospettiva di fede, ma contro l’intero complesso etico e morale della Chiesa. L’Oms, in tema di contraccezione, aborto, diagnosi prenatale per la soppressione degli handicappati; certe importanti sigle dell'ambientalismo che vorrebbero liberarsi dal Vangelo per nostalgie pagane; alcuni settori della massoneria ostili alla morale cattolica. Ma le lobbies alle quali si riferisce il Papa sono anche altre».

Quali?

«Le grandi organizzazioni di omosessuali. I gay, come ogni minoranza, sono spesso litigiosi nelle loro comunità, ma specialmente negli Stati Uniti superano i loro contrasti nell’avversione praticamente unanime per l’etica "papista". C’è poi la colossale industria farmaceutica, il business più redditizio dell’economia globale, che ottiene guadagni formidabili dalla produzione di pillole anticoncezionali, preservativi e altri farmaci e strumenti che contrastano nei fatti le indicazioni ecclesiali».

Operano anche lobby politiche contro la famiglia?

«Soprattutto non pochi, influenti settori del Partito Socialista Europeo, che all’Europarlamento non ha accettato il cattolico Rocco Buttiglione da commissario e che non ha voluto menzionare le radici cristiane nella Costituzione. Il premier spagnolo Zapatero è un capofila quasi caricaturale dell’"eticamente corretto" imperante a Bruxelles, un radicalismo di massa che vede nella Chiesa la propria nemica giurata. I partiti di vecchia ispirazione marxista si sono trasformati in aggregazioni "liberal" nella quali la prospettiva morale è quella che fu della minoranza radicale di Pannella e che è ora l’ispiratrice della vulgata egemone».

La Chiesa sotto attacco?

«Sì, come sempre, del resto. E, in una prospettiva provvidenziale, per fortuna, visto che il Vangelo, se è davvero tale, divide. Ma una Chiesa messa in difficoltà non solo dall’esterno, anche da dentro. Talvolta si ha l’impressione che il Papa sia un capo quasi senza truppe. Dopo il Concilio, i catto-progressisti contestavano in piazza le istituzioni ecclesiastiche. Oggi, è in atto una sorta di scisma sommerso dei credenti che, senza manifestarlo pubblicamente, non obbediscono in privato alle norme morali della Chiesa. Se interpellati si dicono "cattolici", vanno pure a messa ma non seguono affatto le direttive sull’etica sessuale e familiare: dall’uso dei metodi contraccettivi all’accettazione del divorzio, della convivenza, dell’omosessualità, persino dell’aborto. E spesso,chi fa la predica e si candida a difese ad oltranza parla da pulpiti che lasciano almeno perplessi».

Cioè?

«E’ ben noto che i leader della Cdl che si schierano contro i Dico sono tutti, ma proprio tutti, in una posizione familiare che per la Chiesa è irregolare. Tra quanti si dichiarano difensori della famiglia, l’unico "a posto ", il solo che potrebbe ricevere senza problemi i sacramenti, essendo provvisto di una sola moglie che non ha mai abbandonato, è Clemente Mastella. Cioè, ironicamente, un esponente di quell’Unione che ha regolarizzato le coppie di fatto che gli "irregolari" del Polo annunciano di volere contrastare ad oltranza. Dio solo, naturalmente, può giudicare. Ma, a viste umane, anche i politici che si schierano a difesa della famiglia partecipano della incoerenza tra dottrina e prassi che contrassegna oggi tanto cattolicesimo».

(da "la stampa" del 19 aprile 2007)
ratzi.lella
00martedì 20 febbraio 2007 08:31
Il Vaticano gela Prodi: fermezza sui Dico
di Andrea Tornielli

«Abbiamo parlato con molta serenità e serietà. Abbiamo parlato anche della famiglia, nei termini che la Chiesa pone sempre con chiarezza. Si è parlato anche dei Dico, chiarendo le nostre rispettive posizioni». Il più spontaneo e loquace, ancora una volta, è lui, il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Benedetto XVI, al suo primo ricevimento per la celebrazione dei Patti Lateranensi. Premier e ministri scivolano via scansando la calca dei giornalisti, o si limitano a sorrisi e qualche frase di circostanza. Lui no, e pur rivelando poco o nulla dell’incontro a porte chiuse che lo ha visto prima confrontarsi a quattr’occhi con Romano Prodi e poi dialogare, affiancato dal cardinale Ruini e dai vertici della Segreteria di Stato, con il presidente Napolitano, i presidenti di Camera e Senato, il vicepremier Rutelli e il ministro degli Esteri D’Alema, ammette che il tema scottante dei «Dico» è entrato nei colloqui bilaterali. E che anche in questa occasione formale – l’annuale ricevimento presso Villa Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede – il Vaticano non ha mancato di far sentire la sua voce in difesa della famiglia manifestando tutte le perplessità per il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e delle coppie gay.

Provocato da una domanda sui Dico, Bertone ha prima fatto una battuta, «Potrei rispondere... non dico», poi ha aggiunto: «Si è parlato anche di questo tema, chiarendo le rispettive posizioni». Per quanto riguarda la famiglia, il cardinale ha spiegato che si tratta di «una priorità per l’Italia. Abbiamo discusso anche di questo e delle provvidenze in favore soprattutto delle famiglie più numerose come, d’altronde, dice la stessa Costituzione all’articolo 31». Tra generali e porporati si aggira Clemente Mastella, che ribadisce il no al disegno di legge e la contrarietà a discuterlo prima alla Camera che al Senato, dove l’Udeur ha già preannunciato il suo no: «Se non ci saranno sgambetti ipocriti da parte di qualcuno, al Senato, sui Dico, non c’è la maggioranza». Mentre in un’intervista il leader di An Gianfranco Fini rincara la dose: «È inaccettabile che per garantire diritti individuali e togliere discriminazioni si dia vita a un matrimonio di serie B».

Che i rapporti tra governo e Chiesa stiano attraversando una fase molto delicata lo attesta anche l’inusuale nota con la quale Palazzo Chigi ha voluto presentare la sua versione sull’andamento dei colloqui, specificando che sulla famiglia «si sono precisate e chiarite in modo costruttivo le rispettive posizioni» e assicurando che «i rapporti tra lo Stato italiano e la Santa Sede sono usciti ulteriormente rafforzati». La nota dello staff di Prodi ha quindi ricordato che nel dialogo si è trovata «particolare sintonia sui temi relativi alla politica internazionale e soprattutto sulla necessità di moltiplicare gli sforzi e la collaborazione al fine di alimentare le politiche per la pace, in particolare in sede Onu e Ue e per affrontare i problemi dei Paesi meno sviluppati».

Era stato lo stesso cardinale Bertone a ricordare la situazione internazionale: «Abbiamo parlato non solo di problemi italiani, perché bisogna guardare anche ai problemi internazionali nei quali la Santa Sede è fortemente impegnata e l’Italia dà una mano. Pensiamo al Medio Oriente, al Libano, ai Paesi dell’America Latina, al problema dell’Africa. Anche il presidente della Repubblica si è mostrato molto preoccupato, soprattutto per le questioni riguardanti il Medio Oriente». Su questo ha fatto una battuta anche D’Alema: «In generale direi che abbiamo parlato delle questioni sulle quali c’è una maggiore convergenza, e in qualche caso un impegno comune, tra la Santa Sede e l’Italia». Su Dico e famiglia, invece, il gelo resta, nonostante i sorrisi d’ordinanza.

(da "il giornale" del 20 febbraio 2007)


Faccia a faccia Prodi-Bertone "Chiarite le posizioni sui Dico"
Napolitano: "Sono soddisfatto, un bell´incontro augurale"
di MARCO POLITI


ROMA -È tregua tra governo e Santa Sede. In mezz´ora di colloquio a tu per tu il premier Prodi e il Segretario di Stato vaticano cardinale Bertone concordano sulle necessità di abbassare la tensione e di impostare la questione dei Dico in maniera più razionale, senza lasciare spazio ad equivoci che dietro le mosse della Chiesa vi siano altri obiettivi destabilizzanti.
È già un primo risultato del vertice italo-vaticano, che ha visto ieri riunirsi nell´ambasciata d´Italia presso la Santa Sede per l´anniversario del Concordato il premier Prodi, D´Alema, Rutelli (cui si sono aggiunti poi il presidente Napolitano, Marini e Bertinotti) e il cardinale Bertone, il cardinale Ruini, mons. Sostituto Sandri, il cardinale Nicora e il ministro degli Esteri vaticano Mamberti. Tregua, però, e nient´altro. La gerarchia ecclesiastica continuerà a muoversi secondo la propria strategia (che punta sul codice civile per garantire i diritti dei conviventi), mentre il governo porterà in parlamento i Dico. Tra Montecitorio e Palazzo Madama ognuno tesserà la sua tela.
Nugoli di fischi di manifestanti anti-concordatari accolgono le macchine dei porporati, che arrivano in ambasciata poco dopo le cinque del pomeriggio. È un segno di stagione, che spinge il Vaticano a non acuire un contenzioso Stato-Chiesa, riportando tutto nei binari di una dialettica più controllata. È di Prodi la mossa di invitare Bertone nel Salotto Rosso per un faccia a faccia, che consente a tutti e due di parlarsi con chiarezza, con una punta di fredda determinazione da parte vaticana, ma senza asprezze.
«Bene, benissimo», commenterà all´uscita Prodi, che ha difeso i Dico, ma anche battuto il tasto sulle misure pro-famiglia del governo. Bertone spiega a Repubblica che il clima è stato «sereno e disteso», aggiungendo che di famiglia si è discusso «nei termini che la Chiesa pone sempre, cioè con chiarezza e rispetto di tutte le istanze». Ai telereporter il porporato risponde con una battuta: «Potrei dire "non Dico", ma se ne è parlato con serietà e chiarendo le nostre rispettive posizioni». Il Segretario di Stato sottolinea che con il premier si è approfondito il tema delle provvidenze ai nuclei familiari più numerosi. Il Vaticano ritiene che la famiglia sia una «priorità per l´Italia».
Il vertice in ambasciata si è svolto in tre tappe. Dopo il colloquio a quattr´occhi, Prodi e Bertone si sono trasferiti nella Sala del Caminetto, unendosi alla delegazione vaticana e italiana al completo e allargando la discussione ai temi internazionali. Si è parlato molto di Terrasanta, Libano, Medio Oriente, ma anche di Africa (il Darfur in particolare) e Cina. Questioni su cui, ha commentato D´Alema, «c´è maggiore convergenza e a volte anche impegno comune». Il ministro degli Esteri ha ribadito che il governo favorisce la normalizzazione dei rapporti tra Pechino e Santa Sede, «tenendo conto delle legittime preoccupazioni del Vaticano». Anche Bertone conferma che «l´Italia dà una buona mano sia in Medio Oriente sia spingendo per un´apertura della Cina verso la Santa Sede». Pechino, tuttavia - ha soggiunto - si muove secondo tempi lunghi, un po´ come il Vaticano.
Alla fine entrano in sala anche i presidenti delle Camere e il capo dello Stato Napolitano ed è un´altra mezz´ora di conversazioni in un clima assai sereno. Il Vaticano continua a nutrire grande simpatia per il presidente della Repubblica. «Con lui ottimi rapporti - ci confida Bertone - il presidente ha una visione molto alta della situazione complessiva».
Insomma, tutti contenti. «Naturalmente soddisfatto», si dice Napolitano. «Ottimi colloqui», conclude Rutelli. Bertone, alla domanda se l´atmosfera si sia rasserenata, replica: «Credo di sì». Ma credere che il duello sulle unioni civili non continui, sarebbe ingenuo.

(da “la repubblica” del 20 febbraio 2007)


IL RETROSCENA

Tra Prodi e il segretario di Stato il confronto è stato molto franco, le posizioni sono rimaste distanti


E il premier sceglie l´attacco "Non capisco le critiche alla legge"

Il presidente: "È già un successo che i Dico non siano stati il tema chiave dei colloqui"

Bertone: "La Chiesa non fa discorsi politici, quello della famiglia è un discorso di dottrina"

di GOFFREDO DE MARCHIS


ROMA - Romano Prodi alla fine è soddisfatto. Per la dichiarazione pubblica resa dal cardinale Tarcisio Bertone. Perché «in questo clima le distanze con la Chiesa potevano anche allargarsi». Ma il colloquio a quattr´occhi tra il presidente del Consiglio e il segretario di Stato vaticano racconta anche un´altra storia. Se è vero che non si è consumata una rottura, è anche vero che non c´è stato un avvicinamento. L´incontro è stato «serio e sereno», come viene descritto ufficialmente dai protagonisti. Ma anche molto molto franco. Sul tema della famiglia, sul disegno di legge del governo che regolamenta le unioni di fatto. Venti minuti di faccia a faccia. Prima dell´incontro tra le delegazioni e del ricevimento. Colloquio più lungo del previsto. Lo aveva chiesto il premier ed è stato lui a prendere la parola. Lamentandosi per le prese di posizione delle gerarchie. «Mi addolorano le vostre parole sul nostro progetto. Non riesco ad accettare questa mancanza di comprensione da parte della Chiesa per una legge che non mette in discussione la famiglia». Insomma, Prodi è partito attaccando. Un modo per ottenere un chiarimento vero, fuori dalle schermaglie diplomaiche.
Bertone è stato altrettanto netto. Autorizzando l´impressione che anche dopo la giornata di ieri, dopo la festa per i 78 anni dei Patti lateranensi, sui Dico le distanze rimangono quasi abissali e che il gelo non è stato sciolto. «Presidente, la Chiesa non fa discorsi politici, guarda ai contenuti - ha chiarito il segretario di Stato -. Quello della famiglia è un problema di dottrina. E il Vaticano ha tutto il diritto di parlare di dottrina». Del resto, la prova che né il presidente della Cei Camillo Ruini né altri rappresentanti della Curia stiano occupando uno spazio politico o praticando un´ingerenza sulle decisioni del Parlamento italiano, è incarnata da una figura sopra le parti. «Lo vede anche lei, il Papa interviene quasi tutti i giorni sui problemi della famiglia», ha osservato Bertone. Come dire che è il capo spirituale dei cattolici a voler arginare politiche opposte ai precetti della Chiesa. E che non si può accusare il Pontefice di fare il capopartito, accusa usata sempre più spesso dai laici contro il cardinale Ruini.
Dopo un colloquio così serrato, quale elemento nuovo fa sorridere il Professore? Prodi, durante le varie tappe del pomeriggio nell´ambasciata italiana presso la Santa sede, ha colto alcuni messaggi positivi. «Per me è già un successo che i Dico non siano diventati il tema chiave dei colloqui bilaterali», ha spiegato ai suoi fedelissimi rientrando a Palazzo Chigi. Ovviamente, la nota annunciata dal presidente della Cei non è scongiurata. Ci sarà, ma si è capito, dopo gli incontri di ieri, che le gerarchie vogliono rimanere nel solco «del messaggio dottrinale», senza sconfinare nel diktat politico. Ciò non toglie nulla al rilievo di un atto molto atteso, destinato ad avere un effetto fortissimo. Ma un nuovo possibile scontro è stato almeno rimandato e le parole di Bertone, alla fine della cerimonia, sono piaciute a Palazzo Chigi.
Sicuramente il governo non cerca strappi. Per questo c´è un Prodi dispiaciuto per gli interventi della Curia. Ma anche un Prodi preoccupato che racconta «della voce di preti pronti a manifestare contro i Dico». Il corteo di Vicenza, i dissensi della sinistra radicale, si possono arginare, ma i prelati in piazza «sarebbe troppo», commenta il premier. Ecco perché ieri le due istituzioni hanno cercato di smussare gli angoli, per quanto possibile. Durante il ricevimento Ruini ha fatto solo un accenno ai Dico: «Questi temi riguardano il Parlamento e il Parlamento vedrà». Quasi un´apertura, forse contando sul fatto che al Senato una maggioranza a favore dei Dico non c´è. Durante l´incontro delle delegazioni, con Massimo D´Alema, Francesco Rutelli, i sottosegretari Enrico Letta ed Enrico Micheli, il capo dei vescovi italiani, del resto, ha parlato solo del suo recente viaggio in Turchia per commemorare don Santoro. Poi, molta politica estera: uno statuto per le sedi sante, Medio oriente, Cina, Africa. D´Alema, la mattina, aveva incontrato il nuovo Nunzio in Italia monsignor Bertello e anche in quell´occasione aveva cercato il dialogo: «Tanti argomenti ci uniscono, valorizziamoli». Ma non sono i problemi del mondo il motivo delle tensioni di questi giorni. A molti testimoni perciò è parsa «surreale» l´atmosfera degli incontri all´ambasciata italiana presso la Santa sede, con il tema-unioni di fatto accuratamente scansato. In realtà, la partita può ricominciare in qualsiasi momento perché, come ha spiegato Bertone, «nessuno può impedire alla Chiesa di parlare di dottrina».

(da “la repubblica” del 20 febbraio 2007)



[Modificato da ratzi.lella 20/02/2007 8.33]

Francesca.Pisa
00mercoledì 21 febbraio 2007 14:49
tgcom sulla Clericus cup

Clericus Cup: presentata la prima edizione

Il 24 febbraio prende il via il primo campionato pontificio, al quale partecipano 16 squadre
E’ stata presentata a Roma, presso la sala conferenze del Complesso Giubileo, la prima edizione della Clericus Cup. Il calcio d’inizio di quello che e' in tutto e per tutto un campionato pontificio, e che vedra' scendere in campo preti e seminaristi provenienti da tutto il mondo, e' in programma per il 24 febbraio presso i campi dell’Oratorio San Pietro (Petriana), dove si disputera' tutta la manifestazione ideata dal Centro Sportivo Italiano di cui e' presidente Elio Costantini.

Sono 16 le formazioni iscritte alla kermesse che, divise in due gironi da 8, si affronteranno in gare di sola andata, ciascuna di due tempi da 30’ ciascuno. Alla finale, in programma a giugno quasi certamente allo Stadio dei Marmi, si arrivera' con la formula dell’eliminazione diretta: nei mesi di maggio andranno infatti in scena quarti e semifinali con gare di andata e ritorno. Il pareggio non e' un’ipotesi contemplata nemmeno nella regular season; le gare che al termine dei minuti regolamentari si chiuderanno con il segno X verranno decise dai calci di rigore, con due punti alla squadra vincitrice e uno a quella sconfitta.

Le differenze regolamentari, rispetto al calcio professionistico e piu' vicine a quello giovanile, non terminano qui; alla Clericus Cup saranno possibili le sostituzioni volanti, il time out (un minuto per squadra a partita) e il cartellino azzurro, che decretera' l’espulsione temporanea di 5’, un provvedimento a meta' tra il giallo e il rosso sanzionato dall’arbitro in caso di grave scorrettezza in campo, fallo volontario da ultimo uomo o proteste particolarmente veementi.

Spulciando la rosa delle formazioni iscritte, salta all’occhio l’internazionalita' del torneo. I religiosi o seminaristi tesserati, 311 in totale, provengono da 50 Paesi di tutti e cinque i Continenti. La parte del leone la fa l’Italia con 88 atleti. Main sponsor della manifestazione e' Ina Assitalia, mentre i completi indossati dagli atleti sono firmati dalla Lotto.

Questa la composizione dei due gruppi:
GIRONE A: Mater Ecclesiae, Pontificio Collegio Urbano, Pontificio Seminario Gallico, Croati, Tiberino, Gregoriana, O.M.I. Team, The North American.
GIRONE B: Almo Collegio Capranica, Redemptoris Mater, Sedes Sapientiae, Divino Amore, Pontificio Seminario Romano Maggiore, Vicariato di Roma, Pontificia Universita' Lateranense, Ordine di S. Agostino.

Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca
Francesca.Pisa
00mercoledì 21 febbraio 2007 14:51
da Avvenire sulla Quaresima
Comincia la Quaresima

Ci volgeremo a guardare l'amato trafitto


Davide Rondoni

Solo chi ama davvero sa cosa è il sacrificio. E sa cosa è pentirsi. Chi non ama niente, nessuno, non sa davvero queste cose. E pensa che il sacrificio sia fatto di privazioni senza senso. O che la penitenza sia un rimediuccio da rimbambiti. Mentre chi ama davvero sa che il sacrificio è l'offerta di sé, ed è la terra dove cresce l'amore. E la penitenza è arrendersi a ciò che si ama.
Comincia con il Mercoledì detto delle Ceneri il tempo di Quaresima. È una notizia che non troverete su nessun giornale, eppure interessa un sacco di gente. Che è interessata alla vita e all'amore. Molta più di quella che si pensa. E che oggi andrà in chiesa, chinerà la testa di fronte al prete che pronuncerà una formula vera e semplice: eri polvere, polvere tornerai. Questa polvere, ricorda il Papa, ha meritato che Dio si facesse trafiggere sul Calvario. Per tener viva la memoria di questo evento d'amore straordinario, d'esser creature finite amate da Cristo, si faranno i fioretti. Li faranno i grandi e i piccoli. Come punti di memoria, come piccoli sacrifici per prender parte al grande sacrificio del Trafitto.
La Quaresima è una strana festa dell'amore. Per questo il Papa nel suo messaggio prende le mosse dall'enciclica che ha dedicato al tema. Arrivando a parlare della Croce come segno di Eros e di Agape di Dio verso l'uomo. Toccando uno dei vertici della sua riflessione e della sua proposta. In questi quaranta giorni i cristiani si ricorderanno dell'amore di Dio. Molti diranno: i cristiani sono gente strana, con la storia dei fioretti, e della penitenza. Diranno: cose anacronistiche. Ma a guardar bene, siamo in una società che, con un sorriso un po' ebete sulle labbra, impone sacrifici di ogni genere - vite nel traffico, stress di vario tipo, non far figli, lavorare allo stremo, amicizie ridotte, poco tempo, morti assurde. E non per ricambiare l'amore di Dio, ma per andar bene al capo, o non uscire dai luoghi comuni. O per il breve sogno del potere o del lusso. Una società , a ben vedere, che in fatto di penitenze, berline pubbliche, gogne, sfruttamento dei sensi di colpa, non scherza per niente. Anzi, su queste cose ha costruito laicissimi monumenti e grandi business.
Invece il gesto semplice, sapiente delle Ceneri e il tempo della Quaresima sono proposti alla libertà dei cristiani non come obbligo sociale. E nemmeno come periodo in cui mettersi a posto la coscienza. Infatti, è un tempo in cui imparare qualcosa che vale sempre. Diverso dai grandi momenti di purificazione tipici di tante religioni. No, ora si tratta di imparare, di educarsi, come sottolinea Benedetto XVI, a guardare Colui che abbiamo trafitto. Si tratta di imparare a vivere nel più drammatico ed entusiasmante "teatro" della libertà. Ci volgeremo a guardare l'Amato trafitto, il segno estremo del suo amore per noi. Ai piedi della croce metteremo a fuoco le domande circa il senso che stiamo imprimendo alla nostra esistenza. E a vederlo trafitto dal male che noi Gli abbiamo fatto.
Scena d'amore come nessun'altra, vertice di Eros e di Agape. E però anche saremo liberi di non guardare. Di coprirci gli occhi con le mani. In Quaresima ogni persona, di molta o di poca fede, di grande moralità o di ferite profonde può trovare il tempo per accedere al teatro profondo della propria vita. E della propria coscienza, che per il cristiano non è una specie di piazza disabitata, dove si è da soli a giudicare astrattamente ciò che è giusto o no: ma è il luogo ai piedi della croce d'amore di Dio, dove si sta a guardare come Giovanni, come Maria e Maddalena, inizio della Chiesa.


Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca




Francesca.Pisa
00mercoledì 21 febbraio 2007 14:53
Benedetto invita l'Imam di Al-Azhar

RELIGIONI E DIALOGO
Annunciata ieri dalla Sala stampa vaticana una nuova importante iniziativa nel cammino dei rapporti tra la Chiesa cattolica e il mondo musulmano

Il Papa invita a Roma l’imam di Al-Azhar

Atteso in Vaticano lo sceicco Tantawi del grande ateneo sunnita del CairoÈ stato il cardinale Paul Poupard a consegnare il messaggio al leader islamico che lo ha accettato con soddisfazione

Da Roma Salvatore Mazza

Benedetto XVI incontrerà a Roma lo sceicco Mohamed Sayyed Tantawi, Grande imam di Al-Azhar al-Sharif. Non è ancora fissata la data, ma l'invito, consegnato personalmente a Tantawi dal cardinale Paul Poupard, «è stato accettato con soddisfazione» dal rettore della principale Università islamica del mondo.
«Sua eminenza il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani e presidente del Pontificio Consiglio della cultura - recita il comunicato diffuso ieri dalla Sala stampa della Santa Sede - è stato ricevuto oggi, 20 febbraio 2007, dallo sceicco Mohamed Sayyed Tantawi, Grande imam di Al-Azhar al-Sharif. Accolto in un clima di grande cordialità, sua eminenza il cardinale Paul Poupard ha trasmesso allo sceicco Tantawi gli auguri di Sua Santità Benedetto XVI e l'invito del Papa ad incontrarlo a Roma, invito che è stato accettato con soddisfazione».
«L'incontro tra le due personalità - prosegue la nota - ha permesso di valutare il lavoro del "Comitato misto per il dialogo" stabilito tra il Comitato permanente di Al-Azhar per il dialogo con le religioni monoteiste e il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che tiene una riunione annuale, alternativamente al Cairo e a Roma, il 24 febbraio, in ricordo della visita di Papa Giovanni Paolo II ad Al-Azhar, il 24 febbraio 2000, così come i diversi aspetti dei rapporti tra cristiani e musulmani. Il cardinale Poupard - conclude il testo - incontrerà anche il ministro della Religione, dottor Hamdi Zaqzuq».
L'incontro tra il Papa e Tantawi segnerà un momento particolarmente importante nel dialogo islamo-cristiano, dopo le polemiche suscitate in tutto il mondo musulmano dall'errata valutazione della lectio magistralis tenuta da Benedetto XVI all'Università di Ratisbona nel corso della sua visita in Baviera. Quando, come si ricorderà, un passaggio del suo discorso venne giudicato offensi vo verso la religione islamica, provocando una reazione a catena di polemiche anche violente; alle quali il Pontefice reagì prima dichiarando il proprio «rincrescimento» per l'equivoco, e poi convocando in Vaticano gli ambasciatori di tutti i Paesi islamici. La successiva visita in Turchia, dal 28 novembre al primo dicembre, con i diversi incontri di Benedetto XVI e, soprattutto, con la visita alla Moschea Blu, smorzò poi i residui focolai della polemica.
Nel progredire di tutti questi eventi, anche Tantawi - che era stato tra i primi a chiedere "pubbliche scuse" - aveva ricevuto all'inizio di dicembre, attraverso il nunzio al Cairo, monsignor Michael Fitzgerald, il testo integrale del discorso di Ratisbona, formulando nella stessa occasione anche l'invito per l'incontro interreligioso in Vaticano previsto per il prossimo 24 febbraio. E nella seconda metà di gennaio il Consiglio delle ricerche islamiche dell'Università di Al-Azhar, presieduto dallo stesso sceicco, ha approvato la ripresa del dialogo con il Vaticano.


Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca


Francesca.Pisa
00mercoledì 21 febbraio 2007 14:54
Monsignor Fisichella sui DICO
FAMIGLIA SOTTO ASSEDIO


«Dico, il "no" non è negoziabile»

Fisichella: è in gioco il futuro del Paese, non basterebbe l'astensione «Ci sono tre motivazioni: una dottrinaria, una culturale e una politica Nessuna ingerenza della Chiesa, incontriamo la condivisione di molti laici»

Da Milano Paolo Viana

Tre motivi per dire no al disegno di legge sui Dico. Un no pubblico, consapevole e non negoziabile, quello che pronuncia monsignor Rino Fisichella, vescovo ausiliare di Roma, contro una legge che divide il mondo politico e rischia di spaccare la società italiana. Il rettore della Pontificia Università Lateranense parla di una «unità fondamentale tra i vescovi, la convinzione comune che su questo tema si gioca realmente il futuro del Paese» e avverte che «tale unità d'intenti è di grande sostegno per non fare neppure un passo indietro, rispetto a posizioni che la Chiesa ha già assunto in diversi momenti su questi stessi problemi». Come dimostra anche la mobilitazione dei settimanali diocesani, quest'unità di fondo coinvolge la società, perché, sottolinea monsignor Fisichella, «la maggioranza degli italiani, quand'è informata correttamente sulla posta in gioco, condivide le nostre preoccupazioni e si attende dai parlamentari italiani la difesa della famiglia e non la sua alterazione».
Partiamo dal suo no. Perché i vescovi sono contrari al disegno di legge Bindi-Pollastrini?
Non siamo d'accordo per tre motivi: uno dottrinale, uno culturale e uno politico. Innanzi tutto, siamo fortemente preoccupati perché il disegno di legge sui Dico non solo non promuove la famiglia, ma la penalizza e così facendo altera la società. Non dimentichiamo quanto il Papa ha richiamato, ricevendo i partecipanti al Congresso internazionale sulla legge naturale: nessuna legge fatta dall'uomo può sovvertire la norma scritta dal Creatore senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo fondamento basilare.
Qual è invece la preoccupazione culturale?
Una legge simile scoraggerebbe le giovani generazioni a prendere in considerazione delle scelte durature per la loro vita. Siamo preoccupati per la loro formazione e per quel senso di responsabilità che può derivare loro solo dall'esser parte di una comunità. Indebolire la famiglia sig nifica rendere precario il futuro stesso della società e non dare certezze ai giovani, né sul piano relazionale degli affetti, né su quello sociale della responsabilità che ciascuno deve assumersi.
C'è, infine, la terza preoccupazione, quella politica, che però secondo alcuni non "spetta" alla Chiesa...
Rimango fortemente perplesso di fronte alla "doppia" interpretazione che taluni danno del ruolo della Chiesa nella vita sociale e politica del Paese. Prima ci proibiscono di intervenire nel dibattito pubblico - e sono gli ultimi colpi di coda dell'intolleranza laicista - e quando ci danno il "permesso" di esprimerci, eccoli rivendicare il richiamo alla coscienza, intimandoci di starvene lontani. Intendiamoci, richiamarsi alla coscienza è giusto, ma in alcuni viene utilizzato in maniera contraddittoria.
A chi si riferisce?
Il richiamo alla coscienza è legittimo per tutti e quindi anche per i parlamentari cattolici. Ma la coscienza non è materia neutra, flessibile, plasmabile. Richiamarsi alla coscienza da parte di un cattolico significa, sempre, riferirsi a una coscienza cristiana, ben formata e non soggetta, invece, a deviazioni ideologiche o a interessi di partito.
Molti parlamentari sono cattolici. Dove li porterà la loro coscienza?
Un parlamentare cattolico non può favorire con il proprio voto una legge che contraddice in maniera manifesta, come in questo caso, la promozione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico, tra persone di sesso diverso.
A qualcuno pare scandaloso che un vescovo dica a un parlamentare come votare. Che cosa risponde?
Non abbiamo la presunzione di dire come si debba votare né ritengo che alcuno ci consideri così superficiali. Detto questo, mi spiace deludere quanti ritengono che i vescovi non debbano, in momenti particolari della vita del Paese come quello che viviamo, esprimersi con responsabilità e pubblicamente. Noi siamo obbligati in coscienza a chiarire, ai laici cristiani e anche ai parlamentari cattolici, le linee costanti del Magistero. Da questo punto di vista giova ricordare che la Nota dottrinale pubblicata nel 2002 dall'allora cardinale Ratzinger mantiene tutta quanta la sua attualità e il suo valore normativo per un comportamento coerente dei cristiani. E anche dei parlamentari.
Chi non è d'accordo, accusa la Chiesa di aver lanciato una crociata. Come risponde?
Ecco la banalità che ritorna. Non c'è nessuna crociata. C'è un'assunzione comune di responsabilità da parte dei vescovi e dei laici cristiani, che ci chiama a concentrarci su un principio da promuovere, conservare e difendere. Tale principio per sua stessa natura non è sottoposto a nessuna negoziazione.
Una posizione che emerge chiaramente dai recenti interventi del Papa sulla famiglia...
Benedetto XVI sta costantemente ribadendo, in tutti i modi, che la famiglia e i temi ad essa connessi sono la vera sfida posta sul tappeto della cultura, su cui si gioca il futuro della società. Il suo coraggio, unito alla profondità e lucidità del suo insegnamento, sono per tutti noi un autentico sostegno per il compito che abbiamo e la testimonianza pubblica che siamo chiamati a dare.
Eppure gli italiani sono specialisti in mediazioni e i parlamentari potrebbero essere tentati da una terza via. Ad esempio, l'astensione...
Siamo chiari fin da ora. Anche non votare potrebbe apparire a molti elettori come una mancanza di assunzione di responsabilità pubblica. Non è un atteggiamento condivisibile.
Le reazioni di questi giorni di fronte alla mobilitazione dei cattolici restano sorprendenti: perché è tanto difficile accettare che la Chiesa difenda la famiglia?
La questione è paradossale e infatti molti laici l'hanno capito. Il paradosso è che si preoccupino più i vescovi di difendere la famiglia, che garantisce la sopravvivenza dello Stato, di quanto facciano alcune persone a cui direttamente spetta difendere lo Stato. Il dibattito di ques te settimane, comunque, è salutare, perché mostra come da parte dei cattolici vi sia un interesse a entrare nel merito dei problemi e proprio in forza di questo incontriamo la condivisione di molti laici i quali, pur non avendo la nostra fede, con la forza della ragione si ritrovano sulle nostre stesse posizioni.


Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca
Francesca.Pisa
00mercoledì 21 febbraio 2007 14:57
dal Giornale
Dico, Prodi tenta l’azzardo al Senato


di Marianna Bartoccelli - mercoledì 21 febbraio 2007, 07:00
Roma - Alla fine ha avuto ragione Cesare Salvi, presidente della commissione Giustizia del Senato, e anche il capogruppo ds al Senato Anna Finocchiaro e tutto il gruppo della Cdl. E certamente anche Clemente Mastella, che da ministro si è schierato contro il ddl del suo governo e chiedeva che la legge in prima istanza andasse proprio al Senato dove i suoi tre senatori voteranno contro, mettendo così a rischio l’approvazione finale del testo. Ognuno per un motivo diverso quindi, ma tutti chiedevano che il ddl sui Dico venisse inviato al Senato, dove già la commissione Giustizia aveva iniziato a esaminare i nove disegni di legge presentati.

Così dopo una giornata di dichiarazioni, incontri, braccio di ferro, il governo e per esso il ministro Vannino Chiti hanno deciso di avviare l’iter di analisi del suo ddl dal Senato, «augurandosi un confronto senza pregiudiziali». Del resto come aveva anche detto Francesco D’Onofrio dell’Udc, stupito dell’indecisione del governo, «prima o poi il testo sarebbe dovuto passare al Senato».

Nella decisione ha influito anche Anna Finocchiaro, capogruppo ds al Senato, molto infastidita dall’atteggiamento del governo che sembrava voler trasferire tutto alla Camera: «Ho una preoccupazione forte - aveva detto nei suoi incontri con Chiti - che si consideri il Senato come il luogo dove non si riesce a esercitare le prerogative tipiche di una camera legislativa». Soddisfatti anche i senatori della Cdl che chiedevano che il disegno di legge cominciasse il suo iter dal Senato, dove è più facile affossarlo. «Visto che qui è già cominciata la discussione generale sullo stesso argomento, sarebbe stato un singolare scippo cominciare dalla Camera, motivato solo dalla paura del confronto» ha sottolineato Elisabetta Casellati, vicepresidente vicario del gruppo di Fi.

Ma la partita come sempre è doppia. L’ondeggiamento della legge sulle coppie di fatto, ormai nota come Dico, tra Camera e Senato, non era dovuto soltanto a regolamenti istituzionali o a paura (per altri la speranza) che partendo dal Senato la legge non riesca a passare neanche il primo giro. Ma hanno anche
avuto ruolo i giochi dentro i Ds alla vigilia del loro Congresso. La decisione di mettere all’ordine del giorno l’esame delle varie leggi sulle coppie di fatto è stata presa dal presidente Cesare Salvi, che è anche esponente della mozione numero 3 del congresso dei Ds, in aperto contrasto con il segretario Fassino. Salvi, contrariamente alle decisioni prese dal governo, si è detto sempre convinto che un disegno di legge del governo su questi temi è sbagliato e che l’unica strada percorribile è quella della legge parlamentare. Con questa intenzione aveva avviato il dibattito in commissione cominciando a esaminare i 9 disegni di legge presentati, certo che l’arrivo del ddl del Governo troverà il dibattito già avviato e fiducioso che alla fine potrebbe uscire un testo parlamentare. Salvi sembra sicuro del fatto suo anche perché nella commissione da lui presieduta la maggioranza conta 14 senatori contro 13. E al Senato un voto è lira pesante. Ma soprattutto non ci sono senatori a vita, non ci sono senatori dell’Udeur e non c’è nessuno dei teodem, i cattolici del centrosinistra che si sono dichiarati contrari ai Dico.

Per Salvi portare in aula un disegno di legge prodotto dalla commissione sarebbe una bella prova di forza da dare anche al suo partito. Ed è per questo che ieri deve aver penato molto, a giudicare dalla stanchezza che mostrava, per ottenere una legge scomoda ma importante. E una cosa, in attesa del ddl del governo, ha tenuto a ribadire ai componenti della commissione: «Il ddl sulle coppie di fatto non contiene alcun principio eversivo e non è un attentato alla famiglia».

Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca
Francesca.Pisa
00mercoledì 21 febbraio 2007 15:12
da Famiglia Cristiana

PERCHÉ NON HANNO FONDAMENTO LE ACCUSE DI "INGERENZA"

I RICHIAMI DELLA CHIESA
A VANTAGGIO DI TUTTI

La riflessione della Chiesa cattolica intorno ai rapporti tra fede e politica, alimentata dalla lezione conciliare e ripresa da Benedetto XVI anche nella sua prima enciclica (Deus caritas est) e nel suo intervento al IV Convegno ecclesiale di Verona, sembra sistematicamente dimenticata e fraintesa in alcuni momenti delicati della vita civile nel nostro Paese.

Perché mai, in tali casi, è così difficile per la Chiesa stessa apparire sulla scena pubblica come «segno di quella fraternità», raccomandata dal Concilio, «che permette e rafforza un sincero dialogo» (Gaudium et spes, 92)?

La domanda ci spinge ad allargare lo sguardo, per leggere i singoli episodi che hanno acceso e accenderanno ancora la polemica (divorzio, aborto, fecondazione artificiale, unioni di fatto, matrimonio tra omosessuali, eutanasia, eugenetica…) all’interno di un processo molto più generale, rispetto al quale è lecito porre un ulteriore interrogativo: ma dove vuole andare veramente questo Paese?

Per rispondere, sarebbe utile aprire un dibattito libero e onesto su due questioni in particolare. La prima: è la Chiesa che si sta avvicinando troppo alla politica, oppure è la politica che si sta avvicinando in modo sbagliato all’etica?

Nelle aule del Parlamento sembra in atto una sorta di doppio trasloco: è sempre più assente l’economia, che sta inabissandosi velocemente nel mondo sommerso di poteri invisibili, insofferenti ai controlli democratici; è sempre più presente l’etica, che sta sottomettendo alle opzioni dei partiti tutto il paniere dei suoi valori irrinunciabili.

Sono proprio tali valori, invece, che dovrebbero garantire la vita democratica, evitando che essa possa mettere ai voti il proprio futuro.

In secondo luogo, sta diventando sempre più friabile un doppio argine che ha sempre protetto i rapporti tra etica e politica: l’argine razionale di una legge non scritta, espressione dell’originaria e naturale propensione dell’essere umano al bene, che in ogni epoca si deve sempre purificare da incrostazioni e strumentalizzazioni; l’argine nazionale di quella particolare legge scritta che è la Costituzione, in cui un popolo affida a una suprema codificazione normativa l’insieme dei valori e delle regole vincolanti che sono la fonte di legittimità della dialettica democratica, e non una sua variabile interna.

Ebbene, si ha l’impressione che oggi questi due argini stiano franando simultaneamente. Si sta sfaldando l’idea di una legge naturale, in cui si esprime quello strato originario e non negoziabile della nostra comune umanità, che custodisce anche la distinzione tra Dio e Cesare, ed è l’antidoto più potente contro ogni degenerazione violenta dei conflitti, secondo il richiamo instancabile di Benedetto XVI. Nello stesso tempo, è come se un virus libertario stesse iniettando il suo solvente individualistico nelle vene profonde del patto costituzionale che ha disegnato il "paesaggio civile" del nostro Paese.

Non si può assistere passivamente, mentre si difende con forza la "Costituzione delle regole", a una delegittimazione strisciante della "Costituzione dei valori", che renderà molto difficile articolare in futuro il lessico del bene condiviso. Questa duplice sfida peserà sempre più sui rapporti tra fede e politica.

Per questo, la Chiesa dovrà continuare a elaborare e proporre la sua dottrina sociale – a vantaggio di tutti –, avanzando sulla strada di un concreto discernimento comunitario, frutto di ascolto reciproco e costante tra pastori e fedeli laici.

Ma anche la politica deve apprestarsi una buona volta a una seria manutenzione degli argini che le stanno franando addosso e che potrebbero alla fine seppellirla. Ricordando sempre che per tessere insieme le ragioni del bene comune forse sarebbe bene deporre le forbici, e prendere in mano ago e filo.

Luigi Alici


Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca

Francesca.Pisa
00mercoledì 21 febbraio 2007 15:15
ancora da Famiglia Cristiana

INTERVISTA A CASAVOLA, PRESIDENTE DEL COMITATO BIOETICO

Si fa presto a dire
DICO

Parole così forti il Papa non le aveva mai usate. Quando sabato scorso ai nunzi apostolici dell’America latina ha denunciato che «la famiglia mostra segni di cedimento», Benedetto XVI ha chiesto per la famiglia «un’attenzione prioritaria». C’è infatti una minaccia che incombe ed è causata dalle pressioni delle «lobby, capaci di incidere negativamente sui processi legislativi». Ratzinger parlava ai suoi "ambasciatori" in America latina, ma il suo ragionamento valeva per tutto il mondo: «Divorzi e unioni libere sono in aumento, mentre l’adulterio è guardato con ingiustificabile tolleranza. Occorre ribadire che il matrimonio e la famiglia hanno il loro fondamento nel nucleo più intimo della verità sull’uomo e sul suo destino». Poi ha ribadito che «solo sulla roccia dell’amore coniugale, fedele e stabile, tra un uomo e una donna, si può edificare una comunità degna dell’essere umano». È questa precisazione del Papa che deve essere letta come la risposta alle pressioni dei gruppi che riescono a incidere sui processi legislativi. È evidente, infatti, che Benedetto XVI si riferiva alle comunità gay di tutto il mondo.
A.BO.

Cosa significa "unione"? Cosa significa "famiglia"? Il professor Francesco Paolo Casavola, expresidente della Corte costituzionale e, da poche settimane, presidente del Comitato nazionale di bioetica, reagisce alle mode, alle derive, ai condizionamenti ideologici, e chiede un confronto serio, scoperto e chiaro circa il disegno di legge sulle unioni civili, i cosiddetti Dico, diritti delle convivenze. Ma denuncia anche le forzature nella discussione imposte dal dibattito politico.

Cosa manca, professore?

«Sarebbe stato opportuno un dibattito più diffuso nel Paese a proposito delle famose sette righe del programma dell’Ulivo sulle coppie di fatto. È argomento che riguarda il destino delle persone e non può essere oggetto solo di un modello preparato dal legislatore. Noto, invece, una sorta di astratto illuminismo nel modo in cui il legislatore nel nostro Paese si muove, quando si toccano questioni rilevanti della vita quotidiana delle persone».

Cosa vuol dire astratto illuminismo?

«La creazione accanto al modello di famiglia riconosciuto nella Costituzione di un altro modello, che però sfugge a una definizione precisa».

Che cos’è l’"unione"?

«Qui sta il punto. C’è dentro di tutto: relazioni eterosessuali, omosessuali, oltre a quelle derivanti da necessità solidaristiche. Forme che corrispondono a serie esigenze esistenziali, ma che non si possono considerare omogenee».

Invece il disegno di legge lo fa. Sarebbe stata più opportuna una legge quadro per modificare punti essenziali del Codice civile?

«Non è mio compito suggerire al legislatore. Ritengo che doveva esserci prima un chiarimento sulla portata del modello di famiglia, accettato dalla Costituzione e laboriosamente definito a metà del Novecento. Bisognava chiedersi se quel modello corrisponda o meno all’attuale società».

Come è stato fatto con la riforma del diritto di famiglia del 1975?

«Esattamente. Quella riforma cambiò la struttura della società patriarcale, per stabilire parità tra uomo e donna, dalla quale far discendere la potestà genitoriale. È la famiglia la formazione sociale nella quale primariamente si esprime la personalità individuale. L’unione è un’altra cosa, perché non impegna davanti alla società le persone che si uniscono, non crea un rapporto famiglia-società come avviene con il matrimonio».

L’unione definisce uno status?

«Sì, ma resta dentro il dominio della libera decisione di due persone, a differenza del matrimonio, che trova un interlocutore nella società».

È giusto che il diritto regoli le unioni?

«Sì, ma prima dobbiamo stabilire se stiamo andando verso un tipo di società diversa da quella tradizionale, dove si costruisce una piccola società, la famiglia, nella quale ci si umanizza, ci si educa, ci si disciplina, per mantenere poi la coesione in una società più grande che è lo Stato. Dobbiamo stabilire se ancora la famiglia è il luogo della memoria e del futuro, oppure se dobbiamo considerare un’altra cosa come elemento costruttivo della società».

Sta qui il conflitto con l’articolo 29 della Costituzione?

«Certo. L’unione è tra due persone. Quando ci sono i figli cos’è? Una famiglia? Ma la Costituzione dice che la famiglia è fondata sul matrimonio ed è l’unica che lo Stato riconosce. È questo il punto: riconoscere la famiglia significa che essa pre-esiste allo Stato».

E allora qual è la soluzione?

«Se si ritiene che il fenomeno delle coppie di fatto sia così imponente e rilevante, si proceda a una revisione della Costituzione. Si dica: "La famiglia è una società naturale non fondata necessariamente solo sul matrimonio". Ma si deve essere chiari nella motivazione».

E il diritto naturale?

«Il diritto naturale è codificato dal diritto positivo. La famiglia è la prima formazione sociale dove si svolge la personalità dell’uomo. Se oggi si vuole prendere atto che la società di famiglie non è più dominante, lo si faccia pure, correggendo però la Costituzione. Domani, quello che oggi appare marginale, appunto l’unione, diventerà la forma dominante, perché si tenderà a ritenerla più conveniente, più facile, meno impegnativa rispetto al matrimonio. Ogni legge crea una mentalità. E mi stupiscono quanti fingono di non accorgersi dell’effetto pedagogico della legge».

Alberto Bobbio


Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca
ratzi.lella
00mercoledì 21 febbraio 2007 15:32
Dico, tensione nel governo la battaglia comincia al Senato

Il cardinale Bertone: "Mediare con intelligenza"

di GIOVANNA CASADIO

ROMA - «Sarebbe uno spreco per le persone, per i loro diritti, doveri e speranze se il Senato facesse naufragare i Dico. Ma sono sicura che ce la faremo. Anche se sarà un confronto vero, vivo, da affrontare con intelligenza e tenacia». Barbara Pollastrini, la ministra delle Pari opportunità che - con Rosy Bindi - è autrice del disegno di legge sui Diritti dei conviventi, avrebbe preferito che l´iter parlamentare cominciasse alla Camera. Teme anche lei che la legge sulle coppie di fatto possa essere messa facilmente ko a Palazzo Madama, vista la risicata maggioranza dell´Unione e soprattutto il dissenso dell´Udeur di Mastella.
Il governo ha deciso a sera, dopo una giornata di fibrillazioni, che la strada dei Dico inizia dal Senato. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti passa da una riunione con i capigruppo dell´Ulivo di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro a un "caffè" con il presidente del Senato, Franco Marini e con Cesare Salvi che guida la commissione Giustizia dove i Dico raggiungeranno le altre proposte sulle unioni civili già in discussione. L´annuncio però avviene solo dopo il ritorno di Prodi dal vertice spagnolo con Zapatero. Quando il premier dà il suo benestare, il ddl sui "Diritti e doveri dei conviventi" viene formalmente «trasmesso» al Senato. Spiega Chiti: «La decisione presa dal governo tiene conto del fatto che nella commissione giustizia del Senato sono già in discussione provvedimenti sulle unioni civili che portano la firma sia di esponenti della maggioranza che di opposizione. Mi auguro che su un tema così delicato si sviluppi un confronto serio e approfondito, senza pregiudiziali».
Nel vortice di incontri e colloqui, Anna Finocchiaro - che si è battuta difendendo «le prerogative del Senato» e sollecitando Chiti a incardinare qui i Dico - sente anche il segretario del suo partito, i Ds, Piero Fassino perplesso sull´avvio al Senato. La Casa delle libertà mette sotto accusa in conferenza dei capigruppo, il sottosegretario Giampaolo D´Andrea che rappresenta il governo: «L´esame della legge sulle coppie di fatto deve partire dal Senato, a meno di non volere svuotare questo ramo del Parlamento», denuncia la senatrice di Fi, Elisabetta Alberti Casellati. Marini garantisce che questo non accadrà. Chiti invita Salvi a non esasperare le tensioni con i cattolici dell´Unione, Teodem in testa. Il governo è diviso tra opportunità politica (meglio un cammino soft a Montecitorio), la prassi istituzionale (la materia è già all´esame del Senato) e la consapevolezza dei rischi a Palazzo Madama, primo fra tutti l´affossamento con una pregiudiziale di costituzionalità. Chiede alcune garanzie: di non cambiare il testo dei Dico e il voto segreto anche sulle pregiudiziali. Salvi dal canto suo avrebbe assicurato un cammino lento, la ricerca di intese trasversali e di non sovraesporre la battaglia per i Dico ad appuntamenti come i congressi di Ds e Dl ad aprile, la nota della Cei, o la Conferenza di governo sulla famiglia a Firenze, il 24, 25 e 26 maggio. Francesco Rutelli avrebbe convinto i Teodem ad allinearsi.
Da Oltretevere arriva inoltre una dichiarazione distensiva del segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone:«Meglio mediare con intelligenza anche in politica». Prodi nell´incontro con Bertone lunedì, durante la celebrazione per la firma dei Patti Lateranensi, ha usato come argomento di dialogo, l´attenzione del governo alla famiglia. Un esempio? La Conferenza nazionale sulla famiglia che la ministra Rosy Bindi sta preparando. Punta la Bindi a ottenere in Italia un "piano per la famiglia" così come c´è il "piano sanitario". Riflette Marina Sereni, vice capogruppo dell´Ulivo alla Camera: «Adesso bisogna cercare ampie convergenze sui Dico». Oggi Marini decide se Dico saranno esaminati congiuntamente dalle commissioni Giustizia e Affari costituzionali.

(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)



"Ordinano sacerdoti gay" divisione tra gli anglicani


la polemica

ROMA - La Comunione anglicana mondiale è in subbuglio e minaccia di tagliare i legami con la sua parte americana. Al centro dello scontro l´ordinazione di sacerdoti gay da parte di un arcivescovo donna e la benedizione di coppie dello stesso sesso. I leader anglicani, riuniti in Tanzania, hanno esortato la Chiesa episcopale, branca americana della Comunione anglicana, a rinunciare a queste pratiche entro il 30 settembre. Se ciò non avverrà «i rapporti verranno come minimo danneggiati, e questo avrà conseguenze sulla piena partecipazione della Chiesa alla comunione anglicana».

(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)



IL CASO

Le associazioni cattoliche più vicine a Ruini in poche ore cancellano la protesta anti-Dico

Contrordine per i movimenti annullata la marcia di marzo


Ma c´è chi parla di una mobilitazione di altre associazioni contro una iniziativa interpretabile come contraria a Prodi

Giacobbe, del Forum delle famiglie: ci siamo resi conto che era difficile convocare tutti in così poco tempo


ROMA - Tutti in marcia per difendere la famiglia e dare una spallata ai Dico. Appuntamento il 25 marzo a piazza San Giovanni. Anzi no. Tutti fermi, se ne riparla. Nell´arco di un giorno e di una notte si impone e si arresta la parola d´ordine di una grande manifestazione cattolica, patrocinata dalla Cei e soprattutto dal cardinal Vicario Ruini, per scagliare in faccia al governo Prodi i grandi «valori della famiglia».
Il disco verde, seguito precipitosamente da un disco giallo, porta alla luce tutta la tensione, che percorre il mondo cattolico da quando il presidente della Cei ha preannunciato la sua Nota: una sorta di manifesto del buon comportamento politico dei cattolici nell´ora attuale.
Singolare è l´accavallarsi delle manovre in vista della manifestazione, cosa che già contrasta con la fredda precisione con cui Ruini ha sempre gestito ogni operazione: non ultima la creazione-benedizione del comitato, che gestì la campagna astensionista per il referendum del 2005 sulla procreazione assistita.
Singolare è che il primo accenno ad una dimostrazione di massa sia venuto dal braccio destro di Ruini, monsignor Fisichella, in un´intervista del 13 febbraio scorso. Il rettore della Lateranense, che non lancia mai segnali politici a vuoto, disse di botto dopo l´approvazione del disegno di legge sui Dico: «Non credo che qualcuno voglia spingerci a mettere in campo la nostra capacità organizzativa per far comprendere che il nostro popolo vuole restare fedele a certi principi ed è pronto a scendere in piazza a San Giovanni».
Singolare è l´idea della dimostrazione di massa sia sorta ai neo-catecumenali di Kiko Arguello, che mai si è occupato di iniziative parapolitiche, ma che evidentemente si è lasciato ispirare dalla campagna anti-Zapatero dei vescovi spagnoli. L´idea è «apprezzata dalla Cei», sostengono unanimi gli ambienti cattolici a Roma.
L´idea prevede che si mobilitino le grandi associazioni cattoliche. Fa da padrone di casa per la riunione, che dovrebbe lanciare la manifestazione, il Forum delle famiglie, guidato dal professore Giuseppe Giacobbe, preside della Facoltà giuridica dell´università Lumsa. L´appuntamento è per stamane. Sono invitate tutte le associazioni che contano.
Ma all´improvviso qualcosa si inceppa e all´ultimo momento la riunione è rinviata a data da destinarsi. «Ci siamo accorti che in così poco tempo era difficile radunare tutti», spiega Giacobbe.
Altrove la spiegazione è diversa. Acli, Sant´Egidio, Focolarini, Azione cattolica e Coldiretti hanno manifestato riserve sull´impostazione di una dimostrazione anti-Dico e in ultima analisi anti-Prodi. Le riserve sono arrivate in Vaticano, dove il cardinale Bertone era appena reduce dal vertice italo-vaticano per l´anniversario dei Patti Lateranensi, durante il quale in cui aveva assicurato a Prodi che la Chiesa osteggiando i Dico non ha «altre finalità».
Ora è in corso il braccio di ferro sotterraneo per riequilibrare l´iniziativa. Il gruppo che va dalle Acli alla Coldiretti è disponibile ad un «evento di popolo» sulla questione-famiglia, ma lo vuole di ampio respiro, non schiacciato sulla polemica intorno ai Dico. Cosa che, tra l´altro, metterebbe in forte difficoltà di teo-dem nella Margherita. La prossima settimana ci si dovrebbe rivedere dopo che sabato il Forum delle famiglie avrà tenuto una prima assemblea con i quaranta organismi che ne fanno parte. Dice il leader del Forum Giacobbe: «La manifestazione a cui pensiamo non deve avere assolutamente il carattere di uno schieramento partitico. Nostro obiettivo principale è spingere per una forte iniziativa del governo a sostegno delle famiglie numerose e dei giovani, che vogliono formare una famiglia».
E´ il tema di cui hanno discusso nel loro faccia a faccia il premier Prodi e il cardinale Bertone. Potrebbe persino avvicinare Ulivo e Santa Sede.
(m. pol.)

(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)



IL PERSONAGGIO

Le grandi manovre che coinvolgono il cardinale di Genova per la successione a Ruini

Bagnasco, il cardinale che stima Bush da nunzio militare a outsider per la Cei

Un seguace convinto del Concilio, ma anche strenuo difensore della identità cristiana

A 64 anni per il mondo della Chiesa è un giovane. È in Liguria da soli sei mesi


di MARCO POLITI

CITTA´ DEL VATICANO - Sessantaquattro anni - un giovane per la gerarchia eccelsiastica - arcivescovo di Genova da neanche sei mesi, monsignor Angelo Bagnasco è l´outsider in pista per diventare presidente della Cei. In Vaticano non c´è mai stato un tale turbinio di proposte, candidature, ripensamenti, ipotesi e ripescaggi per individuare il leader dell´episcopato italiano. Il difetto sta probabilmente nel fatto che i vescovi d´Italia non sono liberi di scegliersi la propria dirigenza come in tutte le altre nazioni del mondo cattolico.
Bagnasco, lombardo di origine, è genovese fino in fondo quanto a vita sacerdotale. Non a caso fu accolto con grande calore, quando il 29 agosto scorso si insediò a Genova dopo gli anni di Tettamanzi e di Bertone. Genova porta fortuna. Tettamanzi è diventato arcivescovo di Milano, la più grande diocesi europea, e Bertone è salito alla carica di Segretario di Stato. Ma Bagnasco non partirà e guiderà la Conferenza episcopale dalla sua diocesi.
Già questo è un segno di novità o, meglio, di ritorno all´antico. Negli anni Settanta e Ottanta presidenti della Cei sono stati gli arcivescovi di Bologna (Poma) e Torino (Ballestrero), poi papa Wojtyla aveva preferito centralizzare tutto, portando Ruini a Roma come cardinal Vicario e timoniere dell´episcopato.
Benedetto XVI, in questo senso, ridà fiato alle periferie. Ma la nomina di un arcivescovo - e non di un cardinale - rappresenta anche una vittoria del teorema Bertone, secondo il quale è meglio che il presidente della Cei abbia un profilo più pastorale (come hanno chiesto insistentemente i vescovi italiani) lasciando alla Segreteria di Stato vaticana il gioco più propriamente politico. Cioè a Bertone stesso.
In termini di carriera, la traiettoria di Bagnasco è stata finora molto calma. Dal 1998 al 2003 è stato vescovo di Pesaro e successivamente vescovo castrense, costretto a occuparsi dei cappellani militari proprio nella stagione in cui i soldati italiani erano sui fronti più pericolosi: Iraq e Afghanistan.
Bagnasco si è fatto ben volere e il suo calore umano è un primo dato caratterizzante. Viene dall´esperienza di assistente spirituale degli Scout e della Fuci e ha mantenuto nel suo stile pastorale una freschezza di approccio e una immediatezza che crea discontinuità con la freddezza e la rigidità di Ruini (peraltro molto simpatico a quattr´occhi).
Il grande salto l´ha fatto quando papa Ratzinger lo ha scelto come arcivescovo di Genova. E lì che si è capito che era destinato all´elite cardinalizia. Ora, se le previsioni non saranno smentite, dovrà misurarsi con un´eredità pesante: la successione di Ruini, che ha retto con polso di ferro un ventennio di rapporti tra Chiesa e Stato.
Come formazione l´arcivescovo di Genova è cresciuto con il Vaticano II e nel dopo-Concilio e quindi è un seguace convinto del dialogo con la società e le altre religioni. Ma al tempo stesso - e questo lo rende ben visto da Ratzinger - è un fautore molto determinato della necessità di salvaguardare l´identità cristiana.
Anzi di rilanciarla. «In Europa manca l´identità - ha detto in un´intervista - Noi siamo il cuore del mondo, ma fatichiamo a definire i valori fondamentali della nostra civiltà». Negli Stati Uniti, ha soggiunto, questa identità c´è: «Basta pensare a come Bush si è imposto». In Italia è dunque necessario rivendicare la propria identità civile, religiosa, culturale «senza demagogia e senza paura».
Per quella che riguarda i cattolici nella società, Bagnasco sembra a tratti sfiorato da un velo di pessimismo: «Si muovono in un contesto ostile», ha dichiarato una volta, vengono considerati «animali rari».
Ma certamente questo non lo mette sulla difensiva. Come papa Ratzinger l´arcivescovo di Genova crede nell´esigenza di muoversi per riconquistare il terreno sociale. Non è vero, ama sottolineare, che ogni espressione della posizione cattolica sul piano antropologico o sociale sia «un atto confessionale o un´imposizione ai non cristiani». I valori fondamentali della Chiesa - rimarca - equivalgono ai valori universali basati sulla «retta ragione».
In ogni caso, come Benedetto XVI, il futuro presidente della Cei è persuaso che l´Italia sia a un bivio: o mantiene la sua identità cristiana oppure si lascia risucchiare dal «coro» della società secolarizzata contemporanea.

(da “la repubblica” del 21 febbraio 2007)



Preservativi, documento del Papa

Sgreccia: arriverà, ma non subito


Non è imminente, né tanto meno prevista a giorni, una dichiarazione del Vaticano sull’uso dei contraccettivi artificiali. Lo hanno precisato monsignor Elio Sgreccia presidente della Pontificia accademia per la vita e il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, durante la presentazione del convegno internazionale sulla «Coscienza cristiana a sostegno al diritto alla vita». Era circolata voce secondo cui per il ventesimo anniversario del documento «Donum vitae» il Papa avrebbe pubblicato un documento definitivo sulla materia. Sgreccia ha detto che si sta riflettendo sull’argomento, ma non gli risulta che a breve possa essere pubblicato un testo definitivo. Padre Lombardi ha spiegato che la voce potrebbe essere nata da alcune dichiarazioni di mons. Angelo Amato, segretario del dicastero per la dottrina della fede. Ma, ha detto padre Lombardi, non pare che la riflessione sul tema sia ormai conclusa.
Monsignor Sgreccia ha affrontato il tema della adozione di bambini da parte di coppie gay e del carattere vincolante o meno per il cattolico - medico o politico che sia - dell’indicazione per l’obiezione di coscienza su alcune materie, fatta dal magistero. L’obiezione di coscienza contro l’adozione di figli in una coppia omosessuale è «pienamente fondata», ha detto Sgreccia a proposito di una normativa in discussione in Gran Bretagna, «è stata opposta anche in Spagna - ha ricordato -, è pienamente fondata e mi meraviglierei che in Gran Bretagna si rifiutasse di riconoscerla». Per Sgreccia il cristiano, politico o cittadino, ha come scelta obbligata l’obiezione di coscienza, oltreché su aborto ed eutanasia, anche nell’ambito della ricerca sulle staminali «dove implichi la morte degli embrioni e altre forme di violazione della vita». «Siamo convinti - ha proseguito il presule - che c’è un’utilità per tutta la società quando la coscienza cristiana può esprimersi e può offrire il suo contributo».


(da “la stampa” del 21 febbraio 2007)


Dico, no di Bertone al muro contro muro
di AMEDEO LA MATTINA

ROMA
Ci sono voluti dodici giorni prima che il ddl sui Dico - approvato dal governo l’8 febbraio - approdasse in Parlamento. Finalmente ieri è stato deciso che il difficile iter cominci al Senato dove l’opposizione è agguerritissima e la maggioranza non ha i numeri (Mastella e i Teodem sono contrari) per far passare un testo che è frutto di estenuanti mediazioni. Ora il rischio è che a Palazzo Madama, sotto una gragnuola di emendamenti, il provvedimento venga rigirato come un calzino, più probabilmente in senso restrittivo, secondo gli input dei vescovi.
Ma va registrato che, dopo l’incontro con Prodi, il cardinal Bertone sembra invitare alla prudenza. E’ proprio il segretario di Stato Vaticano infatti che sollecita «a mediare e a non coltivare contrapposizioni». L’occasione per questa apertura è stata la presentazione delle ultime edizioni degli scritti di San Pier Damiani. «Questa figura - ha detto il cardinale - ci esorta a mediare intelligentemente e sapientemente anche in politica».
Tuttavia da oggi lo scontro al Senato va in scena. Già con le pregiudiziali di costituzionalità che il centrodestra si appresta a presentare, e che l’Udeur è disposto a votare, potrebbe andare tutto a gambe all’aria. C’è chi invece sostiene il contrario, ricordando che in commissione Giustizia, guidata dal diessino Cesare Salvi, la maggioranza dispone di un vantaggio di 14 senatori contro i 13 della Cdl: ma quel che più conta è che tra i 14 non ci sono i senatori a vita (Colombo, Andreotti e Cossiga sono notoriamente contrari ai Dico) e gli uomini di Mastella.
Insomma, la battaglia è tutta aperta e l’esito è altrettanto incerto. Per questo motivo il governo e soprattutto la sinistra (radicale e moderata) avrebbe voluto che l’iter iniziasse dalla Camera: proprio per preservare il fragile equilibrio raggiunto nel governo. A Montecitorio i nodi più spinosi sarebbero stati affrontati con più tranquillità. E l’opposizione, con le armi spuntate, non avrebbe potuto incidere negativamente. Sarebbe stato poi più facile introdurre cambiamenti che loro considerano «migliorativi». Ma la scelta è stata fatta e saranno i senatori ad avere la prima parola.
Alla decisione si è arrivati attraverso un acceso scontro dentro la stessa maggioranza. Il ministro Chiti ha cercato di convincere Anna Finocchiaro e Cesare Salvi della convenienza di incardinare i Dico a Montecitorio. Ma i due esponenti diessini si sono opposti strenuamente, nonostante avessero contro il segretario dei Ds Fassino che avrebbe preferito una partenza alla Camera. Ma la Finocchiaro e Salvi hanno puntato i piedi, spiegando che intanto la discussione è già iniziata al Senato. «I Dico - è stato il ragionamento della capogruppo dell’Ulivo - sono un punto di equilibrio. Se il testo va alla Camera sarà stravolto dallo stesso centrosinistra e quando arriverà al Senato non avrebbe la minima possibilità di passare. Se invece prendiamo in mano noi questo benedetto ddl possiamo provare a blindarlo o cambiarlo poco e portarlo a casa». Per la Finocchiaro, inoltre, bisognava evitare di dare l’impressione di un Senato impotente, che non fosse in grado di legiferare. Nella girandola di incontri e contatti telefonici, Dario Franceschini alla fine ha sostenuto la Finocchiaro. Qualche perplessità sembra l’abbia avuta il presidente del Senato, Franco Marini, anche lui preoccupato di uno scivolone. Perciò avrebbe chiesto a Salvi assicurazioni: ci sono i margini per mantenere sostanzialmente invariato l’impianto dei Dico? Il presidente della commissione Giustizia avrebbe risposto che il testo, così com’è, non funziona, e che quindi va modificato in alcuni punti significativi. Qualcuno ha perfino visto in questa risposta di Salvi un retropensiero: la sua intenzione di mettere un ostacolo sulla strada della costituzione del Partito democratico.

(da “la stampa” del 21 febbraio 2007)

[Modificato da ratzi.lella 21/02/2007 15.36]

Francesca.Pisa
00giovedì 22 febbraio 2007 13:21
La cranaca di ieri da korazym

Il papa: la conversione, spirito della Quaresima

di Mattia Bianchi/ 22/02/2007

Il testo integrale dell'omelia pronunciata da Benedetto XVI duranta la Santa Messa del mercoledì delle Ceneri, celebrata nella Basilica di Santa Sabina. Il significato della preghiera, del digiuno e della carità.

- La cronaca della celebrazione

Cari fratelli e sorelle!

Con la processione penitenziale siamo entrati nell’austero clima della Quaresima ed introducendoci nella Celebrazione eucaristica abbiamo poc’anzi pregato perché il Signore aiuti il popolo cristiano ad "iniziare un cammino di vera conversione per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male" (Orazione Colletta). Nel ricevere tra poco le ceneri sul capo, riascolteremo ancora un chiaro invito alla conversione che può esprimersi in una duplice formula: "Convertitevi e credete al vangelo", oppure: "Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai". Proprio per la ricchezza dei simboli e dei testi biblici e liturgici, il Mercoledì delle Ceneri viene considerato la "porta" della Quaresima. In effetti, l’odierna liturgia ed i gesti che la contrassegnano formano un insieme che anticipa in modo sintetico la fisionomia stessa dell’intero periodo quaresimale. Nella sua tradizione, la Chiesa non si limita ad offrirci la tematica liturgica e spirituale dell’itinerario quaresimale, ma ci indica pure gli strumenti ascetici e pratici per percorrerlo fruttuosamente.

"Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti". Con queste parole inizia la Prima Lettura, tratta dal libro del profeta Gioele (2,12). Le sofferenze, le calamità che affliggevano in quel periodo la terra di Giuda spingono l’autore sacro ad incoraggiare il popolo eletto alla conversione, a tornare cioè con fiducia filiale al Signore lacerandosi il cuore e non le vesti. Egli infatti, ricorda il profeta, "è misericordioso e benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura" (2,13). L’invito che Gioele rivolge ai suoi ascoltatori vale anche per noi, cari fratelli e sorelle. Non esitiamo a ritrovare l’amicizia di Dio perduta con il peccato; incontrando il Signore sperimentiamo la gioia del suo perdono. E così, quasi rispondendo alle parole del profeta, abbiamo fatto nostra l’invocazione del ritornello del Salmo responsoriale: "Perdonaci, Signore, abbiamo peccato". Proclamando il Salmo 50, il grande Salmo penitenziale, ci siamo appellati alla misericordia divina; abbiamo chiesto al Signore che la potenza del suo amore ci ridoni la gioia di essere salvati.

Con questo spirito, iniziamo il tempo favorevole della Quaresima, come ci ha ricordato san Paolo nella Seconda Lettura, per lasciarci riconciliare con Dio in Cristo Gesù. L’Apostolo si presenta come ambasciatore di Cristo e mostra chiaramente come proprio in forza di Lui, venga offerta al peccatore, e cioè a ciascuno di noi, la possibilità di un’autentica riconciliazione. «Colui che non aveva conosciuto peccato, - egli dice - Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2 Cor 5,21). Solo Cristo può trasformare ogni situazione di peccato in novità di grazia. Ecco perché assume un forte impatto spirituale l’esortazione che Paolo indirizza ai cristiani di Corinto: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio"; e ancora: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!" (5,20; 6,2). Mentre Gioele parlava del futuro giorno del Signore come di un giorno di terribile giudizio, san Paolo, riferendosi alla parola del profeta Isaia, parla di "momento favorevole", di "giorno della salvezza". Il futuro giorno del Signore è divenuto l’"oggi". Il giorno terribile si è trasformato nella Croce e nella Risurrezione di Cristo, nel giorno della salvezza. E questo giorno è ora, come abbiamo ascoltato nel Canto al Vangelo: "Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore". L’appello alla conversione, alla penitenza risuona quest’oggi con tutta la sua forza, perché la sua eco ci accompagni in ogni momento della vita.

La liturgia del Mercoledì delle Ceneri indica così nella conversione del cuore a Dio la dimensione fondamentale del tempo quaresimale. Questo è il richiamo assai suggestivo che ci viene dal tradizionale rito dell’imposizione delle ceneri, che tra poco rinnoveremo. Rito che riveste un duplice significato: il primo relativo al cambiamento interiore, alla conversione e alla penitenza, mentre il secondo richiama la precarietà dell’umana condizione, come è facile cogliere dalle due diverse formule che accompagnano il gesto. Qui a Roma, la processione penitenziale del mercoledì delle Ceneri parte da sant’Anselmo per concludersi in questa basilica di santa Sabina, dove ha luogo la prima stazione quaresimale. A questo proposito è interessante ricordare che l’antica liturgia romana, attraverso le stazioni quaresimali, aveva elaborato una singolare geografia della fede, partendo dall’idea che, con l’arrivo degli apostoli Pietro e Paolo e con la distruzione del Tempio, Gerusalemme si fosse trasferita a Roma. La Roma cristiana veniva intesa come una ricostruzione della Gerusalemme del tempo di Gesù dentro le mura dell’Urbe. Questa nuova geografia interiore e spirituale, insita nella tradizione delle chiese "stazionali" della Quaresima, non é un semplice ricordo del passato, né una vuota anticipazione del futuro; al contrario, intende aiutare i fedeli a percorrere un cammino interiore, il cammino della conversione e della riconciliazione, per giungere alla gloria della Gerusalemme celeste dove abita Dio.

Cari fratelli e sorelle, abbiamo quaranta giorni per approfondire questa straordinaria esperienza ascetica e spirituale. Nel Vangelo che è stato proclamato, Gesù indica quali sono gli strumenti utili per compiere l’autentico rinnovamento interiore e comunitario: le opere di carità (l’elemosina), la preghiera e la penitenza (il digiuno). Sono le tre pratiche fondamentali care pure alla tradizione ebraica, perché contribuiscono a purificare l’uomo davanti a Dio (cfr Mt 6,1-6.16-18). Tali gesti esteriori, che vanno compiuti per piacere a Dio e non per ottenere l’approvazione e il consenso degli uomini, sono a Lui accetti se esprimono la determinazione del cuore a servirlo, con semplicità e generosità. Ce lo ricorda anche uno dei Prefazi quaresimali dove, a proposito del digiuno, leggiamo questa singolare espressione: «ieiunio… mentem elevas: con il digiuno elevi lo spirito» (Prefazio IV).

Il digiuno, al quale la Chiesa ci invita in questo tempo forte, non nasce certo da motivazioni di ordine fisico od estetico, ma scaturisce dall’esigenza che l’uomo ha di una purificazione interiore che lo disintossichi dall’inquinamento del peccato e del male; lo educhi a quelle salutari rinunce che affrancano il credente dalla schiavitù del proprio io; lo renda più attento e disponibile all’ascolto di Dio e al servizio dei fratelli. Per questa ragione il digiuno e le altre pratiche quaresimali sono considerate dalla tradizione cristiana "armi" spirituali per combattere il male, le passioni cattive e i vizi. Al riguardo, mi piace riascoltare insieme a voi un breve commento di san Giovanni Crisostomo. "Come al finir dell’inverno – egli scrive – torna la stagione estiva e il navigante trascina in mare la nave, il soldato ripulisce le armi e allena il cavallo per la lotta, l’agricoltore affila la falce, il viandante rinvigorito si accinge al lungo viaggio e l’atleta depone le vesti e si prepara alle gare; così anche noi, all’inizio di questo digiuno, quasi al ritorno di una primavera spirituale forbiamo le armi come i soldati, affiliamo la falce come gli agricoltori, e come nocchieri riassettiamo la nave del nostro spirito per affrontare i flutti delle assurde passioni, come viandanti riprendiamo il viaggio verso il cielo e come atleti ci prepariamo alla lotta con lo spogliamento di tutto" (Omelie al popolo antiocheno, 3).

Nel messaggio per la Quaresima, ho invitato a vivere questi quaranta giorni di speciale grazia come un tempo "eucaristico". Attingendo a quella fonte inesauribile di amore che è l’Eucaristia, nella quale Cristo rinnova il sacrificio redentore della Croce, ogni cristiano può perseverare nell’itinerario che oggi solennemente intraprendiamo. Le opere di carità (l’elemosina), la preghiera, il digiuno insieme ad ogni altro sincero sforzo di conversione trovano il loro più alto significato e valore nell’Eucaristia, centro e culmine della vita della Chiesa e della storia della salvezza. "Questo sacramento che abbiamo ricevuto, o Padre, – così pregheremo al termine della Santa Messa - ci sostenga nel cammino quaresimale, santifichi il nostro digiuno e lo renda efficace per la guarigione del nostro spirito". Chiediamo a Maria di accompagnarci perché, al termine della Quaresima, possiamo contemplare il Signore risorto, interiormente rinnovati e riconciliati con Dio e con i fratelli. Amen!

Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca








Francesca.Pisa
00giovedì 22 febbraio 2007 13:29
da Avvenire

SULLE TRACCE DEL RISORTO
Aprendo ieri il cammino quaresimale, Ratzinger ha definito le pratiche di vita che l’accompagnano, dal silenzio al digiuno all’elemosina, «armi spirituali contro il male, le passioni cattive, i vizi»

«L’Eucaristia alimenti
la nostra Quaresima»

Con il rito delle Ceneri in Santa Sabina il Papa ha aperto l’itinerario penitenziale di preparazione alla Pasqua«Le opere di carità, la preghiera, il digiuno trovano il loro più alto significato e valore nel sacrificio eucaristico, centro e culmine della vita della Chiesa e della storia della salvezza»

Da Roma Salvatore Mazza

Alla «porta della Quaresima», Benedetto XVI ricorda ai credenti che «conversione» e «riconciliazione» debbano scandire il cammino «per giungere alla gloria della Gerusalemme celeste dove abita Dio». Una strada di «rinnovamento» lungo la quale elemosina, preghiera e digiuno non hanno un valore «estetico» ma sono le «armi spirituali per combattere il male, le passioni cattive e i vizi». Nella semplice austerità della basilica romana di Santa Sabina, sull'Aventino, Papa Ratzinger ha rinnovato ieri pomeriggio l'antico rito delle Ceneri, che apre la Quaresima. Quaranta giorni «per approfondire» la «straordinaria esperienza ascetica e spirituale» che questo tempo liturgico ci propone, ha detto, dove la «geografia interiore e spirituale, insita nella tradizione delle chiese "stazionali" della Quaresima, non è un semplice ricordo del passato, né una vuota anticipazione del futuro», ma «al contrario, intende aiutare i fedeli a percorrere un cammino interiore, il cammino della conversione e della riconciliazione». La cerimonia, secondo l'antica tradizione, era iniziata con la lunga processione di cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli che, nel grigio pomeriggio romano si è snodata dalla chiesa benedettina di Sant'Anselmo a Santa Sabina. Qui è stato il cardinale Jozef Tomko, titolare della Basilica, a imporre le ceneri a Benedetto XVI, che ha poi compiuto lo stesso gesto su alcuni dei presenti. «Con la processione penitenziale - ha poi spiegato il Pontefice - siamo entrati nell'austero clima della Quaresima, e introducendoci nella celebrazione eucaristica abbiamo pregato perché il Signore aiuti il popolo cristiano ad "iniziare un cammino di vera conversione per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male". Nel ricevere le ceneri sul capo, riascolteremo ancora un chiaro invito alla conversione che può esprimersi in una duplice formula: "Convertitevi e credete al Vangelo", oppure: "Ricordati che sei polv ere e in polvere ritornerai"». Con tutto questo «l'odierna liturgia e i gesti che la contrassegnano - ha proseguito Benedetto XVI - formano un insieme che anticipa in modo sintetico la fisionomia stessa dell'intero periodo quaresimale», un tempo «per lasciarci riconciliare con Dio in Cristo Gesù». Esso infatti «indica nella conversione del cuore a Dio la dimensione fondamentale del tempo quaresimale. Questo è il richiamo assai suggestivo che ci viene dal tradizionale rito dell'imposizione delle ceneri. Rito che riveste un duplice significato: il primo relativo al cambiamento interiore, alla conversione e alla penitenza, mentre il secondo richiama la precarietà dell'umana condizione, come è facile cogliere dalle due diverse formule che accompagnano il gesto». In questo cammino, come ricordato, è «Gesù stesso» a indicare quali siano «gli strumenti utili per compiere l'autentico rinnovamento interiore e comunitario: le opere di carità - l'elemosina -, la preghiera e la penitenza - il digiuno. Sono - ha osservato Benedetto XVI - le tre pratiche fondamentali care pure alla tradizione ebraica, perché contribuiscono a purificare l'uomo davanti a Dio. Tali gesti esteriori, che vanno compiuti per piacere a Dio e non per ottenere l'approvazione e il consenso degli uomini, sono a Lui accetti se esprimono la determinazione del nostro cuore a servire Lui soltanto, con semplicità e generosità». In particolare «il digiuno, al quale la Chiesa ci invita in questo tempo forte, non nasce certo - a sottolineato Papa Ratzinger - da motivazioni di ordine fisico o estetico, ma scaturisce dall'esigenza che l'uomo ha di una purificazione interiore che lo disintossichi dall'inquinamento del peccato e del male; lo educhi a quelle salutari rinunce che affrancano il credente dalla schiavitù del proprio io; lo renda più attento e disponibile all'ascolto di Dio e al servizio dei fratelli. Per questa ragione il digiuno e le altre pratiche quaresimali sono considerate dalla tradizione cristiana ‘a rmi' spirituali per combattere il male, le passioni cattive e i vizi». «Nel messaggio per la Quaresima - ha quindi concluso - ho invitato a vivere questi quaranta giorni di speciale grazia come un tempo "eucaristico". Attingendo a quella fonte inesauribile di amore che è l'Eucaristia, nella quale Cristo rinnova il sacrificio redentore della Croce, ogni cristiano può perseverare nell'itinerario che oggi solennemente intraprendiamo. Le opere di carità, la preghiera, il digiuno, insieme a ogni altro sincero sforzo di conversione, trovano il loro più alto significato e valore nell'Eucaristia, centro e culmine della vita della Chiesa e della storia della salvezza».


Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca
Francesca.Pisa
00giovedì 22 febbraio 2007 13:36
sui dico da Avvenire

Dico, disegno da ripensare

Dai cattolici un invito sempre più chiaro


Marco Tarquinio

Nessuno, in queste ore, può dire con certezza quale sarà la sorte della XV legislatura. Le proporzioni della tempesta politica scatenatasi ieri non lo consentono. E tantomeno permettono di prevedere se e quando al Senato - cioè proprio nel ramo del Parlamento dove è stata di nuovo certificata una strutturale insufficienza della maggioranza - verrà avviato l'iter del disegno di legge di iniziativa governativa sulle unioni di fatto. Un provvedimento al quale le principali forze del centrosinistra hanno ritenuto di dover attribuire a ogni costo il rango di lancinante priorità.
Ma la questione - per come è stata posta, e per come rischia di restare, in ogni caso, all'ordine del giorno del dibattito pubblico - impone un'ulteriore riflessione. Perché c'è da augurarsi che il confronto possa finalmente diventare rispettoso della realtà sociale italiana, intelligentemente attento ai diritti delle persone e finalmente libero da approssimazioni propagandistiche sulle difficili condizioni in cui si "fa famiglia" nel nostro Paese. E, soprattutto, perché più si riflette sul senso e sull'articolato del ddl Bindi-Pollastrini sui cosiddetti "Dico" più risulta evidente che lo sforzo di mediazione - pure prodottosi in seno al governo - non ha condotto a risultati apprezzabili. E questa constatazione rafforza le preoccupazioni iniziali. E genera un allarme che - ancora una volta - da cittadini non possiamo tacere.
Il testo è e resta da ripensare. Si tratta di una convinzione crescente (e questo giornale, nel suo lavoro di cronaca, continua a documentarlo). Che coinvolge in modo trasversale tutti coloro - parlamentari di maggioranza e d'opposizione e addetti ai lavori, esponenti dell'associazionismo ecclesiale e semplici cittadini - che non si fanno sviare nel polverone delle polemiche smodate. Che si misurano, piuttosto, con la complessità e la concretezza dei problemi suscitati da un progetto apertamente considerato come l'essenziale «apri-pista» verso una radicale rivoluz ione della legislazione familiare. E che sottolineano, magari da ottiche diversissime, le paradossali ricadute antifamiliari e anticomunitarie di un provvedimento che viene, invece, presentato come «solidaristico». Per rendersene conto basterebbe rileggere le riflessioni di Alberto Monticone (su "Europa" del 16 febbraio) e quelle di Piero Ostellino (sul "Corriere della Sera" del giorno seguente).
È una preoccupazione reale e leale, autenticamente civile. E proprio per questo trova soprattutto nel mondo cattolico una corale e potente risonanza, accentuata dal sicuro magistero di Benedetto XVI. La spontanea mobilitazione delle associazioni e dei movimenti di ispirazione cattolica è palpabile. Chiunque può verificare la loro voglia di esserci e di farsi sentire, da cittadini di questo Stato. E da credenti decisi a liberare un dibattito sulla famiglia che appare insopportabilmente condizionato dal "clericalismo" di certi ossessivi stereotipi laicisti.
Certo, i nostri vescovi a più e più voci - con ricca e consonante varietà di toni - stanno intanto parlando con grande continuità e appassionata chiarezza, e lo faranno ancora. Consapevoli - il Papa lo ha ricordato proprio ieri - del compito «non facile, ma indispensabile» di portare testimonianza «in ogni ambito della società». E per nulla intimiditi dalle pretese di chi vorrebbe negare a loro, e solo a loro, il diritto di parola. Se qualcuno di quegli indignati di professione, invece di gridare all'ingerenza, avesse la curiosità intellettuale di ascoltarli, scoprirebbe magari che, da «esperti d'umanità», non ragionano di famiglia e di solidarietà in astratto, ma a partire dalla condizione vera e dalle vere attese del popolo in mezzo al quale vivono.
Già, perché il punto è qui. E non ci stancheremo di ripeterlo. Si è voluta aprire una questione che riguarda la nostra società e il suo futuro, e i cattolici hanno qualcosa da dire in proposito. E intendono dirlo, rivolgendosi alla ragione dei legislatori tanto quanto all a loro coscienza. Chi mostra di scandalizzarsi per questo, o recita o non sa molto dell'Italia.


Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca



euge65
00giovedì 22 febbraio 2007 14:25
contrordine sul 25 Marzo!!!!!!!!!!!!!!!!



Chissa' perche' mi aspettavo una cosa del genere!!!!!!!!!!!!!!!

la solita vigliaccheria!!!!!!!!!!!!!!!!!

[SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27826] e poi ci lamentiamo se ci insultano e ci fanno oggetto di vignette!!!!!!!
Sihaya.b16247
00venerdì 23 febbraio 2007 15:35
Sul Venerdì di Repubblica
Oggi sul Venerdì di Repuibblica servizio su Ruini con FOTO BELLISSIMA di Ratzinger! Vi consiglio di comprarlo!!
euge65
00sabato 24 febbraio 2007 21:21
dA TOSCANA OGGI
BENEDETTO XVI, APPELLO AI CRISTIANI PERCHE' DIFENDANO LA VITA

24/02/2007

Garantire il diritto alla vita a tutti è un “dovere dal cui assolvimento dipende il futuro dell’umanità”. Specialmente per i cristiani che sono continuamente chiamati “a mobilitarsi per far fronte ai molteplici attacchi a cui è esposto il diritto alla vita”. Lo ha detto stamani Benedetto XVI in un appassionato discorso pronunciato nell’incontro con la plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, tenutosi nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. L’udienza è avvenuta al termine del Congresso promosso dall’Accademia vaticana sul tema “La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita”.

Ogni uomo “sinceramente aperto alla verità e al bene”, ha detto il Papa riecheggiando l’Evangelium Vitae, “può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore il valore sacro della vita umana”. Eppure bisogna ammettere che “gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme”, come le pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi in via di sviluppo, con il ricorso anche a “forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva”. Ancora, ha avvertito il Papa, “si incrementano le politiche del controllo demografico, nonostante che siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale”. D’altro canto, ha aggiunto, nei Paesi sviluppati cresce l’interesse per la ricerca bioteconologica che si spinge “fino alla ricerca ossessiva del figlio perfetto” con la diffusione della “procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione”.

Questa “nuova ondata di eugenetica discriminatoria – ha osservato Benedetto XVI - trova consensi in nome del presunto benessere degli individui e, specie nel mondo economicamente progredito, si promuovono leggi per legalizzare l’eutanasia. Tutto questo avviene mentre, su un altro versante, si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale. In queste situazioni la coscienza, talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva, non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà".

Per questo, ha esortato il Pontefice, è “ancor più necessario l’appello alla coscienza e, in particolare, alla coscienza cristiana”. La coscienza morale, ha sottolineato, “per essere in grado di guidare rettamente la condotta umana, deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità”; deve essere illuminata “così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l’ambiente sociale” e “il pluralismo culturale” non aiutino.

Il Papa si è poi soffermato sui diversi fattori che oggi, “nell’attuale fase della secolarizzazione chiamata post-moderna e segnata da discutibili forme di tolleranza” ostacolano la formazione di una coscienza fondata sulla verità: “non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità ci si allontana dal gusto della riflessione. Addirittura, secondo alcuni, la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione". Così, ha detto ancora, la coscienza “cessa di essere luce e diventa un semplice sfondo su cui la società dei media getta le immagini e gli impulsi più contraddittori”.

Volgendo, quindi, il pensiero alla crescita della coscienza cristiana, il Papa ha affermato che “non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità”: "Solo così sarà possibile avviare i giovani a comprendere i valori della vita, dell’amore, del matrimonio, della famiglia. Solo così si potrà portarli ad apprezzare la bellezza e la santità dell’amore, la gioia e la responsabilità di essere genitori e collaboratori di Dio nel dare la vita".

Se non c’è una formazione continua e qualificata, ha constatato, “diventa ancor più problematica la capacità di giudizio nei problemi posti dalla biomedicina in materia di sessualità, di vita nascente, di procreazione come anche nel modo di trattare e curare i pazienti”. Ha così sottolineato la necessità di “parlare dei criteri morali che riguardano questi temi con professionisti, medici e giuristi” al fine di “impegnarli ad elaborare un competente giudizio di coscienza e, nel caso, anche una coraggiosa obiezione di coscienza”. Sotto questo aspetto vanno dunque uniti "la formazione cristiana" e il “discorso sui valori morali che riguardano la corporeità, la sessualità” e più in generale il rispetto per la vita umana in tutti i suoi momenti. Abbiamo bisogno, ha detto il Papa, di “testimoni forniti di coscienza vera e retta per difendere e promuovere lo splendore della verità a sostegno del dono e del mistero della vita”. Così facendo, ha concluso, sarà possibile “risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza”.

Dal canto suo, nel suo indirizzo d'omaggio, l’arcivescovo Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha evidenziato che “nelle scelte che riguardano la vita umana e la sua difesa, la coscienza è il baluardo principale e talora l'unico”. D’altra parte, ha avvertito il presule, “la formazione di un chiaro giudizio di coscienza nell'attuale clima culturale è diventato difficile al punto che, su questioni fondamentali, le posizioni spesso divergono, e la vita di molti esseri umani, specialmente quelli fragili, rimangono senza difesa”. Infine, mons. Sgreccia ha rilevato che, in questi ultimi tempi, “si sono moltiplicate le occasioni nelle quali, soprattutto i medici" sono "chiamati a proporre obiezione di coscienza di fronte a richieste dei cittadini, contrarie alla morale naturale e letali per la vita degli esseri umani”. (Fonte: Radio Vaticana)


SARANNO DI MONSIGNOR RAVASI QUEST'ANNO LE MEDITAZIONI DELLA VIA CRUCIS AL COLOSSEO
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BOMBE A GRAPPOLO, IMPEGNO DI 46 PAESI PER MESSA AL BANDO ENTRO 2008, MA USA DICONO NO


euge65
00sabato 24 febbraio 2007 21:25
da L'Unita'
Ratzinger, nuovo attacco a pillola abortiva e pacs


Dopo aver additato nei giorni scorsi l'azione di lobby a favore della legalizzazione delle unioni di fatto, Benedetto XVI torna all’attacco e lancia un nuovo allarme: contro l’aborto (in particolare quello chimico) e ancora contro le unioni di fatto.

«Sono sempre più forti pressioni per la legalizzazione dell'aborto nei Paesi dell'America Latina e nei Paesi in via di sviluppo – sottolinea prima di tutto Ratzinger - anche con il ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva si incrementano le politiche del controllo demografico, nonostante che siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale».

Nel mirino di papa Ratzinger dunque l’aborto, e in particolare, “l’aborto chimico” ovvero la pillola Ru486 in sperimentazione anche in Italia. Ma non solo. Ratzinger infatti (dopo aver criticato l’eugenetica la ricerca biotecnologica) torna a parlare delle unioni di fatto, in particolare quelle omosessuali. «Tutto questo - denuncia nel discorso alla Pontificia Accademia della Vita - avviene mentre, su un altro versante, si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio chiuse alla procreazione naturale».

Secondo Papa Ratzinger, «in queste situazioni la coscienza, talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva, non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà». Per reagire a questi attacchi, il Papa teologo esorta a impegnarsi di più anche nella formazione delle coscienze, «un'impresa difficile e delicata, ostacolata, purtroppo, dalla secolarizzazione chiamata post-moderna e segnata da discutibili forme di tolleranza, per la quale la coscienza individuale, per essere libera, dovrebbe disfarsi sia dei riferimenti alle tradizioni, sia di quelli basati sulla ragione».

«In mancanza di una formazione continua e qualificata, diventa ancor più problematica la capacità di giudizio nei problemi posti dalla biomedicina in materia di sessualità, di vita nascente, di procreazione, come anche nel modo di trattare e curare i pazienti e le fasce deboli della società». La proposta alternativa che viene dalla Chiesa è invece quella di «un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l'esistenza sia del singolo che della comunità». «Solo così - è la conclusione del Pontefice - sarà possibile avviare i giovani a comprendere i valori della vita, dell'amore, del matrimonio, della famiglia».

Pubblicato il: 24.02.07
Modificato il: 24.02.07 alle ore 14.22

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ratzi.lella
00domenica 25 febbraio 2007 13:36
Il Papa: «Difendiamoci da chi attacca la vita»
di Andrea Tornielli

«Il Concilio esorta i laici credenti ad accogliere quanto i pastori decidono come maestri e capi della Chiesa». È forse il passaggio più significativo e attuale, per la situazione italiana, del discorso che ieri mattina Benedetto XVI ha tenuto ai partecipanti all’assemblea generale della Pontificia accademia per la vita, appellandosi all’aiuto di filosofi, teologi, scienziati e medici per «risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza» contro l’aborto, la manipolazione degli embrioni, l’eugenismo, gli attacchi al matrimonio.

I «Dico» sembrano uscire dall’agenda del governo ma in attesa del non facile confronto parlamentare, e della nota della Conferenza episcopale italiana sull’argomento, Papa Ratzinger torna a parlare dei «valori non negoziabili» e soprattutto esorta i laici all’obbedienza. Un accenno, quello che invita ad accogliere l’insegnamento dei pastori attraverso una puntuale citazione del Vaticano II, che sembra fatta apposta per i «cattolici adulti» del centrosinistra, i quali nelle ultime settimane avevano rispedito al mittente gli appelli della Chiesa.

Benedetto XVI ha iniziato il suo discorso ricordando che quello alla vita «è un diritto che esige di essere sostenuto da tutti, perché è il diritto fondamentale in ordine agli altri diritti umani», sul cui riconoscimento «si fondano l’umana convivenza e la stessa comunità politica».

La situazione appare drammatica: «Bisogna ammettere – dice Ratzinger – che gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme». Cita «le pressioni per la legalizzazione dell’aborto nei Paesi dell’America Latina e nei Paesi in via di sviluppo», anche con il ricorso «alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva» e l’incremento di «politiche del controllo demografico, nonostante siano ormai riconosciute come perniciose anche sul piano economico e sociale».

Nello stesso tempo, fa notare ancora il Papa, nei Paesi più sviluppati «cresce l’interesse per la ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del “figlio perfetto”, con la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione. Una nuova ondata di eugenetica discriminatoria – aggiunge – trova consensi in nome del presunto benessere degli individui e, specie nel mondo economicamente progredito, si promuovono leggi per legalizzare l’eutanasia».

Tutto questo avviene mentre, su un altro versante, «si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale. In queste situazioni la coscienza, talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva, non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà».

Per questo, Benedetto XVI ribadisce come «ancor più necessario l’appello alla coscienza e, in particolare, alla coscienza cristiana», che «deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità», cioè «essere illuminata per riconoscere il vero valore delle azioni e la consistenza dei criteri di valutazione, così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l’ambiente sociale, il pluralismo culturale e gli interessi sovrapposti non aiutino a ciò». Nell’attuale contesto secolarizzato, «non solo cresce il rifiuto della tradizione cristiana, ma si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità». Occorre, spiega ancora Ratzinger, «rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza». Benedetto XVI chiama dunque a raccolta per questo compito professionisti, medici, giuristi e politici.

Infine, la citazione del Concilio, che «esorta i laici credenti ad accogliere quanto i pastori decidono come maestri e capi della Chiesa» oltre a raccomandare «che i pastori riconoscano e promuovano la dignità e responsabilità dei laici nella Chiesa» e «si servano volentieri del loro prudente consiglio».

Il Giornale, 25 febbraio 2007


Dalla Gran Bretagna primo sì alla manipolazione genetica
di Erica Orsini

Embrioni umani geneticamente manipolati con la benedizione del legislatore. La Gran Bretagna potrebbe essere il primo Paese al mondo a consentire la modificazione genetica degli embrioni umani per scopi di ricerca. Secondo quanto rivelato dal quotidiano Daily Telegraph il governo inglese sta lavorando a un nuovo disegno di legge in materia, che dovrebbe sostituire l’ormai datato Human Fertilisation and Embryology Act del 1990. In base alle affermazioni del direttore della Human Genetics Alert, David King, raccolte ieri dal giornale, l’apertura dei ministri di Tony Blair nei confronti di un simile progetto, potrebbe ben presto spianare la via ai bambini «su misura», vale a dire alla manipolazione a scopi riproduttivi. A dieci anni dalla clonazione della pecora Dolly, avvenuta proprio in Gran Bretagna, il dibattito etico su questo delicatissimo argomento non si è mai spento, ma ora più che mai l’associazione guidata da King auspica che la discussione coinvolga direttamente l’opinione pubblica, uscendo dai confini troppo ristretti delle discussioni tra esperti scientifici e politici di mestiere. «Il governo ci sta dicendo che consentirà agli scienziati di iniziare a lavorare sulle tecniche di alterazione genetica degli embrioni umani, sebbene soltanto per motivi sperimentali – ha dichiarato ieri al Telegraph il direttore – noi riteniamo che la gente inorridirà di fronte a questa ipotesi». «Su questo argomento è estremamente necessario un confronto pubblico – ha aggiunto la Human Genetics Alert – perché alla fine quella che doveva essere manipolazione per scopi di ricerca potrebbe portare a traguardi ben diversi». Secondo King infatti, se passasse il disegno di legge governativo, alla fine il divieto di modifiche genetiche a fini riproduttivi verrebbe spazzato via nella pratica e si potrebbe arrivare alla creazione di bambini geneticamente selezionati per essere sempre più perfetti, più intelligenti o semplicemente più belli. «È vero infatti che nella bozza di riforma della legge del 1990 si dice che le alterazioni genetiche di ovuli, sperma ed embrioni «non saranno consentite a fini riproduttivi» – ha sottolineato ancora King – ma è altrettanto
vero che il divieto riguarda soltanto «l’immediato futuro».

Il grido d’allarme lanciato dall’associazione ha subito ottenuto l’appoggio di altri esperti scientifici come il dottor Michael Antoniou, terapista genetico al Guy’s Hospital di Londra e di una parte della stampa specializzata. «Tutti i Paesi che hanno già una legislazione in materia – ha ricordato ieri il dottor Richard Nicholson, direttore del Bullettin of Medical Ethics – hanno bandito la manipolazione genetica di embrioni umani. Proseguendo in una direzione diversa, il governo britannico esce dai ranghi delimitati dalla stessa comunità internazionale. E in futuro qualcuno potrebbe pensare alla Gran Bretagna come a un porto sicuro per scienziati irresponsabili, guidati soltanto dall’allettante prospettiva di facili guadagni». Immediata e di segno opposto la risposta del ministero della Salute inglese.

«La legge di riforma non andrà affatto in questa direzione – ha precisato ieri un portavoce ministeriale chiarendo che le alterazioni genetiche saranno legittime soltanto a fini scientifici –, la proposta attuale continua a vietare ogni modifica a scopo riproduttivo».

Il Giornale, 25 febbraio 2007


«Un caso Welby non dovrà ripetersi»
di Redazione

Ogni giorno in prima linea nelle 450 Rianimazioni e Terapie intensive italiane e nelle oltre 5.000 sale operatorie, e sempre con lo steso obiettivo: sostenere le funzioni vitali del paziente anche in quella stretta linea di confine che separa la vita dalla morte. È il ruolo degli anestesisti rianimatori che in un documento ufficiale hanno voluto chiarire la loro posizione rispetto ai tanti, potenziali «casi Welby» in Italia: «No a staccare la spina» e «no alla eutanasia come atto medico», è la posizione dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani. Una presa di posizione ufficiale, dopo la vicenda Welby e alla luce del nuovo caso Nuvoli, che suona come un forte invito a tutti gli iscritti, ben 8.500 su 10.000 professionisti italiani. Il consiglio nazionale dell’Aaroi, ha sottolineato il presidente Vincenzo Carpino, «ha espresso un forte richiamo ad attenersi a queste indicazioni».

Il Giornale, 25 febbraio 2007


Appello di Benedetto XVI affinché si fermi la deriva che rischia di travolgere il «diritto alla vita»
Il Papa condanna la ricerca ossessiva del "figlio perfetto"

Giorgio Acquaviva

Un forte appello alla coscienza e alla formazione delle coscienze per fermare la deriva che rischia di travolgere il «diritto alla vita», con le pratiche abortive, la selezione genetica, l'eutanasia, le forme di convivenza omosessuale. Ne ha parlato ieri papa Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita. L'appello è rivolto a professionisti, filosofi, teologi, scienziati e medici, ma anche agli educatori (in famiglia e nella scuola), perché «in una società talora chiassosa e violenta, con la vostra qualificazione culturale, con l'insegnamento e con l'esempio, potete contribuire a risvegliare in molti cuori la voce eloquente e chiara della coscienza». Occorre «elaborare un competente giudizio di coscienza e, nel caso, anche una coraggiosa obiezione di coscienza», nel «difendere e promuovere lo "splendore della verità" a sostegno del dono e del mistero della vita». Il discorso di papa Ratzinger parte dalla dichiarazione del diritto alla vita come «diritto fondamentale in ordine agli altri diritti umani» e per questo esso «esige di essere sostenuto da tutti». Non è una invenzione cristiana, ma una verità della «legge naturale scritta nel cuore», come «diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo bene primario». A ogni cristiano è richiesta una mobilitazione speciale, al servizio della verità, soprattutto oggi quando «gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati». Quando è in gioco il valore della vita, l'armonia fra magistero e impegno dei laici «diventa singolarmente importante». Il pontefice cita «le pressioni per la legalizzazione dell'aborto nel Paesi dell'America Latina e nei Paesi in via di sviluppo, anche con il ricorso alla liberalizzazione delle nuove forme di aborto chimico sotto il pretesto della salute riproduttiva». Cita anche la ricerca biotecnologica, che spinge verso «sottili ed estese metodiche di eugenismo fino alla ricerca ossessiva del "figlio perfetto"» e le varie forme di «diagnosi tendenti ad assicurare la selezione». Si giustifica tutto ciò con «un presunto benessere degli individui». Ma l'allarme viene lanciato pure nei confronti delle «le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale». La coscienza davanti a tutto ciò è «talora sopraffatta dai mezzi di pressione collettiva» e non presta «sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco» così che «il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà». Per tutto questo è necessario l'appello alla coscienza vera, perché fondata sulla verità, e retta, perché determinata a seguirne i dettami senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi. E, prima ancora, un lungo lavoro di formazione delle coscienze, lavoro difficile e delicato, perché la secolarizazione postmoderna, «segnata da discutibili forme di tolleranza», rifiuta l'annuncio cristiano e diffida anche della ragione e predica una coscienza individuale che si crede «libera» perché svincolata da qualsiasi riferimento.

La Gazzetta del sud, 25 febbraio 2007


Il Papa: no ai “figli perfetti”
MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
Benedetto XVI chiama alla mobilitazione i cristiani contro le leggi che minacciano la vita e la famiglia. Il Papa ha rivolto un appassionato discorso ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita; parlava a tutto il mondo ma è inevitabile che le sue parole assumano un significato particolare per l’Italia, dove sono ancora calde le polemiche sui «Dico» e il governo Prodi prova a ricominciare il suo cammino. Le preoccupazioni di papa Ratzinger danno origine a una raffica di «no»: no all’«eugenismo» e alla ricerca del «figlio perfetto», grazie alle «diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione». No alle leggi per «legalizzare l’eutanasia» e all’aborto chimico (la pillola Ru486) che,a suo dire, viene fatto passare «sotto il pretesto della salute riproduttiva». Ovvia, ma nuovamente ripetuta, la condanna di ogni legalilizzazione di convivenze alternative al matrimonio.
Benedetto XVI ha sottolineato la necessità che i cristiani si mobilitino contro «i molteplici attacchi cui è esposto il diritto alla vita» e ha fatto appello anche agli uomini di buona volontà, e agli scienziati, affinché anch’essi scendano in campo per difendere, in base alla ragione, la «verità» di tale diritto. È, secondo il Pontefice, il diritto alla vita la questione centrale su cui si basa «il futuro dell’umanità».
La coscienza cristiana di questo inizio millennio - ha detto - si trova davanti a un ventaglio di sfide lanciate dalla «secolarizzazione postmoderna e segnata da discutibili forme di tolleranza», dalla necessità di educare le coscienze di giovani e adulti e di cercare un dialogo sui «criteri morali» con professionisti, medici e quant’altri, valutando l’ipotesi di una «coraggiosa obiezione di coscienza».
Benedetto XVI ha ricordato che da quando fu pubblicata l’enciclica «Evangelium vitae», nel marzo 1995, «gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme»: «legalizzazione dell’aborto» in America Latina e nei paesi in via di sviluppo; e «ricerca biotecnologica più raffinata, per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo, fino alla ricerca ossessiva del “figlio perfetto”» nei paesi più ricchi, con «la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione». Ha poi condannato la «nuova ondata di eugenetica discriminatoria» che, ha detto, «trova consensi in nome del presunto benessere degli individui», fino a promuovere «leggi per legalizzare l’eutanasia». La famiglia è sotto attacco, inoltre, perché «si moltiplicano le spinte per la legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale».
La coscienza appare talora sopraffatta «di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda» e «dai mezzi di pressione collettiva» e «non dimostra sufficiente vigilanza circa la gravità dei problemi in gioco, e il potere dei più forti indebolisce e sembra paralizzare anche le persone di buona volontà». Il ruolo dei laici è fondamentale: in una «società talora chiassosa e violenta» devono lavorare con la Chiesa: «quando è in gioco il valore della vita umana l’armonia tra funzione magisteriale e impegno laicale diventa singolarmente importante».

La Stampa, 25 febbraio 2007


“Il buon Dio non piange per i Dico”

Ministro Barbara Pollastrini, tra i dodici punti del patto di governabilità non c’è traccia dei Dico...
«Per quanto mi riguarda non giocherò la carta del rinvio. Il disegno di legge ha superato il vaglio del governo e ora è al Senato, dove la sintesi sarà trasparente, pubblica e ognuno si assumerà palesemente le sue responsabilità. Con la collega Rosy Bindi seguiremo i lavori della commissione Giustizia, il cui presidente Cesare Salvi non penso abbia intenzione di cedere a temporeggiamenti. La proposta non è blindata e può essere migliorata valutando gli altri ddl depositati sulle convivenze».
Cosa replica alla capofila dei «Teodem» Paola Binetti che ringrazia il Padreterno per la fine dei Dico?
«Proprio adesso che c’è una schiarita sul fronte del governo le sue parole stridono ancora di più. Ho un grande rispetto per la fede e la religione, quindi resto allibita nel sentire chiamato in causa il Padreterno, la cui mano inattesa avrebbe addirittura favorito la crisi di governo. Ognuno ha il suo stile. Io e la Binetti abbiamo due modi diversi di interpretare la responsabilità della politica. Ai toni minacciosi preferisco il rispetto e l’amorevolezza verso le persone. E di un uomo che ha sofferto come Welby non direi mai che è ingrato verso la scienza che lo ha fatto vivere fino a sessant’anni. Anzi penso che il Parlamento abbia il dovere di approvare al più presto il testamento biologico».
Il Papa esorta ad una mobilitazione dei fedeli a difesa della famiglia. Teme che due milioni di cattolici scendano in piazza come è accaduto a Zapatero?
«Scommetto sulla capacità di distinguere e sulla maturità delle persone. Sta diventando persino stucchevole dover ripetere che i Dico non tolgono nulla alla famiglia. Senza contare che sono un patto affettivo anche tra parenti, quindi non un intervento di nicchia ma un faro verso la modernizzazione. Sono sicura che non accadrà come in Spagna, siamo sereni nella nostra coerenza alla Costituzione e alla laicità dello Stato. Servono autonomia della politica e crescita dello spirito civico. Perseguiamo l’uguaglianza di diritti e doveri dei cittadini a prescindere dall’orientamento sessuale e tuteliamo insieme la famiglia».
Nessuno strappo laicista?
«No. Anzi, siamo in ritardo rispetto al resto d’Europa. Abbiamo avanzato una normativa in grado di corrispondere alla società per quello che è: il 25 per cento dei matrimoni prima era coppia di fatto, molte convivenze sono dovute ai tempi troppo lunghi dei divorzi o alla necessità di conoscersi meglio per fare una scelta più consapevole. Una politica che perde autonomia non può rispondere alle aspirazioni dei cittadini. E non è questione né di note vincolanti della Cei né di manifestazioni di piazza cattoliche».
Resta il fatto che il governo dei Dico va avanti col voto del cattolico Follini...
«Il senatore Follini guarda avanti, dimostrando di avere coraggio e lungimiranza senza rinunciare alle sue convinzioni e idee. Io non alzo steccati. Il nostro presidente del gruppo dell’Ulivo Franceschini ha appena esortato ad andare avanti. Ha pure ricordato alla senatrice Binetti l’appello dei popolari per laicità e che il 95 per cento della Margherita si è espressa a favore dei Dico. Insieme ai cattolici coltiviamo l’ambizione di costruire il partito democratico che avrà al centro il tema del progresso. Perciò sono davvero fuori tono i richiami apocalittici e dal sapore integralistico. Io penso alla politica come dialogo, condivisione e tensione unitaria. E i Dico nascono da una visione improntata alla saggezza».
Regge ancora l’asse con la cattolica Bindi?
«Sì. Nel creare i Dico io e la Bindi ci siamo trovate unite nel rispetto delle persone, della Costituzione (la Bibbia laica) e del programma dell’Unione. L’etica della responsabilità può incontrare quella dei principi solo se mette al centro la persona e la sua potenziale responsabilità. Non esiste l’etica da una parte sola, non c’è chi ha più etica. La logica da crociata della Binetti è l’opposto del mio modo di far politica per le persone e non per le ideologie».
E le pressioni vaticane?
«Non voglio prestarmi alle dietrologie di chi vede sollecitazioni d’Oltretevere anche nel voto di Andreotti. Al Senato si discuteva di politica estera non di Dico. Se adesso il governo avrà la fiducia dalle Camere dovrà usare questa crisi come scatto in avanti per dare impulso alla trasformazione del paese. Sul tavolo ci sono le liberalizzazioni, i diritti civili, l’allargamento dell’occupazione femminile, lo sviluppo del Mezzogiorno e l’approvazione di una legge elettorale che garantisca governabilità e potere di scelta dei cittadini».

La Stampa, 25 febbraio 2007

Ratzinger boccia il santo di Romano

Il Papa «rimanda» il teorico del cattolicesimo sociale. La Santa Sede ha inviato al superiore generale dei dehoniani, il portoghese José Ornelas Carvalho, una comunicazione ufficiale nella quale si informa che Benedetto XVI ha deciso di differire «sine die» la beatificazione di padre Léon Dehon, fondatore dei Sacerdoti del Sacro Cuore. I religiosi dehoniani, attraverso la loro rivista «Il Regno» (spesso interprete degli umori di Romano Prodi e della classe dirigente ulivista), sono gli organizzatori, a partire dall’estate 1998, dei convegni a porte chiuse degli intellettuali cattolici progressisti da cui sono uscite le linee-guida dell’Ulivo. Se Karol Wojtyla fosse vissuto solo tre settimane in più, padre Dehon sarebbe già sugli altari perché la beatificazione era stata fissata per il 24 aprile 2005. Giovanni Paolo II è morto il 2 dello stesso mese, e il 19 è stato eletto papa Ratzinger. Benedetto XVI, in carica da soli cinque giorni, non avrebbe ovviamente potuto mantenere la data fissata dal predecessore, ma si pensava che avrebbe differito di pochi mesi la cerimonia già preannunciata. Non è andata così.
Alla Congregazione delle Cause dei Santi spiegano che il «processo di beatificazione è ancora allo studio». La Chiesa, precisa il cardinale José Saraiva Martins, ha il compito di vagliare scrupolosamente la storia della persona, il contesto in cui ha vissuto: «Solo quando è tutto chiarito, allora si procede alla beatificazione». E aggiunge: «Va studiato il caso meticolosamente e poi vedremo». Eppure, nel lungo e minuzioso cammino per giungere alla beatificazione, la vita di padre Dehon (caratterizzata da un grande impegno per diffondere la dottrina sociale della Chiesa, sulla scia dell’enciclica «Rerum novarum» di Leone XIII del 1891) è stata esaminata in lungo e in largo e sono stati attentamente esaminati tutti i suoi scritti. Nato nel 1843 a la Chapelle, in Francia e morto a Bruxelles nel 1925, dopo essere stato consacrato prete padre Dehon si impegnò a sostenere l’azione missionaria della Chiesa nella società. Nella biografia ufficiale del Vaticano viene descritto come un religioso dotato di «un mirabile equilibrio di virtù umane, nella semplicità e nel contesto della vita ordinaria», un «esempio di sacerdote dei tempi moderni». Morì a Bruxelles nel 1925.
I dehoniani sono diventati negli anni i «patroni» del cattolicesimo progressista. Romano Prodi, alla parrocchia reggiana di San Prospero, leggeva sul «Regno» gli stralci dei lavori conciliari e la casa bolognese dei Padri è stata la culla di leader della sinistra cattolica come Beniamino Andreatta. Significativamente nel pieno della battaglia vaticana contro i Dico, l’unica personalità ecclesiastica a difendere il governo sul riconoscimento giuridico delle coppie di fatto è stato, insieme al vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi, padre Luigi Lorenzetti, teologo moralista dei Dehoniani. E negli editoriali politici del «Regno» trovano spesso espressione gli umori di Prodi, come quando due anni Francesco Rutelli venne avvisato che in una Margherita non ulivista i prodiani «si vedrebbero negata la loro ragione politica di vita». Ma a caratterizzare soprattutto il ruolo pubblico dei Dehoniani sono i seminari nell’antico monastero benedettino di Camaldoli, riservati a cattolici democratici e uomini di Chiesa. E’ in questo circuito intellettuale, frequentato anche dal banchiere Giovanni Bazoli, che si è rafforzata la presenza pubblica dei Padri, ben collegati anche con la scuola dossettiana di studiosi progressisti del Concilio Vaticano II. Ed è su «Settimana», periodico dei Dehoniani, che Bettazzi tuonò contro il governo Berlusconi il cui programma «è modellato su quello della loggia massonica P2».

La Stampa, 25 febbraio 2007


IL VATICANO

Il Papa attacca: basta eugenismo e diagnosi selettive prima della nascita

La condanna di Ratzinger "Non cercate figli perfetti"

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - Sulle manipolazioni genetiche papa Ratzinger torna ancora una volta a ricordare che la condanna della Chiesa è netta e senz´appello. L´occasione è l´udienza concessa ai membri della Pontificia Accademia per la vita - guidati dal presidente, l´arcivescovo Elio Sgreccia - riuniti in Vaticano per discutere sul tema «La coscienza cristiana e la difesa del diritto alla vita». Udienza nel corso della quale il Papa rinnova, in sostanza, tutti i precedenti altolá della dottrina cattolica in materia di morale, a partire «dall´eugenismo con la ricerca del figlio perfetto» e le relative «diagnosi tendenti ad assicurarne la selezione». Senza dimenticare, avverte il Papa, tutte quelle leggi che puntano a «legalizzare l´eutanasia e l´aborto», compreso «l´aborto chimico spacciato come pretesto della salute riproduttiva».
Per far fronte a questi «mali», Ratzinger, oltre a ribadire al popolo cattolico la necessità di seguire «con coerenza» gli insegnamenti morali ecclesiali, invita «professionisti, medici e giuristi» ad appellarsi, se necessario, anche «a una coraggiosa obiezione di coscienza». Nella stessa prolusione, Ratzinger tocca anche il dolente tasto della difesa della famiglia, sempre più «minacciata» da «spinte che puntano alla legalizzazione di convivenze alternative al matrimonio e chiuse alla procreazione naturale».
Fosco il quadro tracciato da Ratzinger in materia di difesa della vita, «minacciata», ormai, a livello planetario non solo da «guerre, fame e carestie», ma anche da «pratiche più sottili e, per questo, più pericolose». Il pontefice ha anche indicato un data, il 1995, dalla quale queste «minacce» a suo parere sono diventate più allarmanti. Cioè, l´anno della pubblicazione della Evangelium vitae, l´enciclica sulla morale cattolica scritta da Giovanni Paolo II. «Dopo quella enciclica - per Benedetto XVI - gli attacchi al diritto alla vita in tutto il mondo si sono estesi e moltiplicati, assumendo anche nuove forme». Ricordando, in particolare, «la legalizzazione dell´aborto» avviata recentemente in America Latina e in tanti paesi in via di sviluppo; e nei paesi più ricchi la «ricerca biotecnologica più raffinata per instaurare sottili ed estese metodiche di eugenismo approntate per la ricerca ossessiva del ‘figlio perfetto´». Pratiche «pericolose e immorali» - ribadisce il Papa - che la Chiesa condanna con la stessa severità con cui vieta «la diffusione della procreazione artificiale e di varie forme di diagnosi tendenti ad assicurare la selezione» umana e delle specie. Da qui il forte allarme papale sulla «nuova ondata di eugenetica discriminatoria» che, ha detto Ratzinger, «trova consensi in nome del presunto benessere degli individui», fino a promuovere «leggi per legalizzare l´eutanasia».

La Repubblica, 25 febbraio 2007


Embrioni, legge choc di Blair "Sì alle modifiche genetiche"
I giornali: allo studio il via libera alla sperimentazione

Sarebbe la prima autorizzazione esplicita alla manipolazione
Le tecniche non saranno usate per la riproduzione, ma è già polemica accesa

ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA - La Gran Bretagna si appresta a diventare il primo paese al mondo che autorizza esplicitamente per legge la manipolazione genetica degli embrioni umani. L´autorizzazione verrà data soltanto per il lavoro scientifico e sperimentale sugli embrioni, che dovranno essere comunque distrutti al massimo dopo quattordici giorni di vita, e dunque non riguarderà l´utilizzazione di tecniche di ingegneria genetica a scopo riproduttivo: ma i gruppi di pressione che si oppongono a questo tipo di ricerche per ragioni etiche e religiose temono che l´iniziativa aprirà comunque le porte all´alterazione della struttura genetica dell´embrione, compiendo un altro passo verso un futuro in cui la meta finale sarà la creazione dei cosiddetti designer baby, bambini progettati in provetta, grazie a interventi sul Dna degli embrioni, o addirittura su sperma e ovuli, per renderli non solo più sani ma anche più belli, più intelligenti, più a misura dei desideri dei genitori.
Secondo quanto anticipato ieri da indiscrezioni raccolte da due quotidiani, il Daily Telegraph e il Daily Mail, la svolta è contenuta in un disegno di legge che il governo di Tony Blair sta mettendo a punto in questi giorni. Fino ad ora, se gli scienziati di qualche paese volevano compiere esperimenti genetici sugli embrioni umani, dovevano ottenere un permesso da enti specifici intitolati a controllare e regolamentare questo campo di ricerche.
Tali attività verranno ora codificate una volta per tutte da una legge, che sostituirà l´ormai datato Human Fertilization and Embryology Act del 1990. Il testo della nuova legislazione riconferma il divieto di procedere ad alterazioni genetiche degli embrioni a scopo riproduttivo, ma soltanto per il «prevedibile futuro», ovvero fino a quando non esisteranno procedure più «sicure ed efficaci».
Lo scopo del provvedimento, affermano gli esperti, è palesemente quello di garantire alla Gran Bretagna, il paese in cui dieci anni fa fu annunciata la nascita del primo mammifero clonato, la pecora Dolly, un ruolo di leadership nello sfruttamento del promettente campo della genetica. Un business che per il governo Blair rappresenta una delle strade più importanti da percorrere nell´economia globalizzata del ventunesimo secolo.
La legge tuttavia, non avrà vita facile, perché gli oppositori si preparano a dare battaglia. «L´opinione pubblica rimarrà orripilata quando scoprirà che il governo britannico è il primo al mondo a voler sviluppare la tecnologia per la modificazione genetica degli esseri umani», è stata l´immediata reazione di David King, direttore di Human Genetics Alert, un gruppo di pressione anti-sperimentazioni di questo tipo. «C´è già abbastanza preoccupazione per il cibo geneticamente modificato e adesso vogliono permettere gli esseri umani geneticamente modificati», gli fa eco Josephine Quintavalle del gruppo Comment on Reproductive Ethics.

La Repubblica, 25 febbraio 2007.


Gli organizzatori della manifestazione del 10 marzo: lo scenario politico è cambiato, finora hanno detto sì solo Verdi, Prc e Radicali
In piazza per i Dico, ma si teme il flop di adesioni

ALBERTO CUSTODERO

ROMA - Il movimento gay italiano organizza per il prossimo 10 marzo una manifestazione nazionale contro la retromarcia del governo Prodi sui Dico. La manifestazione, ha fatto sapere il comitato promotore, ovvero il movimento lesbico-gay-bissessuale-transgender d´Italia, è aperta a tutti. Ma l´invito al mondo della politica è bipartisan, perché - ha spiegato Aurelio Mancuso, segretario di Arcigay, «è il Parlamento ora che si occuperà dell´argomento. E ciò consentirà di esprimersi liberamente anche a tutti i laici del centro destra che fino a oggi hanno detto "no" ai Dico perché proposti dal governo Prodi». Il timore degli organizzatori, però, è che dopo lo scivolone al Senato - e la scomparsa dei Dico dai 12 punti del nuovo governo - molti politici del centrosinistra abbiano paura ad esporsi.
«È vero - ha ammesso Sergio Lo Giudice, presidente di Arcigay - lo scenario politico è cambiato. Ma questa nuova fase non può in alcun modo deresponsabilizzare i parlamentari dell´Unione dall´impegno morale e politico assunto l´anno scorso con il programma elettorale». «La morte dei Dico - ha aggiunto Mancuso - potrebbe coincidere con l´individuazione di una nuova strada per la legge sulle unioni civili, quella parlamentare». La politica sarà invitata, ma senza diritto di parola. Dopo la derubricazione dei Dico dall´agenda Prodi, tuttavia, si temono molte defezioni. Al momento, hanno aderito Verdi (con Pecoraro Scanio), Radicali e Rifondazione. Manca ancora l´adesione ufficiale dei Ds (è però già confermato l´europarlamentare diessino Nicola Zingaretti). Mentre ci sarà Morena Piccinini, responsabile dell´ufficio «nuovi diritti» della Cgil. E sono invitati personaggi dello spettacolo, come Luciana Littizzetto, e dell´editoria, come Formenton. Chi si recherà a piazza Farnese, dovrà portarsi una sveglia. «Le faremo suonare tutti insieme - ha spiegato ancora Mancuso - per tentare di svegliare simbolicamente il nostro Paese sprofondato in un sonno nel quale lo vogliono mantenere non la Chiesa, ma le gerarchie ecclesiastiche». Testimonial della manifestazione sarà Paolo Hutter, precursore della legge sulle coppie di fatto: il 27 giugno del 1992, infatti (era consigliere comunale a Milano per l´allora Pds), unì dieci coppie gay e lesbiche in piazza della Scala. Per lui, «dire no ai Dico è come dire no all´euro».

La Repubblica, 25 febbraio 2007.
Paparatzifan
00domenica 25 febbraio 2007 20:45
Re:

Scritto da: ratzi.lella 25/02/2007 13.36
Gli organizzatori della manifestazione del 10 marzo: lo scenario politico è cambiato, finora hanno detto sì solo Verdi, Prc e Radicali
In piazza per i Dico, ma si teme il flop di adesioni

Chi si recherà a piazza Farnese, dovrà portarsi una sveglia. «Le faremo suonare tutti insieme - ha spiegato ancora Mancuso - per tentare di svegliare simbolicamente il nostro Paese sprofondato in un sonno nel quale lo vogliono mantenere non la Chiesa, ma le gerarchie ecclesiastiche».
La Repubblica, 25 febbraio 2007.


Quelle sveglie dovrebbero servire a loro per svegliarsi e rendersi conto che l'Italia non vuole i dico!!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]
ratzi.lella
00lunedì 26 febbraio 2007 08:19
“Governo più equilibrato
Hanno fatto penitenza”


Via libera dei vescovi dopo la frenata sui Dico e il maggior peso dei centristi

GIACOMO GALEAZZI
CITTA’DEL VATICANO
Con un governo Prodi «riequilibrato al centro», e che ha tolto dalla propria agenda di priorità la regolarizzazione delle coppie di fatto, «si può discutere». In Vaticano vengono considerati «segni incoraggianti» l’assenza dei Dico dai dodici punti del patto di governabilità e l’allargamento della maggioranza all’ex Udc Marco Follini. «Mi sembra che la predicazione di Benedetto XVI stia scuotendo e orientando le coscienze. Le preoccupazioni della Chiesa per la famiglia iniziano ad esser prese nelle dovuta considerazione - osserva il ministro vaticano della Salute Javier Lozano Barragan -. Il rischio del relativismo rimane, ma sono ottimista che si possa raccogliere quanto è stato seminato».
Vede segnali che le cose stiano «maturando verso il bene» anche l’arcivescovo Edoardo Menichelli della commissione Cei per la Famiglia: «Con impegno e pazienza si può dialogare tenendo conto di valori che per noi sono precisi e centrali». Una prudente apertura di credito, quindi, «in attesa di conoscere nel dettaglio la nuova linea di azione del governo sul tema della famiglia». Ma le speranze, puntualizza Menichelli, «sembrano fondate». Saluta positivamente una «necessaria correzione centrista» dell’esecutivo anche il portavoce francescano, padre Enzo Fortunato: «Mai come questa volta il leader dell’Udeur Clemente Mastella è stato così prezioso e credo che i cattolici debbano molto al suo operato nella battaglia contro i Dico». E il fatto che si rafforzi la componente cattolica del centrosinistra, secondo il direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi, «non può che farci piacere ed è un importante elemento di moderazione».
Il barometro d’Oltretevere, dopo il gelo delle ultime settimane, volge al bello. Merito di una «costruttiva attenzione ai valori difesi dalla Chiesa e al Magistero», evidenzia l’arcivescovo di Curia Francesco Gioia: «C’è di che rallegrarsi per il fatto che i Dico non figurino tra i dodici punti di Prodi perché in questo modo è stato rimosso una gravissima causa di divisione». Un «apprezzabile passo in avanti», a giudizio del presule cappuccino, «sia che si tratti di una decisione presa per convinzione sia che sia accaduto per prudenza».
In Curia, comunque, si è persuasi che la linea dura contro i Dico indicata dal presidente della Cei Camillo Ruini e sottoscritta appieno dal Pontefice «abbia pagato», tanto che ora si possono gradualmente riallacciare i fili del dialogo con un governo «ridotto a più miti consigli» e meno sbilanciato sull’ala laicista. «Dopo i governi balneari, arriva un governo quaresimale, speriamo faccia penitenza per i Dico», sdrammatizza un dirigente di una congregazione vaticana. «Si è aperto un nuovo promettente spiraglio. Adesso si può tornare a confrontarci con serenità, senza che una parte pretenda di imporsi all’altra, come stava accadendo sulla regolamentazione delle unioni di fatto - afferma monsignor Vittorino Grossi, segretario del Pontificio comitato di Scienze storiche -. Le istanze poste dalla Chiesa paiono essere state recepite dall’esecutivo».
Guarda con favore alla «maggiore sensibilità verso i valori cattolici» anche il vescovo Luciano Pacomio, della commissione episcopale per la Dottrina della fede. «Certo, è tutta da valutare la sincerità delle motivazioni di questa riequilibratura al centro - sottolinea il presule -. Potrebbe essere una soluzione per salvare il governo, ma se davvero si è fermata l’ondata laicista alla Zapatero è un fatto salutare e contiamo di vederne presto gli effetti positivi».
Il presidente dei giuristi cattolici Francesco D’Agostino, membro della Pontificia Accademia per la Vita, sottolinea il fatto che il disegno di legge sui Dico sia stato rimesso all’attività del Parlamento. E si intravedono le condizioni per un ritorno alla normalità nei rapporti Stato-Chiesa. «Diciamo la nostra, se serve bene, altrimenti andiamo avanti. Non si può fare l’argine sulla famiglia e trascurare tutto il resto, non è scoppiata la Terza guerra mondiale - riflette il vescovo Claudio Stagni della commissione Cei per l’Educazione cattolica -. Siamo entrati in Quaresima, faremo una catechesi sul matrimonio e sensibilizzeremo i fedeli sui valori finiti sott’attacco, però poi si passa oltre».
La parola d’ordine nelle gerarchie ecclesiastiche, infatti, è «globalità». Fermare i Dico era indispensabile, però adesso è l’intero operato del governo a richiedere uno scatto. «Noi vescovi seguiamo con vivo interesse e partecipazione gli sviluppi della situazione e ci auguriamo che si attivi un canale complessivo di comunicazione con il governo - sostiene il vescovo Giancarlo Maria Bregantini della commissione episcopale per il Clero -. Ci attendiamo risposte sui temi della precarietà economica dei nuclei numerosi, degli assegni familiari, della lotta alla disoccupazione. Sulle emergenze che toccano la vita della gente offriamo collaborazione».
La strategia, dunque, è quella di cogliere le «incoraggianti» novità della veste «cattolically correct» dell’esecutivo, senza però deporre del tutto le armi. Come dimostrano l’appello alla mobilitazione dei fedeli lanciato sabato da Benedetto XVI, l’annunciata nota del cardinale Ruini che dovrebbe impegnare i politici cattolici al rispetto del magistero della Chiesa e la marcia «in preparazione» delle associazioni ecclesiali. Come a dire che fidarsi è bene, ma certe volte non fidarsi è meglio...

La Stampa, 26 febbraio 2007


“Voto sì perché hanno tolto i Dico”

Senatore Giulio Andreotti, come voterà giovedì?

«Voterò sì. Il diritto alla vita vale anche per i governi. Dal programma sono scomparse assurdità come la discontinuità in politica estera rispetto al governo Berlusconi e i matrimoni omosessuali. Erano due cose che mi avevano molto turbato. Le nozze gay sono inaccettabili non solo per chi ha il dono della fede ma per chiunque rispetti la Costituzione e le regole più normali. Sono state tolte e non credo che verranno rimesse perché, uscendo da una situazione così difficile, staranno tutti un po’ più attenti. E, oltreché con il censimento pro o contro Berlusconi, credo la smetteranno pure con gli attacchi al Papa».

Turbato come cattolico?

«Il compito del Papa è difendere la vita di tutti, mica solo dei cattolici. Non capisco perché imputano a Benedetto XVI di ribadire una concezione naturale delle creature e del creato che è sempre stata un punto essenziale del Magistero. E’ una costante della dottrina della Chiesa, poi ogni Papa può accentuarla più o meno, è normale. Questi attacchi al Pontefice mi sembrano incomprensibili. Ho appena terminato al Club di Monaco un convegno su Iran, Iraq e Libano e per fortuna ho dedicato tre giorni a cose di un livello maggiore di quelle interne a volte così meschine».

Come vede l’ingresso di Follini nella maggioranza?

«I conti vanno fatti bene. Noi con la Democrazia cristiana avevamo periodi di maggioranze enormi, forse pure eccessive, e altri in cui disponevamo di quanto basta, come nelle ricette per i prodotti farmaceutici. I numeri sono importanti ma poi servono le idee chiare, il saper camminare su direttrici precise rispettando le scadenze. Per esempio, c’è da rimettere mano alla legge elettorale. Per quarant’anni il sistema proporzionale ha fatto sviluppare bene l’Italia e ha superato prove difficili. Questo bipolarismo presuppone che ci siano solo due orientamenti, tutto il contrario del carattere del popolo italiano. Andrebbe favorito il dibattito nelle università e nell’opinione pubblica prima di arrivare alle sedi decisive».

Non è strano che lei abbia bocciato D’Alema che sulla politica estera sembra ispirarsi alla sua linea filo-araba e autonoma dagli Usa?

«Il mio voto non era una bocciatura di D’Alema ma del dibattito come si è svolto. Lui ha sostenuto che c’è continuità nella politica estera citando anche il mio periodo alla Farnesina, poi però ha escluso la continuità con il governo Berlusconi e a me sembra una cosa abbastanza ridicola. Il voto non era un sondaggio su Berlusconi. Se c’è continuità c’è continuità. Poi certo ognuno vive secondo il suo temperamento e preparazione, ma la mania di voler vedere tutto in chiave pro o contro Berlusconi non la condivido. D’Alema sta conducendo bene la politica estera. Andiamo incontro a momenti difficili per il timore che gli Stati Uniti vogliano attaccare l’Iran. Dobbiamo prendere le nostre precauzioni. E spero che se ne parli giovedì. Ero già contrario alla nostra partecipazione alla missione in Iraq e ancora non ho capito come nacque l’operazione. Dobbiamo stare molto attenti».

Insomma, cosa non la convince in questo centrosinistra?

«Io penso che il compito della compagine governativa debba essere quello di stimolare riforme sociali. Cosa c’entrano i Dico? E’ troppo facile fare riforme in questo modo. Le riforme devono costare qualcosa a qualcuno, anche in termini economici. Nella mia esperienza la stagione più costruttiva che ricordo è il 1950. Furono realizzate la riforma agraria e la Cassa del Mezzogiorno. Queste sono riforme. Una sinistra dovrebbe spingere il governo in questa direzione sennò che sinistra è? Io comunque sono intenzionato a votare la fiducia giovedì. A meno che nei prossimi giorni non abbiano l’idea di mettere in gioco qualcosa che mi renda impossibile dare il consenso all’esecutivo».

La Stampa, 26 febbraio 2007


L´INTERVISTA

Il senatore a vita: il nuovo programma mi convince, opportuno che ci sia continuità di governo

Andreotti voterà la fiducia "Bene il dietrofront sui Dico"

Io e il vaticano Sono abbastanza adulto per decidere in autonomia ma c´è stata coincidenza tra la mia posizione e quella della Chiesa
il quirinale Come ha sottolineato giustamente il Colle non ci sono alternative a questo esecutivo, almeno per il momento

CARMELO LOPAPA

ROMA - Confessa di essere orientato a votare la fiducia al governo Prodi. Sarà pure una sorpresa, ma per lui, per il sette volte presidente del Consiglio che con la sua astensione mercoledì ha fatto scivolare verso la crisi il governo Prodi, non lo è affatto, assicura ora. La linea telefonica va e viene, dall´auto con la quale si sta allontanando da Montecarlo. Si è intrattenuto nel Principato per l´intero fine settimana. «Un convegno internazionale di politica estera programmato da tempo», non una vacanza, sia chiaro. Comunque un´ottima occasione per tenersi lontano dallo stress romano al quale in queste ore sono inevitabilmente sottoposti i (quasi) determinanti senatori a vita.

Presidente Andreotti, Prodi torna alle Camere. Voterà la fiducia? Cosa ha deciso dopo questi giorni di riflessione?

«Per la verità, a Montecarlo siamo stati impegnati in questo convegno sull´Iran e sulla politica internazionale. Momento propizio per prendere atto che la situazione, proprio sotto il profilo internazionale, è assai preoccupante».

E dunque, presidente?

«E dunque occorre stabilità di governo in momenti come questi».

Vuol dire che voterà la fiducia?

«Sono stato lontano ma ho seguito l´andamento dei fatti. Ho letto soprattutto il nuovo programma al quale ha lavorato la maggioranza».

E qual è il suo giudizio?

«Positivo. Ho notato con piacere che certi punti non fanno più parte degli obiettivi dell´esecutivo».

Si riferisce ai Dico, al riconoscimento delle unioni civili che lei non aveva fatto mistero di non condividere affatto?

«Sì, ho visto che i matrimoni omosessuali, diciamo così, saranno accantonati. E questo è condivisibile. Dunque penso che non dovrebbero esserci difficoltà per il governo ad andare avanti».

Presidente Andreotti, intende dire che potrebbe andare avanti anche con il suo voto o no?

«Penso che non dovrebbero esserci difficoltà per il raggiungimento del quorum necessario ad ottenere la fiducia. Mi ha convinto molto quel che ha detto il presidente Napolitano».

A cosa si riferisce?

«Anche io penso, come ha giustamente sottolineato il Quirinale, che non ci siano alternative a questo esecutivo. Che la situazione è tale che risulta difficile trovare una soluzione diversa, almeno per adesso».

Insomma, obtorto collo, anche lei potrebbe decidere di sostenere l´esecutivo.

«È opportuno che ci sia una continuità di governo, questo è certo. La fase internazionale, ripeto, è assai delicata. E in situazioni come queste, lo dico anche per esperienza personale, sono necessari dei governi in carica che siano nel pieno dei loro poteri. E poi, ribadisco anche qui, sono soddisfatto dell´accantonamento di quei matrimoni....».

Avrà saputo anche lei a Montecarlo dell´interpretazione maliziosa circolata con insistenza a Roma a proposito della sua astensione di mercoledì.

«No, quale?».

Nella sinistra radicale, ma non solo, il suo mancato voto in favore della politica estera del governo al Senato è stato ricondotto proprio al dissenso sui Dico. "Il Diario" ci ha costruito anche la copertina, la sua foto e sullo sfondo la sagoma di Benedetto XVI: insomma, l´astensione in aula come riflesso delle perplessità - chiamiamole così - vaticane.

«No, guardi. Sono abbastanza maggiorenne per poter fare delle valutazioni personali e decidere in autonomia come orientare il mio voto. Certo, c´è stata una coincidenza obiettiva tra la mia posizione e quella delle gerarchie ecclesiastiche in merito a quel provvedimento così contestato. Una coincidenza dettata dalla non condivisione degli obiettivi fatti propri dal governo col ddl sui Dico. Detto questo, ecco, non c´era bisogno che me lo ricordasse il Sant´Uffizio come dovevo comportarmi».

La Repubblica, 26 febbraio 2007


IL CASO

Anche Fassino ribadisce che il ddl non finirà su un binario morto. Pollastrini: sarebbe un atto di cinismo

Dico, sfida della sinistra in Senato
Salvi: voto prima possibile, vediamo se qualcuno ci maledirà

La Binetti telefona al presidente della commissione: semmai ti auguro buon lavoro

GIOVANNA CASADIO

ROMA - Pur di ottenere una tregua con il Vaticano, la legge sui Diritti dei conviventi, anche gay, è ormai fuori dall´agenda dell´Unione? Piero Fassino, segretario Ds, nega che le cose stiano così. Se non ci sono i Dico nei dodici punti del Patto programmatico di Prodi, sostiene, è solo perché «quelle sono le priorità che il governo intende assumersi da ora in poi, mentre il disegno di legge sulle unioni civili è stato già fatto. Adesso è in commissione Giustizia al Senato e poiché è stato costruito per corrispondere a un punto del programma dell´Unione, ci batteremo per farlo approvare in Parlamento». I Dico non finiranno insomma su un binario morto, non c´è «nessuna battuta d´arresto». Se ne fa garante Cesare Salvi, presidente della commissione, dove il dibattito sulle unioni civili è già in calendario: «Dopo la fiducia, si riparte con le coppie di fatto».
E se Fassino dal canto suo, rivendica l´autonomia della politica dal pressing dei vescovi e di Benedetto XVI contro le unioni civili («Ho il massimo rispetto per la Chiesa e per le sue esternazioni ma lo Stato deve garantire in modo equo e imparziale il rispetto dei diritti e in modo laico le scelte di tutti»), Salvi s´impegna ad andare avanti. Con buona pace dei teodem, gli ultrà cattolici della Margherita, che nel centrosinistra si allineano tra i contrari insieme con l´Udeur di Mastella. Ironizza Salvi, esponente della sinistra Ds: «Spero che la collega Paola Binetti non invochi su di me la maledizione divina se comunico che, qualora il governo Prodi avrà la fiducia, nella prima seduta successiva della commissione Giustizia da me presieduta, riprenderà l´esame dei disegni di legge parlamentari nonché di quello governativo sulle unioni civili». Anche perché, ragiona, non risulta che «il governo abbia pronunciato il ritiro della sua proposta, quindi avanti». La teodem Binetti aveva nei giorni scorso parlato di una benedizione di Dio, a proposito dell´accantonamento dei Dico. A sera Binetti telefona a Salvi: «Nessuna maledizione, casomai benedizioni su di te per un buon lavoro». Un augurio ma anche un avvertimento: daranno battaglia, sono convinti che la legge «vada rivoltata come un calzino».
Già previsto del resto che alle Camere sarebbe ricominciato il braccio di ferro laici-cattolici. Le due ministre che hanno preparato il testo dei Dico, la cattolica Rosy Bindi e la ds Barbara Pollastrini non si sono mai nascoste che l´iter parlamentare sarebbe stato difficile, assai più di quanto non sia stato l´ok del Consiglio dei ministri, l´otto febbraio scorso. Ieri la Pollastrini ha ribadito: «Sarebbe un atto di cinismo e di indifferenza se il Parlamento sbattesse la porta in faccia al disegno di legge. Certo, tutto è migliorabile». E la responsabile della Famiglia, Bindi: «La discussione sui Dico e la crisi è surreale, torniamo alla realtà. I Dico sono già stati proposti dal governo e sono affidati al Parlamento né più né meno di un attimo prima della crisi, né più né meno di un attimo dopo la conclusione della crisi».
Il centrodestra attacca. Agita i Dico come spauracchio per i cattolici e Riccardo Pedrizzi, di An, lancia un appello: se i Dico non vengono tolti di mezzo, i cattolici dell´Unione non votino la fiducia.

La Repubblica, 26 febbraio 2007


IL TEODEM

Bobba, senatore dei Dl: in Parlamento bloccheremo la legge
"E noi daremo battaglia anche col family day"

Il tema è escluso dai 12 punti del nuovo Patto voluto da Prodi. E ora organizzeremo un family-day


ROMA - «Follini ci aiuterà nella battaglia contro i Dico». Luigi Bobba, l´ex presidente Acli, ora senatore teodem della Margherita, è «ottimista» sull´archiviazione di una legge che non gli piace. «Non è che la Provvidenza si scomodi per i "Dico sì, Dico no"... ha ben altro a cui pensare». Quindi, ora che la questione delle unioni civili è fuori dal patto delle priorità di Prodi, ma al Senato la sinistra garantisce che il disegno di legge del governo ripartirà, il braccio di ferro «si sposta in Parlamento».

Senatore Bobba vuole che la legge sui Diritti dei conviventi, sia bocciata?

«Intanto un tema che riguarda i diritti personali merita una discussione più approfondita. Le soluzioni individuate dal governo non sono sufficienti. Non voglio imbucare la discussione nel binomio laici-cattolici però le unioni civili non possono essere ritenute un´urgenza».

Non un´archiviazione dei Dico, ma un rinvio?

«Non ci stiamo, noi teodem, a un confronto come camicia di forza: non c´è nessuna fregola. Il fatto stesso che il governo nei 12 punti del nuovo Patto non abbia messo i Dico, ma la famiglia è un colpo di barra nella direzione che abbiamo sempre sostenuto e cioè che il legislatore dovrebbe avere un´attenzione prioritaria per gli oltre 11 milioni di famiglie con bambini. Io sto lavorando a un disegno di legge per la promozione del welfare familiare e generazionale; su tariffe e accesso ai servizi con costi agevolati. Occorrono più asili nido; una forte incentivazione del part time del coniuge che si dedica ai figli piccoli con un congedo pagato».

Intanto il presidente della commissione Giustizia, Cesare Salvi pensa di rimetterli in pista al più presto al Senato.

«Salvi fa il suo mestiere, però con tutte le leggi che ci sono in Parlamento non vedo l´urgenza di cominciare con i Dico. Un sondaggio Acli di qualche giorno fa, rilevava che su sette priorità indicate, le coppie di fatto erano per gli intervistati al settimo posto. Salvi farebbe bene a guardarle, queste cose».

Riassumendo. I teodem della Margherita non voteranno i Dico?

«Non mi piace lo strumento di una legge apposta per riconoscere i diritti individuali nelle unioni civili. Ci sono strade più efficaci, ad esempio cambiare il codice civile o intervenire sulla legislazione esistente».

I cattolici scenderanno in piazza contro i Dico?

«Nessuna manifestazione contro, ma forse un family-day».

I Dico hanno contribuito alla crisi del governo Prodi?

«È una ipotesi quanto meno controversa, non so l´astensione di Andreotti da cosa sia dipesa ma Emilio Colombo si è detto contrario ai Dico e poi sulla politica estera ha votato a favore. Il problema è un altro: se il governo insegue un laicismo di bandiera o un radicalismo di sinistra o uno statalismo conservatore non è in sintonia con il sentire del paese. Che Follini sia in maggioranza mi conforta per la qualità della persona e perché dà forza all´idea di un governo riformatore che non insegua radicalismi».
(g.c.)
$anna67$
00martedì 27 febbraio 2007 08:54
LA STAMPA!!!
SULLA STAMPA DI OGGI VI E' UN ARTICOLO CHE NON MI E' PIACIUTO PER NIENTE SI PARLA DELLA COMUNITA' POLACCA CHE SI DICHIARA ORFANA DI UN PAPA OVVERO IL LORO KAROL E ALCUNI CHIAMANO BENEDETTO XVI "RATZINGER" DICENDO CHE NON EMANA QUEL CALORE CHE EMANAVA IL LORO GP2 ETC.... MI SENTO MOLTO DISPIACIUTA E PENSARE CHE QUANDO HA EFFETTUATO IL SUO VIAGGIO IN POLONIA E' STATO MERAVIGLIOSO CON LORO E VICEVERSA!!!!! HANNO PURE IL CORAGGIO DI DIRE CHE GLI ANGELUS NON SONO PIU' VIVACI COME PRIMA!!!! [SM=g27826] [SM=g27826] [SM=g27826] NON E' CHE PER CASO SI STANNO RISENTENDO DELLA PULIZIA CHE STA FACENDO IN AMBITO CURIALE IL NOSTRO AMATO RATZI???? [SM=g27837] [SM=g27837] [SM=g27837]
RIPETO SONO AMAREGGIATA!!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]
emma3
00martedì 27 febbraio 2007 11:47
Re: LA STAMPA!!!

Scritto da: $anna67$ 27/02/2007 8.54
SULLA STAMPA DI OGGI VI E' UN ARTICOLO CHE NON MI E' PIACIUTO PER NIENTE SI PARLA DELLA COMUNITA' POLACCA CHE SI DICHIARA ORFANA DI UN PAPA OVVERO IL LORO KAROL E ALCUNI CHIAMANO BENEDETTO XVI "RATZINGER" DICENDO CHE NON EMANA QUEL CALORE CHE EMANAVA IL LORO GP2 ETC.... MI SENTO MOLTO DISPIACIUTA E PENSARE CHE QUANDO HA EFFETTUATO IL SUO VIAGGIO IN POLONIA E' STATO MERAVIGLIOSO CON LORO E VICEVERSA!!!!! HANNO PURE IL CORAGGIO DI DIRE CHE GLI ANGELUS NON SONO PIU' VIVACI COME PRIMA!!!! [SM=g27826] [SM=g27826] [SM=g27826] NON E' CHE PER CASO SI STANNO RISENTENDO DELLA PULIZIA CHE STA FACENDO IN AMBITO CURIALE IL NOSTRO AMATO RATZI???? [SM=g27837] [SM=g27837] [SM=g27837]
RIPETO SONO AMAREGGIATA!!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]



mi dispiace per il popolo polacco ma dovrà abituarsi all'idea che la Polonia non è il centro del mondo e il Papa, chiunque esso sia, è pastore universale.
E' logico, si sentono orfani di qualcuno che era "uno di loro", che li ha aiutati ad uscire dall'incubo della dittatura comunista (siamo sicuri che si tenesse così al di fuori della politica? Quella italiana, forse...) ma non si può ora attribuire a Ratzinger la colpa di scandali della chiesa polacca che risalgono ai decenni precedenti.
Qualunque altro Papa non sarebbe stato il "loro Karol", a meno che non fosse stato eletto un altro polacco. Il mondo è bello perchè è vario, lasciamo a ciascuno la possibilità di identificarsi con chi gli è più congeniale e di emozionarsi di conseguenza. Grazie a Dio il Papa non è solo per i polacchi. E mi viene da pensare che ci sono tanti popoli e tanti paesi che lo aspettano, eppure uno dei primi viaggi del suo pontificato è stato proprio in loro onore.
$anna67$
00martedì 27 febbraio 2007 12:00
Emma
ESATTO ESATTO KRANDE EMMA!!!! TI QUOTO!!!!!!!!!
[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
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