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Francesca.Pisa
00lunedì 12 febbraio 2007 14:25
dal Giornale
Il Papa: nessuna legge può sovvertire la famiglia

Ruini: direttive vincolanti per i cattolici

lunedì 12 febbraio 2007, 13:02
Roma - "Nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire quella norma fatta dal Creatore senza che la società venga drammaticamente ferita in quello che è il suo fondamento basilare. Indebolire la famiglia si penalizza la società ". Lo ha detto il Papa ricevendo in udienza i partecipanti di un convegno dedicato al diritto naturale organizzato dall'Università del Laterano. Il pontefice esorta i legislatori a promuovere le legge umana e a non "trasformare i diritti in interessi privati o in desideri che stridono con la legge naturale".

Ruini "Sui Dico potrà essere utile che più avanti la Chiesa si esprima in modo impegnativo per coloro che seguono il suo insegnamento e chiarificatore per tutti". Lo ha detto il presidente della Cei, cardinale Camillo Ruini, a margine del convegno dell'Opera romana pelleginaggi. Sulla questione "sono state già dette da parte nostra tante cose importanti, credo tutto ciò che è necessario - ha proseguito Ruini - quindi è inutile che aggiunga qualche battuta estemporanea".

Cossiga Sui Dico "è giunto il momento che i vescovi italiani ormai parlino": è quanto scrive il senatore a vita Francesco Cossiga in una lettera aperta al presidente della Cei pubblicata oggi su Il Tempo. Lettera nella quale Cossiga rivolge un appello ai vescovi: "Si pronunzino chiaramente e in prima persona, e non attraverso editoriali di pur autorevoli giornali o comunicati di agenzie di stampa cattoliche, ai cui enunciati neanche i più oltranzisti sostenitori del pur discusso anche tra i teologi e canonisti cattolici Motu Proprio "Ad tuendam fidem" sostengono si debba dare assenso interiore ed esteriore".

Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca


Francesca.Pisa
00lunedì 12 febbraio 2007 14:30
mons.Fisichella

Lunedi 12 Febbraio 2007
13:07 - SANTA SEDE: CONVEGNO SULLA LEGGE MORALE NATURALE; MONS. FISICHELLA, “ALCUNI PREFERIREBBERO IL NOSTRO SILENZIO”

La “crisi” della riflessione teologica, filosofica e giuridica “sui problemi connessi alla Legge naturale”, che prese avvio negli anni ‘60, ”ha portato ai nostri giorni anche diversi Parlamenti a promulgare leggi in netto contrasto con la legge naturale e per ciò stesso indegni di ordinamenti giuridici che possano essere di garanzia per tutti i cittadini”: lo ha detto questa mattina in Vaticano mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, nell’indirizzo di saluto rivolto a Papa Benedetto XVI, in occasione dell’udienza ai partecipanti al convegno “La legge morale naturale: problemi e prospettive” che si svolgerà fino al 14 febbraio. Mons. Fisichella ha poi ringraziato il Papa “per la forza e le costanza con la quale nelle diverse espressioni del Suo ministero pietrino ritorna a denunciare Io stato di crisi della nostra cultura e società”. “Ad alcuni – ha aggiunto - l'insistenza su questi temi crea disagio e preferirebbero il silenzio per emarginare la nostra presenza nel mondo. Per noi, invece, (le parole del Pontefice, ndr) sono di profondo sostegno per la carica profetica che possiedono e ci provocano ad una testimonianza pubblica e coerente”.

Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca
Francesca.Pisa
00lunedì 12 febbraio 2007 14:32
le parole di Ruini
Lunedi 12 Febbraio 2007

11:40 - CARD RUINI: SUI “DICO” PRESTO “UNA PAROLA UFFICIALE IMPEGNATIVA” PER I CATTOLICI

Sul “Dico” varato dal governo in materia di convivenze, ci sarà presto “una parola meditata e impegnativa” per chi aderisce al magistero della Chiesa, ma anche “chiarificatrice per tutti”. Ad annunciarlo, a margine del Convegno nazionale teologico-pastorale dell’Opera Romana Pellegrinaggi, è stato il card. Camillo Ruini, presidente della Cei e vicario del Papa per la diocesi di Roma. Interpellato dai giornalisti sul ddl che attende ora il vaglio del Parlamento, Ruini ha risposto: “Su questa questione sono state già dette da parte nostra tante cose importanti e, credo, tutto ciò che era necessario. Quindi è inutile che io aggiunga qualche battuta estemporanea”. “Potrà essere importante - ha però annunciato il cardinale subito dopo - una parola meditata, ma per vie ufficiali, che sia impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti”.

Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca

Francesca.Pisa
00lunedì 12 febbraio 2007 14:37
da APcom
PAPA: NO A LEGGI SULLA FAMIGLIA CONTRARIE ALLA LEGGE NATURALE


Città del Vaticano, 12 feb. (Apcom) - Il Papa esorta i legislatori a promuovere le legge umana e a non "trasformare i diritti in interessi privati o in desideri che stridono con la legge naturale". Lo ha detto salutando questa mattina i partecipanti al Congresso Internazionale sul Diritto Naturale, promosso dalla Pontificia Università Lateranense, intitolato 'La legge morale naturale: problemi e prospettive'. "Le norme cogenti non dipendono dalla volontà del legislatore e nemmeno dal consenso personale - ha scandito il Pontefice - ma sono norme che precedono qualsiasi legge umana e non ammettono interventi in deroga da parte di nessuno. La legge naturale - ha aggiunto - è la sorgente da cui scaturiscono anche imperativi etici che è doveroso onorare. La legislazione - ha proseguito Benedetto XVI - tende a fare un compromesso fra diversi interessi e cerca di trasformare diritti in interessi privati o desideri che stridono con la legge naturale". Invece, "la legge naturale è il solo valido baluardo contro l'arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica". "La prima preoccupazione per tutti e particolarmente per chi ha responsabilità pubblica - ha concluso il Papa - è quindi aiutare perchè possa progredire la coscienza morale di tutti". "Nessuna legge fatta dall'uomo può sovvertire il disegno del Creatore", "senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che è il suo fondamento naturale" e senza "penalizzare i figli, indebolire la famiglia e rendere precario il futuro della società". Senza mai citare esplicitamente i 'Dico', il Papa ha ribadito la contrarietà della Chiesa al ddl del governo che disciplina diritti e doveri dei conviventi. "Sento il dovere di affermare ancora una volta che non tutto ciò che è scientificamente fattibile è anche eticamente legittimo", ha detto Benedetto XVI. "La tecnica quando riduce l'essere umano, finisce con conseguenze devastanti per tutti".

Sempre a fianco di Benedetto XVI.
Francesca

ratzi.lella
00lunedì 12 febbraio 2007 16:38
ciao francesca, bentornata [SM=g27811] [SM=g27811]
ecco la lettera del senatore cossiga:

Lettera aperta a Ruini «I vescovi si facciano sentire di più»

Proprio ieri, una delle figure più eminenti dell'intellettualità cattolica, il grande storico Pietro Scoppola, già senatore della Democrazia Cristiana e uno dei leader storici del "dissenso cattolico" in riferimento alle indicazioni della Gerarchia Cattolica ai tempi del referendum abrogativo della legge che introduceva il divorzio anche per i matrimoni concordatari, ha definito questo documento una testimonianza esemplare del così detto "cattolicesimo democratico". La situazione è diventata più confusa quando i laicisti e i giornali che ne sono espressione hanno violentemente attaccato il Santo Padre per le parole da lui dette, pur senza riferimento alcuno all'Italia, di difesa della famiglia tradizionale basata sul matrimonio tra un uomo e una donna e di condanna del riconoscimento di unioni basate su amori sbagliati e disordinati, giusta la tradizionale dottrina morale della Chiesa Cattolica. Si è invocata la separazione tra Stato e Chiesa, si è condannata la così detta "ingerenza del Vaticano", si è prospettata da parte di un grande giornalista, letterato, filosofo e ora anche neo-teologo "liberal" la prospettiva di una denuncia del Concordato e addirittura, con grande genialità! di una sua declaratoria di decadenza da parte della Corte Costituzionale, in forza della condizione generale che si deve intendere apposta agli accordi internazionali, la clausola "rebus sic stanti bus": cosa invero non del tutto peregrina, data la composizione ideologica e politica della Corte stessa. Il quotidiano del maggior partito della maggioranza ha oggi dedicato un'intera pagina, con fotografia, ad un arcivescovo emerito e cardinale di Santa Romana Chiesa, celebrandone le idee "progressiste", dall'eutanasia al futuro possibile sacerdozio delle donne, in opposizione a quelle "reazionarie" dell'attuale Papa Benedetto XVI. Naturalmente, non vi è stata neanche una parola di condanna di questo attacco laicista alla Chiesa, al Papa e alla Santa Sede, da parte degli zelanti "cattolici democratici" che, a stare al loro citato documento e alle loro tendenze "ecclesiali", frutto di un elaborato pensiero post-conciliare che si rifà in Italia autorevolmente a Giuseppe Dossetti e alla così detta scuola di Bologna, penso condividano queste critiche, non certo però, essendo tutti buoni cattolici, almeno nel tono. Il documento dei "cattolici democratici" ha avuto come effetto l'allineamento con le loro posizioni di una cara collega, la senatore Paola Binetti, "numeraria" dell'Opus Dei, che ha con chiarezza approvato la proposta Pollastrini-Bindi in base al criterio morale del "male minore", allineamento che, oltre ai consigli del leader del La Margherita Francesco Rutelli, quelli nel quale: "L'Episcopato tanto confida"! ha provocato il definitivo "disbandamento" della coraggiosa pattuglia dei "teodem" de La Margherita, sostenitori solitari nel centrosinistra delle "tesi reazionarie" della Chiesa. Con molta franchezza, Le debbo dire che gran parte della responsabilità dell'attuale situazione è da ascriversi all' "assordante silenzio" dei vescovi italiani, escluso il caro antico amico, amico sempre anche se da lui spesso ho dissentito, il coraggioso e sincero Mons. Bettazzi, Vescovo Emerito di Ivrea, che ha detto parole chiare a favore della proposta Pollastrini-Bindi. Io comprendo benissimo le difficoltà in cui si dibatte la Conferenza Episcopale Italiana a motivo delle chiare divisioni politiche che esistono, oltre che nel laicato, i cui esponenti cattolici di centrosinistra, dputati, già dirigenti dell'azione cattolica milanese, hanno addirittura un arcivescovo candidato alla Sua successione e in una incredibile intervista su uno dei quotidiani italiani più prestigiosi, ne palesano incredibilmente il nome e l'attuale ufficio, ma anche notoriamente nel clero e nell'Episcopato, ciò che potrebbe essere, insieme al timore di voler mutare gli attuali fragili equilibri parlamentari, la causa del silenzio dei vescovi. E non è forse una ben strana situazione della Chiesa d'Italia se un suo certamente fedele aderente che è anche un convinto cattolico-democratico e che ricopre l'ufficio di presidente del consiglio dichiara che non vi sono polemiche su i Di.Co. e che si rifiuta di commentare gli ormai dilaganti e violentissimi attacchi al Vaticano e personalmente al Papa anche da parte di alti esponenti della coalizione che lo ha espresso e lo sostiene? Mi rendo contro che la Conferenza Episcopale deve inquadrare il problema dei "pacs all'italiana" nelle più ampie problematiche che riguardano la posizione della Chiesa in Italia, Chiesa che certamente oggi gode di ampi privilegi da parte delle leggi civili dello Stato, e che non possono certo così disinvoltamente essere esposti a già da partiti di governo annunciate ritorsioni e al limite sacrificati. Studioso dilettante di storia della teologia, mi permetto di ricordarle che in materia molto più grave di quella di cui oggi si tratta, relativa ai rapporti tra Grazia, meriti e predestinazione, un Papa, nella famosa "disputatio de auxiliis" tra teologi dell'Ordine dei Predicatori e teologi della Compagnia di Gesù, Papa Paolo V nel 1607 impose che si mettesse fine alle reciproche accuse di "erroneità", e lasciò libertà di opinione. Se la Conferenza Episcopale Italiana ritiene che anche sul piano della virtù cardinale della "prudenza"-la "misura di ogni virtù'" per dirla con Tomaso d'Aquino, che permette non di affermare il falso ma di tacere il vero-, essa, proclamati i principi, possa lasciare ai laici cattolici membri del Parlamento la piena libertà di attuarli nella loro autonoma responsabilità nelle leggi civili, anche secondo il criterio del "male minore", lo dica chiaramente. Che se poi essi, i vescovi italiani, ritengano che la proposta Pollastrini-Bindi possa essere votata, magari per il criterio del "male minore", a me, da cattolico liberale che rischia ormai di apparire "teocon", "non mi sembrerà vero"! Ma fino a quel momento io obbedirò alle indicazioni del mio Vescovo, che è anche Vescovo, a quanto mi sembra, con diretta e immediata giurisdizione sulla Chiesa Universale, e quindi anche sulla Chiesa italiana, e quindi oltre che…su di me, su Romano Prodi, su Rosy Bindi e su Paola Bineti, su Franco Marini, su Francesco Rutelli e Dario Franceschini, e su i cattolici-democratici. Comunque, è giunto il momento che i vescovi italiani ormai parlino, e si pronunzino chiaramente e in prima persona, e non attraverso editoriali di pur autorevoli giornali o comunicati di agenzie di stampa cattoliche, ai cui enunciati neanche i più oltranzisti sostenitori del pur discusso anche tra i teologi e canonisti cattolici, Motu Proprio "Ad tuendam fidem" sostengono si debba dare assenso interiore ed esteriore! E non si nascondano più dietro un Papa coraggioso che, con il loro silenzio, essi stanno pericolosamente scoprendo di fronte alle forze politiche e allo Stato italiano da esse governato. Non lo chiedo certo per me, perché essendo io diocesano della Capitale, e soggetto quindi alla potestà di insegnare, giudicare e santificare del Vescovo di Roma, e avendo il mio Vescovo parlato forte e chiaro a differenza dei vescovi italiani, so bene quale è il mio dovere di cattolico membro del Parlamento, e che quindi voterà di conseguenza. Confermandole la mia stima ed amicizia, La prego di credermi, signor Cardinale, suo affezionatissimo e devoto amico Francesco Cossiga.

(da "il tempo" del 12 febbraio 2007)

oggi, finalmente, la decisione di ruini di dare vita ad un documento unitario che rispecchi la posizione di TUTTO l'episcopato italiano.
troppo comodo restare in silenzio e permettere che il papa, coraggiosissimo, si assuma tutte le responsabilita'...
nessuna scusa, adesso, per quei vescovi amanti degli applausi mediatici [SM=g27812]

[Modificato da ratzi.lella 12/02/2007 16.42]

euge65
00lunedì 12 febbraio 2007 20:58
dall'Agenzia Asca
PAPA: CREDENTI E NON CREDENTI IN DIALOGO SU LEGGE NATURALE

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 12 feb - C'e' una tentazione in
agguato dietro l'agire umano: quella di dimenticarsi
dell'esistenza di Dio, di tradire quella legge ''scritta nel
cuore dell'uomo'' che viene prima di ogni legge umana, di
ogni sapere scoperto dalla scienza, e che risponde al primo e
generalissimo principio di ''fare il bene ed evitare il
male''. Al contrario, il rispetto della vita, il diritto alla
liberta', l'esigenza di giustizia e di solidarieta' che
scaturiscono da questo principio sono spesso violati da
arbitrii di potere o manipolazioni ideologiche, frutto di una
visione dell'uomo e del mondo che non ha alla base alcun
codice etico ma che tende a idolatrare il progresso.
E' questa, in sintesi, - secondo Radio Vaticana - la
piattaforma culturale e spirituale sulla quale Benedetto XVI
ha articolato il suo intervento sul tema della ''legge morale
naturale'', davanti alla platea di circa 200 teologi,
giuristi e scienziati che partecipano Congresso
internazionale sul diritto naturale, promosso dalla
Pontificia Universita' Lateranense. Pur vivendo un momento di
straordinario sviluppo nell'acquisizione di forme di vita
tuttavia, ha riconosciuto il Papa all'inizio del suo
discorso, emergono delle evidenti contraddizioni: ''Vediamo
tutti i grandi vantaggi di questo progresso, ma vediamo
sempre piu' anche le minacce di una distruzione del dono
della natura per la forza del nostro fare. E c'e' un altro
pericolo, meno visibile, ma non meno inquietante: il metodo
che ci permette di conoscere sempre piu' le strutture
razionali della materia ci rende sempre piu' incapaci di
vedere la fonte di questa razionalita', la Ragione
creatrice''.
Ecco, dunque, l'''urgenza'', ha obiettato Benedetto XVI, di
riflettere sul tema della legge naturale, quale sorgente di
norme, che precedono qualsiasi legge umana e non ammettono
interventi in deroga da parte di nessuno: ''Tale -ha
precisato testualmente il papa - e' il principio del rispetto
per la vita umana, dal suo concepimento fino al suo termine
naturale, non essendo questo bene della vita proprieta'
dell'uomo, ma dono gratuito di Dio. Tale e' pure il dovere di
cercare la verita', presupposto necessario di ogni autentica
maturazione della persona. Altra fondamentale istanza del
soggetto e' la liberta', tenendo conto del fatto che la
liberta' umana e' sempre una liberta' condivisa con gli altri
(...) E come non menzionare l'esigenza di giustizia (...)
Doveroso e' infine almeno un accenno all'attesa di
solidarieta' che alimenta in ciascuno, specialmente se
disagiato, la speranza di un aiuto da parte di chi ha avuto
una sorte migliore di lui''.
Tale ''dover essere'' e' invece distante dalla realta'
odierna. Il Papa ha denunciato, infatti, i condizionamenti
imposti dall'imperante ''positivismo giuridico'', in base al
quale, in sostanza, sono gli ''interessi privati'' ad essere
''trasformati in diritti'', quando invece a fare da base a
''ogni ordinamento giuridico sia interno che internazionale''
e' e resta oggi la legge naturale.
''La legge naturale - egli ha detto - e' in definitiva il
solo, valido baluardo contro l'arbitrio del potere o gli
inganni della manipolazione ideologica. La prima
preoccupazione per tutti, e particolarmente per chi ha
responsabilita' pubblica, e' quindi aiutare perche' possa
progredire la coscienza morale. Questo e' il progresso
fondamentale e senza questo progresso tutti gli altri
progressi non sono veri progressi''.
Le ''applicazioni concrete'' di quanto affermato, Benedetto
XVI le individua anzitutto nel rispetto della famiglia,
intesa come ''quell'intima comunita' di vita e d'amore
coniugale, fondata dal Creatore'' e quindi un ''vincolo
sacro'', come afferma il Vaticano II, che ''non dipende
dall'arbitrio dell'uomo'': ''Nessuna legge fatta dagli uomini
puo' percio' sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza
che la societa' venga drammaticamente ferita in cio' che
costituisce il suo stesso fondamento basilare. Dimenticarlo
significherebbe indebolire la famiglia, penalizzare i figli e
rendere precario il futuro della societa'''.
Purtroppo, ha affermato il Papa, nella societa' contemporanea
si e' preferito confinare il riferimento alla legge naturale
nel campo della speculazione filosofica, piuttosto che
vederne le ricadute nella vita sociale. E questo con
conseguenze etiche allarmanti: ''In proposito, - ha ribadito
- sento il dovere di affermare ancora una volta che non tutto
cio' che e' scientificamente fattibile e' anche eticamente
lecito. La tecnica quando riduce l'essere umano ad oggetto di
sperimentazione finisce per abbandonare il soggetto debole
all'arbitrio del piu' forte. Affidarsi ciecamente alla
tecnica come unica garante di progresso, senza offrire nello
stesso tempo un codice etico, che affondi le sue radici in
quella stessa realta', che viene studiata e sviluppata,
equivarrebbe a fare violenza alla natura umana, con
conseguenze devastanti per tutti''.
Poiche', comunque, la legge naturale resta imperfetta e
bisognosa di approfondimenti, un ruolo decisivo - ha concluso
Benedetto XVI - lo giocano in questo contesto gli uomini di
scienza: ''Gli scienziati devono anche contribuire ed aiutare
a capire in profondita' la nostra responsabilita' per l'uomo
e per la natura affidatagli. Su questa base e' possibile e
necessario sviluppare un fecondo dialogo tra credenti e non
credenti, tra teologi, filosofi, giuristi, uomini di scienza
che possono fornire anche ai legislatori un materiale
prezioso per il vivere personale e sociale''.
Res/cdc



euge65
00lunedì 12 febbraio 2007 21:05
Da Avvenire
FAMIGLIA SOTTO ASSEDIO
«Il giudizio sul provvedimento è negativo. Il problema non è se questa legge conferisca diritti individuali ma se i diritti previsti sono similiari a quelli propri ed esclusivi del matrimonio»

«Nei Dico diritti propri dei coniugi»

Il giurista Papanti Pelletier: una proposta che si pone in alternativa al matrimonio «Che brutto segnale diamo alle giovani generazioni che già risentono del timore diffuso di impegnarsi in un legame stabile Adesso si sentirebbero spinti a scegliere la convivenza»

Da Roma Pier Luigi Fornari


«Un pessimo segnale per le nuove generazioni». Una proposta «non migliorabile ridimensionando qualcuna delle prerogative previste, perché la qualità dei diritti concessi ai conviventi configura una situazione paramatrimoniale». Questa la valutazione del ddl sui "diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi" (Dico) di Paolo Papanti Pelletier, ordinario di istituzioni di Diritto privato a Tor Vergata e alla Lateranense.
«Questo testo - spiega il giurista - ha una sua coerenza intrinseca, ma parte da un presupposto sbagliato. Prende in considerazione il fatto della convivenza risultante da reciproci legami affettivi e ne fa discendere certi effetti, alcuni immediati, altri differiti nel tempo. Si evita il male peggiore: i "patti di convivenza" in senso proprio che avrebbero introdotto un matrimonio alternativo attraverso una dichiarazione di volontà...».
E il presupposto sbagliato?
Far discendere conseguenze giuridiche da una situazione di fatto non formalizzata dal matrimonio. Nella malaugurata ipotesi che il ddl diventi legge, costituirebbe un pessimo segnale per le nuove generazioni, che già risentono di un timore diffuso ad impegnarsi in un legame stabile, con i Dico si sentirebbero ulteriormente spinte a scegliere la convivenza.
E le coppie che già convivono?
Hanno fatto una scelta di libertà assolutamente rispettabile, rifiutando gli articoli 143, 144 e 147 del Codice civile. Se il ddl sarà approvato invece la loro convivenza comporterà degli impegni: alcuni immediati, altri differiti nel tempo. È un aspetto che potrebbe dimostrarsi incostituzionale, con riferimento all'articolo 29 della nostra Carta fondamentale che riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio. Non stiamo parlando del matrimonio religioso, ma di quello civile. Peraltro negli ultimi anni il divorzio è divenuto abbastanza facile: si può ottenere in tre, tre anni e mezzo. Se quindi una coppia ha fatto una scelta di libertà, magari dopo aver divorziato da precedenti matrimoni, perché si dovrebbe vedere attribuire dal Dico diritti e doveri - pochi doveri - che non vuole. È una contraddizione in termini.
Pochi doveri?
Già pochi. Nel matrimonio invece ci si assume il dovere di fedeltà, coabitazione, assistenza morale, collaborazione, di salvaguardia dell'interesse della famiglia...
L'approdo al pacs è effettivamente scongiurato? Non preoccupa il permanere di quella "dichiarazione contestuale" di convivenza?
La giustificazione addotta è: evitare che un vecchietto si ritrovi convivente con la badante, senza che ne sia a conoscenza. Ma in effetti in quella "dichiarazione contestuale", anche se il male peggiore del pacs è stato evitato, resta un margine di ambiguità, la possibilità che si configuri una sorta di patto, che si dia luogo a una specie di cerimonia.
Si è giustificato il varo del ddl anche con motivazioni di carattere solidaristico, ma centrale appare il desiderio del riconoscimento della relazione affettiva tra due persone...
Io credo che questo ddl risponda, anche se in modo mascherato, alle istanze del movimento gay. Infatti non si capisce perché, in una situazione di matrimonio oggi facilmente risolubile, una coppia eterosessuale dovrebbe dar luogo a queste forme di convivenza.
Eppure si è detto che ci si è limitati a riconoscere i diritti individuali delle persone...
I diritti che discendono dal matrimonio sono diritti civili, individuali. E questo perché il nostro ordinamento considera il matrimonio una condizione rilevante. Il problema, quindi, non è se i Dico conferiscano diritti individuali o meno, ma se quei diritti sono similari a quelli propri ed esclusivi del matrimonio.
E come stanno le cose?
I diritti di assistenza, di successione legittima, di pensione di reversibilità previsti nel Dico sono analoghi a quelli del matrimonio, anche se non del tutto equivalenti. Sotto questo profilo, come ha notato monsignor Rino Fisiche lla, il testo di questo ddl non è migliorabile.
In che senso?
Il giudizio di valore non può cambiare se al convivente si attribuisce una quota minore nella successione, o se l'assegno alimentare è conferito in misura strettamente necessaria alla sopravvivenza, e parimenti se la pensione di reversibilità è inferiore a quella del coniuge. È la qualità del diritti che conta. Il punto centrale è che si dà rilevanza giuridica a una situazione di fatto che si pone in alternativa alla famiglia. Per questo il giudizio sull'intero provvedimento non può che essere negativo.
Una legge, dunque, di cui non c'è nessun bisogno?
Certo. La parte più debole: i figli - nati nel matrimonio o fuori di esso - sono già equiparati dalla riforma del diritto di famiglia del '75. Ci sono delle piccolissime varianti che riguardano aspetti secondari, per la cui eliminazione sta già lavorando una commissione istituita presso il ministero delle Politiche per la Famiglia.
E i conviventi?
Le esigenze di due conviventi eterosessuali, se non restano fermi nella loro scelta di evitare ogni vincolo, possono essere soddisfatte dal matrimonio. Per ogni tipo di convivenza di fatto c'è, poi, una legislazione già ampia. Solo per fare alcuni esempi. L'assistenza in caso di malattia è garantita, il subentro nel contratto di locazione è affermato da alcuni anni dalla Corte Costituzionale, sulla base del principio del diritto di abitazione.




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«Nei Dico diritti propri dei coniugi»


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«Nei Dico diritti propri dei coniugi»


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L'Osservatore romano: «La Costituzione afferma l'unicità della famiglia»


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Rinnovamento nello Spirito: «Legge inaccettabile Siamo pronti a scendere in piazza per la famiglia»


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«Ci sono già le norme del Codice civile»


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Ac: «Sono altri i provvedimenti necessari»

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euge65
00lunedì 12 febbraio 2007 21:07
ancora da Avvenire
Il "no" dei consultori familiari d'ispirazione cristiana Olimpia Tarzia: «Cambia il nome ma non i contenuti»



«Non è cambiando le parole che si cambiano i contenuti. E i contenuti del disegno di legge varato dal governo sono rimasti gli stessi che prima portavano il nome di pacs». È netto il giudizio contro i "Dico", di Olimpia Tarzia, vice presidente della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana. «Non siamo nuovi a queste manipolazioni linguistiche - aggiunge - ha fatto scuola la L.194, dove, anziché la parola aborto si è usato interruzione volontaria di gravidanza». Tarzia, fra i fondatori del Movimento per la Vita evidenzia l'importanza della famiglia: «Ci si sta inventando una legge che, con l'intenzione dichiarata di evitare discriminazioni, di fatto, discrimina le famiglie vere! A chi verranno sottratti i 4 milioni e 600mila euro per il 2008 e i 5 milioni di euro per i 2009, previsti dalla norma finanziaria, se non alle famiglie regolarmente sposate? Strano davvero, ogni volta che abbiamo posto la questione di una politica fiscale per la famiglia, ci siamo sempre sentiti rispondere che non c'erano i soldi. Ma ecco, come per incanto, che il governo tira fuori dal cilindro 10 milioni di euro per garantire diritti che sono già garantiti dal codice civile». Continua la Tarzia: «Il nostro Paese non ha alcuna necessità di una legge per le convivenze (che riguardano meno del 4% delle coppie), bensì di una vera politica per la famiglia (il restante 96%), che quotidianamente affronta le difficoltà economiche, educative, sanitarie e sociali, per lo più nella solitudine e nell'incomprensione delle Istituzioni». E lancia la mobilitazione delle centinaia di migliaia di famiglie rappresentate dalla Confederazione Italiana dei consultori familiari di ispirazione cristiana: «Faremo sentire la nostra voce. Ne va del futuro dell'umana convivenza. Il futuro dei nostri figli».

euge65
00lunedì 12 febbraio 2007 21:33
dall'Osservatore Romano
'incontro di Benedetto XVI con gli ammalati nella Basilica Vaticana
nel giorno della memoria della Beata Vergine di Lourdes, XV Giornata Mondiale del Malato

Nel volto di ogni essere umano, ancor più se provato
e sfigurato dalla malattia, brilla il volto di Cristo


"Nel volto di ogni essere umano, ancor più se provato e sfigurato dalla malattia, brilla il volto di Cristo": lo ha detto Benedetto XVI nel discorso rivolto alle persone ammalate in occasione dell'incontro svoltosi nella Basilica Vaticana, nel pomeriggio di domenica 11 febbraio, memoria della Beata Vergine di Lourdes e XV Giornata Mondiale del Malato. Erano presenti oltre diecimila persone che hanno testimoniato la loro fede in Cristo, il loro amore alla Madre di Dio e il valore salvifico della sofferenza cristianamente vissuta. Il Papa ha paternamente "abbracciato" gli ammalati, accompagnati dai loro familiari e dai volontari che li assistono, al termine della Concelebrazione Eucaristica che è stata presieduta dal Cardinale Vicario Camillo Ruini. Nel suo discorso il Papa ha ricordato come la Giornata Mondiale del Malato sia quest'anno particolarmente dedicata a quanti sono colpiti da malattie gravi e dolorose: "Ad essi vorremmo far sentire la vicinanza materiale e spirituale dell'intera comunità cristiana. È importante non lasciarli nell'abbandono e nella solitudine mentre si trovano ad affrontare un momento tanto delicato della loro vita". Con gratitudine il Santo Padre si è poi rivolto ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari, ai volontari che, come il buon Samaritano, si chinano sui sofferenti "non guardando alla loro condizione sociale, ma solo a ciò di cui abbisognano". Benedetto XVI ha concluso il suo discorso facendo rivivere il clima spirituale che si respira alla Grotta di Lourdes dove, confortati dallo sguardo della Madre, tanti pellegrini trovano la forza di compiere più facilmente la volontà di Dio, anche quando costa rinuncia e dolore. "Nessuno - ha affermato il Papa -, specialmente chi si trova in condizioni di dura sofferenza, si senta mai solo e abbandonato. Tutti vi affido questa sera alla Vergine Maria".

(©L'Osservatore Romano - 12-13 Febbraio 2007)

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La preghiera mariana dell'Angelus


"Alla materna protezione della Vergine Immacolata vorrei ora affidare, con la preghiera dell'Angelus, i malati e i sofferenti nel corpo e nello spirito del mondo intero". Lo ha detto Benedetto XVI nella meditazione all'Angelus recitato, domenica 11 febbraio, con i fedeli presenti in Piazza San Pietro, nel giorno della memoria della Beata Vergine di Lourdes, XV Giornata Mondiale del Malato."Desidero manifestare - ha assicurato - la mia spirituale vicinanza e il mio affetto ai nostri fratelli e sorelle ammalati, con un particolare ricordo per coloro che sono colpiti da mali più gravi".

(©L'Osservatore Romano - 12-13 Febbraio 2007)

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L'udienza del Papa ai partecipanti al Congresso
sul Diritto Naturale promosso dalla Lateranense




Nella mattina di lunedì 12 febbraio Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i partecipanti al Congresso Internazionale sul Diritto Naturale promosso dalla Pontificia Università Lateranense. Nell'edizione di domani pubblicheremo il testo del discorso pronunciato dal Papa.

(©L'Osservatore Romano - 12-13 Febbraio 2007)

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Presentato a Benedetto XVI l'Annuario Pontificio 2007


L'Annuario Pontificio 2007 è stato presentato al Santo Padre nella mattina di lunedì 12 febbraio, dal Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e dall'Arcivescovo Leonardo Sandri, Sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Generali. La redazione del nuovo Annuario è stata curata da Mons. Vittorio Formenti, incaricato dell'Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa e dall'equipe dei collaboratori. Il complesso lavoro di stampa è stato invece curato da Don Elio Torrigiani S.D.B., dal Comm. Antonio Maggiotto e dal Comm. Giuseppe Canesso, rispettivamente Direttore Generale, Direttore Commerciale e Direttore Tecnico della Tipografia Vaticana. Il Santo Padre ha ringraziato per l'omaggio, esprimendo interesse e compiacimento per l'opera.

(©L'Osservatore Romano - 12-13 Febbraio 2007)

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Il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato,
conferisce l'ordinazione episcopale a Mons. Carlo Chenis


Il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha conferito l'ordinazione episcopale a Mons. Carlo Chenis, S.D.B., nuovo Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia, nel corso della solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta nel pomeriggio di sabato 10 febbraio, nella Basilica romana di san Giovanni Bosco. All'omelia il Porporato ha riproposto la figura di Cristo Buon Pastore come modello esemplare della missione del Vescovo". "Nella cura pastorale - ha sottolineato - il Vescovo è il prolungamento, la proiezione di Cristo pastore che conduce il suo popolo nella "sua via", manifestata dalla Sua Parola e dai segni dei tempi".

(©L'Osservatore Romano - 12-13 Febbraio 2007)

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Nostre Informazioni


Il Santo Padre ha ricevuto in udienza nel pomeriggio di sabato 10 Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.



***

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro Eccellenze Reverendissime i Monsignori:
- Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona-Osimo (Italia), in visita "ad limina Apostolorum";
- Giancarlo Vecerrica, Vescovo di Fabriano-Matelica; Amministratore Apostolico di Camerino-San Severino Marche (Italia), in visita "ad limina Apostolorum";
- Gerardo Rocconi, Vescovo di Jesi (Italia), in visita "ad limina Apostolorum";
- Giuseppe Orlandoni, Vescovo di Senigallia (Italia), in visita "ad limina Apostolorum".

(©L'Osservatore Romano - 12-13 Febbraio 2007)
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IRAQ Dossier statunitense accusa Teheran di armare la guerriglia
- Pena capitale per l'ex Vice Presidente

Baghdad: 70 morti nell'attentato dinamitardo
compiuto in un affollato centro commerciale


BAGHDAD, 12.
Strage a Baghdad. Stamane in un centro commerciale si è verificata una devastante esplosione provocata dalle tre detonazioni in successione di un'autobomba, di un "kamikaze" che si è fatto saltare in aria e di un ordigno: il bilancio è di 70 morti e 150 feriti.
Sempre questa mattina, l'Alta Corte irachena ha condannato alla pena capitale per impiccagione l'ex Vice Presidente Taha Yassin Ramadan, giudicato colpevole per il massacro di 148 sciiti, nel 1982 a Dujail, e per il quale sono già stati giustiziati l'ex Presidente Saddam Hussein e altri due esponenti del deposto regime. Ramadan in primo grado, era stato condannato all'ergastolo, ma nel processo d'appello il Tribunale aveva chiesto la pena di morte.
Ieri l'ufficio del Primo Ministro aveva comunicato che sono state messe a morte le quattordici persone condannate alla pena capitale per omicidi, rapimenti ed altri crimini.
Sempre ieri, in un quartiere occidentale della capitale la deflagrazione di un'autobomba aveva ucciso un civile. Si è poi appreso che un soldato statunitense è stato ucciso durante scontri con insorti nella provincia di Diyala. A Tikrit, nel Nord dell'Iraq, otto poliziotti sono stati uccisi, ed altri otto sono rimasti feriti, nell'esplosione di un furgone carico di esplosivo e guidato da un "kamikaze". Due cittadini tedeschi sono stati rapiti nei giorni scorsi a Baghdad, secondo quanto ha riferito il quotidiano "Berlinr Morgenpost".
Il Comando Usa a Baghdad ha mostrato un dossier con foto di frammenti di ordigni ad alto potenziale fabbricati in Iran, che sarebbero stati utilizzati dalla guerriglia irachena per uccidere almeno 170 soldati della coalizione dal giugno del 2004. Il generale William Caldwell ha affermato che l'Iran è "coinvolto nella fornitura di ordigni, proiettili, esplosivo ad alta penetrazione ed altro materiale a gruppi estremistici in Iraq".
"Si tratta di accuse senza fondamento", ha ribattuto il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Mohammad Ali Hosseini, aggiungendo che gli Usa "vogliono gettare sulle spalle degli altri le responsabilità per il loro fallimento in Iraq" e che "gli stessi americani sanno che questi documenti non sono sufficienti, sono molto deboli".
Per il Segretario alla difesa Usa, Robert Gates, tutti i Paesi della Nato - sia quelli favorevoli, sia quelli contrari all'intervento armato in Iraq - patirebbero le conseguenze di una sconfitta in Iraq. "Se gli Stati Uniti e i loro alleati dovessero fallire in Iraq, e se in quel Paese dovesse prevalere il caos, tutti i Paesi membri ne subirebbero le conseguenze", ha detto Gates durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Secondo Gates, l'incapacità dell'Iraq di creare un'organizzazione statale in grado di governare e di difendersi da sola provocherebbe nuovi conflitti in Medio Oriente.
Oggi in tutto l'Iraq è stato osservato un quarto d'ora di raccoglimento per ricordare l'attentato al mausoleo di Samarra del 22 febbraio dell'anno scorso (l'anniversario, in base al calendario islamico, cade oggi). L'attacco colpì uno dei maggiori luoghi di culto sciiti e ne scaturì un'ondata di violenze settarie tra sciiti e sunniti che ancora continua.
Scontro sull'Iraq fra il Governo australiano e Barak Obama, il senatore democratico in corsa per la presidenza degli Stati Uniti. Secondo quanto riferisce l'agenzia Adnkronos, il Premier australiano John Howard, riguardo all'annuncio di Obama di voler ritirare i soldati Usa dall'Iraq, ha affermato che "Al Qaeda prega per la sua vittoria". Obama ha definito "vuota retorica" le parole di Howard. "Vorrei far notare - ha aggiunto - che noi abbiamo quasi 140.000 uomini in Iraq, ed Howard ne ha dispiegati 1.400. Se vuole combattere una buona battaglia in Iraq, gli suggerirei di mandare altri 20.000 australiani in Iraq".

(©L'Osservatore Romano - 12-13 Febbraio 2007)

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Paparatzifan
00lunedì 12 febbraio 2007 22:19
Re:

Scritto da: ratzi.lella 12/02/2007 16.38
ciao francesca, bentornata [SM=g27811] [SM=g27811]
ecco la lettera del senatore cossiga:

Lettera aperta a Ruini «I vescovi si facciano sentire di più»

oggi, finalmente, la decisione di ruini di dare vita ad un documento unitario che rispecchi la posizione di TUTTO l'episcopato italiano.
troppo comodo restare in silenzio e permettere che il papa, coraggiosissimo, si assuma tutte le responsabilita'...
nessuna scusa, adesso, per quei vescovi amanti degli applausi mediatici [SM=g27812]

[Modificato da ratzi.lella 12/02/2007 16.42]



Sì, i vescovi si facciano sentire di più e che le orecchie, soprattutto dei politici cattolici che ci rappresentano, si aprano del tutto per lasciar entrare tutto quello che avranno da dire e così farsi sentire in parlamento da cattolici e non da membri di partito!!! [SM=g27811]
euge65
00lunedì 12 febbraio 2007 22:21
Re: Re:

Scritto da: Paparatzifan 12/02/2007 22.19

Sì, i vescovi si facciano sentire di più e che le orecchie, soprattutto dei politici cattolici che ci rappresentano, si aprano del tutto per lasciar entrare tutto quello che avranno da dire e così farsi sentire in parlamento da cattolici e non da membri di partito!!! [SM=g27811]



E' IL MOMENTO DI METTERE DA PARTE LA PAURA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
[SM=g27820]: [SM=g27820]: [SM=g27826] [SM=g27826]
ratzi.lella
00martedì 13 febbraio 2007 07:36
Re: Re: Re:

Scritto da: euge65 12/02/2007 22.21


E' IL MOMENTO DI METTERE DA PARTE LA PAURA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
[SM=g27820]: [SM=g27820]: [SM=g27826] [SM=g27826]



...e la tentazione di fare i progressisti a tutti i costi per guadagnare qualche pagina di giornale... [SM=g27812]
non riportero' gli articoli di "repubblica" perche' ciascuno di voi puo' immaginare che cosa ci sia scritto la' sopra stamattina...
mi limito a dire che c'e' un'intervista a alberigo (il tipo della scuola di bologna) che attacca frontalmente il papa accusandolo delle solite sciocchezze...
e pensare che solo la settimana scorsa:

PAPA/ IN UDIENZA ALBERIGO E MELLONI, IN DONO VOLUME SU CONCILIO
Nel testamento scrive di regalare suoi scritti a storico Bologna

Città del Vaticano, 7 feb. (Apcom) - Il Papa ha ricevuto questa mattina in udienza privata lo storico Giuseppe Alberigo, accompagnato da Alberto Melloni, uno degli allievi del professore bolognese. "L'incontro - riferisce Melloni ad Apcom - è durato circa un quarto d'ora ed è stato segnato da momenti di cordialità e di stima reciproca".

"Qualcuno maliziosamente - prosegue Melloni - aveva cercato di dire che esisteva un'interpretazione antagonista a quella del Papa. Il fatto che c'è stata l'udienza stamattina, dice invece che si tratta solo di una calunnia e che esiste un rapporto ben evidente di stima reciproca tra il Papa e Alberigo".

L'occasione dell'udienza di questa mattina, avvenuta in un'auletta privata adiacente all'Aula Paolo VI, è stata la consegna a Ratzinger del volume della edizione critica dei Decreti dei Concilii Ecumenici. "Quando uscì la prima edizione - riferisce Melloni - lo consegnammo a Giovanni Paolo II. Oggi, la seconda edizione, l'abbiamo consegnata a Benedetto XVI".

Presenti all'udienza privata: Giuseppe Alberigo, Alberto Melloni, Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, e Paul De Yongh, direttore della casa editrice che ha prodotto il libro. "Benedetto XVI - racconta lo storico - ha ricevuto quest'opera, si è rallegrato della cosa e l'ha molto gradita, e ha avuto in dono anche la breve storia del Vaticano II, in lingua italiana e tedesca".

Tra Papa Ratzinger e Alberigo c'è stato poi uno "scambio di ricordi, anche perchè si conoscono dal 1962. È stato un incontro proprio nella cordialità e nell'amicizia. Ratzinger si è comportato con Alberigo come se non fosse diventato nemmeno Papa". Infine, l'autore della storia del Concilio "ha ricordato al Pontefice che, nel 2001, l'allora cardinale Ratzinger aveva promesso di dare i suoi scritti sul Concilio al centro studi di Bologna. Stamattina - aggiunge ancora Melloni - Alberigo glielo ha ricordato e il Papa ha risposto di non aver affatto cambiato idea e che ha aggiunto di aver inserito la promessa nella disposizione testamentaria delle sue carte. Questo ci lusinga molto", conclude Melloni.

[SM=g27812] [SM=g27812]
coerenza...questa sconosciuta!!!
ratzi.lella
00martedì 13 febbraio 2007 07:47
Il Papa: «Società a rischio» Ruini annuncia un «editto»
di Andrea Tornielli

Benedetto XVI ha detto ieri che non si devono «trasformare in diritti» quelli che sono «interessi privati o doveri che stridono con la legge naturale» e che la stabilità della famiglia deriva dall’ordinamento divino. Nelle stesse ore il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei, ha annunciato che sul tema dei «Dico» - la via italiana al riconoscimento delle coppie di fatto - i vescovi si esprimeranno prossimamente con una parola «meditata, ufficiale e impegnativa».

La partita parlamentare sul ddl del governo deve ancora iniziare, ma sia la Santa Sede che la Chiesa italiana, all’unisono, non mancano di far presente la loro contrarietà. L’occasione per l’intervento papale è stata l’udienza concessa in Vaticano ai partecipanti al convegno sulla legge naturale organizzato dalla pontificia università Lateranense. Benedetto XVI ha ammonito: «Nessuna legge può sovvertire la norma del Creatore senza rendere precario il futuro della società con leggi in netto contrasto con il diritto naturale». Il Papa ha continuato presentando «un’applicazione molto concreta di questo principio» in riferimento «alla famiglia, cioè all’intima comunione di vita fondata dal Creatore e regolata con leggi proprie. Essa ha la sua stabilità per ordinamento divino. Il bene sia dei coniugi che della società non dipende dall’arbitrio». Ratzinger ha quindi denunciato il fatto che invece della verità si cerca «il compromesso tra diversi interessi che inevitabilmente si incontrano», ignorando «norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore o dal consenso degli Stati, ma precedono la legge umana e per questo non ammettono deroghe da parte di nessuno».

Parole pesanti, applicabili alla situazione italiana, come fa pensare l’accenno alla famiglia e alle leggi che ne minacciano la stabilità. Ma una parola più specifica rispetto al caso del nostro Paese è in arrivo nelle prossime settimane, probabilmente in coincidenza con la prima discussione del ddl nelle aule parlamentari. Lo ha annunciato il cardinale Ruini rispondendo a una domanda a margine di un convegno organizzato dall’Opera romana pellegrinaggi: «Su queste cose sono già state dette da parte nostra tante cose importanti. È inutile che io ora aggiunga qualche battuta estemporanea. Ci sarà una parola meditata, una parola ufficiale, che sia impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti».

Di che cosa di tratta, dunque? Con tutta probabilità di una nota ufficiale del consiglio permanente (o della presidenza) dei vescovi italiani, che ribadisca alcuni dei contenuti già più volte espressi in questi ultimi tempi, toccando però anche il tema del comportamento dei parlamentari cattolici. In particolare il testo potrebbe spiegare che la legittima autonomia della politica e la libertà dei singoli parlamentari non può basarsi sul relativismo, e che difesa della vita, della famiglia ma anche della libertà di educazione sono «principi non negoziabili». Il documento dei vescovi citerà in proposito le due note della Congregazione per la dottrina della fede (a firma dell’allora cardinale Joseph Ratzinger e con l’approvazione di Papa Wojtyla) pubblicate nel gennaio e nel luglio 2003. La prima, che tocca «alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita pubblica», annovera le unioni di fatto tra i «punti nodali nell’attuale dibattito culturale e politico», affermando che alla famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso «non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale». La seconda, che tratta specificamente dei «progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali», precisa: «Nel caso in cui si proponga per la prima volta all’assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto a un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale».

(da "il giornale" del 13 febbraio 2007)


Prodi sposa la linea dell’indifferenza: «Sono molto sereno»
di Laura Cesaretti

«Io non vado allo scontro». Scuro in volto, espressione tesa, sorrisi tirati distribuiti agli ospiti indiani, Romano Prodi per ora sceglie la via della resistenza passiva mentre le cannonate vaticane, a Roma, fanno tremare il suo Palazzo.

A BOCCHE CUCITE

E la consegna del silenzio nell’entourage del premier è così rigida, qui a Calcutta, che persino il ministro del Commercio estero che affianca Prodi in questa lunga missione in India, la iper-laica Emma Bonino, oppone un secco no comment. Di solito la Bonino non ha peli sulla lingua, nel replicare alle ingerenze clericali, ma stavolta scuote la testa: «Non ho mai sopportato i ministri che all’estero chiacchierano di cucina italiana, non dico niente».

L’OMAGGIO A MADRE TERESA

«Io non vado allo scontro» con la Chiesa, ripete ai suoi Prodi a Calcutta, ma lo scontro c’è, e non è mai stato così frontale. Che la crociata fosse solo agli inizi, a palazzo Chigi lo avevano capito. Ma non si aspettavano un attacco così virulento. A poco è servito ieri il pellegrinaggio alla Casa di Madre Teresa; l’omaggio devoto del premier ad «una persona così fragile che da sola ha saputo gettare un seme, con risultati che la politica non riesce a produrre»; il paternoster recitato davanti alla tomba della futura santa dalla quale «vi è tanto da imparare», come ha lasciato scritto il premier sul registro degli ospiti. Le immagini di Prodi raccolto in preghiera sono rimbalzate in Italia fin dal mattino, ma né Ruini né Ratzinger si sono commossi. E mentre il capo del governo italiano si accingeva a ricevere all’Università di Calcutta l’ennesima laurea honoris causa, il capo della Cei ha tirato la prima bordata di una giornata difficilissima per il Professore, in trasferta mentre a Roma si apriva un fronte dietro l’altro: quello col Vaticano, quello con il premier croato, quello con gli Usa che lanciano warning su Vicenza.

L’INCUBO DI UN ROVATI 2

L’annuncio di una missiva «impegnativa per i cattolici» contro la legge sulle coppie di fatto è stato accolto con un certo nervosismo ma senza alcuna reazione. Poi è piombato su Calcutta l’anatema papale, e la «sindrome cinese» si rapidamente diffusa nelle file della delegazione governativa italiana. L’incubo che in questa seconda, lunga trasferta asiatica di Prodi si ripeta lo sconquasso che investì il governo a Pechino; solo stavolta col Papa al posto di Tronchetti Provera e i «Dico» invece del «piano Rovati». Palazzo Chigi cerca di fare muro per evitarlo: «Escludo che di qui arrivi una replica», ha avvertito il portavoce del premier, Silvio Sircana. «E se sperate di assistere al film “Cina 2, la vendetta”, non lo avrete». Assalito da telecamere e cronisti, Prodi si è limitato a far sapere di essere «molto sereno», e a scuotere la testa dicendo quando gli han chiesto se fosse «turbato» dalle polemiche che infuriano in Italia.

I TIMORI DELL’ESECUTIVO

Ma la preoccupazione c’è ed è forte, perché dietro l’incessante martellamento anti-Pacs da parte vaticana a Palazzo Chigi sospettano ci sia qualcosa di più insidioso e mirato, il desiderio di assestare una spallata tutta politica all’attuale governo. «Non è possibile che questo putiferio si scateni solo qui, in Italia, mentre altri Paesi hanno fatto leggi assai meno blande e minimali senza prendersi scomuniche o anatemi», si sfoga uno degli uomini dello staff. Mentre Sircana (dopo aver buttato giù un abbozzo di reazione poi cestinato sul fatto che «i comportamenti delle persone non sono dettati da prescrizioni ma dalle convinzioni personali») a sera cercava di sdrammatizzare. E colpito alla spalla da uno degli innumerevoli uccellacci che svolazzano su Calcutta la buttava in risata: «Ecco, ho subito un attentato vaticano...».

(da "il giornale" del 13 febbraio 2007)

questo sircana pensa di essere spiritoso? si occupi di prodi!
e, comunque, ribadisco: lo spartiacque e' il 19 aprile 2005!

non creda, il governo prodi, di essere cosi' importante agli occhi del papa...


Gli ambeduisti
di Redazione

Non è vero che i giornalisti siano solo degli specchi che riflettono o deformano la realtà: gli specchi non t'inseguono per strada, e nessuno, se non è paranoico, si metterebbe a opinare da solo senza un auditorio. Dunque il Pontefice, Adriano Sofri, mia sorella: a nessuno possiamo vietare di parlare e di opinare, nostro diritto è solo di non volerli eventualmente ascoltare. Il punto non è chi esprima la propria opinione, ma in che misura altri sono disposti a raccoglierla: bene o male è mercato anche questo. Puoi contestare il Papa, ma se ogni volta che parla finisce sulle prime pagine significa che desta un interesse oggettivo. Puoi detestare Adriano Sofri, ma se Repubblica lo ospita regolarmente significa che desta un interesse soggettivo, come non accadrebbe sul Giornale. Posizioni chiare, almeno. La vera ambiguità, infatti, è di chi a sinistra parla parla ma non ha mai avuto il fegato di graziare Sofri, salvo ingarbugliarsi nella contraddizione di un enclave con un condannato per terrorismo e una vedova del terrorismo, magari stupendosi se qualcosa s'inceppa. Né con Sofri né contro Sofri, né con la D'Antona né contro la D'Antona. E a metà strada non il buonsenso, ma il nulla.

(da "il giornale" del 13 febbraio 2007)

ne' con il papa ne' contro il papa...politici sedicendi cattolici che tengono il piede in due scarpe [SM=g27812]


«Un cattolico non può votare i Dico»
di Redazione

«Spero che i politici cattolici che dissentono dalla Chiesa abbiano almeno letto il catechismo...». Monsignor Rino Fisichella, rettore della Lateranense commenta le parole del Papa e le applica ai «Dico», annunciando che «il popolo cattolico» è pronto a scendere in piazza.

Le parole di Benedetto XVI si applicano al caso italiano?

«Il Papa ha ribadito che un ordinamento giuridico che non si riferisca alla legge naturale non ha spessore. La legge naturale non è una teoria confessionale, è la ragione stessa che conosce alcuni principi universali: la necessità di fare il bene ed evitare il male, il rispetto per la vita, la famiglia, la giustizia, la solidarietà. Le parole del Pontefice si applicano al caso italiano se l’Italia appartiene al nostro mondo...».

Perché la contrarietà ai «Dico»?

«Il problema del ddl è quello di dare valenza giuridica a dei diritti che sono propri della famiglia».

La coppia di fatto non è famiglia?

«La nostra Costituzione definisce famiglia l’unione di un uomo e di una donna nel matrimonio, religioso o civile che sia. Quel disegno di legge non solo indebolisce la famiglia, ma è una provocazione nei confronti dei giovani a non assumere gli impegni del matrimonio. Non capisco poi certe reazioni: un film se lo fa Lino Banfi è educativo, se lo fa Mel Gibson è diseducativo? Stiamo attenti ai contenuti violenti ma anche a certe distorsioni della famiglia che vengono veicolate in tv».

Il testo del ddl ha tenuto in parte conto delle vostre istanze?

«Bisogna dare atto che è stato fatto uno sforzo di arrivare a una formulazione accettabile, purtroppo lo sforzo non è riuscito. Non possiamo accettare questo ddl e mi preoccupo quando sento dire che si tratta di un punto di equilibrio oltre il quale non è possibile andare».

Perché si preoccupa?

«Penso che così difficilmente possa essere votato da un parlamentare cattolico. L’insegnamento della Chiesa è chiaro e vincolante. Leggo che alcuni politici si definiscono “cristiani laici”. Spero che abbiano letto almeno il catechismo e non credo che qualcuno voglia spingerci a mettere in campo la nostra capacità organizzativa per far comprendere che il nostro popolo vuole restare fedele a certi principi, ed è pronto anche a riempire piazza San Giovanni...».

Il teologo Lorenzetti ha definito «accettabile» il ddl...

«Questo tentativo di presentare un magistero parallelo è destinato a fallire. Giornali e tv vanno a caccia di queste posizioni che però non possono essere messe sullo stesso piano di quelle dei vescovi».

I parlamentari cattolici ulivisti rivendicano la loro autonomia.

«È giusto essere gelosi della propria autonomia, ma il cattolico è obbligato a confrontare la propria coscienza con gli insegnamenti della Chiesa e quando ciò che fa non è conforme, deve riflettere sul suo essere cattolico».

(da "il giornale" del 13 febbraio 2007)

AMEN! purtroppo, pero', ci sono dei vescovi (e cardinali)che amano i giornali piu' del papa e dovrebbero essere richiamati al senso di responsabilita'...


Il Papa: la legge non sovverta la famiglia
E Ruini annuncia: presto un documento impegnativo e vincolante per i cattolici
di MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO

I vescovi diranno una parola «impegnativa» per i cattolici in tema di «Dico»: l’ha annunciato ieri il cardinale Camillo Ruini; mentre Benedetto XVI ammoniva: non si debbono «trasformare in diritti» quelli che sono «interessi privati o doveri che stridono con la legge naturale». «Un’applicazione molto concreta di questo principio - ha spiegato il Pontefice - si trova se si fa riferimento alla famiglia, cioè all’intima comunione di vita fondata dal Creatore e regolata con leggi proprie. Essa ha la sua stabilità per Ordinamento Divino. Il bene sia dei coniugi che della società non dipende dall’arbitrio». «Nessuna legge - ha scandito - può sovvertire la norma del Creatore senza rendere precario il futuro della società con leggi in netto contrasto con il diritto naturale». Il Pontefice ha denunciato come, invece della verità, si cerchi il «compromesso tra diversi interessi che inevitabilmente si incontrano», ignorando così «norme inderogabili e cogenti che non dipendono dalla volontà del legislatore o dal consenso degli Stati, ma precedono la legge umana e per questo non ammettono deroghe da parte di nessuno».

Il Pontefice parlava ai partecipanti a un convegno organizzato dall’Università Lateranense, il cui rettore, monsignor Rino Fisichella, ha rivolto un appello affinché i cattolici non votino il ddl sulle coppie di fatto. «Meglio essere lungimiranti oggi, piuttosto che dover chiedere scusa tra venti o trent’anni», ha detto il presule osservando che «ci sono troppi che fanno mea culpa per aver firmato, venti o trent’anni fa, leggi che non firmerebbero più».

Ma le parole più gravide di futuro le ha dette il Presidente della Cei. Uscendo da un convegno organizzato dall’Opera Romana Pellegrinaggi, e richiesto di un commento sui Dico, ha risposto: «Sulla questione sono state già dette da parte nostra tante cose importanti, credo tutto ciò che è necessario, quindi è inutile che aggiunga qualche battuta estemporanea. Potrà essere importante - ha aggiunto - una parola meditata e ufficiale che sia impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa e possa essere chiarificatrice per tutti». E non ha voluto dire di più. I tempi di quella che probabilmente sarà una «Nota» della Cei non sono chiari; ma non sembrano imminenti.

E’ probabile che si appoggi su un documento firmato da Ratzinger nel 2003 intitolato «Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali». Il testo voleva «illuminare l’attività degli uomini politici cattolici» affinché si oppongano a qualsiasi tipo di tutela legale delle unioni omosessuali. Non farlo sarebbe un «atto gravemente immorale». Il documento definiva queste unioni «nocive per il retto sviluppo della società umana» ed esortava i politici a non legalizzare in alcun modo le coppie gay: «Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale», ammoniva Ratzinger.

Fortissime le reazioni politiche. Per Boselli «è arrivato il momento di mettere all’ordine del giorno il superamento del Concordato», (messo in dubbio anche dal ministro Ferrero), mentre Cacciari accusa le gerarchie di «un atteggiamento teocratico». Per Gianfranco Fini «la Cei ha tutto il diritto di esprimere un giudizio», e il leghista Calderoli gioisce perché «i cattolici di sinistra sono stati scomunicati dal Santo Padre». Non c’è ingerenza, dice Marco Follini, «ma la politica deve essere autonoma». Mentre per il forzista Enrico La Loggia «l’allarme della Chiesa va recepito con immediatezza».

(da "la stampa" del 13 febbraio 2007)

quando il papa parla, c'e' sempre qualcuno che agita il concordato...ricordo, ancora una volta, che esso fu un compromesso per "risarcire" il papa per i territori toltigli con la forza in seguito all'unificazione di questo strano paese.
dire: "o il papa tace o aboliamo il concordato" non e' certo un esempio di correttezza e di rispetto per la liberta' di espressione altrui...



La strategia studiata da Palazzo Chigi
Prodi: non voglio andare allo scontro
di FABIO MARTINI

INVIATO A CALCUTTA

In piedi, davanti alla grande e disadorna tomba in marmo di madre Teresa di Calcutta, Romano e Flavia Prodi pregano: «Ave Maria, madre di Dio...». E’ il momento di più sincera emozione nella visita dei coniugi Prodi alla Casa dove la «suora degli ultimi» modestamente visse per 44 anni e da dove diresse l’aiuto ai più poveri e ai più malati in ogni angolo della Terra. Le immagini dei Prodi in preghiera e circondati da novizie dalla bianca tonaca che cantano «Happy welcome to you» vengono riprese dalle telecamere dei cinque Tg e sembrano il viatico alla «rimonta», anche mediatica, del cattolico adulto Romano Prodi. A Calcutta sono le 10, in Italia sono ancora le 5,30 e nulla lascia presagire che sta per aprirsi invece una delle giornate più aspre, forse la più aspra nel Dopoguerra, nei rapporti tra Santa Romana Chiesa e lo Stato italiano. Con il Papa che arriverà a far capire che i cattolici come Prodi, la Bindi o Rutelli, non sono più nella grazia di Dio.
E a tarda sera, quando la raffica di esternazioni d’Oltretevere si sarà esaurita, Romano Prodi si lascerà andare con i suoi ad un commento eloquente: «Una giornata difficile, ma io non vado allo scontro». Certo, in Prodi c’è tutta la sorpresa per un 12 febbraio memorabile: da una parte gli arresti dei brigatisti, dall’altra l’attacco da parte dai capi di due Stati esteri: il Vaticano e la Croazia. Ma con l’idea di non accettare lo scontro, viene fuori una prima ipotesi su come disinnescare la «bomba» politica scagliata dalla Chiesa: non offrire sponde, provare a lasciar cuocere gli «avversari» nel loro brodo. In uno dei brevi ritagli di una giornata dedicata ad incontri di ogni genere Prodi ha letto la nota del Papa e si è convinto che la Chiesa abbia abbracciato posizioni difficilmente sostenibili. Ma lo strappo lo turba, lo amareggia, perché Romano Prodi, oltre ad essere un cattolico praticante, si sente un figlio di Santa Romana Chiesa. E comunque è stato proprio Prodi a decidere di sfruttare tempestivamente la «finestra» di 48 ore aperta dalla presa di posizione degli ex popolari e mentre accelerava il Professore ha messo in conto che il livello dello scontro si sarebbe alzato.
Ma nella cautela estrema di Prodi, ben al di là delle sue abitudini, c’è anche il terrore di ripetere nella trasferta di sei giorni in India ciò che accadde durante il lungo viaggio in Cina di sei mesi fa: esternazioni infelici, dimissioni sul «campo» del consigliere economico Angelo Rovati, trasformazione del caso Telecom in una bagarre esplosiva, culminata nelle dimissioni di Marco Tronchetti Provera. E’ tanto vera quella preoccupazione che ieri sera, mentre dall’Italia si affastellavano confusamente allarmi su tutti i fronti, ai cronisti che insistevano per un commento, Silvio Sircana - che di Prodi è il portavoce - rispondeva scherzosamente: «Non ci sarà una Cina-2, la vendetta! Stavolta ci sono io e Prodi non parlerà!». E infatti più tardi servirà tutta l’abilità di Roberto Toppetta, il giornalista del Tg3 che è uno specialista del «corpo a corpo», per far slacciare Prodi. Dopo aver addolcito il Professore con tre domande sull’India e altrettante risposte soddisfatte, alla richiesta se anche le notizie in arrivo dall’Italia lo lasciassero sereno, Prodi ha risposto: «Sì, sono molto sereno». Non la turbano le polemiche? «No» e se ne è andato. Ma la polemica pontificia brucia, anche se per il momento quelli dello staff di Prodi sdrammatizzano. Raggiunto dal «ricordino» di un piccione, che gli ha macchiato la manica della giacca, Sircana l’ha buttata sullo scherzo: «Ho subito un attentato del Papa!».

(da "la stampa" del 13 febbraio 2007)

turbato? amareggiato? poverino...quasi mi commuovo...

[Modificato da ratzi.lella 13/02/2007 8.58]

LadyRatzinger
00martedì 13 febbraio 2007 15:55
Re: Re:

Scritto da: Paparatzifan 12/02/2007 22.19

Sì, i vescovi si facciano sentire di più e che le orecchie, soprattutto dei politici cattolici che ci rappresentano, si aprano del tutto per lasciar entrare tutto quello che avranno da dire e così farsi sentire in parlamento da cattolici e non da membri di partito!!! [SM=g27811]



[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]

Guardate che bell'articolo da Petrus

Morale e vita pubblica: il coraggio del Papa, il silenzio di molti Vescovi

Stupisce e addolora constatare che alcuni Vescovi residenziali italiani cosi detti progressisti, sui temi della morale cristiana, non si pronuncino, quasi avessero un complesso di inferiorita' culturale verso la cultura laicista o anticlericale e quasi fossero timorosi e incerti nei confronti dell'ideologia dominante. Non e' pensabile che siano solo Papa Benedetto XVI e il presidente della CEI, card. Camillo Ruini, a difendere i valori della vita, della famiglia e della liberta' di educazione. L'annuncio della Buona Novella spetta a tutti i Vescovi indistintamente che sono Successori degli Apostoli, anche manifestando opinioni morali ritenute scomode o datate o passatiste dai detrattori della Chiesa o dai "cattolici adulti" come si e' definito recentemente Romano Prodi. "Non bisogna conformarsi alla mentalita' di questo mondo" ci ha insegnato San Paolo, tanto meno dobbiamo discostarci dalla "sana dottrina" per piacere al mondo. L'atteggiamento che dovrebbero assumere i Vescovi cosi detti progressisti o affascinati dalla teologia protestante (distinti e distanti dalla Chiesa) sui pacs, sull' eutanasia, sul disordine morale delle unioni gay, sui rapporti pre-matrimoniali, sull'aborto, divorzio e fecondazione medicalmente assistita, dovrebbe essere di resistenza o di resa. Purtroppo prevale la resa con conseguenze nefaste sulla formazione cristiana del Popolo di Dio e sulla societa' che viene educata ai valori del relativismo morale, dello scientismo, del razionalismo e del dubbio sistematico. E cosi' l'immagine di Chiesa che emerge e' quella di una Chiesa piena di tabu' e di divieti che propone la solita minestra riscaldata. Viceversa, la Chiesa e' "mater et magistra" e tutti i Vescovi devono stringersi attorno al romano Pontefice in piena comunione e lealta'.

[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]

[Modificato da LadyRatzinger 13/02/2007 15.56]

euge65
00martedì 13 febbraio 2007 16:26
Certamente.....................................


Certamente tra i Vescovi c'e' chi preferisce tacere perche' e' la strada meno pericolosa e poi chi tace acconsente!!!!!!!!!!!!!

VERGOGNATEVI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
[SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]

PER PRODI NON HO PAROLE LA SUA OSTENTATA INDIFFERENZA MI FA VENIRE IL VOLTASTOMACO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! [SM=g27826] [SM=g27826] [SM=g27825]

A PROPOSITO DOVE E' FINITO IL BUON SOCCI CHE FINO A POCHI GIORNI FA' SI PREOCCUPAVA DEL PAPA???????????????????!!!!!!!!!!!!
ANCHE LUI FA IL PESCE IN BARILE????????????????????????

[Modificato da euge65 13/02/2007 16.31]

euge65
00martedì 13 febbraio 2007 16:38
Da Avvenire
Dopo l'intervento di Benedetto XVI, a tutti dovrebbe essere cara

Legge morale, baluardo contro l'arbitrio del potere


Francesco D'Agostino

Sulla dottrina della legge naturale grava una vera e propria "leggenda nera", che il positivismo giuridico è andato costruendo tra Ottocento e Novecento: si tratterebbe di una prospettiva metafisica, dogmatica, fissista, ideologica, insensibile alla storia, sorda alle acquisizioni della scienza, scorrettamente eurocentrica... eppure, è difficile immaginare una teoria più intuitiva di quella che sostiene che esiste una sola legge morale, capace di parlare al cuore di tutti gli uomini. Quando Rousseau definisce l’etica come «la scienza sublime delle anime semplici» (definizione in cui percepiamo l’eco di alcune tra le più belle parole evangeliche) fa evidentemente riferimento alla straordinaria capacità, di cui tutti gli uomini di buona volontà sono provvisti, di mettersi idealmente - se lo vogliono - dalla parte degli altri e di scoprire così che il mondo, visto con gli occhi altrui, non è poi tanto diverso da come lo si vede quando lo si guarda con i propri occhi: questa capacità (questa simpatia!) ha sempre costituito, per il senso comune, la prova migliore che il bene e il male che gli uomini sono in grado di introdurre nel mondo non dipendono da giudizi o da sensibilità soggettive, ma hanno una loro dura oggettività, anche se si incarnano nella storia nelle forme più articolate e diverse. Ricevendo ieri i partecipanti al Convegno internazionale dedicato a La legge morale e naturale, organizzato a Roma dalla Pontificia Università Lateranense, Benedetto XVI ha nuovamente ribadito l’attenzione che il magistero della Chiesa ha sempre dedicato a questo tema. Quello della legge naturale non è propriamente un dogma (come la Trinità), né un principio della fede cristiana (come, ad esempio, la fede nella misericordia divina): è piuttosto un paradigma filosofico-teologico, assolutamente prezioso, che la Chiesa ha derivato dalla grande filosofia greca, perché è il paradigma che più di ogni altro riesce a rendere ragione, nella prospettiva dell’universale paternità creatric e di Dio, del vincolo di fraternità che unisce tutti gli uomini, vincolo che la Chiesa è chiamata insistentemente a ribadire. Siamo tutti fratelli, perché ci accomuna la stessa natura; dobbiamo vivere come fratelli, perché ci accomuna la stessa chiamata alla realizzazione del bene e alla battaglia contro il male; dobbiamo riconoscerci come fratelli, perché questo è il portato della nostra comune creaturalità. La legge naturale non è deduzione logicistica di norme etiche da un’idea freddamente speculativa di Dio presente nel nostro intelletto, ma la scoperta di una forza vivificante che già portiamo dentro di noi e che può animarci alla realizzazione del comune bene umano. Negare la presenza in noi di questa forza significa negare, contro ogni evidenza, ogni possibilità di comunicazione morale tra gli esseri umani. Il rispetto della legge naturale, ha sostenuto il Papa, è quindi compito primario di tutte le legislazioni (per quanto diversamente esse possano configurarsi nella storia). Questo rispetto, prima ancora che il mero consenso, è il fondamento di legittimità delle leggi dello Stato, è «il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica». In tal senso, ha spiegato il Papa, ogni norma positiva che, per assecondare desideri e interessi privati, anziché il bene umano, vada contro la legge naturale è intrinsecamente ingiusta e attiva ulteriori ingiustizie, perché è norma che ferisce la verità dell’uomo (e nello stesso tempo sovverte la volontà di Dio; ma il progetto di Dio per quel che concerne l’uomo non ha altro contenuto che questo: la completa realizzazione del bene umano oggettivo). I rapidi, ma densi riferimenti che Benedetto XVI ha fatto alla famiglia, come fondamento naturale della dimensione sociale dell’uomo, hanno quindi la valenza di un’esortazione antropologica, che ci auguriamo non venga riduttivamente letta con esclusivo riferimento alle dispute che lacerano in questi giorni la società italiana.

Paparatzifan
00martedì 13 febbraio 2007 21:29
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: ratzi.lella 13/02/2007 7.36


...e la tentazione di fare i progressisti a tutti i costi per guadagnare qualche pagina di giornale... [SM=g27812]
non riportero' gli articoli di "repubblica" perche' ciascuno di voi puo' immaginare che cosa ci sia scritto la' sopra stamattina...
mi limito a dire che c'e' un'intervista a alberigo (il tipo della scuola di bologna) che attacca frontalmente il papa accusandolo delle solite sciocchezze...
e pensare che solo la settimana scorsa:

PAPA/ IN UDIENZA ALBERIGO E MELLONI, IN DONO VOLUME SU CONCILIO
Nel testamento scrive di regalare suoi scritti a storico Bologna

[SM=g27812] [SM=g27812]
coerenza...questa sconosciuta!!!


Il sorriso davanti... e il pugnale dietro!!! Bravissimo! [SM=g27812]
-Asmodeus-
00martedì 13 febbraio 2007 21:37
Re: Da Avvenire

Scritto da: euge65 13/02/2007 16.38
La legge naturale non è deduzione logicistica di norme etiche da un’idea freddamente speculativa di Dio presente nel nostro intelletto, ma la scoperta di una forza vivificante che già portiamo dentro di noi e che può animarci alla realizzazione del comune bene umano. Negare la presenza in noi di questa forza significa negare, contro ogni evidenza, ogni possibilità di comunicazione morale tra gli esseri umani. Il rispetto della legge naturale, ha sostenuto il Papa, è quindi compito primario di tutte le legislazioni (per quanto diversamente esse possano configurarsi nella storia). Questo rispetto, prima ancora che il mero consenso, è il fondamento di legittimità delle leggi dello Stato, è «il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica».




[SM=g27820]: [SM=g27820]: [SM=g27820]:

Non serve commentare un'affermazione simile. [SM=g27826]
ratzi.lella
00martedì 13 febbraio 2007 21:42
Re: Re: Re:

Scritto da: LadyRatzinger 13/02/2007 15.55


[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]

Guardate che bell'articolo da Petrus

Morale e vita pubblica: il coraggio del Papa, il silenzio di molti Vescovi

Stupisce e addolora constatare che alcuni Vescovi residenziali italiani cosi detti progressisti, sui temi della morale cristiana, non si pronuncino, quasi avessero un complesso di inferiorita' culturale verso la cultura laicista o anticlericale e quasi fossero timorosi e incerti nei confronti dell'ideologia dominante. Non e' pensabile che siano solo Papa Benedetto XVI e il presidente della CEI, card. Camillo Ruini, a difendere i valori della vita, della famiglia e della liberta' di educazione. L'annuncio della Buona Novella spetta a tutti i Vescovi indistintamente che sono Successori degli Apostoli, anche manifestando opinioni morali ritenute scomode o datate o passatiste dai detrattori della Chiesa o dai "cattolici adulti" come si e' definito recentemente Romano Prodi. "Non bisogna conformarsi alla mentalita' di questo mondo" ci ha insegnato San Paolo, tanto meno dobbiamo discostarci dalla "sana dottrina" per piacere al mondo. L'atteggiamento che dovrebbero assumere i Vescovi cosi detti progressisti o affascinati dalla teologia protestante (distinti e distanti dalla Chiesa) sui pacs, sull' eutanasia, sul disordine morale delle unioni gay, sui rapporti pre-matrimoniali, sull'aborto, divorzio e fecondazione medicalmente assistita, dovrebbe essere di resistenza o di resa. Purtroppo prevale la resa con conseguenze nefaste sulla formazione cristiana del Popolo di Dio e sulla societa' che viene educata ai valori del relativismo morale, dello scientismo, del razionalismo e del dubbio sistematico. E cosi' l'immagine di Chiesa che emerge e' quella di una Chiesa piena di tabu' e di divieti che propone la solita minestra riscaldata. Viceversa, la Chiesa e' "mater et magistra" e tutti i Vescovi devono stringersi attorno al romano Pontefice in piena comunione e lealta'.

[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]

[Modificato da LadyRatzinger 13/02/2007 15.56]




grandioso!!!
purtroppo il "mio" vescovo e' uno di questi cosiddetti progressisti che, per amore del quieto vivere e dei media, tacciono tacciono e tacciono [SM=g27812]
queste persone non si rendono conto che i fedeli iniziano a fare qualche confronto...fra loro e papa benedetto...un abisso!!!
Paparatzifan
00martedì 13 febbraio 2007 21:44
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: ratzi.lella 13/02/2007 21.42


grandioso!!!
purtroppo il "mio" vescovo e' uno di questi cosiddetti progressisti che, per amore del quieto vivere e dei media, tacciono tacciono e tacciono [SM=g27812]
queste persone non si rendono conto che i fedeli iniziano a fare qualche confronto...fra loro e papa benedetto...un abisso!!!


Mi dispiace per te!!! [SM=g27819] Se vuoi ti presto il mio Patriarca! [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x40800]
==kyouki==
00martedì 13 febbraio 2007 21:46
Re: Re: Re: Re:

Scritto da: ratzi.lella 13/02/2007 21.42


grandioso!!!
purtroppo il "mio" vescovo e' uno di questi cosiddetti progressisti che, per amore del quieto vivere e dei media, tacciono tacciono e tacciono [SM=g27812]
queste persone non si rendono conto che i fedeli iniziano a fare qualche confronto...fra loro e papa benedetto...un abisso!!!


Questo si chiama 'ignavia'.
ratzi.lella
00martedì 13 febbraio 2007 21:49
Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: ==kyouki== 13/02/2007 21.46

Questo si chiama 'ignavia'.



gia'...e sappiamo dove dante colloca gli ignavi [SM=x40791] anzi
ratzi.lella
00mercoledì 14 febbraio 2007 08:13
amenita' di oggi...
La sinistra vuole abolire pure il Concordato
di CATERINA MANIACI

«Noi dell'Osservatore Romano sui Dico non taceremo, scriveremo, ma non scenderemo in piazza». Lo dichiara il suo direttore Mario Agnes, rispondendo a chi ipotizza una mobilitazione dei cattolici italiani contro i cosiddetti Dico. I vescovi italiani tornano all'attacco e ripetono: i Dico sono un modello alternativo alla famiglia, dunque inaccettabili. Il giorno dopo la ferma presa di posizione di papa Benedetto XVI e le dichiarazioni - altrettanto nette del cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei, il Vaticano torna a ribadire le sue posizioni e che non trascurerà ogni occasione per farle conoscere. In Parlamento, la maggioranza reagisce negativamente ai moniti d'Oltretevere. Rivedere il Concordato dopo "l'ingerenza" della Chiesa. È questa la parola d'ordine di molti esponenti della sinistra antagonista e dell'area laica dell'Unione. I cattolici a sinistra sono più prudenti, molti impegnati a dimostrare, ad ogni costo, che le gerarchie ecclesiastiche portano avanti un'assurda battaglia anti-governo e contro la laicità. Il ministro Rosy Bindi affida ad una lunga intervista al settimanale Famiglia cristiana la sua difesa d'ufficio dei Dico. Mentre Rifondazione dichiara che la Santa Sede ha ormai oltrepassato tutti i limiti. Benedetto XVI non parla direttamente della questione, ma viene presentato il Messaggio per la Quaresima 2007 che Benedetto XVI ha scritto in preparazione alla Pasqua, il cui senso è: «Combattere ogni forma di disprezzo per la vita e di sfruttamento della persona». Ed è evidente il richiamo ai valori imprescindibili per la Chiesa: la difesa della vita, e l'opposizione all'aborto e con il sostegno alla famiglia. Il titolo del documento, «Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto», prende spunto da una frase del Vangelo di Giovanni. Agnes, il direttore dell'Osservatore Romano, fa le sue dichiarazioni sulla necessità di "parlare" durante la presentazione, alla Radio Vaticana, proprio di un quaderno monografico intitolato «La verità sulla famiglia, matrimonio e unioni di fatto in Benedetto XVI», una pubblicazione corredata con 18 testi del Papa. Francesco D'Agostino, presidente dell'Unione giuristi cattolici italiani, ribadisce che tutto è molto chiaro, che «i Dico introducono una alternativa al matrimonio». È la tesi rilanciata dalla nota di questa settimana del Sir, agenzia di stampa promossa dalla Cei: «Questa proposta di legge, che pure viene presentata come modesta, introduce in realtà qualcosa di sostanzialmente diverso, e di pericolosamente alternativo, alla famiglia così come è definita nella Costituzione». Insomma, si tratta di un nuovo attacco frontale contro il ddl del governo sui Dico. E lo fa senza mezzi termini o possibili sconti. Certo, continua l'agenzia dei vescovi, c'è almeno un fatto positivo: «La dichiarazione del ministro competente che il governo non impegnerà la fiducia su questo provvedimento». «Noi non rimarremo in silenzio, non possiamo rimanere in silenzio, non permetteremo che i nostri fedeli, i tanti cittadini che sono confusi e che non hanno voce, non possano avere voce attraverso la nostra predicazione»: monsignor Rino Fisichella, in una intervista a Radio Vaticana, torna così a difendere il diritto della Chiesa ad intervenire sui temi etici. Il centrosinistra, con l'eccezione dell'Udeur, accusa la Chiesa di ingerenza nella politica interna: i più decisi si spingono a chiedere di ridiscutere il Concordato. A parlare di una sua violazione è il presidente dello Sdi, Enrico Boselli. Ma la cosa è stata denunciata anche da Gavino Angius, della minoranza Ds, dal capogruppo dei verdi alla Camera, Angelo Bonelli, e dalla capogruppo di PdciVerdi al Senato, Manuela Palermi, che a questo punto chiede di rivedere il Concordato, così come il sottosegretario agli Esteri Bobo Craxi. Mauro Fabris, capogruppo del Campanile, invece suggerisce a Prodi di fare un passo indietro, dicendo che il progetto di legge sui Dico è solo un contributo al dibattito parlamentare; questo per evitare al Senato una sconfitta quasi sicura. Nell'intervista a Famiglia Cristiana il ministro Bindi dichiara di aver dato il via ai Dico ma nel cassetto ha già pronte una serie di proposte sulla famiglia. Sui Dico tuttavia si dice soddisfatta, almeno parzialmente. Anche se non sono mancati dubbi e dispiaceri, venuti dal fronte della Chiesa. Ma il ministro rivela che il suo consigliere giuridico è stato il Presidente del Meic, Renato Balduzzi, mentre un altro cattolico, Stefano Ceccanti, già presidente della Fuci, è il capo dell'ufficio legislativo del ministro per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini. «Le gerarchie ecclesiastiche stanno producendo una modalità di rapporti con la politica italiana fuori dai limiti consentiti». Commenta così le posizioni vaticane il segretario di Prc Franco Giordano. Maurizio Lupi, deputato di Forza Italia, replica: «Il segretario di Rifondazione e tutti quelli che si professano laici solo a parole, ritengono che i cittadini italiani, ed in particolare la classe politica, non sono capaci di assumersi con coscienza la responsabilità delle proprie scelte».

(da "libero" del 14 febbraio 2007)

come dire...papa benedetto? [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27832] [SM=g27832]


NUOVA PRESA DI POSIZIONE SUL DISEGNO DI LEGGE

I vescovi sui Dico “Non possiamo restare in silenzio”
di GIACOMO GALEAZZI

ROMA
«Dico» nella bufera: la Chiesa carica a testa bassa e rivendica il diritto a dire la sua rimarcando che non resterà in silenzio, mentre governo e maggioranza difendono la regolarizzazione delle coppie di fatto. «Non rimarremo in silenzio, non permetteremo che i nostri fedeli non possano avere voce attraverso la nostra predicazione», spiega a Radio Vaticana il vescovo Rino Fisichella, rettore della Lateranense e cappellano di Montecitorio.
Inoltre i vescovi, attraverso la loro agenzia di stampa Sir, bollano il provvedimento legislativo come una «inaccettabile deriva verso qualcosa d’altro» e un insopportabile attacco alla famiglia fondata sul matrimonio eterosessuale, giudicato modello «esclusivo». La Cei ribadisce il proprio no e ciò «non significa combattere nessuna battaglia di retroguardia, ma affermare precisi punti di riferimento per la società». Unica nota positiva, secondo i vescovi, è la prospettiva che non ci sarà un voto di fiducia in una materia che «non può essere demandata agli equilibri maggioranza-opposizione poiché interpella fino in fondo le coscienze». La Cei spera che la legge venga bocciata al Senato e mette in luce il fatto che l’Udeur attraverso il Guardasigilli Clemente Mastella ha dato «un giudizio negativo» sul ddl, «sostenendo che di fatto non erano emersi elementi nuovi rispetto ad una inaccettabile bozza iniziale».
Anche l’Osservatore Romano critica duramente una legge che «va contro» l’istituto della famiglia. «Condividiamo la preoccupazione del Papa sulle coppie di fatto e non taceremo», assicura il quotidiano vaticano. Punta l’indice contro una «legislazione inadeguata che può provocare danni irreparabili alla famiglia» il vescovo Vincenzo Paglia, presidente della Commissione Cei per il dialogo e guida spirituale della comunità di Sant’Egidio, che ai «Dico» oppone «una famiglia che sia il luogo dell’amore stabile tra i coniugi».
Occorre «difendere la famiglia come i primi martiri cristiani», aggiunge Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici rilanciando insieme al portavoce papale padre Federico Lombardi il Magistero di Benedetto XVI sul matrimonio.
Il governo, però, non arretra. «Il testo può essere migliorato dalle Camere ma nessuno imponga un no aprioristico - avverte il ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini -.E’ solo una bugia alimentata dal centrodestra che abbiamo creato un matrimonio di serie B». Anche la titolare della politiche per la famiglia, la cattolica Rosy Bindi respinge nettamente le critiche della gerarchia ecclesiastica: «Se ti dicono che non puoi fare nessuna legge, allora si va avanti da soli. Ci hanno chiesto di fare una buona legge. E così è avvenuto».
Anna Finocchiaro, capogruppo dell’Ulivo al Senato mette in guardia dall’«offensiva della Chiesa» e dalla «durezza e intransigenza» del cardinale Ruini di cui stigmatizza la «posizione politica molto diretta».
E il vicepresidente diessino del Senato, Gavino Angius rincara la dose: «Gli interventi continui da parte della Santa Sede e della Cei contro i Dico costituiscono una lesione grave del Concordato». Agendo così la Chiesa «colpisce il principio di laicità, che è un principio di democrazia e di libertà». Secondo Angius oggi in Italia i diritti civili sono minacciati da gerarchie ecclesiastiche che pretendono di dettare norme al Parlamento.

(da "la stampa" del 14 febbraio 2007)





“La Chiesa non faccia guerre di religione”
«Non condanno i politici ma a loro domando: che mondo consegnate ai vostri figli?»
di MARCO TOSATTI

Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra e membro della «Commissione Famiglia e Vita» della Cei, nelle polemiche di questi giorni sui Dico vede un pericolo: «C’è il rischio che questa baraonda diventi una guerra di religione. E non bisogna che sia così, assolutamente. La Chiesa -sostiene monsignor Riboldi - deve parlare; guai se tacesse, deve difendere un bene insostituibile, e cioè la famiglia nata dal matrimonio. Non si può sostituirla con altro istituto giuridico, che non deve avere neanche l'ombra di essere un “altro” matrimonio. Ma non bisogna arrivare al muro contro muro».

Qualcuno accusa la Chiesa di interferire nella politica. E’ vero?

«La politica afferma il suo principio, cerca di interpretare il sentire della gente. E la gente comune, il popolo, non è fatto di santi. Molte persone agiscono in maniera nettamente distinta dalla Chiesa. Lo Stato deve agire e decidere in piena indipendenza, e non deve certamente confondersi con la Chiesa. Ma la Chiesa ha il diritto e il dovere di affermare i principi: la vita, il matrimonio, i figli; se li togli, cancelliamo il mondo».

Monsignor Riboldi, la Chiesa può scomunicare un politico, che vota sì ai «Dico»?

«Non credo che si possa arrivare a questo. Guardiamo la storia: avrebbe dovuto scomunicarlo con l'aborto, e non l'ha fatto. Avrebbe dovuto scomunicarlo con il divorzio, e non l'ha fatto. Non credo che si arrivi a scomunicare qualcuno, che può dire: io ,politicamente, mi prendo la mia responsabilità. La Chiesa potrà dirgli: hai sbagliato. Ma non può scomunicare un politico, dovrebbe allora scomunicare tutta la politica. Si potrebbe arrivare al paradosso di assolvere il divorziato, o il “pacsista”, e scomunicare il politico sposato...No non è la scomunica che mi fa paura».

Che cos'è che le fa paura, allora, in tutta questa vicenda?

«Leggendo i giornali, vedendo le reazioni, si ha l'impressione di due barriere. Una Chiesa che grida, che urla; e oltre alle parole del Papa, per bocca del cardinale Ruini si è saputo che anche i vescovi daranno la loro opinione ponderata. La sensazione è che siamo gli uni contro gli altri, un muro contro muro».

C'è chi accusa la Chiesa di non mostrare sufficiente carità e compassione. Lei che cosa ne pensa?

«Noi diciamo: "Per amore del mio popolo non tacerò". E' una frase di Isaia che quando ero ad Acerra ho pronunciato, contro la Camorra. Però non scomunicavo i camorristi; la scomunica è mettere fuori dalla Chiesa. La Chiesa urla i suoi principi, e gli altri prendono le loro responsabilità. Chi ha fatto la legge ne è responsabile, e questo pesa più di una scomunica».

Il cardinale Ruini ha accennato a una «parola meditata e impegnativa» per i cattolici. Che cosa significa?

«Il cattolico ha la libertà. Se è fedele, se riconosce nella Chiesa la voce di Dio, per lui non è questione di obbedire o no. Se dice di essere un cristiano, la sua vita dovrebbe essere un "sì" totale all'amore».

Ma se un cattolico politico sceglie in maniera diversa dalle indicazioni della Chiesa?

«Per me c'è sempre un principio: io ti voglio bene. Se domani mi vieni a dire: ho votato divorzio, ti rispondo: io ti voglio bene. Ti voglio bene egualmente, non la pensiamo nella stessa maniera, ognuno porterà la responsabilità di quello che ha fatto, ma ti voglio bene. E sei sempre nella Chiesa. Lo Stato può ammettere i Dico, che poi diventano un semi-matrimonio. Ma è a chi fa la scelta di vivere con un “Dico” che la Chiesa può dire poi: non ti riconosco. Non al legislatore.

Pensa che quella proposta di legge sia negativa o positiva?

«E’ un grande incoraggiamento ai giovani a non amare più il matrimonio; che mondo consegnamo ai giovani? Ai politici direi: pensateci bene, il futuro è dei vostri figli, quello che voi proponete che cosa è? E' sempre più egoismo, e alla fine l'egoismo distrugge tutto».

(da "la stampa" del 14 febbraio 2007)

bah! e' chiaro che la chiesa non scomunichera' i politici che voteranno per i pacs, ma mettera' ben in chiaro la sua posizione.
come cattolici, dobbiamo ubbidire allo stato ma anche al papa. c'e' un obbligo giuridico di ubbidire alle leggi dello stato, mentre si puo' scegliere di ascoltare o meno la chiesa.
questa non impone nulla ma ha il DOVERE DI PARLARE.
se poi i politici sedicenti cattolici voteranno i dico, nessuno li scomunichera', ma io ne terro' conto alle prossime elezioni...



LE FAMIGLIE PRIMA DI TUTTO
di BRUNO FORTE*

“AGISCI in modo da trattare l’umanità, così nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre insieme come fine, mai semplicemente come mezzo”: questo imperativo, che il filosofo Kant pone alla base della sua etica “laica”, risuona quanto mai attuale in questo momento.
Un momento in cui la passione politica e gli interessi. di parte rischiano di oscurare la vera posta in gioco di quanto si sta dibattendo sotto il nome di Dico. Questa posta non è di natura politica o peggio ancora partitica, ma semplicemente di natura morale, e perciò largamente umana, in quanto viene a toccare quei valori condivisi, per loro natura non negoziabili, che sono alla base di ogni convivenza ordinata, e specificamente della democrazia ispirata al patrimonio etico sancito nella nostra Carta Costituzionale.
Quando i Padri costituenti si riferirono alla famiglia negli articoli 29-31 della Costituzione repubblicana, lo fecero esprimendo un ethos condiviso, un sentire che nasceva dal comune riconoscimento di una sorta di “grammatica” di valori iscritta nella stessa condizione umana e che risultava particolarmente necessario richiamare dopo gli anni della barbarie della guerra scatenata dai fanatismi ideologici. Sembrava, cioè, che per ricostruire l’Italia non si potesse non porre le fondamenta irrinunciabili di un bene comune riconosciuto e voluto da tutti, almeno come meta e progetto. Ora, è precisamente uno di questi pilastri, su cui si regge la nostra democrazia, che è in gioco nel dibattito attuale: la domanda pertinente non è “quale forza politica riuscirà a vincere”, ma come far vincere tutti, facendo prevalere la ragionevolezza e il riferimento ai valori irrinunciabili, senza i quali ad andare perduta è la stessa possibilità della vita democratica e quindi del bene di tutti. Al vertice delle nostre preoccupazioni non deve stare certamente il proposito di penalizzare i diritti dei conviventi, ma piuttosto di sostenere positivamente e di promuovere le famiglie in senso proprio.
Questa considerazione fa comprendere il disagio che avverte di fronte alla proposta sui Dico chi quotidianamente sperimenta la validità dell’intuizione costituzionale sulla famiglia e la vede purtroppo già largamente disattesa: parlo qui a partire della mia esperienza di pastore, a continuo contatto con la realtà di tante famiglie che fanno fatica ad andare avanti, ad arrivare alla fine del mese per i costi della vita, per le esigenze dell’educazione dei figli, per la cura dei membri più deboli della nostra società, spesso affidati unicamente alla famiglia stessa (penso in particolare agli anziani).
In un Paese in cui si vivono ogni giorno queste difficoltà, dove la natalità è da anni in caduta libera, dove sposarsi è una sfida spesso rimandata solo perché non ci sono le condizioni abitative o lavorative per farlo, dovere primo del legislatore dovrebbe essere quello di impegnarsi per una politica seria e credibile a favore della famiglia, della sua costituzione, del suo sviluppo, delle sue ordinarie condizioni di vita dignitosa. E invece questa priorità che qualunque politico socialmente sensibile dovrebbe avvertire è posposta rispetto alla urgenza di mantenere un accordo programmatico di coalizione su un punto largamente discusso e discutibile, giungendo a una bozza di compromesso confusa e dalle conseguenze sociali, economiche e culturali tutt’altro che chiare.
Il mio no ai Dico è quello di tanti cittadini, credenti e non credenti, che condividono la constatazione del bisogno urgente di una legislazione per la famiglia, a sostegno, tutela e promozione di essa, vero nucleo di vita, di democrazia, di futuro. Non voglio negare che i diritti delle persone conviventi vadano regolati, insieme naturalmente ai loro doveri: ma questo non va fatto in maniera confusa, con rischi evitati solo a parole di equiparazione di quei diritti con quelli delle coppie unite nel vincolo matrimoniale, e con conseguenze paradossali per la vita della società civile. Come si vede, è un no che cerca soltanto di fondarsi su un uso della ragione scevro da interessi di parte e su un’attenzione ai problemi reali della gente e al bene comune cui tutti siamo chiamati responsabilmente a concorrere.
Un no che è piuttosto un sì alla famiglia e al futuro del Paese che vogliamo. La mia fede di credente aggiunge a questo il conforto di sapere che nel disegno di Dio la famiglia ha un ruolo centrale: e di cose umane Lui credo proprio che se ne intenda meglio di ogni altro!

* Arcivescovo di Chieti-Vasto

(da "il messaggero" del 13 febbraio 2007)

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[Modificato da ratzi.lella 14/02/2007 8.26]

Ratzigirl
00giovedì 15 febbraio 2007 00:00
La provincia di Ascoli "ignora" il Papa

Attacco del Consigliere provinciale Massimiliano Brugni al presidente della provincia Massimo Rossi. "ignorata la visita che la comunità delle Marche ha effettuato a Benedetto XVI"


di Massimiliano Brugni*



Sembrerebbe strano ma l'Amministrazione Provinciale di Ascoli Piceno guidata da Massimo Rossi, distintasi fino ad oggi per i numerosissimi viaggi, missioni o trasferte che dir si voglia all'estero e anche in Italia,( di cui peraltro ho chiesto l'entità delle spese ma ancora oggi dopo tre mesi e mezzo non ho ricevuto alcun dato) ignora la visita che la comunità delle Marche ha effettuato oggi per salutare Papa Benedetto XVI, visita che sicuramente avrebbe dovuto vedere presenti esponenti di questa amministrazione.

In questa strepitosa giornata in cui le Marche hanno registrato un vero e proprio esodo : circa 12000 persone, 150 sindaci, amministratori provinciali e sacerdoti , l'Amministrazione Provinciale di Ascoli snobba questo storico evento .

Ci chiediamo il perchè di questo fatto??? Possibile che il Presidente della Provincia di Ascoli non si sia sentito in dovere di trovare del tempo per partecipare direttamente e portare il saluto al Papa della storica e numerosa comunità religiosa picena che Lui ha l'onore di amministrare, perchè non avere il buon senso di far partecipare anche qualche assessore in veste ufficiale ed allargare l'invito, così come fatto altre volte a tutta l'Amministrazione Provinciale.

La compagnia era sicuramente buona, vi hanno preso parte, tra gli altri, noti amministratori di sinistra come Ucchielli presidente della Provincia di Pesaro e Silenzi di Macerata...ma di Ascoli? .

Di sicuro si è fatta anche questa volta una scelta politica, molto più importante organizzare trasferte sontuose con numerose delegazioni per andare in Cina, in Venezuela ( a portare omaggio ai governanti comunisti di quei paesi), in Polonia, in Kenia, in Svezia, in Germania che portare il doveroso saluto di chi amministra questo pezzo di Marche al Papa.

Chi governa deve rendersi conto che amministra "la cosa pubblica" in nome e per conto dei cittadini e deve comportarsi nell' azione di governo tenendo in debita considerazione la cultura, la tradizione e lo spirito religioso che anima la comunità picena.

Non si può governare solo e sempre portando avanti il proprio istinto ideologico così come dimostrato in molte altre occasioni. Peccato , anche questa volta, si è persa l'ennesima occasione per dimostrare di amministrare la Provincia liberi dalle ideologie!!!
ratzi.lella
00giovedì 15 febbraio 2007 08:44
Papa Ratzinger, davanti a ventimila fedeli in Vaticano
"Genio femminile" e generosità Il grazie del Papa alle donne
«A differenza dei dodici apostoli non abbandonarono Gesù»
di Giulia Pesticci

Roma
Gli uomini abbandonarono Gesù al momento della passione, le donne no. La storia della Chiesa avrebbe avuto uno svolgimento diverso senza l'apporto «generoso» delle donne. Grazie a Dio per il «genio femminile». È un Papa attento all'altra metà del cielo quello che, davanti a circa ventimila fedeli nell'aula Paolo VI, ha spiegato e riflettuto sulla posizione femminile ai tempi di Gesù e nella prima generazione apostolica.

«Le donne, a differenza dei dodici apostoli, non abbandonarono Gesù nell'ora della passione – ha osservato Benedetto XVI – e tra loro spicca Maria Maddalena che non solo non lo abbandonò durante la passione, ma fu anche la prima testimone e annunciatrice della Resurrezione».

Il Pontefice ha poi ringraziato «il Signore perché egli conduce la sua Chiesa generazione per generazione avvalendosi indistintamente di uomini e di donne che sanno mettere a frutto la loro vocazione per il bene dell'intero corpo ecclesiale». Papa Ratzinger ha anche citato estesamente l'apprezzamento per il «genio femminile» che Giovanni Paolo II scrisse nella lettera Mulieris dignitatem. «Questo elogio – ha commentato – riguarda tutta la storia della Chiesa ed è espresso a nome dell'intera comunità ecclesiale, e anche noi ci uniamo a questo apprezzamento». E che dire dell'«esortazione famosa» di san Paolo sul fatto che le donne non possono parlare nelle assemblee? Andrebbe «relativizzata» – ha detto –, e contrasta con un altro passo di san Paolo. «Lasciamo questa questione agli esegeti», ha suggerito, segnalando comunque che San Paolo riconosceva alle donne il dono della profezia, cioè di parlare sotto influsso dello Spirito Santo.

Fermo restando che il sacerdozio ministeriale resta riservato agli uomini, Benedetto XVI, già l'anno scorso nell'incontro di Quaresima con i parroci romani, aveva manifestato l'intenzione di avviare una «riflessione» sul ruolo delle donne nella Chiesa, in vista di un «riconoscimento» non solo «carismatico» ma anche «istituzionale».

(da “la gazzetta del sud” di giovedì 15 febbraio 2007)



Un vescovo di Milano «ministro» del Vaticano
di Andrea Tornielli

Un vescovo ausiliare di Milano si trasferisce nei sacri palazzi vaticani. Salvo sorprese dell’ultima ora, sarà resa nota a mezzogiorno di oggi in Vaticano e nella Curia ambrosiana la nomina di monsignor Francesco Coccopalmerio a presidente del Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, incarico attualmente ricoperto dal cardinale spagnolo Julían Herranz Casado, del clero dell’Opus Dei. Da quasi due anni il porporato ha rassegnato le dimissioni per raggiunti limiti d’età. La scelta del Papa è caduta su Coccopalmerio.

Nato a San Giuliano Milanese nel marzo 1938, ordinato sacerdote nel giugno 1962, Coccopalmerio è stato consacrato vescovo dal cardinale Martini nel 1993 ed è il vicario del cardinale Tettamanzi per la cultura. È attualmente presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Conferenza episcopale italiana nonché membro del supremo tribunale della Segnatura apostolica. Prima di dedicarsi al lavoro pastorale come vescovo ausiliare, Coccopalmerio è stato un giurista e ha collaborato negli anni Settanta con l’attuale cardinale arcivescovo di Madrid Rouco Varela e con lo scomparso vescovo di Lugano Eugenio Corecco.

La nomina papale, che dà il via al valzer delle poltrone curiali - nei prossimi mesi cambieranno i responsabili diversi posti chiave della Curia di Benedetto XVI, compreso il Sostituto della Segreteria di Stato - fa dell’ausiliare milanese un candidato alla porpora, anche se probabilmente non già al prossimo concistoro, previsto per giugno. Con l’arrivo a Roma di Coccopalmerio, se oggi le autorevoli indiscrezioni saranno confermate, saranno due gli ambrosiani a capo di «ministeri» della Santa Sede, dato che già il cardinale Attilio Nicora presiede l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica.

La nomina di Coccopalmerio, appoggiata dal nuovo Segretario di Stato Tarcisio Bertone, sta a significare che contrariamente a qualche previsione il Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi non è destinato ad essere riassorbito in altri organismi nell’ipotesi di una riforma della Curia romana.

(da "il giornale" del 15 febbraio 2007)



IL FATTO
Intervista al cardinale che per 22 anni ha guidato la Chiesa di Milano. Gli studi biblici,la contemplazione e il silenzio. Le giornate a Gerusalemme, l’affetto per il Papa


Martini: perché dico «grazie» a ottant’anni

«Dentro il limite, c’è più spazio per la preghiera»Prego molto per il pontefice, ha la mia età e un carico tanto grave da portare. Nutro per la sua persona riverenza e obbedienza, ma anche affetto, simpatia e comprensione Mi piacerebbe che il prossimo Sinodo dei vescovi esortasse tutti i preti a fare un brevissimo commento (due-tre minuti) sulle letture delle Messe feriali A Gerusalemme c'è un gruppo di ebrei e palestinesi colpiti dalla violenza. Anziché vendicarsi, cercano chi nel campo avverso ha sofferto un dolore simile, per costruire riconciliazione

Di Giorgio Bernardelli

L'età avanzata come un tempo propizio per vivere il ministero della preghiera prolungata. Soffermandosi sulla Milano guidata per oltre 22 anni come arcivescovo; sulla Gerusalemme ferita eppure sempre radiosa in cui trascorre molti mesi all'anno; e sul "coetaneo" Benedetto XVI, per cui chiede al Signore che possa compiersi, nella Chiesa di oggi, quell'incontro tra gioia e verità che da Successore di Pietro Ratzinger continuamente annuncia. Si racconta così, il cardinale Carlo Maria Martini che domani varca la soglia degli ottant'anni. Affidandoci anche un piccolo grande sogno che, in questa intervista ad Avvenire, da grande biblista ci confida guardando già all'appuntamento del Sinodo dei vescovi, che l'anno prossimo metterà a tema la Parola di Dio: convincere tutti i sacerdoti del mondo a proporre anche nelle Messe feriali un brevissimo commento alle letture («bastano due-tre minuti») per realizzare appieno quanto sollecitato ormai oltre quarant'anni fa dalla Dei Verbum.
Sono un compleanno importante per un porporato gli ottant'anni, il limite di età introdotto da Paolo VI per entrare in un ipotetico conclave. Dopo 24 anni dal suo ingresso nel collegio cardinalizio, dunque, con oggi per Martini si accentua ancora di più quella particolare forma di servizio alla Chiesa attraverso lo studio della Parola di Dio e la preghiera di intercessione, che lui stesso ha indicato per sé fin da quando, nel luglio 2002, ha lasciato la guida dell'arcidiocesi ambrosiana. E allora, anche in questa ricorrenza, non si può partire che dalla Scrittura, il grande filo rosso che ha scandito questi ottant'anni di vita del gesuita Carlo Maria Martini.
La Parola di Dio al salmo 89 (90) ha una citazione un po' austera sugli ottant'anni. Come vive lei quest'età della vita?
«Il salmo 89 (90) parla della fragilità dell'uomo e dice fra l'altro: "Finiamo i nostri anni come un soffio. /Gli anni della nostra vita sono settanta / ottanta per i più robusti /ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo". Il salmo prevedeva quindi già per quel tempo, in cui la vita media dell'uomo era assai più breve, la possibilità di arrivare fino agli ottanta anni. Sono grato al Signore per quanto mi ha dato di vivere fino a questa età. Non potrei dire che questi anni sono passati per me come un soffio: mi pare che la mia vita sia stata molto lunga e piena. Così pure, diversamente dal salmo, non mi pare di poter dire che quasi tutti questi anni sono stati "fatica e dolore". Il Signore è stato buono con me, ha avuto riguardo alla mia debolezza e mi ha salvato da molte prove, almeno sino ad ora. Vivo questa età della vita cercando di esprimere quella che la Bibbia ebraica chiama todah e beracha, cioè lode e ringraziamento. Quanto ai piccoli acciacchi dell'età e della salute, mi confortano le parole di san Paolo: "Anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno" (2 Cor 4,16); e ancora "Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà esser rivelata in noi" (Rom 8,18)».
Lei ha raccontato, qualche tempo fa, la fatica ma anche l'importanza di accettare con serenità i ritmi di vita forzatamente meno intensi imposti dall'età e dalla malattia. C'è una profezia da vivere anche nel limite e nel riposo?
«Certamente non è facile accettare il limite e non siamo tanto abituati al riposo. Ma c'è di fatto la possibilità di dare più tempo alla preghiera e alla contemplazione, soprattutto nella pratica della "preghiera di intercessione", di cui la Scrittura ci dà alcuni memorabili esempi (come Abramo in Genesi 18 e Mosè in Esodo 32-34). Io ho tante intenzioni per cui pregare: tutte le realtà di persone e situazioni conosciute a Milano, tutte quelle che mi vengono raccomandate dalle persone che incontro, quelle della terra in cui vivo, cioè Gerusalemme e il Medio Oriente… Ci si sente com e soverchiati e impari a questo grande compito, ma mi conforta il pensiero che la mia non è che una piccola e modesta parte della grande intercessione della Chiesa, la quale a sua volta si fa una con la intercessione di Cristo (cfr Ebrei 7,25)».
Tra un mese l'arcidiocesi di Milano la raggiungerà a Gerusalemme, per festeggiare insieme i suoi 80 anni e il cinquantesimo di sacerdozio del cardinale Tettamanzi. Come guarda a questo momento?
«Come a un gesto di riconoscenza e di affetto che non merito, ma che mi testimonia della grande bontà e misericordia di Dio, che vive e opera nel cuore dei miei fratelli e delle mie sorelle di Milano. Guardo poi al cinquantesimo di sacerdozio del mio successore come ad un traguardo che lo rende benemerito della nostra Chiesa locale e della Chiesa universale».
Il Sinodo dei vescovi che si terrà l'anno prossimo avrà per tema "La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". Che cosa si attende da questo appuntamento?
«Che la Chiesa faccia un serio e ampio esame di coscienza sul modo con cui ha attuato finora il capitolo VI della Dei Verbum e su come intende progredire in futuro su questa via. C'è ancora molto da fare per attuare quanto si richiede in questo capitolo su "La Scrittura nella vita della Chiesa", che raccomanda in particolare la lectio divina a tutti i fedeli. D'altra parte forse oggi noi vediamo nuovi problemi e compiti, che è bene mettere a tema prevedendo di affrontarli nel futuro. Mi piacerebbe anche che il Sinodo esortasse tutti i preti a fare un brevissimo commento (due-tre minuti) sulle letture delle Messe feriali».
Su Gerusalemme sembrano addensarsi continuamente nuove nubi: come non disperdere il messaggio di pace che questa città porta scritto dentro di sé?
«C'è un gruppo a Gerusalemme formato da ebrei e palestinesi che mi dà molta speranza e indica la via giusta. Consiste di famiglie che hanno avuto ciascuna un lutto grave per la violenza di questi anni. Invece di crogiolarsi nel desiderio di vendetta, hanno deciso di andare a cercare chi nell'altro campo ha sofferto un dolore simile, per viverlo insieme e parlare così con realismo di vie di riconciliazione e di pace».

Tra poche settimane anche Benedetto XVI compirà 80 anni: quale augurio si sente di rivolgergli?

«Prego molto per lui, perché ha la mia stessa età e un carico tanto grave da portare. Per questo sento, riguardo alla sua persona, non solo riverenza e obbedienza, ma anche affetto, simpatia e comprensione. Gli auguro ciò che dice san Paolo in Ebrei 13,17: che possa godere di tanta obbedienza e collaborazione da parte di tutti così che possa portare questo peso "con gioia e non gemendo". E chiedo anche che viva la consolazione di cui parla la terza Lettera di San Giovanni al versetto 1,4, quando dice: "Non ho gioia più grande di questa, sapere che i miei figli camminano nella verità"».

(da "avvenire" del 14 febbraio 2007)

[Modificato da ratzi.lella 15/02/2007 8.50]

Paparatzifan
00giovedì 15 febbraio 2007 23:24
Da L'Osservatore Romano di oggi...
Le cose dell'uomo


GAETANO VALLINI

In tempi di acrobazie verbali, oltre che giuridiche, forse vale la pena sottolineare qualche punto fermo, che non si presti a fraintendimenti.
Una Chiesa che si occupa delle cose di Dio non può non occuparsi delle cose degli uomini. Perché l'uomo è cosa di Dio. Per questo tutto ciò che riguarda l'uomo riguarda la Chiesa. E nulla più della famiglia riguarda l'uomo.
Non si comprende, quindi, perché la Chiesa, il Papa e i Vescovi non possano intervenire su un tema tanto delicato quanto cruciale come quello della famiglia. Intervenendo, la Chiesa non difende una posizione "politica", ma semplicemente adempie al suo mandato, che è anche un suo diritto: predicare con libertà la fede e insegnare la sua dottrina sociale, dando un giudizio morale anche su cose che riguardano l'ordine politico se in gioco ci sono l'uomo e la sua dignità.
Negare ciò significa negare un diritto-dovere. Benedetto XVI è stato chiaro: "Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l'uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo? Non è piuttosto il loro - il nostro - dovere alzare la voce per difendere l'uomo, quella creatura che, proprio nell'unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio?".
Di fronte a queste parole ci sembrano quanto meno inopportune quelle voci che in questi giorni, anche con appelli pubblici, vorrebbero far tacere questa "voce" tanto autorevole quanto scomoda. Tanto scomoda da essere definita da alcuni impropriamente un'"ingerenza".
La Chiesa sulla famiglia ha il dovere di parlare. Chi vuole, ascolta. Ma non le si chieda di tacere. Sulla famiglia, sul matrimonio, esiste una verità che la Chiesa non può tacere e che i credenti sono chiamati a preservare, oltre che a vivere e a testimoniare. Perché si ritiene sia patrimonio di tutti, dell'intera società. Del resto è una verità che non possiede un carattere peculiarmente religioso - l'antropologia l'insegna - e, per questo, l'impegno in difesa della famiglia dovrebbe riguardare tutti.
Forse bisognerebbe riconoscere che le cose di Dio e le cose degli uomini coincidono più di quanto si sia disposti a riconoscere. E quando ciò accade - come in questa circostanza - la testimonianza diventa anche impegno di civiltà.
euge65
00giovedì 15 febbraio 2007 23:25
Re: Da L'Osservatore Romano di oggi...

Scritto da: Paparatzifan 15/02/2007 23.24
Le cose dell'uomo


GAETANO VALLINI

In tempi di acrobazie verbali, oltre che giuridiche, forse vale la pena sottolineare qualche punto fermo, che non si presti a fraintendimenti.
Una Chiesa che si occupa delle cose di Dio non può non occuparsi delle cose degli uomini. Perché l'uomo è cosa di Dio. Per questo tutto ciò che riguarda l'uomo riguarda la Chiesa. E nulla più della famiglia riguarda l'uomo.
Non si comprende, quindi, perché la Chiesa, il Papa e i Vescovi non possano intervenire su un tema tanto delicato quanto cruciale come quello della famiglia. Intervenendo, la Chiesa non difende una posizione "politica", ma semplicemente adempie al suo mandato, che è anche un suo diritto: predicare con libertà la fede e insegnare la sua dottrina sociale, dando un giudizio morale anche su cose che riguardano l'ordine politico se in gioco ci sono l'uomo e la sua dignità.
Negare ciò significa negare un diritto-dovere. Benedetto XVI è stato chiaro: "Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l'uomo non ci interessa? I credenti, in virtù della grande cultura della loro fede, non hanno forse il diritto di pronunciarsi in tutto questo? Non è piuttosto il loro - il nostro - dovere alzare la voce per difendere l'uomo, quella creatura che, proprio nell'unità inseparabile di corpo e anima, è immagine di Dio?".
Di fronte a queste parole ci sembrano quanto meno inopportune quelle voci che in questi giorni, anche con appelli pubblici, vorrebbero far tacere questa "voce" tanto autorevole quanto scomoda. Tanto scomoda da essere definita da alcuni impropriamente un'"ingerenza".
La Chiesa sulla famiglia ha il dovere di parlare. Chi vuole, ascolta. Ma non le si chieda di tacere. Sulla famiglia, sul matrimonio, esiste una verità che la Chiesa non può tacere e che i credenti sono chiamati a preservare, oltre che a vivere e a testimoniare. Perché si ritiene sia patrimonio di tutti, dell'intera società. Del resto è una verità che non possiede un carattere peculiarmente religioso - l'antropologia l'insegna - e, per questo, l'impegno in difesa della famiglia dovrebbe riguardare tutti.
Forse bisognerebbe riconoscere che le cose di Dio e le cose degli uomini coincidono più di quanto si sia disposti a riconoscere. E quando ciò accade - come in questa circostanza - la testimonianza diventa anche impegno di civiltà.



GRAZIE GLORIA PER AVER POSTATO L'ARTICOLO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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euge65
00venerdì 16 febbraio 2007 21:22
DA " IL TEMPO"
Ora anche gli intellettuali si dividono e inviano appelli alle gerarchie ecclesiastiche


DOPO i giuristi anche gli intellettuali si dividono e inviano due appelli distinti alle gerarchie ecclesiastiche. Uno, promosso dai cattolici-democratici Giuseppe Alberigo, Alberto Melloni e Alessandro Parola, chiede alla Cei di evitare la nota che impedisce ai parlamentari di votare il ddl sui Dico. «La Chiesa italiana - si legge nel testo -, malgrado sia ricca di tante energie e fermenti, sta subendo un’immeritata involuzione. L’annunciato intervento della Presidenza della Conferenza Episcopale è di inaudita gravità. Con un atto di questa natura l’Italia ricadrebbe nella deprecata condizione di conflitto tra la condizione di credente e quella di cittadino». Immediata la replica di intellettuali cattolici e laici che, sul quotidiano Il Foglio oggi in edicola, invitano i vescovi a confermare l’annunciato documento contro il ddl del governo sui «Dico». Tra i sostenitori dell’iniziativa, oltre al direttore del giornale Giuliano Ferrara, Sergio Ricossa, Marta Sordi, Francesco D’Agostino, Vittorio Mathieu, Lucetta Scaraffia, Giovanni Maria Vian, Ubaldo Casotto, Antonio Socci, Nicoletta Tiliacos, Eugenia Roccella e Sergio Soave. «Noi laici e cattolici italiani - si legge nel documento - chiediamo ai vescovi di mantenere chiara e libera la loro impostazione di dottrina e di cultura morale in tema di legislazione familiare. Riteniamo ingiusta ogni forma di intimidazione intellettuale contro l’autonomia del pensiero religioso».

UNA CORDATA CONTRO QUELLA DI MELLONI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
ratzi.lella
00sabato 17 febbraio 2007 14:36
appello e controappello
Battaglia su laicita’ e liberta’

Cattolici di sinistra ai vescovi: non battetevi per le idee della chiesa. Ma c’è un controappello
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Appello ai vescovi italiani
La Chiesa italiana, malgrado sia ricca di tante energie e fermenti, sta subendo un’immeritata involuzione. L’annunciato intervento della Presidenza della Conferenza episcopale, che imporrebbe ai parlamentari cattolici di rifiutare il progetto di legge su “diritti delle convivenze” è di inaudita gravità. Con un atto di questa natura l’Italia ricadrebbe nella deprecata condizione di conflitto tra la condizione di credente e quella di cittadino. Condizione insorta dopo l’unificazione del paese e il “non expedit” della Santa Sede e superata definitivamente solo con gli accordi concordatari.
Denunciamo con dolore, ma con fermezza, questo rischio e supplichiamo i Pastori di prenderne coscienza e di evitare tanta sciagura, che porterebbe la nostra Chiesa e il nostro Paese fuori dalla storia. Si può pensare che il progetto di legge in discussione non sia ottimale, ma è anche indispensabile distinguere tra ciò che per i credenti è obbligo, non solo di coscienza ma anche canonico, e quanto deve essere regolato dallo Stato laico per tutti i cittadini.
Invitiamo la Conferenza episcopale a equilibrare le sue prese di posizione e i parlamentari cattolici a restare fedeli al loro obbligo costituzionale di legislatori per tutti.

Giuseppe Alberigo - Bologna
Alberto Melloni - Bologna
Gian Carlo Jocteau - Torino
Maria Serena Piretti - Bologna
Stefano Sciuto - Torino
Ugo Perone - Vercelli
Corrado Truffelli - Parma
Vittorio Bellavite - Milano
Maria Serena Piretti - Bologna
Raniero La Valle - Roma
Ettore Masina - Roma
Angelina Nicora - Bologna
Giuseppe Ruggieri - Catania

Controappello ai vescovi italiani

Noi laici e cattolici italiani chiediamo ai vescovi di mantenere chiara e libera la loro impostazione di dottrina e di cultura morale in tema di legislazione familiare. Riteniamo ingiusta ogni forma di intimidazione intellettuale contro l’autonomia del pensiero religioso. Consideriamo decisivo, per arricchire il pluralismo di valori della società italiana, che la religione occupi uno spazio pubblico nella vita della comunità. Giudichiamo improprio, e sintomo di un uso politico della sfera religiosa, l’appello dei cattolici democratici affinché la chiesa italiana rinunci a un suo atto di magistero, che la libera coscienza di laici e cattolici, compresi i parlamentari della Repubblica, potrà valutare serenamente e in piena libertà.
Il nuovo Concordato del 1984 affida alla chiesa italiana, che non è più espressione di una “religione di stato”, un ruolo indipendente di testimonianza civile, politica e morale che è pienamente compatibile con la funzione laica e sovrana nel suo ordine dello stato. La cultura di questo paese deve liberarsi delle pastoie politiciste di un pensiero illiberale e veteroconcordatario che intende censurare con argomenti obliqui la libertà religiosa e la sua funzione sociale.

Sergio Ricossa - Torino, Marta Sordi - Milano, Francesco D’Agostino - Roma, Vittorio Mathieu - Torino, Giuliano Ferrara - Roma, Lucetta Scaraffia - Roma, Giovanni Maria Vian - Roma, Ubaldo Casotto - Roma, Antonio Socci - Siena, Nicoletta Tiliacos - Roma, Eugenia Roccella - Roma, Sergio Soave - Milano, Luigi Amicone - Milano

(da "il foglio" del 15/02/2007)


Battaglia su laicita’ e liberta’
Acquaviva, laicisti ottocenteschi e cattolici democratici sono fantasmi veteroconcordatari ________________________________________

Roma. Gennaro Acquaviva, sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il governo Craxi (1983-’87), legge l’allarmata dichiarazione di Stefano Rodotà sull’annuncio di un documento della Cei sui Dico, impegnativo per i cattolici: “Così in un colpo solo viene aperto un conflitto con il governo, affermata la sovranità limitata del Parlamento, azzerata la Costituzione”. Acquaviva ripiega Repubblica e commenta: “Un linguaggio ottocentesco e una lettura dell’articolo 7 della Costituzione ferma al Concordato del 1929, esattamente come quella di Leopoldo Elia. I cattolici democratici – che se andate nelle parrocchie nessuno sa chi siano, mentre hanno molta udienza sui media – si dimenticano che su questo punto la Costituzione è stata già cambiata, è successo nel 1984 quando il laico e garibaldino Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli, che non credo agisse sotto l’influenza di Ruini, firmarono la revisione del Concordato”. Sul perché di questa omissione Acquaviva ritiene che “in questo paese ci siano molti orfani della Dc, lo strumento di mediazione che la chiesa ha usato per cinquant’anni, certo per difendere i suoi interessi, ma anche quelli del paese. Finita la funzione di questo partito la questione cattolica rimane, nel senso che rimane la chiesa come protagonista sociale, culturale e in qualche modo politico della vita del paese”. Sull’importanza di quanto successo nell’84 Acquaviva non ha dubbi, “la modifica dell’assetto dell’articolo 7 è stato un atto modernizzatore della vita pubblica italiana e forse vale la pena rileggerla: ‘La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese’. Sottolineo ‘reciproca collaborazione’. E’ tutto qui il superamento dell’impostazione ‘separatista’ risorgimentale dei rapporti tra stato e chiesa. Non ci sono più due soggetti che si riconoscono diritti, doveri e privilegi ma un accordo che toglie i privilegi nella logica di un rapporto collaborativo di libertà”. Rinuncia a privilegi? “Il cattolicesimo non è più religione di stato, e scusate se è poco, l’insegnamento della religione cattolica è diventato totalmente facoltativo. E poi è cambiato il sistema di finanziamento. Tutto questo rende la chiesa più libera e meno clericale il rapporto tra politici cattolici e Vaticano, ricordatevi che Dossetti faceva la spola con la Segreteria di stato a prendere ordini per la Costituente… E ricordatevi anche che il cattolico democratico Ciriaco De Mita, allora segretario della Dc, non venne alla Camera per votare il testo del nuovo Concordato”.

Il garibaldino Craxi: “Non affamare i preti” All’obiezione che il Concordato resta comunque un trattato internazionale fra due stati mentre qui c’è di mezzo l’episcopato italiano Acquaviva risponde che “senza l’accordo dell’84 non ci sarebbe la Cei, o meglio, ci sarebbe canonicamente, già c’era, ma il suo essere interlocutore reale, soggetto italiano della chiesa universale dipende molto da quelle due firme. Il perché è tutto nell’8 per mille, che non va al Vaticano, ma ai vescovi italiani. Tu non rendi libero uno se non gli dai la possibilità economica di vivere”. Una bella responsabilità per un politico laico come Craxi… “Craxi, che non risparmiò duri attacchi a Giovanni Paolo II che comiziava per il referendum sull’aborto, era però convinto che il tessuto del nostro paese, lo stare insieme degli italiani non poteva reggere senza il cristianesimo, e questo non è solo una verità storica, è una verità nel presente, avremmo un paese sbrindellato. L’intelaiatura istituzionale che si è costruita risponde a questo desiderio, dirò di più a questo obbligo morale e politico di tenere insieme il paese. Per questo a Francesco Margiotta Broglio, che sul finanziamento della chiesa giocava al ribasso, Craxi diede una indicazione politica: ‘Non affamare i preti’”.
Acquaviva ritiene attuale anche oggi il giudizio di Craxi: “Una società laica ha interesse a una presenza pubblica della religione, ne è arricchita, non impoverita. In Italia la chiesa, maggioritaria o minoritaria che sia, è una forza sociale rilevante, la sua dimensione pubblica è ineludibile, direi che è auspicabile”. E se gli si prospetta il modello americano di rapporto stato-chiese improntato a una più franca libertà ma anche a un più deciso interventismo, modello elogiato sia dal cardinale Ruini che da Benedetto XVI, Acquaviva distingue: “Sono due storie troppo diverse, la via della modernizzazione da noi passa per un accordo. Non potremmo mai, anche se sarebbe bello, avere Dio nel preambolo della Costituzione o pregare nell’Aula del Parlamento come chiese La Pira”.
E i Dico? “Non sono riusciti a evitare le trappole del linguaggio, ma il decidere di fare una legge ad hoc, invece di modificare il codice civile, portava inevitabilmente a una definizione di simil-matrimonio. E alla scontata reazione delle chiesa. Vuole una previsione? Hanno deciso di iniziare col Senato, credo che non se ne farà niente”.

(da "il foglio" del 15/02/2007)

[Modificato da ratzi.lella 17/02/2007 14.38]

emma3
00sabato 17 febbraio 2007 16:33
Chiesa e Democrazie

la Fede, le Leggi e i Peccatori


di emanuele severino


Esistono forze - si crede - capaci di trasformare il mondo. Ognuna tende a rafforzare se stessa e indebolire le altre. Il cristianesimo è una di esse; e la Chiesa cattolica è la forma attuale più imponente del cristianesimo. La lotta della Chiesa contro aborto, divorzio, fecondazione artificiale e, ora, contro le misure del governo sui Dico si sviluppa appunto all' interno di quello scontro di forze. * * * La Chiesa sta dicendo che quelle misure indeboliscono la «famiglia naturale» voluta da Dio. Si tratta allora di rafforzare la «famiglia naturale» e quindi di indebolire ogni convivenza «innaturale». La Chiesa distingue l' individuo umano dal modo in cui egli pensa. Ma per la Chiesa i diversi contenuti della fede cristiana - uno dei quali è appunto la «famiglia naturale» - sono rafforzati da un' abbondante presenza di cristiani, così come il fuoco è rafforzato da un' abbondante presenza di legna. Si tratta quindi di rendere più abbondante la presenza dei cristiani e sempre più esigua quella dei non cristiani. Un compito arduo (al quale tuttavia essa non può rinunciare) in un tempo in cui, la Chiesa sa bene, i cristiani sono sempre di meno. Poiché la Chiesa distingue l' individuo dal modo in cui egli pensa, la volontà di ridurre i non cristiani non si esprime più come volontà di annientarli come individui, ma come volontà di annientare i loro errori. Si odia e si combatte il peccato, non il peccatore. Va detto però che come l' esistenza del cristiano rafforza, per la Chiesa, la fede cristiana, così l' esistenza del peccatore - cioè di quell' individuo che è il peccatore - rafforza il peccato. Non riconoscerlo è incoerenza o malafede. Pertanto, per rafforzare la fede e i cristiani, si dovranno sì annientare i peccati, ma si dovranno anche indebolire i peccatori, la cui esistenza rafforza l' esistenza del peccato come coloro che mettono acqua sulla legna spengono il fuoco e fanno fumo. Difficile, però, stabilire il limite oltre il quale, indebolendo il peccato, si manda all' altro mondo anche il peccatore. I rapporti tra Chiesa e democrazie moderne sono difficili, perché altra strada, per indebolire il peccatore di cui la Chiesa intende per altro rispettare la vita, la Chiesa non ha se non quella di rendergli la vita difficile: impedendogli di diffondere il proprio modo di pensare e realizzare istituzioni in cui esso si rifletta (si pensi alla scuola pubblica in quanto «laica», e agli interventi medici condannati dalla dottrina cattolica); e impedendogli di avere peso politico e di disporre di finanziamenti che rendano possibile tutto questo. Se la Chiesa non lo facesse sarebbe incoerente. Si tratta, appunto, di indebolire il più possibile il peccato e il peccatore. Che a loro volta non intendono farsi togliere di mezzo e reagiscono. La democrazia moderna è anch' essa contenuto di una fede, che però rende possibili, senza renderle obbligatorie, leggi che in determinati ambiti, rispettando la Costituzione, consentono a ciascuno di vivere come vuole. La Chiesa, invece, sollecita leggi che, in quegli ambiti, impongano a tutti di vivere secondo i dettami della fede cristiana. È una fola che la Chiesa non debba ingerirsi nella vita dello Stato, ed è democratico l' atteggiamento di parlamentari che votano in un certo modo perché vogliono obbedire alla Chiesa, e che se hanno la maggioranza fanno diventare legge dello Stato le loro convinzioni. Rimane però la differenza, la maggiore democraticità della fede democratica, rispetto alla fede cristiana. (Lo si dice spesso, ma è un discorso che ha forza solo dopo che si sia riconosciuta la legittimità di leggi volute da una maggioranza cattolica). La democrazia non chiude infatti la porta a leggi che, non contrarie alla Costituzione, in certi campi lascino ognuno libero di vivere come vuole: non chiude loro la porta, senza tuttavia imporle, perché non la chiude nemmeno a leggi che, come quelle cattoliche, impongono invece anche ai non credenti, in quei campi, di vivere come essa crede sia giusto vivere.

Corriere della Sera 16 febbraio 2007



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