La Stampa - Cosa dicono i giornali

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Ratzigirl
00sabato 21 maggio 2005 01:06
In questa sezione verranno postate le notizie che i giornali nazionali e internazionali pubblicano riguardo la figura del Papa.
Questo ci dà modo di leggere, capire e valutare lediverse opinioni che si possono creare nei diversi paesi del mondo.

RATZGIRL
00sabato 21 maggio 2005 01:15
Questa si che è una grande idea![SM=g27823] [SM=g27822]
Ratzigirl
00sabato 21 maggio 2005 01:20
Le pubblicazioni nel giorno dell'elezione 19 aprile 2005

STAMPA TEDESCA

SU TUTTE PRIME PAGINE FOTO DEL 'TEDESCO' BENEDETTO XVI
Stampa tedesca orgogliosa dell'elezione di Ratzinger

Tutti i quotidiani tedeschi indistintamente aprono oggi in prima con titoloni a tutta pagina sull'elezione al soglio pontificio del cardinale Joseph Ratzinger, del quale vengono mostrate foto giganti a colori.
'Noi siamo papa - Il nostro Joseph Ratzinger è Benedetto
XVI', titola a caratteri cubitali la Bild, il giornale più
letto di Germania. Il quotidiano popolare rinuncia alla consueta pinup e pubblica una gigantografia del nuovo pontefice sull'intera prima pagina, dove si parla di «sensazione del secolo». Il giornale dedica all'elezione di Ratzinger ben sei intere pagine.
'Joseph Ratzinger' è il titolo a sei colonne della conservatrice Frankfurter Allgemeine Zeitung, che ha anch'essa una grande foto in bianco e nero di Benedetto XVI. 'Dopo secoli, di nuovo un papa tedesco', aggiunge il giornale nel catenaccio.Pressochè analogo il titolo a tutta prima pagina della Sueddeutsche Zeitung: 'Joseph Ratzinger è il nuovo papa'.
Anche il giornale liberal di Monaco di Baviera mostra una
grande foto a colori del nuovo pontefice, rilevando tuttavia nel catenaccio come la sua elezione abbia suscitato «gioia e critiche tra i cattolici».
'Un tedesco eletto papa: Jospeh Ratzinger è Benedetto XVI' è il titolone del quotidiano Die Welt che ha una enorme foto a colori di Ratzinger raggiante dopo l'annuncio alla Loggia vaticana. «Dopo quasi 500 anni di nuovo un capo della Chiesa cattolica tedesco», scrive la Welt.
'Joseph Ratzinger - Papa Bendetto XVi' è il titolo a tutta
prima del berlinese Der Tegesspiegel, anch'esso con la grande foto del nuovo papa. Un titolo quasi identico a quello della Berliner Morgenpost: 'Ratzinger è papa Benedetto XVI', che ha una foto gigante di Ratzinger sulla Loggia.
Meno euforico il titolo in prima di Die Tageszeitung, il quotidiano della sinistra berlinese. Al centro dell'intera prima pagina in nero il titolo 'Oh, mio Dio', con in alto a sinistra in piccolo l'annuncio che 'Joseph Ratzinger è il nuovo papa'.
'I cattolici hanno un papa tedesco', titola la Berliner Zeitung, e la Frankfurter Rundschau 'Ratzinger è il nuovo
papa'.
Anche i due principali giornali economici hanno titoloni sul
papa tedesco. 'Joseph Ratzinger è Benedetto XVI' titola il
Financial Times Deutschland, mentre per Handelsblatt 'Il tedesco Joseph Ratzinger è il nuovo papa Benedetto XVI'.
La stampa bavarese sottolinea da parte sua le origini di
Ratzinger. 'Uno di Monaco è il nuovo papa', è il titolo di
Abendzeitung che ha una grande foto del nuovo pontefice, mentre per Tz - l'altro quotidiano di Monaco - 'Un bavarese è papa'.


STAMPA BELGA

«PANZERKARDINAL E PONTEFICE DI FERRO, LO ASPETTIAMO AL VARCO»
Stampa belga: un Rottweiler di Dio
«Panzerkardinal diventa Papa»; «Nessuno accarezza il rottweiler di Dio»; «Benedetto XVI, un Papa di ferro»; «Benedetto XVI un Papa ortodosso». Questi i grandi titoli dei principali quotidiani belgi che aprono in prima con la foto a tutta pagina di Benedetto XVI.
Decine di servizi vengono dedicati all'elezione del nuovo
pontefice con diversi dubbi e un unico denominatore comune: la grande attesa di vederlo all'opera.
«È una scelta di una rude chiarezza» scrive il quotidiano
cattolico La Libre Belgique. Il nuovo Pontefice «dovrà
dissipare il profilo intransigente che si è instancabilmente
forgiato».
«I cristiani belgi dubitano» si legge sul quotidiano di Bruxelles Le Soir, ma «tutti sono pronti ad accordare 'il beneficio del dubbiò all'ex cardinale marcato dall'immagine negativa di guardiano del dogma, erede storico della Santa inquisizione».
«Uno della linea dura diventa papa di transizione» scrive
invece il centrista De Standaard. «Con il tempo si vedrà se la scelta del nome Benedetto contiene un programma del Papa inatteso, ma niente nella storia di questo Papa tedesco punta in questa direzione».
«Questo Papa - commenta invece il quotidiano radicale De
Morgen - potrebbe fare del dogma e della chiesa i fondamenti del suo pontificato mentre il mondo ha forse bisogno di un padre della chiesa che metta al centro piuttosto il messaggio di misericordia e di amore che si trova nel vangelo. I prossimi anni mostreranno se il cardinale più severo degli ultimi decenni potrà diventare un grande padre della Chiesa».

STAMPA SPAGNOLA

RATZINGER DEFINITO GUARDIANO DELL'ORTODOSSIA E DELLA FEDE
Stampa spagnola: ala destra dello Spirito Santo
«L'Ala destra dello Spirito santo»: così definisce oggi Benedetto XVI il quotidiano progressista di Barcellona El Periodico facendosi portavoce delle forti preoccupazioni della sinistra laica all'elezione di Ratzinger, mentre il resto dei giornali è quasi sempre d'accordo nel definirlo «guardiano dell'ortodossia» o «della fede».
«Eletto papa il tedesco Ratzinger, guardiano dell'ortodossia» titola a tutta prima il quotidiano socialista
El Pais commentando all'interno la figura del «cardinale di
ferro alla guida della chiesa» e ricordando la sua condanna del matrimonio omosessuale e la sua omelia sulla «dittatura del relativismo».
«La Chiesa si arrocca» commenta El Mundo vicino all'opposizione di centrodestra sottolineando che c'è «euforia nei settori conservatori della chiesa cattolica e delusione tra i progressisti che speravano in un cambiamento». Ma il giornale non esclude che Benedetto XVI finisca per essere «diverso da Joseph Ratzinger». Il monarchico Abc e La Razon titolano sulla continuità della «mano destra di Giovanni Paolo II» e del «Guardiano della fede».
El Periodico non ha invece dubbi ed apre a tutta pagina con
una foto e un titolo 'Papa durò definito «l'ala destra dello
Spirito Santo» la cui elezione, scrive, «causa delusione fra i cattolici progressisti e i laici». Secondo il giornale esiste
il rischio «di un inasprimento dell'inverno ideologico esistito
sotto la spettacolare affabilità di Wojtyla» e si teme che
«continueranno a morire di aids migliaia di credenti del Terzo Mondo che abbediscono alla consegna secondo cui Dio proibisce il preservativo».
Per La Vanguardia di Barcellona «Un ortodosso di fiducia di
Giovanni Paolo II».
Tutta la stampa riferisce della volontà espressa ieri dal
premier Josè Luis Rodriguez Zapatero di «collaborare» col
nuovo papa - malgrado le differenze con la gerarchia cattolica su molte questioni - la posizione cauta ma aperturistica del Partito socialista (Psoe), quella soddisfatta dell'opposizione di centro destra (Pp), l'entusiasmo dell'Opus Dei, l'affettuoso messaggio della Conferenza episcopale e la preoccupatissima reazione della sinistra. «La sua elezione dimostra che anche lo Spirito Santo può sbagliare» ha detto Gaspar Llamazares del partito Sinistra Unita (Iu).

STAMPA TURCA

Stampa turca: contrario alla nostra adesione Ue
La stampa turca di stamani commenta l'elezione di Joseph Ratzinger sottolineando in coro che il nuovo papa è contrario all'adesione a pieno titolo della Turchia all'Unione europea ed è favorevole, invece, ad una patnership privilegiata tra Ankara e Bruxelles.
'Il cardinale che ha polemizzato con Erdogan è diventato
papa', titola il giornale Hurriyet (di centro) aggiungendo che «il nuovo papa è apertamente contrario all'adesione della Turchia all'Ue» e che «non vuole la Turchia».
Il giornale Milliyet (liberale di centro-sinistra) scrive che
Ratzinger sarebbe «uno dei padri del concetto della partnership privilegiata della Turchia nell'Ue» (cioè della proposta respinta con sdegno da Ankara di stabilire tra l'Ue e la Turchia accordi speciali economici e di vario genere senza conferirle un potere di voto negli organismi politici comunitari). Lo stesso Milliyet ed altri giornali ricordano che in varie dichiarazioni pubbliche papa Benedetto XVI è sembrato riservare alla Turchia «un ruolo di leader dei paesi arabi ad essa vicini».
Il giornale Radikal (di sinistra) titola 'Il nuovo papa è contrario alla Turchia' equiparando, come fanno anche altri giornali, la contrarietà di Ratzinger all'adesione a pieno titolo della Turchia all'Ue come una «avversione alla Turchia» tout court.
Il giornale Zaman (di tendenze islamiche) scrive anche che
«i possibili atteggiamenti antiturchi del Vaticano del nuovo
papa manderanno dei segnali sbagliati non solo ai turchi, ma anche a tutti i musulmani».
Ratzinger, da Prefetto della Congregazione per la dottrina
della fede, in più occasioni ha definito «un grande errore»
ed «antistorica, l'eventuale adesione della Turchia a pieno
titolo nell'Ue, lasciando aperta, però, la strada ad una
partnership privilegiata tra Ankara e Bruxelles.


STAMPA USA

Stampa Usa: un conservatore difensore della dottrina
Un conservatore noto «per il rigoroso sostegno della dottrina della Chiesa». Così la stampa americana descrive il nuovo Papa Joseph Ratzinger.
Ratzinger era già il favorito prima di entrare in Conclave,
nota il sito del New York Times, scrivendo che durante il Pontificato di Giovanni Paolo II, il futuro Benedetto XVI era «l'inflessibile difensore della dottrina della chiesa». Fra i più stretti collaboratori del suo predecessore, Ratzinger «è stato descritto come un conservatore, e come Decano del Collegio dei Cardinali era ampiamente rispettato per i suoi principi ultraconservatori, il suo essere senza compromessi, la sua abilità critica». Il Washington Post ricorda il suo «rigoroso sostegno alla dottrina della Chiesa», e «l'appassionata difesa dell'ortodossia» pronunciata ieri durante la messa precedente al Conclave, di cui il giornale riporta poi alcuni.


STAMPA ISRAELIANA

'FUMATA BIANCA, PASSATO NERO', AMPIO SPAZIO
AGLI ANNI DELLA SUA GIOVINEZZA TRASCORSI IN GERMANIA IN DIVISA.
Stampa israeliana: un pontefice di continuità
La stampa israeliana dedica oggi ampio spazio alla nomina di papa Benedetto XVI e alle analisi della sua figura, che viene rappresentata come quella di un continuatore dell'opera intrapresa da Giovanni Paolo II.
«Buone notizie per gli ebrei» titola Haaretz in un
commento, riportando le parole del rabbino David Rozen che negli anni passati ha preso parte attiva al dialogo con la Chiesa cattolica. Secondo Yediot Ahronot, il dialogo con il mondo ebraico non sarà tuttavia intenso come nel precedente pontificato perchè - è stato spiegato al giornale - «il suo ordine di priorità differisce da quello di papa Wojtyla».
Yediot Ahronot titola in prima pagina: 'Fumata bianca, passato nero' e dedica ampio spazio agli anni della giovinezza trascorsi da Joseph Ratzinger in Germania in divisa.
Maariv mostra su due pagine l'immagine del nuovo papa
benedicente e titola: 'Benvenuto in Vaticano'. Il giornale
pubblica una fotografia di Ratzinger sedicenne mentre indossa la divisa della antiaerea tedesca, e riporta al tempo stesso le parole del rabbino capo di Tel Aviv Meir Israel Lau secondo cui in tempi recenti questi si è distinto per la forte denuncia dell'antisemitismo.

STAMPA EGIZIANA

Stampa egiziana: non propende per un dialogo con l'Islam
L'elezione di papa Benedetto XVI è stamattina nelle prime pagine di tutti i giornali del Cairo.
'Il tedesco Joseph Ratzinger è il nuovo papa del Vaticano',
ditola il quotidiano Al Ahramin prima con una foto del
pontefice che benedice la folla. Il giornale dedica tutta la
quarta pagina all'avvenimento e in un articolo titola 'Il nuovo papa è conosciuto per le sue idee conservatrici e dovrà far fronte al vuoto spirituale in Europa'.
'Elezione del tedesco Ratzinger nuovo papa del Vaticano',
titola Al Akhbar in prima.
Al Goumhourriya titola in prima a fianco di una piccola
fotografia 'Il tedesco Ratzinger... nuovo papa del Vaticano'.
La notizia corredata da foto è in prima pagina anche sulla
stampa araba internazionale come i quotidiani Al Hayat e Ashar al-Awsat. Quest'ultimo in una corrispondenza da Londra cita un vaticanista tedesco secondo il quale «il nuovo papa detesta i media e non propende per un dialogo con l'Islam».
Ratzigirl
00sabato 21 maggio 2005 01:28
In Germania molti si ricredono...
C'è da dire che non tutti in Germania erano entusiasti....bhè pare che l'opinione pubblica sia un po' cambiata...


Quotidiano " DIE WELT "


Il sito del quotidiano Die Welt titola: “La scelta del Papa polarizza l’opinione pubblica mondiale”. E’ proprio così! Siti, giornali, radio, televisioni: tutti alla ricerca dei sentimenti che abitano i cuori dei cattolici, ma anche dei pensieri di opinionisti, teologi, religiosi… Una certezza. Il nuovo Pontefice unisce la gente nell’orgoglio nazionale tedesco: finalmente dopo 480 anni un papa della Germania! Così ad esempio esordisce il Morgenpost di Berlino. Ancora, “Benedetto XVI – il mondo saluta un Papa tedesco”.

A caratteri cubitali, in grassetto o neretto, corsivo o stampatello, si rincorrono attributi e aggettivi per dipingere il nuovo Papa con diverse tonalità: “Il fondatore del senso conservatore”, “Papa Benedetto XVI: un brillante teologo”, “Teologo con suono di campane”, “Benedetto XVI va incontro a tutti fedeli”, “Un Papa forte? Un Papa buono? Entrambi”, “Il nostro Papa”. I toni poi diventano più marcati… “Papa sotto osservazione”, “Il rotweiler di Dio”… fino a giungere al Die Tageszeitung che, sulla prima pagina interamente nera, priva di foto, scrive al centro: “Oh, mein Gott!” (“Oh, mio Dio!”).

La pagina internet finacial-times.de propone ai lettori anche un sondaggio: come vedete l’elezione di Ratzinger a Papa? Positiva o negativa? Il risultato al momento è 61% per gli entusiasti contro 39% di insoddisfatti. Ancora, il sito badische-zeitung.de ha attivato anche un forum. Joseph Kardinal Ratzinger é Benedetto XVI. Quali speranze e quali timori legate al nuovo Papa? Come guardate al pontificato del suo predecessore Giovanni Paolo II?

“Da un forte cardinale a un sorridente Papa“. Il Tagesschau evidenzia come in pochi minuti il Papa abbia già sorpreso tutti coloro che erano pronti a lanciare facili sentenze sul carattere di benedetto XVI: il suo volto si è trasformato in un’espressione che la gente non era abituata a vedere e la parola semplice ha dominato nella sua presentazione. Così ha già iniziato a spiazzare gli scettici. I giornalisti fanno a gara per raccogliere la sentenza o il pensiero di prelati e personalità. Il presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, il vescovo Heinrich Mussinghoff, ha definito Papa Benedetto XVI “un uomo molto giudizioso”.

Una curiosità: il già citato Die Tageszeitung ha fatto una ricerca. Il nome Benedetto, per il 2004, nella lista delle preferenze è al 50esimo posto. Il nome "Benedikt", o il più moderno "Benedict", l’anno scorso, su un’analisi di 150 registri per lo più nel sud del paese, torna ben 219 volte.

Diversi puntano su un aspetto in particolare: Benedetto XVI cerca l’unità dei cristiani. Dopo secoli di divisione, “C’è bisogno di fatti concreti” ha affermato il Santo Padre nella sua prima omelia in latino 15 ore dopo la nomina. Questo spaccato lo offrono, tra gli altri, il Leipziger Volkszeitung e il Koelnische Rundschau, che riporta anche le attese per la prossima visita di agosto nella diocesi di Colonia. Il giornale di Stuttgart, attraverso un viaggio in cerca di impressioni, dopo il vescovo di Rottenburg-Stuttgart, Gebhard Fürst (“Benedetto XVI è segno di continuità”), intervista anche il vescovo territoriale evangelico e presidente dell’Unione delle Chiese Evangeliche. Ulrich Fischer esprime invece qualche perplessità sull’elezione a Papa del cardinale Ratzinger: “Non sono totalmente ottimista sui passi in ambito ecumenico”. La vicepresidente della Commissione centrale dei Cattolici Tedeschi, Annette Schavan, mette in guardia da sentenze affrettate sul nuovo Papa. "Io trovo che dovremmo essere aperti e non essere precipitosi nel volerlo giudicare", ha affermato il ministro CDU alla cultura del Baden-Württemberg a Stuttgart. “Noi dovremmo non riferirci a precise esperienze dello scorso anno per poter dire come sarà”.
Ratzigirl
00sabato 21 maggio 2005 14:50
L'elezione vista da Libero



E questo sarebbe il Grande Inquisitore? Lo hanno dipinto così. Un uomo quadrato e gelido. Invece riempirà il mondo di musica, il Vangelo sarà pronunciato con semplicità, sì sì, no no, la parola gioia tornerà spesso insieme ad un’altra: verità. Ma soprattutto echeggerà l’idea dell’. Mi vengono in mente le frasi da lui pronunciate negli ultimi mesi: . In un mondo dove e scoprire e che . Sì, la , ma sarà possibile . E l’origine è lo . Quello sguardo di duemila anni fa proprio così doveva essere, Benedetto XVI ce l’ha gettato giù da quel balcone altissimo, con ineffabile cortesia. Si è affacciato dietro le pesanti tende rosse e sembrava un bambino. Era candido. Ha detto le parole più semplici che gli siano mai uscite dal cuore. Si è impappinato. Ma i suoi occhi si sono allargati e sono rimasti incantati dal popolo che stava giù. C’era anch’io laggiù. La speranza del mondo in quel momento stava in quei vestiti troppo larghi, e c’era la maglia scura che spuntava sotto le maniche bianche. . Allargava le braccia, ha cercato per un istante un gesto che non aveva mai fatto, di trionfo timido, di possesso della folla, impossibile, non è da lui, e allora ha stretto le mani poi le ha allargate appena. Non è Wojtyla il Grande, uno che faceva forza al destino e ha spezzato le reni anche al mutismo dei suoi ultimi anni. Lui è Joseph il Servo, l’operaio che viene dopo il conquistatore dei continenti. Giovanni Paolo II ha abbattuto i muri, lui riparerà la vigna, curerà le piante avvizzite. La perfetta continuità con l’. Ma un altro stile.

Joseph Ratzinger ha scelto il nome Benedetto. Si chiamerà Benedetto XVI. Quante cose dice quel nome. E’ un nome gentile, evoca gioia, grazia che viene giù dal cielo in un mondo affranto. Il Papa che prima di lui si chiamò così fu un porto di pace nell’Europa in tempesta. Non è ricordato. La sua tomba sta in San Pietro ma non la venera nessuno. Pareva fragile. Tenne il timone da operaio. Benedetto però è anche san Benedetto, il fondatore del monachesimo, colui che da Norcia salvò l’Europa. Promuovendo il cristianesimo, in isole di civiltà e di amore dentro l’orrore barbarico, preservò insieme con il Vangelo l’umanesimo dei romani e dei greci. Ecco, Benedetto XVI: la fede come pace del cuore. E culla di civiltà.

Non ci inventiamo niente. Le frasi virgolettate messe in fila poco sopra sono tratte dalle ultime tre omelie pronunciate nel giro di due mesi davanti a milioni di persone. E la difesa benedettina del nostro continente, come crinale decisivo dell’intero pianeta, nel tempo dell’ossessione della morte, è spiegato nel libro scritto in dialogo con Marcello Pera ed intitolato . Bisogna ritrovarle. Tornare all’origine. Altro che reazione o conservazione. Bere alla fonte del . Rifondare così il cristianesimo insieme come risposta esistenziale per il singolo e risorsa insostituibile perché permanga la libertà nel mondo.

La prima delle tre prediche intensissime, tra la morte e la vita, l’ha pronunciata il 24 febbraio in Duomo a Milano, per i funerali di don Giussani. Si capì lì chi il Papa volesse come successore: Ratzinger. Mandava lui a rappresentarlo dall’amico “Gius”. Non avrebbe dovuto predicare, Ratzinger: c’era a Roma il concistoro dei cardinali di cui è decano, ma il suo pensiero e quello del Papa furono identici: tocca a te, Joseph. Il cardinale Tettamanzi, furente per la sostituzione, perse lì la sua corsa, trascinata da Sant’Egidio e meno dallo Spirito Santo, al Papato. Il tedesco arrivò di corsa, parlò senza prepararsi, gli bastò immaginarsi il volto profondo del prete milanese fondatore di Cl, si appartò un quarto d’ora in arcivescovado con una fotografia mentre il brianzolo si abbracciava a Wojtyla e c’erano quegli occhi. Descrivendo il vecchio Gius, propose la sua idea di cristianesimo. Parlava del nostro tempo: . Solo così l’Europa la scamperà e si aiuteranno i poveri .

Non propone una teoria, ma la , il vecchio e fragile Ratzinger. Parlò quindici minuti, quel pomeriggio, da un pulpito tremendo, con la bara sotto, quel 24 febbraio, senza un appunto. Italiano perfetto. E ieri invece non sapeva dove mettere la Madonna , a destra, alle spalle, in realtà la vorrebbe vicino e basta. Trascrivo le parole, ce le faranno risentire chissà quante volte. Ma non possiamo saltarle via, sono un documento evangelico: < Cari fratelli e sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno scelto un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti. E soprattutto mi affido alle vostre preghiere!>. Qui ha guardato ancora noi giù, eravamo duecentomila. Lo sguardo spaventato si è placato. Ha smesso di avere paura.

Ratzinger sa benissimo che cosa vuol dire essere Papa, essere il successore di Pietro. Non c’è nessuno che ha studiato come lui queste faccende. Ed è una cosa tremenda. Gli è chiesto di essere il punto su cui si appoggia la fede di un miliardo di persone. Lui su chi può poggiare? Sugli amici. Ne ha alcuni tra i cardinali, ma da adesso siamo noi, con le nostre miserie, quando diciamo il Credo. Gli amici i quali riconoscono quella presenza misteriosa, e gli testimoniano non essere un inganno questo dire fino agli estremi confini: . Non soltanto . Questo lo ammettono persino i filosofi e poi ci sono tante religioni. Ma no: garantire con la propria vita, fino all’ultimo respiro e anche dopo, quando sei un corpo fotografato e trapassato dai flash, e ti portano in giro su una barella cadavere tra una folla innamorata, che è vero, è proprio vero che risorgeremo, e che io, io papa Benedetto sono infallibile. Non perché il più colto e intelligente, ma perché questo popolo di Dio, questa Chiesa è il luogo della verità e della civiltà.

Immaginiamolo in questi due giorni alla Cappella Sistina. Aveva fatto di tutto per non essere scelto, Joseph Ratzinger. Aveva rifiutato la politica degli accomodamenti. Se mi volete, prendetemi così, ma è impossibile sia io.

Ed i cardinali hanno visto che questo loro fratello, con la voce delicata, con tre ictus alle spalle, amava Gesù più di tutti, aveva più fede di tutti. L’hanno scelto perché è innamorato. Ci credeva quando diceva quelle parole in Duomo a Milano, e poi mentre piangeva sulla bara del Papa e ripeteva che ora . Lui che ha scritto forse settecento tra saggi e libri ha la fede di un bambino della prima comunione, è vestito di bianco non come un Papa ma come un fanciullo portato a ricevere i sacramenti, la veste immacolata del battesimo. La maturità è nascere di nuovo come fu detto a Nicodemo. Tornare al battesimo. Wojtyla ha buttato giù i muri, Benedetto XVI si chinerà sui germogli avvizziti, proverà a soffiare con leggerezza su noi di cui scriveva Thomas Stearn Eliot. Un po’ di rugiada, l’acqua benedetta sulla nostra terra desolata. Non vuole per forza un cristianesimo di maggioranza, gli basta che ci siano . A Pera ha risposto che gli va bene . Ma essa durerà uno zero dinanzi all’aggressione dell’Islam e del nichilismo senza chi ci crede davvero in Gesù Cristo. A ciascuno tocca una risposta: chi è per te, Lui che è unico?

Erano le sette meno qualcosa, il tempo si era fermato, anche se le nuvole arrivavano veloci dal mare e ci bagnavamo felici ascoltando Benedetto XVI: . Era stato chiesto un , è venuto uno che è simpatico perché si commuove per noi e per se stesso. Il destino degli uomini lo prende al petto, gli interessa che siano un po’ felici, conoscano .

Conviene tematizzare il tema della rifondazione cristiana, secondo Ratzinger. Egli visse il Concilio, era lì come esperto, giovanissimo teologo. In un primo momento aderì a posizioni progressiste. Poi con Hans Urs von Balthasar, il grande teologo svizzero, recuperò l’idea di “tradizione vivente”. Non una dottrina cristallizzata in forme di legno, ma un’esperienza di comunione e di bellezza che arrivava dai Padri e passava nei figli senza timore. Non bastavano i valori del cristianesimo anonimo come predicavano i progressisti. Ciascun uomo ha proprio bisogno di una risposta personale al suo . Il singolo dinanzi a Cristo. Altro che i valori e la giustizia sociale. Chiamato a Roma da Wojtyla (era arcivescovo di Monaco di Baviera) fu messo alla testa della Dottrina della fede. Nel 1985 diventò la bestia nera dei cosiddetti “novatori”. Scrisse con Vittorio Messori “Il rapporto sulla fede”. Fu una denuncia degli abusi e dei cedimenti, ma mise il dito sulla piaga. Il problema della Chiesa non è l’adeguamento al mondo, ma è la fede. E il problema del mondo è a sua volta di poterla incontrare. Non per ricevere (funerali di Giussani) ma per gustare .

Da allora si è occupato di bioetica, di teologia della liberazione, di questione femminile (negando il sacerdozio per le donne). Di ecumenismo. Lì ha riproposto la verità centrale: . In fondo solo di questo si è occupato. Per questo Wojtyla lo voleva vicino. Senza la sua garanzia dottrinale non si sarebbe potuto slanciare sul mondo. Wojtyla aveva Giussani (Cristo come risposta alla domanda dell’uomo contemporaneo), Madre Teresa (la certezza della carità che è più forte dell’ingiustizia e della morte), Ratzinger (la verità difesa contro ogni scetticismo e tradimento anche dei preti). Ma Ratzinger chi ha? I suoi tre amici vecchi sono morti. Gli resta davanti quella folla misteriosa, che il catechismo dice essere il Corpo mistico di Cristo, popolo di Dio, infallibile come lui, che adesso è Papa. E’ solo, in queste notti, ma ci sono gli angeli.
RATZGIRL
00sabato 21 maggio 2005 20:07
Bellissimo,questo articolo.Mi ha commossa,soprattutto quando sottolinea la fragilità del nostro amato papa Ratzi.Sono felice che finalmente la gente(e anche gli stessi giornalisti,di solito cosi'critici)si sia accorta di quanto sia umile e dolce questo piccolo papa tedesco.Il finale poi mi ha deliziata,con questa bella immagine degli angeli che vegliano su papa Ratzi durante la sue lunghe notti nel grande palazzo papale.[SM=g27824]

PAPA RATZI,TVB[SM=g27836]
Ratzigirl
00sabato 21 maggio 2005 20:38
Scende qualche lacrimuccia...
Si, bhè ti capisco, anche a me ha fatto lo stesso effetto, è l'articolo più bello in assoluto riguardante il giorno dell'elezione,: ha tutto dentro, tenerezza, comprensione, affetto....quando l'ho letto ho pensato che il giornalista mi aveva tolto le parole di bocca!!!

Viva Papa Ratzi ------> Domattina ore 12.00 Rai uno (ma per i romani in P.zza San Pietro!!!)[SM=g27811]




PER RICORDARE QUEL FANTASTICO GIORNO !!!!!

[Modificato da Ratzigirl 21/05/2005 20.41]

RATZGIRL
00domenica 22 maggio 2005 00:18
Mai come adesso mi rammarico di non vivere a Roma.E'una città che ho sempre amato,cosi' calda e diversa dalle città del nord che ben conosco,e dove purtroppo vivo da quasi trent'anni,ma dallo scorso aprile sta diventando un pensiero ossessivo.Se abitassi a Roma,la domenica e il mercoledi sarei sempre in piazza San Pietro,e gli altri giorni cercherei di "passare per caso" dalle parti del Vaticano!Nei mesi estivi poi cercherai di andare in vacanze a Castelgandolfo,che fra l'altro dicono che sia molto bella.[SM=g27823]
Vabbè,meglio che mi fermi qui,sennò mi assale la tristezza...che brutto vivere tanto lontana da papa Ratzi![SM=g27813]

PAPA RATZI TVB[SM=g27838]
Ratzigirl
00domenica 22 maggio 2005 16:30
Panorama indaga sulla natura delle cariche ecclesiastiche






Come nella politica di casa nostra, anche Oltretevere si usa saltare sul carro del vincitore. Da Kasper a Lehmann passando anche per Martini e Scola. Il vecchio segretario del Papa, monsignor Clemens, potrebbe tornare. Intanto i polacchi temono epurazioni.



Viene descritto come un vizio tipicamente italiano: cambiano i vertici e tutti corrono a «riposizionarsi». La Chiesa non fa eccezione alla regola con l'avvento del nuovo Pontefice. Ma questa volta l'esempio lo danno i cardinali tedeschi. Non sono passate neanche quattro ore dall'elezione di Benedetto XVI che i sei porporati della Germania convocano in piena notte una conferenza stampa per sgombrare il campo da «pericolosi equivoci». Alla vigilia del conclave il cardinale Walter Kasper dichiarava: «Non abbiamo bisogno di un clone di Giovanni Paolo II». Cercava così di fermare in extremis la candidatura del suo connazionale Ratzinger. Ma non appena questo viene eletto, Kasper si scaglia contro «i pregiudizi» di cui è vittima Benedetto XVI e invita a lasciare lavorare in pace il pontefice poiché la sua elezione «è stata un segno di unità». Passano due giorni e il porporato tedesco è confermato presidente del Pontificio consiglio per l'unità dei cristiani e potrebbe avere un ruolo chiave nella strategia ecumenica prospettata dal nuovo Pontefice.

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Dichiarazioni distensive anche da parte del cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca, che tante difficoltà aveva avuto proprio con la Congregazione per la dottrina della fede, presieduta da Joseph Ratzinger, a causa dei consultori cattolici che autorizzavano l'aborto. All'indomani dell'elezione, Lehmann dichiara che Benedetto XVI è un «teologo geniale» e qualche giorno dopo la stampa tedesca annuncia che il cardinale Lehmann è destinato a un importante incarico in Vaticano, ma il porporato smentisce ripetutamente.



L'apertura più sorprendente sembra quella del cardinale Carlo Maria Martini, indicato come l'unico vero antagonista di Ratzinger in conclave: «Sono certo che Benedetto XVI ci riserverà delle sorprese rispetto agli stereotipi» sostiene l'ex arcivescovo di Milano e si dice fiducioso che confermerà le «grandi linee di apertura del pontificato di Giovanni Paolo II». Ma non risparmia a Ratzinger una stoccata: «Non vedo innovazioni nel suo primo messaggio, che del resto era stato probabilmente già preparato dagli uffici competenti».


Avrebbe invece fatto felice persino Pierre de Coubertin l'intera pagina del quotidiano Avvenire che il cardinale Angelo Scola ha dedicato al pensiero teologico di Ratzinger. In conclave il patriarca di Venezia era tra gli antagonisti italiani al futuro Papa. In realtà non è mai entrato nemmeno «in partita» perciò, secondo alcuni, il patriarca di Venezia avrebbe puntato al posto lasciato libero da Benedetto XVI al vertice dell'ex Sant'Uffizio. Cambia tono anche il prefetto della Congregazione per le cause dei santi, il cardinale portoghese José Saraiva Martins. All'indomani dei funerali di Karol Wojtyla si era unito a quanti chiedevano che Giovanni Paolo II venisse fatto subito santo e auspicava che il futuro Pontefice prevedesse una dispensa per accelerare i tempi della causa di canonizzazione. Molto più prudente il suo intervento dopo l'elezione di Benedetto XVI: «Una cosa è la santità personale, un'altra il riconoscimento da parte della Chiesa di quella situazione» dichiara pubblicamente e, visto che la cosiddetta «fabbrica dei santi» promossa da Giovanni Paolo II finirà per avere una battuta d'arresto, anche il porporato portoghese si adegua.

Sembra decisamente orientato a riposizionarsi il segretario del Pontificio consiglio per i laici, monsignor Josef Clemens che è stato per quasi vent'anni segretario del cardinale Ratzinger.
Nel 2003, dopo aver presentato le dimissioni al Papa per raggiunti limiti di età, il cardinale ha lasciato che Clemens facesse «carriera» grazie alla nomina episcopale e alla «promozione» a segretario del dicastero dei laici.
Ratzigirl
00domenica 22 maggio 2005 16:33
Ancora Panorama, dopo l'elezione.



Per non far scattare la comparazione con Giovanni Paolo II, il nuovo Papa ha scelto di paragonarsi a un «umile operaio».





Dal 2 aprile scorso e fino alle 17.50 del 19 aprile in tanti, tantissimi si sono esercitati nell'immaginare e nel dire come doveva essere il nuovo papa.

Ora sappiamo che è Benedetto XVI, conosciuto da Dio e dai suoi fratelli con il nome di Joseph Ratzinger.
Ora bisogna iniziare ad accettarlo così com'è, ad ascoltare e comprendere perché è stato scelto, a cogliere e percepire come davanti alla Chiesa e al mondo crederà di dover interpretare per la 265ª volta il carisma di Pietro.
A ogni cambio di papa, ha scritto il beato Giovanni XXIII, la Chiesa riceve, in modo sempre nuovo e originale, il dono della paternità e della fraternità.
L'osservazione non è marginale perché dentro la grande comunione affettiva che, grazie a Dio, i cattolici hanno avuto modo di vivere in queste ultime, luminose settimane, quello che è apparso come non mai chiaro a tutti è proprio quello che il pontefice di Roma rappresenta sulla scena di questo mondo: è il vicario di Cristo, non il nonno dell'universo.
È l'apostolo del Risuscitato che vive nella storia, non il presidente del sindacato mondiale dei ministri di culto.

Benedetto XVI è il Papa della Chiesa cattolica, l'unica ad avere l'ininterrotta tradizione apostolica e la completezza dottrinale di tutti i concili ecumenici celebrati nel corso dei due millenni di storia del Cristianesimo.
È la voce che deve continuare a gridare che i sentieri che le società politiche e culturali stanno tracciando nel mondo sono spesso vie traverse, persino storte, e così male orientate da far pensare di essere strade verso il baratro piuttosto che collegamenti tra città e civiltà.
Nel testamento di Giovanni Paolo II l'unica indicazione rivolta al futuro è il richiamo sulla permanenza del riferimento al Concilio per le generazioni future.

Un'indicazione importante per comprendere anche i primi passi di Papa Ratzinger.
Perché è interessante il fatto che Karol Wojtyla, che sapeva benissimo di essere l'ultimo papa a essere stato vescovo al Concilio, indica quella sua esperienza come un lume per il futuro. Un lume che il collegio cardinalizio ha messo nelle mani di uno degli ultimi teologi che hanno partecipato al Vaticano II: a 28 anni, era «l'esperto» del cardinale Frings, uno dei protagonisti dell'assise ecumenica.

Quando ha risposto sì (dopo aver pregato che la gigliottina dello Spirito non si abbattesse su di lui, ha confidato ai fedeli tedeschi) al confratello che gli chiedeva se accettava l'elezione a vescovo di Roma e papa della Chiesa universale, Joseph Ratzinger ha ereditato nove titoli giurisdizionali. L'Annuario pontificio li elenca seguendo la loro cronologia storica.
Al quarto posto, subito dopo quelli legati al mandato ricevuto da Gesù Cristo (vescovo di Roma, vicario di Gesù Cristo, successore del principe degli apostoli), appare quello di Sommo pontefice. Era il titolo che già nella Roma repubblicana spettava al capo del collegio dei flamini, i sacerdoti incaricati dello jus gentium, della tutela dei diritti di coloro che non erano cittadini romani.

Giovanni Paolo II, nel passaggio tra due millenni, con il segno della «pace a ogni costo», ha rappresentato questo suo compito a un livello che ancora, probabilmente, non abbiamo compreso nella sua pienezza. Sappiamo che è stato, fosse solo per questo, grande.

E si comprende anche la serena fierezza di Benedetto XVI (il suo predecessore nel nome, Benedetto XV, è il fondatore del pacifismo cattolico) nel dire, appena apparso sulla Loggia delle benedizioni, che dopo la grandezza del suo predecessore è giunta l'ora di coloro che, da semplici operai, a quella grandezza hanno collaborato.
Allora, forse, è bene mettersi per un attimo anche dalla parte dei fedeli: con loro Benedetto XVI non può permettersi neanche un istante di rischiare di far scattare la comparazione con Giovanni Paolo II. E forse la sua scelta è dovuta anche a questo. Per come lo conosciamo, Ratzinger questo rischio sembra proprio non correrlo.

Speriamo solo che il Popolo di Dio non inizi a esigere questo da lui, magari per misurarlo con il metro del pontificato che ha ereditato.
Speriamo che gli uomini e le circostanze lascino libero Benedetto XVI di operare a 360 gradi dentro e fuori la Chiesa.
E dentro e fuori la Chiesa, chi è più colto e avvezzo ai paragoni lasci, per il momento, anche a Benedetto XVI la possibilità di stupirci con un pontificato che ha tutti i numeri per qualificarsi per la sua apertura e per la sua libertà di spirito.

[Modificato da Ratzigirl 22/05/2005 16.33]

Ratzigirl
00martedì 24 maggio 2005 01:25
Rivista Jesus
Io l'ho trovata in una libreria cattolica, ma la rivista è acquistabile anche in libreria :



Vi posto qui un articolo perchè per motivi legali non posso pubblicare l'intero giornale, perciò vi posto quello che ho trovato interssante e cioè un intervista all'editore di Ratzinger.

Papa Ratzinger secondo il suo editore
Per oltre vent’anni ho incontrato periodicamente il cardinale Joseph Ratzinger e ogni volta è stato per me un arricchimento dell’anima, un’esperienza positiva di grande spessore umano e religioso. Ogni quindici mesi circa, le Edizioni San Paolo, che io allora dirigevo, davano alle stampe un suo libro: sulla Chiesa, la teologia, la Madonna, l’Eucaristia, le religioni nel mondo, i cristiani nel nuovo millennio. Era tanta la confidenza con il cardinale che nel ’96 mi sono permesso di insistere chiedendo una autobiografia: «Solo cento cartelle, per avere notizie di prima mano e senza pericolo di smentita». Mi accontentò dandomi da editare La mia vita. L’umiltà è forse la virtù che traspare meglio da quelle pagine, insieme a un diffuso senso di gratitudine a Dio e una buona dose di misericordia, quella reale e quotidiana che guida i nostri passi incerti... Alcuni dei suoi libri sono diventati eventi editoriali con tirature altissime e traduzioni in tutto il mondo. Ricordo che mi aveva promesso un’intervista per Jesus ma essendo io passato dalla direzione del giornale alla gestione del gruppo Libri San Paolo, si decise per un volume e fu data l’opportunità a Vittorio Messori, allora caposervizio a Jesus.


Il cardinale Ratzinger con don Antonio Tarzia,
allora responsabile delle Edizioni San Paolo
(foto Periodici San Paolo/F. Tagliabue).

Il libro poi fu messo a capo di una collana prestigiosa, "Interviste verità", che negli anni a seguire vide i giornalisti più impegnati, da Messori a Santini, da Frei Betto a Montonati ecc., raccogliere il pensiero forte e le confidenze dei protagonisti del nostro tempo. Ai libri del cardinale sono stati assegnati vari premi e riconoscimenti da Bassano del Grappa a Seregno, da Milano a Capri. Spesso io lo accompagnavo insieme a monsignor Joseph Clemens, allora suo segretario e preziosissimo collaboratore. Una volta ad Anacapri, dove eravamo andati a ricevere il Premio San Michele, mentre attraversavamo piazza Boffa, vicino alla chiesa di Santa Sofia, due bambini si misero a gridare: «Il Papa, il Papa!». Il cardinale, vestito di rosso, perché avevamo appena concelebrato Messa, si mise a ridere divertito e contento, mentre io commentavo con l’amico Raffaele Vacca, presidente del Premio: «Qui, se dovesse avverarsi, dovete mettere una targa ricordo perché ogni profezia va onorata». Il cardinale continuava a ridere, con il volto luminoso e gli occhi azzurri come un lago di pace e intanto Vacca da laico erudito citava la Scrittura: «per bocca dei fanciulli...».



Se poi non volete comprare il giornale, potete sempre consultarlo interamente qui


Ratzigirl
00martedì 24 maggio 2005 01:39
Rivista Vita Pastorale


Molto simile a Jesus come impostazione, ma più strutturato sotto forma di interviste varie.

Qui alcuni articoli della rivista disponibili per la lettura
Ratzigirl
00mercoledì 25 maggio 2005 03:09
Sir



Dall'Europa al mondo


Matthias Kopp
Germania


Benedetto XVI è Papa da poco più di un mese. Con una crescente simpatia, come osservato dai media mondiali. È un Papa che ha conquistato i cuori delle persone fin dal primo momento sulla loggia centrale della basilica di san Pietro. Non stupisce solo coloro che gli sono più vicini ma il mondo intero: quando si scusa per il ritardo di 15 minuti all'Angelus, quando ammonisce con parole insistenti affinché non venga cancellato il ricordo della tragedia della Seconda Guerra mondiale. Domenica 29 maggio compirà il suo primo viaggio apostolico in Italia presiedendo la celebrazione eucaristica a chiusura del XXIV Congresso eucaristico nazionale e poi è atteso a Colonia per la XXª Giornata mondiale della gioventù.
Per la Chiesa nel suo insieme, l'elezione di questo Papa è una benedizione. Ancora una volta un europeo ha la grande occasione e il compito impegnativo di collegare l'Europa della Chiesa al mondo. Nessun altro potrebbe farlo meglio di questo Papa, che vanta una conoscenza eccellente di tutti i Continenti del mondo e conosce personalmente i problemi con cui si deve confrontare l'Europa. Più di molti altri teologi, Joseph Ratzinger ha sottolineato l'anima cristiana del continente europeo, le radici dell'Europa nell'Occidente cristiano, ma anche l'unione dell'Europa. Joseph Ratzinger è un europeo dotato di lungimiranza per la Chiesa universale. Il nuovo Papa continuerà a usare, addirittura ad accentuare la sua capacità di integrazione, che è riuscito a realizzare per decenni. Benedetto XVI è scevro da qualsiasi prospettiva eurocentrica e ciononostante si impegnerà per far progredire ulteriormente il pensiero europeo. Il nuovo Papa non si stancherà di chiamare in causa Dio nel pensiero europeo-politico, di coinvolgerlo in una nuova evangelizzazione e nei processi di riconciliazione. Il fascino del cristianesimo è per lui il metodo più sicuro per unire l'Europa al mondo. E proprio perché conosce le preoccupazioni e le urgenze, le sfide e i compiti degli altri continenti, non si concentrerà solo sull'Europa ma definirà il suo pontificato come compito cattolico universale.
Il fatto che nel far ciò, Benedetto punti alla continuità nei confronti del suo predecessore, Giovanni Paolo II, è dimostrato dai suoi primi interventi e dalle sue prime decisioni personali. L'incarico dell'arcivescovo Levada come successore nella Congregazione per la dottrina della fede è un esempio di come lo sguardo di Benedetto XVI vada al di là dell'Europa. L'europeo Benedetto XVI come pastore della Chiesa universale sorprenderà ancora molte altre persone e sarà una benedizione per l'Europa e per il mondo! I giovani lo hanno già capito, sono sempre più in grande sintonia con lui e non vedono l'ora di incontrarlo a Colonia per la XX Giornata mondiale della Gioventù.
Ratzigirl
00mercoledì 25 maggio 2005 22:43
L'avvenire parla del rilancio dei simboli



Liturgia «eloquente»
Il rilancio dei simboli nell'era televisiva
di Gian Maria Vian

Benedetto XVI non è e non sarà solo. E questo perché è circondato dalla Chiesa, che con lui guarda a Cristo. Quello che il giorno dell’elezione papale era stato sottolineato visivamente dalla scena, inedita in tempi moderni, dei cardinali vestiti di rosso assiepati alle logge laterali di San Pietro a far corona al nuovo vescovo di Roma, ieri è stato espresso con chiarezza dalla messa per l’imposizione del pallio e per la consegna dell’anello del pescatore.


Grazie alla liturgia sobria e corale, grazie a simboli antichissimi e rinnovati, grazie all’omelia limpida e profonda. Con un inizio del ministero petrino completato oggi dalla visita a San Paolo per venerare il sepolcro dell’apostolo dei pagani. Per sottolineare che la Chiesa di Roma è legata a Pietro e Paolo nella fede in Cristo e nel suo annuncio al mondo. La splendente sobrietà della celebrazione, il rinnovamento dei segni espressivi del ministero petrino, l’omelia papale hanno mostrato con evidenza la funzione pedagogica della liturgia, tante volte sottolineata nei suoi scritti da Joseph Ratzinger. La liturgia deve cioè parlare in modo comprensibile. E ieri è stata compresa da tutti. Grazie al latino e al greco delle preghiere e dei canti, grazie alle diverse lingue delle letture (tutte incentrate sulla fede di Pietro), ma soprattutto grazie all’impressionante visione di collegialità mostrata dal vescovo di Roma attorniato dai cardinali.



Hanno parlato poi simboli antichissimi: pallio e anello del pescatore che significano la misericordia di Cristo – pastore buono e modello del vescovo di Roma e di ogni vescovo – e la missione affidata da Cristo al primo degli apostoli e al suo successore, «servo dei servi di Dio», perché divengano pescatori di uomini. E ha parlato il Papa.



L’omelia ha mostrato in modo esemplare come Benedetto XVI intenda la liturgia: un modo di toccare il cuore delle donne e degli uomini. Nella trasparente e sapiente semplicità delle parole il romano pontefice ha saputo ripercorrere la successione papale – dalla struggente agonia di Giovanni Paolo II alla scelta dei cardinali in conclave – e spiegare il senso della celebrazione e dei simboli rinnovati. Come ogni vescovo e prete ai loro fedeli. Per dire che lo sguardo della Chiesa dev’essere rivolto a Cristo, soltanto a Cristo. Che il vescovo di Roma intende annunciare e al quale vuole conquistare uomini e donne di oggi. Con le parole – ma senza inutili citazioni – della grande tradizione cristiana. Innanzi tutto quella dei Padri della Chiesa, la più antica. Così Benedetto XVI ha saputo spiegare – con l’efficacia dei testi patristici studiati per decenni – il senso del suo ministero, rinviando all’esempio dell’unico Signore. Il pallio, riportato alla sua forma più antica, è dunque il giogo di Cristo, il quale prende sulle sue spalle le pecore smarrite, deboli, malate. Che il successore di Pietro andrà a cercare nei deserti di questo mondo, sostenuto dalla preghiera dei fedeli perché non fugga davanti ai lupi. E l’anello del pescatore indica la missione di gettare le reti nel mare salmastro del mondo per trarre a salvezza gli uomini, conquistandoli al vangelo. Con parole rivolte al cuore di tutti: cattolici, battezzati non ancora in piena comunione con Roma, fratelli del popolo ebraico, uomini del nostro tempo, credenti e non credenti.

No, Benedetto XVI non è e non sarà solo. Perché lo circonda e lo circonderà tutta la Chiesa, quella visibile e quella invisibile, la comunità dei santi che sono ancora in questo mondo, di quelli proclamati e sconosciuti. Una comunità che il nuovo vescovo di Roma vuole servire. Per annunciare l’unico signore e salvatore, Gesù.

[Modificato da Ratzigirl 25/05/2005 22.45]

Ratzigirl
00giovedì 26 maggio 2005 00:41
Un bell'articolo su come si riproponga il difficile cammino di Cristo



Il gusto della partita nel gioco del Papa(22 aprile 2005)
Davide Rondoni

Gesù Cristo ha avuto indubbiamente dei problemi di consenso. Finì quasi solo. Né il popolo né i capi politici o religiosi gli furono al fianco. Quando si trovò in mezzo ad una folla che lo acclamava, sapeva bene che tutti costoro erano sinceramente attratti dalla sua personalità, da quel che diceva sulla dignità della vita e sul mistero. Ma sapeva anche che l’adesione, cioè il momento in cui un uomo con libertà di cuore e di mente si attacca a quel che lo attrae, non scattava, se non per pochi.

Negli intensi faccia a faccia con alcune persone di diversa estrazione (come si direbbe oggi), come il cieco nato, il giovane ricco, la prostituta, si giocava la verità di quanto veniva colto nei momenti di folla. La sua fama correva tra i villaggi, ma quando uno si trovava davanti a lui – e poi nei secoli ai suoi discepoli – succedeva qualcosa. Cosa? La libertà e la commozione di dire: mio Signore! O di andare via, magari rimuginando sui propri limiti. I Vangeli son pieni di momenti in cui si dice che i pochi che già lo seguivano «credettero in lui». Come dire: anche tra i suoi amici stretti, la conversione era una faccenda personale e continua nel rapporto con Gesù.



Il giorno dopo l’elezione di Benedetto XVI sono volato a New York per alcune letture di poesia. I giornali pubblicavano a tutta pagina le immagini del nuovo Papa. E a cena mi chiedevano: perché lui? Subito, la discussione s’incanalava su faccende secondarie, su malintese posizioni ecclesiali circa la morale eccetera. Io tacevo. I poeti come maestri di morale valgono poco e io ancor meno. Ma ho detto che arrovellarsi su quelle vicende è come arrovellarsi sul colore della bandierina del corner quando si parla di calcio.
Per comprendere cos’è un corner e perché la bandierina sta lì, occorre partire dal gusto per il calcio, dal pallone. E il pallone della grande partita della Chiesa – passateci la metafora – è Gesù Cristo. Togli quello, e tutto è inutile. Le porte sarebbero spettri, le bandierine inutili segnali, i giocatori ballerini inquietanti. Anche il grandioso spettacolo di questi giorni, la dolce e dura morte, il lungo incolonnarsi, il semplice e maestoso funerale, e poi i cardinali conclusi, la fumata, l’acclamazione, tutto ciò sarebbe un gran bel teatro dell’assurdo. Se non fosse per Cristo. Il nuovo Papa lo sa bene. Si è preso da tempo la briga di ripetere ai dotti e al popolo che la straordinaria e drammatica vicenda della Chiesa coincide con la presenza di Gesù nella storia e non con una filosofia o una morale tra le altre.

Per questo la missione di Benedetto XVI e dei cattolici – custodire, anzi ricolmare, i granai della fede, come è stato qui scritto ieri – non è una questione di consenso generale, e quindi generico. È la bomba e il venticello nuovo che colpisce il cuore di ogni singolo uomo quando riconosce Gesù Cristo, l’incarnazione del mistero dell’essere, il volto buono del Padre che si mostra e salva ogni aspetto del vivere, mangiando, amando, piangendo, morendo.
Io, caro Papa, sono l’ultimo a poter alzare gli occhi a te. Vasta la mia miseria. Ma so che cos’è la fede, so che non è un merito, e perciò spero e scrivo. E so che tanti vorrebbero poter guardare con fiducia la tua presenza. Per conoscere il gusto della partita, per conoscere Cristo. In quanti non ne sanno nulla! In tanti hanno il problema di non sentirsi degni. Mi dicono, pensando alla Chiesa: ma allora io non vado bene. Tu sai che Gesù è venuto per tutti: gli siamo andati bene, bene da morire. Mostracelo, dal cuore di Roma.

Fonte : L'Avvenire

[Modificato da Ratzigirl 26/05/2005 0.42]

Ratzigirl
00venerdì 27 maggio 2005 21:33
Panorama insieme al Papa




Joseph Ratzinger è un regalo della Chiesa ai laici veri che vogliono la contesa fra identità



Il grande polacco non aveva mai vissuto un giorno di libertà, da pastore di una Chiesa ridotta alla minorità dal comunismo.
E se l'è presa, la libertà, predicando con coraggio in Polonia e lacerando la rete di oppressione dell'Europa centrale nel suo punto più vulnerabile.
Questo piccolo grande tedesco, creato cardinale da Paolo VI nell'epoca della grande crisi, quando Giovanni Battista Montini denunciava la crisi della fede e l'attacco alla dottrina cristiana, quando intorno al significato del Concilio ecumenico vaticano II fervevano aspre battaglie di interpretazione, ha conosciuto l'ossessione nichilista e relativista dell'intellettualità europea e più in generale del nostro tempo, e ci darà una mano a liberarcene.
Ai laici veri, cioè a coloro che vogliono un mondo in cui sia accolta e favorita la contesa tra le identità diverse e le diverse aspirazioni alla verità, la Chiesa di Roma non poteva fare un dono migliore di questo Joseph Ratzinger, d'ora in poi Benedetto XVI.





Persona amabile e alla mano, dotata però di una lancinante freddezza dello sguardo che incanta i conoscitori delle virtù umane, del pensiero limpido e forte, il nuovo Papa governerà come crede e come deve la sua Chiesa, annuncerà Cristo e celebrerà il mistero pasquale secondo logica, linguaggio, sentimento e tradizione che nel tempo si sono rivelati inespugnabili a chiunque.

È una grande partita già impostata da Giovanni Paolo II, che noi infedeli devoti alla libertà e alla differenza osserveremo con rispetto e distacco.
Papa Ratzinger dovrà riprendere il filo di Arianna della collegialità episcopale, del dialogo interreligioso, dell'unità dei cristiani, della crisi delle vocazioni e della condizione del prete e della parrocchia, e un numero immenso di altri problemi dell'istituzione più complicata, globalizzata e inculturata del mondo. Dovrà riargomentare il tema della guerra e della pace, della giustizia e del perdono, ogni volta che le circostanze lo richiederanno.
Dovrà combinare evangelizzazione e geopolitica, guardando alle chiese popolose e laterali rispetto alla tradizione della Chiesa cattolica di rito latino, e gli toccherà definire con semplicità il difficile rapporto che la Chiesa ha con le proprie radici d'Occidente.

Farà quel che potrà, e niente di quel che farà potrà mai apparire banale o rinunciatario.
Benedetto XVI è acceduto al soglio petrino dopo 25 anni pieni di custodia puntuta e abile, spregiudicata e rigorosa, della dottrina: del suo pensiero si sa tutto, e quel tutto dice che se c'è uno che può farcela, questo è precisamente lui.
Ma il regalo a noi laici è altra cosa, è una superba eppure mai arrogante tendenza a cogliere sì con il Concilio i famosi «segni dei tempi», ma non per sottomettersi a essi, bensì per capirli e quando è necessario contraddirli.

Un papa teologo e filosofo come è Ratzinger può portare nel nostro comportamento spesso irriflessivo, nelle nostre abitudini di contemporanei qualche volta inconsapevoli, il segno di una rivoluzione culturale di proporzioni inimmaginabili.
Non con il sigillo dell'autorità, che pure è cosa importante e ha un suo posto anche nel mondo liberale, ma con la forza dell'argomentazione, con quella magica capacità di far parlare le scritture che Benedetto XVI ha mostrato di possedere da quel grande pensatore conservatore e moderno che è.

Il Ratzinger eletto Papa dal collegio cardinalizio, alla quarta votazione, come a timbrare la continuità del papato giovanpaolino, anche nella differenza rilevante tra le personalità del predecessore e del successore, è il cardinale che ha gettato l'allarme sullo stato della Chiesa e del clero nelle meditazioni penitenziali che nella scorsa Pasqua gli destinò, come compito tra i più gravosi, Giovanni Paolo II.
Ed è il decano dei cardinali che ebbe il coraggio, nella messa Pro eligendo romano pontifice, di proclamare ad alta voce, con un «gesto» che i suoi critici hanno qualificato di «estremismo», i fallimenti del nostro modo di vivere, i pericoli e i rischi di una umanità in cui ciascuno si fa la sua legge.

Saremo alluvionati da un mare di cretinate, e la parte più militante o ignorante della vecchia cultura anticlericale travestita da Illuminismo secolarizzato farà certamente di Benedetto XVI un nuovo «uomo nero» da esorcizzare.
Ha già cominciato il giornalino ex maoista della Parigi sartriana, Libération, titolando «Habent Papam», questo non è il nostro Papa.

Ma non importa.
Che si parli di bioetica o di morale, che si discutano le radici legittimanti del Cristianesimo, quel che è sicuro è che la voce di Joseph Ratzinger si farà sentire e capire, perché basta aver percorso i suoi testi e incrociato il suo acume oratorio per capire che in un tempo di intellettuali è arrivato un uomo di pensiero capace di spolverare del vecchio significato la parola «dottrina», restituendo al mondo il tesoro di una cultura che criticheremo, quando non ci piacerà, e che ci piacerà quando ci contraddirà.

[Modificato da Ratzigirl 27/05/2005 21.34]

Ratzigirl
00lunedì 30 maggio 2005 12:42
Dossier Congresso Ecumenico - Quotidiano Avvenire








I pellegrini
«Maestro di vita cristiana: Ratzinger come Wojtyla»

La marea di cappellini bianchi sventolanti al sole del Sud diventa un mosaico di vele al vento appena l’elicottero di Benedetto XVI si affaccia nel cielo sopra la spianata di Marisabella. «È lui! Viva il Papa! Benedetto, sei tutti noi». Il grido dei giovani che hanno vegliato tutta la notte per vederlo – che magari hanno affrontato lunghi viaggi per essere qui –, si alza come un’onda contagiosa. Il nuovo Papa è arrivato a Bari, nel suo primo viaggio in Italia. La gioia di decine di migliaia di persone esplode in un applauso senza fine. «Benedetto colui che viene! Benedetto sia il suo nome».

È caldo sulla grande piazza che costeggia il mare di Bari. Ma ancora più calda è l’accoglienza che il popolo di Giovanni Paolo II ora diventato il popolo di Benedetto, gli tributa all’arrivo. La magia che accoglieva i viaggi di Wojtyla si ripete. L’entusiasmo che per 26 anni ha accompagnato l’incontro fra i giovani e il Papa, ritrova energia e contagia Papa Ratzinger, che dall’altare dirà poi di essere rimasto colpito dall’accoglienza e dal fervore di questi giovani. «Siamo qui dalle 16 di ieri per aspettare il Papa. Abbiamo passato la notte qui per attenderlo», esclama Jole Sabatino, 19 anni, calabrese. «Siamo venuti perché, per noi giovani, è il testimone di un’autentica vita cristiana, come lo era stato Giovanni Paolo II».
Caterina Sgromo, anche lei calabrese, studentessa neanche ventenne: «Siamo venuti perché ci ha ricordato che la domenica va vissuta pienamente con l’Eucarestia». Anche Nicola Gimignano di Barletta ha trascorso la notte sulla spianata del mare. Solo che Nicola è paralizzato sulla sedia a rotelle. Non si può muovere e per ogni esigenza deve farsi accompagnare. «Per il Papa questo e altro», esclama subito Agnese Quaranta, ragioniera di Nardò, nel Leccese. È dell’Azione cattolica. Un’esperienza così non l’aveva mai vissuta. «È stato bellissimo. Qualcosa che valeva la pena vivere». Da Torino è venuto il gruppo accompagnato dallo scatenato don Filippo. «Abbiamo scoperto che davanti a Cristo siamo un unico popolo», dice Antonio Chetti, 23 anni, studente. E Milena Tarquinio, sempre di Torino: «Essere qui in tanti dal Papa a celebrare l’Eucaristia è un’esperienza che ci fa sentire Chiesa».

Dalla mattina presto ad attendere la Papamobile che "solca" la folla dei giovani e delle famiglie, c’è anche Alessandrina, un anno l’8 giugno. Sta in braccio al papà, Francesco Miano, mentre la mamma Marilena si appoggia alla seggiola. Tra poche settimane arriverà un nuovo fratellino, ma ha voluto venire lo stesso. «È una gioia grande essere qui. Magari il Papa la benedice». La Papamobile passa lenta fra la gente. Ratzinger vede la piccola Alessandra: sorride, benedice con le mani. Poi deve andare. Tutti lo attendono per la celebrazione conclusiva del Congresso eucaristico. Anche i due fratellini Gabriele e Samuele Loconsolo, uno 4 e l’altro 9 anni, in prima fila per vederlo. Precisa Samuele: «Vogliamo tanto bene al Papa, ma l’importante è essere qua il giorno del Signore. Perché l’Eucarestia ci riunisce tutti in Gesù». Samuele fa solo la quarta all’istituto Santa Margherita di Bari, ma non gli è sfuggito che il cuore di tutto è quel pane spezzato. Ogni domenica. Annamaria Basile, 38 anni, di Matera, commessa in un negozio di abbigliamento. E la domenica sempre più spesso, per le commesse come lei, è giorno di lavoro. «Sono contrarissima alle aperture domenicali dei negozi», esclama secca. «Bisogna lasciare a tutti noi la possibilità di coltivare la spiritualità che abbiamo dentro».

Sventolano le bandiere multicolori della pace. Si stagliano, non da sole, nell’azzurro luminoso del cielo di Puglia. C’è anche quella della Germania, la terra del Papa, col gruppo che viene dal Nord. Ci sono tante bandiere tricolori con la scritta viva il Papa. E poi gli striscioni: «Coraggio, ti vogliamo bene. I giovani di Foggia», «La gioventù Francesca ti saluta», «Ecclesia de eucharestia vivit». Un gruppo di sordomuti si agita festante. «Siamo ai confini del Paradiso», scrive su un pezzo di carta di giornale Maria Russo di Sulmona. Non riesce a parlare e a sentire, ma vuole comunicare lo stesso la sua gioia. Rosalba di Trani, bloccata sulla sedia a rotelle, si scioglie in pianto. «È la nostra festa, è la nostra fede», dice Celestina Bondè, venuta da Aosta per il Papa. «Ho 64 anni, ma non avevo mai partecipato ad un Congresso eucaristico. È stata un’esperienza travolgente». La Messa è finita, il Papa torna a Roma. I ragazzi della corale di Aradeo, nel Leccese, che hanno cantato per Benedetto XVI, sono esausti ma felici. Hanno animato la celebrazione, apprezzata dal Papa. «Un’esperienza meravigliosa», esclama Nicola Giustizieri, 11 anni, uno dei più piccoli. «Al Papa dico di continuare a portare la pace nel mondo. E di seguire le orme di Wojtyla. Così non sbaglierà mai».


La gente di Bari
Tutti qui vestiti a festa: «Ma non siamo spettatori»
I baresi sono andati dal Papa col vestito della festa e nella spianata di Marisabella, accanto al mare, sono in tanti. La città è deserta: oggi Bari è qui. È stata piacevole, nel fresco del mattino, la passeggiata sul lungomare per arrivare sotto al palco. La Messa dei baresi è stata celebrata in questo enorme spazio rubato al mare, e mai tanti baresi sono stati tutti insieme. C’è anche chi è infastidito per quanto ha letto sui giornali locali: i commercianti si lamentano per non aver battuto uno scontrino e, addirittura, hanno in mente di chiedere il risarcimento al sindaco della città. Michele Emiliano, il primo cittadini, non ha raccolto; ha però invitato i baresi ad andare a Messa. Quando il Papa è ripartito ha poi subito detto: «Abbiamo risposto senza paure. Dal punto di vista organizzativo tutto ha funzionato a meraviglia. Oggi sono veramente felice».

Siamo nella spianata in attesa che l’elicottero del Papa sorvoli la folla, e sentiamo i baresi – uomini e donne, mamme e papà venuti con i figli. Magda Togarelli e Giulia Pagliarini sono due amiche impegnate nella Croce Rossa; sono qui per la Messa con l’abito della festa, appunto, e con i tacchi che affondano nella terra battuta. «Bari – dicono – ha collaborato direttamente, partecipando al Congresso; quelli che non erano motivati a farlo hanno rispettato le regole fissate in questi giorni. La città non doveva rispondere in termini turistici, ma dare una risposta religiosa, e questo è avvenuto».


Anche Elisa Mastromatteo ha l’abito della domenica e i capelli in perfetto ordine. Maestra in pensione, si dedica all’associazione Enec che cura i rapporti con il vicino Oriente. Non dà peso alle lamentele: «Il mondo è vario. Ma a Bari abbiamo anche il cuore». I baresi che sono qui non hanno abbandonato la città, anche se il mare è a portata di mano e il sole ieri era invitante. «A me risulta – racconta Daniela De Roberti – che gli alberghi si siano comunque riempiti, per ospitare tutto un mondo che ha supportato il congresso». È venuta a questa Messa straordinaria con il marito, Renato Vitiello, e il figlioletto. Il marito insegna lettere in un liceo: «La verità – spiega – è che Bari deve imparare a convivere con eventi come questi. Per molti anni è rimasta una città di provincia, anche se con ambizioni di metropoli, evidente quindi che in molti possano essere sconcertati. Ci vorrebbero mille eventi come questi per imparare a gestirli e trarne frutto, se si vuole». Per alcuni giorni Bari è stata impacchettata e imprigionata: i baresi dicono anche fin troppo. Francesco Ruggieri deve aver sofferto per le limitazioni: «Non mi è parso bello che passassero sulla testa dei cittadini che si sono rassegnati». La pensa in modo diverso la signora che gli sta accanto, Adele De Tommaso, pediatra: «La preoccupazione c’è stata, ma poi tutti si sono mossi liberamente in città. Il barese vive di commercio, ma in certi casi bisogna aver la capacità di non pensare soltanto all’interesse». Passa accanto una signora che si affretta a prendere posto vicino alla transenna lungo il percorso che farà il Papa; ha sentito la discussione e commenta: «I commercianti, se è per questo, si sono lamentati anche a Natale».


Per accogliere i pellegrini erano previsti moltissimi «ammassamenti» – per usare il termine militare in riferimento ai parcheggi per i pullman. Da qui, servizi di navetta hanno provveduto a portare i pellegrini fino a poche centinaia di metri dalla spianata dell’incontro. Don Giovanni Mosciati guida i suoi parrocchiani da Fabriano: «Temevamo caos e confusione, invece abbiamo incontrato una grande disponibilità». Ci tenevano ad essere qui. La loro parrocchia è dedicata a San Nicolò. Ecco due fidanzati; si avvicinano mano nella mano. Daniela e Liberato vengono da Ginosa Jonica in treno: «Siamo arrivati alla stazione. C’era pronto un autobus ed eccoci qua». Nella spianata ci sono tantissimi tedeschi; per loro è stato ancora più facile, perché sono in crociera sull’Aida. È bastato sbarcare e farsi una camminata sul lungomare. «Abbiamo approfittato – dice una signora di Dresda – perché dopo Venezia e Atene, qui avremmo visto il Papa». La bandiera tedesca vista nella spianata è arrivata a Bari via mare. In serata l’hanno restituita al comandante.







"Quel parlare franco che scuote ma anche affascina"



Il tema-provocazione del Congresso eucaristico di Bari - Senza la domenica non possiamo vivere - e le parole pronunciate da Benedetto XVI hanno varcato i confini dell'affollatissima spianata di Marisabella andando a toccare sul vivo le nuove generazioni. «Da un punto di vista spirituale - ha sottolineato il Pontefice - il mondo in cui ci troviamo, segnato spesso dal consumismo sfrenato, dall'indifferenza religiosa, da un secolarismo chiuso alla trascendenza, può apparire un deserto non meno aspro di quello "grande e spaventoso" di cui ci ha parlato la prima lettura». E deserte di giovani appaiono oggi molte chiese. Deserte appaiono le ore di moltissimi adolescenti che sembrano poter vivere benissimo anche senza la domenica, galleggiando in un non-tempo dove tutte le esperienze si equivalgono. Deserte di Dio appaiono tante esistenze che faticano a individuare, nel futuro, prospettive significative.
«Si direbbe che, in fondo, la gente non voglia avere Dio così vicino, così alla mano, così partecipe delle sue vicende. La gente lo vuole grande e, in definitiva, piuttosto lontano da sé. Si sollevano allora questioni che vogliono dimostrare, alla fine, che una simile vicinanza è impossibile».
Con queste espressioni Benedetto XVI ha poi inquadrato il clima culturale che i giovani respirano negli ambienti reali e virtuali che frequentano quotidianamente. E in questo clima diventa arduo, talvolta eroico, non cedere a qualche «addolcimento».
Il "precetto domenicale" sembra suonare cioè un'imposizione e il mistero dell'Eucaristia fa problema. Accettarne la portata reale significa realizzare delle scelte controcorrente. «Di fronte al mormorio di protesta - ha proseguito il Pontefice - Gesù avrebbe potuto ripiegare su parole rassicuranti: "Amici, avrebbe potuto dire, non preoccupatevi! Ho parlato di carne, ma si tratta soltanto di un simbolo. Ciò che intendo è solo una profonda comunione di sentimenti". Ma Gesù non ha fatto ricorso a simili addolcimenti. Ha mantenuto ferma la propria affermazione, anche di fronte alla defezione di molti suoi discepoli. Anzi, Egli si è dimostrato disposto ad accettare persino la defezione degli stessi suoi apostoli, pur di non mutare in nulla la concretezza del suo discorso». Questa "fermezza" evangelica se da un lato allontana, dall'altro esercita sui giovani un fascino capace di aprire nuovi orizzonti e di far maturare percorsi di fede limpidi e generosi.
Quanti sono giunti nella spianata di Marisabella per incontrare il Pontefice nel suo primo viaggio in Italia, infatti, non vi sono arrivati per caso o per curiosità. Al Congresso Eucaristico i giovani sono stati protagonisti motivati, intraprendenti e numerosi. Circa 2000-2500 al giorno le presenze, secondo don Alessandro Amapani, uno dei principali promotori e organizzatori del Villaggio Giovani, un'area dove associazioni e gruppi hanno allestito stand capaci di proporre, con fantasia e coraggio, messaggi chiari e capaci di coinvolgere. «Tra gli stendisti - riferisce don Paolo Giulietti, direttore del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile - si respirava un clima di forte comunione e la consapevolezza di partecipare alla realizzazione di un progetto ampio. I giovani presenti hanno manifestato, con i linguaggi a loro propri, una grande capacità di "fare cultura" e l'enorme potenzialità comunicativa della fede. La cappella dell'adorazione poi, cuore del villaggio, non è mai rimasta vuota». Anzi, è risultata uno dei punti più frequentati.
Il Congresso Eucaristico, insomma, ha "parlato giovane" e si è rivelato non solo una tappa di avvicinamento ma quasi una prova generale, tutta italiana, della prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. In tale contesto il feeling tra Benedetto XVI e i giovani ha avuto una ulteriore e forte conferma. Il Papa li ha salutati con calore ed essi hanno risposto con una presenza "di qualità", segno e stimolo per la Chiesa e per i giovani tutti

Ratzigirl
00lunedì 6 giugno 2005 01:32
The Sun : ovvero ecco chi dobbiamo ringraziare...



La prima pagina del Sun contro il nuovo Pontefice
Quando possono, i tabloid britannici picchiano duro. Anche se di fronte hanno l'uomo che siederà sul trono di Pietro




«Dalla gioventù hitleriana a Papa Ratzi». Questo il titolo che l'edizione odierna del Sun, il più venduto e popolare quotidiano inglese, dedica al nuovo Pontefice, l'ex cardinale di Monaco Joseph Ratzinger, reo di aver indossato («a forza», deve ammettere però a denti stretti il giornalista del Sun) la divisa dell'esercito nazionalsocialista durante la seconda Guerra Mondiale.

NAZIONALISMO ISOLANO
«L'ultraconservatore Ratzinger è nato 78 anni fa nel villaggio bavarese di Marktl-am-Inn, dove ieri notte la banda del paese ha festeggiato e fiumi di birra sono stati bevuti», ironizza il giornalista. Poi la zampata finale, per la gioia dei lettori e sudditi di sua Maestà: «Ratzinger aveva quattordici anni quando fu costretto ad aderire alla Gioventù hitleriana».
Il sottinteso è chiaro: il giovane Joseph si batté contro il glorioso esercito inglese. Che l'adolescente Ratzinger avesse prestato servizio nella Wehrmacht si sapeva. Che i tabloid britannici continuassero a soffiare sul fuoco della diffidenza anglo-tedesca è stata invece una scoperta. Basti pensare che, oltre a The Sun, The Mirror arriva oggi a definire il Papa il «Rottweiler germanico», affettuosità a confronto della quale la deliziosa ironia de Il Manifesto, «Il pastore tedesco», sembra una carezza.
Gratta gratta, però, la motivazione dei giornali inglesi è quella di sempre: vendere qualche copia in più. Un'arte in cui il Sun è sempre stato maestro. A prescindere dalle «cause» di cui si fa paladino.

ALTRA POLEMICA
Più sfumata (e ironica) la polemica che in queste ore sta viaggiando invece tramite sms. Una polemica che prende di mira il nuovo Pontefice, parafrasando l'antica esortazione di Papa Giovanni nei primi anni '60: «Kari fratelli, kvando tornate a kasa, tate ein ceffone ai fostri pampini. Tite loro ke essere ceffone ti Papa». Un modo un po' diverso, e non dettato da «strumentale nazionalismo», per conservare il sorriso.
Ratzigirl
00mercoledì 8 giugno 2005 01:49
30 GIORNI - Maggio


Una rivista bellissima che fral'altro offre al suo interno testimonianze eccellenti: che potete trovare nella sezione "curiosità sul Papa", qui invece posto un articolo molto bello che si trova all'interno di essa:

La vittoria che fa l’uomo contento

Festa della gratitudine per il trionfo di Cristo sulla morte. Questo è il Corpus Domini

del cardinale Joseph Ratzinger




Che significa per me il Corpus Domini? Anzitutto il ricordo di un giorno di festa, nel quale era presa assolutamente alla lettera l’espressione che Tommaso d’Aquino ha coniato in uno dei suoi inni per il Corpus Domini: «Quantum potes, tantum aude», devi osare tutto ciò che puoi per tributargli la lode dovuta... Questi versi richiamano d’altra parte alla memoria una frase che aveva formulato il martire Giustino già nel secondo secolo. Nella sua presentazione della liturgia cristiana egli scrive che chi la presiede, cioè il sacerdote, nella celebrazione eucaristica deve elevare al cielo preghiere e rendimenti di grazie «con tutta la forza di cui dispone»1. Nel Corpus Domini tutta la comunità si sente chiamata a questo compito: si deve osare tutto ciò che si può. Sento ancora il profumo che emanava dai tappeti di fiori e dalle betulle verdeggianti; appartengono a questi ricordi anche gli ornamenti presenti in tutte le case, le bandiere, i canti; sento ancora gli strumenti a fiato della banda locale, che in questo giorno osavano talvolta più di quanto potessero; sento lo scoppio dei mortaretti con cui i ragazzi esprimevano la loro prorompente gioia di vivere, ma con cui nelle vie del villaggio proprio in questo modo salutavano Cristo come un capo di Stato, anzi come il capo supremo, come il Signore del mondo. L’indefettibile presenza di Cristo veniva celebrata in questo giorno come una visita di Stato che non trascura, si potrebbe dire, nemmeno il più piccolo villaggio.



Il Corpus Domini ci rinvia anche alle questioni sollevate dal rinnovamento liturgico, con le sue prospettive teologiche. È giusto – ci chiedevamo – celebrare una volta all’anno l’Eucaristia come una visita di Stato fatta dal Signore del mondo, con tutte le manifestazioni tipiche di una gioia trionfale? Ci veniva poi ricordato che l’Eucaristia fu istituita nella sala dell’Ultima Cena e che è da lì che prende i connotati permanenti della sua celebrazione. I segni del pane e del vino, scelti dal Signore per questo mistero, richiamano l’attenzione sul gesto del ricevere. Il modo corretto di ringraziare per l’istituzione dell’Eucaristia è perciò la stessa celebrazione eucaristica, nella quale celebriamo la sua morte e la sua resurrezione e da lui siamo edificati in Chiesa vivente. Tutto il resto sembrava un vero e proprio fraintendimento dell’Eucaristia. Vi si aggiunse anche l’allarmata resistenza a tutto ciò che aveva sapore di trionfalismo, che non sembrava conciliabile con la coscienza cristiana del peccato e con la tragica situazione del mondo. E così la celebrazione del Corpus Domini divenne imbarazzante. Un influente manuale di liturgia, apparso in due volumi negli anni 1963-65, nella sua presentazione dell’anno liturgico non menziona nemmeno il Corpus Domini. Timidamente dedica solo una pagina all’argomento in un capitolo dal titolo: “Devozioni eucaristiche”; e tenta di superare il suo imbarazzo con la proposta, piuttosto astrusa, che si dovrebbe concludere la processione del Corpus Domini con la comunione agli infermi, perché proprio questa sarebbe l’unica circostanza in cui una processione, un percorso con l’Ostia, avrebbe un significato funzionale.



Il Concilio di Trento era stato in questo molto meno chiuso. Aveva detto che il Corpus Domini aveva lo scopo di suscitare la gratitudine e di tenere desta in tutti la memoria del Signore3. Poche parole che fanno emergere ben tre motivi. Il Corpus Domini deve reagire alla smemoratezza dell’uomo, deve suscitare in lui sentimenti di riconoscenza e ha a che fare con la comunione, la forza unificante che proviene dallo sguardo rivolto all’unico Signore. Ci sarebbe molto da dire in proposito. Non siamo forse divenuti atrocemente incapaci di pensare e di far memoria proprio nell’era dei computer, delle assemblee e delle agende, usate perfino dai bambini delle elementari?
Gli psicologi ci dicono che la nostra razionalità cosciente è soltanto la superficie di tutta l’anima. Ma noi siamo così sollecitati da questo primo livello che il profondo non riesce più a farsi sentire. Questo fatto mina in definitiva la salute dell’uomo, perché egli non sente più ciò che è autentico, non è più lui stesso a vivere, ma è vissuto da ciò che è casuale e superficiale. In stretta connessione con questo sta il nostro rapporto col tempo. Il nostro rapporto col tempo è la dimenticanza. Noi viviamo sul momento. Vogliamo addirittura dimenticare, perché non ammettiamo la vecchiaia e la morte. Ma questa volontà di oblio è in realtà una menzogna che si trasforma in un grido aggressivo verso il futuro, un grido che vuole infrangere il tempo. Ma anche questa romantica del futuro, per cui non si vuole essere più soggetti al tempo, è una menzogna che distrugge l’uomo e il mondo. L’unico modo per dominare veramente il tempo è il perdono e la riconoscenza, che accetta il tempo come un dono e lo trasforma in gratitudine.
Ma ritorniamo al Concilio di Trento, dove viene fatta senza alcuna remora l’affermazione che nel Corpus Domini si celebra la vittoria di Cristo, il suo trionfo sulla morte. Così come la nostra tradizione bavarese onorava Cristo quale insigne “ospite di Stato”, qui ci si rifà all’antico uso romano di onorare con un corteo trionfale il condottiero vittorioso che ritorna in patria. La sua campagna militare era diretta contro la morte, che divora il tempo e ci costringe così alla menzogna che vuole dimenticare o distruggere il tempo. Ora, soltanto se c’è una risposta alla morte, l’uomo può essere veramente contento. Ma, se esiste questa risposta, allora è essa l’effettiva e valida autorizzazione alla gioia, ciò che può veramente costituire il fondamento di una festa. L’Eucaristia è, nella sua essenza, la risposta al problema della morte, l’incontro con l’amore, che è più forte della morte. Il Corpus Domini è risposta a questo nucleo del mistero eucaristico. Una volta all’anno esso pone ben al centro la gioia trionfale per questa vittoria e accompagna il vincitore nel corteo trionfale attraverso le vie. La solennità del Corpus Domini non viola perciò il primato del ricevere, che trova espressione nell’offerta del pane e del vino. Al contrario, essa non fa altro che mettere bene in luce cosa significa veramente accogliere: significa tributare al Signore l’accoglienza che spetta al vincitore. Accoglierlo significa adorarlo; accoglierlo significa appunto «Quantum potes tantum aude»: si deve osare tutto quello che si può.



Il Concilio di Trento conclude la sua esposizione sul Corpus Domini con una proposizione che suona offesa ai nostri orecchi ecumenici e che certamente ha contribuito in maniera non irrilevante a far sì che quella festa cadesse in discredito presso i nostri fratelli evangelici. Se però si depurano queste formulazioni dalle passioni del secolo XVI, viene sorprendentemente a galla qualche cosa di positivo e di grande. Ma ascoltiamo anzitutto semplicemente ciò che dice il testo. Nel testo conciliare si legge che il Corpus Domini deve rappresentare il trionfo della verità «in modo tale che, al cospetto di siffatto splendore e di una tale esultanza di tutta la Chiesa, i suoi avversari... o ne restino del tutto confusi oppure alla fine rinsaviscano scossi dalla vergogna»4. Se sfrondiamo questo testo dalla polemica, esso significa che la forza con la quale la verità si fa strada dev’essere la gioia con cui essa si manifesta. L’unità non si afferma con la polemica e nemmeno con teorie accademiche, ma con l’irradiazione della gioia pasquale; essa conduce al cuore della professione di fede: “Cristo è risorto”. Essa conduce al cuore dell’esistenza umana, che attende questa gioia con ogni sua fibra. Così la gioia pasquale si caratterizza come l’elemento essenziale dell’ecumenismo e della missionarietà; per essa i cristiani dovrebbero gareggiare fra loro e per essa farsi riconoscere nel mondo. Il Corpus Domini esiste per questo. E questo è il più profondo significato del distico, «Quantum potes, tantum aude»: sfrutta tutto lo splendore del bello, se si tratta di esprimere la gioia delle gioie. L’amore è più forte della morte; in Gesù Cristo Dio è in mezzo a noi.

Ratzigirl
00mercoledì 8 giugno 2005 14:43
Time (USA)


La rivista di maggio tratta al suo interno che tipo di Papa sarà Benedetto XVI, come si è arrivati alla sua elezione e un'attento sguardo alla sua vita...ma che foto splendida!!!
Ratzigirl
00martedì 14 giugno 2005 02:36
Le testate il giorno dell'elezione




































Ratzigirl
00martedì 14 giugno 2005 13:39
Mappa dell'appartamento Papale , pubblicato da Gente


Qui vediamo uno spaccato dell'appartamento papale, semplice e austero^_^[SM=g27838] [SM=g27838] [SM=g27838]
Ratzigirl
00giovedì 16 giugno 2005 03:33
Dal blog Benedetto sedicesimo...
Un articolo davvero bellissimo....





Ha gli occhi buoni". E tutti lo studiano

di Gian Maria Vian

Benedetto XVI sarà un grande papa. Non sappiamo come, anche se da molte ore ascoltiamo e leggiamo milioni di parole – non tutte convincenti o fondate – sul romano pontefice che i cardinali hanno eletto dopo un solo giorno di conclave. Non lo sappiamo perché ogni uomo salito sulla cattedra romana, una volta divenuto successore di Pietro, assume per così dire una nuova personalità. Come esprime anche il cambiamento del nome. Benedetto, un nome che parla. E che la gente percepisce con intuito immediato, magari anche senza sapere che Benedetto XV è stato il papa della pace e delle missioni, o che san Benedetto è, per decisione di Paolo VI, patrono principale dell’Europa. Avvertendo oscuramente – ma con la sicurezza donata ai più semplici – che sarà un pontefice benedetto. Così come aveva avvertito l’umile autorità del decano del collegio cardinalizio mentre celebrava le esequie del suo predecessore o mentre spiegava le letture bibliche della messa «per il papa da eleggere» che ha preceduto il brevissimo conclave. «Ha gli occhi buoni», diceva sottovoce ieri mattina un’anziana signora romana a un’amica, in fila all’ambulatorio. E pur protestando la sua ignoranza, la semplice donna confidava che quell’uomo – di cui aveva sentito parlare come di un cardinale «molto preparato» – a lei ispirava fiducia e proprio lui sarebbe stato il più degno successore di Giovanni Paolo II. Ecco, anche se non sappiamo come sarà grande Benedetto XVI, avvertiamo tutti che la statura – spirituale, prima ancora che intellettuale – del pastore e del teologo è stata individuata, dal collegio dei cardinali, come il motivo più evidente per sceglierlo a reggere la sede romana. In ventiquattr’ore. Confermando un dato che balza agli occhi di chi guardi alla storia dell’ultimo secolo e mezzo. Proprio da quando è iniziato l’ultimo declino del potere temporale, la Chiesa di Roma ha saputo esprimere – conclave dopo conclave, da Pio IX sino a Benedetto XVI – personalità d’indubbio spessore storico. Joseph Ratzinger è stato infatti un intellettuale di assoluto rilievo. Come teologo, soprattutto, e come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, capace di colloquiare con tutti: i suoi studenti in Germania, intellettuali laici di prestigio in Italia e fuori. Ma il Conclave ha eletto in lui il vescovo di Roma. Per la prima volta in tempi recenti, i cardinali martedì sera si sono assiepati alle logge di San Pietro – intorno a Benedetto XVI affacciato alla loggia centrale – colorando di rosso la facciata della basilica. Sembrava una di quelle miniature medievali che esprimono in questo modo la collegialità della Chiesa di Roma, sottolineata ieri dal papa nella Cappella Sistina. Quelle macchie rosse dicevano che il nuovo papa non è e non sarà solo. Anche perché è entrato nel cuore dei cristiani con le sue ultime parole prima di varcare la porta del Conclave: «Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno. Dopo un certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore, la conoscenza, il gesto capace di toccare il cuore, la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e preghiamo il Signore, perché ci aiuti a portare frutto, un frutto che rimane». Parole che tutti hanno capito.
Ratzigirl
00giovedì 16 giugno 2005 03:43
Blog bellissimi...
Ora, un po' di silenzio

di Irene Argentiero


Un giorno d'estate, di qualche anno fa, il card. Ratzinger rimase molto sorpreso quando, nella chiesetta di Santo Spirito, piccola oasi dello spirito che si trova in cima alla Valle Aurina, una giovane coppia lo riconobbe e gli chiese di benedire la loro bimba.
Questo piccolo episodio che racconta il lato più "privato" del card. Ratzinger, mi è tornato in mente in queste ore, seguendo le immagini di Papa Benedetto XVI abbracciato dalla folla dei fedeli: i giovani in piazza scandiscono a gran voce "Benedetto, Benedetto" e invitano il nuovo Pontefice a non avere paura, la gente lo attende per seguirlo nelle sue prime uscite ufficiali.
Di Papa Benedetto XVI, o meglio del card. Joseph Ratzinger, alla vigilia del Conclave, durante il Conclave e dopo il Conclave si è detto tanto. Forse anche troppo.
Di questo uomo di Dio, chiamato ad assumersi il faticoso impegno di successore di Pietro, abbiamo letto e ascoltato in questi giorni davvero molto. Forse ora è arrivato il momento di lasciare un po' di spazio al silenzio.
Papa Benedetto XVI, che ama la musica, sa che nella musica le pause in cui gli strumenti tacciono sono indispensabili per far sì che l'armonia delle note sia più ricca e completa e raggiunga il suo significato più pieno. E allora proviamo, in silenzio, a chiudere gli occhi e ad ascoltare il suono armonioso del silenzio.
Un suono, che, stranamente si rende "visibile" attraverso le tante immagini che del card. Ratzinger, oggi Benedetto XVI, abbiamo visto scorrere davanti ai nostri occhi in questi giorni. Questo "servo della vigna del Signore", come lui stesso si è definito, che fino a pochi giorni fa vestiva di nero, con l'abito talare e la coppola in testa, oggi si ritrova vestito a nuovo, completamente immerso nel bianco di un abito, nel quale anche il colore dei suoi capelli sembra fondersi fino a perdersi. Sembra quasi di ripercorrere la tastiera di un pianoforte. E chi ha un po' di dimestichezza con la musica lo sa, in un pianoforte, i tasti bianchi sono molti di più di quelli neri. Così come molti di più, d'ora in avanti, saranno gli impegni che attenderanno il nuovo Papa.
Come servo obbediente, Joseph Ratzinger si è affidato nelle mani del Signore, lasciando al suo Santo Spirito il compito di suonare la nuova e impegnativa melodia, che d'ora in avanti sarà scritta sullo spartito della sua vita.
E il pensiero, a questo punto, ritorna a quella chiesetta in cima alla Valle Aurina, dedicata allo Spirito Santo, alla quale si giunge attraverso un sentiero di meditazione particolare, realizzato 25 anni fa con la collaborazione dei giovani della zona: una "Via Crucis" in cui si parla anche delle forme in cui il male ancora oggi continua ad aprire ferite nella vita delle persone.
È in mezzo a queste difficoltà e fatiche che oggi, Papa Benedetto XVI, con i suoi carismi e la sua unicità, è chiamato a indicare al mondo intero la luce del Cristo Risorto, di un Gesù che vince con il Bene e con la forza inesauribile dell'Amore ogni male e ogni contrapposizione, un Gesù che supera preconcetti e pregiudizi per andare diritto alla meta: la salvezza di ogni uomo e donna.
È lungo le tante "Viae Crucis" dei giorni nostri che Papa Benedetto XVI è stato chiamato da Dio a guidare la Chiesa, come un pastore e un padre premuroso, attento ai bisogni e alle necessità di chi gli è stato affidato.






Quando disse al Papa: non sei infallibile

di Luigi La Spina

Ha smentito uno dei più collaudati proverbi di quella scienza inesatta che è la vaticanologia. Smentirà anche le previsioni di quella, ancor più inesatta, che scruta il futuro sulle basi del passato. Era il pronosticato d’obbligo per un conclave breve e ha perso la scommessa chi non lo pensava Papa proprio per questo. Sbaglieranno anche coloro che, giudicandolo un feroce conservatore, ora temono che la Chiesa chiuda le sue porte al mondo e si rinserri in una torre dottrinale fatta di severità morale e di angustia dell’intelletto. Il pontificato di Benedetto XVI probabilmente riserverà qualche sorpresa a chi non conosce bene Joseph Ratzinger, tedesco del Sud che, nonostante le apparenze e la lunga esperienza, sia come pastore di diocesi sia come uomo di Curia, conserva nelle pieghe del carattere una punta di timidezza e, perfino, di sentimentalismo. Solo valutando la scelta dei cardinali con minore superficialità, infatti, si può comprendere perché sul suo nome si sia unita, molto in fretta, la larghissima maggioranza del collegio votante. Compreso il suffragio della cosiddetta area progressista del Conclave.

La ricostruzione dei retroscena di questa elezione papale parte necessariamente dai colloqui e dagli interventi che hanno preceduto, dopo la morte di Giovanni Paolo II, la chiusura della Cappella Sistina. Sono due cardinali che tutti conoscono e di cui tutti apprezzano la statura intellettuale, spirituale e il prestigio morale a redigere, con i loro interventi, il bilancio dello stato della Chiesa appena superato il terzo millennio. Sono due coetanei: il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, e l’arcivescovo emerito di Milano, Carlo Maria Martini. Proprio i loro giudizi smentiscono le banali classificazioni che ne fanno due capi di partiti opposti: l’analisi della situazione, invece, è molto simile e la sollecitazione per una scelta che individui una guida all’altezza dei gravi problemi della Chiesa d’oggi, con un programma molto impegnativo, sgomenta l’intera assemblea dei cardinali. La convergenza dell’allarme di questi due «grandi vecchi» spazza immediatamente le ipotesi di candidature di transizione, la scelta di figure di mediazione o di profilo, da tutti i punti di vista, men che altissimo. Gli accenti, tra Ratzinger e Martini, sono naturalmente dissimili. La loro cultura, per entrambi profonda, ha ispirazioni diverse. Il primo risente dalla drammaticità del realismo agostiniano, il secondo ha più fiducia nel valore della testimonianza. Sia nelle omelie e nei discorsi del cardinale tedesco, sia negli interventi e nel testo scritto lasciato ai porporati dal gesuita piemontese si nota, però, un uguale profondo «impegno dell’anima».
Anche altri interventi colpiscono l’uditorio, perché mettono in luce problemi impegnativi. Sono quelli, ad esempio, del primate d’Ungheria László Paskai, il quale sostiene l’esigenza che il carisma del nuovo Papa dia a tutti, credenti ma anche non credenti, un segnale di speranza e riesca a costituire un punto di riferimento morale come lo è stato Giovanni Paolo II. Pure l’opportunità di una riorganizzazione funzionale, amministrativa e legislativa della Curia viene sollecitata dal neocardinale Attilio Nicora con grande chiarezza giuridica.

L’indisponibilità, per problemi di salute, del cardinal Martini alla candidatura e, nel contempo, la difficoltà di contrapporre al prestigio di Ratzinger una personalità di simile valore sulla quale possa convergere una maggioranza alternativa al «teologo» di Karol Wojtyla, inducono tutti a confluire, abbastanza presto, su chi sceglierà il significativo nome di Benedetto XVI.
La prima sorpresa di questo pontificato, del resto, è stata offerta subito, dal primo atto del Papa: proprio la scelta del nome. Tutti conoscevano il ruolo di strettissima collaborazione da lui esercitato con Giovanni Paolo II, confermato anche dalle parole di umile ossequio rivolte al suo predecessore nel breve saluto alla folla plaudente della piazza. Ecco perché ci si aspettava, soprattutto da lui, che il successore di Wojtyla allungasse la serie dei Giovanni Paolo. Invece la continuità è stata proclamata e certamente non sarà rinnegata, ma anche questo piccolo segno di novità fa intravedere il desiderio di marcare immediatamente uno stile diverso.

La finezza intellettuale di Benedetto XVI porterà certamente la Chiesa a riaffermare fermezza di dottrina e rigore morale, ma esclude intransigenze conservatrici come quelle che esaltano i suoi più accesi tifosi e impauriscono i suoi altrettanto accaniti avversari. A titolo esemplificativo della prudente saggezza e del grande equilibrio del nuovo Papa, siamo in grado di rivelare una vicenda significativa che, finora, era rimasta riservata. Sappiamo tutti quali siano le opinioni di Ratzinger sui temi della bioetica e, in generale, della morale. Così, quando un gruppo di vescovi, capitanato soprattutto da quelli americani, consegnò a lui, in piena campagna tra Bush e Kerry per le presidenziali Usa, un documento per sollecitare, proprio in campo etico, una presa di posizione ufficiale da parte del Pontefice, al fine di imporre, con l’infallibilità che possiede il Papa quando parla «ex cathedra», una linea molto intransigente, ci si attendeva un consenso entusiastico del capo della competente Congregazione. Ratzinger lesse questo documento, lo portò e lo fece leggere a Giovanni Paolo II come lo avevano pregato di fare i firmatari. Ma, con loro sorpresa, consigliò il Papa a non aderire a quella richiesta: proprio per non coinvolgere il Santo Padre in una polemica, per di più in una delicata scelta elettorale, che non attiene, in maniera stretta, a credenze di fede, ma comporta anche giudizi di comportamenti umani, approcci culturali, sfumature intellettuali. Questioni in cui un intervento di tale autorevolezza, in quel momento, avrebbe irrigidito, invece di approfondire la discussione con i laici e rischiato di influire pesantemente contro le chances di vittoria del cattolico ma abortista Kerry.

Benedetto XVI farà suo l’ossimoro più in voga per definire il compito del nuovo Papa, quello della «continuità discontinua». Lo farà, proseguendo la grande missione nel mondo di Giovanni Paolo II con uguale energia e rigore. Cercando però, con una generosità d’animo che sorprenderà molti, di associare tutti, credenti e non, alla difesa dei grandi valori etici che hanno distinto le società civili da quelle dominate dalla barbarie.



Ratzigirl
00giovedì 16 giugno 2005 13:14



Ratzinger: la mia proposta di pace ai laici




Papa Ratzinger come non te lo aspetti. Filosofo prima ancora che Papa, appassionatamente umano nel suo sforzo di trovare un terreno d’intesa con chi non la pensa come lui, decisamente rivolto al mondo laico. Ne L’Europa di Benedetto , il saggio di cui pubblichiamo in questa pagina alcune parti, egli si sforza di costruire quel ponte, tante volte invocato in passato, fra credenti e illuministi, fra sostenitori di una necessaria armonia di natura e rivelazione da un lato; intransigenti difensori della modernità, dei diritti umani, della ricerca scientifica senza vincoli, dall’altro. Il pensiero del Papa è affidato a un libro, edito da Cantagalli, che raccoglie diverse considerazioni sulla bioetica, le radici cristiane dell’Europa, il terrorismo, il pacifismo, il ruolo della scienza. Il Benedetto citato nel titolo, naturalmente, è il santo di Norcia: e si coglie la potenza evocativa di quel nome nella mente del Papa. Il sostenitore dell’«Ora et labora», infatti, è presentato qui come modello personale e maestro di vita: «In un tempo di dissipazione e di decadenza si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce».
È lui l’uomo «illuminato da Dio» capace di parlare insieme all’intelletto e al cuore degli uomini, rendendo possibile una riconciliazione fra cielo e terra, mondanità e principi superiori.
Quel ponte fra le due culture, cattolica e laica, cui tendere con tutte le forze, trova insomma secondo il Papa il suo naturale predecessore e promotore in San Benedetto da Norcia.
Quello della duplicità (ma anche della ricerca di un punto di contatto fra cielo e terra, rivelazione e scienza, cattolicesimo e laicismo liberale) appare quindi il vero motivo conduttore del libro. In ogni caso esso va inteso come uno sforzo per superare i limiti della pura natura e una manifestazione di disponibilità ad aprirsi all’altro; di conseguenza, viene percepito da Ratzinger come una ricchezza, e non come un limite. Questo aspetto è sottolineato con particolare evidenza dal presidente del Senato Marcello Pera nella sua introduzione, che appare quasi un controcanto laico del pensiero del Pontefice. L’esigenza sottolineata da Pera di condurre un dialogo tollerante, attento alle esigenze profonde della religiosità naturale e di quella rivelata, si esprime soprattutto nel commento alle due celebri tesi di Galileo: quella della «convergenza» e l’altra della «separazione».
Secondo la prima, le Sacre scritture e la scienza (in particolare l’astronomia) sono destinate a trovare un punto d’intesa all’interno del disegno divino. La seconda, invece, precisa che la sfera della ricerca e quella della salvezza si occupano di cose differenti e non possono sovrapporsi. Ecco, sottolinea il presidente del Senato, le radici della scissione di cui soffre l’uomo europeo, il «sigillo della modernità» che ha portato «alla emarginazione, alla soggettivizzazione, alla ghettizzazione del divino, del sacro, di Dio». Opporsi a questa separazione, cui nemmeno la grandiosa costruzione filosofica di Kant è riuscita a porre rimedio, gli sembra l’unico modo per «richiamare i limiti della scienza, porre vincoli ai diritti». Un’esigenza che, come è facile comprendere, richiama direttamente il più scottante dei temi d’attualità politica: quello della bioetica e della legislazione che la riguarda.
Come fare dunque per gettare le fondamenta di questo ponte, capace di collegare le due culture?
Con piena coincidenza, il Papa e il presidente del Senato ricorrono a una formula latina che rovescia quella classica della filosofia illuministica: si tratta di agire cioè veluti si Deus daretur , «come se Dio realmente esistesse». È appunto il contrario del motto illuministico che invitava a considerare gli obblighi quali valori in se stessi, etsi Deus non daretur , come se il Creatore non ci fosse.
Qual è la differenza? Per il Papa, e anche per il laico Marcello Pera, agire e indirizzare l’azione politica in positivo secondo un modello cristiano significa fare in modo che «anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio» possa indirizzare la sua vita in accordo con quei principi. Nessuna limitazione della libertà, quindi, ma esclusione di tutte quelle concezioni ideologiche, o addirittura dogmatiche, che estremizzano i valori della cultura laica, trasformandoli di fatto in minacce per la libertà.
«Una proposta da accettare» è il titolo che il presidente del Senato ha dato, in questo libro, alla sua introduzione. Il senso di questo accordo, anche sul piano politico, appare un segno dei tempi.
Ratzigirl
00venerdì 17 giugno 2005 03:24
Documento PDF
Se conoscete il tedesco....ben venga più che altro guardate che foto!!!! Se avete visto il filmato in tedesco avrete sicuramente visto la cresimazione di alcuni ragazzi....

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FOTO MAI VISTA!!! + DOCUMENTO (tedesco)
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[Modificato da Ratzigirl 17/06/2005 3.39]

Ratzigirl
00martedì 21 giugno 2005 01:34
I servizi di Alessandra Borghese - Panorama
RECUPERO DELLA TRADIZIONE
La messa fai da te è finita,
andate in pace
In autunno un nuovo documento del cardinale Ratzinger: liturgie "moderne", musiche inadatte, preghiere anomale non saranno più permesse. Tornerà il canto gregoriano. E per il latino...

di Alessandra Borghese







La "messa fai da te" ha i giorni contati. Le cerimonie "personalizzate" in cui non pochi sacerdoti si sono sbizzarriti (e si sbizzarriscono tuttora) a colpa di rituali stravaganti, musiche inadatte, omelie e preghiere anomale, dovranno fare i conti con un nuovo e fermo altolà. Dopo l'enciclica sull'Eucarestia firmata da Giovanni Paolo II il giovedì di Pasqua, un nuovo e importante documento sta per essere varato dalla Santa Sede. Riguarda le deviazioni dalla liturgia da parte del clero e vedrà la luce nel prossimo autunno. Se la stessa enciclica sull'Eucarestia è stata interpretata in questi giorni come un richiamo all'ordine nella denuncia dell'impoverimento e della banalizzazione di aspetti fondamentali nella somministrazione del sacramento, la nuova iniziativa si muove nella stessa direzione: ridare dignità e spessore al senso del sacro nelle celebrazioni.

Il cardinale Arinze, africano, dallo scorso 1° ottobre prefetto della Congregazione per il culto divino, e il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto dell'ex Sant'Uffizio, sono al lavoro per comporre un elenco di istruzioni che non lascerà spazio alle libere interpretazioni. Lo stesso Arinze, incontrando i fedeli americani in un recente viaggio negli Stati Uniti, era stato chiaro: "Ci sono dei bravi sacerdoti, di certo in buona fede, che la sera prima pensano a come inventarsi la messa del giorno dopo con procedimenti e idee che non hanno riscontro nei testi liturgici. Dobbiamo tornare alle regole". L'obiettivo di Arinze e di Ratzinger, che agiscono su preciso mandato del Santo Padre (e proprio Ratzinger è stato chiamato in causa in questi giorni per il tono e i contenuti dell'enciclica sull'Eucarestia), è tra l'altro di recuperare il patrimonio della tradizione messo in ombra da certa disinvolta pastorale del post Concilio., rivalutare l'uso del latino anche attraverso un graduale recupero del canto gregoriano, ridare slancio al senso profondo della sacralità e del Mistero.

Perché questa inversione di tendenza? Gli inviti più pressanti sono venuti dall'Asia e soprattutto dall'Africa. Ma a insistere per un ritorno allo spirito della tradizione sono soprattutto le nuove generazioni. "Il senso del sacro affascina i giovani" fanno osservare in Vaticano, "la banalizzazione della liturgia provoca in loro un senso di rigetto. Certe esagerazioni del post Concilio hanno messo troppa enfasi sul piano meramente sociale e umano: oggi bisogna ritrovare un giusto equilibrio tra l'umano e il divino, riconoscendo gli errori. Si è saputo di casi in cui era stata negata la comunione a fedeli che desideravano riceverla in ginocchio. Si è arrivati perfino a demonizzare la celebrazione in latino come se esso fosse stato il male assoluto".

Le parole d'ordine sono "recupero" e "ritorno". Del resto, fu lo stesso Paolo VI nella lettera apostolica Sacrificium laudis del 1966 ai "Superiori generali delle comunità religiose con obbligo di coro" a porre un interrogativo che oggi, a distanza di 37 anni, sembra tornare di monito anche per il futuro: "Gli uomini desiderosi di sentire le sacre preci entreranno ancora nei vostri templi, se non risuonerà più l'antica e nativa lingua di quelle preghiere, unita al canto pieno di gravità e bellezza?".



da "Panorama", 1° maggio 2003

Ratzigirl
00martedì 21 giugno 2005 02:25
I giovani tedeschi si dicono cambiati





Il "miracolo" del Papa


L’elezione di Josef Ratzinger al soglio di Pietro sembra che abbia prodotto un mutamento nell’atteggiamento religioso dei giovani tedeschi che, adesso, dichiarano di avere riscoperto i valori dello spirito. In un sondaggio condotto dall’Istituto Infratest-dimap, e pubblicato oggi dal quotidiano ‘Die Welt’, il 46 per cento degli intervistati di eta’ compresa tra i 14 e i 29 anni ha dichiarato che dopo l’elezione di Benedetto XVI la fede in Dio e’ diventata piu’ importante. [...] Sempre a livello nazionale, il 68 per cento della popolazione tedesca ha affermato di credere in Dio, il 30 per cento di non sentire alcuna necessita’ di credere in un essere superiore, il 2 per cento non si e’ espresso. L’agnosticismo e’ largamente maggioritario nell’est del Paese, dove quasi due terzi della popolazione (64 per cento) non crede in Dio, il 36 per cento ha fede, ma appartiene in larghissima maggioranza alla Chiesa protestante. All’ovest, invece, si registra un 76 per cento di credenti, a fronte di un 21 per cento di agnostici e di un 3 per cento che non ha espresso un parere in merito.

[Modificato da Ratzigirl 21/06/2005 2.27]

Ratzigirl
00mercoledì 22 giugno 2005 01:06
POST INVIATO DA SIHAYA



Il Manifesto 22/06/05
Sulla rassegna stampa dei giornali di domani, cioè oggi, visto che è mezza notte passata, c'è il Papa in prima pagina con il titolo "Non c'è più religione".
Sicuramente non si tratterà di un articolo gentile nei suoi riguardi.
Mi toccherà stringere i denti e comprare il giornale.
Vi farò sapere!
Sihaya

[Modificato da Ratzigirl 22/06/2005 1.07]

Sihaya.b16247
00mercoledì 22 giugno 2005 01:24
Re: POST INVIATO DA SIHAYA
Grazie per aver postato anche il file con la foto della "prima"!
Sonia
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