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Paparatzifan
00domenica 15 aprile 2007 21:42
Dal blog di Lella...
GLI 80 ANNI DI BENEDETTO XVI

Non solo auguri al Papa del rigore
Il dono ideale? Più coerenza

Dai cristiani serve coerenza costante, dagli agnostici rispetto delle diversità. Questo Pontefice è un mistero mediatico: più si mostra rigoroso e più piace, meno concede alla folla e più questa lo applaude

UN PAPA e i suoi 80 anni: gli auguri non bastano. Serve dai cristiani, nella morale e in politica, coerenza costante. Serve dagli agnostici rispetto delle diversità. Nessuno vorrà pretendere da questo teologo scelte in contraddizione con il deposito di fede, che per decenni difese quale primo collaboratore di Karol Wojtyla, già detto il Santo.

Quindi fedeli ed avversari è bene si confrontino con il pontificato di Benedetto XVI per quello che è: nessun cedimento e nessun tatticismo.

C’È MOLTO incenso di omaggi e c’è molta formale ipocrisia in giro. Gli atei devoti spiegano al Pontefice come deve fare il Pontefice. Alla sinistra di Dio altri devoti, non atei, spingono verso «modernità» impossibili: le tradizioni custodite come verità non sono emendamenti ballerini dentro le Finanziarie. Gli anticlericali oscillano fra ostilità ancora civilmente espresse e attacchi volgari, fra satira estrema e insulti minacciosi sui muri delle città.

Questo Papa è un mistero mediatico, più si mostra difficile e rigoroso più piace, meno concede alla folla più essa lo applaude, più si allontana dall’atmosfera televisiva del suo predecessore polacco, più gli assomiglia nell’essere amato.

Ha fatto scelte di vertice anticonformiste, definibili nella sostanza come progressiste. Bertone è un cardinale salesiano fuori dalla carriera diplomatica, designato Segretario di Stato. Hulmes, un cardinale sudamericano che da giovane fu vicino ai teologi della liberazione ed è tuttora amico di Lula, presidente operaio del Brasile, è stato chiamato in Vaticano come prefetto della Congregazione più difficile, quella che governa su tutti i preti del mondo.

SE NON FOSSE stato scelto due anni fa come Papa, Joseph Ratzinger, domani, uscirebbe per limiti di età dal numero dei cardinali che in Conclave eleggono i Pontefici. A questo ottantenne la missione chiede di essere giovane. E lui non si sottrae.

Affronta i temi più ardui, non tralascia l’organizzazione che negli ultimi anni di Wojtyla malato aveva patito inevitabili rinvii. Guarda in faccia i punti di crisi. Conosce l’ossessione anticristiana dell’industria culturale, che vende besteller fantateologici.Questi libri inseguono la mania New Age nell’imporre alla gente un’idea di Gesù non Cristo, non figlio di Dio, un maestro di vita di duemila anni fa con moglie e prole. Queste frivolezze prima o poi passeranno.

Ma Ratzinger sa che dietro ben più grave c’è nella società moderna una deriva materialistica, che sottrae intelligenza.Vengono perseguitati silenzio e meditazione, indispensabili per pensare Dio e pregarlo. Il Papa conosce l’assalto delle sette al cattolicesimo sudamericano. Legge poi con dolore la nuova miscredenza europea, che fa pessimo uso delle macerie dell’ideologia comunista. Non sottovaluta gli errori e le debolezze interne. E’ severissimo contro i preti che portano scandalo. Ha bisogno di giovani entusiasti, di persone coerenti.

CI SONO settori cattolici italiani oggi in grande vigoria. Basti pensare ai volontari, alla Comunità di Sant’Egidio come a tanti altri centri propulsivi. I media cristiani hanno raggiunto punte professionali di eccellenza: l’Avvenire vale il giornale di via Solferino come ampiezza di prospettiva internazionale e come autorevolezza di editoriali. Sat 2000 è la più seguita tv satellitare.

L’Università Cattolica coltiva fra l’altro la migliore scuola di scienza della comunicazione d’Europa. Molto nella Chiesa affidata a Benedetto XVI è da fare e da rimettere a posto, modernamente ma senza resa alla modernità.

Come si usa dire nei compleanni: altri venti anniversari come questo, Padre Ratzinger. Sia ancora lungo il tuo tempo operoso.

di Gaspare Barbiellini Amidei

Quotidiano Nazionale, 15 aprile 2007
LadyRatzinger
00domenica 15 aprile 2007 23:24
Re: Re: Re: Re: Re: Speciale di Avvenire!!!

Scritto da: Paparatzifan 15/04/2007 18.32

Ma la ratzingerite ti colpisce pure in questo brutto modo???? [SM=g27833] [SM=g27813]



Purtroppo si...Pensa che per andare all'edicola ho fatto una volata con la bicicletta a tutto foco per la strada contromano!Fra un pò non mi scontravo con una signora che mi ha anche gridato qualcosa! [SM=g27819] [SM=g27819] [SM=g27819] [SM=g27824] [SM=g27824] [SM=g27824] [SM=g27824] [SM=g27821] [SM=g27821]
LadyRatzinger
00lunedì 16 aprile 2007 13:21
da Petrus
Il Presidente Napolitano scrive al Papa: "Auguri e grazie per ciò che fa per l'Italia"


CITTA’ DEL VATICANO - Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato a Sua Santita' Benedetto XVI il seguente messaggio: ''Santita', nel giorno del Suo genetliaco ed alla vigilia del secondo anniversario della Sua ascesa al Soglio pontificio, mi e' gradito rivolgerLe i migliori auguri di benessere e serenita', insieme ad un sincero incoraggiamento per l'esercizio del Suo Alto magistero''. ''In questa fausta ricorrenza - scrive il Capo dello Stato -, desidero esprimerLe la riconoscenza per l'affetto da Lei sempre manifestato nei confronti della Nazione italiana, i cui profondi ed antichi legami con la Santa Sede sono alimentati dalla condivisione dei valori della pace e della promozione della dignita' dell'uomo''. ''Nell'esprimere l'auspicio di nuove occasioni di incontro e sicuro di intepretare i sentimenti profondi del popolo italiano - continua Napolitano nel suo messaggio -, La prego di accogliere, Santita', gli auspici piu' fervidi per la prosecuzione della Sua Alta missione apostolica''.

LadyRatzinger
00lunedì 16 aprile 2007 13:28
Da Petrus
Nel giorno del compleanno, Benedetto XVI vede confermata la stima del mondo ortodosso

CITTA’ DEL VATICANO - Il “coraggio” e l’impegno del Papa nel denunciare i mali del nostro tempo, invitando tutti i cristiani a testimoniare Cristo, unica salvezza, è solo uno degli aspetti del pontificato di Benedetto XVI che cattolici e ortodossi russi hanno sottolineato nell’augurare oggi al Pontefice buon compleanno. Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, in un messaggio si è congratulato con Benedetto XVI per i suoi 80 anni e gli ha augurato di avere una buona salute, una lunga vita e l'aiuto di Dio nel suo ministero spirituale. “Il vostro servizio – scrive il Patriarca russo-ortodosso nel suo messaggio – è stato ammirevole e vi ha portato ad essere eletto capo della Chiesa cattolica romana”. Alessio II definisce il Pontefice “un famoso teologo interamente votato alla protezione e alla promozione dei valori tradizionali cristiani”, nella società moderna. “Questo – conclude il Patriarca – deve diventare la solida base su cui costruire buoni rapporti e sviluppare la collaborazione tra ortodossia russa e Chiesa cattolica”. Nell’esprimere i suoi auguri al Papa, p. Igor Vyzhanov, segretario per gli Affari inter-cristiani del Patriarcato di Mosca, ribadisce la “stima” di cui Benedetto XVI gode presso la Chiesa russo-ortodossa, che ne apprezza l’impegno per il progresso del cammino ecumenico. “Per il Papa e l’unità dei cristiani” hanno pregato oggi a Roma, alle catacombe di San Pancrazio, fedeli cattolici e russo-ortodossi alla presenza di personalità religiose delle due Chiese. Mons. Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo cattolico della diocesi della Madre di Dio a Mosca, conferma la “sincera volontà del Papa di dialogare con la Chiesa ortodossa e la società russa”. Nel suo messaggio di auguri a Benedetto XVI, sottolinea lo “spessore teologico” del Papa ed esprime apprezzamento per le sue posizioni “chiare e ferme su tematiche e problemi delicati del nostro tempo”. “Al centro della sua teologia - continua - vi è l’amore di Cristo, unico Salvatore del genere umano. Sulla base dei suoi insegnamenti dobbiamo creare il futuro dell’Europa, minacciata da secolarismo e relativismo morale”.

[Modificato da LadyRatzinger 16/04/2007 13.29]

rosa22253
00lunedì 16 aprile 2007 16:16
Giornale del Popolo (Svizzera) 16.04.2007

INTERVISTA
Il cardinale svizzero Georges Cottier, già teologo della Casa Pontificia
«Il Papa è un catechista formidabile e la gente accorre a migliaia alle udienze»

Un catechista di «straordinaria qualità». Che ci racconta la Chiesa «per insegnarci ad amarla» attraverso le figure di coloro che, prima di noi, l’hanno amata. Che con «grande originalità catechistica» ci mostra il filo rosso che, attraverso la storia, lega la Chiesa degli Apostoli a quella di oggi, e ce la rende in questo modo «familiare». Queste le considerazioni espresse dal cardinale svizzero Georges Cottier, oggi pro-teologo emerito della Casa Pontificia su di un aspetto magari meno dibattuto ma molto presente nel ministero di Benedetto XVI: le catechesi del mercoledì e gli Angelus, incontri che attirano folle record. Proprio ieri, la pubblicazione dei dati sui pellegrini: per il 2006 si registra un afflusso di oltre 3 milioni di fedeli.

Eminenza, decine di migliaia di persone alle udienze, altrettante agli Angelus domenicali. Cosa può dirci del formidabile lavoro catechetico che sta compiendo papa Ratzinger?
La prima cosa che mi sento di dover dire è che prima di essere eletto, Papa Benedetto è stato un professore molto chiaro. Le sue lezioni erano veramente affascinanti. Dire che è stato questo, tuttavia, non significa che sia stato un catechista, ma che tale si è rivelato, e di una straordinaria qualità, una volta divenuto Papa.

Come ha interpretato Benedetto XVI le sue catechesi?
Se facciamo riferimento alle udienze generali, abbiamo visto che, nello stesso stile di Giovanni Paolo II, ha iniziato la sua catechesi sullo Spirito Santo e la Chiesa, sulla Chiesa come comunione. Subito dopo però lo abbiamo visto cominciare a muovere i primi passi nella direzione dell’educazione all’amore alla Chiesa, come mistero di fede che si manifesta nella sua concretezza storica. E così ci fa conoscere i dodici apostoli. Poi ha cominciato con i Padri, queste grandi figure che ci fanno toccare il mistero della Chiesa nella sua storicità. Mi sembra che in tutto questo ci sia una grande originalità catechistica.

Perché questa progressione?
Quello che in questo modo viene messo in evidenza è l’aspetto piuttosto storico della Chiesa. È come se il Papa volesse creare una sorta di “familiarità” dei fedeli con la Chiesa, una cultura teologica davvero concreta, mostrandoci come essa abbia vissuto nella storia attraverso gli Apostoli, i Padri, i santi, i martiri. E questo, in un quadro complessivo dove noi possiamo anche rintracciare un grande senso e un grande amore per la liturgia, perché tutti quelli che ci mostra, li ritroviamo anche nel calendario liturgico. Il riferimento è costante e preciso. Inutile sottolineare che si tratta di una cosa fondamentale per i credenti.


Dica la verità: se l’aspettava di scoprire in Benedetto
XVI un catechista - come lei l’ha definito
- di così straordinaria qualità?

Devo ammettere in tutta onestà che non me l’aspettavo. È stata una sorpresa, una bellissima sorpresa. Conoscevo l’ottimo professore che è stato, ma fare catechesi non è la stessa cosa che tenere una lezione universitaria. Lui vede i bisogni reali, concreti dei cristiani di oggi, ed è a questi che si rivolge. E insegna ad amare la Chiesa mostrandoci com’è cresciuta attraverso la storia rimanendo sempre se stessa. Quando, alla fine del 2005, ha ricevuto per la prima volta la Curia per il tradizionale scambio degli auguri di Natale, ha fatto un grande discorso sul vero spirito del Concilio Vaticano II, mettendo molto bene in evidenza come la Chiesa di oggi non sia diversa da quella di ieri. Non c’è, come qualcuno ancora afferma, una Chiesa “dopo il Concilio” che sarebbe un’altra cosa rispetto a quella “prima del Concilio”. C’è piuttosto, un’evoluzione, una maturazione, nella continuità. Ecco, mi sembra che sia questo il punto fondamentale che Papa Benedetto ci sta indicando nelle sue catechesi: la continuità storica di una Chiesa, soggetto unico e identico attraverso i secoli, che sempre dobbiamo amare.
(S.M.)
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VATICANO Oggi Benedetto XVI festeggia il suo compleanno.
Ieri l’abbraccio della folla


«I miei ottant’anni di vita nell’amicizia di Cristo»
Alla celebrazione in piazza San Pietro, il Papa ringrazia la Misericordia di Dio che continua a sostenere «la sua debolezza».
Il «Dio ferito» chiede di «lasciarci ferire per Lui».

«Cari fratelli e sorelle, secondo una vecchia tradizione, l’odierna domenica prende il nome di Domenica “in Albis”. (...) Il Santo Padre Giovanni Paolo II volle che questa domenica fosse celebrata come la Festa della Divina Misericordia (...).
Siamo qui raccolti per riflettere sul compiersi di un non breve periodo della mia esistenza. Ovviamente, la liturgia non deve servire per parlare del proprio io, di se stesso; tuttavia, la propria vita può servire per annunciare la misericordia di Dio. «Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto», dice un Salmo (65 [66], 16).

Alla vigilia della Pasqua del 1927
Ho sempre considerato un grande dono della Misericordia Divina che la nascita e la rinascita siano state a me concesse, per così dire insieme, nello stesso giorno, nel segno dell’inizio della Pasqua. Così, in uno stesso giorno, sono nato membro della mia propria famiglia e della grande famiglia di Dio. Sì, ringrazio Dio perché ho potuto fare l’esperienza di che cosa significa “famiglia”; ho potuto fare l’esperienza di che cosa vuol dire paternità, cosicché la parola su Dio come Padre mi si è resa comprensibile dal di dentro; sulla base dell’esperienza umana mi si è schiuso l’accesso al grande e benevolo Padre che è nel cielo. Davanti a Lui noi portiamo una responsabilità, ma allo stesso tempo Egli ci dona la fiducia, perché nella sua giustizia traspare sempre la misericordia e la bontà con cui accetta anche la nostra debolezza e ci sorregge, così che man mano possiamo imparare a camminare diritti. Ringrazio Dio perché ho potuto fare l’esperienza profonda di che cosa significa bontà materna, sempre aperta a chi cerca rifugio e proprio così in grado di darmi la libertà. Ringrazio Dio per mia sorella e mio fratello che, con il loro aiuto, mi sono stati fedelmente vicini lungo il corso della vita. Ringrazio Dio per i compagni incontrati nel mio cammino, per i consiglieri e gli amici che Egli mi ha donato. Ringrazio in modo particolare perché, fin dal primo giorno, ho potuto entrare e crescere nella grande comunità dei credenti, nella quale è spalancato il confine tra vita e morte, tra cielo e terra; ringrazio per aver potuto apprendere tante cose attingendo alla sapienza di questa comunità, nella quale sono racchiuse non solo le esperienze umane fin dai tempi più remoti: la sapienza di questa comunità non è soltanto sapienza umana, ma in essa ci raggiunge la sapienza stessa di Dio –la Sapienza eterna.

Quando Pietro passava tra le folle...
Nella prima lettura di questa domenica ci viene raccontato che, agli albori della Chiesa nascente, la gente portava i malati nelle piazze, perché, quando Pietro passava, la sua ombra li coprisse: a quest’ombra si attribuiva una forza risanatrice. Quest’ombra, infatti, proveniva dalla luce di Cristo e perciò recava in sé qualcosa del potere della sua bontà divina. L’ombra di Pietro, mediante la comunità della Chiesa cattolica, ha coperto la mia vita fin dall’inizio, e ho appreso che essa è un’ombra buona – un’ombra risanatrice, perché, appunto, proviene in definitiva da Cristo stesso. Pietro era un uomo con tutte le debolezze di un essere umano, ma soprattutto era un uomo pieno di una fede appassionata in Cristo, pieno di amore per Lui. Per il tramite della sua fede e del suo amore la forza risanatrice di Cristo, la sua forza unificante, è giunta agli uomini pur frammista a tutta la debolezza di Pietro.
Cerchiamo anche oggi l’ombra di Pietro, per stare nella luce di Cristo!

L’ordinazione nella cattedrale di Frisinga
Nascita e rinascita; famiglia terrena e grande famiglia di Dio – è questo il grande dono delle molteplici misericordie di Dio, il fondamento sul quale ci appoggiamo. Proseguendo nel cammino della vita mi venne incontro poi un dono nuovo ed esigente: la chiamata al ministero sacerdotale. Nella festa dei santi Pietro e Paolo del 1951, quando noi – c’erano oltre quaranta compagni – ci trovammo nella cattedrale di Frisinga prostrati sul pavimento e su di noi furono invocati tutti i santi, la consapevolezza della povertà della mia esistenza di fronte a questo compito mi pesava. Sì, era una consolazione il fatto che la protezione dei santi di Dio, dei vivi e dei morti, venisse invocata su di noi. Sapevo che non sarei rimasto solo. E quale fiducia infondevano le parole di Gesù, che poi durante la liturgia dell’Ordinazione potemmo ascoltare dalle labbra del Vescovo: «Non vi chiamo più servi, ma amici». Ho potuto farne un’esperienza profonda:
Egli, il Signore, non è soltanto Signore, ma anche amico. Egli ha posto la sua mano su di me e non mi lascerà.
Queste parole venivano allora pronunciate nel contesto del conferimento della facoltà di amministrare il Sacramento della riconciliazione e così, nel nome di Cristo, di perdonare i peccati. È la stessa cosa che oggi abbiamo ascoltato nel Vangelo: il Signore alita sui suoi discepoli. Egli concede loro il suo Spirito – lo Spirito Santo:
«A chi rimetterete i peccati saranno rimessi…». Lo Spirito di Gesù Cristo è potenza di perdono. È potenza della Divina Misericordia. Dà la possibilità di iniziare da capo – sempre di nuovo.
L’amicizia di Gesù Cristo è amicizia di Colui che fa di noi persone che perdonano, di Colui che perdona anche a noi, ci risolleva di continuo dalla nostra debolezza e proprio così ci educa, infonde in noi la consapevolezza del dovere interiore dell’amore, del dovere di corrispondere alla sua fiducia con la nostra fedeltà.

«Il Signore ha portato le sue ferite nell’eternità»
Nel brano evangelico di oggi abbiamo anche ascoltato il racconto dell’incontro dell’apostolo Tommaso col Signore risorto: all’apostolo viene concesso di toccare le sue ferite e così egli lo riconosce – lo riconosce, al di là dell’identità umana del Gesù di Nazaret, nella sua vera e più profonda identità:
«Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28). Il Signore ha portato con sé le sue ferite nell’eternità. Egli è un Dio ferito; si è lasciato ferire dall’amore verso di noi. Le ferite sono per noi il segno che Egli ci comprende e che si lascia ferire dall’amore verso di noi.
Queste sue ferite – come possiamo noi toccarle nella storia di questo nostro tempo! Egli, infatti, si lascia sempre di nuovo ferire per noi. Quale certezza della sua misericordia e quale consolazione esse significano per noi! E quale sicurezza ci danno circa quello che Egli è: «Mio Signore e mio Dio!» E come costituiscono per noi un dovere di lasciarci ferire a nostra volta per Lui!

«Ringrazio coloro che pregano per me»
Le misericordie di Dio ci accompagnano giorno per giorno. Basta che abbiamo il cuore vigilante per poterle percepire. Siamo troppo inclini ad avvertire solo la fatica quotidiana che a noi, come figli di Adamo, è stata imposta. Se però apriamo il nostro cuore, allora possiamo, pur immersi in essa, constatare continuamente quanto Dio sia buono con noi; come Egli pensi a noi proprio nelle piccole cose, aiutandoci così a raggiungere quelle grandi. Con il peso accresciuto della responsabilità, il Signore ha portato anche nuovo aiuto nella mia vita. Ripetutamente vedo con gioia riconoscente quanto è grande la schiera di coloro che mi sostengono con la loro preghiera; che con la loro fede e con il loro amore mi aiutano a svolgere il mio ministero; che sono indulgenti con la mia debolezza, riconoscendo anche nell’ombra di Pietro la luce benefica di Gesù Cristo. Per questo vorrei in quest’ora ringraziare di cuore il Signore e tutti voi. Vorrei concludere questa omelia con la preghiera del santo Papa Leone Magno, quella preghiera che, proprio trent’anni fa, scrissi sull’immagine-ricordo della mia consacrazione episcopale:
«Pregate il nostro buon Dio, affinché voglia nei nostri giorni rafforzare la fede, moltiplicare l’amore e aumentare la pace. Egli renda me, suo misero servo, sufficiente per il suo compito e utile per la vostra edificazione e mi conceda uno svolgimento del servizio tale che, insieme con il tempo donato, cresca la mia dedizione. Amen».


BENEDETTO XVI, 15 APRILE 2007
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Sono nato il 16 aprile 1927, Sabato Santo
Sono nato il 16 aprile 1927, Sabato Santo...», così Joseph Ratzinger (nella foto, col fratello Georg) nel libro “La mia vita” (San Poalo, 1997), ricorda la propria nascita e l’infanzia in Baviera: «Sono nato il 16 aprile 1927, Sabato Santo, a Marktl am Inn. In famiglia veniva spesso ricordato che il giorno della mia nascita era l’ultimo della Settimana Santa e la vigilia di Pasqua, tanto che io fui battezzato il mattino successivo alla mia nascita, con l’acqua appena benedetta della “notte pasquale”, che allora veniva celebrata al mattino: l’essere il primo battezzato della nuova acqua era un importante segno premonitore. Personalmente sono sempre stato grato per il fatto che, in qusto modo, la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva che essere un segno di benedizione».
Sihaya.b16247
00lunedì 16 aprile 2007 22:55
Re:

Scritto da: rosa22253 16/04/2007 16.16
Giornale del Popolo (Svizzera) 16.04.2007

INTERVISTA
Il cardinale svizzero Georges Cottier, già teologo della Casa Pontificia
«Il Papa è un catechista formidabile e la gente accorre a migliaia alle udienze»




Grazie!!
LadyRatzinger
00lunedì 16 aprile 2007 23:50
Da Petrus
Pioggia di auguri per il Papa nel giorno del suo 80° compleanno


CITTA’ DEL VATICANO - Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato a Sua Santita' Benedetto XVI il seguente messaggio: ''Santita', nel giorno del Suo genetliaco ed alla vigilia del secondo anniversario della Sua ascesa al Soglio pontificio, mi e' gradito rivolgerLe i migliori auguri di benessere e serenita', insieme ad un sincero incoraggiamento per l'esercizio del Suo Alto magistero''. ''In questa fausta ricorrenza - scrive il Capo dello Stato -, desidero esprimerLe la riconoscenza per l'affetto da Lei sempre manifestato nei confronti della Nazione italiana, i cui profondi ed antichi legami con la Santa Sede sono alimentati dalla condivisione dei valori della pace e della promozione della dignita' dell'uomo''. ''Nell'esprimere l'auspicio di nuove occasioni di incontro e sicuro di intepretare i sentimenti profondi del popolo italiano - continua Napolitano nel suo messaggio -, La prego di accogliere, Santita', gli auspici piu' fervidi per la prosecuzione della Sua Alta missione apostolica''. "In occasione della lieta ricorrenza del suo 80° compleanno, Le formulo i miei più devoti auguri e le testimonio il mio personale sentimento di gratitudine per l'affabile testimonianza e l'amabilità con le quali guida sapientemente la Chiesa, che vede in Lei un pastore chiaro e profondo. Una vera e propria guida e una coscienza per tutto il mondo". E' quanto scrive il presidente della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra, in un messaggio di auguri inviato a Papa Benedetto XVI in occasione del suo 80° compleanno. "Oggi più che mai Roma, e il suo Vescovo, sono un punto di riferimento per quanti lavorano - conclude Gasbarra - per la pace, la riconciliazione fra i popoli, il dialogo e l'incontro tra le culture e le religioni". Il Presidente del Senato Franco Marini ha inviato un messaggio di auguri per il compleanno di Papa Benedetto XVI con un telegramma al Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone. Lo riferisce una nota di palazzo Madama. "La prego di trasmettere al Santo Padre - scrive il Presidente Marini - gli auguri miei personali e di tutto il Senato per la ricorrenza del suo genetliaco. Formulo altresì voti sinceri affinché, grazie alla missione che il Sommo Pontefice instancabilmente conduce, si affermino nel mondo intero i valori di pace, giustizia e solidarietà umana a cui tende il suo alto magistero". Arrivano anche gli auguri del presidente russo Vladimir Putin a Papa Benedetto XVI per i suoi 80 anni che compie oggi. Una telefonata del capo del Cremlino e un regalo speciale, un trittico dedicato al Millennio della cristianità russa. Lo riferisce l'ufficio stampa della presidenza russa. "Rispettosi auguri". Ospite di Viva Radio Due, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha rivolto i suoi auguri a Benedetto XVI per il suo ottantesimo compleanno. "In occasione dell'ottantesimo genetliaco del Santo Padre ho inviato, come si usa fare in questi casi, un telegramma di auguri al segretario di Stato, cardinal Bertone". Lo ha detto Piero Marrazzo, presidente della Regione Lazio, intervenendo a Radio Vaticana per le celebrazioni del compleanno del Papa. "Vista l'importanza della ricorrenza - ha continuato Marrazzo - ci tengo a esprimere a nome mio e di tutti i cittadini del Lazio, il sentimento di vicinanza e di affetto nei confronti del vescovo di Roma, Benedetto XVI. La sua missione pastorale e la quotidiana testimonianza di fede - ha sottolineato - costituiscono un punto di riferimento per quanti nel mondo sono impegnati per il conseguimento della pace e della giustizia". "Tra le tante cose che mi vengono in mente di questi due anni di pontificato - ha continuato il presidente della Regione - voglio ricordare in particolare il viaggio in Turchia fatto nel novembre scorso e il gesto simbolico della visita alla moschea blu di Istanbul. Un andare incontro all'Islam, nel segno del dialogo. Tra qualche giorno anche io sarò in Turchia a Iskenderun a inaugurare il centro di dialogo interculturale e interreligioso voluto da don Andrea Santoro. Andrò con quello stesso spirito di dialogo di chi cerca di capire le cose che uniscono, anziché quelle che dividono". "Benedetto XVI - ha concluso Marrazzo - pur avendo raccolto una eredità impegnativa, ha dimostrato di essere un pastore universale che invita al dialogo con le altre fedi perché insieme portino al mondo il messaggio di pace e riconciliazione". "L'Amministrazione comunale di Roma e la cittadinanza tutta si uniscono a me nel rinnovare al Papa la riconoscenza per l'alta missione con l'augurio di lunga vita al servizio della Chiesa e dell'intera umanità". È quanto si legge, tra l'altro, nel messaggio di auguri che il sindaco di Roma Walter Veltroni ha inviato a Papa Benedetto XVI in occasione dell'ottantesimo compleanno del pontefice. Auguri e "apprezzamenti" per "richiamare tutti gli uomini di buona volontà ad una visione cristiana della vita" sono stati rivolti al Papa da parte di Lorenzo Cesa a nome personale e di tutto l'Udc, partito di cui è segretario. Oggi Benedetto XVI compie 80 anni. "Santità - si legge in un messaggio diffuso alla stampa - nel giorno del suo compleanno, Le giungano gli auguri più sinceri e affettuosi, miei personali e di tutto il partito che rappresento. Unitamente, agli apprezzamenti più sentiti per l'altissimo magistero che Ella sta svolgendo nel mondo, per richiamare tutti gli uomini di buona volontà ad una visione cristiana della vita e al rispetto di valori irrinunciabili a tutela della libertà, della dignità, della famiglia, della vita umana che tante aggressioni stanno subendo". "Ella è stata è e resterà il più alto riferimento morale per tutti i democratici cristiani che, non a caso, nel congresso dell'Udc appena concluso, hanno rivolto innumerevoli apprezzamenti alla Sua insostituibile funzione e sentitamente la pregano di continuare a fare, nell'interesse del nostro Paese, dell'Europa e dell'umanità intera, quel che sta facendo", prosegue Cesa: "Richiamare i credenti ai propri doveri e i non credenti al rispetto della propria coscienza morale e dei diritti di ciascuno, senza confondere la laicità con il laicismo e il materialismo". "Al Santo Padre vanno gli auguri più sentiti. A Benedetto XVI voglio esprimere di cuore la nostra gratitudine per quanto ha fatto e quanto sta facendo": lo afferma in un comunicato il segretario della Democrazia Cristiana per le Autonomie Gianfranco Rotondi. "Al Papa - si legge in un comunicato diffuso in occasione dell'ottantesimo compleanno di Papa Ratzinger - assicuriamo la nostra preghiera e auspichiamo che la bontà di Dio possa accompagnarlo ogni giorno, sia luce sul Suo cammino". "Porgo gli auguri più sentiti a Papa Benedetto XVI, pregando affinché il Signore lo conservi in salute non solo per il bene dei cattolici, ma anche di tutta la comunità civile e laica di ogni Paese": lo dichiara in una nota il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè. "Con Benedetto XVI la città di Roma ha un rapporto particolare che è precedente la sua ascesa al Pontificato, la quale ha ulteriormente rafforzato l'affetto dei romani verso Papa Ratzinger": lo afferma la vicesindaco di Roma, Maria Pia Garavaglia, in occasione dell'ottantesimo compleanno di Benedetto XVI. "Per questo - prosegue Garavaglia in un comunicato - sono ancora più felice nel rivolgere al Santo Padre un fervido augurio oggi, nel giorno del compimento del suo ottantesimo compleanno, un traguardo importante della sua vita che si riflette fecondamente sulla Chiesa e sul mondo intero". Il dialogo tra Chiesa cattolica e ortodossi russi passa anche per i messaggi augurali. Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, si congratula con Benedetto XVI per i suoi 80 anni e, esprimendo la sua "ammirazione", gli augura di avere una buona salute, una lunga vita e l'aiuto di Dio nel suo ministero spirituale. "Il vostro servizio - scrive il Patriarca russo-ortodosso in un messaggio - è stato ammirevole e vi ha portato ad essere eletto capo della Chiesa cattolica romana". Alessio II definisce il Pontefice "un famoso teologo interamente votato alla protezione e alla promozione dei valori tradizionali cristiani", nella società moderna. "Condivido molte delle intuizioni contenute nei suoi lavori teologici e vorrei sottolineare la coincidenza delle nostre concezioni sulle questioni più fondamentali con cui il mondo moderno sfida la cristianità", scrive Alessio II. "Questo - conclude - deve diventare la solida base su cui costruire buoni rapporti e sviluppare la collaborazione tra ortodossia russa e Chiesa cattolica". Auguri a Papa Benedetto XVI per i suoi 80 anni che festeggia oggi arrivano dai Popolari Europei. "Ci auguriamo di poterlo avere al Parlamento europeo per ascoltare la sua testimonianza ed il suo messaggio di pace - afferma Antonio Tajani, vicepresidente del Partito popolare europeo -. L'Europa ha bisogno di valori ai quali far riferimento se vuole che la sua società non si disgreghi. E Benedetto XVI è il promotore e il difensore di questi valori - prosegue - cioè la centralità della persona, la solidarietà, la libertà e la sussidiarietà". Auguri a Papa Benedetto XVI per i suoi 80 anni arrivano anche dal rabbino capo Riccardo Di Segni. "Per l'ebraismo - scrive - ottanta anni può essere l'età in cui si inizia una nuova vita. Mosè aveva ottanta anni quando fu chiamato a liberare i nostri Padri dall'Egitto". "Che questo giorno sia per lei - prosegue Di Segni rivolgendosi al Papa - l'inizio di una nuova stagione feconda, piena di forza e di saggezza nella guida della Chiesa e in particolare nel rapporto con il nostro popolo, nella speranza di un clima sereno e di piena collaborazione". "Auguri al supremo atleta dello Spirito e della spiritualità". Omaggio del cardinale Fiorenzo Angelini a Papa Benedetto XVI per i suoi 80 anni che compie oggi. "Certamente - afferma il porporato alla Radio Vaticana - anche il mondo dello sport vuole essere oggi presente nel manifestare al Papa, supremo atleta dello Spirito fervidi auguri di prosperità, conforto e sostegno". "Benedetto XVI - prosegue Angelini - è luce e guida anche per il complesso mondo dello sport, che non può fare a meno della spiritualità che è proprio della dignità umana che lo sport deve sempre affermare ed esaltare. Da parte mia - conclude - vorrei essere non un cardinale, neppure un prete, ma un calciatore di un campo isolato e sperduto nel mondo per fare vivissimi auguri al Santo Padre. Che il Signore conceda all'intera umanità la vittoria del Bene e della Pace alla quale lui ha consacrato l'intera vita". "In occasione dell'80esimo compleanno del Santo Padre, a nome di tutta Alleanza nazionale, porgo i più sinceri e devoti auguri". Questo il messaggio del portavoce di Alleanza nazionale, Andrea Ronchi, per il compleanno del Papa. "Benedetto XVI, in questi due anni di pontificato - scandisce - si è speso molto per difendere la dignità umana, confermandosi punto di luce e riferimento non solo per i cattolici, ma anche per i laici". Oggi, dalle ore 18, una rappresentanza del Movimento giovanile di Don Orione sarà in piazza San Pietro per festeggiare con canti e striscioni Papa Benedetto XVI. "L'idea - spiega don Graziano Bonfitto - ci è venuta perchè stimolati dai nostri giovani che ci chiedevano di andare a San Pietro per fare gli auguri al Papa. Lo stile orionino è quello della semplicità con la quale vogliamo fare gli auguri e testimoniare al pontefice il nostro affetto e la nostra riconoscenza per quanto sta facendo per la Chiesa e il mondo. Porteremo chitarre e tamburelli - conclude don Bonfitto - per offrire a chiunque voglia di fare gli auguri al Papa in musica". Auguri di buon compleanno a Papa Benedetto XVI dal presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, dal sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, e dal presidente del consiglio regionale, Sandra Lonardo. In occasione del compimento degli 80 anni, il governatore campano ha scritto al segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, esprimendo "a nome mio personale e della nostra comunità regionale, i miei più sentiti voti augurali per il Suo ottantesimo genetliaco. In occasione di questa importante ricorrenza, e in prossimità del secondo anniversario della sua elezione al Soglio pontificio - ha scritto Bassolino - vogliamo ringraziare di cuore Benedetto XVI per l'affetto e la vicinanza da lui mostrati, in diverse occasioni, per la città di Napoli e per la Campania. Ci auguriamo di poter accogliere al più presto il Santo Padre nella nostra regione, in modo che tanti e tanti cittadini campani possano esprimergli tutta la loro vicinanza, la loro fede e il loro affetto". Il sindaco, "a nome della città di Napoli" ha voluto "far giungere i più sentiti auguri per l'ottantesimo compleanno". Ed ha aggiunto: "Le siamo grati, Santo Padre, per il Suo altissimo magistero, per la Sua infaticabile ed instancabile opera pastorale sempre tesa all'affermazione dei valori della pace, del dialogo e della civile convivenza tra i popoli. Napoli Le vuole bene - ha proseguito il primo cittadino - e Le rinnova, con deferenza i sentimenti di affetto e di gratitudine". Sandra Lonardo ha voluto "esprimere al Santo Padre, a nome del consiglio regionale della Campania e mio personale, le più sentite espressioni augurali per il Suo ottantesimo genetliaco. L'occasione è preziosa per ringraziare con affetto Sua Santità Benedetto XVI - ha concluso Lonardo - per l'altissima missione pastorale che svolge al servizio della nostra comunità". "Formulo sinceri auguri a Papa Benedetto XVI per il suo ottantesimo compleanno, auspicando che la straordinaria missione spirituale del Pontefice al servizio dell'umanità possa continuare ancora per molti anni". E' l'augurio espresso da Isabella Bertolini, vicepresidente dei deputati di Forza Italia, per gli 80 anni di Joseph Ratzinger. "La profondità del Suo pensiero teologico - scrive Bertolini in una nota - il richiamo costante all'impegno per la difesa della vita, della famiglia, della pace, della libertà dell'uomo fanno del Santo Padre un naturale punto di riferimento per cattolici e laici". "A nome di tutti i democratici cristiani del mondo desidero esprimerle Santità, nel giorno del Suo compleanno, il sentimento più profondo di ammirazione e di affetto di tante donne e di tanti uomini che in ogni continente sostengono gli ideali della cristianità". E' il messaggio del leader dell'Udc e presidente dell'Internazionale democristiana, Pier Ferdinando Casini a Benedetto XVI. "Sono uomini e donne - prosegue - che vivono nei contesti e Paesi più diversi, ma che si ritrovano concordemente e con passione nei richiami del Suo altissimo magistero alla dignità della persona umana, al suo valore assoluto, e al dovere morale per i credenti di testimoniare anche nell'impegno politico la fede nell'universalità ed efficacia dei valori condivisi. Per tutti i democratici cristiani, la Sua parola, Santità, è sprone a sottolineare e affermare nell'attività di ogni giorno e, per quanti di noi hanno responsabilità politiche, nell'esercizio delle funzioni legislative, la difesa della vita, della famiglia e della libertà religiosa". "Le rinnoviamo, Santo Padre, in questo momento di affetto, gioia e serenità per Lei e per tutti noi che ci riconosciamo nel Suo magistero, al nostra determinazione a sostegno dell'identità cristiana ovunque nel mondo", conclude Casini. Gratitudine e vicinanza nel testo del telegramma che il presidente del Coni Gianni Petrucci ha inviato oggi a Papa Benedetto XVI in occasione del suo ottantesimo compleanno. Il testo della missiva è stato pubblicato sul sito del Comitato olimpico. "Beatissimo Padre, nell'anniversario del Suo genetliaco desidero formularLe i più fervidi Auguri a nome dell'intero movimento sportivo italiano e mio personale. Il mondo dello sport - si legge - Le é profondamente grato per la sensibilità, l'attenzione e la simpatia che costantemente dimostra nei nostri confronti ed è con vivo compiacimento che Le rinnova il sentimento di vicinanza e partecipazione per il suo alto Ministero, porgendoLe il più sincero e deferente ossequio". Auguri del ministro delle politiche per la famiglia, Rosy Bindi, a Papa Benedetto XVI per i suoi 80 anni. "Santo Padre - scrive - mi unisco alla gioia e alla preghiera della Chiesa per il Suo ottantesimo genetliaco. Con vivo affetto Le rinnovo l'augurio che la buona salute la accompagni a lungo nella Sua preziosa missione pastorale. Colgo questa occasione - prosegue il messaggio augurale - anche per ringraziarLa del regalo che ci ha voluto fare con il suo ultimo importante libro". "La sua instancabile testimonianza della fede e della carità e il suo impegno nella difesa dei valori della dignità della persona della pace, della giustizia e del dialogo con le culture e le religioni del nostro tempo - conclude Bindi - sono fonte di profonda speranza per i cattolici di tutto il mondo e per tutti gli uomini di buona volontà". "Eminenza reverendissima, nella felice ricorrenza dell'ottantesimo compleanno, la prego di far giungere a Sua Santità Benedetto XVI i più fervidi auguri dei senatori di Alleanza nazionale e miei personali". E' il messaggio augurale che il presidente dei senatori di An, Altero Matteoli, ha inviato stamani al Segretario di Stato del Vaticano, Cardinal Tarcisio Bertone. "Il presidente dei senatori leghisti Roberto Castelli formula a Sua Santità Benedetto XVI i migliori auguri per i suoi ottant'anni, interamente dedicati a Dio, alla preghiera e alla pace". Lo riferisce una nota.
emma3
00martedì 17 aprile 2007 15:57
Gli 80 anni del Papa tra Mozart e discorsi teologici

di andrea tornielli



«Sono convinto che la musica sia veramente il linguaggio universale della bellezza... Nel guardare indietro alla mia vita, ringrazio Iddio di avermi posto accanto la musica quasi come una compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia». Benedetto XVI è sorridente e disteso, al termine del concerto in suo onore nel giorno dell’ottantesimo compleanno, che si è svolto ieri pomeriggio nell’aula Paolo VI, eseguito dall’orchestra radiosinfonica di Stoccarda diretta dal maestro Gustavo Dudamel.

Per Papa Ratzinger, quella di ieri è stata in fondo una giornata come le altre, scandite dalla preghiera e dalle udienze. Il Pontefice ha ricevuto il presidente della Baviera Edmund Stoiber, venuto a fargli gli auguri, ma si è anche intrattenuto a lungo con il vescovo ortodosso Ioannis Zizioulas, inviato del patriarca ecumenico Bartolomeo I, che ha invitato il Papa a inaugurare insieme a Ravenna il prossimo ottobre i lavori della commissione internazionale per il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi. «Abbiamo rivolto al Papa l’invito e ho l’impressione che abbia accettato», ha rivelato il metropolita all’agenzia cattolica francese «I.Media». A Benedetto XVI sono giunti anche gli auguri del patriarca ortodosso russo Alessio II: «Vorrei sottolineare la coincidenza delle nostre concezioni sulle questioni fondamentali con cui il mondo moderno sfida la cristianità». Mentre gli ortodossi russi non vogliono neanche discutere del primato di Roma ma cercano un’alleanza contro la secolarizzazione, gli ortodossi del patriarcato di Costantinopoli sembrano disposti a riconoscere una qualche forma di primato al vescovo di Roma. Auguri sono giunti anche dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che spera nell’inizio «di una nuova stagione feconda» nel rapporto «con il nostro popolo».

Ieri a pranzo, nella Sala Ducale, il Pontefice ha invitato i cardinali presenti a Roma, circa una sessantina. «Il Papa sta molto bene, siamo stati a pranzo con un bel numero di cardinali, è in ottima forma - ha dichiarato il Segretario di Stato Tarcisio Bertone - ed è contento di tutti i messaggi che ha ricevuto dal mondo intero per i suoi ottant’anni». Il cardinale «primo ministro» ha rivelato qualche aneddoto sui suoi rapporti con Benedetto XVI: «Quando ci incontriamo - ha raccontato - devo dire che cominciamo sempre i colloqui, specialmente i colloqui di tabella del Segretario di Stato col Papa, con le ultime barzellette che ho sentito, che mi sono state raccontate, in modo da cominciare con una bella risata, con un momento di serenità e poi ci tuffiamo naturalmente nei problemi più seri e più gravi della vita della Chiesa e della vita del mondo. Parliamo anche di calcio qualche volta: il Papa quando sente che c’è stata una grande o una bella partita mi chiede sempre com’è andata la Juve. Adesso magari dovremo parlare di come è andata la sfida del Milan col Bayern che era la squadra del cardinale Ratzinger, già arcivescovo di Monaco di Baviera». Bertone, nell’intervista concessa a Giuseppe De Carli e trasmessa da RaiUno al termine del concerto, ha anche criticato il modo con cui i mass media raccontano il Pontefice, soffermandosi soltanto su pochi argomenti, i temi morali e politica anzitutto.
Migliaia gli auguri giunti in queste ore in Vaticano da tutto il mondo. In prima fila, le istituzioni e la politica italiana: dal presidente della Repubblica Napolitano ai presidenti di Camera e Senato. Nel suo messaggio Berlusconi scrive: «Ha saputo donarci una straordinaria primavera di verità e di libertà». Innumerevoli i doni giunti al Papa: una famiglia ha donato un enorme orso di pezza (già regalato da Ratzinger ai piccoli degenti del Bambin Gesù) mentre dalla Sicilia è giunta una torta di ben 25 chili.

il giornale 17 aprile


LadyRatzinger
00martedì 17 aprile 2007 21:50
Da Petrus
Benedetto ai Cardinali: "Il Papa non si può fare da solo"


CITTA’ DEL VATICANO - In occasione del suo ottantesimo compleanno, il Papa ha ringraziato i membri del collegio cardinalizio perché il ruolo di Pontefice è "un ministero che non posso assolvere da solo". Il discorso che Benedetto XVI ha rivolto ai principi della Chiesa, ieri, è stato distribuito oggi dalla sala stampa vaticana. "Il vero dono di questo giorno per me - ha detto - è la preghiera che mi dà la certezza che sono accettato dall'interno e, soprattutto, aiutato e sostenuto nel mio ministero petrino, un ministero che non posso assolvere da solo, ma soltanto in comunione con tutti quelli che mi aiutano, anche pregando". "Il Collegio cardinalizio offre realmente un sostegno efficiente e grande al lavoro del Successore di Pietro", ha aggiunto. Benedetto XVI ha ringraziato i cardinali per il pranzo avuto con loro ieri, un momento in cui è emersa la "collegialità affettiva ed effettiva. Direi anzi - ha detto - un momento non solo di collegialità ma di autentica fraternità". Il Papa ha poi ringraziato i cardinali che gli hanno rivolto un augurio intervenendo nell'ultima edizione di '30 giorni' e del numero speciale di 'Avvenire' in edicola domenica. "Grazie anche a quelli che non hanno scritto, ma hanno pensato e pregato", ha detto. Il decano del collegio cardinalizio, Angelo Sodano, ha consegnato al Papa un assegno di 100.000 euro raccolti tra le porpore vaticane "con preghiera, se possibile, di tenere presenti le gravi necessità dei cristiani in Terra Santa".

Sihaya.b16247
00mercoledì 18 aprile 2007 19:09
Comprate il RADIOCORRIERE TV di questa settimana! Copertina e servizi dedicati ai viaggi del Papa!!

[Modificato da Sihaya.b16247 19/04/2007 22.52]

Ratzigirl
00mercoledì 18 aprile 2007 20:00
PER II ANNIVERSARIO ELEZIONE SPECIALE 'OSSERVATORE ROMANO'
Ratzinger fu eletto il 19 aprile di due anni fa

In occasione del secondo anniversario dell'elezione di Benedetto XVI, l''Osservatore Romano' di oggi pubblica dieci pagine speciali in cui ripercorre attraverso le parole e le immagini più significative, i temi e gli eventi che hanno scandito questi dodici intensi mesi di ministero apostolico al servizio della Chiesa. Lo rende noto un comunicato del quotidiano della Santa Sede.

[Lo si dovrebbe trovare già dai prossimi giorni per chi abita fuori Roma]
emma3
00giovedì 19 aprile 2007 22:26
Ieri in più di 50 mila a San Pietro per l’udienza papale

di maurizio gallo

IERI erano più di cinquantamila. Ma non soltanto perché cadeva l'anniversario dell'elezione di Joseph Ratzinger, avvenuta il 19 aprile del 2005. Da due anni, ormai, è così ogni domenica e ogni mercoledì. Piazza San Pietro si riempie di fedeli, di entusiamo, di gioia. Da molte città d’Italia, da oltre confine, da villaggi remoti nel sud e nel nord del continente europeo la gente accorre per ascoltare le parole del Papa, per ricevere la sua benedizione, per «partecipare» alla messa celebrata dal Santo Padre. Qualcuno, all’inizio, ha parlato dell’«effetto-Wojtyla». Ha spiegato con l’eredità carismatica trasmessa dal grande Pontefice polacco al suo successore tedesco il puntuale e oceanico bagno di folla che si registra nella piazza del Vaticano. Ma non è sufficente. Non basta. In termini di «audience» Benedetto XVI ha superato Giovanni Paolo II, catalizzando l’attenzione e la partecipazione dei fedeli a ogni appuntamento in cui è presente. I numeri non mentono. Dall'aprile dell'anno scorso a oggi hanno assistito alle diverse cerimonie presiedute dal Papa in tre milioni e 368.220. «L’intrepido timoniere della Chiesa», come lo definisce l’Osservatore Romano, attira i fedeli quanto e più dell’amato e compianto Carol. Dopo la messa d’inizio pontificato, i partecipanti alle udienze, alle liturgie e agli angelus sono stati in crescita costante, rispetto all’anno precedente, fino all’udienza generale record di ieri mattina. Alla liturgia d'inizio del Pontificato partecipò circa un milione di persone, somma che ovviamente va detratta dal totale del primo anno (4 milioni e 100 mila), in quanto si tratta di un evento che non si ripete. Dunque i 3 milioni e 370 mila presenti agli appuntamenti del secondo anno superano non di poco i 3 milioni che parteciparono ai corrispondenti eventi del primo anno. E questo senza calcolare che il 3 giugno 2005 Papa Ratzinger incontrò 300 mila membri dei Movimenti, dato che in effetti andrebbe ugualmente detratto. La crescita costante dei fedeli, infine, è confermata dallo straordinario numero di presenti alle due messe papali di questo aprile: i dati prudenti della Prefettura della Casa Pontificia diffusi ieri accreditano, infatti, un totale di 250 mila presenze. Fin qui le statistiche. Che danno la misura del fenomeno. Ma ne illustrano, ovviamente, solo l’aspetto quantitativo. Per il resto basta andare in piazza San Pietro e assistere a uno di questi veri e propri «eventi» bisettimanali per rendersi conto dell’entusiastico fervore con cui vengono vissuti. Certo, la Chiesa è sotto attacco, all’interno e all’esterno del Paese. Per la prima volta della sua storia recente un presidente della Conferenza episcopale è costretto a girare sotto scorta di polizia ed è proprio di ieri la notizia di un ennesimo episodio di violenza contro i cristiani e il cristianesimo in Turchia. L’islamismo integralista, poi, vive di stragi quotidiane in Iraq, in Afghanistan e in altri Paesi arabi reclutando nuovi proseliti e teorizzando la conquista del mondo. Contro queste pericolose «derive» di violenza e intolleranza la Chiesa romana rappresenta ormai uno dei pochi baluardi e forse per questo i fedeli si raccolgono sempre più numerosi al riparo delle sue «mura», cercano rifugio nella sua pacifica spiritualità, inseguono l’oasi di serenità interiore che il messaggio di Cristo dona a chi accetta di riceverlo. Ma ciò avviene anche perché, come e forse più di Giovanni Paolo II, Papa Ratzinger interpreta tale esigenza e se ne fa portatore. Per questo i numeri non bastano a spiegare il «successo» dell’attuale papato. Non bastano i seicento biglietti d’auguri ricevuti ieri dallo schivo telologo salito al soglio di Pietro. Non bastano i cori, le bande musicali che lo hanno festeggiato. Forse, però, potrebbe venire in soccorso un gesto simbolico, emblematico dell’atteggiamento di «Papa Ratzi», che ha fatto spedire alla Caritas una torta da 300 porzioni che gli avevano regalato per il suo compleanno. Servirà ad addolcire i palati (e la vita) dei poveri, dei diseredati, dei senza tetto. Insomma, del vero popolo di Cristo.

m.gallo@iltempo.it
emma3
00giovedì 19 aprile 2007 22:38
Auguri a chi ci ha liberato dalla dittatura della consuetudine

di Giuliano Ferrara

La gente lo va ad ascoltare. Sono grandi numeri, crescenti. Stupefacenti, in un certo senso. Perché quell'ottantenne ha un corpo piccolo dotato di una grazia più accademica che pastorale.
Il suo modo ieratico c'è, ma è ordinato, rispettabile, lindo, bavarese, amichevole e molto serio, non ha nulla di autoritativo e di splendido nel senso della forza selvaggia dell'ammaestramento sovrumano, vicario e messianico, anzi, non perde mai una certa dolcezza impacciata, un'eleganza rarefatta e quasi mondana, un legame inesorabile, contemporaneo ma antimoderno, con il concetto, la ragione come antidoto agli abusi della logica (tutte cose che un'assemblea di socialisti dell'Ottocento riuniti in un'oasi termale un po' triste, sprezzanti verso il "papa filosofo", non può capire).
È un liberatore. Ci ha liberati dal dominio della chiacchiera, dalla «dittatura della consuetudine», come scrive a pagina 116 del suo nuovo libro su Gesù di Nazaret. Ci ha tolti da ogni forma di soggezione verso la rive gauche dei laicisti al barolo e dei maìtres-à-pen-ser, saldo sulla riva destra del Tevere. Da oltre mezzo secolo è un dominatore nel campo delle interpretazioni, gioca da dialettico di scuola tedesca con i significati e i significanti e la filosofia del linguaggio, si diverte nel labirinto del pensiero come un giocoliere dell'allegoria, ma propone una vocazione semplice, liturgica: cercare la verità, se non la si sia già accolta.
Quando parla d'amore, si sente la forza, e quando esercita la forza della parola, s'intende l'amore. Dialoga ma non annega nella conversazione, nel balletto mimico dell'ascolto perenne; della conversazione trattiene piuttosto ciò che serve alla conversione, che predica con istintiva capacità di persuasione, chiamando in causa il cuore di carne del cristianesimo senza mai tralasciare i diritti della testa.
Agli uomini e alle donne che pensano di salvarsi per conto proprio, e che anzi si fanno misura della salvezza del mondo in nome del moralismo della pace e della povertà, spiega che le Beatitudini sono immensi paradossi bisognosi di una lettura cristologica, ecclesiologica ma anche razionale, che in Cristo c'è un po' della gioiosa epopea omerica, compreso il tuono che disintegra la superbia. Ha l'aria di avere in pugno, umilmente come si addice a un servo dei servi, la lettura più interessante in circolazione della storia del mondo, nella perfetta sottomissione al mistero. Predica, insegna, e non ha paura della bellezza della norma, sebbene appartenga all'esercito bimillenario dei ribelli al vuoto della legge. Tratta Nietzsche da briccone e da disperato, per quante battaglie abbia vinto, e anche se di lui «molto è passato nella coscienza moderna e determina in gran parte il modo in cui oggi si percepisce la vita».
All'apertura del nuovo secolo, per non dire del millennio, niente è più rilevante di questo gigantesco assestamento del pensiero, di questo suo adeguamento alla realtà. Per il resto c'è tempo, ma con Ratzinger e quel che significa andiamo di fretta, e una mansueta papolatria non guasta anche per dei cani perduti senza collare. Auguri.

Il Foglio 17 aprile 2007
josie '86
00venerdì 20 aprile 2007 09:35
Da Il Giornale

Se il Papa buono è quello che non c’è

di Andrea Tornielli - venerdì 20 aprile 2007, 07:00

Ha ragione il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, nel dire, con quel suo stile diretto e così poco curiale, che «per i laicisti di oggi, ma ahimé anche per qualche cattolico, sembra che l’unico Papa buono sia quello che non c’è più». Il porporato piemontese aveva risposto così alla domanda di Avvenire sulla ricorrente contrapposizione tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ieri, giorno del secondo anniversario di pontificato, ci ha pensato il settimanale Newsweek a confezionare un’articolata critica a Ratzinger, accusandolo di essere un «Papa invisibile», assente da tutte le frontiere che ne richiederebbero la presenza. Il settimanale ricorda, con una punta di nostalgia, che Giovanni Paolo II già nei primi cento giorni di regno aveva mostrato la sua attitudine di globe-trotter visitando il Messico, mentre il suo successore «è raramente uscito di casa». Lasciamo stare la possibile obiezione, facile facile, sulla differenza di età (Wojtyla è stato eletto a 58 anni, Ratzinger a 78) e fingiamo di non sapere che nei primi due anni il nuovo Papa – oggi ottantenne – è andato due volte in Germania e una volta in Polonia, Spagna e in Turchia, e ora si appresta a visitare il Brasile.

È interessante, invece, discutere l’obiezione di fondo contenuta nell’articolo di Newsweek. Benedetto XVI sarebbe interessato soltanto a ravvivare il cattolicesimo europeo malato di secolarizzazione e relativismo, si batterebbe soltanto per combattere l’aborto, l’eutanasia, la legalizzazione delle unioni gay, etc. Non si interesserebbe per nulla, invece, di altre grandi emergenze che si trova ad affrontare la Chiesa mondiale, come l’espansione delle sette in America Latina che, secondo alcune stime, causerebbe un’emorragia di ottomila persone al giorno dal cattolicesimo: «Ci ignora completamente» ha detto al settimanale il sociologo messicano Roberto Blancarte specializzato in questioni religiose. La stoccata finale riguarda l’antica messa di San Pio V, che il Pontefice si appresta a liberalizzare (e un atto di liberalizzazione, in linea con quanto già stabilito da Wojtyla, in fondo dovrebbe piacere ai liberal): un provvedimento bollato da Newsweek come «passo indietro» che tradisce la memoria di Paolo VI, il Papa delle riforme conciliari.

Sorprende, innanzitutto, la provenienza di queste critiche: Roberto Blancarte, ad esempio, sociologo anticlericale, è stato l’autore di attacchi violentissimi contro Giovanni Paolo II, contro il «romanocentrismo» del Papa polacco che sarebbe stato incapace di comprendere i fermenti dell’America Latina imponendo il suo medioevale progetto restauratore. Il suo non è un caso isolato: molti di coloro che oggi a parole rimpiangono Giovanni Paolo II e ne esaltano la grandezza per contrapporla all’«invisibilità» o al conservatorismo del suo successore, hanno scritto alcune delle pagine più critiche contro Papa Wojtyla, contro il suo presenzialismo sulla scena internazionale, contro il suo protagonismo che avrebbe mortificato le chiese locali facendo coincidere la Chiesa con la figura del Pontefice, immobilizzando di fatto il dialogo ecumenico a causa della scomoda presenza mondiale del «supervescovo di Roma». Sono gli stessi autori che polemizzavano apertamente contro i troppo frequenti viaggi del «globetrotter di Dio», contro i grandi raduni-parata, contro uno stile così diverso da quello del rimpianto Paolo VI, vero Pontefice moderno e artefice di grandi aperture sociali. Ma, se la memoria non ci inganna, erano poi sempre gli stessi critici a contrapporre proprio Papa Montini al suo beato predecessore, il «Papa buono» Giovanni XXIII. Ques’ultimo aveva aperto a tante speranze, alle quali, inspiegabilmente, Paolo VI (l’affossatore delle aperture conciliari, secondo una ben nota scuola storiografica abituata a leggere il Vaticano II come una rottura totale con il passato) non avrebbe dato seguito. Insomma, è proprio vero che per qualcuno l’unico Papa davvero buono è quello che non c’è più.


Andrea Tornielli


josie '86
00venerdì 20 aprile 2007 09:53
Dal sito di Ragionpolitica.it

Benedetto XVI, due anni dopo

di Gianteo Bordero - 19 aprile 2007

Sono numeri impressionanti quelli diffusi ieri dalla Santa Sede circa le presenze di fedeli alle udienze generali, agli Angelus e alle celebrazioni presiedute da Benedetto XVI negli ultimi dodici mesi. Nel periodo che va dal 20 aprile 2006 al 19 aprile 2007, secondo anno di pontificato di Joseph Ratzinger, a Roma sono accorsi ad ascoltare il Papa 3.368.200 pellegrini. Cifre da capogiro, se si pensa che superano persino quelle del «record» del 2006 (3.222.820), che già avevano fatto scalpore in quanto maggiori di quelle registrate da Giovanni Paolo II, universalmente ritenuto un «grande comunicatore». Ieri, tanto per fare un esempio, all'udienza generale erano presenti oltre 50 mila fedeli, che hanno affollato piazza San Pietro per ascoltare la catechesi del pontefice sulla figura di San Clemente alessandrino, padre della Chiesa del II secolo.

Come si spiega tale «successo»? A nostro avviso, esso nasce dal fatto che, da due anni a questa parte, Benedetto XVI, in diversi modi, sta portando avanti una grande catechesi che va alle radici del fatto cristiano e che ne mostra tutto il fascino e tutti i legami con la ragione umana e con i desideri più radicali che ogni persona porta con sé: desiderio di verità, di bellezza, di significato. Tutto il percorso che va dall'aprile del 2005 ad oggi sembra portare in questa direzione. Basti pensare, ad esempio, ai grandi discorsi di Benedetto XVI, dalla lectio magistralis di Ratisbona a quello pronunciato in occasione del Convegno ecclesiale di Verona. All'enciclica Deus caritas est e, ora, al libro su Gesù di Nazareth pubblicato da Rizzoli. E ancora, al compendio al Catechismo della Chiesa Cattolica e alle udienze generali sulle figure degli apostoli e dei Padri della Chiesa.

Potrebbe apparire, questa, come la strada più facile per portare avanti il ministero petrino, ma in realtà essa è oggi resa più ardua dal fatto che molte incrostazioni e molti pregiudizi sembrano intaccare la concezione del cristianesimo non solo nell'opinione pubblica, ma anche tra gli stessi credenti. Non si tratta soltanto di «ignoranza» circa le cose di fede e i dogmi - documentata di recente da un sondaggio de Il Giornale - ma anche di una vera e propria distorsione dell'annuncio cristiano. Se il cristianesimo, infatti, viene ridotto a una semplice dottrina morale, a un insieme di regole da seguire e di pratiche da sbrigare, o - per altro verso - a un messaggio di fratellanza universale o a una religione tra le tante, è inevitabile che esso perda la sua capacità di incidenza nella vita individuale e pubblica, che si trasformi in un vestito giustapposto dall'esterno all'esistenza delle persone senza più rappresentarne il centro. E' inevitabile che prenda corpo una sorta di scissione, di sclerosi tra la dimensione spirituale e la vita reale.

A questa scissione, a questa sclerosi, Benedetto XVI ha deciso di rispondere non con un programma o con una «tecnica» pastorale, ma riandando all'origine dell'avvenimento cristiano. Papa Ratzinger ha così mostrato che ciò di cui la Chiesa ha bisogno non è innanzitutto una particolare teologia, non è una migliore organizzazione, ma una conversione dello sguardo. Una Chiesa e dei cristiani, cioè, meno ripiegati su se stessi, sulle loro capacità e sulla loro attività, più disponibili a «lasciarsi fare» dall'azione misteriosa di Cristo e più attenti alla Sua presenza. Proprio per questo egli ha insistito così tanto, a un tempo, sul discorso del rapporto e del legame tra fede e ragione, sulla figura storica di Gesù e dei discepoli e sulla centralità della liturgia nell'esperienza cristiana: perché il cristianesimo, senza una fede ragionevole, si riduce a mera devozione umana; senza la storicità di Cristo si riduce a semplice messaggio spirituale manipolabile a seconda delle diverse necessità e dei diversi contesti socio-culturali e politici; senza la consapevolezza di ciò che accade nella liturgia si riduce a puro volontarismo.

E' stato detto, giustamente, che Benedetto XVI è il Papa della riscoperta della «identità cristiana». Bisogna aggiungere però, alla luce di quanto detto, che tale identità non è uno schema preconfezionato o un prontuario culturale stiracchiabile da destra e da sinistra, un fossile da rispolverare. Perché, come diceva Charles Peguy, Gesù Cristo «non è venuto per dirci frivolezze... Non ci ha dato delle parole morte che noi dobbiamo chiudere in piccole scatole (o in grandi). E che dobbiamo conservare in dell'olio rancido come le mummie d'Egitto... Gesù Cristo non ci dà delle conserve di parole da conservare, ma ci ha dato delle parole vive da nutrire». Per questo il messaggio «culturale» di Benedetto XVI non è separabile dal suo andare alle radici del cristianesimo come avvenimento, come fatto reale nella storia e nella vita degli uomini. Il primo non si spiega senza il secondo e solo tenendo insieme queste due facce della stessa medaglia si comprende perché Papa Ratzinger trovi, ogni giorno che passa, sempre più persone che mostrano di aver sete delle sue parole e di voler guardare, attraverso di esse, alla Persona che ha affidato a San Pietro e ai suoi successori le chiavi che spalancano agli uomini la porta di accesso al Significato e alla promessa del «centuplo quaggiù e dell'eternità».

Gianteo Bordero
-danich-
00venerdì 20 aprile 2007 14:37
Il fascino del “Professore”
Di Francesco Deliziosi

“Ratzinger, il professore che si fa capire”: questo il titolo a tutta pagina di un giornale laico tedesco durante l’affollata Giornata mondiale della gioventù a Colonia, lo scorso agosto. Può essere un buon viatico per spiegare il fascino particolare di Benedetto XVI, giusto ne giorno in cui compie i due anni di Pontificato.
Ventiquattro mesi trascorsi in discrezione e sobrietà, sotto traccia, con uno stile quasi in tutto diverso rispetto al predecessore. Un “minimal style” lontano dalle pressioni mediatiche, eppure ammaliante e di grande presa sulle folle.ù
Nonostante gli 80 anni appena compiuti, lo “charme” giovanile di Benedetto XVI è tutto qui: egli è forse in questo momento il miglior teologo vivente. Eppure – come solo i grandi maestri sanno fare – unisce alla padronanza assoluta della materia, l’affascinante capacità di rendere comprensibili le riflessioni più profonde e i passaggi più delicati e densi delle sue meditazioni. Anche parlando a braccio con grande naturalezza.
Autore di oltre 700 scritti (ristampati continuamente nelle principali lingue), Ratzinger può citare a memoria decine di filosofi, ma nelle omelie – che scrive e rivede personalmente – punta tutto non sullo sfoggio della cultura ma sul concatenarsi del ragionamento. Egli non vuol vincer l’interlocutore, ma convincere con la forza della fede. Le folle accorrono alle udienze: 3 milioni di fedeli il primo anno, 3 milioni e 370mila il secondo.
Il suo primo romanzo, “Gesù di Nazaret”, sale subito verso la cima delle classifiche dei libri più venduti. Con buona pace di quanti l’avevano dipinto all’inizio come il freddo custode dell’ortodossia, l’impassibile “pastore tedesco” (ricordate questo sfrontato titolo su un quotidiano italiano?)…
-danich-
00venerdì 20 aprile 2007 14:55
Folla record all’udienza del Papa

Oltre 50 mila a S. Pietro. Oggi è il secondo anniversario dell’elezione a Pontefice

Città del Vaticano. Oltre 50mila fedeli hanno accolto ieri mattina Benedetto XVI in piazza S. Pietro. E’ la prima volta che un numero così alto di fedeli partecipa all’udienza generale del mercoledì. Nei giorni scorsi le richieste di partecipazione hanno messo a dura prova la Prefettura della Casa Pontificia, che ha distribuito ben 45mila biglietti d’ingrasso. E come ogni volta, anche ieri mattina moltissimi fedeli si sono presentati anche senza il biglietto d’ingresso, tanto che una stima precisa dei presenti è difficile, certamente sono più di 50 mila,forse raggiungono i 60mila.
A gremire la piazza come per le grandi cerimonie papali hanno contribuito diecimila fedeli venuti dalle diocesi della Toscana, per accompagnare il cardinale di Firenze Ennio Antonelli e gli altri vescovi della regione che conpiono in questi giorni la loro “visita ad limina”.
Oggi Benedetto XVI compie due anni sul soglio di Pietro. Per l’anniversario l’Osservatore Romano pubblica uno speciale di dieci pagine con testi ed immagini in onore di Benedetto XVI.
Ieri a piazza S. Pietro Benedetto XVI ha sviluppato una catechesi su san Clemente d’Alessandria, città “incrocio di culture diverse”, affermando che “il fine ultimo del’uomo è divenire simile a Dio”. Alla “contemplazione di Dio” si arriva “attraverso la pratica della virtù” e nella fede il “requisito morale” riveste “tanta importanza quanto quella intellettuale”. Il Papa, spiegando ai fedeli la figura di Clemente Alessandrino, ha affermato che “L’assimilazione a Dio e la contemplazione di Lui non possono essere raggiunte con la sola conoscenza razionale: a questo scopo sono necessarie anche le virtù”.
Per questo – ha proseguito – “le buone opere devono accompagnare la conoscenza intellettuale come l’ombra segue il corpo: mai sono separate da quella e, d’altra parte, la “vera gnosi non può coesistere con le opere cattive”. Due virtù, per Clemente Alessandrino, costituiscono in particolare l’anima del “vero gnostico”: la “libertà dalle passioni” e l’amore, che “assicura l’intima unione con Dio e la contemplazione”.
“L’amore – ha proseguito il Papa- dona la pace perfetta e pone il vero gnostico in grado di affrontare i più grandi sacrifici, anche il sacrificio supremo, e lo fa salire di gradino in gradino fino al vertice delle virtù”.
Benedetto XVI compirà sabato e domenica la sua prima visita pastorale in Italia e la scelta è caduta su Vigevano e Pavia perché il viaggio sarà l’occasione per rendere omaggio alla figura di Agostino ‘Ippona, sulla cui tomba a Pavia il Pontefice vuole inginocchiarsi. Il costante riferimento di Papa Ratzinger a sant’Agostino emerge anche nel suo libro “Gesù di Nazaret”, appena pubblicato.


19/04/2007



Paparatzifan
00venerdì 20 aprile 2007 22:09
Dal blog di Lella...
IL PAPATO DI RATZINGER, CHE OGGI COMPIE DUE ANNI, È UNA GRANDE SCUOLA DI AMICIZIA CON GESÙ

Benedetto XVI, maestro di spiritualità

Sono passati due anni da quel 19 aprile del 2005, quando, alle sei del pomeriggio, dopo la fumata bianca proveniente dal comignolo della cappella Sistina, fece capolino dalla loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro il cardinale protodiacono, il cileno Medina Estevez, per annunciare l’elezione di Joseph Ratzinger al soglio pontificio. Sono passati due anni, e ritornare ora con la memoria a quel giorno e a quei momenti può essere utile non tanto per fare un bilancio del papato di Benedetto XVI da allora ad oggi, quanto per centrare l’attenzione su quella che potremmo definire la sua essenza.
Certo, si potrebbero prendere in considerazione i grandi discorsi del pontificato ratzingeriano, da quello sulla corretta interpretazione del Concilio Vaticano II a quello pronunciato al Convegno ecclesiale di Verona, passando per l’indimenticabile lectio magistralis di Regensburg. Ancora, si potrebbe esaminare la prima enciclica di Benedetto XVI, la “Deus caritas est”, o la sua prima esortazione apostolica, la “Sacramentum caritatis”, o i messaggi annuali per la Giornata mondiale della pace. Oppure, si potrebbero leggere i due anni di papato di Joseph Ratzinger alla luce dei suoi viaggi, da quello in Germania in occasione della Giornata mondiale della gioventù, nell’agosto del 2005, a quello in Turchia dello scorso novembre, così denso di significato sul piano del confronto tra civiltà e dell’ecumenismo; da quello in Spagna, a Valencia, durante l’Incontro mondiale delle famiglie, nel luglio passato, a quello in Polonia, con il coraggioso discorso tenuto ad Auschwitz. Si potrebbe puntare l’attenzione sulle nomine e sullo snellimento della Curia vaticana, o, per altro verso, sulla pubblicazione del compendio al Catechismo, sulle catechesi del mercoledì. Sull’incontro con Oriana Fallaci e su molto altro ancora… Tanti gesti, tanti discorsi, di cui moltissimo si potrebbe scrivere e parlare. Ma per trovare il filo conduttore di tutto ciò occorre tornare là, in piazza San Pietro, al pomeriggio del 19 aprile 2005. E ripensare alle prime parole pronunciate dal cardinal Ratzinger appena eletto Papa, perché in esse è racchiuso e da esse è sotteso il senso profondo dei gesti e dei discorsi di questi due anni di pontificato. “Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II - disse Benedetto XVI - i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere”. Quanto sono lontane, queste espressioni e l’intenzione con cui esse furono pronunciate, dall’immagine che molta stampa e perfino certo mondo cattolico avevano per anni cucito addosso al cardinale Ratzinger: un rigido inquisitore, un freddo conservatore, un impassibile dogmatico. Fu come, in quel pomeriggio romano, se di colpo crollasse un castello di carta e venisse a galla ciò che ha reso e rende grande Joseph Ratzinger, ciò che fa accorrere ogni settimana decine di migliaia di persone ad ascoltarlo e a manifestargli il loro affetto, la loro vicinanza, il loro sentirsi in comunione con lui. Non si tratta, in prima battuta, della profondità del suo pensiero, del fascino della sua teologia, del calore della sua spiritualità. O, meglio, è attraverso il suo pensiero, la sua teologia, la sua spiritualità che filtra e traspare un’altra cosa, un’altra presenza, un’altra Persona. Benedetto XVI, il grande pensatore, il grande teologo, il maestro di spiritualità, non chiede a chi lo ascolta di diventare suo discepolo, e anche quando parla di se stesso, come è accaduto qualche giorno fa in occasione del suo ottantesimo compleanno, non lo fa per autoincensarsi. Semmai, desidera che chi gli sta di fronte diventi discepolo e bruci il suo incenso per la Persona che ha chiamato lui ad essere Suo vicario in terra. Desidera che ciascuno possa fare esperienza dell’amicizia di cui lui è testimone e che rimane il termine ultimo a cui tendono tutti i suoi scritti, tutte le sue parole, tutti i suoi gesti: l’amicizia del Dio fattosi uomo in Gesù Cristo. Il papato di Benedetto XVI è soprattutto questo: una grande scuola di amicizia con Gesù. Una grande scuola di cristianesimo. Perché, come diceva Wittgenstein, “il cristianesimo non è una dottrina, non è una teoria di ciò che è stato e di ciò che sarà dell’anima umana, bensì la descrizione di un evento reale nella vita dell’uomo”. Così, è il fascino irripetibile di questo “evento reale” che fa dire al grande teologo, al grande pensatore, al grande maestro di spiritualità, che oltre a tutto e più di tutto, più dei libri, più della capacità speculativa, più dell’introspezione, conta nel cristianesimo l’esperienza dell’amicizia misericordiosa di Colui che scelse di affidare al discepolo che Lo aveva rinnegato tre volte (a “un povero pescatore, in una lontana provincia, presso un piccolo mare, quasi segreto”, per dirla con Chesterton) la custodia e la guida della Sua barca, la Chiesa, tra le onde della storia.

Gianteo Bordero

L'Avanti, 20 aprile 2007
Paparatzifan
00venerdì 20 aprile 2007 22:10
Dal blog di Lella...
Habemus papam, due anni dopo

di Cristian Glori

Il 19 aprile 2005 la fumata bianca: le conferme e le sorprese di un biennio di pontificato. La semplicità e la popolarità, la diplomazia e il richiamo ad un cristianesimo gioioso: qualche spunto per ripercorrere due anni con Benedetto XVI.

ROMA - Secondo gli schemi nei quali era imbrigliato da cardinale, Joseph Ratzinger avrebbe dovuto passare il tempo a lanciare condanne e a proclamare anatemi: ma, nonostante quel che in molti cercano di far apparire, Benedetto XVI non lo fa: le sue critiche al mondo e alla modernità hanno lo stile pacato di chi sa argomentare e proporre lucide analisi capaci di gettare luce sul suo pensiero e sulla realtà dei fatti. E’ un papa diverso da quello atteso quello che si presenta al passaggio del secondo anno di pontificato: due anni da quel 19 aprile 2005 nel quale si presentò al mondo come un umile servo della vigna del Signore. L’umiltà dell’uomo è rimasta tutta, insieme alle continue richieste di preghiere per il compito gravoso al quale è stato chiamato: una vera e propria seconda vita per un uomo che a 78 anni non immaginava di dover compiere un passo così decisivo, per sé e per la vita stessa della Chiesa.

Le parole di Benedetto XVI colpiscono, e i fedeli lo seguono: l’immagine di un papa abbandonato dal suo stesso gregge è semplicemente rovesciata di fronte all’eloquenza dei numeri: le presenze ai suoi due tradizionali appuntamenti di piazza, l’Angelus della domenica e l’udienza del mercoledì, sono sistematicamente doppi di quelli registrati negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II. Non uno qualunque, ma il papa dei record: e su quel fronte Benedetto XVI lo sta battendo. C’è evidentemente qualcosa che attrae e richiama nella figura di questo papa, e la sua semplicità nel parlare di Dio e di Cristo anche dall’alto della sua cultura non è passata inosservata ai più. Il papa che esorta gli uomini a interrogarsi sulla fede usando la ragione e che si rivolge ai non cristiani usando la categoria del razionalismo, ricordando la logicità – oltre che la storicità – della figura di Cristo. Un papa che sa anche sorprendere dunque, che al rapporto fra fede e ragione ha dedicato il più celebre discorso di questi due anni di regno (la lezione magistrale di Ratisbona), che più volte ha sottolineato la linearità e la coerenza del cristiano impegnato nella vita pubblica, che a Verona ha indicato Chiesa italiana alla via della presenza attiva nel mondo, che quasi frequentemente ricorda l’essenzialità dell’istituto familiare e la perfetta coerenza e sintonia fra la ricerca della pace e la difesa della vita umana, di ogni vita umana.

Il primo anno di pontificato se ne è andato all’insegna della gestione della difficile eredità di Giovanni Paolo II, visibile soprattutto nel rapporto con i giovani (il primo viaggio internazionale di papa Benedetto proprio a Colonia per la Gmg, agosto 2005) e nel suo costante tentativo di mantenere vivo il legame con essi, caratterizzandolo per la grande importanza data ai segni e ai sacramenti (chiara la continuità fra l’adorazione eucaristica alla veglia del sabato di Colonia e la liturgia penitenziale in luogo della festa concerto alla Gmg diocesana di qualche settimana fa).

La visita ai luoghi di Giovanni Paolo II nel maggio 2006 ha aperto un anno ricco di eventi e di avvenimenti: l’Europa e il confronto con se stessa nel viaggio alla sua Baviera, la diplomazia e l’arte della mediazione nella crisi israelo-libanese dell’estate 2006, il forte momento di frattura con l’Islam seguito alla lezione di Regensburg poi completamente ricostruito con la sortita in Turchia, territorio di ricerca ecumenica con gli ortodossi di Bartolomeo I e di confronto con il mondo islamico. Territorio nel quale nuovamente attiva è l’azione della segreteria di Stato, resa più vicina con l’arrivo del card. Tarcisio Bertone. Con l’arrivo del quale più forte è anche la vicinanza della chiesa italiana, passata nel frattempo dalla gestione Ruini a quella Bagnasco.

L’attenzione ai deboli si manifesta con la visita al carcere minorile di Casal del Marmo e con quella alla mensa Caritas di Colle Oppio: e proprio alla Caritas, a quell’amore che è Dio stesso, quel Dio che dà identità all’uomo e lo spinge all’amore per gli altri, è dedicata quella che resta al momento l’unica enciclica del suo pontificato: un documento in cui eros e agape si ritrovano uniti nella testimonianza della grandezza dell’amore. Amore e Verità, altra parola costantemente portata all’attenzione da parte del papa. Del quale resta anche la costanza con la quale ricordare, ai giovani in particolare, l’essenza del cristianesimo: la gioia anzitutto nell’esser cristiani, e la consapevolezza che Cristo non toglie nulla alla bellezza della vita, e la Chiesa non racchiude l’anima dentro una serie di divieti ma chiede ad essa di aprirsi alla grandezza dell’amore di Dio.

Tutti temi sui quali Benedetto XVI continuerà il suo percorso, all’attenzione del quale si pongono ora questioni di rilevante attualità, sia dal punto di vista internazionale (il rapporto con la Cina rimane uno dei punti cruciali del pontificato) sia dal punto di vista liturgico (il previsto motu proprio per la liberalizzazione dell’utilizzo del latino come passo avanti verso i tradizionalisti, fermo restando quanto deciso fino ad ora, anche attraverso l’esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis). Di segni il papa ne ha già lasciato parecchi: ad ottanta anni c’è ancora molto da fare.

Korazym 19 aprile 2007-04-20

[Modificato da Paparatzifan 20/04/2007 22.11]

Paparatzifan
00venerdì 20 aprile 2007 22:12
Dal blog di Lella...
La primavera dell'intrepido Timoniere della Chiesa

Due ricorrenze petrine vissute come un'unica, intensa giornata di festa. La gioia del popolo di Dio per l'80° genetliaco di Benedetto XVI si prolunga e si dilata in questo solare mercoledì di primavera, vigilia del secondo anniversario di Pontificato. È una primavera non soltanto "meteorologica" ma soprattutto "spirituale" ed "ecclesiale", quella che avvolge con la sua luce radiosa Piazza San Pietro. Una primavera che palpita di fede e di gaudio interiore in questa singolare udienza generale, nella quale risuona ancora viva l'eco dell'abbraccio con cui migliaia e migliaia di fedeli si sono stretti in questi giorni al Successore di Pietro, tributandogli un augurio traboccante di filialità.
È primaverile il clima in Piazza San Pietro, dove oggi più che mai batte il cuore ardente e devoto della Chiesa. È primaverile il colore di Piazza San Pietro, che come una "tavolozza" dello Spirito mostra al Papa la variopinta vivacità di un popolo impagabile nel suo attaccamento e nel suo calore. "Lodiamo e ringraziamo Dio per il dono di Papa Benedetto", si legge su uno dei tanti striscioni levati con entusiasmo verso l'azzurro del cielo. Poche parole che hanno l'eco semplice e smisurata di un'universale preghiera di riconoscenza.
Ed è primaverile anche lo spirito di giovanile freschezza con cui il Papa sta vivendo queste giornate. È primaverile questa stagione del suo cuore e della sua vita. È primaverile l'animo di questo "giovane ottantenne" che - con il sorriso mite e la delicata paternità che lo hanno fatto conoscere al mondo sin dal primo giorno del Pontificato - da due anni regge il timone della Barca di Pietro senza risparmiarsi per la causa del Regno. "Padre Santo amatissimo, con Lei per sempre con gioia e con amore nella Vigna del Signore" è scritto ancora su quello striscione. È l'affetto orante di un popolo in festa che accompagna i passi dell'intrepido "Timoniere" della Chiesa.

(©L'Osservatore Romano - 19 Aprile 2007)
Paparatzifan
00venerdì 20 aprile 2007 22:13
Dal blog di Lella...
Alle Congregazioni sono in arrivo segretari «forti»
La “seconda ondata” di Benedetto in Curia

Nel mirino soprattutto alcuni capi scelti nei primi mesi di pontificato

MARCO TOSATTI


CITTÀ DEL VATICANO
Alla vigilia dello scadere di due anni di regno Benedetto XVI guarda con una certa insoddisfazione alla Curia, e si prepara a sostenere alcune Congregazioni (l’equivalente ecclesiastico dei ministeri) traballanti con dei puntelli: e cioè nominando dei «numeri due», i segretari, di sua piena fiducia. I maligni potrebbero rilevare che i problemi maggiori li si trova nelle tre grandi Congregazioni i cui capi sono stati scelti da papa Ratzinger; ma sarebbe ingeneroso, perché i prescelti avevano un «curriculum» di tutto rispetto, e niente faceva pensare che posti alla guida di un dicastero non facessero faville. Invece... Il puntello più grosso papa Ratzinger lo sta per mettere (è questione di settimane) alla Congregazione per il Clero, affidata, solamente il 31 ottobre scorso, al cardinale brasiliano Claudio Hummes, arcivescovo di San Paolo. E’ un «ministero» centrale: da esso dipendono ottocentomila sacerdoti in tutto il mondo, che attendono da Roma di essere guidati e diretti. A quanto pare sono bastati cinque mesi per far rimpiangere una nomina operata sotto fortissime pressioni da parte del governo sudamericano. E un mese fa è corso ai ripari: in un lungo colloquio - oltre quaranta minuti - ha convinto il suo «ministro» dei Beni Culturali, monsignor Mauro Piacenza, ad accettare il posto di segretario al Clero, mantenendo la presidenza della pontificia commissione per i Beni Culturali. Il presule, genovese di origine, ha già lavorato in quella Congregazione; ne conosce problemi e meccanismi, ed è probabile che la nomina lo metta nelle condizioni per aspirare, quando Hummes scadrà, fra due anni, al ruolo prefetto della Congregazione.
Il Papa non è molto contento, a quanto si dice, della «sua» vecchia Congregazione, la Dottrina della Fede, l’ex Sant’Uffizio. Si parla di tensioni ricorrenti fra il prefetto, l’americano William Levada, e il segretario, monsignor Angelo Amato, salesiano. Levada è stata la prima nomina di Ratzinger, subito dopo essere divenuto Benedetto XVI. Come fare a toglierlo? Forse ci penserà la Provvidenza, se l’attuale cardinale di New York, Edward Egan, che ha appena compiuto 75 anni, verrà accontentato nel suo desiderio di essere sollevato dall’incarico, per dedicarsi pienamente alla composizione di musica sacra. Una «terna» possibile di successori vede il cardinale di Vienna, Schoenborn, il brillante rettore dell’Università lateranense, monsignor Rino Fisichella, e un altro vescovo-teologo, Bruno Forte. Monsignor Amato, se Benedetto XVI volesse rinnovare completamente il suo vecchio dicastero, potrebbe andare - ma non prima di un anno - a sostituire il titolare della congregazione per le Cause dei Santi, il cardinale Saraiva Martins.
La politica dei segretari-puntello continua con la congregazione dei Vescovi, in mano al cardinale Giovanni Battista Re, uno dei superstiti della «vecchia guardia» wojtyliana. L’attuale segretario, monsignor Monterisi, lascerà nei prossimi mesi; al suo posto verrà probabilmente lo spagnolo Lopez Quintana, nunzio a Delhi, conosciuto per il suo stile «decisionista»; mentre la scomparsa improvvisa di monsignor Luis Diaz Robles, l’affidabile ed esperto vicepresidente della Commissione per l’America Latina (di cui Re è presidente) darà a Benedetto XVI l’opportunità per collocare un suo uomo di fiducia in quello «snodo» fondamentale per le politiche del sub-continente. E la partenza per Vancouver dell’attuale segretario per l’Educazione Cattolica, monsignor Michael Miller, consente a papa Ratzinger di collocare un uomo di fiducia (ancora «in mente Dei») nel ministero che guida scuole e università cattoliche in tutto il mondo, e che di conseguenza sta particolarmente a cuore al Papa professore. La nuova ondata di nomine dovrebbe toccare anche i collaboratori più stretti del Pontefice. A fine maggio-inizio giugno il «N° 3» della gerarchia vaticana, monsignor Leonardo Sandri, Assessore alla Segreteria di Stato (il «ministro degli Interni») andrà a sostituire il cardinale Mussa Daoud alle Chiese orientali. Al suo posto, un ganglio vitale per il funzionamento della Curia, dovrebbe venire monsignor Fernando Filoni, nunzio a Manila (e in precedenza a Baghdad, durante la guerra), già allievo del cardinale Bertone alla Lateranense, e diplomatico di carriera.

La Stampa, 16 aprile 2007
Paparatzifan
00venerdì 20 aprile 2007 22:13
Dal blog di Lella...
Auguri a chi ci ha liberato dalla dittatura della consuetudine

di Giuliano Ferrara

La gente lo va ad ascoltare. Sono grandi numeri, crescenti. Stupefacenti, in un certo senso. Perché quell'ottantenne ha un corpo piccolo dotato di una grazia più accademica che pastorale.
Il suo modo ieratico c'è, ma è ordinato, rispettabile, lindo, bavarese, amichevole e molto serio, non ha nulla di autoritativo e di splendido nel senso della forza selvaggia dell'ammaestramento sovrumano, vicario e messianico, anzi, non perde mai una certa dolcezza impacciata, un'eleganza rarefatta e quasi mondana, un legame inesorabile, contemporaneo ma antimoderno, con il concetto, la ragione come antidoto agli abusi della logica (tutte cose che un'assemblea di socialisti dell'Ottocento riuniti in un'oasi termale un po' triste, sprezzanti verso il "papa filosofo", non può capire).
È un liberatore. Ci ha liberati dal dominio della chiacchiera, dalla «dittatura della consuetudine», come scrive a pagina 116 del suo nuovo libro su Gesù di Nazaret. Ci ha tolti da ogni forma di soggezione verso la rive gauche dei laicisti al barolo e dei maìtres-à-pen-ser, saldo sulla riva destra del Tevere. Da oltre mezzo secolo è un dominatore nel campo delle interpretazioni, gioca da dialettico di scuola tedesca con i significati e i significanti e la filosofia del linguaggio, si diverte nel labirinto del pensiero come un giocoliere dell'allegoria, ma propone una vocazione semplice, liturgica: cercare la verità, se non la si sia già accolta.
Quando parla d'amore, si sente la forza, e quando esercita la forza della parola, s'intende l'amore. Dialoga ma non annega nella conversazione, nel balletto mimico dell'ascolto perenne; della conversazione trattiene piuttosto ciò che serve alla conversione, che predica con istintiva capacità di persuasione, chiamando in causa il cuore di carne del cristianesimo senza mai tralasciare i diritti della testa.
Agli uomini e alle donne che pensano di salvarsi per conto proprio, e che anzi si fanno misura della salvezza del mondo in nome del moralismo della pace e della povertà, spiega che le Beatitudini sono immensi paradossi bisognosi di una lettura cristologica, ecclesiologica ma anche razionale, che in Cristo c'è un po' della gioiosa epopea omerica, compreso il tuono che disintegra la superbia. Ha l'aria di avere in pugno, umilmente come si addice a un servo dei servi, la lettura più interessante in circolazione della storia del mondo, nella perfetta sottomissione al mistero. Predica, insegna, e non ha paura della bellezza della norma, sebbene appartenga all'esercito bimillenario dei ribelli al vuoto della legge. Tratta Nietzsche da briccone e da disperato, per quante battaglie abbia vinto, e anche se di lui «molto è passato nella coscienza moderna e determina in gran parte il modo in cui oggi si percepisce la vita».
All'apertura del nuovo secolo, per non dire del millennio, niente è più rilevante di questo gigantesco assestamento del pensiero, di questo suo adeguamento alla realtà. Per il resto c'è tempo, ma con Ratzinger e quel che significa andiamo di fretta, e una mansueta papolatria non guasta anche per dei cani perduti senza collare. Auguri.

Il Foglio 17 aprile 2007
Ratzigirl
00sabato 21 aprile 2007 02:45
30 GIORNI
Compratelo assolutamente!!!!!!
E' fatto benissimo ed è una fonte di notizie e di aneddoti assicurata!!!!!!!!!!!

Eccone alcuni estratti:

Un magistero necessario

del cardinale Agostino Vallini
prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica


Quando ero bambino il parroco del mio paese ci diceva negli incontri di catechismo che il papa, Dio lo manda secondo i tempi. Una verità teologicamente esatta per più ragioni e che mi è ritornata alla mente il 19 aprile di due anni fa, allorché il cardinale protodiacono dalla loggia di San Pietro, col solenne annuncio habemus Papam, comunicava alla Chiesa e al mondo che il Papa, giusto per questo nostro tempo, chiamato a succedere a Giovanni Paolo II, Dio lo aveva scelto e si chiamava Benedetto XVI. In verità per me non fu una sorpresa: la conoscenza precedente del cardinale Ratzinger, l’ammirazione per il suo stile delicato e amabile nel rapportarsi alle persone, la lettura di alcune sue opere teologiche, mi avevano predisposto a ritenere che il nuovo papa dovesse essere lui. Mi è subito tornato alla mente l’insegnamento del mio vecchio parroco e ho ringraziato Dio: se lo aveva scelto, era quello che ci voleva. Questa percezione immediata, radicata nella fede, ha trovato conferma nei fatti. Ne ricordo soltanto qualcuno.
Anzitutto il suo impegno per la piena attuazione del Concilio, con l’autorevole e obiettiva precisazione del concetto di “recezione” del patrimonio dottrinale e disciplinare. Che il Vaticano II sia stato una immensa grazia per la Chiesa è pressoché universalmente riconosciuto, ma «nessuno può negare», ha detto il Papa nel discorso alla Curia romana in occasione dei primi auguri natalizi (22 dicembre 2005), «che in vaste parti della Chiesa, la recezione del Concilio si è svolta in modo piuttosto difficile» per una errata interpretazione. All’«ermeneutica della discontinuità e della rottura», Benedetto XVI ha contrapposto “l’ermeneutica della riforma”, cioè del rinnovamento nella continuità, perché la Chiesa rimane sempre la stessa, seppure cresce nel tempo e si sviluppa come popolo di Dio in cammino nella storia. Una messa a punto opportuna, anzi necessaria, che ha aiutato tutti, pastori, teologi, operatori ecclesiali e fedeli, a camminare sui sentieri dell’autentico spirito conciliare.
Un secondo indirizzo del magistero di Benedetto XVI mi pare altrettanto chiaro e fecondo. Nel contesto culturale in cui oggi viviamo, marcato da una situazione di smarrimento spirituale, di sfiducia nella verità oggettiva e di accentuato individualismo, il Papa fin dai suoi primi interventi ha mostrato la preoccupazione di offrire motivazioni chiare e persuasive per credere. La Chiesa oggi si trova davanti a una grande sfida: come rinnovare la sua pastorale? Come formare i battezzati, perché la fede diventi luce e forza gioiosa di vita? La formazione generalmente messa in campo dalle parrocchie richiede di essere ripensata; il catechismo in occasione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e la predicazione domenicale a una percentuale bassa di praticanti sono inadeguati e insufficienti. Per tante persone, che pure si dicono cristiane, i valori della fede e della morale, se non sono rimossi positivamente, restano sullo sfondo e, a giudicare dai comportamenti, sembrano diventare ininfluenti. In questi due primi anni di pontificato il Papa ha stimolato e incoraggiato a ripensare metodi e forme dell’azione missionaria della Chiesa, perché Dio non rimanga escluso dalla vita della gente, dalla cultura e dalla stessa società.
È stato giustamente detto che il magistero di Benedetto XVI ruota con frequenza intorno a tre ambiti: fede, ragione, amore. È un terzo aspetto, questo, nel quale il Papa si è imposto all’attenzione per la chiarezza del pensiero e il rigore di argomenti stringenti. Convinto che fede e ragione siano complementari nei confronti della verità e della salvezza, volendo scuotere dal torpore intellettuale e morale soprattutto l’Occidente, il Papa spinge perché fede e ragione si muovano in unità, senza esclusioni reciproche. «Dio non diventa più divino», ha detto nel famoso discorso all’Università di Regensburg, il 12 settembre 2006, «per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro e impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore». E al tema dell’amore, come è noto, ha dedicato la sua prima enciclica, Deus caritas est. Le implicanze concrete di questo trinomio sul piano etico-morale sono evidenti e il Santo Padre non ha mancato di ricordarle, motivarle, ribadirle, difenderle. La difesa e la promozione della vita umana, del matrimonio, della famiglia, dell’educazione delle nuove generazioni, della pace, sono temi ricorrenti del suo insegnamento. Lo ha proposto e lo propone ogni giorno per fedeltà a Cristo e all’uomo. E la gente lo apprezza. Basta pensare allo spontaneo appuntamento domenicale dell’Angelus, non organizzato da alcun ufficio vaticano, che vede riunite in piazza San Pietro migliaia e migliaia di persone, attratte dalla sua parola breve, chiara, incisiva, che fa pensare e resta nel cuore. Alcuni mesi fa, in via della Conciliazione, mi ha fermato un signore di mezza età. «Lei è un prete», mi ha detto, «e permetta che le dica una cosa importante». «Dica pure», ho risposto con un sorriso incoraggiante. «Sono pentito di essermi allontanato dalla Chiesa; ma è un po’ di tempo che la domenica, a mezzogiorno, non posso fare a meno di venire a sentire il Papa, perché mi dice la verità».
Al Santo Padre, in occasione del suo ottantesimo genetliaco, assicuriamo la nostra preghiera e porgiamo i nostri auguri devoti e filiali. Ad multos annos!


«Io, ma non più io»


del cardinale Angelo Scola
patriarca di Venezia

«Essendo un uomo di formazione teorica e non pratica, sapevo anche che non basta amare la teologia per essere un buon sacerdote, ma vi è la necessità di essere disponibile sempre verso i giovani, gli anziani, gli ammalati, i poveri; la necessità di essere semplice con i semplici. La teologia è bella, ma anche la semplicità della parola e della vita cristiana è necessaria. E così mi domandavo: sarò in grado di vivere tutto questo e di non essere unilaterale, solo un teologo, eccetera? Ma il Signore mi ha aiutato e, soprattutto, la compagnia degli amici, di buoni sacerdoti e di maestri, mi ha aiutato».
Così, con disarmante semplicità, papa Benedetto ha dato voce all’interrogativo circa la sua vera fisionomia che in forma più o meno esplicita circolava tra parecchi dopo la sua elezione a successore di Pietro. E lo ha fatto – è bello ricordarlo – in un dialogo a cuore aperto con i giovani della sua diocesi, Roma, in occasione della XXI Giornata mondiale della gioventù, il 6 aprile 2006. Il Papa ha voluto condividere con loro e con noi il proprio personale percorso di fede. Un percorso di feconda umiltà, fatto di grazia e di libertà, di certezza e di realistico timore, di slancio e di abbandono.
E di questo cammino il Santo Padre ha voluto anche mostrare le pietre miliari.
Innanzitutto la grazia che è lo stesso Signore Gesù. Il primato di Cristo, cioè dell’amore incarnato di Dio nella vita del cristiano, ci è stato richiamato con grande forza dall’enciclica Deus caritas est. Cardine dell’insegnamento del Papa è il formidabile passaggio del primo paragrafo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».
Da qui, quasi con naturalezza, lo sviluppo operato nel suo intervento di Verona: «“Io, ma non più io”: è questa la formula dell’esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo, la formula della “novità” cristiana chiamata a trasformare il mondo». Una novità che è frutto del dono dello Spirito, che non è quindi possibile produrre da noi. È un dato – in senso forte – da accogliere. Come per il Papa del Totus tuus così anche per Benedetto XVI, che con occhi sgranati e il cuore lieto saliva, fanciullo, al santuario di Altötting, la Vergine Maria rappresenta la figura compiuta della sua personalità e della sua esistenza. Nell’annunciazione l’Immacolata pronuncia quel fiat che dispiegherà tutta la sua forza nello stabat del Calvario e troverà pieno compimento nel mistero dell’Assunzione. Maria, infatti, dice fino in fondo cosa significa cooperare assentendo, come recita il canone quarto del decreto sulla giustificazione del Concilio di Trento. Questo è l’orizzonte proprio del sensus fidei del popolo cattolico, genuinamente espresso dall’esperienza della Chiesa bavarese. Nell’appartenenza pienamente consapevole a questa porzione significativa di popolo santo di Dio ha preso forma la vocazione e la missione di papa Ratzinger.
Ma il Papa aggiunge una seconda indicazione. Preziosa perché illumina la modalità attraverso la quale la grazia sacramentale diventa incontro persuasivo e affascinante per la libertà di noi uomini: «La compagnia degli amici, di buoni sacerdoti e di maestri, mi ha aiutato». La vita della comunità cristiana, infatti, è garanzia della strada. Una compagnia che dice il volto della Chiesa e investe «i grandi ambiti nei quali si articola l’esperienza umana» (discorso al Convegno di Verona).
Tutti siamo rimasti colpiti dalla profondità con cui il Santo Padre in quest’ultimo anno ha voluto rispondere alla domanda oggi più che mai decisiva. Il suo grande amico Hans Urs von Balthasar la formulava in questi termini: «Chi è la Chiesa?». Papa Benedetto sta ripercorrendo la vicenda umana e cristiana degli apostoli e dei discepoli del Signore. Pietro, Giovanni, Matteo, Paolo, Stefano, le donne… I primi anelli di un’ininterrotta catena di testimoni, storicamente ben documentabile, che giunge a coinvolgere anche noi. In essa si esprime la natura sacramentale della traditio della Chiesa.
La grazia che è Gesù Cristo, vissuta nella compagnia della Chiesa: ecco i doni che il Papa non cessa di testimoniare alla nostra libertà.




emma3
00sabato 21 aprile 2007 15:27
L'ANALISI

C'è un filone «agostiniano» nel bestseller di Ratzinger: quello del rapporto tra fede e ragione. Parla il filosofo Giovanni Reale

Credo, ergo sum

«Molti agnostici hanno parlato di Cristo, ma sono caduti nell’errore di porlo sul piano dei grandi pensatori. Il suo ritratto perfetto sono le Beatitudini»

Di Paolo Viana

«Giù le mani da questo libro se non hai la fede». Nel commentare Gesù di Nazaret Giovanni Reale rispolvera la nettezza dei milieu accademici tedeschi, dove ha studiato negli anni Settanta, gli stessi di Joseph Ratzinger. E il nostro filosofo più «agostiniano» non ha dubbi nel giudicare l'opera «la più bella di quest'autore». Il giudizio è la spia di un coinvolgimento totale: «Le Beatitudini raccontate nel libro sono il ritratto perfetto di Cristo. E come sono commoventi le pagine su Pietro: sicuramente, le ha composte quand'era già Pontefice; chi le ha scritte sa di essere il 264° successore di Pietro».

Ratzinger dichiara che il libro vuole «favorire nel lettore la crescita di un vivo rapporto con Lui». È possibile leggere «Gesù di Nazaret» se non si crede?
«Effettivamente, c'è una condizione necessaria per leggerlo e intenderlo: avere la fede o essere in cerca di essa. Come dice Heidegger, soltanto un uomo religioso può comprendere la vita religiosa, altrimenti non dispone di alcun dato genuino. E soggiunge: giù le mani per colui che non si sente sul giusto terreno. Noi potremmo dire: giù le mani dal Gesù di Nazaret di Benedetto XVI per colui che non si sente nel giusto terreno. A chi non possiede la fede Cristo non lo può spiegare nessuno, neppure il Pontefice. Se uno non ha almeno un anelito alla fede lo interpreta in chiave mitologica, politica, sociologica, eccetera. Parlare a costoro di Cristo è come parlare a un cieco della luce e dei colori».

Qual è l'idea motrice dell'opera?
«La troviamo nel Salmo 27: "Il tuo volto Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto". Ho l'impressione che corrisponda a una domanda che Ratzinger si è sentito porre: Joseph, chi pensi che io sia? Molti hanno parlato di Cristo senza credere, ma sono caduti nell'errore ermeneutico di porre Gesù sul piano dei grandi pensatori. L'ha fatto Jaspers, ponendolo accanto a Socrate, Buddha e Confucio. La risposta di Ratzinger , invece, è stupenda: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". È la risposta di Pietro e, leggendola, mi sono commosso».

Che idea di fede permea il libro del Papa?
«Che credere in Cristo è credere nel Regno di Dio in persona. Questo vuol dire essere cristiano, oggi come duemila anni fa. Rileggiamo Il sale della terra, sempre di Ratzinger: "La sostanza di questa fede è che riconosciamo Cristo figlio di Dio vivente, incarnato e divenuto uomo, e per mezzo suo crediamo nella Trinità". In Deus caritas est, poi, scrive che la fede è una decisione che riguarda l'intera struttura della vita e ha a che fare con la parte più profonda di ognuno di noi: "Se l'uomo comincia a guardare a partire da Dio, se cammina in compagnia di Gesù, allora vive secondo nuovi criteri, e allora un po' di ciò che deve venire è già presente adesso. A partire da Gesù entra gioia nella tribolazione"».
Se l'«eschaton» è anche di questo mondo, dev'essere comprensibile anche per la ragione e non solo per la fede.
«È l'architrave dell'opera di Ratzinger ed è una convinzione agostiniana. Mi sono accorto che il Papa ama molto Giovanni e io sto traducendo il commentario di Agostino a quel Vangelo: vi si trovano delle frasi che sono assolutamente in sintonia con il pensiero del Pontefice: "Il profeta Isaia disse: se non crederete non capirete. Per mezzo della fede - scrive Agostino - ci uniamo a Lui, per mezzo dell'intelligenza veniamo vivificati". E ancora: "Abbiamo creduto per poter conoscere. Se avessimo voluto conoscere prima di credere non saremmo riusciti né a capire né a credere". Infine: "Vuoi capire? Credi". Parole di Agostino, concetti di Ratzinger. Del resto, Benedetto XVI aveva già dato ragione a Barth nel rifiutare la filosofia come fondamento della fede indipendentemente da quest'ultima».

Il rapporto tra fede e ragione in Ratzinger è sempre stato centrale, come in Agostino. Ma qual è il punto esatto in cui la seconda piega il capo?
«Per Ratzinger si potrebbe usare un sillogismo cartesiano: credo dunque sono. Pone il credere al vertice, non toglie la ragione ma l'associa e la subordina alla fede. Tu capisci, se credi. Questo dice il Papa: la fede è una decisione che coinvolge la totalità della vita e quindi non ha solo un valore assiologico, ma ha addirittura una portata ontologica: la tua vita di uomo, se credi davvero, viene cambiata e plasmata. Tu sei in rapporto a ciò in cui credi e in funzione della misura e della forza con cui credi».

Si dice che quest'opera riconcili il metodo storico-critico con l'esegesi biblica. È così?
«Il metodo del Papa richiama spesso quello storico-critico e ammette che è importante ma non sufficiente; se applichi il metodo storico-critico in modo impeccabile ma non credi, esce un Cristo storicamente ricostruito ma dai lineamenti sfuocati. Invece, il libro considera il Gesù storico a partire dalla sua comunione con il Padre, lo comprende, oltre che con i criteri storico-critici, anche con quelli della fede».

Guardiamo al futuro, che in realtà è un po' presente, perché il Papa sta già scrivendo la seconda parte del libro. Dove ci porterà?
«Questo libro contiene già il nocciolo del sogno di Benedetto XVI: il tentativo di ridare unità ai cristiani. Il minimo comun denominatore c'è: credere che Cristo è il Dio fatto uomo, che si è fatto crocifiggere ed è risorto per redimerci. Le confessioni cristiane possono partire da lì. Visto che tutti ci crediamo, tutti possiamo ripartire da lì».

avvenire 21 aprile 07

LadyRatzinger
00domenica 22 aprile 2007 14:27
Da Petrus
I bambini di Vigevano scrivono al “Signor Papa”. “Pace nel mondo”

VIGEVANO - "Sig. Papa, vorrei la pace nel mondo, basta guerre, e un aiuto alle persone povere", scrive Federica, una bambina di Vigevano. Nella cittadina il Papa è arrivato oggi per una visita-lampo di tre ore. E le scuole cittadine, in vista del suo arrivo, hanno raccolto "pensieri sparsi" tra i bambini e i ragazzi locali. Non manca chi sottolinea con una punta di rammarico la breve durata della visita papale dopo che già Giovanni Paolo II visitò tutte le altre diocesi della Lombardia tranne quella di Vigevano. "Buongiorno signor Papa, dà a tutti noi la sua benedizione e anche la comunione?", scrive Chantal. E aggiunge: "Però, per favore, resteresti a Vigevano ancora un po'?". La pace, la guerra e la visita del Papa sono un argomento ricorrente dei messaggi pubblicati sul sito della diocesi di Vigevano. "La pace nel mondo. Ma se non riesci, è già abbastanza che vieni qua", chiede, pragmaticamente, Omar. "Caro Papa, ti vorrei chieder se puoi venire più volte qui a Vigevano!", rincara Davide. E Chiara: "Caro Papa Benedetto XVI, vorrei chiederle solo 1 cosa, però molto importante: di avere la pace in tutto il mondo, perché la guerra è bruttissima. Grazie!". Più spontaneo Juergen, un bimbo che forse viene dalla Germania come Ratzinger: "Papa, ti voglio tanto bene!". Non mancano riflessioni più articolate e curiosità perspicaci. "Caro Papa, scusi per il disturbo. Volevo farle una domanda: è impegnativo il lavoro di Papa? Lei si fida dei suoi cardinali?", domanda Emanuele. Alberto: "Santità, ti prego di fare una benedizione speciale a mio padre perche' si e' sposato due volte, dagli il tuo perdono". E infine Giovanni: "Caro Papa, lei ci va di sicuro in Paradiso, vero?". Infine, più politici, le classi del triennio del Leonardo da Vinci: "Vorremmo chiedere a Benedetto XVI, cioè se non è possibile svecchiare la Chiesa donandole una immagine meno opulenta. Capiamo che tutto il fasto serve ad onorare Gesù donando alla sua immagine quella ricchezza che che non ha potuto avere durante la sua vita - scrivono i ragazzi di Vigevano - ma le emozioni che ci ha suscitato la vista dei filmati di Korogocho di Padre Alex Zanotelli, di quelle migliaia e migliaia di persone 'sardinizzate' nelle loro baracche ci ha fatto vergognare di tutto quello che abbiamo".
emma3
00domenica 22 aprile 2007 20:57
Una folla di fedeli all'Eucarestia celebrata dal Pontefice negli Orti Borromaici
Ratzinger visita il Policlinico San Matteo e incontra i malati: "L'ospedale è un luogo sacro"


Pavia, ventimila alla messa del Papa
"Difendere la vita per una buona convivenza"


Bossi incontra Benedetto XVI: "Mi sono commosso. E' un uomo che riesce a mediare fede e ragione"
Un appello ai giovani: "Leggete il mio libro. E' un po' impegnativo ma vi sarà utile"




PAVIA - In prima fila i malati a cui il Papa ha dedicato stamane una preghiera particolare visitando il Policlinico San Matteo; poi le autorità, 470 giornalisti e ventimila fedeli. Agli Orti Borromaici per la messa di Benedetto XVI è venuto anche Umberto Bossi che proprio al Policlinico studiò Medicina: "E' stata una grande emozione. Mi sono commosso; non me lo aspettavo". Accompagnato dalla moglie e dai tre figli, il leader della Lega Nord ha scambiato qualche parola con il Pontefice: "Il Papa è arrivato così all'improvviso che quasi non lo riconoscevo. Sono rimasto secco. Benedetto è un uomo che riesce a mediare la fede con la ragione". Il leader leghista ha apprezzato anche il riferimento fatto ieri dal Papa sulla famiglia. "Senza la famiglia - ha detto Bossi - non resta più niente".

La visita al San Matteo. Il secondo giorno a Pavia, Papa Ratzinger l'ha riservato ai malati ricoverati al San Matteo. "L'ospedale è un luogo che potremmo dire in qualche modo sacro", ha detto il Papa parlando ai medici e agli ammalati. "Nell'ospedale si sperimenta la fragilità della natura umana, ma anche le enormi potenzialità e risorse dell'ingegno dell'uomo e della tecnica al servizio della vita dell'uomo".

"Promuovere la difesa della vita". Sottolineando le qualità della struttura ospedaliera conosciuta in tutta Italia, papa Ratzinger ha colto l'occasione per rinnovare l'appello alla tutela della vita: "Il mio vivo auspicio è che, al necessario progresso scientifico e tecnologico, si accompagni costantemente la coscienza di promuovere, insieme con il bene del malato, anche quei valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita in ogni sua fase, dal concepimento fino alla morte naturale, dai quali dipende la qualità autenticamente umana di una convivenza".

"Il dolore purifica". Rivolgendosi agli ammalati, il Pontefice ha esortato ad affidare "al Signore i disagi e le pene che diventeranno mezzi di purificazione e di redenzione per il mondo intero. Certo, la sofferenza ripugna all'animo umano ma rimane sempre vero che quando viene accolta con amore ed è illuminata dalla fede, diviene un'occasione preziosa che unisce in maniera misteriosa con il Cristo redentore".

"Sant'Agostino modello per l'uomo d'oggi". Una parte consistente dell'omelia di Benedetto XVI è stata dedicata alla figura di Sant'Agostino le cui spoglie
riposano proprio a Pavia e a cui il Papa ha dedicato questa visita: "Sant'Agostino è uno dei modelli di conversione anche per l'uomo di oggi. Non ci insegna solo a coniugare fede e ragione ma anche ad essere umili. In quest'ora - ha esortato i fedeli - preghiamo per ottenere la conversione necessaria che ci conduca verso la vera vita". Nel pomeriggio il Pontefice incontrerà, nella basilica di San Pietro in Ciel D'Oro, i vertici dell'ordine monastico agostiniano e pregherà sulle reliquie del santo. Poi visiterà l'Ateneo della città.

Ai giovani: "Leggete il mio libro". Prima di lasciare l'altare, Benedetto XVI si è rivolto ai tanti giovani che gremivano gli Orti Borromaici per consigliargli di leggere il suo libro "Gesù di Nazaret": "E' un po' impegnativo, ma idealmente lo consegno a voi, perché accompagni il cammino di fede delle nuove generazioni. Cari ragazzi e ragazze: scoprite sempre più la gioia di seguire Gesù e di diventare suoi amici".

22 aprile 2007 www.repubblica.it
emma3
00domenica 22 aprile 2007 22:27
UN NUOVO S.AGOSTINO PER SUPERARE CRISI DELLA MODERNITA'



Nel pellegrinaggio alle reliquie di sant'Agostino compiuto come teologo e come pastore della Chiesa, Benedetto XVI ha adombrato nuovamente la sua scelta di svolgere un servizio alla Chiesa e alla societa' sul modello di quanto fece Agostino ai suoi tempi, nel pieno di una crisi profonda dell'impero romano d'Occidente.
Nella sua visita a Pavia, papa Ratzinger ha detto molte cose importanti per chiarire la sua similitudine con Agostino di Ippona, uno dei massimi Padri della Chiesa per dottrina e santita'. Ma chiaramente non ha detto tutto. Solo completando il puzzle del suo piu' recente pensiero su Agostino e' possibile capire la sensibilita' esistenziale, culturale e pastorale prevalenti in Benedetto XVI che vuole proporre all'intero Occidente, in specie l'Europa, un ritorno a Dio.
La sua proposta non e' tuttavia mossa dall'orgoglio e dall'impazienza dei neofiti o dei fondamentalisti, ma si basa su una testimonianza cristiana offerta ''con stile umile, rispettoso e cordiale''.

Rilanciata l'enciclica sull'Amore

Intanto, davanti alle spoglie mortali del santo vescovo di Ippona, custodite nella Basilica di san Pietro in Ciel d'Oro a Pavia Benedetto XVI ha rilanciato l'attualita' strategica della sua enciclica programmatica ''Deus caritas est''.
Parlando dell'amore di Dio, il Papa lo ha assimilato al cuore del vangelo e al nucleo centrale del cristianesimo, senza il quale tutto il resto diventa superfluo se non inutile.
''Davanti alla tomba di sant'Agostino - ha detto - vorrei idealmente riconsegnare alla Chiesa e al mondo la mia prima enciclica, che contiene proprio questo messaggio centrale del Vangelo: Deus caritas est, Dio e' amore. Questa enciclica, soprattutto la prima parte, e' largamente debitrice al pensiero di sant'Agostino, che e' stato un innamorato dell'Amore di Dio, e lo ha cantato, meditato, predicato in tutti i suoi scritti, e soprattutto testimoniato nel suo ministero pastorale''. Il papa ha poi detto che sulla scia del Concilio e dei suoi immediati predecessori egli stesso e' convinto che ''l'umanita' contemporanea ha bisogno di questo messaggio essenziale, incarnato in Cristo Gesu': Dio e' amore: tutto deve partire da qui e tutto qui deve condurre: ogni azione pastorale, ogni trattazione teologica''. Per questo il messaggio attuale di Agostino alla Chiesa e' questo: ''l'Amore e' l'anima della vita della Chiesa e della sua azione pastorale''. E ''solo chi vive nell'esperienza personale dell'amore del Signore e' in grado di esercitare il compito di accompagnare altri nel cammino della sequela di Cristo''.
Il papa pone un paletto di metodo e di identita' cristiana fuori da ogni integrismo e ogni temporalismo: ''servire Cristo - egli spiega - e' anzitutto questione di amore. Cari fratelli e sorelle, la vostra appartenenza alla Chiesa e il vostro apostolato risplendano sempre per la liberta' da ogni interesse individuale e per l'adesione senza riserve all'amore di Cristo''. Per meglio ancora chiarire questa caratteristica ecclesiale, Benedetto XVI formula quasi una deifinizione nuova e aggiornata della Chiesa anche rispetto al compendio del catechismo della Chiesa cattolica. ''La Chiesa - sostiene il Papa - non e' una semplice organizzazione di manifestazioni collettive ne', all'opposto la somma di individui che vivono una religiosita' privata. La Chiesa e' una comunita' di persone che credono nel Dio di Gesu' Cristo e si impegnano a vivere nel mondo il comandamento della carita' che egli ha lasciato''.
Trattandosi di ''una comunita' in cui si e' educati all'amore'' attraverso gli avvenimenti della vita, si spiega anche la sollecitudine del pontefice di rivolgersi anzitutto ai giovani che sono incamminati verso la maturazione personale.
Ai giovani viene affidato in particolare il compito di annunciare la lieta notizia del vangelo, il suo messaggio di riconciliazione e di perdono.
Nell'azione pastorale il Papa incoraggia tutti ''a perseguire la 'misura alta' della vita cristiana, che trova nella carita' il vincolo della perfezione e che deve tradursi anche in uno stile di vita morale ispirato al Vangelo, inevitabilmente contro corrente rispetto ai criteri del mondo, ma da testimoniare sempre con uno stile umile, rispettoso e cordiale''. Ecco dunque l'invito a ripartire dalla tomba di sant'Agostino ''portando nel cuore la gioia di essere discepoli dell'Amore''.


L'Europa come il figliuol prodigo

Questo stile e' privilegiato da Ratzinger perche' si radica in una convinzione molto agostiniana: solo Gesu' e' riuscito a incarnare pienamente il modello di perfezione contenuta nel Discorso della montagna, dove venne indicata la legge della nuova alleanza. Tutti gli altri cristiani, apostoli compresi, hanno avuto e hanno bisogno del ricorso alla misericordia divina. E per questo, sull'esempio di Agostino, essi stessi sono invitati fortemente a essere persone di misericordia anziche' di lotta e contrapposizione. Di conversione alla misericordia - la piu' signficativa nel cammino di conversioni che ha segnato la vita di Agostino - Benedetto XVI aveva parlato nell'omelia della messa mattutina da lui definita culmine della visita a Pavia.
La misericordia e' anche un aspetto centrale della parabola del figliol prodigo. Questa parabola e' gia' stata centrale in altra circostanza nelle parole di Ratzinger per ricordare l'efficacia e l'attualita' di sant'Agostino.
Il 14 novembre del 2004 nella basilica di sant'Aurea ad Ostia, presiedendo la celebrazioni alla presenza delle reliquie di sant'Agostino giunte da Pavia, per la proclamazione del santo a patrono di Ostia, il cardinale Ratzinger paragono' la storia di Agostino a quella del figliol prodigo presentandola quale paradigma di un auspicato ritorno alla casa del padre di tutta la cultura del mondo occidentale e dell'Europa in particolare.
Si tratta di un'omelia poco nota, difficilmente rintracciabile, ma che vale la pena rileggere oggi con il senno del dopo, per cogliere anche un fatto di metodo: Papa Benedetto non lascia nulla al caso, ma le sue grandi scelte sono frutto di una lunga maturazione interiore. E' come se da papa ha potuto liberare le energie positive congelate nel lungo servizio alla chiesa nello scomodo posto di prefetto della dottrina della fede.
Due parole chiave per capire la vita di Agostino - disse allora Ratzinger - sono amore eterno e sapienza. ''Certamente - osservo' - non sono parole di moda: la parola amore cosi' bella, e' sporcata da tanti abusi e soprattutto non si cerca l'amore eterno, si cerca l'amore facile e veloce. La parola sapienza, lo stesso Agostino che ha vissuto in tempi molto simili ai nostri, ha detto che e' una parola straniera nel vocabolario del suo e del nostro tempo''. Inizialmente egli stesso non cercava amore eterno e sapienza, quanto piuttosto felcita', essere amato, avere prestigio, successo, far carriera. Il suo movente era la liberta', l'autonomia, l'indipendenza. Aderi' al manicheismo che gli prometteva una religione scientifica, dove non avrebbe avuto bisogno della fede e sarebbe stato tutto razionale e scientifico. Ma poi, nell'esperienza di vita le cose andarono diversamente e si ritrovo' come il figliol prodigo. Con tutto questo libertinismo, racconta Agostino ''mi trovavo non libero ma schiavo, servo che deve pascolare i porci''.
''E se siamo sinceri con noi - commentava Ratzinger - dobbiamo dire che questa parabola che interpretava per lui la sua propria vita, interpreta anche la nostra situazione.
E' la situazione della nostra Europa, che e' andata in un paese lontano da Dio, cosi' lontano che il nome di Dio non deve piu' apparire nella nostra Costituzione, e sembrerebbe un'offesa che non si puo' rischiare in un paese lontano. In questo paese lontano con tutte le liberta' che ci permettono, alla fine anche noi siamo servi, schiavi del modo di fare, che le mode ci impongono, non siamo realmente liberi. E la vita, invece di essere ricca, e' piena di cio' che a volte e' deludente, siamo restii ad entrare. E se vediamo questo mercato di parole, questo mercato di divertimenti, di ideologie, non e' forse vero che mangiamo le carrube dei porci?''. Agostino ritorna al suo cuore perche' sentiva il ''grande vuoto che uccideva il suo tempo, queste menzogne della retorica a cui era costretto essendo cattedratico a Milano nella casa imperiale''. La sua superbia intellettuale gli impediva tuttavia di entrare nella fede dei semplici, fino a che non fece la grande scoperta che il Verbo era Figlio di Dio. Non un Dio qualsiasi ma un Dio di amore come simboleggivava il Padre del figliol prodigo. Egli ''ci fa salire la' dove noi non possiamo arrivare'', perche' in Gesu' e' Dio che e' sceso fino a noi. ''Si e' fatto carne,- ribadisce Ratzinger - si e' fatto materia, la sapienza ci si e' fatta amica e cosi' possiamo toccare Dio nella carne e nell'umilta' di Dio possiamo salire di nuovo, entrare nella carne del Figlio; siamo nella comunione con Dio stesso; non siamo noi a redimerci, ma Dio ci ha redenti''. Terminava con una preghiera: ''Preghiamo il Signore che e' amore per l'Europa: doni di ritornare al cuore, di ritornare da questo paese lontano da Dio e dal cuore, e di ritornare ai nostri cuori, di ritrovare la casa, di ritrovare le nostre radici cristiane che ci danno vita''.


Affascinato dall'umanita' di Agostino

Lo scorso 17 febbraio, Benedetto XVI parlava ai seminaristi romani di sant'Agostino. ''Mi ha affascinato - diceva - fin dall'inizio soprattutto la figura di sant'Agostino e poi anche la corrente agostiniana nel Medioevo. Per me era affascinante soprattutto la grande umanita' di sant'Agostino, che non ebbe la possibilita' semplicemente di identificarsi con la Chiesa, perche' catecumeno, ma che fin dall'inizio dovette lottare spiritualemnte per trovare, man mano, l'accesso alla Parola di Dio, alla vita con Dio, fino al grande si' detto alla sua Chiesa. Questo cammino cosi' umano, dove anche oggi possiamo vedere come si comincia ad entrare in contatto con Dio, come tutte le resistenze della nostra natura debbano essere prese sul serio e poi debbano anche essere canalizzate per arrivare al grande si' al Signore.
Cosi' mi ha conquistato la sua teologia molto personale, sviluppata soprattutto nella predicazione''.
Con tutta probabilita' dovremo attendere la prossima visita del papa a Montecassino per cogliere la completezza del suo ritratto: da Agostino a Benedetto. O meglio, Agostino e Benedetto.

asca 22 aprile
emma3
00domenica 22 aprile 2007 22:46
E’ IMPORTANTE (PER NOI) CAPIRE IL PAPA CHE VA DA SANT’AGOSTINO

di antonio socci

Il viaggio di Benedetto XVI a Pavia ha un significato speciale che provo a spiegare nell’articolo sottostante questa nota. Oggi il mondo cattolico e la Chiesa rischiano – senza neanche accorgersene – di essere di fatto “pelagiani” (l’antica eresia combattuta da Agostino), come Ratzinger – da cardinale – ebbe a ripetere varie volte. Sarà molto interessante leggere gli interventi del Papa.

Nel frattempo consiglio di leggere sant’Agostino che rappresenta uno straordinario aiuto per dare ragione della nostra fede. Pensate – ad esempio – a tutte le polemiche scatenate da vari libri (di scarso rigore scientifico) sulla figura di Gesù e sulla storicità e attendibilità dei Vangeli. Ci sono da dare naturalmnte molte risposte nel merito (documentandosi), ma la risposta principale può e deve darla qualunque cristiano. La prova che Gesù è veramente risorto ed è vivo sta nell’esperienza, nella possibilità oggi di fare esperienza della sua presenza viva fra noi, presenza tangibilissima.

Agostino, 1600 anni fa, scriveva che, certo, noi oggi non siamo nella Giudea dell’anno 30, quando era possibile incontrare Gesù. Ma non è diverso da allora. E’ esattamente tutto come allora. Sant’Agostino si rivolge così ai pagani: “la nascita dalla Vergine, i miracoli, la passione, la resurrezione, l’ascensione di Cristo e tutte le cose divine da Lui dette e fatte, tutto questo voi non l’avete visto, perciò vi rifiutate di crederlo. Guardate dunque, volgetevi, pensate a ciò che vedete e che non vi è narrato come fatto del passato, ma vi è mostrato come realtà del presente… Tutte quelle cose che riguardo a Cristo sono state già fatte e sono passate, non le avete viste, ma non potete negare di vedere queste che sono presenti nella sua Chiesa”. Infatti “anche oggi comunque accadono miracoli nel suo nome” (De fide rerum invisibilium). Il grande santo, padre della Chiesa, dice in una sua omelia: “nelle nostre mani abbiamo le Sacre Scritture, nei nostri occhi i fatti”. Basta aprire gli occhi e il cuore…


IL PAPA PELLEGRINO DAL SANTO “PECCATORE”

Agostino, studente a Cartagine, a 17 anni inizia a convivere – una “coppia di fatto” – con una giovane nordafricana che amerà per 14 anni avendo da lei anche un figlio (all’età di 18 anni). Chi è questo giovane “avventuriero” che in pochi anni diventa uno degli intellettuali più brillanti di Roma e di Milano? Si tratta di Agostino d’Ippona, colui che – convertendosi a 32 anni - diventerà uno dei più grandi santi della storia della Chiesa, il più grande fra i padri e dottori della Chiesa, colui alla cui tomba, a Pavia, Benedetto XVI oggi va a in pellegrinaggio (Ratzinger si laureò con una tesi su di lui e ha sempre considerato Agostino come il suo maestro).

Giuliano Vigini nel libro “Sant’Agostino”, che ha la prefazione proprio di Joseph Ratzinger, scrive che quella “unione di fatto ottiene il risultato di porre un freno al dilagare delle passioni amorose di Agostino e diventa un elemento equilibratore nella sua vita affettiva”. Nel 1998 il senatore Andreotti, presentando con il cardinal Ratzinger un libro sull’attualità di sant’Agostino, disse: “Mi ha colpito una cosa leggendo l’Enciclopedia Cattolica: laddove si parla di Sant’Agostino si dice testualmente che, quando andò a Cartagine, questo giovane diciassettenne ‘si piegava a una certa regola, unendosi senza matrimonio, con una grande fedeltà, alla donna madre del suo figlio’ ”. E’ il caso di ricordare che l’Enciclopedia Cattolica è un’opera assolutamente ortodossa, addirittura emblematica del pontificato di Pio XII. Quelle considerazioni la dicono lunga sulla saggezza della Chiesa che non è per niente impaurita dalla vita e dall’umano (come oggi caricaturalmente la si vuol rappresentare) e sa cosa è l’uomo senza la Grazia di Cristo.

In una delle sue prime interviste da papa, Benedetto XVI disse: “il cristianesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva…questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa”. Insomma la Chiesa è una possibilità di vita più umana, più appassionante e felice di qualunque esistenza senza Cristo.

Come scoprì e poi proclamò Agostino che, pur essendosi convertito giovane, a 32 anni, prima aveva sperimentato – scrive il Papa - “quasi tutte le possibilità dell’esistenza umana… Il suo temperamento passionale” ricorda Ratzinger “gli fece imboccare numerose strade”.

Ma di fronte a tutte le “avventure” che precedono il battesimo, Ratzinger non mette affatto la sordina, né le derubrica a errori su cui stendere un pietoso velo. Al contrario nella prefazione al libro di Vigini, per spiegare la grandezza dell’opera teologica di Agostino, l’attuale Papa scrive che “la sua teologia (di Agostino) non nacque a tavolino, ma venne sofferta e maturata nell’odissea della sua vita”.

Aggiunge perfino che “non sono le teorie bensì le persone quelle che rendono credibile un modo di vivere” e Agostino “è così umano, così credibile proprio perché la sua vita non ebbe un andamento lineare e le sue risposte non furono solo teorie”. Ma come possono il Papa e la Chiesa indicare come esempio un uomo che ha percorso tante vie di peccato? Quello che in realtà indicano come esempio è il suo desiderio inappagato di verità e felicità. Perché - spiega Ratzinger – Agostino fu sempre leale col suo cuore e non si accontentò mai di “felicità” fittizie, finché non gli si rivelò la vera Felicità (ed era Gesù Cristo stesso). “Solo questo egli non poté e non volle mai” scrive Ratzinger “accontentarsi di una normale esistenza piccolo-borghese. La ricerca della verità bruciava in lui con troppa passione perché egli potesse accontentarsi di spendere la vita in modo convenzionale”. In effetti Agostino riconosceva (anche per tutte le sue peripezie intellettuali oltreché esistenziali) cos’era la vita in se stessa: “tutto quello su cui posavo lo sguardo era morte… Ero infelice, in un profondissimo tedio della vita e la paura della morte… Io costituivo per me stesso un luogo desolato, dove non potevo stare e da cui non potevo fuggire. Non c’era sollievo né respiro in nessun luogo”.

Da questo “nulla” – come racconta nelle Confessioni – fu portato alla vita vera attraverso una serie di incontri decisivi a Milano con persone innamorate di Cristo: con Ambrogio, con Simpliciano e una quantità di giovani che – perfino in accordo con le ex fidanzate – decidevano di scegliere la castità e la vita in comunità come gli apostoli (era il primo monachesimo). E’ lì che Agostino sente l’attrattiva di Gesù più forte dei piaceri carnali “perché ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposi in te”. Così esplode in un nuovo sorprendente impeto di adesione: “mi avevi infatti così convertito a Te, che io non pensavo più a cercarmi una moglie”. Quindi “fummo battezzati” (lui, con il figlio e gli amici) “e si dileguò da noi l’inquietiudine della vita passata. Tu, che fai abitare in una casa i cuori umani, il Tuo perdono sprona il cuore a non assopirsi nella disperazione, a non dire ‘non posso’, a vegliare invece nell’amore, investito dalla Tua misericordia, forza di me debole”.

La figura di Agostino è straordinariamente moderna. Su di lui esce in media nel mondo un libro al giorno. La sua riscoperta nella Chiesa, grazie a Benedetto XVI, potrà avere effetti straordinari. In che direzione? Nella “Sacramentum caritatis” il Papa ha scritto: “Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio”.

E’ un cambiamento di mentalità che Ratzinger da tempo chiede ai cattolici e che potrebbe trasformare la percezione che i moderni hanno della Chiesa. Don Giacomo Tantardini, che all’Università di Padova da ben dieci anni tiene un ciclo di lezioni sulla figura e l’opera di Agostino, ha indicato quella frase del papa come decisiva: “il tempo della Chiesa è caratterizzato proprio da questa dinamica: l’incontro con un’attrattiva presente che corrisponde al desiderio dell’uomo”.

In particolare “sant’Agostino arriva a dire, seguendo san Paolo, che tutta la dottrina cristiana senza la delectatio e la dilectio, senza l’attrattiva amorosa della grazia, è lettera che uccide. Non è la cultura, neppure la dottrina cristiana, che può stabilire un rapporto con un uomo per il quale il cristianesimo è un passato che non lo riguarda. È qualcosa che viene prima della cultura. Questo qualcosa che viene prima sant’Agostino lo chiama delectatio e dilectio, cioè l’attrattiva amorosa della grazia… Questo diletto, questa felicità è il motivo e la ragione per cui si diventa e si rimane cristiani”.

Queste lezioni di Tantardini sono raccolte adesso in libro, “Il cuore e la grazia in S.Agostino” (Città nuova) che sarà presentato il 27 novembre prossimo a Padova dal patriarca di Venezia Angelo Scola, personalità molto rappresentativa della Chiesa di Benedetto XVI. Esse “costituiscono un ‘caso’ di grande interesse culturale” secondo l’agostiniano Nello Cipriani. “L’idea che si diventa e si rimane cristiani perché si prova un piacere nell’aderire a Gesù Cristo non è solo di Agostino ma anche di don Giussani, autore di un libro intitolato ‘L’attrattiva Gesù’. Io credo che don Giacomo Tantardini” scrive Cipriani “abbia colto la profonda consonanza esistente tra l’esperienza cristiana vissuta e proposta tanti secoli fa da sant’Agostino e quella proposta oggi da don Giussani”. Le sue pagine aiutano “gli ascoltatori e i lettori a scoprire o a riscoprire la bellezza e la gioia di un’autentica esperienza cristiana, che, al di là delle dottrine teologiche e dei riti religiosi, è soprattutto un incontro personale con Cristo, che, sempre vivo e presente, è capace ancora oggi di suscitare una profonda attrattiva nel cuore dell’uomo”.
E’ questo che Benedetto XVI annuncia a tutti.

Da “Libero”, 21 aprile 2007
emma3
00martedì 24 aprile 2007 00:17
Un vescovo antico come guida moderna

di gaspare barbiellini amidei

Ratzinger sulla tomba di Agostino a Pavia non ha soltanto reso un omaggio. Ha dato una chiave interpretativa al suo intero disegno strategico. Lo si vedrà meglio anche nell’enciclica assai agostiniana alla quale sta lavorando. Conversione: questa parola oggi quasi impronunciabile – c’è nell’Islam chi sgozza i convertiti e i loro maestri – governò la filosofia del trentenne venuto dalla Numidia e dopo quasi due millenni governa il pontificato dell’ottantenne venuto dalla Germania. C’è audacia intellettuale nel proporre ad un miliardo di uomini, anagraficamente cristiani, un vescovo antico come guida lungo una strada moderna di uscita dalla crisi.
La conversione indicata consiste nel condividere l’idea agostiniana di felicità raggiunta attraverso la convergenza fra fede e ragione. Il contrario di quello che oggi suggeriscono le mode e i media. Leader e non solo teologi, il santo al crepuscolo dell’impero romano, e il pontefice al probabile tramonto della civiltà occidentale si assomigliano nella radicale fiducia riposta nell’intelligenza degli uomini. Espungere Dio dal mondo è per l’uno e per l’altro un peccato contro l’intelletto.
Per superare lo scacco è necessario recuperare l’alleanza fra ragionare e pregare: questa è l’esortazione fatta da Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia. La si ritrova integrale nelle pagine di Agostino che hanno segnato medio evo e modernità e hanno accompagnato Lutero e Calvino, Riforma e Concilio. Le “Confessioni” sono libro di scrivania dei grandi laici, degli agnostici e degli atei che fino all’ingloriosa liquidazione delle ideologie non erano mai stati timorosi di incontrare un giorno Dio. Anzi, come Zaccheo, amavano arrampicarsi su un sicomoro per vedere se il Grande Emarginato passasse.
Il Papa usa strumenti agostiniani di analisi filosofica della storia per interpretare la situazione del nostro continente. Trasferisce a chi lo ascolta la convinzione che il progressivo allontanamento da ogni ipotesi metafisica stia condannando alla insignificanza le culture europee. In un suo saggio su “Il Regno – documenti” il cardinale Ratzinger nel 2005, poco prima dell’elezione, scriveva: “Kant aveva negato che Dio possa essere conoscibile nell’ambito della pura ragione, ma allo stesso tempo aveva rappresentato Dio, la libertà e l’immortalità come postulati della ragione pratica, senza la quale coerentemente per lui non era possibile alcun agire morale”.
E con la stessa logica stringente usata anche ieri, il futuro Pontefice si domandava: “La situazione del mondo odierno non ci fa forse pensare di nuovo che Kant possa avere ragione? Le filosofie contemporanee, che non riconoscono più per la mente alcun posto a Dio, lavorano nel senso opposto alla felicità. Singolare esperienza in una domenica qualunque di banalità televisive, assistere allo spettacolo di un anziano filosofo che con difficili parole affascina le folle, dicendo come si può essere felici e fedeli. E si fa capire. Felicità è parola universale.

Quotidiano nazionale 23 aprile 2007
Sihaya.b16247
00martedì 24 aprile 2007 10:50
Re: Da Petrus

Scritto da: LadyRatzinger 22/04/2007 14.27
I bambini di Vigevano scrivono al “Signor Papa”. “Pace nel mondo”

VIGEVANO - "Sig. Papa, vorrei la pace nel mondo, basta guerre, e un aiuto alle persone povere", scrive Federica, una bambina di Vigevano. Nella cittadina il Papa è arrivato oggi per una visita-lampo di tre ore. E le scuole cittadine, in vista del suo arrivo, hanno raccolto "pensieri sparsi" tra i bambini e i ragazzi locali. Non manca chi sottolinea con una punta di rammarico la breve durata della visita papale dopo che già Giovanni Paolo II visitò tutte le altre diocesi della Lombardia tranne quella di Vigevano. "Buongiorno signor Papa, dà a tutti noi la sua benedizione e anche la comunione?", scrive Chantal. E aggiunge: "Però, per favore, resteresti a Vigevano ancora un po'?". La pace, la guerra e la visita del Papa sono un argomento ricorrente dei messaggi pubblicati sul sito della diocesi di Vigevano. "La pace nel mondo. Ma se non riesci, è già abbastanza che vieni qua", chiede, pragmaticamente, Omar. "Caro Papa, ti vorrei chieder se puoi venire più volte qui a Vigevano!", rincara Davide. E Chiara: "Caro Papa Benedetto XVI, vorrei chiederle solo 1 cosa, però molto importante: di avere la pace in tutto il mondo, perché la guerra è bruttissima. Grazie!". Più spontaneo Juergen, un bimbo che forse viene dalla Germania come Ratzinger: "Papa, ti voglio tanto bene!". Non mancano riflessioni più articolate e curiosità perspicaci. "Caro Papa, scusi per il disturbo. Volevo farle una domanda: è impegnativo il lavoro di Papa? Lei si fida dei suoi cardinali?", domanda Emanuele. Alberto: "Santità, ti prego di fare una benedizione speciale a mio padre perche' si e' sposato due volte, dagli il tuo perdono". E infine Giovanni: "Caro Papa, lei ci va di sicuro in Paradiso, vero?". Infine, più politici, le classi del triennio del Leonardo da Vinci: "Vorremmo chiedere a Benedetto XVI, cioè se non è possibile svecchiare la Chiesa donandole una immagine meno opulenta. Capiamo che tutto il fasto serve ad onorare Gesù donando alla sua immagine quella ricchezza che che non ha potuto avere durante la sua vita - scrivono i ragazzi di Vigevano - ma le emozioni che ci ha suscitato la vista dei filmati di Korogocho di Padre Alex Zanotelli, di quelle migliaia e migliaia di persone 'sardinizzate' nelle loro baracche ci ha fatto vergognare di tutto quello che abbiamo".



I bambini, come al solito, sono infinitamente più intelligenti degli adulti e capiscono sicuramente di più e meglio, soprattutto rispetto ai certi "giornalisti"... [SM=g27818]
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