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Campionato di Calcio Serie A 2020 - 2021. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2021 00:19
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Quagliarella entra, segna e decide:
ora Prandelli è davvero nei guai



Nel primo tempo le reti di Keita e di Vlahovic, nella ripresa Ranieri inserisce Quagliarella che firma il vantaggio e decide il match.
La Samp sale a quota 30, la Viola incappa nel secondo k.o. di fila


Filippo Grimaldi

La Samp riprende la sua corsa: due a uno a una Fiorentina rimasta bene in partita nella fase centrale della gara, ma poi incapace di riacciuffare il pari la seconda volta, dopo il gol decisivo di Quagliarella nella ripresa, nonostante un finale tutto all'attacco degli uomini di Prandelli. La Viola si ferma così ancora dopo il k.o. in casa con l'Inter, e adesso la classifica per Prandelli si fa complicata. Va meglio invece per Ranieri, che da tempo chiedeva ai suoi cosa avrebbero voluto fare da grandi, provando ad andare oltre l'obiettivo-salvezza. Una domanda che ha trovato finalmente risposta: ci sono gli uomini e le motivazioni per puntare più in alto.

BOTTA E RISPOSTA — Ancora una volta Ranieri rivoluziona la Samp a centrocampo e in attacco, con Damsgaard promosso titolare (Candreva in panchina), Thorsby e Silva centrali e Ramirez alle spalle di Keita. Un 4-4-1-1 da opporre alla squadra di Prandelli (senza Ribery, che venerdì ha accusato il riacutizzarsi di un vecchio problema fisico), che s'è affidato invece a Pulgar in mezzo, con la coppia Kouame Vlahovic in attacco. Primo tempo inizialmente molto bloccato, perché fra i blucerchiati Ramirez sarebbe l'uomo scelto da Ranieri per creare la superiorità numerica in attacco, ma l'uruguaiano fatica ad aprirsi la strada sulla pressione di una mediana ospite molto folta. A sua volta la Fiorentina è in difficoltà perché in mezzo Thorsby fa un efficace blocco su Castrovilli e il gioco ne risente, nonostante buoni fraseggi che però non portano mai l'uomo davanti ad Audero. Così, dopo il primo tiro della gara di Damsgaard parato agevolmente da Dragowski (11'), l'uomo più propositivo sin a metà gara della squadra di Ranieri, la gara fatica ad accendersi. Alla mezz'ora, però, dopo una provvidenziale chiusura di Thorsby su Castrovilli al limite dell'area, sugli sviluppi di un angolo battuto da Ramirez, Keita è abile a infilarsi sul primo palo fra Vlahovic e il portiere viola. Non c'è fallo e Samp avanti per uno a zero. La reazione è tuttavia immediata da parte della Fiorentina: al 35' tiro di Vlahovic centrale, due minuti dopo lo stesso attaccante riporta la gara in parità. Punizione dal limite di Pulgar, respinta capolavoro di Audero, che sulla ribattuta si oppone pure al successivo tap-in di Vlahovic, quando però la palla ha già superato interamente la linea di porta. Per il giocatore viola è il quarto centro contro la Samp. Gara così più vivace prima dell'intervallo, con Thorsby pericoloso ancora di testa su cross di Augello (43').

ILLUSIONE VIOLA — La ripresa mostra una Fiorentina trasformata, più propositiva e pericolosa del primo tempo. Milenkovic (8') colpisce di testa e Audero devia sul palo, ma la successiva conclusione di Pezzella è in fuorigioco. Un minuto dopo Bonaventura sfiora il due a uno, ma i viola approfittano anche degli spazi maggiori a disposizione di Castrovilli. Ranieri (20') capisce che serve dare una scossa: dentro Candreva per Damsgaard e Quagliarella per Jankto, per dare più vivacità all'attacco. La mossa funziona, con una Samp che alza Augello a sinistra e piazza Ramirez dietro la coppia Keita-Quagliarella. Al 27' un'azione Thorsby-Quagliarella-Candreva porta l'esterno a un cross rasoterra al limite dell'area che il capitano sampdoriano trasforma in gol. Il diagonale rasoterra alla destra di Dragowski beffa il portiere viola, tradito anche da una deviazione involontaria di Pezzella: Quagliarella diventa così il secondo bomber sampdoriano più prolifico di sempre in A, a quota 92, alla pari con Bassetto. Poi, dopo un sospetto fallo in area ospite su Ramirez di Quarta (28') con vivaci proteste blucerchiate, inizia l'assedio finale della Fiorentina, che però non dà effetto. Con i viola sbilanciati in avanti, in pieno recupero Quarta sventa il contropiede sampdoriano e all'ultimo secondo Milenkovic di testa (50') manda a lato di un soffio su cross di Biraghi.

Fonte:Gazzetta dello Sport
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Berardi e Caputo risollevano il Sassuolo.
Crotone, l'incubo continua



I neroverdi tornano alla vittoria dopo un digiuno di 5 gare.
La sblocca il numero 25, ma Ounas pareggia con un gran gol.
Decisivo il rigore trasformato dalla punta


Maurizio Nicita

Il ragazzo di Calabria torna nella sua terra e torna a essere decisivo. Un gol di Berardi e un rigore di Caputo fanno ritrovare il successo al Sassuolo di De Zerbi dopo 5 turni di astinenza. Vittoria meritata, perché il Crotone è volenteroso ma poco lucido. E non gli basta un Ounas in gran spolvero per far risultato. La situazione dei calabresi in fondo alla classifica si complica e la posizione di Stroppa è in discussione. Fra i possibili sostituti si parla anche di Daniele De Rossi.

BOTTA E RISPOSTA — Stroppa tiene fede al suo 3-5-2 e a centrocampo preferisce Pereira a destra e Petriccione centrale. Il classico 4-2-3-1 di De Zerbi ha un’opzione interessante con la scelta del francesino Lopez sottopunta, che porta il primo pressing dando una grossa mano al centrocampo. Al primo affondo passa il Sassuolo, che ritrova la sua classica manovra con riferimento su Berardi. L’esterno calabrese fa il suo tipico movimento a rientrare dalla sinistra e né Reca, né Luperto gli vanno incontro e il suo sinistro incrociato sul primo palo trova un po’ impreparato anche Cordaz. Il Sassuolo tiene il pallino del gioco, ma alla prima ripartenza si fa trovare scoperto. È Reca a recuperare il pallone davanti alla propria area e lanciare lungo su Ounas, l’algerino va a nozze nell’uno contro uno con Peluso, che cerca di reggerlo sulla corsa ma poi sulla doppia finta finisce per terra e il diagonale di destro battezza il primo gol calabrese per questo ragazzo di scuola francese di proprietà del Napoli. Il motivo della partita resta tale, col Sassuolo che macina gioco e si rende pericoloso solo su un tiro rimpallato di Berardi sul quale Djuricic colpisce di testa sfiorando il palo, a Cordaz battuto. Ma è Ounas a dare spettacolo nelle ripartenze. Su una sua imbucata per Pereira, Consigli si salva in uscita. E sull’angolo successivo ancora una palla tagliata di Ounas mette in crisi la difesa emiliana: con Rogerio che rischia l’autogol e Di Carmine che corregge in rete. Ma il Var Di Bello richiama correttamente l’arbitro Pezzuto che annulla perché Djidji saltando compie fallo su Consigli proteso in uscita.

CAPUTO DAL DISCHETTO — A inizio ripresa l’episodio che fa saltare gli equilibri. Su un cross dalla destra di Magnanelli, Locatelli in area cerca il controllo - spalle alla porta - Golemic involontariamente ma in maniera eclatante scalcia un piede del mediano azzurro: rigore netto, che Caputo realizza con un tiro secco e centrale sotto la traversa. Il Sassuolo è in controllo e Stroppa prova a rendere più offensiva la sua squadra inserendo Simy e Riviere di punta con Ounas trequartista. Ma la squadra si spezza e la maggior compattezza degli ospiti crea più situazioni per il 3-1 fallito da Berardi e annullato da Pezzuto per una spinta di Muldur su Luperto. Il Crotone non riesce più a farsi vedere dalle parti di Consigli e finisce senza nemmeno un rimpianto, a parte un errore sotto porta di Pereira.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lukaku abbatte la Lazio: l'Inter sorpassa il Milan ed è sola in vetta



Doppietta del belga che poi manda in gol Lautaro.
Conte a 50 punti, Pioli a -1: sarà super derby


Francesco Fontana

Sorpasso compiuto nel segno del solito, determinante gigante: l’Inter approfitta del k.o. del Milan a La Spezia e mette la freccia in classifica grazie a Lukaku, man of the match con il rigore realizzato al 22’ e il destro al 46’ che decide i conti contro la Lazio.

È una vittoria pesantissima per Conte che sale così a 50 punti, a +1 su Pioli (è già da brividi il face to face di domenica prossima). Inzaghi, invece, si ferma dopo sei successi consecutivi in Serie A non approfittando della sconfitta della Juventus al Maradona e rimane così a quota 40 (come Napoli e Atalanta), a due lunghezze proprio dai bianconeri.

IN CAMPO I TRE DIFFIDATI — Conte non pensa al Milan e lancia dal 1’ Bastoni, Barella e Brozovic (tutti diffidati), i due ballottaggi vengono vinti da Eriksen e Perisic con Gagliardini e Young che vanno in panchina (Vidal out per infortunio). Per il resto nessuna sorpresa con Handanovic - alla presenza numero 500 in Serie A - in porta, difesa e centrocampo completati da Skriniar, De Vrij e Hakimi. In attacco, accanto a Lukaku, c’è Lautaro e non Sanchez. In casa Lazio spazio per Patric, Acerbi e Hoedt davanti a Reina. In mediana ci sono Lazzari, Milinkovic, Leiva, Luis Alberto e Marusic con Immobile-Correa coppia offensiva. Arbitra Fabbri di Ravenna.

GIALLO HOEDT, ROM-GOL — Si parte sotto lo sguardo del c.t. azzurro Mancini, presente in tribuna al Meazza. Nei primi 10’ è la Lazio che cerca di fare la partita, senza però creare brividi ad Handanovic (per lo sloveno giusto un’uscita in tackle su Immobile al 13’). Ne prova qualcuno Reina al 12’, quando Lautaro raccoglie lo stop-assist di Perisic e con il destro va vicino al gol: palla fuori alla sinistra del portiere spagnolo. Al 20’ la prima svolta della sfida: Lukaku lancia il Toro verso la porta biancoceleste, Hoedt è in ritardo e in scivolata, cercando il recupero della vita, stende l’argentino. Per Fabbri non ci sono dubbi (rigore e ammonizione) e dopo 2’ - tra proteste e Var - Romelu spiazza Reina: 1-0 e Inter avanti. Il bomber viene ammonito poco dopo per un braccio troppo largo, nel tentativo di difendere palla da Leiva. I minuti passano, la Lazio fatica a sfondare e solo Immobile scalda i guantoni di Handanovic (tiro dal limite al 37’ bloccato dal capitano nerazzurro). Il match sembra indirizzato e l’Inter raddoppia al 46’: Brozovic in spaccata fa carambolare la palla sulla gamba di Lazzari, Romelu è un killer e, senza pensarci un secondo, con il destro segna la rete numero 300 tra club e nazionale maggiore (non c’è offside, Patric lo tiene in gioco). Il primo tempo, in sostanza, si chiude qui (3’ di recupero). Si va negli spogliatori, tè caldo per tutti.


MILINKOVIC, MA C’È IL TORO — Conte conferma l’undici di partenza, nell’intervallo Inzaghi ne cambia due: dentro Parolo ed Escalante, fuori l’ammonito Hoedt e Leiva. Il primo squillo della ripresa è biancoceleste: botta di Marusic al 54’, palla alta. Anche Acerbi, poco dopo, crea pericoli ma il copione è lo stesso: destro sopra la traversa da ottima posizione. La partita è bellissima, il ritmo è alto e i contropiedi iniziano a pesare: Lukaku corre palla al piede verso Reina e serve Hakimi dall’altra parte, ma la conclusione del marocchino viene annullata da una grandissima chiusura di Parolo (alla Nesta). Applausi. Altro cambio-campo, lo stesso Hakimi - poi ammonito - stende Lazzari quasi al limite e per Milinkovic la punizione è di quelle belle: rincorsa del centrocampista, è di Escalante la deviazione che beffa e spiazza Handanovic (la Lega Serie A ha poi assegnato la rete al serbo). Si riapre la gara al 61’, ma per i biancocelesti è solo un’illusione perché è sempre Lukaku l’uomo in grado di cambiare la partita. Passano 3’ e Brozovic lancia il belga, strepitoso nel portare a spasso Parolo per poi servire Lautaro, che non può sbagliare da due passi a porta vuota: 3-1 e l’Inter vede i tre punti che, alla fine, conquista meritamente. Il tris del Toro è una mazzata, la Lazio non punge nei restanti 26’ e Conte può esultare. Ora Milano aspetta il derby di domenica prossima, Inzaghi spera che la Sampdoria possa restituire vittoria e sorriso in vista della super sfida di Champions League del 23 febbraio, in casa contro il super Bayern Monaco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Dimarco è un treno, Barak una sentenza:
rimonta Verona, Parma sempre più giù

Emiliani avanti col rigore di Kucka dopo 8', ma una conclusione (deviata da Grassi) dell'esterno,
migliore in campo, e l'ex Udinese (gol numero 1000 in serie A per il Verona) ribaltano la partita




Non smette di stupire il Verona di Ivan Juric, più che mai candidato alla Panchina d'oro. I veneti, privi di due giocatori fondamentali come Faraoni e Zaccagni, battono 2-1 in rimonta un Parma sempre più nei guai. Agli emiliani non è bastata una grande partenza, premiata dal gol su rigore di Kucka. Il Verona ha ristabilito subito la parità con una conclusione di un devastante Dimarco deviata in maniera decisiva da Grassi nella propria porta, poi nella ripresa ha deciso il colpo di testa di Barak su corner, indovinate un po', di Dimarco. Giocata da tre punti e a suo modo storica: è il gol numero 1000 segnato dall'Hellas in serie A.

LA PARTITA — "Abbiamo perso un po' del nostro Dna" aveva detto D'Aversa, richiamato per cercare l'impresa-salvezza dopo la negativa gestione Liverani, nel prepartita. E la squadra è parsa viva sul piano mentale, anche se poco incline alla reazione. La maggior tranquillità e qualità del Verona, una delle migliori squadre della serie A come organizzazione difensiva, sono emerse alla distanza: il Parma non ha più disturbato Silvestri se non con qualche mischia nel finale, mentre Sepe è stato più volte decisivo. Lasagna è stato prezioso per i compagni, Barak ha colpito per la quinta volta in campionato, raggiungendo l'altro trequartista Zaccagni come miglior marcatore della squadra. Bene anche Bessa, entrato subito in partita al posto dell'infortunato Colley. Il Parma ha anche confermato una preoccupante sterilità offensiva: solo generoso Cornelius, in fase calante Gervinho, acerbo Zirkzee. Vero che la salvezza dista solo quattro punti, ma quella di D'Aversa sembra tutto tranne che una squadra in salute.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 22ª Giornata (3ª di Ritorno)

12/02/2021
Bologna - Benevento 1-1
13/02/2021
Torino - Genoa 0-0
Napoli - Juventus 1-0
Spezia - Milan 2-0
14/02/2021
Roma - Udinese 3-0
Cagliari - Atalanta 0-1
Sampdoria - Fiorentina 2-1
Crotone - Sassuolo 1-2
Inter - Lazio 3-1
15/02/2021
Verona - Parma 2-1

Classifica
1) Inter punti 50;
2) Milan punti 43;
3) Roma punti 43;
4) Juventus(**) punti 42;
5) Napoli(**), Atalanta e Lazio punti 40;
8) Sassuolo punti 34;
9) Verona punti 33;
10) Sampdoria punti 30;
11) Genoa punti 25;
12) Bologna, Spezia, Udinese e Benevento punti 24;
16) Fiorentina punti 22;
17) Torino punti 17;
18) Cagliari punti 15;
19) Parma punti 13;
20) Crotone punti 12.

(gazzetta.it)

(**) Juventus-Napoli da rigiocare dopo il ribaltamento al terzo grado di giustizia sportiva (CONI)
e punto di penalizzazione di conseguenza restituito al Napoli.
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Vlahovic, Castrovilli ed Eysseric: la Fiorentina smonta lo Spezia



Dopo un primo tempo anonimo, la Viola schiaccia la squadra di Italiano con tre gol


Giovanni Sardelli

Boccata d'ossigeno niente male per la Fiorentina che soffre nel primo tempo, domina nel secondo e batte lo Spezia grazie ai propri due migliori talenti. Vlahovic, al nono centro in questo campionato, e Castrovilli. Con il contributo prezioso di un insospettabile, Eysseric. La squadra di Italiano gioca un gran primo tempo, ma allo Spezia è mancato tremendamente un terminale offensivo in grado di trasformare in oro davanti alla porta le trame di gioco. La Fiorentina, pur senza Ribery, nella ripresa dopo aver immediatamente trovato il vantaggio si è divertita a fare a fette la difesa avversaria. Meritando la vittoria.

MEGLIO LO SPEZIA — Chi pensava a uno Spezia inizialmente appagato dopo la vittoria col Milan sbagliava previsione. La squadra di Italiano gioca con concentrazione e qualità appoggiandosi su Agudelo per poi aprire sugli esterni. Trame sicure e gioco piacevole, con la Fiorentina in grande difficoltà a trovare le misure. Dopo pochi minuti grande spavento per Marchizza dopo un contrasto aereo con Kouame. Il difensore ha perso conoscenza per qualche istante. Tornato vigile è stato trasportato in ospedale a scopo precauzionale. Per vedere il primo tiro viola si deve attendere il minuto 26, con il sinistro di Biraghi respinto. Lo Spezia con sicurezza arriva bene negli ultimi venti metri, salvo poi perdersi dove conta di più e non riuscire a impensierire Dragowski. Anche Prandelli è costretto ad un cambio nel primo tempo con un problema dietro al polpaccio sinistro per Bonaventura. Dentro Castrovilli, rivelatosi poi decisivo.

SUPER VIOLA — Nella ripresa la Fiorentina passa subito. Castrovilli effettua il cross con il pallone nei pressi della linea, Vlahovic deposita in rete. L'assistente di Calvarese segnala che il pallone è uscito, il Var lo corregge e il gol viene convalidato. Ottavo centro nelle ultime dodici partite, nono di questo campionato. Prandelli sostituisce Amrabat (già ammonito) con Borja Valero, con il marocchino che non la prende benissimo. Due minuti e la Fiorentina sfiora il raddoppio con Eysseric lanciato da Vlahovic, bravo Provedel in uscita. Italiano risponde con Verde, Leo Sena e Galabinov per Agudelo, Maggiore e Saponara. Ma la Viola segna ancora: tiro respinto di Eysseric, Castrovilli è il primo ad arrivare e di sinistro mette dentro il raddoppio. Al 75' ancora Vlahovic chiama al miracolo Provedel dopo un servizio del solito Castrovilli. Lo Spezia crolla, un errore difensivo clamoroso libera Vlahovic che davanti al portiere consegna ad Eysseric la gioia del pallone del 3-0. Vince la Fiorentina e sgasa in classifica, considerando che con questi tre punti i viola superano proprio lo Spezia oltre a Udinese, Benevento e Bologna raggiungendo il Genoa.

SUPER VIOLA — Nella ripresa la Fiorentina passa subito. Castrovilli effettua il cross con il pallone nei pressi della linea, Vlahovic deposita in rete. L'assistente di Calvarese segnala che il pallone è uscito, il Var lo corregge e il gol viene convalidato. Ottavo centro nelle ultime dodici partite, nono di questo campionato. Prandelli sostituisce Amrabat (già ammonito) con Borja Valero, con il marocchino che non la prende benissimo. Due minuti e la Fiorentina sfiora il raddoppio con Eysseric lanciato da Vlahovic, bravo Provedel in uscita. Italiano risponde con Verde, Leo Sena e Galabinov per Agudelo, Maggiore e Saponara. Ma la Viola segna ancora: tiro respinto di Eysseric, Castrovilli è il primo ad arrivare e di sinistro mette dentro il raddoppio. Al 75' ancora Vlahovic chiama al miracolo Provedel dopo un servizio del solito Castrovilli. Lo Spezia crolla, un errore difensivo clamoroso libera Vlahovic che davanti al portiere consegna ad Eysseric la gioia del pallone del 3-0. Vince la Fiorentina e sgasa in classifica, considerando che con questi tre punti i viola superano proprio lo Spezia oltre a Udinese, Benevento e Bologna raggiungendo il Genoa.

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Il Cagliari non punge, Bremer sì:
colpaccio Toro, Di Francesco traballa

Un colpo di testa del difensore al 76’ decide una partita molto intensa e poco spettacolare.
Granata in controllo, sardi generosi ma poco pericolosi


Nicola Cecere


Un colpo di testa di Bremer a 14’ dal novantesimo rilancia il Toro e affossa il Cagliari: la panchina di Di Francesco ora è a forte rischio. Il colpaccio granata viene legittimato dalla paratissima di Cragno su Belotti a 6’ dalla fine laddove i sardi non riescono a impensierire Sirigu nonostante l’ingresso dei carrarmati Cerri e Pavoletti per un 4–2-3-1 che diventa spesso un 4-2-4. Anzi è sempre Cragno in chiusura a impedire a Rincon il 2-0. Punizione che sarebbe stata decisamente eccessiva. E’ stata un battaglia, e il Toro ha saputo condurla con grande temperamento. I giocatori di casa sono usciti dal campo avviliti, la botta è stata in effetti tremenda. Ma c’è poco da recriminare, Sirigu ha dovuto neutralizzare soltanto una girata di testa di Joao Pedro al 13’ s.t., per cui al di là di una insistita offensiva, peraltro rintuzzata colpo su colpo, la squadra di casa non è riuscita ad andare. Questo anche perché la prestazione della difesa granata è stata encomiabile. Bremer su tutti, ma pure Nkoulou e Izzo non hanno fatto passare nemmeno i sospiri degli avversari. Davide Nicola può quindi essere orgoglioso del carattere che ha saputo trasmettere ai suoi: primo successo della nuova gestione dopo quattro pareggi.

IN BILICO — Per Di Francesco si fa durissima. Le prime voci del dopo partita, tutte da confermare, parlano di una notte di confronto e riflessioni tra il tecnico e la società. Il presidente Giulini deve decidere se cambiare guida o confermare la fiducia all’attuale tecnico. E vista la parabola declinante del Cagliari si tratta di una decisione molto difficile.

LA PARTITA — Cagliari-Torino si accende dopo 30’ di sterile battaglia a centrocampo, con gli attaccanti di entrambe le formazioni costretti spalle alla porta e quindi con i difensori in costante vantaggio nella lettura delle traiettorie di passaggi peraltro poco precisi. E’ il Cagliari a imprimere una sterzata quando i suoi centrocampisti, Nainggolan in testa, riescono a controllare meglio il pallone in modo da farlo viaggiare rasoterra. Due aperture consecutive per lo sgusciante Simeone vengono disinnescate in extremis da Nkoulou e Bremer (31’). Ma i sardi insistono con l’altro motorino, Marin, che va al tiro: alto. Il Toro replica con Mandragora da posizione defilata (esterno rete) e Joao Pedro svirgola la girata al volo in mezzo all’area, finché al 44’ l’esterno Lykogiannis mette dalla fascia un tiro-cross sul quale Sirigu deve esibirsi in tuffo per respingere. Di Francesco ha organizzato la sua squadra in maniera di difendere con cinque uomini e, grazie al movimento continuo sulle fasce di Lykogiannis e Zappa, attaccare con quattro centrocampisti più Nainggolan in posizione di trequartista. Di conseguenza Joao Pedro agisce da punta pura, mentre Simeone tende ad allargarsi a destra in maniera da offrire al Ninja l’opzione della percussione centrale. Mandragora, che ha un passo diverso, accusa due o tre volte il dinamismo dell’avversario, che alla vigilia veniva dato in dubbio causa sofferenza muscolare. Alla distanza, infatti, Nainggolan si spegne. E dinanzi a un avversaro diventato via via meno concreto, il Toro rimette la testa fuor dal guscio, guadagna campo, costringe i difensori avversari a respinte sempre più approssimative. Finché dal primo calcio d’angolo granata, Mandragora trova la parabola giusta per esaltare le doti in elevazione di Bremer, che si avvita anticipando Godin e gira imparabilmente nell’angolino. Il gol ha l’effetto di un tiro da tre punti del basket sulla sirena: il Toro può rifiatare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Gioiello di Luis Alberto: la Lazio adesso è terza



Basta un grande gol dello spagnolo per sconfiggere la squadra di Ranieri.
È terzo posto momentaneo, agganciata la Roma


Nicola Berardino

La Lazio si rimette in corsa dopo lo stop con l'Inter e contro la Sampdoria intasca i tre punti per rinfrescare i progetti d'alta classifica e per ricaricarsi verso l'andata degli ottavi di Champions di martedì col Bayern. Decide un gol d’autore di Luis Alberto al 24' del primo tempo. Poi la formazione di Inzaghi sciupa molto e deve soffrire parecchio fino all’ultimo per incassare la vittoria anche perché la Sampdoria crede sino alla fine nella possibilità di rientrare in partita.

AVANTI COL MAGO — Oltre agli infortunati Luiz Felipe e Radu (operato giovedì per un'ernia), Inzaghi deve fare a meno degli squalificati Hoedt e Lazzari. In difesa, entra sulla sinistra Musacchio, così Acerbi può riprendere il suo ruolo di centrale. Novità pure sugli esterni: Marusic si sposta sulla destra e sull’altra corsia torna titolare capitan Lulic dopo 381 giorni e tre operazioni alla caviglia. Rispetto alla vittoria con la Fiorentina, Ranieri ritocca modulo e formazione. Spazio al 3-4-1-2. In difesa Ferrari viene preferito a Bereszynski. A metà campo si rivedono dal via l’ex Candreva ed Ekdal (Thorsby non recupera). In avanti, c'è Quagliarella al fianco di Keita, l'altro ex biancoceleste. Avvio arrembante della Lazio, ma la Sampdoria è molto compatta in copertura. Si gioca a tutto campo, a buon ritmo. Al 23' Audero devia in angolo una conclusione di Luis Alberto dopo una combinazione con Correa. Un minuto dopo il portiere della Sampdoria non ha scampo su un'azione in velocità della Lazio finalizzata ancora dal Mago spagnolo su prezioso assist di Milinkovic. Settimo gol in campionato per Luis Alberto, che poco dopo cerca ancora il gol con un pallonetto sventato all’ultimo da Audero. La Lazio non rallenta. Immobile da posizione favorevole in girata calcia alto. Keita impegna di testa Reina, ma l'azione viene invalidata per un fallo precedente del senegalese su Marusic. Al 32' Audero si oppone a Immobile e Yoshida fa muro su Correa. Ci prova pure Marusic, altra parata del numero uno doriano. Cincischia Acerbi, brividi della Lazio, tuttavia Quagliarella non inquadra la porta. Deviata sopra la traversa dalla barriera una punizione liftata di Milinkovic. Le ripartenze della Samp si sviluppano soprattutto con i guizzi di Candreva sulla destra. Finale di tempo con la squadra di Ranieri all'attacco però i biancocelesti presidiano bene l'area.

PORTE BLINDATE — Dopo l'intervallo, Ranieri sostituisce Ramirez e Yoshida con Jankto e Bereszynski, ripristinando il 4-4-2. Lazio abile e decisa in fase di impostazione, ma frenetica all'ultimo tocco. Al 9' va a lato un colpo di testa di Quagliarella, innescato da Augello. Inzaghi avvia i cambi: Fares e Akpa Akpro per Lulic e Correa. Così Luis Alberto avanza nella trequarti. Rischia la Lazio: devia Reina in uscita, ma Jankto non centra la porta. Al 18' escono Luis Alberto e Leiva per far posto a Escalante e Muriqi. Turnover anche verso la gara col Bayern. Preme la Lazio a caccia del raddoppio: su traversone di Marusic, Muriqi manca l'aggancio, sciupando da buonissima posizione. Al 22' Keita viene rilevato da Damsgaard per rimpolpare la trequarti. Si sgancia la Samp, la Lazio si copre per recuperare energie. I biancocelesti puntano sulle ripartenze per rafforzare il vantaggio. Al 36' Ranieri si gioca la carta Torregrossa (out Candreva) per potenziare la prima linea. Insiste la Samp, Lazio affaticata. Al 41' Caicedo rileva Immobile. Biancocelesti in trincea a difendere il gol di Luis Alberto. Proteste doriane per un mani di Milinkovic. Finale ad alta tensione. Quattro minuti di recupero che poi diventano cinque. Milinkovc sbuca in area, preferisce servire Muriqi che però viene anticipato da Colley. Ultimo assalto con una punizione di Quagliarella ribattuta dalla barriera. E Inzaghi può festeggiare la centesima vittoria in A sulla panchina della Lazio aspettando la supersfida dell’Olimpico col Bayern.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Genoa non muore mai: in dieci contro il Verona fa 2-2 al 94'!



Non basta ai veneti andare due volte in vantaggio: nel recupero il gol del definitivo pari è di Badelj.
Liguri con un uomo in meno dal 77' per l'infortunio di Pellegrini


Filippo Grimaldi

Juric, che beffa. Il Genoa agguanta un clamoroso pareggio contro il Verona (2-2 il finale) al 49’ della ripresa con Badelj, dopo una gara complicata e conclusa dai rossoblù con gli ultimi diciannove minuti in inferiorità numerica per l’infortunio di Pellegrini, che ha lasciato i compagni in inferiorità numerica nel complicato finale. La squadra di Ballardini centra il settimo risultato utile consecutivo e arriva a diciannove punti raccolti nelle prime dieci partite della gestione-Ballardini. Il sorprendente Verona dell’ex tecnico rossoblù interrompe la serie di tre k.o. esterni di fila e rinforza la sua classifica, anche se è colpevole di non avere sfruttato il maggior numero di occasioni create. Rossoblù a lungo sottotono nel primo tempo, meno efficaci delle ultime uscite e in difficoltà sino a quando i gialloblù sono riusciti a mantenere un pressing altissimo e il dominio sulle fasce.

DUE VELOCITÀ — Ballardini recupera Criscito in difesa e Badelj in regia, con Pjaca a far coppia in attacco con Destro. Juric, con Faraoni al rientro, conferma il consueto 3-4-2-1. Ritmi molto alti in avvio, Verona aggressivo sugli esterni (dove i padroni di casa faticano, specialmente sulla corsia di Czyborra), Genoa meno coraggioso del solito. Perché il Verona è rapido, ma sempre preciso nei passaggi, mentre la squadra di Ballardini si affida a lanci lunghi saltando la mediana, senza però mai sfruttare le seconde palle. Gara molto tattica, che viene sbloccata dagli ospiti al 17’: un errore di Czyborra su Barak permette al ceco di servire Ilic, bravissimo a battere a rete di sinistro. Un gol che dà ulteriore fiducia agli ospiti, colpevoli però di mancare un raddoppio già fatto (erroraccio di Lasagna) su un pallone messo in profondità da Gunter. L’attaccante calcia incredibilmente a lato sull’uscita di Perin a porta vuota. Ma il Genoa fatica, è ingolfato in attacco, perdendo così velocità e imprevedibilità. Pjaca (26’) spreca un diagonale colpendo fuori misura e dopo qualche scintilla Zaccagni-Radovanovic in seguito a un duro intervento di Lasagna su Criscito, la squadra di Ballardini alza il baricentro e riprende a spingere. Il Verona, pressato, si abbassa e prima dell’intervallo i rossoblù vanno vicini al pari con Zajc servito da Pjaca (47’).

SI CAMBIA — Ballardini nell’intervallo cambia il Genoa, passando al 4-3-1-2, con Pjaca alle spalle della coppia Destro-Shomurodov (fuori Zajc): proprio l’uzbeko (3’) firma il pari sfruttando un pallone perso da Cetin (subentrato a Lovato). Il pari rossoblù riaccende gli ospiti, vicinissimi due volte al raddoppio in appena trenta secondi, prima con il palo di Lasagna (7’) e subito dopo con il solito Barak, fuori di un soffio. Il Genoa soffre in mezzo e allora Ballardini rinuncia a Pjaca. Dentro Rovella, che gli dovrebbe garantire più velocità. Ma nulla possono gli uomini di Ballardini contro un Verona di nuovo prepotentemente padrone della mediana e in grado di produrre una spinta costante sul piano offensivo: così, al 16’, i gialloblù tornano avanti con Faraoni, freddo nell’esecuzione sfruttando la posizione di Perin fuori dai pali dopo un’uscita.

GRIFONE IN DIECI — Il numero uno genoano evita il terzo gol chiudendo su Zaccagni (18’), e con una squadra in evidente difficoltà Ballardini passa al 3-4-1-2, inserendo Scamacca e Pandev per Destro e Strootman. Ma Barak è inesauribile e Lasagna sempre pronto a colpire: i rossoblù tentano di arrivare al pari, ma rimasti in dieci pare un’impresa impossibile. Ballardini non s’arrende: passa al 4-3-2, e proprio all’ultimo assalto Tameze rinvia male e Badelj da fuori area beffa Silvestri e fa esplodere la panchina genoana.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Sassuolo non abbatte il muro: il Bologna in 10 strappa il pareggio

Segna Soriano, poi rosso a Hickey con la Var e si gioca a una sola porta.
Caputo trova il gol, ma punto prezioso per la squadra di Mihajlovic


Andrea Tosi


Il derby d’Emilia fra club gemelli ma diversi per strategie societarie e risultati sportivi produce un pareggio che premia la resistenza del Bologna, costretto un’ora in inferiorità numerica, e brucia la foga del Sassuolo, incapace di tradurre in più di un gol la pressione della ripresa.

LA PARTITA — Il Sassuolo vuole proseguire nella rincorsa alla zona delle coppe, il Bologna cerca uno squillo per dissolvere i veleni di una settimana agitata che solo l’incontro tra Mihajlovic e i tifosi ha stemperato a più miti consigli. Il tecnico serbo fa tre cambi e cioè riporta il giovane Hickey sulla fascia sinistra (Dijks ai box per un risentimento muscolare), inaugura la coppia mediana Svanberg-Dominguez per la prima volta insieme dal primo minuto, loro che abitualmente si scambiano il posto di partner di Schouten in mediana. Invece stavolta è l’olandese a slittare in panchina e infine restituisce a Orsolini il suo ruolo di esterno destro d’attacco. E’ Caputo con un diagonale insidioso ma largo sul fondo ad aprire le ostilità ma è il Bologna a passare con opportunismo al 17’ sfruttando un’uscita sbagliata di Magnanelli che Barrow converte in un assist al centro per l’inserimento di Soriano, veloce ad anticipare Ferrari e a battere Consigli con un fendente sotto misura. Per il trequartista è il settimo sigillo stagionale, a un gol dal suo record di segnature in A. Il Sassuolo non accusa e reagisce subito rovesciandosi in attacco, si accendono molte mischie sul limite dell’area bolognese ma nessuno dei giocatori di De Zerbi riesce a trovare lo spiraglio buono per impensierire Skorupski. Al 34’ Hickey entra col piede a martello sulla caviglia destra di Muldur, lo scozzese sembra farla franca ma l’arbitro La Penna, richiamato dal Var, gli sventola il rosso diretto e così il Bologna si ritrova in 10. Mihajlovic si adegua inserendo De Silvestri per Svanberg, un cambio in emergenza che annuncia una notte di passione. Ma all’intervallo gli ospiti tengono il vantaggio dopo che Skorupski silenzia un rasoterra di Locatelli.

RIPRESA A SENSO UNICO — Nel secondo tempo il Sassuolo va all’assalto con Traorè in campo per Magnanelli. Il pari arriva presto. Djuricic cerca lo sfondamento, il suo tiro rimpallato da Danilo diventa un assist per il furbo Caputo che di sinistro non dà scampo a Skorupski. Ancora Caputo accende il gas e mette un pallone da spingere in porta per l’accorrente Traorè che viene anticipato da un intervento salvifico di Soumaoro. Ora il Sassuolo schiaccia il Bologna che può solo difendersi. Mihajlovic opera un triplice cambio: Schouten, Skov Olsen e Palacio per Sansone, Orsolini e Barrow. E’ ossigeno puro per il Bologna che riesce a respingere il forcing provando anche a giocare. Ma il Sassuolo non molla la presa, Skorupski si allunga bene su un colpo di testa di Marlon. C’è anche Defrel a spingere l’attacco di De Zerbi. Il Bologna tiene botta e prende il punto che voleva. Il Sassuolo poteva fare meglio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Parma, dal 2-0 al 2-2 con l'Udinese: la zona salvezza è più lontana



Nella ripresa Okaka e Nuytinck rispondono alle reti del primo tempo di Cornelius e Kucka su rigore.
D'Aversa manda in tribuna i "ribelli" Gervinho e Kurtic


Francesco Velluzzi

Il sogno del Parma di svoltare una stagione maledettamente complicata si infrange a 10 minuti dalla fine di una partita in cui il doppio vantaggio andava gestito sicuramente meglio. E invece finisce 2-2 con due testate di Okaka e Nuytinck e con lo scatenato De Paul che imperversa ne fa ammonire quattro e rimette a posto le cose. L’appuntamento con la vittoria per Roberto D’Aversa è ancora rimandato. Per lui due pareggi in sette partite, mentre la squadra non vince dal 30 novembre. E la situazione resta critica con soli 14 punti e il penultimo posto solitario. L’Udinese, invece, procede a piccoli passi verso il traguardo salvezza. Con i cambi raddrizza una partita nata malissimo con un approccio completamente sbagliato.

PRIMO TEMPO — D’Aversa lascia fuori Gervinho e Kurtic per scelta tecnica, dovuta più a motivi comportamentali. Un segnale chiaro ai naviganti. Al centro della difesa Bani e Gagliolo. Gotti, invece, nel riscaldamento, dee registrare la defezione dietro del brasiliano Samir. Che si arrende. Tocca a Bonifazi che avrebbe dovuto usufruire di un turno di riposo. E si vede. Perché dopo 2’50” Pezzella mette una palla stupenda da sinistra e Cornelius gli sale sopra, scacciando le critiche e segnando il primo gol in questo campionato. Il Parma davanti a Krause sembra avere il turbo, Karamoh va fino in fondo come una scheggia ma sul cross non arriva nessuno. L’Udinese si riorganizza, affidandosi come sempre a De Paul che Hernani segue molto da vicino.Brugman è costretto al giallo per fermarlo. Ma al 14’ ancora Cornelius devasta Bonifazi e solo il miracolo di Musso evita il raddoppio. Tre minuti dopo lo sciagurato Zeegellar si divora il pari, su cross di De Paul e spiazzata di Llorente. E’ tutto solo ma calcia alto. De Paul prende il comando delle operazioni, fa ammonire pure Cornelius. Poi è Zeegelaar che si becca il giallo che gli farà saltare la Fiorentina. Giallo anche per Bani, tradito da una splendida finta di Pereyra, ma al 31’ il Parma ringrazia ancora Bonifazi che regala una palla a centrocampo che innesca la ripartenza in cui Mihala risulta imprendibile per Becao che lo stende. Rigore ineccepibile (Il Parma ne ha reclamato anche uno per una spinta fisica di Walace su Karamoh) che Kucka trasforma portando a 5 il so bottino in campionato. L’Udinese non concretizza, Sepe non fa una parata, tiri fuori, sbilenchi, alti. Llorente non riesce mai a colpire. Colpisce, invece, Irrati nel finale di tempo che dopo un parapiglia tra Mihala e Becao ammonisce il romeno e il portiere Musso.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa Gotti lascia negli spogliatoi Walace e Becao e inserisce Nestorovski e Molina, arretrando Pereyra e schierandosi con un 3-5-2 puro. Ma è Kucka che calcia subito, a lato. Zeegelaar divora un’altra buona palla, ma l’Udinese comincia a prendere sempre più campo col Parma che si abbassa. De Paul fa ammonire pure il controllore Hernani e poco dopo Gotti toglie lo spento Llorente scegliendo l’usato sicuro Okaka che dopo 4’ riapre la partita. Magistrale invenzione di Don Rodrigo che gli mette il pallone facile per colpire. D’Aversa capisce che molti dei suoi non ne hanno più. Fuori Hernani e Karamoh, dentro Grassi e Man. Poi anche Cyprien per l’ottimo Brugman che, però, è stanchissimo. Altri cambi per coprirsi: Brunone Alves per Mihala e Laurini che deve sostituire l’infortunato Pezzella, bravissimo nel primo tempo. Ma dopo i cambi sulla punizione di Ouwejan (entrato per l’incomprensibile Zeegelaar) Nuytinck stacca proprio sopra il portoghese Alves e pareggia. Primo gol per l’olandese, pilastro della difesa. L’Udinese sullo slancio potrebbe anche vincerla ma Nestorovski manda fuori. Come Gagliolo che spreca un invito di Cornelius. Finisce pari con la delusione di Pereyra che becca il giallo che lo costringe a vedersi dalla tribuna la sfida con la Fiorentina. E col Parma che si dispera perché la salvezza ora è davvero difficile da raggiungere. Serve un colpo a La Spezia. Ma poi arriva l’Inter.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lu-La da favola: l’Inter strapazza il Milan e va in fuga

Una doppietta di Lautaro e un gol di Lukaku piegano i rossoneri che scivolano a -4.
Un super Handanovic non permette al Diavolo di tornare in partita


Marco Pasotto


Se questo è davvero il ridimensionamento irrevocabile del super Milan e il decollo definitivo dell’Inter lo scopriremo presto. Di certo questo derby in cui i nerazzurri strapazzano 3-0 i cugini porta con sé segnali piuttosto chiari. Innanzitutto in termini di classifica, dove l’Inter si porta a +4 sul Milan. E’ Lu-La show: decidono una doppietta di Lautaro e un gol fantastico di Lukaku. Ma lo show è anche fra i pali perché l’Inter deve fare un monumento ad Handanovic, che a inizio ripresa (sull’1-0) si oppone tre volte da supereroe a Ibra e Tonali nel momento migliore del Milan. Al resto ci pensa l’attacco nerazzurro, decisamente più efficace e concreto rispetto a quello avversario. Pioli si è riaffidato ai fedelissimi (sette cambi rispetto all’Europa League), sebbene qualcuno sia ancora in fase di rodaggio dopo qualche sgradevole acciacco. E allora riecco Calabria e Kjaer in difesa, Kessie in mediana (con Tonali al posto dell’infortunato Bennacer), Saelemaekers e Calhanoglu sulla trequarti, e Ibra davanti. Anche Conte ha confermato le sensazioni della vigilia, senza sorprese nell’undici: Lu-La in attacco, mediana affidata a Barella, Brozovic ed Eriksen, carnefice rossonero nel derby di Coppa Italia preferito a Vidal.

DUELLI — Senz’altro meglio l’Inter in un primo tempo dove i nerazzurri hanno mostrato idee più chiare e un approccio decisamente più concreto. Per mezzora è stata una recita quasi a senso unico, se parliamo di pericoli portati agli avversari. Meno in termini di possesso palla, ma con una grande differenza: l’Inter è riuscita più di una volta ad arrivare in area con tre-quattro passaggi, il Milan ha giochicchiato per lo più orizzontalmente, senza riuscire ad alzare i ritmi e di conseguenza senza grandi possibilità di trovare l’imbucata centrale. Meglio l’Inter anche in tanti duelli, il che spiega tante cose. Lukaku su Romagnoli, Lautaro su Kjaer, Eriksen su Tonali, Barella su Kessie, Brozovic (aiutato da Barella) sull’etereo Calhanoglu: tutti faccia a faccia tinteggiati di nerazzurro. Non pervenuti nemmeno Saelemaekers e Rebic, incapace di gestire anche i palloni più semplici. Risultato: Ibrahimovic un’altra volta senza assistenza. Tutto l’opposto rispetto all’altra parte del campo, dove la Lu-La si è trovata – soprattutto nella prima metà del tempo – con una facilità disarmante. Il gol è nato da una sgommata sulla destra di Lukaku, che in velocità ha rubato tanti metri in pochi secondi a Romagnoli: primo cross murato da Kjaer, il secondo invece è planato dolcemente sulla testa di Lautaro. Tutto molto bello, tutto perfetto anche perché i difensori rossoneri si sono trasformati in statue di sale e l’argentino ha avuto il privilegio di impattare in solitudine tra Kjaer e Calabria nelle vesti di spettatori. Erano passati soltanto cinque minuti e per il Milan è stata ovviamente una mazzata. Diavolo incapace di uscire dalla propria metà campo, eppure il primo break, al quarto d’ora, probabilmente qualcosa di importante lo ha fatto intuire ai rossoneri: prima che Ibra concludesse con un improbabile tacco in acrobazia, nell’area interista si era scatenato il panico per l’azione del Milan. Un panico e una mancanza di lucidità eccessivi rispetto all’inerzia della gara.

SLIDING DOOR — La prima vera circostanza in cui il Milan è andato vicino al gol è stata al 33’, quando Hernandez in area ha anticipato tutti e concluso a lato di un soffio. Da lì in avanti il Diavolo è salito di tono e convinzione. Nulla di trascendentale, ma una maggiore consapevolezza e sicurezza nelle giocate (e a due minuti dallo scadere Calhanoglu invece di tirare da ottima posizione ha cercato un assurdo passaggio a Rebic). Un approccio che i rossoneri hanno trasferito, amplificandolo esponenzialmente, nel secondo tempo. Un inizio da film del terrore per l’Inter, uscita indenne soltanto grazie a tre miracoli consecutivi nei primi tre minuti da parte di Handanovic. Due su Ibra e uno su Tonali. Questa è stata la sliding door della sfida perché l’Inter ha raddoppiato di lì a poco proprio nel momento più spumeggiante del Milan: in buca di nuovo Lautaro al termine di una manovra fra Hakimi, Eriksen e l’ottimo Perisic. Al Milan va dato atto di non essersi arreso e la pressione è proseguita in modo costante e convincente. La partita però ha detto, anche in quei frangenti, una cosa molto chiara: palla al Milan, occasioni per l’Inter. Lukaku prima ha scaldato il piede (bene Donnarumma) e poi ha deciso di fare tutto da solo, partendo praticamente da centrocampo (Kessie in ritardo) e arrivando a concludere con un sinistro micidiale sul palo coperto da Donnarumma. Nessun rossonero, in particolare Romagnoli, è stato in grado anche solo di impensierire la sua progressione. La partita in pratica è finita qui. Il Diavolo si è spento comprensibilmente col passare dei minuti, alla mezzora Pioli ha tolto Ibra e Conte Lautaro. L’inerzia è rimasta fra i piedi rossoneri, ma più per dovere che per reale convinzione. Finisce con stati d’animo diametralmente opposti: il campionato ha svoltato, anche se la strada è ancora lunga.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Atalanta non si fa distrarre dal Real: 4-2 al Napoli




Dopo un primo tempo di sterile dominio (rosso a Gasp),
i nerazzurri si scatenano con Zapata, Gosens, Muriel e Romero


Andrea Elefante

L’Atalanta stavolta non si fa distrarre dalla Champions e dal pensiero della sfida contro il Real Madrid di mercoledì: perché la Champions dell’anno prossimo è altrettanto importante e questa è una vittoria che può pesare tanto. Il Napoli ha fatto il massimo, vista l’emergenza totale, e ha creato all’Atalanta i brividi che poteva. Ma il brivido più grande è stato a pochi minuti dalla fine, quando - dopo un contrasto con Romero - Victor Osimhen è caduto a terra e ha battuto violentemente la nuca. Il nigeriano ha lasciato il campo in barella, privo di sensi, e ha ripreso conoscenza solo in ambulanza, durante il trasporto verso l’Ospedale Papa Giovanni. Per fortuna se l'è cavata solo con un trauma cranico.

LE SCELTE — Gasperini recupera in extremis Maehle per la fascia destra, per il resto nessuna sorpresa: giocano tutti i titolari, conferma (per la terza volta di fila contro il Napoli, dopo le due gare di Coppa Italia) per la coppia di centravanti Muriel e Zapata, davanti a Pessina. Per Gattuso ennesimo colpo di sfortuna: anche Insigne (problemi alla schiena) si aggiunge all’infinita lista di infortunati e dunque il tecnico deve rischiare subito Politano, appena recuperato. Il tecnico non azzarda invece il rientro da titolare di Koulibaly, che parte in panchina: la coppia di centrali è ancora Rrahmani-Maksimovic.

PRIMO TEMPO — Gattuso sceglie il 4-2-3-1, con Zielinski che gioca alle spalle di Osimhen e la coppia Fabian Ruiz-Bakayoko davanti alla difesa. Il sistema di gioco si compatta in un 4-4-2 in fase difensiva e la scelta si rivela efficace per come il Napoli riesce a chiudere gli spazi all’Atalanta, alla quale però lascia il quasi totale governo della partita. Senza rischiare troppo: Gollini viene impegnato in pratica solo una volta, da un colpo di testa di Osimhen deviato sopra la traversa (minuto 35), ma anche Meret non ha bisogno di straordinari. In realtà quasi tutti i tentativi della squadra di Gasperini si spengono prima della conclusione per scelte imperfette, in particolare di Muriel che si muove bene ma si perde nell’ultimo tocco. L’occasione più importante resta quella del 17’, quando un’incursione centrale di Pessina (molto simile a quella che lo portò a segnare il 3-1 nella semifinale di ritorno di Coppa Italia) viene fermata da Mario Rui e solo faticosamente le immagini chiariscono che c’è un contatto ginocchio contro ginocchio. Molte proteste dell’Atalanta per il mancato intervento del Var, che lascia l’interpretazione all’arbitro: Gasperini le prolunga, fino all’espulsione del minuto 26. Le altre due chance capitano a Gosens (minuto 33, sinistro fuori) e a Zapata che al 43’ riceve da Pessina (il quale poteva anche scegliere il tiro), ma controlla male in area un pallone che meritava miglior fortuna.

SECONDO TEMPO — La partita "esplode" nella ripresa: sei gol, continui capovolgimenti di fronte, grazie al coraggio del Napoli, che nonostante le difficoltà ribatte colpo su colpo praticamente fino alla fine. Grande protagonista Muriel, che al 7’ inizia il suo show con un cross disegnato per la testa di Zapata. Sei minuti dopo, la replica del Napoli: cross di Politano a tagliare la difesa nerazzurra per l’inserimento di Zielinski, che sbuca alle spalle di De Roon e incrocia il tiro dell’1-1. Altri sei minuti e Muriel slalomeggia grazie anche a un rimpallo favorevole e serve Zapata che vede l’inserimento di Gosens: 2-1, ma il Napoli non si arrende. Insigne costringe Gollini a una parata non facile di piede, Muriel approfitta di una palla persa da Bakayoko e ubriaca Rrahmani per il 3-1, Gosens con un autogol su pallone spiovente in area (ancora di Politano) rimette ancora in corsa la squadra di Gattuso. Che si arrende solo al 34’: corner velenoso di Muriel (toh...), spizzata di testa di Djimsiti e correzione vincente di Romero. Poi la paura finale per Osimhen.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Roma s’inceppa a Benevento:
Inzaghi ringrazia la Var e resiste anche in 10

La squadra di Fonseca non trova il gol nonostante l’espulsione di Glik nel secondo tempo:
finale da brividi, con la Var che toglie un rigore a Pellegrini al 96’


Andrea Pugliese


Un’occasione grande come una casa gettata al vento dalla Roma. Senza riuscire a fare gol, senza riuscire a battere un Benevento per alcuni versi stoico, ma sempre chiuso a difesa della propria area. Per di più, tra l’altro, in dieci per più di mezzora. Il muro di Inzaghi alla fine tiene e toglie alla Roma la possibilità di andare a -3 dal Milan, con i rossoneri che saranno proprio ospiti della squadra di Fonseca domenica prossima.

VINCE LA NOIA — Inzaghi ad un soffio dal match perde Tuia per un problema muscolare e sposta Barba al centro, inserendo a sinistra Foulon. Fonseca, invece, rilancia dal via Mayoral, che vince così il ballottaggio con Dzeko come terminale offensivo romanista. Lo spartito della partita è subito chiaro, con la Roma a cercare di fare gioco e il Benevento raggomitolato negli ultimi 20-25 metri a fare densità in fase difensiva e pronto a ripartire in contropiede. Così ne viene fuori un primo tempo in cui la Roma chiude con il 75% di possesso palla, ma non riesce mai ad essere davvero pericolosa. Il giro palla è lento e prevedibile, la profondità per servire Borja Mayoral non c’è e anche Pellegrini e Mkhitaryan faticano a trovare spazio per andare a giocare. Di fatto, il primo tiro della squadra di Fonseca arriva al 34’ con Pellegrini, ma nasce da un errore di Schiattarella e non da una giocata di squadra. Dall’altra parte, invece, Lapadula lotta su tutti i palloni e detta spesso il passaggio, arrivando anche al tiro in un paio di circostanze (tiri però a dir poco rivedibili). Così l’occasione più nitida è un mischione in area di rigore della Roma (42’) con Glik e Barba a caccia invano del colpaccio di testa. Il problema del Benevento è che quando c’è da chiudere la giocata, manca la qualità. Si va così al riposo, con la noia a svettare su tutti.

IL BENEVENTO RESISTE — La ripresa inizia sulla falsa riga del primo tempo, anche se dopo 5’ la Roma riesce a creare finalmente un pericolo, con Pellegrini che nello stretto lancia Mkhitaryan e Montipò è bravo a chiudere lo specchio in uscita all’armeno. Al 12’ Glik esce male su Mkhitaryan, seconda ammonizione e conseguente rosso per il difensore polacco. La mossa di Fonseca è di mettere dentro subito Dzeko al posto di Veretout, con il bosniaco che va a fare coppia con Mayoral. Inzaghi invece mette dentro Caldirola e passa al 4-4-1. Occasioni però non ne arrivano, così Fonseca al 27’ manda dentro anche Pedro, giocando di fatto con tutti gli attaccanti a disposizione (Dzeko, Mayoral, Pedro, Mkhitaryan e Pellegrini). Poi entra anche El Shaarawy per Micki, proprio mentre Tello (entrato anche lui da poco) spreca un’occasione ghiottissima per il colpo finale. L’assalto finale della Roma è invece sterile, con una squadra troppo piatta nella manovra offensiva. A un soffio dal via, in una delle tante mischie, Pellegrini di testa trova lo spiraglio giusto, ma sulla linea salva Caldirola. Poi proprio all’ultima occasione Foulon stende in area El Shaarawy. È rigore, ma il Var lo annulla per fuorigioco di Pellegrini. Per la Roma tanto rammarico per l’occasione persa, per il Benevento un punto pesantissimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ronaldo rilancia la Juve: doppietta e terzo posto

Il portoghese firma i primi due gol sul finire del primo tempo, arrotonda McKennie al 66'.
Danilo, ammonito, salterà il Verona


Livia Taglioli


Ronaldo torna al gol dopo tre gare a secco, infilza la sua 78ª vittima, realizza una doppietta in otto minuti e consente alla Juve di battere il Crotone e tornare alla vittoria, dopo una serie di tre gare senza successi. La gara dello Juventus Stadium finisce 3-0, col sigillo finale firmato da McKennie. Il Crotone, peggior difesa del campionato, incassa così la sua rete n. 55, mentre la Juve aggancia la terza posizione, superando in un sol colpo Atalanta, Lazio e Roma, e con una gara in meno rispetto alle avversarie. Con Milan e Inter, rispettivamente 4 e 8 punti davanti, che tornano nel mirino.

PRESENTI&ASSENTI — Una Juve pur priva di Dybala, Cuadrado, Bonucci, Chiellini, Arthur e dello squalificato Rabiot, con Morata relegato in panca dal virus che lo ha debilitato nelle scorse settimane, inchioda il Crotone nella sua metà campo ma per più di mezz’ora non riesce a battere Cordaz. Anzi, una ripartenza del Crotone chiama in causa Buffon. Per il resto è tanta Juve, che cresce, costruisce, preme e conclude, ma non con la necessaria precisione, e dunque spesso la sua pressione sfuma in conclusioni fuori bersaglio o errori nell’ultimo passaggio.

RONALDO: È DOPPIETTA — Oppure ci pensa Cordaz, a deviare di quel tanto che basta a salvarsi, prima su Ronaldo, poi deviando sulla traversa un colpo di testa di Ramsey, su cross di Chiesa. Al 38’ Alex Sandro alza un pallone a superare tutti, Ronaldo scatta sul filo del fuorigioco e di testa batte Cordaz. Il Var ci ragiona a lungo, poi conferma la rete: CR7 torna dunque al gol e porta la gara sull’1-0. Per il portoghese è il 17° in campionato, con Lukaku riagganciato in vetta alla classifica marcatori. Pochi minuti e arriva anche il sorpasso: al 46’ Ronaldo raddoppia schiacciando di testa un cross di Ramsey e realizzando la sua nona doppietta stagionale. Con aria veramente cannibalesca, ci riprova a tempo scaduto ma il suo destro finisce a lato. E lui si dispera.

IL TRIS — La Juve gioca in controllo disinvolto, senza mai forzare sui tempi, e tanto le basta ad insonorizzare il Crotone, senza rinunciare a portarsi dalle parti di Cordaz, sfiorando il tris con Ronaldo ed Alex Sandro prima centrarlo al 66’ con McKennie, alla sua quarta rete in campionato. Fagioli trova il suo debutto in A, mentre Danilo si fa ammonire e dovrà guardare da fuori la gara di sabato contro il Verona. Ma la Juve è tornata: minimo sforzo, massimo risultato. E terzo posto riconquistato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 23ª Giornata (4ª di Ritorno)

19/02/2021
Fiorentina - Spezia 3-0
Cagliari - Torino 0-1
20/02/2021
Lazio - Sampdoria 1-0
Genoa - Verona 2-2
Sassuolo - Bologna 1-1
21/02/2021
Parma - Udinese 2-2
Milan - Inter 0-3
Atalanta - Napoli 4-2
Benevento - Roma 0-0
15/02/2021
Juventus - Crotone 3-0

Classifica
1) Inter punti 53;
2) Milan punti 49;
3) Juventus(**) punti 45;
4) Roma punti 44;
5) Atalanta e Lazio punti 43;
7) Napoli(**) punti 40;
8) Sassuolo punti 35;
9) Verona punti 34;
10) Sampdoria punti 30;
11) Genoa punti 26;
12) Bologna, Udinese, Fiorentina e Benevento punti 25;
16) Spezia punti 24;
17) Torino punti 20;
18) Cagliari punti 15;
19) Parma punti 14;
20) Crotone punti 12.

(gazzetta.it)

(**) Juventus-Napoli da rigiocare dopo il ribaltamento al terzo grado di giustizia sportiva (CONI)
e punto di penalizzazione di conseguenza restituito al Napoli.
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Il Parma fugge, lo Spezia non molla:
finisce 2-2 con rimonta firmata Gyasi

Clamorosa occasione sprecata dalla squadra di D’Aversa che chiude
il primo tempo in doppio vantaggio grazie alle realizzazioni di Karamoh e Hernani.
Nella ripresa la rimonta con l’italo-ghanese


Alex Frosio


È un punto d’oro per lo Spezia, un punto che serve a poco al Parma. La squadra di D’Aversa dilapida un vantaggio di due gol e vede sfumare l’occasione di accorciare in zona calda, magari ricoinvolgendo anche la squadra di Italiano. Nel riscaldamento D’Aversa perde l’ennesimo attaccante – si blocca Cornelius, problema all’adduttore – e deve mettere Brunetta centravanti, ma non cambia la strategia. Le tre punte restano strette, costringendo la difesa dello Spezia a fare altrettanto, da innescare direttamente con il lancio.

SPIGLIATEZZA — Tanti tentativi a vuoto ma all’17’ funziona: Karamoh scappa a Bastoni, rientra sul sinistro e infila sotto l’incrocio dall’altra parte. Il 10 del Parma è particolarmente ispirato, al 23’ mette davanti alla porta Brunetta che però controlla con la mano. Lo Spezia non ha invece la solita spigliatezza: Gyasi a destra la vede poco, Saponara a sinistra viene toccato duro in avvio e deve uscire al 27’, al suo posto entra Verde che si piazza a destra mandando Gyasi dall’altra parte. Ma a quel punto il Parma è già sul 2-0: al 25’ punizione di Brunetta e tocco sul primo palo di Hernani, zona mal coperta dalla difesa di Italiano. La situazione tattica che si è creata è ideale per gli uomini di D’Aversa, che come una falange spartana si chiudono a protezione dell’area. Lo Spezia prova a ritrovare le proprie linee di gioco: al 33’ Estevez fa viaggiare Verdi, che si accentra e prova il sinistro, respinto da Sepe. Al 39’ con un lungo possesso lo Spezia riesce a manipolare la difesa del Parma, Erlic trova Bastoni alle spalle di Karamoh, cross per l’inserimento vincente di Maggiore. Dopo consulto Var, però, il gol dell’1-2 è annullato: Bastoni è partito in fuorigioco.

CREPA — Ma è una crepa nel meccanismo difensivo del Parma, ermetico ai tempi del D’Aversa I. Italiano ricomincia con Leo Sena in regia e Acampora mezzala, fuori Ricci ed Estevez. La pressione aumenta e al 7’ lo Spezia la riapre: recupero alto su una respinta del Parma, Maggiore la difende in area e trova l’irruzione di Gyasi. Dietro lo Spezia continua a ballare, però: Mihaila non ne approfitta al 10’, quando vola a sinistra, fa scivolare l’ultima chiusura di Ismajli ma poi va al corpo di Provedel che respinge. D’Aversa rinforza gli ormeggi con Busi per Brunetta e poi Grassi per Karamoh (con Kucka che va a fare il centravanti), Italiano ricorre a tutto l’arsenale e se potesse preleverebbe anche da quello militare che ha dietro le spalle: gli basta Nzola, che dà peso all’attacco. Proprio Nzola scarica il destro al volo al 27’, Kurtic davanti alla porta respinge. Ma il pari è solo rimandato: stesso minuto, un cross basso da destra attraversa l’area, Verde raccoglie e spara dentro per la deviazione di Gyasi. Prima doppietta tra Serie A e B per l'italo-ghanese, giocatore a cui Italiano non rinuncia mai e che finora ha accumulato più minuti persino di Provedel. Il Parma è scosso, rischia grossissimo subito dopo quando Maggiore ruba palla a Gagliolo ma è timido nel diagonale una volta davanti a Sepe.

ULTIMA CHANCE — Sembra l’inizio dell’assedio, e invece il Parma c’è ancora: Man e Valenti per Mihaila e Hernani ridanno compattezza, dopo che al 31’ Kucka aveva girato di testa di pochissimo a lato. La partita si incattivisce, volano i gialli, l’ultima chance è del Parma: punizione di Kucka al 91’, Provedel salva alzando in angolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Mbaye-Sansone: la Lazio va k.o. anche a Bologna



Dopo la sconfitta in Champions contro il Bayern, si ferma pure in campionato.
Immobile si fa parare un rigore sullo 0-0. La squadra di Mihajlovic non sbaglia nulla


Matteo Dalla Vite

Il Bologna non è il Bayern e la Lazio non è più la Lazio. Finisce 2-0 ed è evidente che l’ubriacatura patita coi bavaresi non è ancora passata alla banda di Inzaghi. Vero che ci si è messo il set-point fallito su rigore da Immobile (minuto 17), ma è altrettanto vero che i biancocelesti hanno sì creato qualcosa ma mai che potesse mettere in ginocchio un Bologna perfetto, nella pressione e nelle giocate, nella conduzione e nella finalizzazione arrivata da Mbaye e da Sansone. Così, la Lazio rischia di essere superata dall’Atalanta e il Bologna di Sinisa (alla centesima panchina con i rossoblu in Serie A) fa un notevole passo in avanti verso la salvezza.

BELLISSIMO — La Lazio arriva da sette partite vinte nelle ultime otto ritrovando l’arbitro Giacomelli tre anni dopo un caos (su Immobile) all’Olimpico: in quel dicembre 2017 si giocò Lazio-Torino, finì 1-3 e quei granata erano allenati da Sinisa Mihajlovic. Il tecnico del Bologna si gioca la partita senza Tomiyasu ed è costretto a mettere De Silvestri a destra e Mbaye a sinistra. La sorpresa è Orsolini dall’inizio dopo una settimana, o quasi, a provare Skov Olsen fra i titolari. In mezzo, il Bologna mette ancora il duo dinamico (Svanberg-Dominguez) mentre la Lazio si apparecchia sul campo in versione quasi-Champions, con centrocampo e attacco perfettamente allineati al passato e con, dietro, Acerbi come centro-sinistra della difesa a tre completata da Patric e Hoedt. Dopo due tentativi di Milinkovic-Savic (punizione al 10’) e Svanberg (palla in movimento al 12’), Bologna e Lazio cominciano a entrare davvero in partita. Il protagonista è Correa che si prende un rigore (tocco ingenuo di Dominguez appena dentro l’area) che poi Immobile si fa parare da Skorupski al minuto 17. L’esaltazione da pericolo sventato porta il Bologna a macinare con ancor maggiore pulizia di manovra fino ad arrivare, 2’ dopo il penalty sbagliato, al vantaggio: azione che parte da De Silvestri, tiro al volo di Orsolini che Reina non trattiene, Lazzari non copre Mbaye che infila l’1-0. Bologna, insomma, che in 2’ minuti passa dalle porte dell’inferno al momentaneo paradiso del vantaggio. Tutto questo è antipasto di un primo tempo bello, giocato, aperto, che mischia errori e giocate e conclusioni. Per dire. Dal vantaggio del Bologna in poi, la porta di Skorupski è cercata da Lazzari, Correa, Marusic; quella di Reina da Barrow, Sorianio e Dominguez. Gran bel primo tempo, quando va detto va detto.

SPIETATI — Nella ripresa ti aspetti la reazione della Lazio, anche dai cambi di Inzaghi che prima infila Lulic, poi mette Muriqi, e Pereira e alla fine Caicedo creando un 3-2-5, ovvero il suo modulo rovesciato e alla ricerca del pari. Solo che il Bologna non sbaglia nulla di nulla, Mihajlovic urla la pressione e ogni pallone è come se fosse – per il Bologna – quello della vita. La Lazio arriva da Skorupski con Immobile, Muriqi, Marusic (altra paratona del polacco al 43’ s.t. con palla risucchiata dalla porta) ma il Bologna era già scappato: perché il 2-0 era scattato al 19’, azione con dentro Barrow, Orsolini, Soriano, assist di Barrow e colpo spettacolare in mezzo all’area di Sansone. Morale: Sinisa cambia gli uomini per dare fiato alla pressione, Inzaghi saltella lungo la panchina e non vede la sua Lazio feroce. La solita Lazio perforante. Il Bayern ha lasciato strascichi. Il rigore sbagliato da Immobile ha acuito l’ubriacatura laziale nella quale il Bologna si è infilato in maniera spietata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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28/02/2021 00:05
 
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La Juve frena a Verona: Ronaldo la illude, Barak la riprende

Vantaggio dei bianconeri con CR7 che ora è a un gol da Pelé.
I gialloblù, che colpiscono due legni, trovano il pari al 77'


Livia Taglioli


La Juve sbatte sul Verona, in una serata fredda e ventosa. Al Bentegodi finisce 1-1: Ronaldo rompe gli equilibri al 49’ con il gol n. 19 in campionato, Barak al 77’ firma il pareggio. L’avvicinamento bianconero a Inter e Milan rallenta (anche se la Juve ha sempre una gara in meno): ora il Milan è a tre punti e l'Inter a 7. Mentre Ronaldo, al quarto gol nelle ultime 4 gare di campionato, si porta a una sola lunghezza dal mito Pelé. Finisce dunque come all’andata: le due squadre non pareggiavano entrambe le sfide stagionali in uno stesso campionato di Serie A dal 1972/73.

IN&OUT — Una Juve così minata dalle assenze non si era mai vista: 7 gli indisponibili, fra i quali Danilo squalificato e ben sei infortunati (Bonucci, Chiellini, Cuadrado, Arthur, Dybala e Morata). In panca ben nove ragazzi della seconda squadra, col solo Frabotta già habitué della prima. In campo alla fine compare Ramsey al posto di McKennie e Alex Sandro terzo centrale di difesa, con Dragusin in panchina e Bernardeschi a coprire la fascia sinistra. Il Verona di Juric risponde con Lasagna davanti a tutti e l’ex Sturaro la sorpresa in mezzo.

INIZIO SPRINT — La partenza della Juve è convincente, con Ramsey che pronti via testa l’attenzione di Silvestri. Ma è l’atteggiamento della squadra a confermare un inizio concentrato ed aggressivo, col Verona costretto a rinculare di fronte alla pressione alta della Juve, protagonista di 7 tiri nei primi 15 minuti (finora non era mai andata oltre i 4). La Juve insiste, tiene il baricentro alto e prova una serie di conclusioni potenzialmente letali, in realtà spesso imprecise. Ma l’effetto sorpresa bianconero non dura molto: il Verona reagisce e chiama Szczesny a una deviazione (sul palo) non banale, su Faraoni. Per il gialloblù è il 14° legno.

DAL PALO AI GOL — Dal palo in poi il Verona risponde colpo su colpo: ne nasce un match combattuto ma anche bloccato, fra due squadre che chiudono gli spazi senza rinunciare a spingere. Il gioco spesso si infrange in uno-contro-uno non riusciti, ma le due rivali non smettono di ringhiarsi addosso. Kulusevki si vede più di Ronaldo, che però ha dalla sua più conclusioni, Barak guida la spinta del Verona. Dopo un primo tempo intenso e ruvido, spesso interrotto dall’arbitro Maresca, ci pensa ancora Ronaldo: non sono passati 4 minuti della ripresa ed è 1-0 a favore della Juve, su assist di Chiesa. L’ex viola, in area, salta Di Marco e allunga per l’accorrente CR7, che intuisce lo sviluppo dell’azione e brucia la retroguardia veneta. Il Verona non ci sta e si riversa in avanti. La Juve sfiora il raddoppio con Ramsey, ma al 77’ è Barak a saltare più in alto di Alex Sandro e a trovare la via del gol su cross di Lazovic. Il finale è un assalto all’arma bianca. Al minuto 85 Lazovic, complice Szczesny, colpisce il 15° legno “raggiungendo” il Milan nella classifica dedicata. Ma il risultato non cambia più.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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28/02/2021 21:24
 
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Grazie alle reti di Malinovskyi e Gosens la squadra di Gasperini aggancia i bianconeri


Filippo Grimaldi

Più convinta, tonica e cinica. Più razionale e capace di andare oltre le sue fatiche Real, questa Atalanta che aggancia la Juventus a quota 46 e conquista tre punti con merito contro una Samp che va a fiammate e, alla distanza, non trova mai la forza di recuperare. Malinovskyi-Gosens: un gol per tempo e Ranieri è al tappeto. Manca la controprova, ma alla resa dei conti i blucerchiati si consegnano ai nerazzurri. Per un atteggiamento poco convincente, ma forse pure per scelte iniziali che mettono la sfida in salita. Hai voglia a dire che al derby i blucerchiati avrebbero pensato dopo l’Atalanta. Al Genoa, avversario fra tre giorni, ci pensa eccome, Ranieri, e la scelta di La Gumina unica punta (ultima presenza per la punta, quattro minuti nel recupero finale del 6 gennaio scorso contro l’Inter) dice molto in tal senso. Non che il tecnico navigasse nell’abbondanza, con Quagliarella da preservare e Gabbiadini pronto, ma non abile ai novanta minuti. Fuori anche Candreva, diffidato. L’Atalanta non commette l’errore dell’andata (pure quella sfida dopo un impegno di Champions), quando pagò qualcosa anche sul piano mentale. Stavolta Gasp si affida al 3-4-2-1 con Muriel supportato da Pasalic e Malinovskyi, Palomino per Djimsiti squalificato e Sportiello fra i pali.

CORREZIONE DI ROTTA — L’avvio è favorevole agli ospiti, subito pericolosi con Muriel (5’, conclusione bloccata da Audero) e capaci di schiacciare la Sampdoria nella propria metà campo. La squadra di Ranieri ha un sussulto, quando su un errore di Palomino, La Gumina e Jankto confezionano la prima palla-gol per i blucerchiati, ma Sportiello ribatte. La fase centrale del primo tempo offre i migliori spunti per la Samp. Il piazzato di Damsgaard (11’) impegna il numero uno nerazzurro, ma il possesso palla della squadra di Gasperini (in tribuna per la squalifica) si rivela infruttuoso. Palomino e Romero vanno su Verre e La Gumina, ma l’errore di Maehle favorisce Augello, il cui rasoterra in area (20’) non trova compagni pronti alla deviazione. E’ una Sampdoria in apparenza più tonica dell’Atalanta, ma le fatiche Real dei bergamaschi non c’entrano. Pare più un problema di scarsa sintonia fra i reparti, quando Romero (una prestazione quasi perfetta) si prende troppe licenze in avanti e costringe De Roon o Freuler a scalare per chiudere i varchi. Il tempo di mettere a posto le geometrie dell’Atalanta e il gioco ospite ritrova efficacia. Qui la gara svolta. Maehle chiede il rigore per un tocco di Yoshida, che in realtà colpisce il pallone prima con il petto. Ma la pressione ospite non cala e al 40’ la combinazione perfetta di prima Palomino-Muriel-Malinovskyi apre un’autostrada per il trequartista (Thorsby non è reattivo) che s’inventa un sinistro fantastico sotto l’incrocio dei pali più lontano.

GARA CHIUSA — Il vantaggio ospite pesa come un macigno sui blucerchiati: perché l’inizio della ripresa è ancora nerazzurro. Dopo una punizione fuori misura di Damsgaard, arriva il gol annullato all’Atalanta, innescato da un errore di Ferrari in ritardo su Pasalic, che favorisce così il cross da sinistra di Gosens (in fuorigioco) per Maehle. Gol splendido di esterno destro, ma annullato. Atalanta sempre avanti: Audero stoppa Gosens al momento del tiro, poi Gasp e Ranieri cambiano. Pessina per Pasalic e Ilicic per Muriel (14’): la Samp risponde con Keita e Quagliarella per Verre e La Gumina. La Samp passa al 4-4-2. Atalanta in gestione, Pasalic si fa vedere al 20’, ma la conclusione di sinistro è altissima. La squadra di Gasp è equilibrata e non corre mai rischi. L’ingresso di Ramirez trequartista per Jankto porta a virare al 4-3-1-2, mentre Candreva sostituisce Damsgaard. E’ il momento-chiave della ripresa: nel momento in cui uno sconsolato Quagliarella allarga le braccia rivolto ai compagni, Maehle (servito da Ilicic, subentrato in modo brillante all’ex Muriel) mette un cross splendido dalla destra. Gosens – ottavo centro in campionato - anticipa un Candreva troppo statico e beffa Audero (25’). Due a zero ospite e gara chiusa. Perché quando l’Atalanta si chiude e gioca in trenta metri, soffoca i tentativi di una Sampdoria imprecisa, che passa nel frattempo a tre in difesa con Bereszynski-Yoshida-Augello. L’Atalanta non molla e al 40’ un super Audero si allunga sul diagonale di Pessina ed evita il tre a zero.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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