Quel che sarà sarà....i retroscena veri o presunti di stampa e tv sul pontificato di Benedetto XVI

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, ..., 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, [47], 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59
ratzi.lella
00giovedì 30 novembre 2006 07:15
grazie emma
e' un articolo splendido [SM=g27811]
euge65
00giovedì 30 novembre 2006 21:19
Re:

Scritto da: emma3 29/11/2006 23.15
Parla Ben Jelloun, uno dei massimi narratori del mondo arabo: "mi sto entusiasmando"

"Questo viaggio è già entrato nella storia

di tommaso de benedetti


"Un viaggio che mi commuove e mi entusiasma. Un gesto di grande, splendido coraggio". Così lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, considerato uno dei massimi narratori del mondo arabo, definisce la visita di Papa Benedetto XVI in Turchia. "Certamente questo soggiorno del Pontefice in un paese musulmano aiuterà non poco gli equilibri nell'intera area mediorentale, e costituisce una pietra miliare nel dialogo fra le religioni monoteiste", assicura Ben Jelloun, autore di opere celebri quali Giorno di silenzio a Tangeri e Il razzismo spiegato a mia figlia.

Come valuta, Ben Jelloun, le polemiche che da mesi stanno accompagnando la visita papale?
"Si è trattato di accuse deliranti, costruite in modo del tutto artificioso, prendendo a prestito un discorso, quello pronunciato da Ratzinger a Ratisbona, che aveva un esclusivo, elevatissimo carattere teologico. Su questa base si è voluto creare lo scontro, sobillare il mondo islamico, fare in modo che le masse si scatenassero, fomentare attorno a una visita di pace un clima di inquietudine, una tensione pronta a esplodere in qualunque momento".

Chi ha interesse a creare questo clima esplosivo?
"Chi non vuole il dialogo. Anzitutto i fanatici, gli estremisti islamici che, in Turchia, hanno creato da tempo una pericolosa alleanza di fatto con i gruppi terroristici locali di estrema destra. Ma non solo loro. E' fuori dubbio che stati come la Siria e l'Iran, che vogliono trasformare l'intero Medio Oriente in una polveriera, hanno fatto e faranno di tutto per contrastare in ogni modo un viaggio destinato a dare una spinta decisiva alla pace".

Come valuta la posizione assunta dal leader turco Erdogan?
"Erdogan, in questa circostanza, ha mostrato un'intelligente tatticismo politico. Ad alcuni potrebbe apparire ambiguo, ma bisogna tener conto della difficilissima realtà in cui il premier turco si muove. Prima, sembrava sposare le tesi degli integralisti, avvallando le accuse a Benedetto XVI dopo il discorso di Ratisbona, fino a far sapere che non avrebbe incontrato il Pontefice. Quando però gli animi sono un pò calmati, e la protesta si è stemperata, ha cambiato atteggiamento, e i risultati si sono visti nel positivo incontro col Papa al suo arrivo in terra turca. Credo tuttavia che il merito maggiore di questo cambiamento di rotta sia stato dovuto a due fattori decisivi: le pressioni degli Usa e, soprattutto, la tenacia e la pazienza del Vaticano. Il Papa, vero maestro di dialogo e di diplomazia, ha sempre evitato ogni contrapposizione, ogni reazione dura alle accuse, e si è guardato bene dal rinviare il viaggio o dal cambiare le tappe. E alla fine l'ha avuta vinta".

Ora ritiene che i rischi siano superati?
"No, purtroppo. Perchè i folli, i fanatici, coloro che pensano che Islam significhi lotta, contrasto, violenza,morte, non si rassegneranno facilmente. Mi preoccupa in particolare il momento per me più alto, più bello e intenso del viaggio, cioè la visita di Ratzinger alla Moschea Blu di Istanbul, giovedi. Un atto grande e storico che tanti, troppi in Turchia e in Medio Oriente avrebbero voluto evitare".

Quali sono i suoi sentimenti di musulmano, in questa occasione?
"Sono felice. Sono entusiasta. Penso che in questi giorni, con il Papa che entrerà nella Grande Moschea, si vivrà quel senso di equilibrio, di dialogo, di tolleranza che costituisce la base e l'essenza profonda del vero Islam, dell'Islam delle origini, quello che ancora mi fa sentire contento di essere musulmano. Spero che nessuno, ma proprio nessuno, vorrà turbare questo clima. Spero che in questi giorni l'altro Islam, quello odioso, violento, estremista e davvero antireligioso sia tenuto lontano dal Papa, lontano dalla Turchia, lontano da tutti noi".

QN quotidiano nazionale 29.11.06



MA CHE COSA LEGGO!!!!!!!??????? CON MIA ENORME MERAVIGLIA C'E' QUALCUNO CHE FINALMENTE HA CAPITO CHE QUESTO E' IL VIAGGIO DELLA STORIA!!!!!!!!!! E CI VOLEVA TANTO A CAPIRLO??????????? PER DI PIU' SI STA ENTUSIASMANDO!!!!!!!!!! MA PENSA!!!!!!!!!!!!
MEGLIO TARDI CHE MAI!!!!!!!!!!!!!!
RATZI [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x40800]
ratzi.lella
00venerdì 1 dicembre 2006 07:27
svolte storiche...
Ratzinger: "Divisioni fra cristiani, uno scandalo per il mondo". Bartolomeo I: "Con tristezza confessiamo che non possiamo celebrare insieme la messa"

MANI UNITE

"Non si uccide in nome di Dio"
Il Papa e il Patriarca ortodosso contro gli integralismi
Al termine del rito i due Primati si sono affacciati per benedire insieme la folla, un gesto per evocare un futuro non più diviso
Al prossimo incontro previsto a Ravenna nel 2007 la questione all´ordine del giorno sarà quella del Papato



ISTANBUL - Ridiscutere insieme il ruolo del papato. Nell´antico Fanar, il «Vaticano ortodosso», Benedetto XVI propone al Patriarca Bartolomeo I di esaminare insieme la pietra d´inciampo che ostacola il progresso dei rapporti ecumenici. L´idea era stata lanciata per la prima volta da Giovanni Paolo II nella sua enciclica Ut unum sint: serve un dialogo tra i capi cristiani – aveva detto Wojtyla – per ridefinire in che modo esercitare al giorno d´oggi il «ministero petrino in modo da realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri».
«E´ mio desiderio – annuncia papa Ratzinger – richiamare oggi e rinnovare tale invito». Non sono parole dette alla leggera. Gli Ortodossi stimano il pontefice per la sua conoscenza teologica e il successore di Wojtyla è riuscito da subito a ripristinare il dialogo teologico fra le due Chiese interrotto da parecchi anni. Nel settembre scorso si sono riuniti a Belgrado i rappresentanti della Chiesa cattolica e di tutte le Chiese ortodosse. Si è riavviata la discussione comune e al prossimo incontro, che si terrà a Ravenna nel 2007, verrà posto all´ordine del giorno proprio la questione del papato: «Conciliarità e autorità» è l´argomento su cui cattolici e ortodossi si sforzeranno di trovare soluzioni condivise. «Un dialogo interreligioso autentico e leale per combattere ogni forma di violenza e discriminazione» è stato poi invocato dal Pontefice e da Bartolomeo I nella loro dichiarazione congiunta. Nel testo c´è un riferimento esplicito al terrorismo (con la sottolineatura che spesso colpisce «i luoghi del mondo dove vivono i cristiani») e un riferimento implicito all´integralismo islamico: «L´uccisione di innocenti in nome di Dio è un´offesa a lui e alla dignità umana». Parole che il Pontefice ha ripetuto innumerevoli volte e alle quali si è associato ieri anche Bartolomeo I.
Solenne e coinvolgente è il rito cantato di oltre due ore, cui Benedetto XVI assiste nella chiesa patriarcale di san Giorgio. Sincero il rammarico comune perché le due Chiese, dopo il grande gesto di cancellare al tempo del concilio Vaticano II le rispettive scomuniche che avevano portato allo scisma del 1054, sembrano battere il passo nella marcia verso la riunificazione. «Con molta tristezza – afferma Bartolomeo I nell´omelia – confessiamo che non possiamo ancora celebrare insieme i santi misteri (della messa,ndr)». Gli fa eco Benedetto XVI: «Le divisioni esistenti fra i cristiani sono uno scandalo per il mondo e un ostacolo per la proclamazione del Vangelo».
Ma l´uno e l´altro non rinunciano alle proprie posizioni. Ratzinger parla di «Pietro» e dunque del papato come della «roccia» su cui Cristo volle edificare la sua Chiesa e non manca di sottolineare che a Pietro (e quindi ai pontefici romani) furono affidate le «chiavi del Regno». Bartolomeo I è pieno di affetto per l´ospite che guida la Chiesa cattolica, ma lo chiama solamente «vescovo dell´antica Roma».
Eppure si respira nell´aria una voglia autentica di aprire una pagina nuova. Passa un brivido di commozione tra i fedeli, quando Bartolomeo I bacia un antico Vangelo e lo offre al Papa, che lo accoglie baciando a sua volta i sacri scritti. E poi insieme sollevano la Parola di Dio per mostrarla ai fedeli, quasi come simbolo dell´unica base su cui si potrà costruire la riunificazione. Terminato il rito i due Primati si affacciano dal piccolo balcone del Patriarcato per benedire insieme la folla, il Papa in latino, Bartolomeo I in greco. Anche questo un gesto per evocare il futuro di un gregge non più diviso.
L´agenda concreta di lavoro viene tracciata in una Dichiarazione congiunta. Patriarcato ortodosso di Costantinopoli e Papato romano affronteranno insieme il tema della «Conciliarità e autorità nella Chiesa» a livello locale, regionale e universale: un metodo per sviscerare natura e struttura della Chiesa.



L´ANALISI

Musulmani e cristiani insieme nel tempio
di KHALED FOUAD ALLAM

Il viaggio di Benedetto XVI non è soltanto un viaggio nella Turchia, nell´Islam o nelle relazioni fra islam e cristianesimo: è un passaggio che porta con sé una massa storica sconvolgente. Perché in questo preciso momento storico la scelta del Papa assume una forza e una responsabilità che sarà determinante nelle relazioni storiche fra islam e cristianesimo, e per il futuro di quelle relazioni in un mondo totalmente cambiato dopo l´11 settembre 2001, e in un contesto che ha visto negli ultimi anni il progressivo degradarsi delle relazioni tra Islam e Occidente.
Tutte le cronache locali vanno in un´unica direzione: come instaurare e costruire una relazione con l´Islam, con i musulmani. Così le questioni del velo e della costruzione delle moschee hanno scandito in questi ultimi anni il ritmo, le preoccupazioni, l´intensità del dibattito fra l´Islam e l´Europa.
Certo, questo viaggio si inscrive in realtà nella prospettiva già tracciata da Giovanni Paolo II, che fu il vero architetto di un rapporto con l´Islam, colui che ne intuì la necessità. Già nel 1985, durante il suo viaggio a Casablanca in Marocco, Giovanni Paolo II tenne un celebre discorso di fronte alla gioventù marocchina: «Cristiani e musulmani, ci siamo generalmente mal compresi, e qualche volta nel passato ci siamo opposti e anche sfiniti in polemiche e in guerre... ».
Oggi il dialogo non è più solo una necessità, è un´urgenza dei nostri tempi. Ma il dialogo ha bisogno di fondamenti, e dopo il tracciato architettonico deve venire la costruzione delle fondamenta su cui il dialogo dovrà basarsi, in un mondo che però è totalmente cambiato, che è oggi un mondo plurale, un mondo che vuole coniugare democrazia e pluralismo. In una intervista al settimanale francese La Croix, Benedetto XVI affermava: «La Chiesa vuole continuare a costruire dei ponti di amicizia con i fedeli di tutte le religioni, affinché si possa trovare il vero bene in ogni persona e nella società nel suo insieme (...) in un mondo spesso segnato dai conflitti, dalla violenza e dalla guerra».
Il Santo Padre sa benissimo che le religioni ci aiutano a gestire una quantità di violenza costante, inerente all´insieme al quale apparteniamo, e sa che spesso noi stessi non dominiamo la violenza che ci affligge. Il gesto del Santo Padre, che si raccoglie in preghiera nella splendida Moschea blu costruita dal sultano Ahmed nel 1600, va in questo senso: il suo gesto ha la valenza di un gesto individuale ed ha però una portata collettiva, una portata storica. E´ attraverso la preghiera che si giunge alla pace: e laddove le contraddizioni delle opposizioni storiche si sono territorializzate, si sono fatte frontiera. Nemmeno il suo predecessore, quando fu invitato nel 2001 alla moschea di Damasco, si mise a pregare ma ascoltò umilmente il discorso del gran Muftì di Damasco e la parola coranica affermando così il mistero di ogni rivelazione. Credo che la preghiera intesa in questo senso non rappresenti assolutamente un cedimento ad un facile ecumenismo che spesso non ha aiutato il dialogo; essa è invece un punto di partenza, un momento di fondazione. La preghiera cristiana quando si rivolge a Dio nello spazio di una moschea simbolica come quella blu, stabilisce che l´incontro è possibile solo se si è consapevoli della propria identità, e che quest´ultima non rappresenta un freno, ma un´apertura. La preghiera annuncia qualcosa, e a quel qualcosa riferisce un bell´articolo di padre Maurice Boormans che fu professore al Pontificio Istituto di Studi Islamici a Roma, articolo dal titolo «Cristiani e musulmani hanno qualcosa da dire o da dare insieme nel mondo di oggi?». Di fronte a una visione pessimistica dell´uomo di oggi che cede alla propria violenza, cede alla distruzione, perché pensa che comunque le relazioni fra l´Islam e il cristianesimo siano impossibili, la fondazione e la costruzione di un dialogo ci dice che insieme si può rendere migliore questo nostro mondo in preda alle ingiustizie, alla discriminazione e al fanatismo. Certo, anche se molte ombre pesano oggi sui rapporti fra Islam e Occidente, il testo del Santo Padre rinnova la possibilità di un dialogo.
Quando la Spagna era sotto dominio islamico, nella moschea di Cordoba i musulmani avevano lasciato uno spazio per i cristiani affinché potessero pregare anche loro. Oggi abbiamo bisogno di questi gesti positivi: per i nostri figli, per il mondo che lasceremo.

(da "la repubblica" del 1° dicembre 2006)



La forza della Storia

Mai la Turchia nell´Unione europea, aveva detto. E mai pregare con le altre religioni. Perché i turchi sono sempre stati nemici dell´Europa cristiana. Perché tra religioni non bisogna fare confusione o incoraggiare un pernicioso sincretismo. Era questo il Ratzinger che piaceva agli araldi dello scontro di civiltà, era questo il pontefice che adoravano quanti guardano all´Islam con l´odio che trasudava dalle ultime pagine della Fallaci. Benedetto XVI li ha delusi.
L´immagine di Ratzinger ritto dinanzi al mirhab, che guarda con il suo fratello musulmano nella direzione dell´Unico Dio e mormora una preghiera di pace e di amore, è ormai storia, è incancellabile, è un segnale per il futuro, che seppellisce le visioni dei neocon per cui un Cristo occidentalista dovrebbe duellare a morte con un Islam demonizzato e schiacciato sulla maschera informe del terrorismo, della violenza, dell´irrazionalità.
L´improvviso revirement di Ratzinger, che sulle sponde del Bosforo si scopre ad incoraggiare la Turchia a riformarsi per entrare nell´Europa e a sorpresa si ferma a pregare non nell´antica basilica cristiana di Santa Sofia, ma sotto le volte di una moschea, dimostra la forza di un´antica verità cattolica.
Non si resta cardinali, quando si è ascesi sul trono dei papi. Non si può restare chiusi nell´involucro della propria vicenda personale, quando si ha sulle spalle la responsabilità di guidare un´istituzione che marcia da duemila anni attraverso la storia.
Qualcuno penserà (e mormorerà) che la svolta di Benedetto XVI sia una mossa dettata dall´opportunità o, peggio, dall´opportunismo. Dalla necessitò brutale di non inimicarsi un miliardo e trecento milioni di seguaci di Maometto.
Chi pensa così non conosce la Chiesa e non conosce Ratzinger.
Non era mai successo che un Papa pregasse in una moschea.

Papa Wojtyla aprì la breccia nel 2001, recandosi a Damasco. Cadente, ma indomito, entrò nel tempio ricostruito dai califfi Omayyadi e si fermò accanto alla tomba dov´è sepolta, secondo la leggenda, la testa di Giovanni il Battista. Con rispetto e delicatezza i suoi ospiti musulmani lo lasciarono solo e lui, poggiando la mano sulle pietre benedette da secoli di preghiere musulmane, si fermò in meditazione. Di più non osò. Per non urtare, forse, chi gli aveva aperto le porte della moschea. Per non irritare, certamente, quanti in Vaticano gli sparavano addosso da tempo accusandolo di faciloneria e confusione per le sue preghiere in comune con i credenti di altre religioni.
Joseph Ratzinger, cogliendo tutti di sorpresa, è andato più in là. Ha accolto l´invito alla preghiera rivoltogli pubblicamente dal gran muftì di Istanbul e ha mormorato la sua orazione proprio nel punto sacro verso cui guarda ogni musulmano, quando invoca Dio Clemente e Misericordioso. È la forza della storia che lo ha portato a varcare questa soglia. La forza di una storia costruita anno dopo anno, con pazienza, prudenza e gesti profetici, dai suoi predecessori: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II. Nella Chiesa possono anche esserci lampi di improvvisazione, gesti apparenti di rottura – Wojtyla ne era maestro – ma se passano al vaglio di quella rielaborazione incessante che costituisce il vero segreto di Santa Romana Chiesa, diventano carne e sangue di una tradizione vitale e operante. Giovanni XXIII aveva aperto la strada con il Concilio, Paolo VI aveva restituito solennemente ai Turchi le bandiere di Lepanto affossando l´ideologia di croce e spada, Giovanni Paolo II non si era stancato di esortare ebrei, musulmani e cristiani a sentirsi fratelli e adoratori dell´Unico Dio. Ratzinger stesso aveva denunciato a Colonia nel 2005 la vergogna delle crociate e della guerra santa. Non si poteva tornare indietro.
Ma c´è anche un aspetto personale che rivela la psicologia di Joseph Ratzinger. Il gran muftì di Istanbul non è un furbacchione, che ha tentato il colpo gobbo di prendere il pontefice alla sprovvista invitandolo a pregare.
Mustafà Cagrici è uno dei firmatari della lettera, che trentotto religiosi e studiosi islamici scrissero a Benedetto XVI dopo l´infelice discorso di Regensburg. Una lettera che non negava le conversioni forzate avvenute nelle terre conquistate dall´Islam, ma dimostrava che erano un´eccezione, perché «la maggior parte (dei convertiti) si è unita a noi grazie alla preghiera ed all´attività missionaria».
Era un appello a prendere atto che nel mondo globalizzato Cristianesimo e Islam sono responsabili della pace e dunque «devono spostare il confronto dalle strade e le piazze verso un dialogo sincero di cuori e menti». Era anche un messaggio di rispetto per la battaglia cara al Papa contro il «predominio del materialismo nella vita dell´uomo». Ratzinger ha dimostrato di saper ascoltare. La preghiera accanto al muftì nulla toglie al suo impegno per la libertà di religione, il rispetto della persona, il ripudio della violenza, la denuncia dei terroristi che manipolano il nome di dio. Anzi, nel dialogo, lo rafforza.

(da "la repubblica" del 1° dicembre 2006)

che bravi questi "ratzingeriani" dell'ultima ora.
il papa vi ha colto di sorpresa? evidentemente non lo avete mai conosciuto, non avete mai letto i suoi libri, non avete mai colto la sua grande dolcezza e umilta' che convinvono eccezionalmente con un'intelligenza fuori dal comune...




Benedetto, giù il cappello
di Antonino D’Anna

Giù il cappello davanti a Benedetto XVI, Pontefice “di transizione” che non agisce come tale. Ha saputo affrontare un viaggio dalle premesse non facili come quello in Turchia che aveva terrorizzato non pochi fedeli alla sola idea di mettere piede in una nazione a maggioranza musulmana in cui la piccola comunità cattolica era ancora scossa dall’omicidio del sacerdote fidei donum Andrea Santoro. E che aveva suscitato non poche perplessità specialmente su quell’incognita rappresentata dall’Islam, dopo che il Gran Muftì aveva ribadito le sue critiche al discorso di Ratisbona. Adesso queste apprensioni sono svanite: il Papa è entrato, sulle orme dei predecessori, prima in S. Sofia, ex tempio di due fedi (prima cattolica poi musulmana), oggi museo nazionale per volontà di Kemal Ataturk.

Un momento simbolico all’insegna della “purificazione della memoria” (che pure da cardinale aveva criticato nei confronti del maggiore sostenitore, ossia Giovanni Paolo II), quasi preparatorio della visita alla vicina Moschea Blu, in cui ha voluto pregare insieme al Gran Muftì. Il successore di Pietro e il fedele di Maometto si ritrovano, uomini, davanti all’unico Dio che venerano insieme, sia pure a modo loro. È un gesto coraggioso, di rottura, davvero figlio del Concilio che vide l’allora giovane Ratzinger partecipare come perito, che difficilmente – confessiamo - ci si sarebbe potuti attendere da lui. Un messaggio alto, nobile, forte e grande che la Chiesa ha lanciato a tutti i fedeli di Allah, mettendo una volta per tutte le cose in chiaro: se amiamo Dio, nel suo nome non possiamo commettere atti di violenza. Un’altra, e pesante, sconfessione dell’integralismo arabo fondamentalista espresso nelle dichiarazioni di Al Qaeda che non hanno impensierito il Vaticano.

C’è dell’altro. Papa Ratzinger non entra in moschea da penitente, ma da pellegrino. Non è venuto a chiedere scusa, ma a incontrare i fedeli di un’altra religione. È venuto, ha rispettato i presenti, ha voluto pregare con loro. Cattolico vuol dire universale, ma non sincretico: Benedetto XVI ha pregato Dio secondo la dottrina cristiana, non si è convertito. Ha insomma testimoniato il fermo rispetto e l’identità del cattolicesimo nei confronti dell’islamismo.
Il tutto in un gesto di pace che merita quel gesto – di sicuro destinato a restare nella storia – di Bartolomeo I nei suoi confronti. Che, davanti alla folla festante del Fanar, il quartiere ortodosso di Istanbul, gli ha alzato il braccio destro in segno di vittoria mandando in delirio i presenti. Sì, è una vittoria delle fedi e degli uomini di buona volontà. È una vittoria di questo Papa, partito in sordina, che ha saputo liberarsi dall’ingombrante ombra del predecessore, dimostrando di saper reggere il “gran manto” con una ripetizione di piccoli gesti che rappresentano uno stile.

(da "affari italiani").

papa di transizione? ma per piacere!!!
il papa non e' partito in sordina (basti vedere i numeri di angelus e udienze). sono i mass media che sono oggi si svegliano dal loro torpore e intuiscono di trovarsi nel pontificato di benedetto xvi.

[Modificato da ratzi.lella 01/12/2006 7.48]

Discipula
00venerdì 1 dicembre 2006 13:45
Re: svolte storiche...
Scritto da: ratzi.lella 01/12/2006 7.27


Benedetto, giù il cappello
di Antonino D’Anna

(cut...)

Benedetto XVI ha pregato Dio secondo la dottrina cristiana, non si è convertito.



Perché... qualcuno aveva dei dubbi? [SM=g27828] [SM=g27824]

TERESA BENEDETTA
00venerdì 1 dicembre 2006 18:04
Davvero non capisco perche c'e stata tanta discussione - anche nei media angloparlanti - sul fatto che il Papa ha pregato dentro una moschea. Persino il padre Lombardi, stranamente, ha considerato necessario 'spiegare' che era un momento di meditazione, non propriamente una preghiera. Perche mai? Si el Papa stesso ha detto al Mufti dopo, "Grazie per il momento di preghiera!" E non e che, secondo il nostro papa, la meditazione sul Dio e preghiera stesso?

C'e una legge forse che proibita qualsiasi a pregare dovunque si conviene? Non e Dio dappertutto, e percio preghiamo dappertutto, dovunque noi stiamo al momento che ci occorre? Ma sopratutto quando uno entra in qualsiasi luogo di culto (che non al diavolo), si prega automaticamente - almeno io - al Dio a cui io mi rivolgo sempre, non ad un'altro! Sono entrata in numerosi tempi buddisti o indu o sikh dove non importa che si professano altri fedi e credi, si sente nemmeno in un luogo sacro che invita a pregare.

Questo non e sincretismo (e non e che il Papa ha partecipato in un rito musulmani; il rilvolgersi nella direzione di Mecca e analogo alla practica ad-Orientem della Messa tradizionale; inoltre, la direzione di Mecca e anche la direzione di Jerusalemme e di Betlemme) - e semplicemente rispetto del luogo ma allo stesso tempo, fedelta alla propria fede e alle sue consuetudine.

SUOR TERESA BENEDETTA
Ordine Benedettino delle Suore
delle Sante Coccole al Romano Pontefice

[Modificato da TERESA BENEDETTA 01/12/2006 18.22]

Ratzigirl
00venerdì 1 dicembre 2006 19:04
Papa intervistato prima della partenza....

IL PAPA LASCIA LA TURCHIA: PARTE DEL MIO CUORE RESTA A ISTANBUL


Dopo quattro giorni di visita in Turchia, Papa Benedetto XVI parte dall'aeroporto di Istanbul. L'aereo papale dovrebbe atterrare all'aeroporto romano di Ciampino alle 13.45. Ad accogliere Ratzinger ci sarà il presidente del Consiglio Romano Prodi. Il quinto viaggio apostolico di Benedetto XVI, iniziato martedì ad Ankara con un incontro con il premier turco Recep Tayyip Erdogan, è poi proseguito, il giorno dopo, con una messa pubblica ad Efeso e con il trasferimento ad Istanbul. Nella città sul Bosforo, il Papa, tra i molti impegni, ha incontrato il patriarca ecumenico Bartolomeo I ed ha fatto visita alla cosiddetta Moschea blu. Questa mattina, prima di ripartire alla volta di Roma, Ratzinger ha celebrato messa nella cattedrale dello Spirito santo. "Anche se non ho potuto vedere molto" di Istanbul, "ho veduto due gioielli di questa città, Santa Sofia e la Moschea blu: lasciano un'impressione permanente per me": parlando con il prefetto della città sul Bosforo, che lo ha salutato a nome delle autorità turche all'aeroporto, Benedetto XVI, ripreso dalle telecamere presenti, ha aggiunto: "Rimane una profonda gratitudine, una parte del mio cuore rimane a Istanbul". "Ho capito e sentito in ogni passo che le autorità hanno fatto tutto il possibile": intrattenendosi con il prefetto della città, Papa Ratzinger ha ringraziato con queste parole per il viaggio nel paese anatolico che si conclude oggi. "Spero che rimanga un segno di amicizia tra i popoli e le religioni", ha aggiunto, "e in questo senso la visita abbia un effetto positivo oltre questi giorni". Il Papa, replicando ad una considerazione del prefetto di Istanbul sul processo di adesione della Turchia all'Unione europea, ha espresso l'auspicio che "sempre più" si avvicinino "le strutture e le civilizzazioni". "Il nostro - gli ha detto il prefetto - è un paese democratico e laico, che vuole contribuire all'alleanza delle civiltà e speriamo anche che con l'entrata nell'Unione europa questo potrà progredire. La vostra visita - ha aggiunto - ha avuto un senso anche molto importante per questo dialogo tra le religioni". "Sì - ha risposto Ratzinger - ho sentito che vogliono realmente contribuire all'amicizia e aprire la strada per una comunione tra Europea e questa città che è profondamente anche europea e realmente un ponte tra Europa e Asia".
ratzi.lella
00venerdì 1 dicembre 2006 20:39
teresa...
non si e' trattato certamente di sincretismo e non si puo' parlare secondo me (nonostante l'articolo che riportero' qui sotto) di preghiera comune. il gran mufti' e il papa hanno pregato insieme (nello stesso momento e nel medesimo luogo) ma rispettando le reciproche differenze.
per il cattolico Dio si puo' invocare ovunque, a maggior ragione in un luogo tanto sacro.
ricordiamoci poi che anche i nostri altari sono (o dovrebbero essere) orientati verso oriente.

ecco un'analisi del viaggio del papa:

«Quella preghiera comune fuga le guerre di religione»

E’ una giornata storica. Il Papa è entrato nella moschea blu di Istanbul, si è tolto le scarpe, come prescrive il Corano, e ha pregato insieme al Muftì. Che cosa ne pensa?

« La visita di Benedetto XVI segna in questo modo una svolta e una speranza per il futuro. Ci dobbiamo confrontare con l’Islam e il Papa è andato in Turchia per richiamare all'unità e alla pace un mondo sempre più conflittuale».

Sul significato della giornata di papa Ratzinger abbiamo intervistato lo storico cattolico Pietro Scoppola, professore emerito di Storia contemporanea alla Sapienza , che nel corso della vita ha concentrato una gran parte della sua ricerca sul rapporto fra coscienza religiosa e coscienza civile, fra Stato e Chiesa, soprattutto nei secoli XIX e XX.

Professor Scoppola, quali effetti avrà il viaggio di Benedetto XVI?

«Usciamo dalle tentazioni delle guerre di civiltà e entriamo nella logica del dialogo e del confronto, in cui ognuno rimane se stesso, pronto a riconoscere il proprio ruolo e quello dell’altro. Il Pontefice ha fatto un viaggio coraggioso, che porta con sé importanti novità».

Quali?

«Ratzinger è riuscito a stabilire un rapporto molto importante con i rappresentanti della religione islamica, nella diversità è stato trovato un terreno comune, partendo dalla fede in un solo Dio».

Il Papa, infatti, rivolgendosi al gran Muftì ha detto che potranno cercare insieme le vie della pace. Crede che sia realizzabile?

«Certamente e questo viaggio, un viaggio coraggioso, darà un contributo».

Il presidente della Repubblica, per la seconda volta in pochi giorni, si è trovato d’accordo con il Papa. Ha detto che tra Italia e Asia non vi devono essere contrapposizioni e che l’Occidente non è una civiltà superiore. In che modo interpretare il discorso?

«Con quella dichiarazione Napolitano nega l’idea della supremazia, esclude la logica della contesa ed apre alla possibilità del dialogo. Una cosa va detta: solo così si risponde alle sfide del fondamentalismo ».

Napolitano d’accordo con la linea di Ratzinger?

«Da questo punto di vista sì, la linea di Ratzinger . La loro è una significativa consonanza, a dimostrazione del fatto che lo spirito laico e quello religioso non si oppongono, ma possono collaborare. Napolitano si ritrova d’accordo con la strada intrapresa dal Pontefice. La risposta vera al fondamentalismo si ha su questo terreno, quello scelto da entrambi. Un vero cammino verso la pace»

(da "il messaggero" del 1° dicembre 2006)

[Modificato da ratzi.lella 01/12/2006 20.42]

euge65
00venerdì 1 dicembre 2006 20:44
Re: Re: svolte storiche...

Scritto da: Discipula 01/12/2006 13.45
Scritto da: ratzi.lella 01/12/2006 7.27


Benedetto, giù il cappello
di Antonino D’Anna

(cut...)

Benedetto XVI ha pregato Dio secondo la dottrina cristiana, non si è convertito.



Perché... qualcuno aveva dei dubbi? [SM=g27828] [SM=g27824]




MA POSSIBILE CHE OGNI COSA IMPORTANTE CHE FA BENEDETTO DEBBA DIVENTARE FONTE DI STERILI POLEMICHE [SM=g27826] [SM=g27826] [SM=g27826] ????????????????????? MA NON CI SAPETE PROPRIO STARE SENZA CREARE POLEMICA!!!!!!!!!!
RIFLETTETE INVECE SULL'IMPORTANZA DI QUESTO VIAGGIO IN OGNI SENSO!!!!!!!!!! DITE LA VERITA' VI SCOCCIA CHE BENEDETTO ABBIA CONQUISTATO ANCHE LA TURCHIA........... CHI DISPREZZA COMPRA!!!!!!!!!!!!! [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
ratzi.lella
00venerdì 1 dicembre 2006 20:53
bartolomeo e ratzi
L’apertura di Benedetto

di Alceste Santini

È stato di significativa rilevanza, per rimuovere un ostacolo al dialogo ecumenico, che Benedetto XVI, rivolgendosi ieri al patriarca Bartolomeo I e a tutti gli ortodossi, li abbia invitati, da una sede storica come Costantinopoli, ad affrontare il problema del «ministero petrino» del Papa inteso come «servizio d’amore riconosciuto dagli uni e dagli altri». Così era concepito il «primato di Pietro», dalle origini fino al primo millennio, per garantire «l’unità della fede e della comunione». Solo dopo le divisioni e gli scismi il Papa è divenuto un sovrano assoluto accentuando la separazione già avvenuta nel 1054 tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente.
È stato il Concilio Vaticano II a riscoprire, con la costituzione «Lumen gentium» (n.24), l'«autentico servizio» del ministero petrino, rovesciando la forma autoritaria assunta nel secondo millennio e confermata da Pio IX con il Vaticano I che attribuiva al Papa «un potere plenario e sovrano» a svantaggio della conciliarità, della collegialità episcopale. E Giovanni Paolo II, con l'enciclica «Ut unum sint» del maggio 1995, mise in discussione il suo primato nella linea del Concilio Vaticano II, esortando le diverse Chiese cristiane a «cercare insieme le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio d'amore riconosciuto da tutti i cristiani». A undici anni da quella proposta e al fine di spianare la strada alla comprensione reciproca, Benedetto XVI ha riproposto di armonizzare il primato con la collegialità in base alla più antica regola stabilità da Gesù a cui si rifanno tutte le Chiese cristiane. Un fatto straordinario che riapre la discussione. Ma Benedetto XVI, in questo viaggio difficile ma fruttuoso, ha compiuto nel pomeriggio altri due gesti entrando nel Museo di Santa Sofia, già antica Basilica cristiana, e nella Moschea Blu. Ha voluto riconoscere, alla presenza di autorità statali e religiose che si sono prodigate a spiegare la storia di queste realtà, la grande eredità culturale e religiosa della Turchia che, nei secoli, ha attraversato esperienze diverse. Con il suo atteggiamento di rispetto e di amicizia, ma raccolto in meditazione silenziosa, il Papa-teologo ha reso omaggio ad Ataturk, all'Islam per sottolineare l'importanza del dialogo interreligioso.

(da "il mattino" del 1° dicembre 2006)
ratzi.lella
00sabato 2 dicembre 2006 10:11
bilanci del viaggio in turchia...
LE REAZIONI
Entusiasmo sui giornali al termine della visita del pontefice
Ratzinger conquista i turchi "Abbiamo un nuovo alleato"

Coro di elogi per l´appoggio dato a Erdogan e la preghiera nella moschea
di MARCO ANSALDO

ISTANBUL - «La Turchia ha un nuovo alleato: il Papa». Basta questa frase, ripetuta e rilanciata come un tam-tam sui giornali, nei commenti, sulle radio private, per cogliere appieno il successo del viaggio di Benedetto XVI a Istanbul. Un risultato che appare doppio, buono tanto per il Vaticano quanto per la delicata immagine della Turchia all´estero.
Il paese della Sublime Porta ieri era molto fiero. È riuscito infatti - secondo tutti - non solo a dimostrare di aver sventato qualsiasi possibile attacco contro il capo della Chiesa di Roma, provenisse esso da Al Qaeda, dai Lupi grigi o dai fondamentalisti locali. Ma di aver voltato in positivo una situazione descritta alla vigilia come tetra e foriera di lugubri presagi.
Non un singolo petardo è invece scoppiato sul percorso di Ratzinger, nei suoi quattro giorni di viaggio in Anatolia. Merito, ammettono i turchi, dello stesso pontefice, che in modo equilibrato si è conquistato la fiducia di un popolo che, nell´ultimo anno, si è sentito allontanato dall´Europa piuttosto che ben accetto.
Le colombe liberate a messa, la bandiera con la mezzaluna sventolata a Efeso, le scuse per aver arrecato disagi alla città di Istanbul, il momento magico della preghiera comune alla Moschea blu, le frasi di appoggio all´ingresso della Turchia in Europa, sono tutti gesti che non solo le istituzioni, ma la gente ha colto e apprezzato.
Ieri infatti tutti i quotidiani locali enfatizzavano la preghiera fatta dal Papa in moschea, a piedi scalzi, davanti al mihrab, la zona posta in direzione della Mecca. E ogni giornale mostrava in prima pagina una grande foto di Benedetto XVI raccolto nel gesto del kiyam (con le mani sovrapposte sotto lo sterno), fianco a fianco con il Mufti di Istanbul. «Ha pregato come un musulmano», sottolineava il quotidiano Vatan, che definiva «storica» la prima preghiera di un Papa in una moschea. Mentre Milliyet scriveva significativamente: «Al contrario di quel che ci si attendeva, il Papa non ha pregato a Santa Sofia, ma lo ha fatto nella Moschea Blu».
Il gesto poi di voltarsi in direzione della Mecca, secondo l´uso musulmano, è stato considerato dallo stesso Mufti di Istanbul, che due mesi fa aveva chiesto le scuse di Ratzinger per le frasi sull´Islam pronunciate a Ratisbona, «più prezioso e significativo di qualunque dichiarazione di scuse».
Le televisioni hanno poi seguito in diretta quasi continua i giorni della visita, ripetendo quella frase «amo i turchi», pronunciata da Benedetto XVI nel solco di Giovanni XXIII, che a Istanbul fu un nunzio mai dimenticato. Al punto che ancora oggi, la via dove l´uomo che sarebbe diventato pontefice abitava, è chiamata «la strada di Papa Roncalli».
Ma il successo è stato anche politico. Il sostegno dato da Ratzinger non appena giunto in aeroporto al premier Tayyip Erdogan, con «l´auspicio di vedere la Turchia in Europa», è stato il risultato migliore incassato dal governo nel corso degli ultimi mesi. Molti osservatori non nascondono infatti quanto avrebbe perduto in immagine il primo ministro se davvero avesse disertato, come sembrava fino all´ultimo momento, l´incontro con Benedetto XVI. Anche i turchi ora lo ripetono: meglio averlo come alleato, il Papa.

(da "la repubblica" del 2 dicembre 2006)


solo una precisazione: il gran mufti' di istanbul non e' ali bardakoglu (che chiese le scuse del papa per il discorso di ratisbona) ma mustafa cagrici, che, al contrario, e' uno dei firmatari della lettera aperta di alcuni intellettuali islamici che accoglievano molte delle tesi della lectio.


"Lascio il mio cuore a Istanbul"
Conclusa la visita del Papa, cancellate le polemiche sull´Islam

L´ultimo atto la messa a S. Spirito, poi in aereo verso Roma Ratzinger "sfinito" si addormenta
di MARCO POLITI

ISTANBUL - L´ultimo gesto: liberare tre colombe di pace nel cortile della chiesa cattolica di Santo Spirito. L´ultima parola prima di partire: «Per il Pastore supremo della Chiesa cattolica il dialogo è un dovere». Benedetto XVI ha fatto breccia nell´immaginazione dei turchi. Si aspettavano un autoritario prepotente, hanno visto un uomo di religione mite e aperto alle prospettive della Turchia e al dialogo con l´Islam. La sua preghiera nella Moschea blu campeggia su tutti i titoli dei giornali. Ratzinger ha lasciato sereno il Paese al quarto giorno del suo viaggio. «Lascio un po´ del mio cuore a Istanbul», ha detto al governatore della città. All´invito di tornare ancora, ha risposto: «Sono vecchio e non so quanto il Signore mi concederà». Ha persino scherzato su Ratisbona. Non sul discorso sfortunato, ma sul fatto che Ratisbona a differenza di Istanbul (che lo sarà nel 2010) riuscì ad aggiudicarsi il titolo di «capitale della cultura». Il bilancio del viaggio è racchiuso nella sua frase di congedo: «Rendo grazie al Signore di aver potuto dare un segno di dialogo per una maggiore comprensione tra le religioni e le culture, in particolare l´Islam». Quindi, sfinito, papa Ratzinger si è addormentato profondamente nell´aereo che lo ha portato a casa.
Anche il patriarca ecumenico Bartolomeo I è rimasto soddisfatto della visita papale. Un evento «storico per il Patriarcato e il cammino ecumenico delle nostre Chiese», ha commentato. Bartolomeo I ha sottoposto al pontefice una proposta concreta per accelerare il dialogo. «Mi ha già detto che la vede con favore», ha confidato all´Avvenire. Ad una giornalista americana del volo papale, che gli chiedeva se era happy, contento dei risultati, il Patriarca, che parla bene l´italiano, ha risposto ridendo: «Happyssimo!».
Soddisfatto anche il cardinale Segretario di Stato Bertone per il gesto di Benedetto XVI in moschea: «Era un clima di preghiera intenso e allora il Papa si è unito». Meno contento un dirigente del comitato anti-moschea di Lodi, che incappato nei reporter ha confessato: «E adesso che gli dico a casa?». Per il cardinale Etchegaray, veterano di missioni impossibili, «la preghiera di Benedetto XVI nella moschea eguaglia il gesto di Giovanni Paolo II quando nel 2000 si recò al Muro del Pianto: ha fatto con i musulmani, ciò che allora fece con gli ebrei». Non a caso il giornale Millyet ha fatto sul Papa che prega il titolo «Come un musulmano».
La visita segna anche un risultato concreto nei rapporti turco- vaticani.
Fonti della Santa Sede hanno dichiarato che per la prima volta le autorità del governo di Ankara hanno accettato di aprire colloqui sul problema dello status giuridico delle comunità cattoliche in Turchia e sulla questione dei beni ecclesiastici (che in questo Paese non possono essere intestati alla Chiesa).L´ultima fase del suo pellegrinaggio il pontefice l´ha dedicata agli armeni e ai cattolici. Giovedì sera ha partecipato ad un rito di preghiera con il Patriarca armeno Mesrob II, dinanzi al quale ha rammentato le «circostanze davvero tragiche» vissute dagli armeni in Turchia. Un accenno evidente all´orrendo massacro degli armeni nel primo Novecento, che per i nazionalisti turchi è tuttora tabù. (E´ stato l´unico evento, d´altronde, che la tv turca non ha trasmesso in diretta. Uno sgarbo inutile che ha macchiato un´accoglienza per il resto perfetta).
In mattinata, prima di partire, Benedetto XVI ha celebrato messa nella chiesa cattolica di Santo Spirito, un tempo parrocchia di Roncalli. Milleduecento fedeli si sono stretti intorno al pontefice per il rito, cui ha assistito anche il patriarca ecumenico Bartolomeo I. Del coro facevano parte anche una decina di ragazze cristiane rifugiate dall´Iraq: hanno cantato in aramaico, la lingua di Gesù. «Fratelli e sorelle - ha detto con affetto il Papa - le vostre comunità conoscono l´umile cammino di accompagnamento di ogni giorno con quelli che non condividono la nostra fede, ma dichiarano di avere la fede di Abramo e adorano con noi il Dio uno e misericordioso». La Chiesa, ha soggiunto, non vuole imporre niente e chiede semplicemente di «poter vivere liberamente» per annunciare Cristo. «Siate sempre aperti allo spirito di Cristo - è stata l´esortazione del pontefice - e siate attenti a quelli che hanno sete di giustizia, di pace, di dignità, di considerazione per essi stessi e per i loro fratelli». «Grazie per il sostegno che ci porta», è stata la risposta alla sua visita da parte del vicario apostolico latino di Istanbul, mons. Louis Pelatre.
Di ritorno a Roma, Benedetto XVI è stato accolto a Ciampino dal premier Prodi.

(da "la repubblica" del 2 dicembre 2006)

"repubblica" convertita? [SM=g27828]
da notare che il dialogo franco e sincero, senza cedimenti e reticenze, ottiene molto di piu' di un'intesa di facciata, buona solo per i mass media [SM=g27811]




Così il Papa aiuta l’islam a vincere i fondamentalisti
di Gianni Baget Bozzo

Il Papa ha pregato in una moschea, ha pregato il suo Dio che è Dio Gesù Cristo ma l’ha fatto in un luogo che è il luogo della preghiera islamica. Non è stata certo la comunicazione nella preghiera una unità con la preghiera dei musulmani che è rivolta a un Dio che non è il Padre di Gesù Cristo. Del resto il cardinale Ratzinger aveva partecipato al secondo colloquio di Assisi che sembrava però non approvare di cuore. Ma allora il punto delicato era appunto la pluralità di preghiere nel medesimo luogo. Quello poteva creare il pericolo di quella che nel diritto canonico si chiama comunicazione delle cose sacre e che è vietata ai cattolici perché conduce al sincretismo religioso e alla confusione delle lingue. Il rischio di Assisi stava appunto nel fatto del tipo di comunicazione che si creava nelle cose sacre come se il Dio che tutti adoravano fosse lo stesso Dio per tutti e come se Gesù Cristo non fosse per i cattolici l’unica via di salvezza. La preghiera del Papa è una preghiera personale. Per cosa ha pregato Papa Ratzinger? Per la conversione dei musulmani? Non è nell’orizzonte del possibile se la pensiamo riferita al Cristianesimo. Avrà pregato perché si rivolgano alle vie di pace, quello che viene continuamente invocato nei suoi discorsi in Turchia. Non si può quindi accusare di aver cambiato posizione perché un uomo solo prega il suo Dio. Ma del resto capisco il fascino di pregare in una moschea, in un luogo in cui certamente si adora un Dio che non è padre di Gesù Cristo ma è sempre il Dio della rivelazione biblica, ma interamente separato dall’inclinazione verso l’uomo sino all’Incarnazione, che è il modo in cui il Dio di Israele è poi diventato il Dio cristiano. Nella moschea si sente il fascino della adorazione, quello che manca tanto al nostro comune sentire cristiano, dopo che la tempesta della secolarizzazione ha invaso i sentimenti comuni e la liturgia è diventata spesso una festa comunitaria. Ratzinger è capace di sentire il fascino di una comunità adorante. Si può però domandare al Papa: che cosa penseranno i cristiani che in nome di Maometto sono perseguitati e uccisi? Il sangue dei martiri non ispira la vendetta. Non so cosa penseranno i cristiani in Pakistan, dove un vescovo si è ucciso per portare l’accento sulla persecuzione dei cristiani messi a morte perché su indicazione di un musulmano erano accusati di aver bestemmiato il Profeta, cioè Maometto. Ma anche la speranza di quei cristiani è che nell’Islam prevalgano pensieri diversi dal fondamentalismo che oggi è prevalente in tante menti del mondo islamico, specie singolarmente nel mondo islamico in Occidente, in Europa.
Certo Benedetto XVI non è il cardinale Ratzinger ma non è affatto in contraddizione con esso. Il Papa ha la responsabilità della pace ed egualmente della libertà. Conciliare queste due cose non è sempre facile ma non è impossibile. E Papa Benedetto è un uomo che può farlo e lo ha dimostrato. Al Qaida lo condanna ma il suo viaggio in Turchia è stato un atto di pace e di amore. Diciamo pure, che non guasta: anche un successo politico.



Il Papa: «Lascio parte del mio cuore a Istanbul»
di Andrea Tornielli

La Chiesa «non vuole imporre nulla a nessuno» e chiede solo «di poter vivere liberamente». Nell’ultimo giorno del viaggio in Turchia, prima di imbarcarsi sull’aereo che lo riporterà a Roma, il Papa incontra il «piccolo gregge» cattolico di Istanbul nella cattedrale di Santo Spirito: 1.500 gli inviti nominali distribuiti, ma i fedeli accorsi sono di più. Non era previsto che il viaggio durasse fino al 1° dicembre, secondo un primo programma sarebbe dovuto finire già ieri sera. Ma proprio i cattolici avevano scritto a Roma chiedendo che il Papa, dopo aver incontrato gli ortodossi, gli armeni, i musulmani e gli ebrei, dedicasse anche a loro una celebrazione.
Nell’omelia, pronunciata alla presenza del patriarca ecumenico Bartolomeo e del patriarca armeno Mesrob, Benedetto XVI tocca alcuni dei temi del viaggio: il dialogo ecumenico e il rapporto con l’islam. Sul primo, il Papa ricorda l’auspicio di Wojtyla, che sperava in una Chiesa finalmente unita nel nuovo millennio. «Questo auspicio non si è ancora realizzato – dice Ratzinger – ma il desiderio del Papa è sempre lo stesso e ci spinge, noi tutti discepoli di Cristo che avanziamo con le nostre lentezze e le nostre povertà sul cammino che conduce all’unità, ad agire incessantemente in vista del bene di tutti, ponendo la prospettiva ecumenica al primo posto delle nostre preoccupazioni ecclesiali».
Alla rappresentanza dei cattolici turchi (che nel Paese sono in tutto 32.000), Benedetto XVI ricorda che la «buona novella» non è «soltanto una parola, ma è una persona, Cristo stesso, risorto e vivo!», e questo dono inarrestabile non può essere trattenuto: «Come i cristiani potrebbero trattenere soltanto per loro ciò che hanno ricevuto? Come potrebbero confiscare questo tesoro e nascondere questa fonte?». Ratzinger spiega che «la missione della Chiesa non consiste nel difendere poteri, né ottenere ricchezze», ma «la sua missione è di donare Cristo». Una testimonianza non facile in un contesto come quello della Turchia, dove i cristiani sono un’infima minoranza.
Come vivere, dunque, da cristiani in un contesto che, nonostante la laicità turca, sta diventando ogni giorno più musulmano? «Le vostre comunità conoscono l’umile cammino di accompagnamento di ogni giorno con quelli che non condividono la nostra fede ma che dichiarano di avere la fede in Abramo e che adorano con noi il Dio uno e misericordioso – spiega Ratzinger –. Sapete bene che la Chiesa non vuole imporre nulla a nessuno, e che chiede semplicemente di poter vivere liberamente per rivelare colui che essa non può nascondere, Cristo Gesù che ci ha amati fino alla fine sulla croce e che ci ha dato il suo Spirito». «Siate sempre aperti – è l’invito del Papa – allo Spirito di Cristo e, pertanto, siate attenti a quelli che hanno sete di giustizia, di pace, di dignità, di considerazione per essi stessi e per i loro fratelli».
Giovedì sera, senza telecamere e flash dei fotografi, il Papa aveva incontrato 160 giovani cattolici turchi, entrati a cantargli dei cori nel cortile dell’ex nunziatura, divenuta per due notti residenza papale.
Ieri il congedo con nuove parole di affetto: «Lascio una parte del mio cuore a Istanbul - ha detto il Pontefice - anche se non ho potuto vedere molto, ho visitato due gioielli, Santa Sofia e la Moschea Blu».
Il bilancio del viaggio è certamente positivo: con le sue aperture verso il cammino che potrebbe portare la Turchia in Europa e poi con il gesto, non preparato ma clamoroso, della preghiera in moschea, Benedetto XVI ha ottenuto due successi. Il primo è l’aver dimostrato che, anche in presenza di un clima talvolta ostile, il capo della Chiesa cattolica può essere un alleato importante. Non è un caso che, come ha annunciato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone a «Porta a porta», il vicepremier turco si sia impegnato a iniziare dei colloqui per risolvere l’annoso problema delle proprietà ecclesiastiche in Turchia. Fino a questo momento, le richieste della Santa Sede si erano dovute scontrare contro un muro di gomma. Il secondo successo è certamente quello con l’islam: con i suoi discorsi, ma ancor di più con quella preghiera in moschea, rilanciata dalle tv di tutto il mondo, Benedetto XVI non ha soltanto chiuso il fraintendimento di Ratisbona, ma l’ha superato, mostrando che la chiarezza di posizioni e la capacità di porre i problemi veri si accompagnano da parte sua al massimo rispetto e stima per i musulmani. Certo, questi due elementi hanno fatto passare un po’ in secondo piano, dal punto di vista mediatico, lo scopo principale del viaggio, l’abbraccio con il patriarca Bartolomeo. Anche se nella dichiarazione congiunta non sono stati fatti passi avanti concreti, è positivo che il dialogo teologico sia ripreso e possa essere potenziato fin dalla prossima sessione dei lavori della commissione mista, che inizieranno in primavera a Ravenna.


(da "il giornale" del 2 dicembre 2006)



Bilancio del viaggio del Papa che ha parlato in un paese musulmano di libertà religiosa

Dalla visita in Turchia un invito a evitare ogni fondamentalismo
Tre grandi temi che hanno fatto breccia nel cuore della gente
di Paolo Francia

ISTANBUL
Bartolomeo I, patriarca degli ortodossi, ha contraccambiato la presenza di Benedetto XVI in San Giorgio recandosi alla messa del Papa nella cattedrale dello Spirito Santo, che ha concluso il viaggio denso di significati. Un'estrema dimostrazione del nuovo rapporto fra le due Chiese, quasi a a restituire alla missione di Ratzinger il pieno significato 'spirituale' che intendeva dargli e che invece si è poi strutturato in un mix politico-confessionale aperto alle più svariate interpretazioni. Lo stesso Benedetto XVI ha inteso riportare la visita sul binario desiderato, aprendo l'omelia della messa. «Al termine del mio viaggio pastorale in Turchia – ha detto – sono lieto di incontrare la comunità cattolica di Istanbul». Una comunità, ha poi sottolineato, che "conosce l'umile cammino di accompagnamento di ogni giorno con quelli che non condividono la nostra fede ma che dichiarano la fede di Abramo e che adorano con noi il Dio uno e misericordioso". I musulmani, in parole povere. Alla celebrazione, nella cattedrale dove già era stato Giovanni Paolo II nel 1979, ha presenziato anche il patriarca armeno Mesrop II. Benedetto XVI ha fatto proprio l'auspicio del suo predecessore, che aveva auspicato "che l'alba del nuovo millennio potesse sorgere su una Chiesa che ha ritrovato la sua piena unità, per meglio testimoniare, in mezzo alle esacerbate tensioni del mondo, il trascendente amore di Dio". Il Papa ha osservato che l'auspicio wojtyliano "non si è ancora realizzato" riaffermando tuttavia che oggi come allora il desiderio del successore di Pietro "è sempre lo stesso". Ai fedeli ha poi ricordato che "la Chiesa non vuole imporre nulla a nessuno e chiede semplicemente di poter vivere liberamente per rivelare Colui che essa non può nascondere» Una liturgia suggestiva, anche in turco, francese, tedesco, siriano, arabo e spagnolo per rappresentare le diverse comunità cattoliche; e arricchita da canti in lingua aramaica di un gruppetto di ragazze di rito caldeo fuggite da Baghdad e Mossul.
Il Papa ha infine liberato tre colombe e uscendo dalla chiesa ha ringraziato per l'accoglienza "davvero calorosa" che gli ha riservato la città scusandosi anche «per i non pochi disagi creati alla vita quotidiana delle persone». Molta partecipazione in cattedrale, comunque gremita. Era questo, di fatto, l'unico appuntamento con i cattolici. Ma, esiguità dei cattolici in Turchia a parte, non era facile raggiungere il luogo, in una Istanbul tenuta sotto ferreo controllo, con molte strade vietate. Non è stata risparmiata alcuna precauzione. La sicurezza turca ha lavorato alla perfezione. L'aereo papale ha lasciato il Paese per atterrare alle 14.45' a Roma, accolto a Ciampino dal capo del governo Prodi e dal presidente della Conferenza episcopale cardinale Ruini. All'aeroporto è stato salutato dal governatore della città Muammer Gueler. «Come Pastore della Chiesa – ha detto Benedetto XVI – è mio dovere dare un contributo per la comprensione e il dialogo fra le culture e le religioni. Spero che questo viaggio rimanga come segno di amicizia». E al governatore, che l'invitava a tornare, ha risposto: «Sono vecchio, non so quanto il Signore mi concederà. Sono nelle sue mani».
Papa Ratzinger ha fatto breccia nel cuore della Turchia. I risultati non erano scontati. Con mitezza e umiltà ha archiviato definitivamente le polemiche di Ratisbona; con passione ha difeso il diritto alla libertà religiosa delle minoranze in un paese interamente musulmano; e ha voluto dare appoggio al cammino verso l'Europa che sta compiendo il paese della Mezzaluna. Senza curarsi delle manifestazioni di protesta e nemmeno dei velenosi proclami di Al Qaeda,
Benedetto XVI ha affrontato con coraggio quattro giorni che si prospettavano difficili e costellati di insidie.
Tre i grandi temi che hanno fatto da filo conduttore: il dialogo con l'Islam,. il rapporto con gli ortodossi; l'Europa, i suoi valori e la Turchia.

(da "la gazzetta del sud" di sabato 2 dicembre 2006)

[Modificato da ratzi.lella 02/12/2006 10.53]

ratzi.lella
00sabato 2 dicembre 2006 13:53
altre riflessioni
Oltre Wojtyla
di FRANCO GARELLI

Quasi nessuno si sarebbe aspettato un gesto innovativo e dirompente come quello che Benedetto XVI ha compiuto ieri pomeriggio nella visita alla Moschea Blu di Istanbul, quando ad un certo punto si è raccolto in silenzio e in preghiera davanti alla nicchia che indica la Mecca. Per tutta la giornata le agenzia di stampa avevano ribadito l'idea che non vi sarebbe stata una preghiera del Papa in questo importante tempio dell’Islam, che il protocollo non lo prevedeva, che non vi erano segni di un cambiamento di stile da parte di un Pontefice teologo molto attento alle verità della fede e alle distinzioni tra le confessioni religiose.

E invece si è verificato il grande evento, l’apertura inattesa, il «gesto» che è diventato dunque la vera icona di questo singolare viaggio pontificio in terra islamica. Il Papa cattolico, visitando la Moschea Blu, non soltanto ha reso un atto di omaggio a una grande religione storica come l’Islam. Non solo, come ogni visitatore è entrato scalzo in questo splendido tempio per ammirarne la grandezza, l’armonia orientale e il richiamo verso l’alto. Ma oltre a ciò - come ha riferito il direttore della sala stampa vaticana Padre Federico Lombardi - «davanti al mihrab, nella Moschea Blu, il papa ha sostato in meditazione e certamente ha rivolto a Dio il suo pensiero». Non c’è alcun dubbio sul significato e valore del gesto, come lo stesso Pontefice ha ammesso quando ha ringraziato «per questo momento di preghiera» il Gran Mutfì che l’accompagnava nella visita.

Con questo gesto il Papa sembra superare il solito cliché degli incontri ecumenici in cui gli esponenti di religioni diverse pregano insieme il proprio Dio; per andare invece verso il riconoscimento dell’esistenza di un Dio comune alle tre religioni monoteistiche, di un Dio dunque condiviso dai figli di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Si tratta certamente di un gesto che sembra proclamare l’esistenza di uno stesso Dio, che può essere pregato sia nella Basilica di San Pietro sia nelle moschee sia nelle sinagoghe di tutto il mondo. E per non lasciar dubbi all’interpretazione, si può citare la frase con cui Ratzinger sempre nel pomeriggio di ieri ha vergato il Libro d’Oro di Santa Sofia, al termine della sua visita a questa ex-basilica, ex-moschea o ora museo: «Nelle nostre diversità ci troviamo davanti alla fede del Dio unico».

Pur nella rilevanza del gesto, occorre però ricordare che non è la prima volta che un Papa visita una moschea e vi prega. L’aveva già fatto a Damasco, nella storica moschea degli ommaidi, Karol Wojtyla, un pontefice la cui capacità di gesti profetici sembrava molto più pronunciata di quella del suo successore. Tuttavia, l’innovazione di ieri di Ratzinger sembra essere per varie ragioni più impegnativa della svolta storica del Papa polacco. Anzitutto, quello siriano è un Islam molto più aperto di quello turco, che si caratterizza per una posizione dominante ma anche anomala rispetto a ciò che accade in altri Stati di religione islamica. L’anomalia dell’Islam turco è di essere ufficialmente una religione tollerata da un regime costituzionale di laicità, ma che svolge di fatto il ruolo di una religione di Stato la cui preponderanza elimina sempre più la presenza delle altre religioni.

Con la sua visita in Turchia, Ratzinger non si è sottratto al confronto con questa ambivalenza ed ha espresso nei suoi discorsi una coerente teologia del dialogo tra monoteismi, accettabile per entrambe le parti. Il gesto della preghiera è dunque solo la logica conseguenza di questo discorso. Se c’è un Dio unico e comune, comune deve essere anche la possibilità di pregarlo, pur nella diversità dell’invocazione o del nome attribuitogli. Se il regime di laicità tollera tutte le religioni, perché non permette l’espressione della religiosità da parte di uno dei suoi leader?

Praticando la preghiera in uno spazio sacro non cristiano Ratzinger afferma con un gesto fortemente simbolico l’esigenza della libertà religiosa, e lo fa in coerenza con una visione teologica del mondo, non semplicemente civile.

Il gesto eclatante di ieri rischia di far passare in secondo piano il significato ecumenico del viaggio, anche se di fatto non è così. Grande era l’attesa da parte del Patriarcato ortodosso che il Papa gli garantisse quel riconoscimento istituzionale e internazionale di cui la Chiesa ortodossa ha assolutamente bisogno per sopravvivere in una terra a netta prevalenza musulmana. Ratzinger ha soddisfatto questa attesa a due livelli: anzitutto nei suoi discorsi, valorizzando il ruolo dell’ortodossia alla realizzazione della pace, e ribadendo il primato di Costantinopoli all’interno delle Chiese ortodosse; ma soprattutto attraverso il gesto simbolico della sua preghiera in una moschea. La libertà religiosa non è solo un auspicio o un diritto astratto, ma anche uno spazio conquistabile concretamente attraverso dei gesti profetici. Come sovente accade, i segni sono più importanti dei discorsi, creano realtà, suscitano condizioni di libertà.



"Un gesto storico che tocca tutti"
L'intervista al Cardinale Achille Silvestrini
di FLAVIA AMABILE

Cardinale Achille Silvestrini, lei è stato Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, in pratica il ministro del Vaticano per l’Oriente: che effetto le ha fatto vedere papa Benedetto pregare nella Moschea Blu di Istanbul?

«Un gesto senza dubbio importante, ma tutto il viaggio mi sembra caratterizzato da una nota di coraggio. Nonostante le previsioni, le voci, le manifestazioni di protesta, il Santo Padre ha affrontato con serenità e portato a termine l’intero programma. Nell’incontro con il mufì ha detto con grande coraggio: si faccia la pace in Medio Oriente, poi c’è stato il discorso con Bartolomeo I, le braccia sollevate insieme e il riconoscimento che le divisioni fra cristiani sono uno scandalo. Infine, la visita a Santa Sofia e poi alla Moschea Blu, dove ha pregato».

Il Papa che prega accanto all’imam all’interno di una moschea: è una di quelle scene destinate a rimanere nell’immaginario collettivo, come la mano di Giovanni Paolo II che infila un biglietto nel Muro del Pianto a Gerusalemme...

«Certo, è di sicuro un momento destinato a colpire le persone del mondo intero, a qualsiasi religione appartengano».

Anche se ad alcuni musulmani questo gesto potrebbe non far piacere...

«Anche fra i musulmani non c’è unità, e se ci saranno dei dissenzienti, pazienza! Il Concilio Vaticano II e papa Roncalli lo sottolineavano già con forza: con i musulmani abbiamo in comune la preghiera con Dio e questo viaggio è tutto in una linea di rispetto, di condivisione».

Non è la prima volta di un Papa in una moschea. Anche Giovanni Paolo II era entrato nella moschea di Damasco...

«In quel caso però c’era il ricordo di San Giovanni. C’è la sua tomba, il pontefice era lì anche per una memoria cristiana e per pregare per un cristiano. In questo caso Benedetto XVI è andato a pregare in una moschea senza altri motivi se non la condivisione della preghiera e il rispetto di un luogo di culto, di una religione diversa».

E a dispetto delle minacce di Al-Qaeda. Hanno influito in qualche modo sul viaggio o sui rapporti tra pontefice e imam?

«Per nulla. In questo viaggio loro sono stati assenti e hanno voluto soltanto rimarcare la loro esistenza lanciando delle minacce, ma nulla è cambiato né nei rapporti, né nel merito del viaggio. In ogni caso, l’intero programma di Benedetto XVI, ogni suo gesto, ogni sua parola sono stati una risposta concreta alla violenza di Al-Qaeda».

A questo punto si può considerare cancellato l’incidente di Regensburg, si possono considerare alle spalle le tensioni fra cristiani e musulmani?

«Sì, ormai quello è un problema che mi sembra definitivamente superato. Chi voleva capire all’interno del mondo musulmano, aveva capito già prima della partenza del pontefice per la Turchia. Dopo questi quattro giorni nessuno potrà avere più dubbi che a Regensburg ci sia stato un fraintendimento, null’altro che questo, che il pontefice non intendeva offendere né creare scontri. Chi non vuol capire invece probabilmente non ci capirà nemmeno ora, ma non c’è niente da fare».

(da "la stampa" del 1° dicembre 2006)

e infine, una riflessione dell'ottimo arcivescovo bruno forte.


Tra Europa e Turchia
L’INCONTRO DI CIVILTÀ
di BRUNO FORTE

IL viaggio pastorale di Benedetto XVI in Turchia cui oggi sembra acclamare l’intera opinione pubblica di quel Paese, a stragrande maggioranza islamica è stato la riproposizione simbolica e contenutistica di quanto lo stesso Papa aveva detto a Regensburg, nel famoso discorso contestato dagli stessi che oggi apprezzano lo stile, le parole e i gesti del Pontefice romano : tre erano i grandi temi di quel discorso, tre e gli stessi sono i motivi della visita appena conclusa. Il primo: occorre superare ogni logica di “scontro di civiltà” per favorire in ogni modo l’incontro delle culture e dei popoli. Il Papa lo ha ribadito sin dall’inizio del Suo viaggio nel dialogo con i giornalisti sull’aereo che lo portava ad Ankara: «Questo non è un viaggio politico ma un viaggio pastorale e ha come sua determinazione il dialogo e l’impegno comune per la pace». Caso concreto ed emblematico di questo dialogo per la pace, segno e via per l’incontro di civiltà, è proprio il rapporto fra l’Europa e la Turchia: «Noi europei dobbiamo ripensare la nostra ragione laica-laicista ha detto il Papa e la Turchia deve, partendo dalla sua storia, dalle sue origini, pensare con noi come ricostruire per il futuro il nesso tra laicità e tradizione, tra una ragione aperta e tollerante che ha come elemento fondamentale la libertà e i valori che danno contenuto alla libertà». Si tratta di una “fecondazione reciproca”, che potrà essere a beneficio di tutti. Benedetto XVI ha voluto sottolineare questo messaggio con le parole che ha scritto sul Libro d’Oro del Mausoleo di Kemal Atatürk, visitato all’arrivo: «In questa terra, punto d’incontro e crocevia di religioni e culture, cerniera tra l’Asia e l’Europa, volentieri faccio mie le parole del Fondatore della Repubblica Turca per esprimere l’augurio: “Pace in Patria, pace nel mondo”». E durante l’incontro con il presidente per gli Affari Religiosi della Repubblica turca il Vescovo di Roma ha confermato «la necessità di affrontare il dialogo interreligioso e interculturale con ottimismo e speranza… Esso non può essere ridotto ad un extra opzionale: al contrario, è una necessità vitale, dalla quale dipende in larga misura il nostro futuro». Il secondo tema proposto a Ratisbona era il “no” ad ogni forma di violenza esercitata in nome di Dio : in Turchia il Papa non poteva essere più chiaro su questo punto: «Uccidere innocenti in nome di Dio è un’offesa verso di Lui e verso la dignità umana. Dobbiamo tutti impegnarci per un servizio rinnovato dell’uomo e per la difesa della vita umana». Queste parole contenute nella dichiarazione sottoscritta dal Papa e dal Patriarca Bartolomeo si sono congiunte all’appello per un impegno comune contro «povertà, guerra e terrorismo, spoliazione di poveri, emigrati, donne e bambini». Benedetto XVI aveva peraltro sottolineato sin dalle prime ore che «la libertà di religione, garantita istituzionalmente ed effettivamente rispettata, per gli individui come per le comunità, costituisce per tutti i credenti la condizione necessaria per il loro leale contributo all’edificazione della società, in atteggiamento di autentico servizio, specialmente nei confronti dei più vulnerabili e dei poveri». Non solo non c’è alcun cedimento rispetto alle parole pronunciate a Ratisbona, ma se possibile le idee sono ancora più ferme e decise: chi volesse leggere gli inviti del Papa al dialogo come una abdicazione al dovere di annunciare la verità, troverebbe qui l’evidente smentita. Significative in tal senso sono anche le parole pronunciate da Papa Benedetto nella Chiesa dello Spirito Santo a Istanbul, nell’ultimo giorno della sua visita in Turchia: «La Chiesa non vuole imporre nulla a nessuno, ma chiede semplicemente di poter vivere liberamente per rivelare Colui che non può nascondere, Gesù Cristo che ci ha amati fin sulla croce». Il terzo tema del viaggio in Turchia, come del discorso in Germania, è stato il dialogo fra le religioni e quello ecumenico fra i discepoli di Cristo: ricordando che musulmani e cristiani possono aiutare la società ad «ad aprirsi al trascendente, riconoscendo a Dio Onnipotente il posto che Gli spetta», il Papa ha affermato che «il modo migliore per andare avanti è quello di un dialogo autentico fra cristiani e musulmani, basato sulla verità ed ispirato dal sincero desiderio di conoscerci meglio l’un l’altro, rispettando le differenze e riconoscendo quanto abbiamo in comune». Il 30 Novembre, poi, visitando la Moschea Blu, il più importante luogo di culto islamico a Istanbul, dove è stato accolto dal Muftì, la maggiore autorità musulmana locale, Benedetto XVI ha affermato: «Questa visita ci aiuterà a trovare insieme i modi, le strade della pace per il bene dell’umanità». Il dialogo interreligioso e le condizioni di libertà e di rispetto che esso richiede costituiscono una grandissima sfida all’impegno per l’unità dei cristiani: solo se i discepoli del Salvatore saranno uniti, essi potranno favorire credibilmente il dialogo per la pace fra tutti i credenti nell’unico Dio. Il Papa lo ha ribadito non solo nel commovente incontro con il Patriarca ortodosso di Costantinopoli, ma anche nella celebrazione semplice e raccolta vissuta al santuario di Meryem Ana Evì (la casa della Madre Maria) a Efeso, dove si erano riunite all'aperto alcune migliaia di fedeli, provenienti da varie città del Paese: «Con questa visita ha detto ho voluto far sentire l’amore e la vicinanza spirituale non solo miei, ma della Chiesa universale, alla comunità cristiana che qui, in Turchia, è davvero una piccola minoranza ed affronta ogni giorno non poche sfide e difficoltà». Per la comunità cattolica, come per quella ortodossa, è stato un incoraggiamento di incomparabile significato, perché ha richiamato agli occhi del mondo la realtà di questa minoranza cristiana, che all’inizio del secolo scorso costituiva ancora circa un terzo della popolazione e che oggi è ridotta a poche migliaia di fedeli. In una Turchia aperta all’Europa, i cristiani dovranno godere della stessa libertà e degli stessi diritti della maggioranza musulmana: solo così quello turco potrà diventare il laboratorio credibile dell’incontro di civiltà, di religioni e di culture di cui il mondo ha immenso bisogno.


(da IL MESSAGGERO 02-12-06)

grande arcivescovo forte! [SM=g27811]

[Modificato da ratzi.lella 02/12/2006 14.21]

[Modificato da ratzi.lella 02/12/2006 14.23]

euge65
00sabato 2 dicembre 2006 21:17
hai ragione



CARA LELLA BRUNO FORTE E' [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40800] [SM=x40800]
stupor-mundi
00sabato 2 dicembre 2006 21:48
Re: hai ragione

Scritto da: euge65 02/12/2006 21.17



CARA LELLA BRUNO FORTE E' [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x40799] [SM=x40799] [SM=x40800] [SM=x40800]



E' verissimo! Mons.Forte una delle menti più lucide nel panorama del clero italiano [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
stupor-mundi
00sabato 2 dicembre 2006 21:55
Re: bilanci del viaggio in turchia...

Scritto da: ratzi.lella 02/12/2006 10.11
LE REAZIONI
Entusiasmo sui giornali al termine della visita del pontefice
Ratzinger conquista i turchi "Abbiamo un nuovo alleato"

[ISTANBUL - «...Quindi, sfinito, papa Ratzinger si è addormentato profondamente nell´aereo che lo ha portato a casa.
02/12/2006 10.53]




CHE TENERO!!!! [SM=g27821]
euge65
00sabato 2 dicembre 2006 21:57
Re: Re: bilanci del viaggio in turchia...

Scritto da: stupor-mundi 02/12/2006 21.55


CHE TENERO!!!! [SM=g27821]




TENERO COME UN PUPO!!!!!!! BEH ALMENO SIAMO SICURE CHE SI E' RIPOSATO CON UNA BELLA PENNICHELLA ( COME SI DICE QUI A ROMA )
[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800]
LadyRatzinger
00sabato 2 dicembre 2006 23:06
Re: Re: Re: bilanci del viaggio in turchia...

Scritto da: euge65 02/12/2006 21.57



TENERO COME UN PUPO!!!!!!! BEH ALMENO SIAMO SICURE CHE SI E' RIPOSATO CON UNA BELLA PENNICHELLA ( COME SI DICE QUI A ROMA )
[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800]



Già!Piccolo!! [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800] [SM=x40800]
lunaperversa
00domenica 3 dicembre 2006 19:47
Topino mio dolce!!!!!! [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836] [SM=g27836]
Sei un pilastro della cristianità restando al tempo stesso semplice e tenero, ma sei proprio un dono del Signore!!! Sei la prova che Dio esiste, caso mai ci fosse ancora qualcuno che ne dubita......
[SM=g27823]
euge65
00domenica 3 dicembre 2006 21:27
Re: Re: svolte storiche...

Scritto da: Discipula 01/12/2006 13.45
Scritto da: ratzi.lella 01/12/2006 7.27


Benedetto, giù il cappello
di Antonino D’Anna

(cut...)

Benedetto XVI ha pregato Dio secondo la dottrina cristiana, non si è convertito.



Perché... qualcuno aveva dei dubbi? [SM=g27828] [SM=g27824]




BEH MICA CI SARA' QUALCHE BUONTEMPONE SPROVVEDUTO CHE POSSA SOLO PENSARE UNA COSA DEL GENERE!!!!!!!!!
RAGAZZI MA PER FAVOREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!
FINIAMOLA CON LA FANTASCENZA DA QUATTRO SOLDI!!!!!!!!!
[SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27826] [SM=g27826] [SM=g27820]:
Ratzigirl
00domenica 3 dicembre 2006 23:47
Dal Vaticano accuse ai cinesi
Nuovo vescovo nomina illegittima

LA CINA sperava che la Santa Sede reagisse con pacatezza alla nuova nomina unilaterale di un vescovo, realizzata il 30 novembre, senza il consenso pontificio, dall'«Associazione Patriottica» dei cattolici cinesi. Ma così non è stato. Con un duro comunicato della sala stampa, ieri la Santa Sede, oltre a rendere pubblico il «profondo dolore» del Papa, condanna apertamente le ordinazioni episcopali illegittime: sono atti «estremamente gravi» — afferma — che «offendono i sentimenti religiosi di ogni cattolico» e che producono «lacerazioni della comunione ecclesiale». Insieme alla «deplorazione» per quanto accaduto e all'ipotesi sulle «severe sanzioni» canoniche per coloro che sono coinvolti, viene espresso anche l'augurio «che incidenti del genere non si ripetano in futuro». Al ritorno dal viaggio di Benedetto XVI in Turchia, che ha prodotto grandi passi avanti addirittura storici nei rapporti col mondo islamico, la Santa Sede si trova dinanzi ad un nuovo «strappo» su un altro fronte caldo, quello delle relazioni con Pechino. Con la nomina illecita di Wang Renlei, 36 anni, a vescovo ausiliario della diocesi di Xuzhou, nella provincia del Jiangsu, la Chiesa «patriottica» cinese ha lanciato giovedì scorso una nuova sfida al Vaticano. Si tratta, tra l'altro, della terza ordinazione che viene fatta quest'anno senza l'assenso della Santa Sede (negli anni passati era diventata consuetudine procedere alle nomine di comune accordo dopo consultazioni informali) e per i due casi precedenti Benedetto XVI aveva definito questi atti unilaterali «una grave violazione della libertà religiosa».
Ratzigirl
00domenica 3 dicembre 2006 23:52
Cosa bolle in pentola?

Stupefacente Messori su Benedetto XVI in Turchia


"Non del tutto inutile", così ieri nel Corsera Vittorio Messori - il saggista cattolico italiano più famoso nel mondo (con buone entrature nei circoli che contano dell'Opus Dei), intellettuale vicino all'ex arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Maria Martini che, compiendo 80 anni il 15 febbraio 2007, perde ogni diritto a partecipare a un nuovo Conclave con pieno diritto di voto - ha concluso la sua analisi sul viaggio di Benedetto XVI e il suo incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli (oggi Istanbul) Bartolemeo I. (Vedi articolo in fondo post )

E lo stupore aumenta se si tiene conto che, sempre nella stessa giornata, ''Avvenire'' ha pubblicato, invece, un'intervista a Bartolemeo I, che ha testualmente dichiarato ''A questo riguarda posso dire che ho parlato con Sua Santità di qualcosa , qualcosa che potremmo fare.
Gli ho fatto una proposta che ora tuttavia non posso anticipare, in quanto aspettiamo una riposta ufficiale in tal senso; però posso dire che Sua Santità s'è dimostrato molto interessato e l'ha accolta con favore.
Speriamo che si possa realizzare, perché si muove proprio nella prospettiva di quel progresso ecumenico che, come abbiamo affermato e anche scritto nella Dichiarazione congiunta, siamo entrambi determinati a perseguire
''.

Và altresì segnalato che ancora ''Avvenire'' ha affidato l'editoriale sul viaggio di Benedetto XVI in Turchia, ormai giunto al termine, al saggista Marco Roncalli, pronipote di quel Giovanni XXIII (che è stato un punto di riferimento costante per il papa teologo tedesco in terra turca) e autore di un '' Giovanni XXIII - Un'esistenza nella storia '' (ed. Mondadori), una ponderosa biografia di 800 pagine, che ha già iniziato a suscitare segni di nervosismo nell'ambito degli studiosi ''specializzati'' su quel pontefice, con un riflesso condizionato pari alla lobby dei ''professionisti dell'antimafia '' criticata dallo scrittore Leonardo Sciascia, al di là delle strumentalizzazioni interessate nate da quella sua presa di posizione.


Benedetto e Bartolomeo, un abbraccio non inutile

di
Vittorio Messori



Si sa che l'enfasi giornalistica dovrebbe limitare l'abuso dell'aggettivo «storico ». Un termine che è di certo eccessivo anche per l'incontro tra Benedetto XVI e Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, Istanbul da ormai cinque secoli e mezzo. La cordialità di quell'incontro è certo confortante, ma è nella linea di quella che caratterizzò l'abbraccio tra Paolo VI e Atenagora nell'ormai lontano 1965 con la revoca delle scomuniche reciproche, nonché di quella di cui fu protagonista Giovanni Paolo II in visita anch’egli al Fanar sul Bosforo.
La storia insegna che non c'è da illudersi. I più, ad esempio, ignorano che lo scisma tra Oriente ed Occidente, consumato nel 1054, fu dichiarato superato nel quarto Concilio di Firenze, nel 1439, con la firma solenne di un «decreto di riunione» tra latini e greci.Manon furono che chiffons de papier, che non solo non ebbero seguito ma provocarono la rivolta dell'Oriente, con tentativi di linciaggio dei «traditori» che avevano concluso l'accordo con l'invisa Roma. E questo mentre i Turchi premevano minacciosi alle frontiere per l'assalto finale. Ma anche in quella occasione, come già avvenuto nell'Africa del Nord, molti ortodossi mostrarono di preferire il turbante islamico al triregno romano. La quarta crociata finì con la presa e il sacco di Costantinopoli da parte di cattolici, pur scomunicati dal Papa, lasciando una scia di rancore viva ancor oggi. Ma anche da parte bizantina, in molte occasioni, non si arretrò quando ci fu possibilità di danneggiare i «latini», magari a favore dei musulmani.
Nel documento congiunto firmato ora ci sono forse due novità: un riferimento «ecologico», un appello alla protezione dell'ambiente, inconsueto in documenti di questo tipo ma che risponde — pare — a una particolare sensibilità di Bartolomeo I. E, poi, un « abbiamo visto positivamente il processo che ha portato alla formazione dell'Unione Europea» che è il tributo pagato alla «fame di Europa» del governo turco. Non si può certo mettere tra le novità la constatazione — ovvia per un cristiano—che l'uccidere in nome di Dio non è un omaggio all' Onnipotente bensì la peggiore delle bestemmie.Èun richiamo, evidentemente, all'estremismo islamista, per il quale omicidio e suicidio sono sì condannati dal Corano, ma sarebbero meritori se compiuti nella lotta per la causa di Allah.
Ma, nello stesso comunicato congiunto, c'è anche un richiamo, sfuggito a molti commentatori, e che sembra rivolto soprattutto a un certo mondo ortodosso. Lo fa notare don Nicola Bux, stimato docente di ecumenismo e consultore della Congregazione della Fede. Secondo il professor Bux, questi richiami, oltre che ai musulmani, sono diretti alle autorità dei Paesi dove l'ortodossia è maggioranza e dove la religione si mescola con il nazionalismo, riducendo nei fatti a cittadini di serie inferiore coloro che aderiscono ad altre confessioni cristiane, a cominciare dai cattolici. Succede in Grecia, in Bulgaria, in Romania ed anche in Russia. Quella Russia di Alessio II che non è in rapporti eccellenti con Bartolomeo.Maquesto governa una minuscola minoranza nel mare islamico, mentre l'altro regna su una Chiesa che è egemone nel suo immenso Paese.
Anche, forse soprattutto, qui sta uno dei motivi che impediscono ogni ottimismo eccessivo. In effetti, il patriarca di Costantinopoli gode di un primato d'onore che gli deriva dalla storia, ma non ha alcuna autorità disciplinare (e neppure dottrinale, che appartiene al Concilio) sui confratelli a capo di Chiese «autocefale », cioè indipendenti, che corrispondono ai confini delle singole nazioni. Non esistendo l'organizzazione piramidale cattolica, con a capo il Papa, ogni accordo non riguarda che il patriarca che l'ha concluso e non impegna i suoi confratelli. I quali— come nel XV secolo con il Concilio di Firenze o nel XX con Atenagora — di solito non accettano di adeguarsi: per ragioni teologiche, per risentimenti storici, ma anche per timore di perdere autorità e potere nel riconoscere in qualche modo un legame con Roma.
Già da Prefetto della fede, Joseph Ratzinger era ben consapevole delle difficoltà e parlava di una «diversità riconciliata», proponendo ogni possibile autonomia alle Chiese greco-slave nella liturgia, nelle tradizioni, nella organizzazione interna, scelta dei vescovi compresa. Più volte poi, BenedettoXVIha fatto capire che la sua strategia, più che dottrinale, vorrebbe essere pragmatica. Per dirla con don Bux: «L'esempio, la forza trainante dell' esempio che parta da Costantinopoli, il cui prestigio malgrado tutto permane, potrebbe portarle tutte, una dopo l'altra, a riconoscere che fu volontà di Cristo stesso concedere al vescovo di Roma il primato nel servizio e nell'amore ». In questo senso, l'abbraccio di questi giorni al Fanar non è stato forse «storico » ma, certamente, non del tutto inutile.
Ratzigirl
00lunedì 4 dicembre 2006 00:08
Dichiarazione di Hummes

CARD.HUMMES: CELIBATO PRETI NON E' DOGMA

CITTA' DEL VATICANO

Il celibato dei sacerdoti "non è un dogma", e il calo delle vocazioni potrebbe indurre la Chiesa a "riflettere su tale questione". Faranno sicuramente discutere le affermazioni del cardinale Claudio Hummes, il porporato brasiliano nominato il 31 ottobre scorso da Benedetto XVI nuovo prefetto della Congregazione per il Clero. Partendo per Roma per assumere il suo nuovo incarico, Hummes, grande amico del presidente brasiliano Lula, in un'intervista al quotidiano 'Estado de Sao Paulo' ha affermato che "anche se i celibi fanno parte della storia e della cultura cattoliche, la Chiesa può riflettere sulla questione del celibato, perché non é un dogma, ma una norma disciplinare".

Hummes, 72 anni, francescano dei Frati minori, finora arcivescovo di San Paolo del Brasile, ha ricordato che alcuni apostoli erano sposati e che la proibizione del matrimonio è stata adottata solo secoli dopo l'istituzione del sacerdozio. "La Chiesa - ha insistito - non è stazionaria, ma un'istituzione che cambia quando deve cambiare". Certo, ha aggiunto, non è una decisione facile che possa essere presa in fretta: "la Chiesa deve prima discutere se è necessario ridiscutere le norme sul celibato". Il nuovo capo-dicastero per il Clero, che prende il posto del cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, ha definito una "sfida" la diminuzione dei preti in Europa e in altre parti del mondo, e ritiene che potrebbero esservi nuove pressioni per l'ordinazione di preti sposati. Inoltre ha ribadito che le denunce di pedofilia a carico di molti sacerdoti preoccupano la Chiesa.
"Anche se si trattasse di un unico caso - ha detto al quotidiano brasiliano -, sarebbe già una grande preoccupazione, soprattutto riguardo alle vittime. Ma è ingiusto e ipocrita generalizzare gli scandali di pedofilia, perché il 99% dei preti non ha nulla a che fare con la pedofilia". Secondo il cardinale uscente di San Paolo, "la pedofilia non è un problema solo dei sacerdoti, ma di tutta la società; ci sono casi di abuso sessuale di bambini persino nelle famiglie". Tocca ai vescovi, ha specificato Hummes, investire sempre più nella "selezione rigorosa e nella formazione esigente" dei candidati al sacerdozio, per combattere la pedofilia. "I preti sono un gruppo strategico per la Chiesa - ha concluso -, sono loro che danno vita alla Chiesa e, perciò, meritano l'appoggio e l'affetto dei cattolici".
Le affermazioni di Hummes sul celibato arrivano nel momento in cui per la Santa Sede è ancora aperta la spinosa questione dell'arcivescovo Emmanuel Milingo, lui stesso sposato con Maria Sung e scomunicato 'latae sententiae' il 26 settembre scorso dopo aver ordinato vescovi quattro sacerdoti sposati negli Stati Uniti. In un vertice del Papa con i capi-dicastero vaticani lo scorso 16 novembre, tra l'altro è stato "riaffermato il valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione cattolica ed è stata ribadita l'esigenza di una solida formazione umana e cristiana, sia per i seminaristi che per i sacerdoti già ordinati". Proprio oggi, comunque, Milingo ha protestato contro il Vaticano per il diverso trattamento da lui ricevuto con la scomunica, rispetto ai vescovi patriottici cinesi e - a suo dire - i vescovi cattolici polacchi nazionali, "che sono stati consacrati in due cerimonie separate il 30 novembre e non sono stati scomunicati per aver ordinato vescovi senza un mandato papale". Milingo sostiene in una nota, diffusa in Italia dal prete sposato Giuseppe Serrone, di essere discriminato dalla Santa Sede per ragioni razziali. Intanto si prepara alla nuova convention del suo movimento 'Married Priests Now' che si svolgerà a Parsippany, nel New Jersey, dall'8 al 10 dicembre. Ha già annunciato che in quell'occasione ordinerà al sacerdozio tre uomini sposati, rinnovando così la sua sfida alla Santa Sede.
ratzi.lella
00lunedì 4 dicembre 2006 08:01
sulla presunta apertura al matrimonio dei preti...
Il nuovo ministro del Papa apre ai preti sposati
di Andrea Tornielli

La svolta del cardinale Hummes, neo-prefetto per la congregazione del Clero: «Il celibato non è un dogma. Riflettiamo sulla crisi delle vocazioni»


Deve arrivare oggi nella capitale per assumere l’incarico di «ministro» del Papa per il clero cattolico, ma prima di lui, a Roma, sono arrivate le sue dichiarazioni sul celibato sacerdotale: il cardinale Claudio Hummes, fino a ieri arcivescovo di San Paolo del Brasile, nuovo Prefetto della Congregazione del clero, prima di lasciare il suo Paese ha spiegato che «per i religiosi il celibato non è un dogma» ma soltanto «una forma disciplinare» e non ha chiuso la porta alla possibilità di ridiscutere questo argomento.
Il settantaduenne porporato brasiliano ha rilasciato alcune battute su questo argomento al quotidiano O Estado de S. Paulo. Secondo il giornale, Hummes ha detto: «Anche se i celibi fanno parte della storia e della cultura cattoliche, la Chiesa può riflettere sulla questione del celibato perché non è un dogma, ma una norma disciplinare». Il nuovo Prefetto del clero ha quindi osservato che alcuni apostoli erano sposati e che la proibizione del matrimonio è stata adottata solo secoli dopo l’istituzione del sacerdozio. La Chiesa, ha aggiunto Hummes, non è immobile, ma è un’istituzione che cambia quando deve cambiare. Ha però aggiunto che non si tratta di decisioni facili da prendere in fretta: «La Chiesa deve prima discutere se è necessario ridiscutere le norme sul celibato».
Dunque lo stesso porporato non si pronuncia sulla necessità di riaprire la questione, pur ammettendo che si tratta di un tema sul quale è possibile discutere.Secondo O Estado de S. Paulo, Hummes ha definito una «sfida» la diminuzione dei preti in Europa e in altre parti del mondo, e ritiene di non poter prevedere se ci saranno maggiori pressioni per l’ordinazione di uomini sposati. Nel colloquio col giornalista, il cardinale ha quindi ribadito che le accuse di pedofilia a carico dei preti preoccupano la Chiesa: «Anche se si trattasse di un unico caso, sarebbe già una grande preoccupazione». Ma il nuovo Prefetto del clero definisce «ingiusto e ipocrita» il generalizzare questi scandali, perché «il 99 per cento dei preti non hanno nulla a che fare» con questo. «La pedofilia – ha aggiunto – non è un problema solo dei sacerdoti, ma di tutta la società». E ha sottolineato la necessità da parte dei vescovi di investire sempre più nella «selezione rigorosa e nella formazione esigente dei candidati al sacerdozio».
Come si vede, non si tratta affatto di dichiarazioni esplosive. Le parole citate tra virgolette dal quotidiano brasiliano sono poche, non si tratta di un’intervista organica sull’argomento. A fare notizia, però, è il fatto che proprio nella tarda mattinata di oggi Hummes arriverà a Fiumicino, accolto dal suo predecessore, il cardinale Darío Castrillón. La questione del celibato è tornata d’attualità dopo le clamorose ordinazioni episcopali di preti sposati celebrate da monsignor Milingo. Proprio lo scorso 16 novembre Benedetto XVI aveva convocato i capi dei dicasteri della Curia romana per discutere sull’argomento. L’incontro si era concluso con la riaffermazione del «valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione cattolica».
La possibilità di ordinare uomini sposati, per far fronte al calo delle vocazioni e alla carenza del clero, era stata discussa anche al Sinodo dei vescovi celebrato a Roma nell’ottobre 2005. In quella occasione, il relatore, il cardinale Angelo Scola, disse che non era ragionevole pensare a questa soluzione. Mentre il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, qualche settimana fa aveva precisato: «Nessuno in Vaticano vuole l’abolizione del celibato sacerdotale. Non c’è nemmeno la maggioranza fra i vescovi su questo punto».
Le parole del cardinale Hummes sono state accolte molto positivamente da Giuseppe Serrone, leader dei sacerdoti sposati, animatore con Milingo, del movimento «Married Priests Now»: «Quelle del cardinale sono parole illuminate e intelligenti: lui viene dalla Teologia della Liberazione, speriamo che siano tenute in considerazione. Ratzinger, in un suo libro del 1967, lasciava apparire chiaramente la sua posizione favorevole ai preti sposati. Ma nulla è cambiato nella prassi delle gerarchie vaticane».

(da "il giornale" del 4 dicembre 2006)



Il Vaticano apre sui preti sposati
Il cardinale Hummes: "Il celibato non è un dogma"

La mossa del nuovo prefetto della Congregazione del clero alla vigilia del suo insediamento
"La Chiesa non è stazionaria, siamo di fronte a una norma sulla quale si può ridiscutere"
Al termine dell´ultima riunione dei cardinali fu riaffermato il valore della tradizione ma ora potrebbe aprirsi una fase istruttoria sul tema

di MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - «Il celibato non è un dogma». Il cardinale Claudio Hummes si insedierà domani alla sua scrivania come nuovo prefetto della Congregazione per il Clero e già fa riesplodere la questione dei preti sposati. È un tema, ha dichiarato il porporato al giornale brasiliano Estado do Sao Paulo (nella città di cui è stato arcivescovo sino a ieri), che si può «discutere».
Le dichiarazioni di Hummes - che seguono di pochi giorni la riunione speciale dei cardinali di Curia convocata dallo stesso papa Ratzinger per discutere il caso Milingo, la dispensa per chi vuole abbandonare il sacerdozio e la riammissione dei preti sposati - indicano che qualcosa si sta muovendo in Vaticano. Anche perché resta forte la pressione mediatica causata dall´idea di monsignor Milingo di creare una Prelatura speciale di preti sposati. Per l´8 dicembre Milingo, benché scomunicato, ha organizzato un congresso internazionale di preti sposati nel New Jersey.
Di per sé le parole del cardinale brasiliano, che gode della fiducia personale di Benedetto XVI, non rappresentano una rottura. Da decenni le alte gerarchie ecclesiastiche ripetono che il celibato è una "legge" della Chiesa e quindi non è un´istituzione di origine divina, ma al tempo stesso tutti i pontefici hanno sempre ribadito che per la Chiesa latina il celibato è la migliore scelta possibile e non c´è nessun motivo per modificare la situazione.
E tuttavia il commento affidato al giornale brasiliano dal cardinale, che sta per insediarsi a capo del dicastero responsabile di tutti i preti del mondo, ha il valore di un segnale importante. Così come negli ultimi due anni il moltiplicarsi di dichiarazioni cardinalizie a favore del preservativo come "male minore" di fronte all´Aids ha fatto sì che Benedetto XVI ordinasse un dossier sull´argomento al ministro della Sanità vaticano, cardinale Lozano Barragan.
In Curia le cose avvengono così. Per piccoli segnali successivi. E spesso le svolte future si preparano a passettini. Hummes è stato molto misurato nel definire la questione. «Sebbene i preti celibatari facciano parte della storia e della cultura della Chiesa cattolica - ha detto - la Chiesa può riflettere sull´argomento, perché il celibato non è un dogma ma una norma disciplinare». Significativamente il cardinale ha soggiunto che alcuni apostoli erano sposati e che la proibizione delle nozze è venuta solo qualche secolo dopo l´istituzione del sacerdozio.
Nella sua conversazione con il giornalista Hummes ha sottolineato che la «Chiesa non è stazionaria» e cambia quando deve cambiare. Tuttavia ha specificato che non si tratta di una decisione facile e che non sarà presa di colpo. «La Chiesa può anzitutto discutere se ridiscutere (l´argomento)», ha concluso.
In altre parole, c´è da aspettarsi che in Vaticano si apra una fase istruttoria del problema. Non va dimenticato che al termine della riunione cardinalizia, svoltasi il 16 novembre scorso alla presenza del Papa, fu diffuso un comunicato che apparentemente lasciava tutto come prima: «È stato riaffermato - fu scritto - il valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione cattolica».
Il nuovo prefetto della Congregazione per il Clero ha anticipato che sarà estremamente rigoroso nell´affrontare i casi di pedofilia tra i preti. «Anche se si trattasse di un unico caso - ha rilevato - sarebbe già una grande preoccupazione, soprattutto a causa delle vittime». In ogni caso è ingiusto generalizzare gli scandali, perché il 99 per cento dei sacerdoti non ha assolutamente nulla a che fare con la pedofilia. Il problema, ha insistito il porporato, riguarda tutta la società, dal momento che sono noti «casi di abusi sessuali persino nelle famiglie».

(da "la repubblica" del 4 dicembre 2006)

va bene la discussione, va bene la possibile apertura, ma, caro politi, non parliamo di pressione mediatica dovuta al "caso milingo" visto che il papa non e' tipo da farsi influenzare da chi VOLONTARIAMENTE e' uscito dalla comunita' ecclesiale...



LE REAZIONI

Il disincanto delle comunità "Temono il crollo delle vocazioni"
di MARCO POLITI

ROMA - Don Giuseppe Serrone, riferimento in Italia per il movimento dei Sacerdoti sposati di monsignor Milingo, non reagisce con entusiasmo alle parole del cardinale Hummes. «Le dichiarazioni di principio - fa notare - non contribuiscono ai cambiamenti». Intanto, spiega, la possibilità di avere preti sposati Joseph Ratzinger l´aveva addirittura anticipata in un suo libro tanti anni fa. Il libro è del 1971, edito dalla Queriniana, titolo: "Problemi e risultati del concilio Vaticano".
Scriveva a quel tempo il teologo Ratzinger che «di fronte alla penuria di sacerdoti, che in molte parti della Chiesa si fa sentire in misura sempre più crescente, non si potrà fare a meno di esaminare un giorno con tutta tranquillità la questione (dell´ordinazione di uomini sposati, ndr)».
Conclude scettico Serrone: «A distanza di quarant´anni nulla è cambiato nella prassi delle gerarchie vaticane». Semmai, lascia intendere Serrone, sarà Milingo a cambiare la situazione. Nel suo congresso, che a giorni si apre nel New Jersey, «tre uomini sposati saranno ordinati sacerdoti cattolici» per accelerare il ristabilimento nella Chiesa di un clero sposato.
Mauro del Neve, ex sacerdote settantacinquenne, sposato da ventidue, padre di una figlia di diciannove anni, vede invece aprirsi uno spiraglio. Del Neve è presidente di Vocatio, il movimento storico dei preti sposati italiani: «Io credo che nella Chiesa si arriverà alla soluzione di ordinare uomini sposati, come prevedeva Ratzinger in quella citazione che proprio a novembre avevamo pubblicato nella nostra rivista "Sulla Strada". Ritengo che il cardinale Hummes e papa Ratzinger siano in sintonia». E tuttavia Mauro del Neve ha un rammarico: «Mi dispiace che la Chiesa arriverà a risolvere il problema non per convinzione, ma sotto la pressione della ristrettezza di preti».
Possibilista appare anche Vittorio Bellavite, presidente della sezione italiana del movimento internazionale "Noi siamo Chiesa", che in tutto il mondo ha raccolto 2 milioni e mezzo di firme per un progetto riformista dell´istituzione ecclesiastica. Bellavite sostiene che ci sarà necessariamente l´abolizione del celibato obbligatorio. «Vedo nel futuro - afferma - una pluralità di situazioni: un clero celibatario tradizionale, preti sposati come nel clero ortodosso o protestante oppure l´ordinazione di uomini maturi già sposati, i cosiddetti viri probati». Per Bellavite ammettere un clero sposato rinfoltirebbe i ranghi dei preti.
Marcello Vigli, delle comunità di base romane, guarda più in là: «Serve una riforma complessiva del sistema. Bisogna riconoscere il carattere ministeriale del laicato, superando la casta dei preti e realizzando il sacerdozio comune dei fedeli». Insomma dovrebbero essere le singole comunità a scegliere la propria guida.
Don Enzo Mazzi, leader della storica comunità Isolotto di Firenze, è d´accordo: «Va superata la casta sacerdotale in sé, che il Vangelo non prevedeva. Però se il cardinale Hummes riuscirà a cambiare le cose, sarò contento per i tantissimi preti che oggi vivono in situazioni di sofferenza».

(da "la repubblica" del 4 dicembre 2006)




Il nuovo Prefetto del clero: non si tratta di un dogma
di MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
Arriva oggi a Roma Claudio Hummes, nuovo Prefetto per la Congregazione del Clero, preceduto dagli echi di un’intervista che farà certamente discutere. Il cardinale, che era arcivescovo di San Paolo in Brasile, ha parlato con un giornalista di «O Estado de São Paulo», e il sito online del quotidiano ha riportato queste frasi: «Il cardinale di San Paolo Claudio Hummes... ha ammesso che la mancanza di vocazioni sacerdotali possa portare il Vaticano a discutere dell’ordinazione degli uomini sposati». Il sito riporta alcune risposte virgolettate del porporato, ma non le domande. «Anche se i celibi fanno parte della storia e della cultura cattoliche, la Chiesa può riflettere su questa questione, perché il celibato non è un dogma, ma una norma disciplinare», ha detto il neo-Prefetto, che secondo il giornale avrebbe poi ricordato che alcuni apostoli erano sposati e la proibizione del matrimonio è stata adottata secoli dopo l’istituzione del sacerdozio.

«O Estado» riporta l’opinione di Hummes, secondo cui «la Chiesa non è immobile, ma è un’istituzione che cambia quando deve cambiare». Dal momento che non è una decisione facile che possa essere presa improvvisamente, secondo il cardinale, «la Chiesa deve prima discutere se si deve ridiscutere» la regola del celibato. Poco più di due settimane fa in Vaticano si è svolto un vertice del Papa con i capidicastero per discutere del «caso Milingo». In quell’occasione, il 16 novembre, è stato «riaffermato il valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione cattolica ed è stata ribadita l’esigenza di una solida formazione umana e cristiana, sia per i seminaristi che per i sacerdoti già ordinati».

Naturalmente le affermazioni di Hummes sul celibato toccano nervi particolarmente sensibili, perché è ancora aperto il caso dell’arcivescovo Emmanuel Milingo, lui stesso sposato con Maria Sung e scomunicato «latae sententiae» il 26 settembre scorso dopo aver ordinato vescovi quattro sacerdoti sposati negli Stati Uniti. Milingo terrà il primo congresso della sua organizzazione di sacerdoti sposati a Parsippany, nel New Jersey dall’8 al 10 dicembre. Milingo ha già annunciato che in quell’occasione ordinerà al sacerdozio tre uomini sposati, rinnovando così la sua sfida alla Santa Sede.

Secondo il quotidiano di San Paolo il cardinale ha detto di non poter prevedere se ci sarà una maggiore pressione per l’ordinazione degli uomini sposati, ma avrebbe definito la diminuzione di sacerdoti in Europa come «una sfida», anche se le vocazioni sono aumentate in altre parti del mondo.

Hummes, 72 anni, francescano dei Frati minori, grande amico di Lula, ha affrontato anche il tema della pedofilia. «Anche se si trattasse di un unico caso - ha detto al quotidiano brasiliano -, sarebbe già una grande preoccupazione, soprattutto riguardo alle vittime. Ma è ingiusto e ipocrita generalizzare gli scandali di pedofilia, perché il 99 per cento dei preti non ha nulla a che fare con la pedofilia».

Secondo il cardinale uscente di San Paolo, «la pedofilia non è un problema solo dei sacerdoti, ma di tutta la società; ci sono casi di abuso sessuale di bambini persino nelle famiglie». Tocca ai vescovi, ha specificato Hummes, investire sempre più nella «selezione rigorosa e nella formazione esigente» dei candidati al sacerdozio, per combattere la pedofilia. «I preti sono un gruppo strategico per la Chiesa - ha concluso -, sono loro che danno vita alla Chiesa e, perciò, meritano l’appoggio e l’affetto dei cattolici».

(da "la stampa" del 4 dicembre 2006)

[Modificato da ratzi.lella 04/12/2006 9.54]

Ratzigirl
00lunedì 4 dicembre 2006 18:45
Retromarcia

Chiesa e abolizione del clibato: Hummes fa marcia indietro

Solo qualche giorno fa il cardinale Claudio Hummes aveva aperto la Chiesa verso la possibilità dell’abolizione del celibato sacerdotale. Ora c’è il retromarcia

Qualche giorno fa il cardinale Claudio Hummes aveva concesso un’intervista al giornale brasiliano “Estado do Sao Pualo”, aprendo sostanzialmente la Chiesa verso la possibilità che sipotesse abolire il celibato sacerdotale. Ma le polemiche sollevato hanno convinto poi il cardinale a chiarire meglio quale sia la sua posizione.

Giunto in Italia per essere insediato a San Pietro quale nuovo Prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale Hummes dice: “Io non ho nessuna dottrina sul celibato dei sacerdoti: quello che dico è quello che la dottrina della Chiesa. E ovviamente è il Pontefice che guida la Chiesa, io sono al suo servizio”. Per Hummes è un momento vissuto con “tranquillità e semplicità: arrivo a Roma felice di essere al servizio del Papa e di collaborare con lui”.

Attraverso la Sala stampa del Vaticano, il nuovo prefetto per il clero dice che “nella Chiesa è sempre stato chiaro che l’obbligo del celibato per i sacerdoti non è un dogma ma una norma disciplinare che vale per la Chiesa latina ma non per i riti orientali dove anche nelle comunità unite alla Chiesa cattolica è norma che vi siano sacerdoti sposati”.
euge65
00lunedì 4 dicembre 2006 20:42
SI PERO'...........
MA PERCHE' FARE QUESTE FIGURE??????????

INSOMMA MA VOLETE RIFLETTERE PRIMA DI SPARARE CAVOLATE SENZA SENSO??????????????

HUMMES MA PRIMA DI PARLARE VUOI RIFLETTERE!!!!!??????????
E CI FAI PURE IL CARDINALE!!!!!!!!!
PER POLITI ASPETTA PRIMA DI SCRIVERE SENTENZE!!!!!!! FORSE E' ORA CHE TI DISNCANTI DA SOLO!!!!!!!!!

[SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27820]: [SM=g27820]:

[Modificato da euge65 04/12/2006 20.42]

[Modificato da euge65 04/12/2006 20.45]

ratzi.lella
00martedì 5 dicembre 2006 07:24
politi colpisce ancora...a vuoto!
LE ALTRE FEDI
In Brasile aveva detto: non è un dogma. Ieri, appena giunto in Italia, è stato costretto a rettificare
Preti sposati, Hummes fa dietrofront "La Chiesa non abolirà il celibato"
Il nuovo prefetto del clero: questione non all´ordine del giorno
di MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - Celibato, il Vaticano tira i freni. La questione, viene dichiarato a lettere di piombo, «non è all´ordine del giorno». Il cardinale Hummes giunge a Roma in mattinata dal Brasile e sorridente dichiara i giornalisti all´aeroporto di Fiumicino: «Io non ho nessuna nuova dottrina sul celibato dei sacerdoti. Ciò che dico è quello che dice la dottrina della Chiesa». Messo in allarme dai titoli a tutta pagina che campeggiano su tutti i giornali, il porporato brasiliano aggiunge prudentemente: «Ovviamente, è il Papa che guida la Chiesa ed io sono al suo servizio volentieri».
Ma al Vaticano non basta. C´è irritazione per il buon senso che Hummes, da nuovo prefetto della Congregazione per il Clero, ha dimostrato sostenendo che sarebbe possibile «discutere per ridiscutere» la norma del celibato. Il Vaticano vuole un segnale di marcia indietro. E così la Sala stampa vaticana diffonde nel primo pomeriggio una dichiarazione ufficiale del cardinale, in cui si sottolinea che «la norma del celibato per i sacerdoti della Chiesa latina è molto antica e poggia su una tradizione consolidata e su forti motivazioni, di carattere sia teologico-spirituale sia pratico pastorale ribadite anche dai papi».
Non basta. Hummes deve ricordare che all´ultimo Sinodo dei vescovi del 2005 si è giudicato che «un allargamento della regola del celibato non sarebbe stato una soluzione neppure per il problema della scarsità delle vocazioni, che è da collegare piuttosto ad altre cause, a cominciare dalla cultura secolarizzata moderna, come dimostra l´esperienza anche delle altre confessioni cristiane che hanno sacerdoti o pastori sposati».
In ogni caso il cardinale precisa che l´argomento «non è all´ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche», come ribadito d´altronde dopo l´ultima riunione dei cardinali di Curia convocati dal Benedetto XVI. Segue a ruota una nota del Sir, l´agenzia dei vescovi italiani. «La castità per il regno dei cieli - viene affermato - fa parte dei "consigli evangelici" indicati da Gesù ai suoi discepoli». Insomma, il celibato «continua ad essere un grande valore spirituale, ecclesiale e pastorale».
Fine del discorso nell´arco di tre ore. Da pietra tombale fa un commento del cardinale Herranz (Opus Dei), responsabile vaticano per l´interpretazione dei Testi legislativi: «Il celibato sacerdotale è legge da diciassette lunghi secoli. Fermo restando che una cosa sono i dogmi e un´altra le leggi, che possono anche essere sottoposte a modifiche, ciò non significa che sia opportuno o conveniente farlo».
Eppure sotto la superficie, la questione ribolle. Se ne parlò molto proprio al Sinodo dei vescovi del 2005. Una recente inchiesta nelle Fiandre (Belgio) mostra che otto preti cattolici su dieci sono convinti che il sacerdozio «debba essere aperto alle persone sposate». Il 58 per cento sostiene che «anche le donne dovrebbero poter essere ordinate preti». Il cardinale di Bruxelles Danneels non si è detto affatto sorpreso del sondaggio.
Frei Betto, teologo brasiliano che ben conosce Hummes, si rivela ottimista sulla personalità del neo-prefetto della Congregazione per il Clero: «Credo che possa aiutare molto in quell´antro di conservatorismo che è il Vaticano. Certamente non andrà contro i voleri del Papa. Ma non ripeterà solo ciò che la Curia dice. Hummes discute, Hummes dibatte».

(da "la repubblica" del 5 dicembre 2006)


c´è irritazione per il buon senso mostrato da hummes?e' gia' finita la luna di miele di politi con la chiesa? caspita!!! a quattro giorno dal rientro del papa dalla turchia, gia', velatamente ma non troppo, si accusa ratzinger di aver obbligato un collaboratore a fare retromarcia...
ma per favore [SM=g27812]
hummes doveva stare piu' attento...tutto qui!




IL CASO
Nel mondo 150mila i religiosi che hanno lasciato i voti per sposarsi, un quinto sono americani
Con Milingo mille sacerdoti e le mogli la convention del movimento a New York
di ARTURO ZAMPAGLIONE

NEW YORK - Emmanuel Milingo, l´ex arcivescovo di Lusaka divenuto l´enfant terribile della chiesa cattolica, si prepara a ordinare tre nuovi preti sposati. La cerimonia avrà luogo domenica prossima 10 dicembre a West New York, nello stato del New Jersey, al termine di un convegno di due giorni organizzato da "Married priests now!", l´associazione di Milingo, cui sono invitati mille ex sacerdoti assieme alle mogli e ai figli. «Non ho alcuna intenzione di creare uno scisma nella chiesa», ripete l´ex arcivescovo, che ha 76 anni e ora vive negli Stati Uniti. Ma al di là delle intenzioni, è chiaro che le sue iniziative creano crescenti inquietudini nel mondo cattolico, e in particolare nelle gerarchie vaticane, anche perché diventano il punto di riferimento di migliaia di ex sacerdoti - soprattutto negli Usa - che vedono in lui un mezzo per premere sul Papa e accelerare un cambiamento sul tema del celibato.
Fino a poco tempo fa Milingo sembrava troppo controverso, troppo bizzarro, troppo segnato dalla sua storia personale - tra le pratiche esorcistiche e il matrimonio con la agopunturista coreana Maria Sung officiato dal reverendo Sun Myung Moon - per essere preso sul serio. Ma a dispetto della scomunica, il suo ruolo di "rompighiaccio" comincia ad attrarre seguaci. «Anche perché, riaprendo le porte ai preti sposati si potrebbe far fronte alla crisi delle vocazioni», dice Peter Paul Brennan, che a settembre è stato consacrato vescovo da Milingo nonostante porti la fede al dito.
Si calcola che a livello mondiale ci siano 150mila sacerdoti che hanno lasciato l´attività pastorale per potersi sposare. Di questi, un quinto sono americani: circa 25-30mila. D´altra parte, secondo i dati del Center for applied research in the apostolate della Georgetown university, il numero di sacerdoti negli Stati Uniti è passato da 58mila nel 1965 a poco più di 41mila quest´anno, creando notevoli disagi a livello di molto parrocchie. «E il celibato - dice Milingo - non fa altro che esacerbare questa situazione e accelerare l´emorragia».
Paradossalmente una parte degli ex religiosi, che, sposandosi, hanno dovuto abbandonare le attività parrocchiali e le fonti di reddito, approfittano della penuria di sacerdoti per ricominciare il vecchio lavoro a titolo privatistico. C´è un´associazione chiamata rent-a-priest (affitta un sacerdote), che ha un sito web e fornisce assistenza a chi ne ha bisogno. A coordinare le attività è Louise Haggett, cattolica praticante, che nel 1992 cercava un prete per dare assistenza alla mamma inferma in un paesino del Maine. Non trovando nessuno, ha assoldato un prete sposato e avviato l´iniziativa. Adesso sono in tanti a celebrare le messe a casa, a dare la comunione, a sposare e condurre i riti funerari: certo, non hanno l´autorizzazione della chiesa, che li considera impostori, ma sono un sollievo per i fedeli.
La frustrazione per il celibato sacerdotale è accentuata da un fatto poco noto: negli Stati Uniti, ma anche altrove, esistono numerosi preti sposati e in regola con le norme della chiesa cattolica. Come è possibile? Grazie a una deroga approvata dal Vaticano che permette ai sacerdoti di fede anglicana (in Inghilterra) ed episcopale (negli Stati Uniti) che si convertono al cattolicesimo, di tenere sia la tonaca che la famiglia. Di solito non vengono mandati a guidare le parrocchie per non dare troppo nell´occhio, specie se hanno molti figli. Ma possono svolgere altre attività, ad esempio nelle scuole o nelle università, e vivere serenamente la loro condizione. «E perché non dovrebbe essere possibile per tutti i sacerdoti fare come loro, intrecciando la famiglia con l´attività pastorale?» si chiedono i seguaci di Milingo.

(da "la repubblica" del 5 dicembre 2006)

quanta pubblicita' per milingo! e' gratis?



Tra moglie e marito, le gaffe del cardinale
di ANTONIO SOCCI

Forse, oltre ad astenersi dal matrimonio, gli ecclesiastici dovrebbero astenersi anche dalle interviste. Per non confondere il Verbo con le chiacchiere. L'altroieri per esempio il cardinale Claudio Hummes ha rilasciato dichiarazioni che sono parse esplosive sul tema del matrimonio dei preti. Non potevano passare inosservate perché Hummes in queste ore sta arrivando a Roma chiamato dal Papa proprio come "ministro" per il clero. Ecco cos'ha detto il cardinale: «Anche se i celibi fanno parte della storia e della cultura cattolica, la Chiesa può riflettere sulla questione del celibato perché non è un dogma, ma una norma disciplinare». Di per sé ha ragione chi ha notato che non c'è niente di nuovo, perché di certo il celibato ecclesiastico non è un dogma di fede. Ma è evidente che annunciare oggi una possibile revisione, mentre Hummes si appresta a guidare la Congregazione del clero e mentre si intensificano gli attacchi a questo istituto, significa indurre i giornali a titolare: "Il Vaticano apre sui preti sposati". Se il cardinale avesse inteso dire questo sarebbe andato contro il Papa e la Chiesa: appena venti giorni fa Benedetto XVI ha riunito i capi dei dicasteri romani ribadendo il "valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione cattolica". Ovvia e prevedibile dunque la sua correzione di ieri. Tuttavia dichiarazioni avventate come le sue alimentano la confusione nella Chiesa. E c'è una parte del suo ragionamento che, essendo molto diffuso, merita di essere discusso e confutato. La prima dichiarazione di Hummes sembra ridurre tutto a una banale "norma disciplinare" che, come tale, può anche essere ribaltata. La stessa posizione dei "catto-progressisti" che vogliono la resa della Chiesa davanti al mondo e il rinnegamento della tradizione. Summa di luoghi comuni
Infatti ieri Pietro Scoppola - per dirne uno - dichiarava al Corriere della Sera: «Il celibato ecclesiastico è solo una norma di diritto canonico, una scelta della tradizione, non fondata teologicamente. Mi sembra importante che oggi davanti alla crisi della vocazioni si possa pensare a scelte diverse aperte alle nuove esigenze». In poche righe troviamo una summa dei luoghi comuni circolanti sulla materia. Solo che questo luogocomunismo è infondato. Intanto perché la cosiddetta "crisi delle vocazioni" e la secolarizzazione attanagliano anche (e di più) le confessioni protestanti e le chiese ortodosse che pure non hanno il celibato ecclesiastico. In secondo luogo perché i fatti (anche le statistiche recenti) dimostrano che nella stessa Chiesa cattolica stanno aumentando le vocazioni più rigoriste, come quelle di clausura, mentre calano ancora le vocazioni secolari dove più si è concesso al mondo e all'attivismo sociale. Le vocazioni infatti - per la Chiesa - derivano dalla grazia di Dio e non certo da uno studio sociologico con conseguente pacchetto-regalo che elabora qualche offerta speciale: tonaca e moglie, due al prezzo di uno. Ma infine è proprio vero che il celibato ecclesiastico è solo "una norma di diritto canonico" o - come dice Hummes - una "norma disciplinare" che come tale si può tranquillamente ribaltare? No. Non è vero. La Chiesa cattolica, nella sua lunga tradizione, è andata maturando una dottrina opposta. Lo ha spiegato molto bene il cardinale Alfonso Stickler nell'opera "Il celibato ecclesiastico. La sua storia e i suoi fondamenti teologici". Stickler lavorò come perito al Concilio Vaticano II e all'elaborazione del nuovo Codice di diritto canonico. È stato rettore dell'Università salesiana e vicepresidente del Bureau dell'Associazione internazionale di storia del diritto e delle istituzioni. Creato cardinale nel 1985 da Giovanni Paolo II, Stickler ha dimostrato - nei suoi studi - che non è possibile capire le istituzioni della Chiesa senza comprendere le basi teologiche che le originano. Anche sul celibato ecclesiastico. La vulgata corrente, superficiale e sbagliata, è quella ripetuta ieri da Franco Cardini (ormai approdato alla comoda riva del pensiero dominante) secondo cui: «Il celibato dei preti risale solo alla seconda metà dell'XI secolo. Prima i sacerdoti si sposavano». In pratica, per costoro, si potrebbe fare una storia di come fu introdotta la legge del celibato ecclesiastico in Occidente. Ma questo non è vero, come si dimostra nel noto Wörterbuch der Kirchengeschichte, a cura di Carl Andresen e di Georg Denzler (Deutscher Taschenbuch Verlag, Monaco di Baviera 1982). Al contrario si può scrivere la storia della decisione inversa presa dalla Chiesa orientale. Stickler, in sintesi, spiega che non conosciamo nessuna decisione ecclesiastica che abbia introdotto come innovazione il celibato, il quale risale invece a una ininterrotta tradizione non scritta, a una consuetudine di origine apostolica, probabilmente addirittura divina. È vero infatti che lo stesso S. Pietro era sposato, ma si era sposato prima della chiamata di Gesù e - spiega Stickler - la legge del celibato ecclesiastico consiste nell'obbligo della «continenza da ogni uso del matrimonio dopo l'ordinazione». Che poi è diventata la norma del celibato perché «l'origine di ogni ordinamento giuridico consiste nelle tradizioni orali e nella trasmissione di norme consuetudinarie le quali soltanto lentamente ricevono una forma fissata per iscritto». Risalendo alle origini troviamo anche le ragioni teologiche del celibato. Perché nel Nuovo Testamento il sacerdote non è più un uomo che svolge un servizio religioso, ma una persona che interamente si dona per amore, come Cristo alla sua Chiesa. E che da Cristo riceve prerogative e poteri divini. Stickler indica come essenziale e definitiva l'esortazione apostolica post-sinodale "Pastores dabo vobis", del 25 marzo 1992, che definisce la "Magna Charta della teologia del sacerdozio che rimarrà norma autorevole per tutto l'avvenire della Chiesa". In essa si afferma: «È particolarmente importante che il sacerdote comprenda la motivazione teologica della legge ecclesiastica sul celibato». E si aggiunge: «L'Ordinazione sacra configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere amata dal sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l'ha amata. Il celibato sacerdotale, allora, è dono di sé in e con Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore». La grande tentazione

Ci sono anche ragioni pratiche e sociali che motivano il celibato ecclesiastico, ma la ragione di fondo è teologica e non può essere degradata a semplice "norma disciplinare". Ma perché l'attacco mondano alla Chiesa su questo punto trova tali appoggi nel mondo ecclesiastico? Anni fa, da cardinale, Joseph Ratzinger colse il dramma del momento presente: «Il prete, cioè colui attraverso il quale passa la forza del Signore, è sempre stato tentato di abituarsi alla grandezza, di farne una routine. Oggi la grandezza del Sacro potrebbe avvertirla come un peso, desiderare (magari inconsciamente) di liberarsene, abbassando il Mistero alla sua statura, piuttosto che abbandonarvisi con umiltà, ma con fiducia per farsi elevare a quell'altezza»
Ecco perché, giustamente, padre Livio Fanzaga, dai microfoni di Radio Maria, nella sua ascoltatissima rassegna stampa del mattino, ha commentato il "caso Hummes" così: «Il problema non è la moglie, ma la fede». Questo è il cuore del problema per la Chiesa di oggi.

LA SCHEDA

SENZA MOGLIE DAL 306 Il celibato sacerdotale, anche se non è un dogma, è stabilito da una legge approvata dal Concilio di Elvira, svolto a Toledo nel 306 GLI ORIENTALI La norma vale per la Chiesa latina, con una deroga per i riti orientali, dove anche nelle comunità unite alla Chiesa cattolica vi sono sacerdoti sposati, purché il matrimonio sia avvenuto prima dell'ordinazione LA TESI DI HUMMES Il prefetto della Congregazione del Clero, cardinale Claudio Hummes, ha suscitato polemiche dicendo che il celibato non è un dogma, ha poi precisato che l'opinione più diffusa nella Chiesa è che l'abolizione del celibato non risolverebbe comunque la crisi di vocazioni

(da "libero" del 5 dicembre 2006)




Preti sposati, il Vaticano ora annulla le nozze
di Andrea Tornielli
Il cardinale Hummes fa un passo indietro: «L’obbligo del celibato non è un tabù, ma la sua abolizione non è all’ordine del giorno»

Il cardinale Claudio Hummes ha iniziato il suo servizio in Vaticano come nuovo Prefetto del clero con una precisazione, smentendo di aver voluto rimettere in discussione il celibato dei preti. Appena sbarcato a Fiumicino, il porporato brasiliano è venuto a conoscenza dell’eco mondiale avuta dalle sue parole sul celibato che «non è un dogma». Così, pur senza smentire una parola di quanto pubblicato ieri dal quotidiano Estado de Sâo Paulo, Hummes ha spiegato che «nella Chiesa è sempre stato chiaro che l’obbligo del celibato per i sacerdoti non è un dogma, ma una norma disciplinare». «Tanto è vero - ha aggiunto nella dichiarazione diffusa dalla Sala Stampa vaticana - che essa vale per la Chiesa latina, ma non per i riti orientali, dove anche nelle comunità unite alla Chiesa cattolica è normale che vi siano sacerdoti sposati». «È tuttavia anche chiaro - ha continuato il nuovo Prefetto del clero - che la norma del celibato per i sacerdoti nella Chiesa latina è molto antica e poggia su una tradizione consolidata e su forti motivazioni, di carattere sia teologico-spirituale sia pratico-pastorale, ribadite anche dai Papi».
«Anche nel recente Sinodo dei vescovi sui sacerdoti - aggiunge Hummes - l’opinione più diffusa fra i padri era che un allargamento della regola del celibato non sarebbe stato una soluzione neppure per il problema della scarsità di vocazioni, che è da collegare piuttosto ad altre cause, a cominciare dalla cultura secolarizzata moderna, come dimostra l’esperienza anche delle altre confessioni cristiane, che hanno sacerdoti o pastori sposati». «Tale questione - conclude il porporato brasiliano - non è quindi attualmente all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche, come recentemente ribadito dopo l’ultima riunione dei capi dicastero con il Santo Padre». Nelle dichiarazioni rese a quotidiano Estado de Sâo Paulo Hummes era apparso più possibilista e soprattutto non aveva fatto riferimento alle più recenti decisioni, dal Sinodo alla riunione dei capi dicastero della Curia romana presieduta da Benedetto XVI. È evidente che il cardinale, nel suo saluto prima della partenza da San Paolo, non ha tenuto conto dell’effetto che le parole avrebbero potuto avere se pronunciate dal nuovo «ministro» papale per i sacerdoti. Anche se bisogna notare che Hummes, nella dichiarazione concordata con la Segreteria di Stato, specificando che «attualmente» la questione non è agenda, lascia aperta la possibilità a diversi sviluppi futuri.
Mentre vengono diffusi sondaggi, secondo i quali in Belgio addirittura otto preti su dieci metterebbero fine all’obbligo del celibato, l’associazione sacerdoti lavoratori sposati, guidata da Giuseppe Serrone, diffonde un piccolo brano di un libro pubblicato da Joseph Ratzinger nel 1966 (Problemi e risultati del concilio Vaticano II, Queriniana), nel quale all’indomani della conclusione del Concilio, il giovane teologo si dichiarava possibilista sull’ordinazione di uomini sposati: «Di fronte alla penuria di sacerdoti, che in molte parti della Chiesa si fa sentire in misura sempre più crescente, non si potrà fare a meno di esaminare un giorno con tutta tranquillità questa questione: l’evitarla non sarebbe conciliabile con la responsabilità per l’annunzio della Parola di salvezza nel nostro tempo».
Va detto che la possibilità più volte ventilata di ordinare uomini sposati - i cosiddetti «viri probati», cioè uomini di provata fede - non significherebbe comunque aprire per i preti la possibilità del matrimonio. Una possibilità che non esiste neanche nelle Chiese orientali e ortodosse, nelle quali un uomo sposato può diventare prete, ma un prete che sia già tale non può comunque prendere moglie.
«Non è una novità quella di proporre delle vecchie dichiarazioni del teologo Ratzinger da contrapporre alle posizioni del Papa Benedetto XVI - commenta don Nicola Bux, teologo e consultore della Congregazione per la dottrina della fede -. Il pensiero di Ratzinger, come quello di qualsiasi persona che pensa, non è mummificato può cambiare, soprattutto se sono passati quarant’anni e quel teologo ora è il successore di Pietro».

(da "il giornale" del 5 dicembre 2006)

[Modificato da ratzi.lella 05/12/2006 7.45]

stupor-mundi
00martedì 5 dicembre 2006 10:00
Re: SI PERO'...........

Scritto da: euge65 04/12/2006 20.42
MA PERCHE' FARE QUESTE FIGURE??????????

INSOMMA MA VOLETE RIFLETTERE PRIMA DI SPARARE CAVOLATE SENZA SENSO??????????????

HUMMES MA PRIMA DI PARLARE VUOI RIFLETTERE!!!!!??????????
E CI FAI PURE IL CARDINALE!!!!!!!!!
PER POLITI ASPETTA PRIMA DI SCRIVERE SENTENZE!!!!!!! FORSE E' ORA CHE TI DISNCANTI DA SOLO!!!!!!!!!

[SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27820]: [SM=g27820]:

[Modificato da euge65 04/12/2006 20.42]

[Modificato da euge65 04/12/2006 20.45]



Sì è vero, appena nominato ha iniziato subito col piede sbagliato. Uffa, che gente circola in Vaticano: se hanno scelto sto tipo vuol dire che il livello è proprio basso!!!
Povero papa, chissà quale dolore e delusione gli deve aver provocato questo spiacevole episodio!!!
euge65
00martedì 5 dicembre 2006 22:04
Re: politi colpisce ancora...a vuoto!

Scritto da: ratzi.lella 05/12/2006 7.24
LE ALTRE FEDI
In Brasile aveva detto: non è un dogma. Ieri, appena giunto in Italia, è stato costretto a rettificare
Preti sposati, Hummes fa dietrofront "La Chiesa non abolirà il celibato"
Il nuovo prefetto del clero: questione non all´ordine del giorno
di MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - Celibato, il Vaticano tira i freni. La questione, viene dichiarato a lettere di piombo, «non è all´ordine del giorno». Il cardinale Hummes giunge a Roma in mattinata dal Brasile e sorridente dichiara i giornalisti all´aeroporto di Fiumicino: «Io non ho nessuna nuova dottrina sul celibato dei sacerdoti. Ciò che dico è quello che dice la dottrina della Chiesa». Messo in allarme dai titoli a tutta pagina che campeggiano su tutti i giornali, il porporato brasiliano aggiunge prudentemente: «Ovviamente, è il Papa che guida la Chiesa ed io sono al suo servizio volentieri».
Ma al Vaticano non basta. C´è irritazione per il buon senso che Hummes, da nuovo prefetto della Congregazione per il Clero, ha dimostrato sostenendo che sarebbe possibile «discutere per ridiscutere» la norma del celibato. Il Vaticano vuole un segnale di marcia indietro. E così la Sala stampa vaticana diffonde nel primo pomeriggio una dichiarazione ufficiale del cardinale, in cui si sottolinea che «la norma del celibato per i sacerdoti della Chiesa latina è molto antica e poggia su una tradizione consolidata e su forti motivazioni, di carattere sia teologico-spirituale sia pratico pastorale ribadite anche dai papi».
Non basta. Hummes deve ricordare che all´ultimo Sinodo dei vescovi del 2005 si è giudicato che «un allargamento della regola del celibato non sarebbe stato una soluzione neppure per il problema della scarsità delle vocazioni, che è da collegare piuttosto ad altre cause, a cominciare dalla cultura secolarizzata moderna, come dimostra l´esperienza anche delle altre confessioni cristiane che hanno sacerdoti o pastori sposati».
In ogni caso il cardinale precisa che l´argomento «non è all´ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche», come ribadito d´altronde dopo l´ultima riunione dei cardinali di Curia convocati dal Benedetto XVI. Segue a ruota una nota del Sir, l´agenzia dei vescovi italiani. «La castità per il regno dei cieli - viene affermato - fa parte dei "consigli evangelici" indicati da Gesù ai suoi discepoli». Insomma, il celibato «continua ad essere un grande valore spirituale, ecclesiale e pastorale».
Fine del discorso nell´arco di tre ore. Da pietra tombale fa un commento del cardinale Herranz (Opus Dei), responsabile vaticano per l´interpretazione dei Testi legislativi: «Il celibato sacerdotale è legge da diciassette lunghi secoli. Fermo restando che una cosa sono i dogmi e un´altra le leggi, che possono anche essere sottoposte a modifiche, ciò non significa che sia opportuno o conveniente farlo».
Eppure sotto la superficie, la questione ribolle. Se ne parlò molto proprio al Sinodo dei vescovi del 2005. Una recente inchiesta nelle Fiandre (Belgio) mostra che otto preti cattolici su dieci sono convinti che il sacerdozio «debba essere aperto alle persone sposate». Il 58 per cento sostiene che «anche le donne dovrebbero poter essere ordinate preti». Il cardinale di Bruxelles Danneels non si è detto affatto sorpreso del sondaggio.
Frei Betto, teologo brasiliano che ben conosce Hummes, si rivela ottimista sulla personalità del neo-prefetto della Congregazione per il Clero: «Credo che possa aiutare molto in quell´antro di conservatorismo che è il Vaticano. Certamente non andrà contro i voleri del Papa. Ma non ripeterà solo ciò che la Curia dice. Hummes discute, Hummes dibatte».

(da "la repubblica" del 5 dicembre 2006)


c´è irritazione per il buon senso mostrato da hummes?e' gia' finita la luna di miele di politi con la chiesa? caspita!!! a quattro giorno dal rientro del papa dalla turchia, gia', velatamente ma non troppo, si accusa ratzinger di aver obbligato un collaboratore a fare retromarcia...
ma per favore [SM=g27812]
hummes doveva stare piu' attento...tutto qui!




IL CASO
Nel mondo 150mila i religiosi che hanno lasciato i voti per sposarsi, un quinto sono americani
Con Milingo mille sacerdoti e le mogli la convention del movimento a New York
di ARTURO ZAMPAGLIONE

NEW YORK - Emmanuel Milingo, l´ex arcivescovo di Lusaka divenuto l´enfant terribile della chiesa cattolica, si prepara a ordinare tre nuovi preti sposati. La cerimonia avrà luogo domenica prossima 10 dicembre a West New York, nello stato del New Jersey, al termine di un convegno di due giorni organizzato da "Married priests now!", l´associazione di Milingo, cui sono invitati mille ex sacerdoti assieme alle mogli e ai figli. «Non ho alcuna intenzione di creare uno scisma nella chiesa», ripete l´ex arcivescovo, che ha 76 anni e ora vive negli Stati Uniti. Ma al di là delle intenzioni, è chiaro che le sue iniziative creano crescenti inquietudini nel mondo cattolico, e in particolare nelle gerarchie vaticane, anche perché diventano il punto di riferimento di migliaia di ex sacerdoti - soprattutto negli Usa - che vedono in lui un mezzo per premere sul Papa e accelerare un cambiamento sul tema del celibato.
Fino a poco tempo fa Milingo sembrava troppo controverso, troppo bizzarro, troppo segnato dalla sua storia personale - tra le pratiche esorcistiche e il matrimonio con la agopunturista coreana Maria Sung officiato dal reverendo Sun Myung Moon - per essere preso sul serio. Ma a dispetto della scomunica, il suo ruolo di "rompighiaccio" comincia ad attrarre seguaci. «Anche perché, riaprendo le porte ai preti sposati si potrebbe far fronte alla crisi delle vocazioni», dice Peter Paul Brennan, che a settembre è stato consacrato vescovo da Milingo nonostante porti la fede al dito.
Si calcola che a livello mondiale ci siano 150mila sacerdoti che hanno lasciato l´attività pastorale per potersi sposare. Di questi, un quinto sono americani: circa 25-30mila. D´altra parte, secondo i dati del Center for applied research in the apostolate della Georgetown university, il numero di sacerdoti negli Stati Uniti è passato da 58mila nel 1965 a poco più di 41mila quest´anno, creando notevoli disagi a livello di molto parrocchie. «E il celibato - dice Milingo - non fa altro che esacerbare questa situazione e accelerare l´emorragia».
Paradossalmente una parte degli ex religiosi, che, sposandosi, hanno dovuto abbandonare le attività parrocchiali e le fonti di reddito, approfittano della penuria di sacerdoti per ricominciare il vecchio lavoro a titolo privatistico. C´è un´associazione chiamata rent-a-priest (affitta un sacerdote), che ha un sito web e fornisce assistenza a chi ne ha bisogno. A coordinare le attività è Louise Haggett, cattolica praticante, che nel 1992 cercava un prete per dare assistenza alla mamma inferma in un paesino del Maine. Non trovando nessuno, ha assoldato un prete sposato e avviato l´iniziativa. Adesso sono in tanti a celebrare le messe a casa, a dare la comunione, a sposare e condurre i riti funerari: certo, non hanno l´autorizzazione della chiesa, che li considera impostori, ma sono un sollievo per i fedeli.
La frustrazione per il celibato sacerdotale è accentuata da un fatto poco noto: negli Stati Uniti, ma anche altrove, esistono numerosi preti sposati e in regola con le norme della chiesa cattolica. Come è possibile? Grazie a una deroga approvata dal Vaticano che permette ai sacerdoti di fede anglicana (in Inghilterra) ed episcopale (negli Stati Uniti) che si convertono al cattolicesimo, di tenere sia la tonaca che la famiglia. Di solito non vengono mandati a guidare le parrocchie per non dare troppo nell´occhio, specie se hanno molti figli. Ma possono svolgere altre attività, ad esempio nelle scuole o nelle università, e vivere serenamente la loro condizione. «E perché non dovrebbe essere possibile per tutti i sacerdoti fare come loro, intrecciando la famiglia con l´attività pastorale?» si chiedono i seguaci di Milingo.

(da "la repubblica" del 5 dicembre 2006)

quanta pubblicita' per milingo! e' gratis?



Tra moglie e marito, le gaffe del cardinale
di ANTONIO SOCCI

Forse, oltre ad astenersi dal matrimonio, gli ecclesiastici dovrebbero astenersi anche dalle interviste. Per non confondere il Verbo con le chiacchiere. L'altroieri per esempio il cardinale Claudio Hummes ha rilasciato dichiarazioni che sono parse esplosive sul tema del matrimonio dei preti. Non potevano passare inosservate perché Hummes in queste ore sta arrivando a Roma chiamato dal Papa proprio come "ministro" per il clero. Ecco cos'ha detto il cardinale: «Anche se i celibi fanno parte della storia e della cultura cattolica, la Chiesa può riflettere sulla questione del celibato perché non è un dogma, ma una norma disciplinare». Di per sé ha ragione chi ha notato che non c'è niente di nuovo, perché di certo il celibato ecclesiastico non è un dogma di fede. Ma è evidente che annunciare oggi una possibile revisione, mentre Hummes si appresta a guidare la Congregazione del clero e mentre si intensificano gli attacchi a questo istituto, significa indurre i giornali a titolare: "Il Vaticano apre sui preti sposati". Se il cardinale avesse inteso dire questo sarebbe andato contro il Papa e la Chiesa: appena venti giorni fa Benedetto XVI ha riunito i capi dei dicasteri romani ribadendo il "valore della scelta del celibato sacerdotale secondo la tradizione cattolica". Ovvia e prevedibile dunque la sua correzione di ieri. Tuttavia dichiarazioni avventate come le sue alimentano la confusione nella Chiesa. E c'è una parte del suo ragionamento che, essendo molto diffuso, merita di essere discusso e confutato. La prima dichiarazione di Hummes sembra ridurre tutto a una banale "norma disciplinare" che, come tale, può anche essere ribaltata. La stessa posizione dei "catto-progressisti" che vogliono la resa della Chiesa davanti al mondo e il rinnegamento della tradizione. Summa di luoghi comuni
Infatti ieri Pietro Scoppola - per dirne uno - dichiarava al Corriere della Sera: «Il celibato ecclesiastico è solo una norma di diritto canonico, una scelta della tradizione, non fondata teologicamente. Mi sembra importante che oggi davanti alla crisi della vocazioni si possa pensare a scelte diverse aperte alle nuove esigenze». In poche righe troviamo una summa dei luoghi comuni circolanti sulla materia. Solo che questo luogocomunismo è infondato. Intanto perché la cosiddetta "crisi delle vocazioni" e la secolarizzazione attanagliano anche (e di più) le confessioni protestanti e le chiese ortodosse che pure non hanno il celibato ecclesiastico. In secondo luogo perché i fatti (anche le statistiche recenti) dimostrano che nella stessa Chiesa cattolica stanno aumentando le vocazioni più rigoriste, come quelle di clausura, mentre calano ancora le vocazioni secolari dove più si è concesso al mondo e all'attivismo sociale. Le vocazioni infatti - per la Chiesa - derivano dalla grazia di Dio e non certo da uno studio sociologico con conseguente pacchetto-regalo che elabora qualche offerta speciale: tonaca e moglie, due al prezzo di uno. Ma infine è proprio vero che il celibato ecclesiastico è solo "una norma di diritto canonico" o - come dice Hummes - una "norma disciplinare" che come tale si può tranquillamente ribaltare? No. Non è vero. La Chiesa cattolica, nella sua lunga tradizione, è andata maturando una dottrina opposta. Lo ha spiegato molto bene il cardinale Alfonso Stickler nell'opera "Il celibato ecclesiastico. La sua storia e i suoi fondamenti teologici". Stickler lavorò come perito al Concilio Vaticano II e all'elaborazione del nuovo Codice di diritto canonico. È stato rettore dell'Università salesiana e vicepresidente del Bureau dell'Associazione internazionale di storia del diritto e delle istituzioni. Creato cardinale nel 1985 da Giovanni Paolo II, Stickler ha dimostrato - nei suoi studi - che non è possibile capire le istituzioni della Chiesa senza comprendere le basi teologiche che le originano. Anche sul celibato ecclesiastico. La vulgata corrente, superficiale e sbagliata, è quella ripetuta ieri da Franco Cardini (ormai approdato alla comoda riva del pensiero dominante) secondo cui: «Il celibato dei preti risale solo alla seconda metà dell'XI secolo. Prima i sacerdoti si sposavano». In pratica, per costoro, si potrebbe fare una storia di come fu introdotta la legge del celibato ecclesiastico in Occidente. Ma questo non è vero, come si dimostra nel noto Wörterbuch der Kirchengeschichte, a cura di Carl Andresen e di Georg Denzler (Deutscher Taschenbuch Verlag, Monaco di Baviera 1982). Al contrario si può scrivere la storia della decisione inversa presa dalla Chiesa orientale. Stickler, in sintesi, spiega che non conosciamo nessuna decisione ecclesiastica che abbia introdotto come innovazione il celibato, il quale risale invece a una ininterrotta tradizione non scritta, a una consuetudine di origine apostolica, probabilmente addirittura divina. È vero infatti che lo stesso S. Pietro era sposato, ma si era sposato prima della chiamata di Gesù e - spiega Stickler - la legge del celibato ecclesiastico consiste nell'obbligo della «continenza da ogni uso del matrimonio dopo l'ordinazione». Che poi è diventata la norma del celibato perché «l'origine di ogni ordinamento giuridico consiste nelle tradizioni orali e nella trasmissione di norme consuetudinarie le quali soltanto lentamente ricevono una forma fissata per iscritto». Risalendo alle origini troviamo anche le ragioni teologiche del celibato. Perché nel Nuovo Testamento il sacerdote non è più un uomo che svolge un servizio religioso, ma una persona che interamente si dona per amore, come Cristo alla sua Chiesa. E che da Cristo riceve prerogative e poteri divini. Stickler indica come essenziale e definitiva l'esortazione apostolica post-sinodale "Pastores dabo vobis", del 25 marzo 1992, che definisce la "Magna Charta della teologia del sacerdozio che rimarrà norma autorevole per tutto l'avvenire della Chiesa". In essa si afferma: «È particolarmente importante che il sacerdote comprenda la motivazione teologica della legge ecclesiastica sul celibato». E si aggiunge: «L'Ordinazione sacra configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere amata dal sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l'ha amata. Il celibato sacerdotale, allora, è dono di sé in e con Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore». La grande tentazione

Ci sono anche ragioni pratiche e sociali che motivano il celibato ecclesiastico, ma la ragione di fondo è teologica e non può essere degradata a semplice "norma disciplinare". Ma perché l'attacco mondano alla Chiesa su questo punto trova tali appoggi nel mondo ecclesiastico? Anni fa, da cardinale, Joseph Ratzinger colse il dramma del momento presente: «Il prete, cioè colui attraverso il quale passa la forza del Signore, è sempre stato tentato di abituarsi alla grandezza, di farne una routine. Oggi la grandezza del Sacro potrebbe avvertirla come un peso, desiderare (magari inconsciamente) di liberarsene, abbassando il Mistero alla sua statura, piuttosto che abbandonarvisi con umiltà, ma con fiducia per farsi elevare a quell'altezza»
Ecco perché, giustamente, padre Livio Fanzaga, dai microfoni di Radio Maria, nella sua ascoltatissima rassegna stampa del mattino, ha commentato il "caso Hummes" così: «Il problema non è la moglie, ma la fede». Questo è il cuore del problema per la Chiesa di oggi.

LA SCHEDA

SENZA MOGLIE DAL 306 Il celibato sacerdotale, anche se non è un dogma, è stabilito da una legge approvata dal Concilio di Elvira, svolto a Toledo nel 306 GLI ORIENTALI La norma vale per la Chiesa latina, con una deroga per i riti orientali, dove anche nelle comunità unite alla Chiesa cattolica vi sono sacerdoti sposati, purché il matrimonio sia avvenuto prima dell'ordinazione LA TESI DI HUMMES Il prefetto della Congregazione del Clero, cardinale Claudio Hummes, ha suscitato polemiche dicendo che il celibato non è un dogma, ha poi precisato che l'opinione più diffusa nella Chiesa è che l'abolizione del celibato non risolverebbe comunque la crisi di vocazioni

(da "libero" del 5 dicembre 2006)




Preti sposati, il Vaticano ora annulla le nozze
di Andrea Tornielli
Il cardinale Hummes fa un passo indietro: «L’obbligo del celibato non è un tabù, ma la sua abolizione non è all’ordine del giorno»

Il cardinale Claudio Hummes ha iniziato il suo servizio in Vaticano come nuovo Prefetto del clero con una precisazione, smentendo di aver voluto rimettere in discussione il celibato dei preti. Appena sbarcato a Fiumicino, il porporato brasiliano è venuto a conoscenza dell’eco mondiale avuta dalle sue parole sul celibato che «non è un dogma». Così, pur senza smentire una parola di quanto pubblicato ieri dal quotidiano Estado de Sâo Paulo, Hummes ha spiegato che «nella Chiesa è sempre stato chiaro che l’obbligo del celibato per i sacerdoti non è un dogma, ma una norma disciplinare». «Tanto è vero - ha aggiunto nella dichiarazione diffusa dalla Sala Stampa vaticana - che essa vale per la Chiesa latina, ma non per i riti orientali, dove anche nelle comunità unite alla Chiesa cattolica è normale che vi siano sacerdoti sposati». «È tuttavia anche chiaro - ha continuato il nuovo Prefetto del clero - che la norma del celibato per i sacerdoti nella Chiesa latina è molto antica e poggia su una tradizione consolidata e su forti motivazioni, di carattere sia teologico-spirituale sia pratico-pastorale, ribadite anche dai Papi».
«Anche nel recente Sinodo dei vescovi sui sacerdoti - aggiunge Hummes - l’opinione più diffusa fra i padri era che un allargamento della regola del celibato non sarebbe stato una soluzione neppure per il problema della scarsità di vocazioni, che è da collegare piuttosto ad altre cause, a cominciare dalla cultura secolarizzata moderna, come dimostra l’esperienza anche delle altre confessioni cristiane, che hanno sacerdoti o pastori sposati». «Tale questione - conclude il porporato brasiliano - non è quindi attualmente all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche, come recentemente ribadito dopo l’ultima riunione dei capi dicastero con il Santo Padre». Nelle dichiarazioni rese a quotidiano Estado de Sâo Paulo Hummes era apparso più possibilista e soprattutto non aveva fatto riferimento alle più recenti decisioni, dal Sinodo alla riunione dei capi dicastero della Curia romana presieduta da Benedetto XVI. È evidente che il cardinale, nel suo saluto prima della partenza da San Paolo, non ha tenuto conto dell’effetto che le parole avrebbero potuto avere se pronunciate dal nuovo «ministro» papale per i sacerdoti. Anche se bisogna notare che Hummes, nella dichiarazione concordata con la Segreteria di Stato, specificando che «attualmente» la questione non è agenda, lascia aperta la possibilità a diversi sviluppi futuri.
Mentre vengono diffusi sondaggi, secondo i quali in Belgio addirittura otto preti su dieci metterebbero fine all’obbligo del celibato, l’associazione sacerdoti lavoratori sposati, guidata da Giuseppe Serrone, diffonde un piccolo brano di un libro pubblicato da Joseph Ratzinger nel 1966 (Problemi e risultati del concilio Vaticano II, Queriniana), nel quale all’indomani della conclusione del Concilio, il giovane teologo si dichiarava possibilista sull’ordinazione di uomini sposati: «Di fronte alla penuria di sacerdoti, che in molte parti della Chiesa si fa sentire in misura sempre più crescente, non si potrà fare a meno di esaminare un giorno con tutta tranquillità questa questione: l’evitarla non sarebbe conciliabile con la responsabilità per l’annunzio della Parola di salvezza nel nostro tempo».
Va detto che la possibilità più volte ventilata di ordinare uomini sposati - i cosiddetti «viri probati», cioè uomini di provata fede - non significherebbe comunque aprire per i preti la possibilità del matrimonio. Una possibilità che non esiste neanche nelle Chiese orientali e ortodosse, nelle quali un uomo sposato può diventare prete, ma un prete che sia già tale non può comunque prendere moglie.
«Non è una novità quella di proporre delle vecchie dichiarazioni del teologo Ratzinger da contrapporre alle posizioni del Papa Benedetto XVI - commenta don Nicola Bux, teologo e consultore della Congregazione per la dottrina della fede -. Il pensiero di Ratzinger, come quello di qualsiasi persona che pensa, non è mummificato può cambiare, soprattutto se sono passati quarant’anni e quel teologo ora è il successore di Pietro».

(da "il giornale" del 5 dicembre 2006)

[Modificato da ratzi.lella 05/12/2006 7.45]



A PROPOSITO CARA LELLA HAI RAGIONE SU HUMMES DOVEVA MISURARE LE PAROLE PRIMA DI SPARARE A ZERO FACENDO POI LA FIGURA DI QUELLO CHE HA PRESO LA LAVATA DI TESTA E RIENTRA NELLE RIGHE CON LA CODA FRA LE GAMBE!!!!!!!! VORREI AGGIUNGERE A PROPOSITO DI MILINGO, LA SQUALLIDA E IGNOBILE SCENEGGIATA RECITATA QUASI IN PREDA AD UNA SORTE DI DELIRIO, INSIEME ALLA MOGLIE ( BOH!!!!!!)
AL PROGRAMMA DI MENTANA IN ONDA STASERA CHE IL TG 5 HA MANDATO IN ONDA PER POCHI SECONDI COME ANTICIPAZIONE!!!!!!! ALTRO CHE ESORCISTA L'ESORCISTA SERVE A MILINGO SEMBRAVA UN'INVASATO IN PREDA AD UN'ATTACCO DI PURA FOLLIA DELIRANTE!!!!!!!!! MA, POSSIBILE CHE CERTA GENTE DEBBA ANCORA INFESTARE LA CHIESA????????????? PENSO CHE LA SCOMUNICA IN QUESTI CASI NON SIA SUFFICIENTE!!!!!!!!!!!!! MARIA SUNG HA DETTO ANCHE SALVE AMICI ITALIANI MA CHI LA CONOSCE A QUELLA??????????????? MA CHI LA VUOLE????!!!!!!!!!!!! MA PER FAVOREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!
[SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27826] [SM=g27826] [SM=g27825] [SM=g27825] [SM=x40795]
EVIDENTEMENTE POLITI E' STATO CONTAGGIATO DALLA FOLLIA DELIRANTE DI MILINGO!!!!!!!!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27826] [SM=g27825]
BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
ratzi.lella
00mercoledì 6 dicembre 2006 07:45
eh si',
cara euge, hummes ha sollevato un polverone che poteva benissimo essere evitato [SM=g27816]
do' ragione a socci: i cardinali dovrebbero astenersi anche da certe interviste oltre che dal matrimonio [SM=g27828]

intanto navarro:

LE IDEE
Ma non sarà il matrimonio ad aumentare le vocazioni
di JOAQUIN NAVARRO-VALLS

Hanno fatto molto discutere le dichiarazioni sul celibato del Prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale Claudio Hummes. Hanno fatto molto discutere anche se non c´è nulla di scandaloso, infatti, nel riconoscere che il tema del celibato non costituisca un dogma, ma una scelta istituzionale. E, tanto meno, c´è da scandalizzarsi dell´affermazione che «la Chiesa non è immobile, ma cambia quando deve cambiare».
Basta considerare, a tal riguardo, che il canonista francese Ivo di Chartres, nel Prologo della sua celebre opera canonica Panormia, sosteneva agli inizi del 1100 la medesima tesi, affermazione ripresa da Graziano nel Decretum, base di tutto il diritto canonico.
Non sono molte le leggi immutabili della Chiesa, anzi forse pochissime, e tra queste c´è la legge dell´amore e non quella del celibato.
Il fatto però non solo non vanifica, ma anzi rafforza l´importanza dell´istituzione. Ecco perché Benedetto XVI il 16 novembre scorso ha ribadito ai capidicastero della Curia Romana la necessità di conservare la consuetudine del celibato per i Presbiteri, mentre contemporaneamente il vescovo Milingo incorreva automaticamente nella scomunica latae sententiae.
Come aveva già osservato da cardinale nel suo libro intervista Il sale della terra, il sacerdote deve dare testimonianza della propria opzione già in questa vita, rinunciando al matrimonio e alla discendenza naturale. Questa sottrazione non costituisce un fatto che squalifica il matrimonio, ma anzi una rinuncia «a ciò che per gli uomini non solo è l´aspetto più naturale, ma più importante». Il carattere religioso del sacerdozio, prosegue il Papa, porta a tralasciare «quanto normalmente rende matura e promettente un´esistenza umana».
Per un sacerdote, quindi, il celibato consiste in un impegno a vivere in un modo nuovo. Ricostruendo la storia della istituzione del celibato si deve andare molto indietro, senza poter tuttavia arrivare agli Apostoli. Essi, infatti, furono scelti per seguire il Maestro nello stato in cui erano già. Per trovare qualche affermazione in questo senso si deve attendere il IV secolo. Nel 306, il Concilio di Granada-Elvira raccomandava il celibato ai Sacerdoti, e la scelta fu confermata dal Sinodo di Roma del 386.
Il fatto che nei secoli successivi non si trovino conferme di questa esortazione non deve stupire, visti e considerati gli effetti prodotti dal successivo abbandono della consuetudine. Una delle ragioni più profonde della decadenza della Chiesa nei secoli centrali del medioevo era dovuta, come si sa, ai legami tra il Clero e i poteri laici, sotto la spinta delle potenti famiglie feudali.
Nomi come Tuscolo e Crescenzio forse non evocano molto alle orecchie contemporanee, ma sono i nomi di alcune influenti famiglie che a cavallo tra il X e l´XI secolo hanno potuto vantare alcuni Papi e che hanno prodotto molta corruzione all´interno dell´istituzione ecclesiastica.
È noto che la riforma gregoriana, prima, e i primi grandi concili medievali, poi, hanno riaffermato con forza il celibato, non tanto come una novità inedita, quanto piuttosto come una ripresa dell´autentica chiamata al sacerdozio cristiano. L´esempio del monaco Pier Damiani, di poco anteriore alla riforma gregoriana, amato e citato da Dante, sta lì a testimoniare quanto fosse percepito come importante il recupero di questo antico costume, per rendere pienamente compiuta non la identità cristiana, ma la determinazione al sacerdozio e la fine della corruzione morale del clero.
Dalla deposizione dei preti sposati di Gregorio VII del 1074 in poi non vi sono più stati dubbi nella Chiesa latina sul celibato. L´Oriente, invece, ha seguito un´altra strada, come è noto, ammettendo dal 692 in avanti il celibato per i Vescovi e la dispensa del celibato per i preti sposati prima dell´ordinazione.
Dopo le vicende legate alla separazione della Chiesa Anglicana e delle chiese riformate, portatrici di una diversa concezione del sacerdozio, la prassi sacerdotale si è accompagnata nella Chiesa Cattolica al celibato stabilito dal Concilio di Trento alla metà del XVI secolo.Bisogna ricordare che la scelta del sacerdozio, fino ai principi del Novecento, era contraddistinta dalla radicale giovinezza delle vocazioni, tanto che erano soprattutto i ragazzi a riempire i seminari.
Oggi, certamente, la situazione è diversa, sia per la maggiore eterogeneità delle origini culturali del clero e sia per la crescita dell´età delle vocazioni. Tutto ciò si deve riconoscere ha dei risvolti positivi, perché permette il crescere di una maggiore consapevolezza dell´identità cristiana che è la vera molla che spinge alcuni, finalmente, alla decisione per il sacerdozio.
Io credo che il punto sia proprio questo. La causa che muove realmente un uomo a scegliere il sacerdozio ha un primato radicale rispetto alla conseguente accettazione del celibato, perché il problema riguarda i motivi e la modalità con cui un uomo prende una scelta di questa entità, una scelta che riguarda tutta la sua vita.
Oggi forse vi è una situazione sociologica e storica, dominata dalla secolarizzazione, che allenta il legame tra la decisione che viene presa e la permanenza o la stabilità nel tempo di una assunzione definitiva di responsabilità. Ma questo non è un problema che riguarda il celibato o il matrimonio, ma l´uomo nella sua più profonda struttura esistenziale. Se mancano le immense motivazioni verso la definitività di una scelta, è chiaro che poco può cambiare nei risultati di una decisione libera, fosse anche quella matrimoniale o professionale.
È questa la ragione per cui anche laddove il sacerdozio è svincolato dal celibato, come nelle confessioni cristiane non cattoliche – la Comunione Anglicana, Luterana, ecc. – , noi non assistiamo ad una crescita delle vocazioni, per il semplice fatto che non è il celibato o il non celibato il problema in questione, ma la fiducia e l´apertura dell´uomo ad un dono, ad una grazia e ad una forza che egli da solo non può darsi, ma che deve ricevere gratuitamente e che, solo in questa prospettiva, gli permette di continuare poi per tutta la vita.
In tutto questo la promessa umana è certamente fondamentale. E come potrebbe non essere così?
Il fatto è che scegliere una linea permanente di vita perché si confida nell´aiuto e nella forza di un Altro non è la stessa cosa che scegliere da soli. Qualsiasi bambino si fida di crescere e di vivere quotidianamente, perché si fida di chi lo accompagna, perché si fida dei suoi genitori e di chi lo ama, altrimenti dovrebbe disperare, come spesso facciamo noi adulti quando ci sentiamo soli.
Forse allora bisognerebbe parlare della secolarizzazione e degli odierni atteggiamenti di vita fondati sull´instabilità e sulla contingenza delle decisioni, piuttosto che guardare agli effetti che da tali situazioni possono derivare.
L´uomo può prendere decisioni soltanto deboli e provvisorie se non si apre liberamente ad una stabilità che non può possedere e reclamare da solo. In questo senso, tutte le scelte umane che hanno un legame con la totalità della vita o non hanno alcun senso e quindi non sono possibili, oppure trovano un senso che non può valere al di fuori dell´orizzonte di un legame sconfinato.

(da "la repubblica" del 6 dicembre 2006)



indiscrezioni...


L'opinione La Chiesa è anche dei laici e c'è tanto lavoro per loro
di ANNA PRATI ZANI

Pare che il Papa Benedetto XVI abbia intenzione di porre mano alla riorganizzazione dei laici impegnati, a vario titolo, al servizio della chiesa.
Non conosco le reazioni degli addetti ai lavori, ma dal così detto popolo di Dio, quello la cui fede è semplice ma radicata nei principi del Vangelo, ho sentito diverse voci di approvazione. Con la penuria di vocazioni diventa impossibile poter far fronte a tutti i bisogni amministrativi, sociali e liturgici che una chiesa, in continua evoluzione, richiede, senza il volontariato laico. Il problema è serio e per non avere più danni che vantaggi, occorre una oculata selezione, altrimenti, fra cristianesimo e laicismo interessato, fra politicizzazione occulta e condizionamenti delle coscienze, il passo è veramente breve. Il danno che ne consegue non è certo dei laici in parola, ma di un folto popolo di fedeli che, sentendosi senza più un punto di riferimento sicuro, si allontanano sempre più dalla chiesa, anche se con la morte nell'anima.
Benedetto XVI vuole riportare in primo piano il Vangelo, senza se e senza ma. Non è un politico né un grande diplomatico. Piace a quel numeroso popolo di Dio che vuole riconoscersi in quelle radici cristiane, che risalgono a più di duemila anni fa, i cui principi sono ancora basilari per la salvezza di tutto l' universo. Senza, però, nulla togliere a tante altre religioni che si ispirano al bene dell'umanità: pace, tolleranza, rispetto, amore del prossimo, determinazione nell'eliminare quell'ingiustizia (che non ha giustificazione ) che è la fame nel mondo, in tutto il mondo.
Usando l'arma del Vangelo, il nostro Papa riuscirà ad avviare un dialogo con tutte, di reciproco rispetto e condivisione di intenti, perché Dio è uno solo, non importa con quale nome lo si invochi. Il Padre Nostro è una preghiera che vale per ogni credo religioso, non ha alcuna connotazioni politica, né tanto meno richiami a qualche fede in particolare.
Ma ritorniamo al volontariato, a quello vero, magari spicciolo, ma autentico. Il voler fare un censimento delle associazioni, dei gruppi o cooperative che si proclamano di volontariato, non sarebbe impresa facile .Nell'ultimo decennio è stato un proliferare di acronimi vari con l'aggiunta di un onlus, no profit, per significare la gratuità del servizio. Se però se ne approfondisce la conoscenza si scopre che di onlus non ce n'è poi tanto, soprattutto per quanto riguarda la dirigenza.
E allora? Detto questo, però, per dovere di verità, occorre anche dire che di volontariato puro ne esiste ancora ed è mantenuto vitale da un bel gruppo di persone, con una prevalenza femminile che, con il loro costante e non poco faticoso impegno, alleviano le sofferenze di parecchia povera gente, non solo, ma si dedicano anche a servizi ausiliari per i luoghi sacri rendendoli piacevolmente accoglienti per la comunità. La pulizia della chiesa, degli arredi e dei paramenti, con particolare cura alla preparazione dell'altare, tenendo conto delle festività che via via si susseguono e che quindi le funzioni liturgiche cambiano e richiedono, ogni volta, paramenti diversi per foggia e colore, non è impegno da poco.
Senza contare l'allestimento degli addobbi per matrimoni, cresime, comunioni, battesimi e purtroppo anche funerali. Un tempo queste mansioni erano espletate dai sagrestani, pagati poco, ma pagati, ora anche questi nelle tante parrocchie di montagna e di campagna sono letteralmente? estinti, creando un problema abbastanza serio. Per fortuna in diverse parrocchie si sono attivate volontarie (la donna non può non esserci dove il bisogno lo richiede ) ed il disagio è in gran parte risolto. In un mondo dove la riconoscenza è stata offuscata dalla aridità dei sentimenti, sarebbe doveroso ricordare l'opera veramente meritoria svolta, da queste persone, in tante piccole parrocchie sperdute di montagna, compresa Vezzolacca. Persone che per anni e anni hanno dedicato tutto il loro tempo libero, con il bello ed il cattivo tempo (non è solo un modo di dire) alla loro chiesa, in silenziosa, costante e totale gratuità.
Non essendovi più neppure un parroco se non per una Messa, mordi e fuggi, solo di domenica, sono diventate un punto di riferimento, per tutti i residenti ed in particolare per ammalati ed anziani a cui non hanno mai fatto mancare neppure il grande conforto dell'Eucarestia. Arriva il momento però che, per anzianità o, purtroppo, per malattia, devono lasciare, con dispiacere, il loro prezioso servizio.
Ed è qui che il dovere di gratitudine dovrebbe diventare tangibile con almeno un grazie ufficiale per tutto il non leggero e costante impegno cristiano, umano, civile, umile, e veramente onlus che hanno dedicato alle nostre sperdute parrocchie, con non piccolo beneficio per tutti i fedeli, soprattutto anziani, che ancora, con affettuosa pervicacia, le abitano. In attesa, sapendo di interpretare il desiderio di buona parte dei parrocchiani, anticipo un grazie, che parte dal cuore.


© 1996 - 2006 Libertà On Line

[Modificato da ratzi.lella 06/12/2006 8.27]

Ratzigirl
00giovedì 7 dicembre 2006 18:43
BENEDETTO XVI IL 17 GIUGNO AD ASSISI: MONS. SORRENTINO, «RICORDERÀ S. FRANCESCO NELLA SUA VERITÀ»


Benedetto XVI è il terzo papa che, il 17 giugno 2007, visiterà Assisi dal dopoguerra ad oggi. Lo precisa una nota dell’ufficio comunicazioni sociali della Conferenza episcopale umbra. Molti ricordano Giovanni XXIII, il 4 ottobre del 1962: la prima volta che un successore di Pietro lasciava Roma dopo quasi un secolo. Papa Roncalli chiese la protezione di San Francesco sul Concilio, la cui prima sessione si sarebbe tenuta l'11 ottobre dello stesso mese. Giovanni Paolo II per ben sei volte andò ad Assisi che è stata la città, dopo Roma, da lui più visitata. La prima volta fu il 5 novembre del 1978. Al patrono d'Italia Woityla affidò il suo ministero petrino. Il 12 marzo del 1982 tornò ad Assisi per ricordare l'ottavo centenario della nascita di San Francesco. Poi, la giornata di preghiera per la pace del 27 ottobre 1986. Il papa scelse Assisi perché San Francesco era «capace di parlare a diverse culture, religioni e popoli”. Il 9 e 10 gennaio del 1993 Giovanni Paolo II convocò i leader religiosi ad Assisi per implorare la pace sulla vecchia Europa, in particolare su quella orientale. Nel 1998, il 3 gennaio, il papa polacco portò conforto alla comunità di Assisi dopo il terremoto. Infine il 24 gennaio 2002, celebrerà la giornata di preghiera contro il terrorismo e la guerra tra civiltà.

Il Papa viene ad Assisi per ripercorrere i luoghi francescani”: mons. Domenico Sorrentino, arcivescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, spiega il senso della visita di Benedetto XVI nella terra del poverello, il prossimo 17 giugno, annunciata oggi. “Il suo viaggio – continua il presule – sarà tutto incentrato sulla figura del Santo di Assisi, in occasione dell’Anno della Conversione che ho indetto dall’ottobre 2006 all’ottobre 2007, in occasione dell’VIII centenario della conversione di san Francesco”.

Non dobbiamo dimenticare, infatti – aggiunge mons. Sorrentino -, le parole che il Papa ha rivolto, il 31 agosto scorso, ai sacerdoti della diocesi di Albano, ricordando che san Francesco di Assisi ‘non era solo un ambientalista o un pacifista’, ma ‘era soprattutto un uomo convertito’: lo ha proposto, quindi, come modello che non va relativizzato solo ad alcuni aspetti, come l’amore per la pace e per la natura, ma che va riletto nella sua verità più profonda”.

In quell'occasione Benedetto XVI aveva espresso apprezzamento per l'iniziativa di mons. Sorrentino di indire l’Anno della conversione. Durante la sua visita il Papa andrà nel convento di S. Damiano, nelle basiliche di S. Chiara, di S. Francesco e di S. Rufino. Nella basilica di S. Maria degli Angeli ci sarà un incontro con i giovani della diocesi.
Ratzigirl
00sabato 9 dicembre 2006 21:20
Le prediche per l’Avvento 2006 al Santo Padre e alla Curia romana

In preparazione al Santo Natale, il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. terrà le prediche alla presenza del papa e i suoi più stretti collaboratori. Rispetto all'anno scorso, solo in 2 venerdì di dicembre.



Come ogni anno, in preparazione al Santo Natale, il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. terrà alle ore 9 di venerdì 15 e 22 dicembre nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico in Vaticano, le prediche alla presenza del papa e i suoi più stretti collaboratori. Però, con una novità: questa volta saranno solo due i venerdì di dicembre dedicati al pio esercizio.

Il cappuccino Raniero Cantalamessa, 72 anni, è specialista in storia delle origini cristiane e dal 1980 predicatore della Casa Pontificia, ossia colui che detta le prediche di Avvento e di Quaresima al papa e alla Curia romana.

Il tema della predicazione proposta quest’anno è Le Beatitudini evangeliche, con riferimento al Vangelo di Matteo: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore (Mt 11, 29). Padre Cantalamessa introduce il tema con queste parole: "Le Beatitudini sono l’autoritratto spirituale di Gesù di Nazareth, povero, mite, puro di cuore e perseguitato per la giustizia. Rappresentano perciò la via privilegiata da seguire per avere in sé gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Fil 2, 5). Tralasciando la beatitudine dei poveri di spirito, già trattata in passato, si cercherà di riflettere sulle due successive beatitudini, degli afflitti e dei miti, particolarmente consone allo spirito liturgico dell’Avvento e necessarie alla Chiesa nella presente situazione storica".

Il Santo Padre Benedetto XVI - per cui sarà la seconda predica d’Avvento del suo pontificato, ha parlato il 1° novembre scorso del tema che verrà trattato: "Il Beato per eccellenza è solo Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l'afflitto, il mite, l'affamato e l'assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l'operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l'impossibile diventa possibile; con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste".
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:42.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com