una bella intervista...
BENEDETTO XVI: LETICIA SOBERON, 'SE LO ASCOLTI DAVVERO LO CAPISCI'
(ASCA) - Citta' del Vaticano, 9 nov -
Da Papa Ratzinger i
cattolici si sentono trattati da adulti e sono invitati a
progredire verso una fede adulta che rende specialmente
sensibili ai bisogni della gente perche' si trasforma in
amore.
E' un'osservazione formulata da Leticia Soberon
Mainero, laurea in psicologia e prossimamente in
comunicazione sociale, coordinatrice generale della Rete
informatica della Chiesa in America Latina (RIIAL) operativa
presso il Pontificio Consiglio per la Comunicazione Sociale.
Dopo essere stata membro di questa rete, e dopo l'andata in
pensione di mons.Planas,da maggio ne ha la responsabilita'.
In Vaticano lavora da 11 anni. Le ossa professionali le ha
fatte al Celam quale segretaria esecutiva di un organismo di
animazione delle realta' produttive radio e televisive
dell'America Latina. Messicana, parla ben 5 lingue (oltre a
spagnolo e italiano, francese, inglese, catalano).
Con lei l'Asca parla di comunicazione nella Chiesa e del
rapporto non facile ne' scontato dei media con Benedetto XVI
in questo primo scorcio di pontificato. Per Leticia Soberon,
Papa Ratzinger si deve anzitutto ascoltare se lo si vuole
capire.
D - Qual e' la ricezione dei media in generale e dei media
cattolici in particolare nei confronti della Chiesa
cattolica postconciliare?
R - ''Esiste una grande varieta' che e' difficile riassumere
in poche battute. Occorre considerare ciascuna regione del
mondo senza discorsi generici. Ma per lo piu' si riscontra un
grande interesse di pubblico nei confronti della Chiesa. In
tante nazioni quando viene fuori una notizia di Chiesa la
gente la segue. Il taglio dei media su questo genere di
informazione e' influenzato dalla sensibilita' di partenza
dei media stessi. A volte puo' essere una prospettiva
ideologica che origina una informazione piu' parziale e
superficiale sulla Chiesa. A volte l'informazione e'
benevola. Altre volte si riscontra un'attenzione sollecita
specialmente alle occasioni di scandalo. Nei confronti della
Chiesa, sui media si trova un po' di tutto.
Non esiste una
uniformita' dei media nell'informazione sulla Chiesa
cattolica, ma c'e' un interesse soprattutto nel pubblico.
I media percepiscono le attese della gente e quindi cercano
di rispondervi, naturalmente tendo fede al loro orientamento
di base. Occorre anche rilevare che le agenzie cattoliche
trovano un riscontro importante negli utenti e in parecchi
media''.
D - Le attuali strutture della Chiesa per la comunicazione
sono capaci di comunicare la realta' della Chiesa stessa?
R - ''La Chiesa e' molto grande. Penso che essa possa
contare su strutture molto efficienti e strutture meno
efficienti. La Chiesa ha impiegato un po' di tempo per
capire il messaggio del Concilio, percio' ha avuto nei
confronti dei media un atteggiamento variabile. All'inizio i
Pontefici hanno avuto un atteggiamento critico sull'uso
sbagliato e ideologico dei media, ma si deve riconoscere loro
di essere stati pionieri nell'uso dei media. Si pensi in un
tempo piu' lontano a Pio XI con la radio. Il Vaticano, in un
tempo piu' recente, e' stato uno dei primi a siglare gli
accordi per l'uso del satellite. Adesso ci sono delle
strutture lungimiranti. In generale le strutture diocesane e
le conferenze episcopali, hanno una diversa sensibilita' a
seconda dei posti, per appoggiare i media locali cattolici o
una presenza cattolica nei media. Da quello che si puo'
vedere dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni, diciamo
che nell'ambito della chiesa c'e' una crescente coscienza
verso la comunicazione. Ma e' un cammino che ha richiesto
molto tempo. L'attenzione alla comunicazione non e' una cosa
che emerge naturalmente dalla sensibilita' di tanti vescovi
che sicuramente hanno un'enorme difficolta' di altro tipo cui
far fronte e la questione mediatica rimane loro meno facile
da affrontare. Ci sono comunque delle iniziative stupende,
estese a livello mondiale, ci sono anche grandissime e
incredibilmente creative esperienze in diverse regioni. Il
coefficiente di comunicazione e' abbastanza; potrebbe essere
migliorato, si'''.
D - Dal suo osservatorio quale Chiesa emerge dai media nei
diversi continenti?
R - ''Non si puo' generalizzare, ma sicuramente non viene
fuori l'immagine che noi abbiamo della Chiesa, noi che ne
siamo dentro e la viviamo come mistero della presenza di Dio,
di unita' fra le persone e i popoli. Vediamo che e'
difficilmente comunicabile la realta' profonda della Chiesa e
sui media viene fuori il piu' delle volte solo l'annedotica
che riguarda la Chiesa, i suoi componenti o le sue
strutture.
Annedotica che diventa molto appetibile, specialmente se
scandalosa o attinente debolezze della Chiesa.
Io sono sinceramente convinta che qualunque persona che abbia
veramente voglia di capire, puo' trovare adesso nella Chiesa
le fonti per una conoscenza approfondita. Le persone che
invece, come in tanti altri argomenti della vita e della
societa', si accontentano solo di quello che puo' loro
giungere dai media piu' o meno autorizzati, allora avranno
una visione di Chiesa sicuramente piu' riduttiva. Si tratta
di una conoscenza a profondita' variabile ed e' difficile per
queste persone andare piu' in profondita' nel messaggio della
Chiesa. Occorre dire che, sotto questo profilo, i papi
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI portano un messaggio che va
oltre l'immediatezza dei media.
Le persone che li guardano e li ascoltano rimangono con una
immagine piu' completa della Chiesa. Nella Chiesa ci sono
tanti vescovi, tanti gruppi e tante realta' che sono anche
medianiche nel senso che riescono a riformulare il messaggio
mediatico in una forma piu' concreta.
In America Latina i Vescovi, incoraggiati da questo
Pontificio Consiglio, hanno costruito una realta' molto
vivace e utile, la Red Informatica de la Iglesia en America
Latina (RIIAL), nata vent'anni fa, prima di Internet, e che
adesso e' uno spazio comunicativo molto capillare al servizio
del Vangelo. Papa Giovanni Paolo II chiese di espanderlo
anche ad altri continenti e stiamo studiando di animare
qualcosa di simile in Africa''.
D - L'informazione sulla S. Sede non monopolizza
eccessivamente il parlare di Chiesa nei media?
R - ''Nei media internazionale e' probabile che sia cosi'.
Nelle realta' locali, no. Non devo essere io a dirlo, ma come
lei sa il Papa ha un ruolo completamente unico nella vita dei
cattolici. Per cui le parole, i viaggi, le azioni dei
pontefici, chiaramente attirano l'attenzione di tutti i
cattolici in generale. Ma ho visto che nei media locali, le
realta' operanti sul territorio hanno un'enorme importanza. E
percio' hanno molta importanza e si sviluppano piccoli media
locali come la radio. Accade in America Latina, in Africa e
in altre parti del mondo. I media cattolici dedicano molto
spazio alle realta' locali e questo da' una vivacita'
particolare, pur includendo questioni della S. Sede. I media
che hanno un respiro internazionale o nazionale, invece,
danno un'enorme spazio alle questioni della S. Sede e forse
dimenticano altre realta' ecclesiali che propongono questioni
di interesse per tutti''.
D - Dottoressa, lei si sente un'orfana di Giovanni Paolo
II?
R -
''No - risponde ridendo divertita -. Io ho amato
moltissimo papa Giovanni Paolo. Sono tra coloro che hanno
vissuto la maggioranza dei propri anni di vita sotto Giovanni
Paolo II, ho fatto persino uno studio sulle sue catechesi
dedicate alla teologia del corpo, ma posso dirle sinceramente
che questa misteriosa successione di benedetto non mi fa
sentire un'orfana.
Nella chiesa c'e' questo mistero nella presenza del
successore di Pietro che puo' essere senz'altro sempre
diversa. I pontefici sono diversi l'uno dall'altro. E' come
quando vedi un nonno, ma c'e' un altro nonno, e in un certo
senso l'uno non sostituisce l'altro.
Ho imparato a scoprire le enormi virtu' di papa Benedetto. Lo
dico sinceramente: non me l'aspettavo, perche' non lo
conoscevo, non avevo dati precedenti. Sto scoprendo un uomo
dalla capacita' enorme di dare senso, significato alle
cose.
Di trovare il significato antico delle cose, e offrirlo
rinnovato alla comune considerazione. Per me e' cosi' e lo
dico sinceramente: non mi sento orfana. Mi manca si' papa
Wojtyla, pero' non mi sento orfana''.
D - Anche lei e' stata tra coloro che nella Chiesa e fuori
della Chiesa hanno avuto paura all'annuncio dell'elezione
del cardinale Ratzinger?
R - ''Il timore nei confronti di cio' che e' sconosciuto
esiste sempre. E una figura come Giovanni Paolo II e'
difficilissima da dimenticare. Penso che sia normale fare
confronti e paragoni tra persone e situazioni. E' un po'
inevitabile. Ma che vuole che dica? Io sono tra quelle
persone che credono nello Spirito Santo da una parte e,
dall'altra, era evidente che una persona capace, senza
complessi, di essere se stesso dopo un enorme papa come
Giovanni Paolo, quasi non poteva essere altri che il
cardinale Ratzinger.
Perche' lui sa con tutta tranquillita', la tranquillita' delle persone veramente mature, essere se stesso senza complessi. Senza dover fingere quello che non e', senza doversi sentire minimizzato dalla figura del predecessore che lui stesso capisce essere storica.
Alla morte di Papa Wojtyla, ho provato il dolore normale
della perdita, perche' ho sentito la sua morte una perdita
personale, come tanti: era un familiare che moriva.
Nonostante cio', quando dal conclave e' venuto fuori Papa
Ratzinger ho pensato: vediamo, io non so, non lo conosco. So
che e' chiamato ad affrontare un compito non soltanto non
facile, ma enorme. E con il vento contrario perche' erano in
molti a nutrire pregiudizi nei suoi confronti. Sui
pregiudizi preferisco non fare mai conto perche', fino a
prova contraria, sono sempre ingiusti. Ma occorre riconoscere
al papa Benedetto XVI che si e' trovato a iniziare davvero in
salita, con un compito difficilissimo anche sotto il profilo
mediatico''.
D - C'e' stata qualcosa che papa Benedetto ha detto o fatto
che lei non si attendeva e che l'ha colpita in modo
particolare?
R - ''Sì. A me ha colpito moltissimo l'omelia del papa
durante la Giornata Mondiale della Gioventu' a Colonia dove
ha spiegato l'Eucaristia. Con una potenza evocativa
straordinaria capace di andare oltre le parole semplicemente
intellettuali e appropriate per un tema cosi' difficile. Papa
Benedetto e' capace di estrarre il significato profondo delle
cose. Avevamo tutti un'immagine generale che lui fosse uno
studioso, un uomo di biblioteca, ma piuttosto assente dalla
vita pastorale.
Invece l'ho scoperto come una persona che ti
fa capire, se lo ascolti, quello che c'e' dietro le cose che
conosciamo a memoria. Nelle cose fondamentali evoca la
profondita'. Occorre riconoscere al papa Benedetto un enorme
pregio: e' un uomo deciso a elevare il livello della
coscienza dei cattolici sulla realta' della fede e delle sue
implicazioni nella vita. Si potrebbe in breve dire: Papa
Giovanni Paolo II emozionava perche' aveva un linguaggio
corporale di un'enorme comunicabilita' che ha attirato le
camere di ripresa di mezzo mondo;
Papa Benedetto ti
interpella, ti confronta con te stesso, ti fa capire molto
piu' profondamente quello che hai dentro. E poi, non fa altro
che parlare d'amore. Questa e' un'altra cosa che sinceramente
mi ha colpito e sorpresa. Parla di amicizia con Cristo,
insiste in una vicinanza di cuore con Gesu'. Roba che non ci si aspetta da uno che ha fama di essere un grande
intellettuale. Ho scoperto nel tempo in papa Benedetto
l'intellettuale che e' un uomo che ama e che ama la Chiesa. E
si vede questo suo amare. Ho studiato la teologia del
corpo.
Nei gesti di Giovanni Paolo c'erano un'espansione, una
liberta' legata alla sua storia. Benedetto XVI appare piu'
contenuto, di una umilta', di una vicinanza, di un calore
umano meno emotivo ma molto sincero, coinvolgente. In
definitiva a me ha colpito molto quest'uomo che e' un
intellettuale che parla d'amore''.
D - Che cosa allora, secondo lei, non funziona nella
comunicazione di Benedetto XVI verso l'esterno della Chiesa?
Perche' si nota questa sorta di resistenza a cogliere il suo
messaggio?
R - ''Non so se sia una questione di Papa Benedetto o
un'inerzia generale del pubblico abituato ancora alla figura
poliedrica di Giovanni Paolo. Abbiamo notato, infatti, che
c'e' moltissima gente che viene a sentire l'Angelus di
Benedetto XVI, tanta di piu' dei tempi di Giovanni Paolo II.
La gente viene ad ascoltare Benedetto. Allora non so se sia
il papa che non funziona. Certo e' cambiato lo stile,
l'atteggiamento e siamo noi comunicatori a dover portare
questo nuovo stile di messaggio alla gente. Forse sarebbe
piu' esatto parlare di una certa inerzia dei media, della
gente nella cui immaginazione il papa piu' fotografato della
storia, come e' stato Giovanni Paolo II, lascia senz'altro un
vuoto mediatico. Ma un pochino di saggezza suggerisce che noi
- parlo dei cattolici - che capiamo il mistero del servizio
petrino, dobbiamo adeguare il nostro modo di ascolto
rendendoci conto che Benedetto che non e' un emotivo da' una
diversa impronta alla comunicazione. E non e' per deprezzare
lo stile di Giovanni Paolo II. Ognuno e' se stesso. Non
bisogna paragonare Pio XII con Giovanni XXIII. Ciascun papa
ha i suoi pregi. E allora secondo me noi cattolici dobbiamo
maturare. Il pubblico in generale sinceramente mi pare che
sia onesto e mantenga anche una capacita' critica nei
confronti dei media. Non si accontenta delle frasi
estrapolate da tematiche importanti''.
D - Ma lei pensa che sia facile o difficile comunicare
Benedetto XVI?
R - ''Diciamo - risponde ancora Leticia Soberon nuovamente
divertita - che papa Benedetto ha un suo messaggio gia' per
se stesso comunicativo. Mi sono trovata diverse volte a
ragionare per rimuovere gli ostacoli alla comprensione del
messaggio. Perche' gli ostacoli non vengono da Benedetto XVI,
ma dall'idea che le persone si fanno di come dovrebbe o
vorrebbero che egli fosse, invece di guardare e ascoltare la
persona viva e reale che hanno davanti.
C'e' poi un discorso di fede che deve valere davvero per i
cattolici che ritengono che il Pastore della Chiesa e'
Cristo. Se lo Spirito Santo in un momento storico determinato
suscita un uomo che non e' piu' Giovanni Paolo II, devo
considerare che cosa mi sta dicendo lo Spirito Santo con la
scelta di questo uomo. In questo tempo lo Spirito Santo
attraverso la scelta di papa Benedetto mi sta dicendo: adesso
devi cominciare a sviluppare la dimensione piu' profonda di
quella consapevolezza di cio' che significa essere
cattolico.
Se Giovanni Paolo ha attratto molta gente per la sua
personalita', ora andiamo avanti e maturiamo questa fede.
Benedetto XVI offre davvero elementi enormi,anche nei piccoli
discorsi come quelli dell'Angelus, che aiutano in modo
straordinario a impostare con serenita' i momenti della
propria vita, anche i piu' dolorosi come puo' essere la
sofferenza e la morte stessa. Vorrei dire di essere seri, di
non accontentarci della superficialita' delle cose o
considerare solo gli aspetti esteriori e piu' appariscenti di
un pontefice considerandolo quasi una specie di richiamo
pubblicitario. Il papa non e' uno spot pubblicitario. Il
Pontefice non e' quello, e' un pastore e una guida
spirituale. Le persone che l'ascoltano lo seguono''.
D - La S. Sede fa abbastanza e opera efficacemente per
comunicare Benedetto XVI?
R - ''Penso che le strutture che esistono puntano a esprimere
il messaggio cristiano in se stesso. E in quel senso fanno
bene. Possono fare meglio per comunicare la direzione di
marcia che il Papa indica? Sicuramente si', nel senso che in
un mondo mediatico come il nostro, ci vuole un'enorme
articolazione di sforzi per raggiungere l'efficacia. Ne
abbiamo avuto un esempio con il convegno internazionale sulle
tv cattoliche che si e' svolto in ottobre a Madrid. Il nostro
sforzo e' articolare fra di loro realta' molto diverse che
esistono tante volte isolate.
Esiste uno sviluppo che dobbiamo senz'altro affrontare. Non
siamo ancora giunti al top dell'efficienza. E soprattutto
perche' dobbiamo articolare fra noi tutte le realta' che
stanno portando lo stesso messaggio. Io parlerei di
un'efficienza e di una articolazione che devono crescere, che
pero' gia' esistono nella realta' delle cose che si vanno
realizzando nel mondo cattolico''.
Res/cdc
solo un appunto: l'inerzia non e' del pubblico, non e' dei fedeli, ma dei media che non sono in grado di capire e di rendere al meglio il messaggio di papa benedetto...
[Modificato da ratzi.lella 09/11/2006 20.37]