Ratzigirl
00mercoledì 16 maggio 2007 23:47
Nuova statua in Vaticano
Presto, una statua del fondatore dei Figli della Sacra Famiglia nella Basilica di San Pietro
Verrà benedetta il 23 maggio da Benedetto XVI
Benedetto XVI benedirà il 23 maggio una statua di San José Manyanet y Vives (1833-1901), sacerdote che contribuì al rinnovamento della famiglia e della società del suo tempo diffondendo l’esempio della Sacra Famiglia di Nazaret. L’immagine verrà collocata all’esterno della Basilica di San Pietro.
Giovanni Paolo II ha canonizzato il 16 maggio 2004 il sacerdote catalano che ha fondato due congregazioni religiose: i Figli della Sacra Famiglia Gesù, Maria e Giuseppe nel 1864 e le Missionarie Figlie della Sacra Famiglia di Nazaret dieci anni dopo.
E’ stato uno dei maggiori promotori della costruzione del tempio della Sagrada Familia di Barcellona, opera incompiuta dell’architetto Antoni Gaudí, in via di beatificazione.
La missione delle famiglie religiose che ha fondato si orienta a imitare, onorare e diffondere il culto alla Sacra Famiglia di Nazaret e a cercare la formazione cristiana delle famiglie, principalmente attraverso l’educazione e l’istruzione cattolica dell’infanzia e della gioventù e il ministero sacerdotale.
I due istituti sono oggi presenti in Paesi di Europa, America Latina, Africa e negli Stati Uniti e contano trecento religiosi – tra sacerdoti e seminaristi – e mezzo migliaio di religiose.
La statua verrà collocata nelle nicchie posteriori dell’esterno della Basilica vaticana, dove negli ultimi anni sono state poste immagini di santi fondatori di congregazioni religiose o di altre realtà ecclesiali.
Ratzigirl
00sabato 26 maggio 2007 20:12
Messico, Salinas vuole incontrare il Papa per discolparsi dell'assassinio del Cardinale Posadas
Lex presidente della Repubblica del Messico, Carlos Salinas de Gortari, sta lavorando per ottenere un incontro urgente con Benedetto XVI per professare ufficialmente la propria innocenza in merito alluccisione del Cardinale Juan Jesus Posadas Ocampo, trucidato con 14 colpi al torace durante una sparatoria nellaeroporto di Guadalajara Città di cui era Arcivescovo - il 24 maggio del 1993. Quel giorno, il porporato pare dovesse incontrarsi con il Nunzio Apostolico, Girolamo Prigione, per consegnargli sembra dei documenti ritenuti scottanti, che avrebbero potuto compromettere stando a quanto apprende Petrus proprio la reputazione dellex Capo dello Stato. Il dossier avrebbe riguardato la descrizione di una strano giro di partite di droga e dei rapporti tra politici, narcotrafficanti e settori deviati della massoneria messicana. Salinas, che fu il presidente che riannodò le relazioni tra Vaticano e Messico (chiese ed ottenne da Giovanni Paolo II nellhangar di Merida un Cardinale in più per il Paese e fu accontentato con la nomina di Suarez Rivera a Monterrey), ora vuole fermare le indagini che un altro Cardinale, Sandoval Iniguez, porta avanti con una commissione istituita il 16 ottobre scorso. Sandoval Iniguez, attuale Arcivescovo di Guadalajara, ha già parlato della vicenda varie volte con il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Laltro ieri ricorreva il 14° anniversario dallassassinio di Posadas e il segretario generale di Governo dello Stato di Jalisco ha affermato : "Salinas ha cercato di bloccare le indagini ed oggi aspira ad un incontro con il Papa Benedetto XVI. Cosa vorrà dire al Pontefice? Salinas era la persona più infomata dei fatti, ma non ha mai risposto alle domande e, per giunta, le indagini sono state condotte in modo stranamente lacunoso e lento. Non ci resta che attendere lesito di queste infinite indagini. Indagini durante le quali, ad esempio, è stata trovata la prova di un versamento di 10 milioni di dollari sia sul conto del magistrato che per primo si occupò dellattentato al cardinale Salinas sia su quello del Capo della Polizia dellepoca". Secondo le indagini ufficiali condotte dalla procura federale, guidata nel 93 da Jorge Carpizo McGregor, il porporato sarebbe rimasto vittima per caso del fuoco incrociato di due bande rivali di narcotrafficanti, quella dei fratelli Aurellano Félix e quella di El Chapo Guzmán. Ma questa verità ufficiale non ha mai soddisfatto ampi settori della Chiesa e della società messicana. A non credere allomicidio casuale è stato soprattutto il successore di Posadas a Guadalajara, il Cardinale Juan Sandoval Íñiguez, che in questi anni ha sempre chiesto con insistenza alle autorità di riaprire il caso, e ciò gli è costato minacce e, secondo alcuni, anche un tentativo di avvelenamento. Jesús Posadas Ocampo venne dunque ucciso il 24 maggio del 1993. Avrebbe compiuto 67 anni nel novembre successivo. Ordinato sacerdote nel 50, nel 70 venne nominato vescovo di Tijuana e nell82 trasferito a Cuernavaca. Cinque anni dopo, Giovanni Paolo II lo promosse alla prestigiosa sede di Guadalajara e nel 91 lo creò Cardinale. Il suo è il terzo caso, nel Novecento, di porporato vittima di un omicidio. Nel 1923, infatti, viene assassinato in Spagna, presumibilmente per motivi politici, lanziano (80 anni) Cardinale Arcivescovo di Saragozza, Giovanni Soldevilla y Romero. Nel 1977 in Africa una banda armata rapì e uccise il giovane (50 anni) Cardinale Arcivescovo di Brazzaville (Congo), Emile Biayenda. Di questultimo è iniziato nel 95 il processo di beatificazione. Intanto, nei giorni scorsi, il medico legale del caso Posadas ha affermato che dopo luccisione del prelato, degli alti ufficiali presidenziali lo avrebbero invitato a non eseguire lautopsia sul corpo della vittima. Il caso si complica, ma gli ingredienti del delitto di Stato sembrano proprio esserci tutti.
emma3
00lunedì 13 agosto 2007 01:19
DOPO lo scoop della prova sull'origine italiana di Cristoforo Colombo - passato ...
... anche in un lungo servizio al TG1 - grazie a una tesi di laurea discussa all'Università di Genova, ottenuta attraverso l'esame del DNA di suoi omonimi contemporanei, ecco un'altra ricerca che fa onore ai nostri atenei e che merita di far notizia. Si tratta, in questo caso, di una tesi in teoria della comunicazione discussa a fine luglio all'Università Roma Tre e condotta presso la cattedra di Sociologia dei processi culturali e comunicativi. Si tratta del primo bilancio sistematico sul rapporto che è sinora intercorso tra Benedetto XVI e gli organi di stampa, ricerca che colma un vuoto dopo la grande stagione di Giovanni Paolo II. Tutto questo in palese contrasto con chi sentenzia che all'università non si fa ricerca. Nei casi citati, si tratta addirittura di tesi "magistrali", concluse con la lode alla fine del biennio specialistico, da ragazzi e ragazze di poco più che ventenni. Ma torniamo a Benedetto XVI e la stampa italiana. Nel lavoro svolto dal dottor Luca Gentili sono stati esaminati 917 articoli, di cui 222 di prima pagina, evidenziando 738 appellativi attribuiti al Papa. Partiamo proprio da questi ultimi. Ne sono stati individuati dieci più ricorrenti. Cinque positivi: "fine intellettuale", "uomo di grande cultura", "cordiale", "sincero", "limpido". E cinque negativi, in sé o nel contesto in cui venivano collocati: "Panzercardinal","pastore tedesco", "rigido", "guardiano della fede", fino al terribile "rottweiler di dio". Ma quali sono stati i giornali di riferimento? I due di maggiore diffusione: Corriere della Sera e la Repubblica, il quotidiano della Conferenza Episcopale Avvenire e due organi di opinione diversamente orientati: Il Foglio e Il Manifesto. La ricerca ha riguardato sette momenti-chiave nel pontificato di Benedetto XVI: l'elezione, il referendum sulla procreazione medicalmente assistita, l'enciclica Deus caritas est, la lezione di Ratisbona, il viaggio apostolico in Turchia, la rinuncia del cardinale Wielgus alla cattedra di Varsavia, le radici cristiane dell'Europa. I due eventi che hanno raccolto maggiore spazio sono stati l'elezione (34 per cento) e il discorso di Ratisbona (33 per cento). Segue il viaggio in Turchia (16 per cento), mentre l'enciclica si ferma a un modesto 4 per cento. Lo studio ricava già da questi dati una prima conseguenza. Il "Papa della parola" (come unanimemente è stato definito rispetto al suo predecessore chiamato "il Papa dei gesti") ha difficoltà a far passare nei media e presso l'opinione pubblica il suo pensiero più riflessivo e più pacato, salvo quando - come avvenne a Ratisbona - viene equivocato e alimenta dure polemiche con il mondo islamico. Qui la tesi presenta due testimonianze di eccezione: quella di Navarro Valls e quella dell'attuale portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi. Inoltre sono stati ascoltati anche i vaticanisti dei cinque quotidiani. Due di loro - Marco Politi de la Repubblica e Ubaldo Casotto de Il Foglio - ricordano che il Papa avrebbe detto proprio a Navarro Valls che nel tempo attuale «vale più un concetto di mille immagini»: un'idea molto rispettabile se aiuta l'uomo contemporaneo ad essere più profondo, meno effimero, ma che risulta difficile da praticare. E qui torna utile la testimonianza di padre Lombardi. «Il discorso di Ratisbona, letto nel suo insieme mi sembrava chiaro… dopo poche ore dalla sua distribuzione vengo chiamato da un collega giornalista… quando sono arrivato erano già tutti lì a discutere la famosa citazione su Maometto… spiegai che era contro la violenza e l'uso irrazionale della religione… due giorni dopo è arrivata l'ondata del mondo musulmano, amplificata da Al Jazeera, una specie di tsunami mediatico… questo per dire che anche un discorso complesso ma logico pone delle notevoli difficoltà nel prevedere e guidare il modo in cui viene presentato sui media». Ma accanto allo sforzo teologico e intellettuale, rimane nei nostri occhi di papa Ratzinger anche la tenera immagine televisiva della sua prima apparizione dalla loggia pontificia: sotto i sacri paramenti trasparivano le maniche del maglione dell'umile prete che chiede collaborazione ed affetto nel suo grande compito di coltivare "la vigna del Signore". Forse sono vere entrambe le espressioni: un concetto vale più di mille immagini (pensiamo agli slogan che hanno fatto la storia), ma è anche vero che un immagine qualche volta vale più di mille parole. Dipende dai concetti e dipende dalle immagini.
di gianpiero galameri
QUESTO il parere di osservatori privilegiati, cinque vaticanisti, sui rapporti tra pontefice e la Santa ...
... Sede con gli organi di stampoa. Luigi Accattoli, del Corriere della Sera: «Padre Federico Lombardi sta a Benedetto XVI così come Navarro Valls stata a Giovanni Paolo II». Umberto Casotto, Il Foglio: «Papa Ratzinger regge anche le piazze come l'altro. I numeri di Wojtyla sono stati addirittura superati». Filippo Gentiloni, il Manifesto: «Una caratteristica di questo pontificato mi sembra rilevante. La forte sottolineatura della ragione. Ma la cultura contemporanea difficilmente accetta una ragione universale». Salvatore Mazza, Avvenire: «C'è una notevole difficoltà a far passare temi relativi alla comunicazione religiosa e al Vaticano. L'interesse dei nostri colleghi sono i temi presi come politico-sociali». Marco Politi, la Repubblica: «Sostanzialmente dobbiamo fare una differenza fra media italiani e media stranieri. Nella stampa internazionale la presenza del papa si è ridotta moltissimo, drasticamente».
CON RATZINGER VIA LE PRIMEDONNE
di PAOLO FRANCIA CON GIOVANNI Paolo II Joaquin Navarro Valls era di fatto la «comunicazione» della Santa Sede. Signorile nel tratto e abile nei rapporti ancorché sfuggente con i collaboratori e piuttosto elitario nell'individuazione dei vaticanisti «giusti», il medico-giornalista già corrispondente di «Abc» da Roma ha incarnato con maestria la voce del pontificato wojtyliano, tenendosi in seconda o terza linea nei suoi primi tre lustri di fulgore quando il Papa, in piena salute, poteva esprimere il massimo delle proprie straordinarie capacità comunicative; e poi salendo sempre più alla ribalta con misura ma anche senza reticenze a mano a mano che la condizione di Giovanni Paolo II andava peggiorando. Alla guida dell'altro «polo», L'Osservatore Romano, Mario Agnes pilotava il giornale sulla linea wojtyliana e, per quindici anni, ruiniana, con pochi rapporti con Navarro. Né amici, né nemici. In cammino su due parallele, né convergenti, né divergenti. Due parallele che all'infinito non si incontrano mai. Navarro ha lasciato un anno fa, sostituito da padre Federico Lombardi, direttore anche della Radio vaticana e del Centro televisivo vaticano. Agnes si appresta a lasciare fra qualche settimana, sostituito dal filologo Giovanni Maria Vian. E nel frattempo, un mese fa, l'arcivescovo Claudio Celli è stato chiamato dal Papa alla guida del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali. Ed è intorno a questo organismo che maturerà il nuovo indirizzo che papa Ratzinger intende dare alla comunicazione della Santa Sede nel suo complesso. Il germe di questo Pontificio Consiglio risale al 1948 allorché Pio XII volle creare una Commissione per la cinematografia didattica e religiosa destinata a subire varie trasformazioni e ad avere arricchimenti di competenze per la crescente importanza di radio, televisione e dei «media» in genere. Vi misero mano anche Giovanni XXIII e Paolo VI, fino alla Costituzione apostolica di Giovanni Paolo II «Pastor bonus» del 1988, che oltre a dare al Pontificio Consiglio l'attuale denominazione gli attribuiva vastissimi compiti, trasformandolo in una sorta di «ministero» della comunicazione. E tuttavia senza riuscire a far sì che si realizzasse quel coordinamento e quell'indirizzo complessivo desiderato dal Papa polacco, proprio a causa del ruolo specifico dell'Osservatore romano e del forte carattere, su un altro versante, di Navarro. Per vent'anni ne è stato a capo un grande amico di Wojtyla, l'arcivescovo americano John Patrick Foley, di Filadelfia, oggi alla soglia dei 72 anni e dunque ancora lontano dalla data canonica di «pensionamento». Ma mettendo a quel posto Celli Benedetto XVI ha inteso dargli una svolta, portando il Pontificio Consiglio al ruolo auspicato anche da Giovanni Paolo II e finora non concretizzato. L'avvento di Vian è il passo finale. Agnes se va a 76 anni, dopo una storica e apprezzata direzione durata 23 anni, un'eternità. Vian, docente di filologia patristica, dunque non giornalista professionista, in piena sintonia con Ratzinger, ha grandi qualità personali. Ha 55 anni, l'età e la preparazione per un salto di qualità del quotidiano che vada oltre all'attuale pontificato. E, si spera, un ammodernamento dell'impostazione complessiva dei contenuti e della grafica che renda l'Osservatore più fruibile. Ma sempre a passi felpati, come felpati sono stati finora quelli di padre Lombardi. Nell'individuazione dei nuovi responsabili della Curia e più in generale dei suoi stretti collaboratori il Papa opta per uomini che non siano o non vogliano essere prime donne, anche se non sempre c'è riuscito e ci riesce. L'arcivescovo Celli, padre Lombardi e Vian rispondono in teoria a questo identikit. Il tempo ci dirà se è realmente così e soprattutto se Celli riuscirà a dare, primus inter pares, l'impronta di un indirizzo unitario, sulla linea di Benedetto XVI, a tutta la comunicazione del Vaticano.
Il Tempo domenica 12 agosto 2007
emma3
00martedì 23 ottobre 2007 22:51
dal blog di lella
Il cardinale tedesco Kasper ottimista «Grande passo in avanti con Mosca»
DONATELLA TROTTA
Un patrimonio comune, «assolutamente centrale» nel dialogo interreligioso come pure per la sopravvivenza dell’umanità in un mondo pacificato dalla violenza. Ma anche un tema che presenta contrasti e aspetti discordanti e pone problemi di grande attualità nel rapporto tra ebraismo, cristianesimo e islam, le tre grandi religioni monoteistiche i cui testi sacri costituiscono un continuum che ci unisce tutti, in quanto discendenti di Abramo, dall’Antico al Nuovo Testamento fino al Corano.
«Malgrado le differenze», avverte il cardinale tedesco Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani che la settimana scorsa, nell’incontro di Ravenna, ha registrato «un ulteriore grande passo avanti nei rapporti tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato di Mosca», tanto da dichiararsi ottimista sul futuro dell’unità dei cristiani e da auspicare «un incontro tra Benedetto XVI e il patriarca russo Alessio II».
Kasper ne parla a margine della tavola rotonda su «Le Scritture nelle religioni monoteistiche», che ha presieduto ieri mattina alla Stazione Marittima di Napoli, nell’ambito del Meeting interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Diocesi di Napoli. E introducendo il confronto a più voci (con l’arcivescovo di Canterbury Rowan D. Williams, primate anglicano; Shera Yashud Cohen, Rabbino capo di Haifa, già vicesindaco di Gerusalemme; Mohammed Sammar, consigliere politico del Gran Muftì del Libano e figura chiave del dialogo interreligioso islamico-cristiano; il rinomato biblista cattolico Joachim Gnilka; il cardinale francese Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e presidente della Conferenza Episcopale francese), sottolinea subito le questioni a suo avviso aperte e problematiche per il dialogo. Tra esse, il «contrasto» tra le Sacre Scritture, «fondamento codificato delle convinzioni religiose e della vita di una comunità», con una «forma di vita emancipata secolare o laicista», tipica della modernità; poi, la vicinanza di ebraismo e cristanesimo, fondati «su una rivelazione divina nella storia di Dio con gli uomini» e uniti dalla Bibbia, eppure divergenti nei modi di leggerla; e soprattutto, la concezione che l’islam ha del Corano, «considerato non come ispirato ma dettato da Dio»: ma fino a che punto, si chiede Kasper, interpretabile e adattabile a nuove situazioni storiche e culturali senza abbandonarne il contenuto essenziale? Domande cruciali per la convivenza nel terzo millennio, che al dibattito hanno iniziato ad avere risposta.
© Copyright Il Mattino, 23 ottobre 2007