Quel che sarà sarà....i retroscena veri o presunti di stampa e tv sul pontificato di Benedetto XVI

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Ratzigirl
00mercoledì 16 maggio 2007 23:47
Nuova statua in Vaticano

Presto, una statua del fondatore dei Figli della Sacra Famiglia nella Basilica di San Pietro




Verrà benedetta il 23 maggio da Benedetto XVI

Benedetto XVI benedirà il 23 maggio una statua di San José Manyanet y Vives (1833-1901), sacerdote che contribuì al rinnovamento della famiglia e della società del suo tempo diffondendo l’esempio della Sacra Famiglia di Nazaret. L’immagine verrà collocata all’esterno della Basilica di San Pietro.

Giovanni Paolo II ha canonizzato il 16 maggio 2004 il sacerdote catalano che ha fondato due congregazioni religiose: i Figli della Sacra Famiglia Gesù, Maria e Giuseppe nel 1864 e le Missionarie Figlie della Sacra Famiglia di Nazaret dieci anni dopo.

E’ stato uno dei maggiori promotori della costruzione del tempio della Sagrada Familia di Barcellona, opera incompiuta dell’architetto Antoni Gaudí, in via di beatificazione.

La missione delle famiglie religiose che ha fondato si orienta a imitare, onorare e diffondere il culto alla Sacra Famiglia di Nazaret e a cercare la formazione cristiana delle famiglie, principalmente attraverso l’educazione e l’istruzione cattolica dell’infanzia e della gioventù e il ministero sacerdotale.

I due istituti sono oggi presenti in Paesi di Europa, America Latina, Africa e negli Stati Uniti e contano trecento religiosi – tra sacerdoti e seminaristi – e mezzo migliaio di religiose.

La statua verrà collocata nelle nicchie posteriori dell’esterno della Basilica vaticana, dove negli ultimi anni sono state poste immagini di santi fondatori di congregazioni religiose o di altre realtà ecclesiali.
Paparatzifan
00domenica 20 maggio 2007 17:26
Dal blog di Lella...
Quelle telecamere segrete che "proteggono" il Papa

QUANTI anni ha suor Franceschina? Più di 80, ma ha gli occhi da bambina. Piccola, mangia poco e si cura soltanto con l’aloe. Vive a Roma nella Casa del Santo Rosario: «Vedo ogni notte Gesù, e mi dice che i mass media, per la Chiesa, sono il pulpito di una volta». E’ in sintonia con i tempi suor Franceschina.

Ne sa qualcosa Giuseppe De Carli, responsabile della Struttura Rai-Vaticano: «Dalle finestre del mio studio di Borgo Sant’Angelo - racconta- vedo le finestre dell’appartamento del Papa. Sarà una coincidenza, ma mi sento vicino giorno e notte a Gesù in terra». Nato a Lodi, figlio di contadini, dopo due lauree in Filosofia e Scienze Politiche è diventato Baccelliere in Teologia. «Per 19 anni, con la Rai, ho seguito Giovanni Paolo II per il mondo, realizzando più di 400 dirette televisive». Seguiva lui, ma era grande amico di Joseph Ratzinger. «Ci incontravamo verso sera, e mi onorava della sua compagnia con una passeggiata a Borgo Pio. Qualche volta sono salito nel suo appartamento di piazza della Città Leonina, a pochi passi da piazza San Pietro. E’ una vera e propria biblioteca. Ricordo i suoi due gatti, e il pianoforte».

E che fine hanno fatto i gatti di Papa Ratzinger? «L’ultima volta che sono stato a Ratisbona, ho visto che quello rossiccio l’ha portato lì, nei pressi della casa d’infanzia. Giocava e correva con il cane dei vicini. Il pianoforte è nell’appartamento vaticano: l’abbiamo ripreso con le telecamere».

Ma la televisione è davvero il pulpito del terzo millennio? «La grande popolarità dei Papi, da Giovanni XXIII in poi, risponde di sì. Tranne la parentesi di Paolo VI, che abolì la sedia gestatoria e ogni forma di spettacolarità. Giovanni Paolo I si è reso indimenticabile in soli 33 giorni». Ma è vero che la vostra organizzazione televisiva è sintonizzata 24 ore su 24 con i punti nevralgici del Palazzo Vaticano? «E’ un accordo tra la nostra struttura e il Pontefice. In caso di emergenza, di incidenti, di malori del Papa, ci basta premere un bottone e andiamo in onda con “quella telecamera” in tutto il mondo». Un piccolo miracolo tecnologico che nessuno conosceva.

«Come nessuno sa che durante la guerra, suo padre poliziotto, per sfuggire ai nazisti, portava la famiglia in paesi sempre più sperduti e nascosti. E quando Joseph è stato arrestato per diserzione, scriveva misteriosi esametri greci: si scoprì dopo che erano tutti attacchi a Hitler». E Giovanni Paolo II, che diceva delle telecamere sempre puntate sul terzo piano, dimora dei Papi dal 1870? «Altro piccolo miracolo. Il 7 gennaio del 2005, alle 11 in punto, mi ha ricevuto con tutta la redazione. Credevamo di stancarlo, invece lui ci disse con un filo di voce: Grazie, siete il megafono del Papa, la mia famiglia televisiva. Vedrete, farete ancora meglio in futuro».

Da pochi giorni è in libreria con “L’ultima veggente di Fatima”, l’ha scritto intervistando il Cardinale Tarcisio Bertone, su suor Lucia. «Già, e Benedetto XVI mi ha scritto la prefazione. Sono sicuro, ha voluto darmi una carezza sul cuore, dopo la recente scomparsa di mia madre».

Il Messaggero, 20 maggio 2007
Ratzigirl
00sabato 26 maggio 2007 20:12
Messico, Salinas vuole incontrare il Papa per discolparsi dell'assassinio del Cardinale Posadas



Lex presidente della Repubblica del Messico, Carlos Salinas de Gortari, sta lavorando per ottenere un incontro urgente con Benedetto XVI per professare ufficialmente la propria innocenza in merito alluccisione del Cardinale Juan Jesus Posadas Ocampo, trucidato con 14 colpi al torace durante una sparatoria nellaeroporto di Guadalajara  Città di cui era Arcivescovo - il 24 maggio del 1993. Quel giorno, il porporato pare dovesse incontrarsi con il Nunzio Apostolico, Girolamo Prigione, per consegnargli  sembra  dei documenti ritenuti scottanti, che avrebbero potuto compromettere  stando a quanto apprende Petrus  proprio la reputazione dellex Capo dello Stato. Il dossier avrebbe riguardato la descrizione di una strano giro di partite di droga e dei rapporti tra politici, narcotrafficanti e settori deviati della massoneria messicana. Salinas, che fu il presidente che riannodò le relazioni tra Vaticano e Messico (chiese ed ottenne da Giovanni Paolo II nellhangar di Merida un Cardinale in più per il Paese e fu accontentato con la nomina di Suarez Rivera a Monterrey), ora vuole fermare le indagini che un altro Cardinale, Sandoval Iniguez, porta avanti con una commissione istituita il 16 ottobre scorso. Sandoval Iniguez, attuale Arcivescovo di Guadalajara, ha già parlato della vicenda varie volte con il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Laltro ieri ricorreva il 14° anniversario dallassassinio di Posadas e il segretario generale di Governo dello Stato di Jalisco ha affermato : "Salinas ha cercato di bloccare le indagini ed oggi aspira ad un incontro con il Papa Benedetto XVI. Cosa vorrà dire al Pontefice? Salinas era la persona più infomata dei fatti, ma non ha mai risposto alle domande e, per giunta, le indagini sono state condotte in modo stranamente lacunoso e lento. Non ci resta che attendere lesito di queste infinite indagini. Indagini durante le quali, ad esempio, è stata trovata la prova di un versamento di 10 milioni di dollari sia sul conto del magistrato che per primo si occupò dellattentato al cardinale Salinas sia su quello del Capo della Polizia dellepoca". Secondo le indagini ufficiali condotte dalla procura federale, guidata nel 93 da Jorge Carpizo McGregor, il porporato sarebbe rimasto vittima per caso del fuoco incrociato di due bande rivali di narcotrafficanti, quella dei fratelli Aurellano Félix e quella di El Chapo Guzmán. Ma questa verità ufficiale non ha mai soddisfatto ampi settori della Chiesa e della società messicana. A non credere allomicidio casuale è stato soprattutto il successore di Posadas a Guadalajara, il Cardinale Juan Sandoval Íñiguez, che in questi anni ha sempre chiesto con insistenza alle autorità di riaprire il caso, e ciò gli è costato minacce e, secondo alcuni, anche un tentativo di avvelenamento. Jesús Posadas Ocampo venne dunque ucciso il 24 maggio del 1993. Avrebbe compiuto 67 anni nel novembre successivo. Ordinato sacerdote nel 50, nel 70 venne nominato vescovo di Tijuana e nell82 trasferito a Cuernavaca. Cinque anni dopo, Giovanni Paolo II lo promosse alla prestigiosa sede di Guadalajara e nel 91 lo creò Cardinale. Il suo è il terzo caso, nel Novecento, di porporato vittima di un omicidio. Nel 1923, infatti, viene assassinato in Spagna, presumibilmente per motivi politici, lanziano (80 anni) Cardinale Arcivescovo di Saragozza, Giovanni Soldevilla y Romero. Nel 1977 in Africa una banda armata rapì e uccise il giovane (50 anni) Cardinale Arcivescovo di Brazzaville (Congo), Emile Biayenda. Di questultimo è iniziato nel 95 il processo di beatificazione. Intanto, nei giorni scorsi, il medico legale del caso Posadas ha affermato che dopo luccisione del prelato, degli alti ufficiali presidenziali lo avrebbero invitato a non eseguire lautopsia sul corpo della vittima. Il caso si complica, ma gli ingredienti del delitto di Stato sembrano proprio esserci tutti.
Paparatzifan
00sabato 26 maggio 2007 21:24
Re:
Ratzigirl, 26/05/2007 20.12:

Messico, Salinas vuole incontrare il Papa per discolparsi dell'assassinio del Cardinale Posadas





Si faccia giustizia di una volta per tutte su questo caso!!!!
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Paparatzifan
00domenica 27 maggio 2007 20:51
Dal blog di Lella...

Macchinette e segway

Il Papa e' piu' al sicuro


Alì Agca aveva sparato due, tre colpi contro quella veste candida. Era il 13 maggio 1981, lorologio da polso di Giovanni Paolo II si era fermato alle 17, 21 minuti e 34 secondi. Monsignor Stanislao gli reggeva il capo. Lautista della campagnola bianca, Baglioni, premeva sullacceleratore. Dopo 7 minuti, il Papa entrava nella sala operatoria del Gemelli: aveva perso 3 litri di sangue. Il professor Buzzonetti giurò che lavrebbe salvato. Dopo 5 ore e 20 minuti sotto i ferri Wojtyla era fuori pericolo, il mondo singinocchiava commosso. Miracolo? Sì, rispondono ad una sola voce il Prefetto Salvatore Festa, che oggi collega i Servizi di Sicurezza presso il Vaticano e le Autorità della Santa Sede, e il dottor Vincenzo Caso, dirigente generale di Pubblica Sicurezza presso la Santa Sede. Due signori brizzolati, che mentre parlano con noi nel loro ufficio, osservano con tenerezza le finestre dellappartamento del Papa. Loro lo sanno: ogni manifestazione in piazza San Pietro, ogni udienza generale, ogni Angelus è un ipotetico pericolo.
Oltretutto, aggiunge il dottor Caso, le apparizioni di Benedetto XVI sul sagrato o alla finestra, fanno registrare una folla superiore a quella di Wojtyla.
Precisa Festa: Ci sono credenti e non credenti, fedeli di tutto il mondo e di tutte le età. Migliaia di ragazzini più giovani dei Papa Boys. Quando questi gridano Viva il Papa, potrebbero essere nostri figli, nostri nipoti. Forse è per fare sognare linnocenza dei giovanissimi che avete introdotto le novità per la sicurezza della piazza? Anche, risponde Festa. Da poco tempo, abbiamo rinforzato le pattuglie di Polizia a piedi, con due macchinette elettriche: una fa costantemente il giro della piazza, laltra arriva fino a via della Conciliazione, e torna alla Basilica. Le macchinette si vedono eccome, e scoraggiano i possibili male intenzionati. Ma le innovazioni tecnologiche non finiscono qui. Prestissimo, interviene Caso, sulla piazza si aggireranno una serie di segway: quei grandi monopattini elettrici che per ora possiamo vedere soltanto in piazza del Popolo guidati da turisti. Decine di agenti (tra poliziotti, carabinieri, vigili, guardie di finanza) si stanno addestrando per guidarli con rapidità. Frequentano anche un corso di lingue e di savoir faire. Glielo dico sempre: dovete diventare anche amici dei fedeli della piazza. Dunque macchinette e segway per piccoli miracoli di cortesia.

A proposito di piccoli miracoli, dice Festa, questanno, l8 dicembre, il corteo del Papa ha fatto una deviazione, rispetto al solito percorso dal Vaticano alla statua dellImmacolata in piazza di Spagna. Benedetto XVI è voluto passare per il centro: via Nazionale, corso Vittorio Emanuele, via del Corso& La folla sembrava impazzita, e lauto di Ratzinger sè dovuta fermare. Bene, non cè stata una spinta o una mano sgraziata: un miracolo damore tra i fedeli e il Pontefice.

Paragonerei il fuori programma di questanno ai giorni di lutto di Papa Wojtyla. Milioni di persone che correvano per salutarlo, e nessun incidente. Comunque lo ammetto: dopo ogni bagno di folla, io mi faccio il segno della croce&.

Il Messaggero, 27 maggio 2007


LadyRatzinger
00domenica 27 maggio 2007 23:09
Re: Dal blog di Lella...
Paparatzifan, 27/05/2007 20.51:


Macchinette e segway

Il Papa e' piu' al sicuro


Alì Agca aveva sparato due, tre colpi contro quella veste candida. Era il 13 maggio 1981, lorologio da polso di Giovanni Paolo II si era fermato alle 17, 21 minuti e 34 secondi. Monsignor Stanislao gli reggeva il capo. Lautista della campagnola bianca, Baglioni, premeva sullacceleratore. Dopo 7 minuti, il Papa entrava nella sala operatoria del Gemelli: aveva perso 3 litri di sangue. Il professor Buzzonetti giurò che lavrebbe salvato. Dopo 5 ore e 20 minuti sotto i ferri Wojtyla era fuori pericolo, il mondo singinocchiava commosso. Miracolo? Sì, rispondono ad una sola voce il Prefetto Salvatore Festa, che oggi collega i Servizi di Sicurezza presso il Vaticano e le Autorità della Santa Sede, e il dottor Vincenzo Caso, dirigente generale di Pubblica Sicurezza presso la Santa Sede. Due signori brizzolati, che mentre parlano con noi nel loro ufficio, osservano con tenerezza le finestre dellappartamento del Papa. Loro lo sanno: ogni manifestazione in piazza San Pietro, ogni udienza generale, ogni Angelus è un ipotetico pericolo.
Oltretutto, aggiunge il dottor Caso, le apparizioni di Benedetto XVI sul sagrato o alla finestra, fanno registrare una folla superiore a quella di Wojtyla.
Precisa Festa: Ci sono credenti e non credenti, fedeli di tutto il mondo e di tutte le età. Migliaia di ragazzini più giovani dei Papa Boys. Quando questi gridano Viva il Papa, potrebbero essere nostri figli, nostri nipoti. Forse è per fare sognare linnocenza dei giovanissimi che avete introdotto le novità per la sicurezza della piazza? Anche, risponde Festa. Da poco tempo, abbiamo rinforzato le pattuglie di Polizia a piedi, con due macchinette elettriche: una fa costantemente il giro della piazza, laltra arriva fino a via della Conciliazione, e torna alla Basilica. Le macchinette si vedono eccome, e scoraggiano i possibili male intenzionati. Ma le innovazioni tecnologiche non finiscono qui. Prestissimo, interviene Caso, sulla piazza si aggireranno una serie di segway: quei grandi monopattini elettrici che per ora possiamo vedere soltanto in piazza del Popolo guidati da turisti. Decine di agenti (tra poliziotti, carabinieri, vigili, guardie di finanza) si stanno addestrando per guidarli con rapidità. Frequentano anche un corso di lingue e di savoir faire. Glielo dico sempre: dovete diventare anche amici dei fedeli della piazza. Dunque macchinette e segway per piccoli miracoli di cortesia.

A proposito di piccoli miracoli, dice Festa, questanno, l8 dicembre, il corteo del Papa ha fatto una deviazione, rispetto al solito percorso dal Vaticano alla statua dellImmacolata in piazza di Spagna. Benedetto XVI è voluto passare per il centro: via Nazionale, corso Vittorio Emanuele, via del Corso& La folla sembrava impazzita, e lauto di Ratzinger sè dovuta fermare. Bene, non cè stata una spinta o una mano sgraziata: un miracolo damore tra i fedeli e il Pontefice.

Paragonerei il fuori programma di questanno ai giorni di lutto di Papa Wojtyla. Milioni di persone che correvano per salutarlo, e nessun incidente. Comunque lo ammetto: dopo ogni bagno di folla, io mi faccio il segno della croce&.

Il Messaggero, 27 maggio 2007





Davvero bell'articolo! [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]


Paparatzifan
00lunedì 28 maggio 2007 21:06
Curiosità dal viaggio in Brasile...
Da Spilimbergo a San Paolo, Anna Rita Zanier accompagna il Papa nella sua visita in Brasile

Anna Rita Zanier vive a San Paolo, in Brasile, da dieci anni. Da quando ha lasciato Spilimbergo e si è trasferita In America Latina dove c'è la Riosol, azienda di famiglia che si occupa di vini, «gli unici al mondo prodotti vicino all'Equatore». E in questi giorni ad Anna Rita Zanier è stato affidato un importante e delicato compito: quello di assistere il Papa Benedetto XVI durante la sua permanenza in Brasile. «Non lo seguiamo soltanto per organizzare i pranzi e le cene - spiega - ma oltre all'aspetto enogastronomico del viaggio curiamo anche quello di accompagnatori e traduttori. Ci spostiamo in elicottero per controllare che tutto vada per il meglio».

Il Santo Padre è ospite in un convento di clausura di monaci, e Anna Rita durante il giorno lo può vedere «soltanto sbirciando dalla serratura quando passeggia, perchè sono l'unica donna qui dentro. Ma durante la cena o a pranzo è diverso, lo posso vedere più da vicino. Benedetto XVI mangia in una stanza con il suo staff che lo segue ovunque: cardinali, quattro Guardie svizzere, il cerimoniere.

Solitamente a tavola sono in tredici». Un numero che può far pensare... Il menù che Anna Rita Zanier ha predisposto per il Papa è molto semplice, anche se «curato nei minimi dettagli. Abbiamo preparato molte minestre di verdura, agnello e vitello al forno. Il Papa voleva assaggiare vini brasiliani, e gli abbiamo fatto trovare la nostra produzione, ma anche vini cileni e argentini. Ma ha assaggiato soltanto un po' di spumante e un bicchiere di un vino tipo Porto. Solitamente beve solo succo di mandarino e, se non c'è, succo di arancia».

Anna Rita Zanier conosce nel dettaglio le tappe della visita papale, e a lei spetterà il compito di fare da traduttrice al vescovo di Aparecida quando accoglierà il Santo Padre. La spilimberghese racconta di un uomo che «non parla molto, ma è affabile e disponibile». E a prova di quanto detto spiega che «dal giorno dell'arrivo del Papa decine di persone sostano davanti al convento dove lui alloggia e aspettano giorno e notte, senza mai spostarsi, che si affacci alla finestra. E il Papa li ha accontentati. Giovedì si è affacciato alla finestra sei volte. Io da qui non lo vedo, ma sento un boato e capisco che si è fatto vedere».


Susanna Salvador

"Il Gazzettino", 12 aprile 2007

Paparatzifan
00giovedì 31 maggio 2007 19:08
Dal blog di Lella...

Brasile: O Globo, "Il Papa e' entrato nel paese senza passaporto"
RIO DE JANEIRO - Benedetto XVI si sarebbe dimenticato il passaporto nel suo recente viaggio in Brasile. E' quanto sostiene il quotidiano di Rio de Janeiro "O Globo" secondo cui le autorita' di fronte al Pontefice avrebbero chiuso un occhio. Anche il cardinale Tarcisio Bertone - sostiene sempre l'articolo - sarebbe sbarcato in Brasile senza documenti. (Agr)



Eheheheheh!!!!! Distrazione ratzosa!!!! [SM=x40791] [SM=x40791] [SM=x40791] [SM=x40791] [SM=x40791]
LadyRatzinger
00venerdì 1 giugno 2007 14:24
Re: Dal blog di Lella...
Paparatzifan, 31/05/2007 19.08:


Brasile: O Globo, "Il Papa e' entrato nel paese senza passaporto"
RIO DE JANEIRO - Benedetto XVI si sarebbe dimenticato il passaporto nel suo recente viaggio in Brasile. E' quanto sostiene il quotidiano di Rio de Janeiro "O Globo" secondo cui le autorita' di fronte al Pontefice avrebbero chiuso un occhio. Anche il cardinale Tarcisio Bertone - sostiene sempre l'articolo - sarebbe sbarcato in Brasile senza documenti. (Agr)



Eheheheheh!!!!! Distrazione ratzosa!!!! [SM=x40791] [SM=x40791] [SM=x40791] [SM=x40791] [SM=x40791]




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Paparatzifan
00sabato 2 giugno 2007 22:43
Dal blog di Lella...

SVOLTA VERDE IN VATICANO, ARRIVANO I PANNELLI SOLARI

Dal 2008 verranno installati sul tetto dell'aula delle udienze

Città del Vaticano, 2 giu. (Apcom) - Svolta 'verde' in Vaticano. Dal 2008 centinaia di pannelli solari verranno installati sul tetto dell'aula Paolo VI, quella dove il Papa riceve ogni mercoledì, d'inverno, migliaia di fedeli. Il riscaldamento, l'aerazione e l'illuminazione non saranno gestiti più con l'elettricità della città di Roma ma grazie all'energia del sole accumulata con le cellule fotovoltaiche. Un'iniziativa, quella dell'aula Paolo VI, che risponde alla sensibilità ecologica della Santa Sede, al punto che altri progetti di risparmio energetico sotto l'ombra della cupola di San Pietro sono già in fase di studio.

"L'aula delle udienze ha un funzionamento non continuo, per cui nella rete vaticana verrebbe una quantità di energia quotidiana pari ad una quota importante del totale", spiega ad Apcom l'ingegnere Pier Carlo Cuscianna, direttore dei Servizi tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Uno studio di fattibilità del progetto, pubblicato di recente dall''Osservatore romano', ha ricevuto la luce verde dai vertici del Governatorato. "L'Aula Paolo VI è un edificio nuovo e moderno e assorbe molto bene lo schema dei pannelli fotovoltaici", spiega l'ideatore. "I pannelli attuali in calcestruzzo, che servono all'ombreggiamento e alla ventilazione dell'aula, vanno comunque sostituiti per ristrutturazione", precisa: sarà "l'occasione propizia" per installare i pannelli solari. Bisogna solo costruire i prototipi, sceglierne il colore, valutarne l'impatto ambientale e poi non resterà che montarli.

Ma qual è il motivo di fondo di questa svolta 'verde'? La voglia di autonomia economica? No, spiega Cuscianna, la sensibilità ecologica. L'ingegnere, al proposito, cita Benedetto XVI. "La distruzione dell'ambiente, un suo uso improprio o egoistico e l'accaparramento violento delle risorse della terra generano lacerazioni, conflitti, guerre, proprio perché sono frutto di un concetto disumano di sviluppo", ha detto Ratzinger di recente. E i tecnici del Vaticano lo hanno preso alla lettera. Tanto è vero che, scrive Cuscianna nello studio di fattibilità, i pannelli solari dell'aula delle udienze non costituiranno "l'unica iniziativa che lo Stato della Città del Vaticano intende porre in atto per l'utilizzazione di energia rinnovabile, in quanto altri studi di fattibilità sono in corso utilizzando alcune aree extraterritoriali".


Paparatzifan
00lunedì 4 giugno 2007 19:58
Dal blog di Lella...

PAPA: NELL'INCONTRO CON PRESIDENTE CALDERON SPUNTA UN ORSACCHIOTTO

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 4 giu - E nell'incontro tra il Papa e il Presidente del Messico Felipe Calderon Hinojosa spunta anche un orsacchiotto, segno del clima della visita di questa mattina. Lo ha portato a Benedetto XVI la bambina, figlia del presidente, mentre gli altri due bambini hanno donato al papa una maglia della nazionale di calcio messicana e un pallone. L'incontro con i bambini, e' avvenuto dopo il colloquio privato tra Benedetto XVI e Calderon, 22 minuti, preceduti da ripetuti ''benevenuto'' e ''e' un onore per me stare qui''. Il papa ha detto al Presidente di sentirsi molto bene. I bambini, accompagnati anche dalla mamma sono stati introdotti subito dopo il colloquio privato e hanno anche abbracciatto il Papa. Poi l'incontro con il seguito (alcuni ministri e leader di partiti) e lo scambio di doni. Il Presidente ha donato al Papa due candelieri di rame cesellati secondo la tradizione di lavorazione indigenza iniziata con il primo vescovo cattolico del paese. E poi una foto del Presidente con la famiglia. Dal papa medaglie per tutti. Subito dopo il Presidente e il seguito si sono recati in visita al segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone.


RATZINGER RICEVE CALDERON, FACCIA A FACCIA OLTRE 20 MINUTI

Regali dai figli:peluche, maglia nazionale di calcio e un pallone

Città del Vaticano, 4 giu. (Apcom) - Un orsacchiotto di peluche, un maglietta della nazionale messicana, la spilla e un pallone di calcio, sempre con la bandiera del Messico. Sono questi i doni che i tre figli del presidente messicano Felipe Calderon Hinojosa, hanno regalato al Papa, in occasione dell'udienza privata in Vaticano.

E' durato 22 minuti il colloquio privato tra i due; colloquio che si è svolto in spagnolo, alla presenza di un interprete. "E' un onore essere qua", ha esordito Calderon. Benedetto XVI ha risposto: "Welcome, il piacere è mio".

Il capo di Stato messicano, che all'indomani della visita del Papa in Brasile ha polemizzato con il pontefice per le affermazioni sul ruolo dei politici a favore dell'aborto e sul valore delle tradizioni pre-colombiane, ha poi presentato la moglie e i tre figli: Maria di 10 anni, Felipe di 7 e Juan Pablo di 4. I bambini si sono lasciati andare a un abbraccio 'fuori protocollo' con Benedetto XVI, prima di consegnare i doni: il peluche, il pallone e la maglia della nazionale di calcio.


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Paparatzifan
00sabato 9 giugno 2007 21:24
Dal blog di Lella...
Gaffe Bush, chiama Benedetto XVI "Sir"

Il presidente statunitense, George W. Bush, si è rivolto a Benedetto XVI chiamandolo più volte con la parole "Sir" (signore) , anzichè con l'appellativo più formale di 'His Holyness' (sua santità). Lo hanno riferito i giornalisti del pool che hanno assistito all'inizio del colloquio privato nello studio del pontefice. Infatti, quando Ratzinger ha chiesto al suo ospite se, dopo l'udienza, avrebbe ricevuto i rappresentanti di Sant'Egidio all'ambasciata Usa, il presidente ha risposto con chiarezza: "Yes, sir".


Non credo ci sia nessuna offesa nel rivolgersi a lui così. "Yes, sir" è un modo di dire! [SM=g27817]

TERESA BENEDETTA
00sabato 9 giugno 2007 23:47
Re: Dal blog di Lella...
Paparatzifan, 09/06/2007 21:24:

Gaffe Bush, chiama Benedetto XVI "Sir"

Non credo ci sia nessuna offesa nel rivolgersi a lui così. "Yes, sir" è un modo di dire! [SM=g27817]





HO COMMENTATO COSI ANCH'IO NELLA SEZIONE INGLESE!


Paparatzifan
00sabato 16 giugno 2007 19:33
Dal blog di Lella...

FRATI DONANO LAMPADA A 330 COMMENSALI RATZINGER

Saranno 330 gli ospiti che parteciperanno all' "agape fraterna" insieme al Papa, che si svolgerà nel refettorio del Sacro Convento di Assisi dopo la concelebrazione eucaristica sulla piazza Inferiore di San Francesco. Tra i commensali del Pontefice, 180 saranno frati, molti dei quali attualmente impegnati nei lavori del Capitolo generale dell'Ordine dei minori conventuali. A ciascuno di loro la comunità francescana di Assisi donerà una lampada, "a richiamo - spiega il direttore della sala stampa del Sacro Convento, Enzo Fortunato - di quella che San Francesco volle sempre accesa davanti alla sacra immagine".

(Ansa)


PAPA/ DOMANI PRANZO AD ASSISI CON PRODI,IN MENU RAVIOLI E ARROSTO

Pranzo sobrio ma tipico della cucina umbra per visita Pontefice

Assisi (Perugia), 16 giu. (Apcom) - Un pranzo sobrio ma tipico della cucina umbra: per la prima visita di Benedetto XVI ad Assisi è tutto pronto nella cucina del Sacro Convento. Antipasto semplice, ravioli al sugo, arrosto con insalata e carciofi, dolce e caffè. Il menu - tenuto top secret finora - è stato svelato da padre Vincenzo Coli, custode del Sacro Convento di Assisi. Insieme ai frati e al Santo Padre, tra gli speciali commensali ci sarà anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi.

"Sarà un momento di fraternità - ha detto padre Coli - di condivisione tra noi frati e il Papa. Pranzeremo in modo semplice ma tipico della cucina umbra". E il dolce sarà tedesco? "Sinceramente il cuoco non me l'ha voluto dire", ha scherzato padre Coli.

Una curiosità: quando il Papa entrerà nella sala del refettorio del sacro convento di San Francesco, tutti gli antipasti saranno sul tavolo tranne il suo, per ragioni di sicurezza.
Paparatzifan
00domenica 17 giugno 2007 23:19
Dal blog di Lella...

PAPA/ A PRANZO CON PRODI, VINO ABRUZZESE E TORTA PONTIFICIA

Il menu: ravioli, coniglio e bistecca. Ma prima la preghiera

Assisi (PG), 17 giu. (Apcom) - Il Papa in un tavolo al centro del Refettorio. Accanto a lui il presidente del Consiglio Romano Prodi, da un lato e dall'altro il cardinale Attilio Nicora. Intorno al tavolo d'onore un grande tavolo rettangolare per accogliere i circa 300 commensali. Nel tavolo del Papa anche il vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, la moglie di Prodi, Flavia e il padre generale dei francescani, padre Marco Testa.

Il Papa arriva tra gli applausi dei frati e degli ospiti. La preghiera di benedizione in latino per iniziare. Poi al via con i pasti: per antipasto prosciutto e crocchette di patate. A seguire ravioli al sugo, fagottino di coniglio accompagnato da una bistecca. Per contorno: insalata e carciofi. Il tutto servito con un buon vino rosso abruzzese.

Infine la torta disegnata appositamente con lo stemma papale. Benedetto XVI si è alzato in piedi per il taglio della torta, tra i calorosi applausi della mensa. Nessun discorso: solo un breve ringraziamento per "la bella giornata".

A quanto racconta chi ha avuto modo di partecipare al pranzo è stato un clima festoso e cordiale, condito con momenti di applausi e di fraternità.


Paparatzifan
00lunedì 9 luglio 2007 23:02
Dal blog di Lella...

Ritorno al passato

Dal look antico al rito latino: le mosse per riportare alla Chiesa i dissidenti tradizionalisti

La rivoluzione lenta del Papa


La forza dei simboli ai tempi della tv

FILIPPO DI GIACOMO

Che Papa Ratzinger intendesse dirci qualcosa di cattolico anche nella forma è apparso chiaro sin dai primi giorni del suo pontificato. Il 19 aprile del 2005, durante la sua prima benedizione urbi et orbi, i polsi neri del modesto pullover di lana sorpassavano i limiti della talare pontificia che, per un probabile errore sartoriale, appariva troppo corta per il nuovo Papa. Ma è stato, per così dire, un contrattempo durato solo pochi giorni.
Durante il primo inverno da Papa, Benedetto XVI ha rispolverato luso del galero (il cappello rosso con guarnizioni dorate della tradizione ecclesiastica romana), del camauro e della mozzetta, il copricapo e la mantellina di velluto rosso foderati di ermellino, della greca (il lungo cappotto di cachemire bianco) cara a Pio XII.
Tutto questo, quasi a riproporre visivamente, sulla sua persona, i segni di una «traditio» pontificale che il terremoto carismatico di Giovanni Paolo II aveva reso inutilizzabile. E il gossip papalino è volato: la mozzetta sarebbe stata un dono di tre monsignori amici del segretario di Ratzinger, alla stola ci avrebbe pensato un cerimoniere desideroso di far carriera, la cotta in pizzo proviene dai merlettai di Cantù...
Le telecamere
Sono annotazioni che, in una curia qualunque non esulerebbero dalle categorie della normalità. Quando invece avvengono nella casa di un Papa, esse sono scrutate dalocchio della televisione, cioè da quellinconsapevole «storico autorizzato» del cattolicesimo moderno, possessore dello sguardo principale con il quale i fedeli di tutto il mondo seguono e interagiscono nella vita e nel pensiero della loro Chiesa.
Non è stato per caso se l8 dicembre del 1965, con la cerimonia di chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, è sotto locchio delle televisioni di tutto il mondo che Paolo VI sceglie di completare labbandono della liturgia pontificale romana a vantaggio di quella puramente episcopale. Papa Montini, negli anni precedenti, aveva man mano abolito la Corte Pontificia, riportato il corteo papale a dimensioni puramente liturgiche, semplificato le vesti onorifiche degli ecclesiastici, imposto paramenti liturgici in uso prima del Concilio di Trento. Il giorno dellImmacolata del 1965, Paolo VI si presenta al mondo solo come «vescovo di Roma», i suoi successori, saranno tutti dei convinti sostenitori di questa serena e austera immagine pastorale del pontificato romano.
Il 22 dicembre 2006, nella sala paolina del Palazzo vaticano, alle ore 10 e 30 si assiste ad una scena alla quale i frequentatori di eventi vaticani non sono più abituati dai tempi di Pio XII. Papa Ratzinger siede sul trono dorato davanti al quale i dignitari di Papa Pacelli si inchinavano per il bacio della fibbia d'argento. Indossa labito piano con cotta di pizzo, mozzetta foderata di ermellino, croce tempestata di gemme (prelevata dal museo della sacrestia di San Pietro) e stola pontificia rossa con chiavi e stemma dorati. Di «conciliare», ha solo le scarpe: i mocassini rossi, che tutti vogliono firmati da uno stilista di fama ma in realtà opera di un artigiano vicentino, con i quali Paolo VI ha sostituito le calzature di raso dorato previste dalle norme liturgiche pontificali.
Svolta pluralista
Nessuno dei presenti nella sala paolina è comunque sorpreso: la trasformazione di Papa Benedetto XVI è avvenuta progressivamente e va di pari passo con quella operata, dentro la basilica vaticana, per le liturgie papali. Sin dagli inizi del suo pontificato, è stato palese che Benedetto XVI non avrebbe avallato il confuso balbettio sacro di alcune cerimonie teletrasmesse e non le avrebbe nemmeno presenziate. La cerimonia per linizio del suo pontificato è stata affidata agli occhi dell'orbe mediatico in latino, con la possente polifonia composta per l'occasione dal maestro Liberto, l'attuale direttore della Cappella Sistina. Antifone ed inni cantati in un gregoriano al massimo sfarzo, ed un possente Bach come finale.
Nella Chiesa Cattolica, chi dice rito dice disciplina, per questo leggendo il contenuto normativo della lettera apostolica Pontificorum romanun, i canonisti possono permettersi un sorriso. Si tratta del primo documento papale, chiaramente ispirato al pluralismo del Concilio Vaticano II, che impone ai seguaci di Marcel Lefebvre lobbligo di dire «grazie». Non è molto, ma non avveniva da quarantanni.
Il 21 dicembre 2005, Benedetto XVI stupisce tutti presentandosi in Piazza San Pietro indossando il camauro, un copricapo in velluto rosso bordato di ermellino bianco della tradizione rinascimentale. Riesumato da Giovanni XXIII, non era mai stato utilizzato dai successori.

© Copyright La Stampa, 9 luglio 2007


Paparatzifan
00martedì 10 luglio 2007 17:24
Dal blog di Lella...

LE VACANZE DEL PAPA

Mozart, libri e natura il Papa "segreto" nella sua vacanza nei boschi

JOAQUIN NAVARRO-VALLS

A chi cammina in montagna viene consigliato di procedere sempre allo stesso ritmo, senza perdere il passo e senza fermarsi mai. Questa saggia indicazione degli esperti costituisce una splendida metafora della vita, ed è la medesima impressione che ho percepito molte volte nei periodi che ho trascorso con Benedetto XVI in Val d´Aosta.
Vale a dire negli ameni luoghi silenziosi che circondano la casetta dove il Santo Padre ha passato serenamente i suoi primi due soggiorni estivi da pontefice.

Il fresco clima di montagna e la veduta distensiva delle Alpi, sovrastate dal Monte Bianco, hanno certamente accompagnato con uno scenario magnifico il prezioso e limitato tempo di riposo concessogli dal lavoro e dagli impegni. In un certo senso si può dire che le vacanze di papa Ratzinger si sono svolte nella stessa logica delle precedenti, seguendo alla lettera le indicazioni espresse da quel saggio consiglio di montagna prima ricordato: procedere in tranquillità e perseveranza. Sono sicuro che anche quest´anno sarà proprio così.

Benedetto XVI si alzava al mattino molto presto, dedicando il lungo tempo da lui scelto alla preghiera. Poi, dopo aver celebrato la Messa e aver fatto la prima colazione, dedicava dieci minuti, cosa inconsueta, alla musica. Dal modesto pianoforte verticale della casetta vibravano nell´aria le armoniose note delle sonate di Mozart che si potevano facilmente sentire tutti i giorni per alcuni minuti. Di nuovo,il pianoforte suonava ancora di sera, prima del riposo notturno.

Il resto della mattinata era invece dedicato all´altra grande passione del Papa: la scrittura.

È stato detto che il teologo Ratzinger dovesse terminare in quel periodo alcuni impegni editoriali. Io penso, però, che il tempo riservato alla scrittura non sia mai stato per lui l´adempimento di un dovere, ma qualcosa di più profondo, qualcosa di costitutivo del suo carattere intellettuale, della sua pastorale dell´intelligenza. Certamente, alle pendici delle Alpi Benedetto XVI finiva il lavoro iniziato da cardinale a Bressanone tre anni prima e confluito alla fine nel libro su Gesù che tutti conosciamo. Tuttavia, si può con certezza affermare che il rapporto del Papa con la scrittura non sia terminato lì, appartenendogli intrinsecamente.

Infatti, anche una parte importante dei suoi pomeriggi alpini erano dedicati alla scrittura, spesso interrotta dal disbrigo degli "impegni arrivati da Roma": solitamente, documenti da firmare, oppure carte da studiare. Le ore si susseguivano così, una dopo l´altra, tra lavoro e scrittura, naturalmente in un contesto molto diverso da quello abituale del Vaticano. Lassù non c´erano gli amati libri della suabiblioteca e neanche la ricchezza delle fonti difficilmente reperibili.

Il lavoro di un intellettuale in vacanza, però, offre sempre alcune preziose opportunità. L´esperienza porta, ad esempio, ad utilizzare la mancanza di testi e la penuria di citazioni per guadagnare concentrazione e operare sintesi, altrimenti difficili da ottenere: insomma, una situazione ideale per concludere un libro iniziato da tempo.

Questo lavoro privato era interrotto al far della sera quando il Papa poteva cimentarsi nella consueta lunga passeggiata. Si potrebbe definire questa abitudine il momento dei "sentieri interrotti", degli Holzwege ratzingeriani, nei quali il filo dei pensieri teologici e dei profondi ragionamenti della giornata poteva sciogliersi in solitarie meditazioni tra i boschi.

La conciliante e pensierosa camminata serale, proprio quando il sole era ormai clemente e pietoso e i colori rosati del tramonto si posavano delicatamente sulle cime innevate, era anche l´occasione per fare il Rosario, immerso nello scenario imponente offerto dall´enormi vette alpine. Spesso egli si fermava a margine del sentiero per assaggiare in modo innocente i frutti di bosco, meravigliosamente saporiti, che qualcuno degli accompagnatori aveva raccolto: more, lamponi, ribes. Ricordo ancora in modo indimenticabile il sapore acido e forte che avevano quei frutti di montagna e come mangiarli rappresentasse quasi una delizia infantile.

L´escursione, poi, era per il Papa anche occasione per alcuni incontri imprevisti, talvolta addirittura improvvisi: ogni tanto egli si fermava a parlare con qualche abitante del luogo, spesso commentava qualche fatto del mondo con noi e così via, fino all´ora di cena.

Quello che conta è che la distanza, la lontananza dagli avvenimenti, non era se non un´apparente distacco dalla realtà. L´atteggiamento di continua partecipazione alle vicende del mondo da parte del Papa mi è sempre parso qualcosa di più di un attitudine personale, di una tendenza caratteriale: esso corrisponde, piuttosto, ad un ingrediente fondamentale della missione di un pontefice.

Osservare un Papa in vacanza, infatti, è soltanto in parte paragonabile ad altre situazioni analoghe, perché in quel caso si assiste chiaramente all´impossibilità di separarsi anche solo un momento dal ruolo e della figura istituzionale che definisce interiormente la persona.
Questa sentita atmosfera si rivelava in modo palese, ad esempio, nelle apparizioni pubbliche della domenica, in cui le prolungate e attente preoccupazioni per i drammi dell´umanità - vissuti in quel momento e fino ad allora nascosti nel riserbo - venivano comunicate al mondo con una profondità che esprimeva verso tutti un´attenzione mai abbandonata, una prossimità mai perduta o dimenticata. In quel caso la centralità della missione sacerdotale del Papa emergeva di nuovo in modo esplicito, proprio perché essa non lo aveva abbandonato neanche per un momento, durante tutta la settimana trascorsa discretamente appartato dai fragori della folla.

Con il passare degli anni ho preso coscienza del fatto che, alla fine, a prescindere dalle abitudini proprie di ognuno, il Papa in quanto tale non va mai del tutto in vacanza. Perché l´istituzione che egli porta con sé non lo abbandona mai un momento, essendo impressa per sempre dentro di lui e permanendo inseparabilmente scolpita nel suointerno dall´inizio del mandato fino alla fine della sua vita.

Questo aspetto dell´essere Papa - così radicalmente sentito da Benedetto XVI e da Giovanni Paolo II - non era sconosciuto neanche in passato. Un grande Pontefice come Leone Magno, ad esempio, nelle sue Lettere dogmatiche, è tornato più volte su questo rapporto singolare che s´instaura tra l´identità immutabile dell´istituzione e la persona storica del Papa. Essere Papa non è simile ad avere un abito che qualcuno si può togliere la sera, quando è stanco, e rimettere di nuovo l´indomani, quando è riposato: essere Papa - mi è sembrato, vedendolo e ascoltandolo - è come avere un tatuaggio impresso definitivamente ed indelebilmente nell´anima.

Pier Damiani ha affermato che tutto ciò significa l´impossibilità di potersi spogliare nel proprio Io dal Noi universale della Chiesa. E ciò avviene per l´intima unione che lega ormai indissolubilmente la missione di un Pontefice dalla vicenda personale di un uomo. E´ questa la ragione del fatto che nessun Papa può essere realmente definito di transizione, perché ogni Papa, come ogni essere umano, è in transizione, vivendo soltanto il tempo che gli è dato di vivere, non un minuto di meno o di più.

In definitiva, sono sicuro che Benedetto XVI anche quest´anno continuerà a conservare le sue abitudini con tranquillità e perseveranza. Io mi chiedo però quest´anno, lì a Lorenzago di Cadore, dove trascorrerà i suoi giorni di riposo sulle Dolomiti, che pagine scriverà, in quali paesaggi e in che modo rifletterà sull´imponderabile mistero che porta in sé, sapendo che da esso non può - né vuole - separarsi mai, neanche per un solo attimo del suo tempo.

© Copyright Repubblica, 9 luglio 2007


emma3
00lunedì 13 agosto 2007 01:19
DOPO lo scoop della prova sull'origine italiana di Cristoforo Colombo - passato ...

... anche in un lungo servizio al TG1 - grazie a una tesi di laurea discussa all'Università di Genova, ottenuta attraverso l'esame del DNA di suoi omonimi contemporanei, ecco un'altra ricerca che fa onore ai nostri atenei e che merita di far notizia. Si tratta, in questo caso, di una tesi in teoria della comunicazione discussa a fine luglio all'Università Roma Tre e condotta presso la cattedra di Sociologia dei processi culturali e comunicativi. Si tratta del primo bilancio sistematico sul rapporto che è sinora intercorso tra Benedetto XVI e gli organi di stampa, ricerca che colma un vuoto dopo la grande stagione di Giovanni Paolo II. Tutto questo in palese contrasto con chi sentenzia che all'università non si fa ricerca. Nei casi citati, si tratta addirittura di tesi "magistrali", concluse con la lode alla fine del biennio specialistico, da ragazzi e ragazze di poco più che ventenni. Ma torniamo a Benedetto XVI e la stampa italiana. Nel lavoro svolto dal dottor Luca Gentili sono stati esaminati 917 articoli, di cui 222 di prima pagina, evidenziando 738 appellativi attribuiti al Papa. Partiamo proprio da questi ultimi. Ne sono stati individuati dieci più ricorrenti. Cinque positivi: "fine intellettuale", "uomo di grande cultura", "cordiale", "sincero", "limpido". E cinque negativi, in sé o nel contesto in cui venivano collocati: "Panzercardinal","pastore tedesco", "rigido", "guardiano della fede", fino al terribile "rottweiler di dio". Ma quali sono stati i giornali di riferimento? I due di maggiore diffusione: Corriere della Sera e la Repubblica, il quotidiano della Conferenza Episcopale Avvenire e due organi di opinione diversamente orientati: Il Foglio e Il Manifesto. La ricerca ha riguardato sette momenti-chiave nel pontificato di Benedetto XVI: l'elezione, il referendum sulla procreazione medicalmente assistita, l'enciclica Deus caritas est, la lezione di Ratisbona, il viaggio apostolico in Turchia, la rinuncia del cardinale Wielgus alla cattedra di Varsavia, le radici cristiane dell'Europa. I due eventi che hanno raccolto maggiore spazio sono stati l'elezione (34 per cento) e il discorso di Ratisbona (33 per cento). Segue il viaggio in Turchia (16 per cento), mentre l'enciclica si ferma a un modesto 4 per cento. Lo studio ricava già da questi dati una prima conseguenza. Il "Papa della parola" (come unanimemente è stato definito rispetto al suo predecessore chiamato "il Papa dei gesti") ha difficoltà a far passare nei media e presso l'opinione pubblica il suo pensiero più riflessivo e più pacato, salvo quando - come avvenne a Ratisbona - viene equivocato e alimenta dure polemiche con il mondo islamico. Qui la tesi presenta due testimonianze di eccezione: quella di Navarro Valls e quella dell'attuale portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi. Inoltre sono stati ascoltati anche i vaticanisti dei cinque quotidiani. Due di loro - Marco Politi de la Repubblica e Ubaldo Casotto de Il Foglio - ricordano che il Papa avrebbe detto proprio a Navarro Valls che nel tempo attuale «vale più un concetto di mille immagini»: un'idea molto rispettabile se aiuta l'uomo contemporaneo ad essere più profondo, meno effimero, ma che risulta difficile da praticare. E qui torna utile la testimonianza di padre Lombardi. «Il discorso di Ratisbona, letto nel suo insieme mi sembrava chiaro… dopo poche ore dalla sua distribuzione vengo chiamato da un collega giornalista… quando sono arrivato erano già tutti lì a discutere la famosa citazione su Maometto… spiegai che era contro la violenza e l'uso irrazionale della religione… due giorni dopo è arrivata l'ondata del mondo musulmano, amplificata da Al Jazeera, una specie di tsunami mediatico… questo per dire che anche un discorso complesso ma logico pone delle notevoli difficoltà nel prevedere e guidare il modo in cui viene presentato sui media». Ma accanto allo sforzo teologico e intellettuale, rimane nei nostri occhi di papa Ratzinger anche la tenera immagine televisiva della sua prima apparizione dalla loggia pontificia: sotto i sacri paramenti trasparivano le maniche del maglione dell'umile prete che chiede collaborazione ed affetto nel suo grande compito di coltivare "la vigna del Signore". Forse sono vere entrambe le espressioni: un concetto vale più di mille immagini (pensiamo agli slogan che hanno fatto la storia), ma è anche vero che un immagine qualche volta vale più di mille parole. Dipende dai concetti e dipende dalle immagini.

di gianpiero galameri


QUESTO il parere di osservatori privilegiati, cinque vaticanisti, sui rapporti tra pontefice e la Santa ...

... Sede con gli organi di stampoa
. Luigi Accattoli, del Corriere della Sera: «Padre Federico Lombardi sta a Benedetto XVI così come Navarro Valls stata a Giovanni Paolo II». Umberto Casotto, Il Foglio: «Papa Ratzinger regge anche le piazze come l'altro. I numeri di Wojtyla sono stati addirittura superati». Filippo Gentiloni, il Manifesto: «Una caratteristica di questo pontificato mi sembra rilevante. La forte sottolineatura della ragione. Ma la cultura contemporanea difficilmente accetta una ragione universale». Salvatore Mazza, Avvenire: «C'è una notevole difficoltà a far passare temi relativi alla comunicazione religiosa e al Vaticano. L'interesse dei nostri colleghi sono i temi presi come politico-sociali». Marco Politi, la Repubblica: «Sostanzialmente dobbiamo fare una differenza fra media italiani e media stranieri. Nella stampa internazionale la presenza del papa si è ridotta moltissimo, drasticamente».


CON RATZINGER VIA LE PRIMEDONNE

di PAOLO FRANCIA CON GIOVANNI Paolo II Joaquin Navarro Valls era di fatto la «comunicazione» della Santa Sede. Signorile nel tratto e abile nei rapporti ancorché sfuggente con i collaboratori e piuttosto elitario nell'individuazione dei vaticanisti «giusti», il medico-giornalista già corrispondente di «Abc» da Roma ha incarnato con maestria la voce del pontificato wojtyliano, tenendosi in seconda o terza linea nei suoi primi tre lustri di fulgore quando il Papa, in piena salute, poteva esprimere il massimo delle proprie straordinarie capacità comunicative; e poi salendo sempre più alla ribalta con misura ma anche senza reticenze a mano a mano che la condizione di Giovanni Paolo II andava peggiorando. Alla guida dell'altro «polo», L'Osservatore Romano, Mario Agnes pilotava il giornale sulla linea wojtyliana e, per quindici anni, ruiniana, con pochi rapporti con Navarro. Né amici, né nemici. In cammino su due parallele, né convergenti, né divergenti. Due parallele che all'infinito non si incontrano mai. Navarro ha lasciato un anno fa, sostituito da padre Federico Lombardi, direttore anche della Radio vaticana e del Centro televisivo vaticano. Agnes si appresta a lasciare fra qualche settimana, sostituito dal filologo Giovanni Maria Vian. E nel frattempo, un mese fa, l'arcivescovo Claudio Celli è stato chiamato dal Papa alla guida del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali. Ed è intorno a questo organismo che maturerà il nuovo indirizzo che papa Ratzinger intende dare alla comunicazione della Santa Sede nel suo complesso. Il germe di questo Pontificio Consiglio risale al 1948 allorché Pio XII volle creare una Commissione per la cinematografia didattica e religiosa destinata a subire varie trasformazioni e ad avere arricchimenti di competenze per la crescente importanza di radio, televisione e dei «media» in genere. Vi misero mano anche Giovanni XXIII e Paolo VI, fino alla Costituzione apostolica di Giovanni Paolo II «Pastor bonus» del 1988, che oltre a dare al Pontificio Consiglio l'attuale denominazione gli attribuiva vastissimi compiti, trasformandolo in una sorta di «ministero» della comunicazione. E tuttavia senza riuscire a far sì che si realizzasse quel coordinamento e quell'indirizzo complessivo desiderato dal Papa polacco, proprio a causa del ruolo specifico dell'Osservatore romano e del forte carattere, su un altro versante, di Navarro. Per vent'anni ne è stato a capo un grande amico di Wojtyla, l'arcivescovo americano John Patrick Foley, di Filadelfia, oggi alla soglia dei 72 anni e dunque ancora lontano dalla data canonica di «pensionamento». Ma mettendo a quel posto Celli Benedetto XVI ha inteso dargli una svolta, portando il Pontificio Consiglio al ruolo auspicato anche da Giovanni Paolo II e finora non concretizzato. L'avvento di Vian è il passo finale. Agnes se va a 76 anni, dopo una storica e apprezzata direzione durata 23 anni, un'eternità. Vian, docente di filologia patristica, dunque non giornalista professionista, in piena sintonia con Ratzinger, ha grandi qualità personali. Ha 55 anni, l'età e la preparazione per un salto di qualità del quotidiano che vada oltre all'attuale pontificato. E, si spera, un ammodernamento dell'impostazione complessiva dei contenuti e della grafica che renda l'Osservatore più fruibile. Ma sempre a passi felpati, come felpati sono stati finora quelli di padre Lombardi. Nell'individuazione dei nuovi responsabili della Curia e più in generale dei suoi stretti collaboratori il Papa opta per uomini che non siano o non vogliano essere prime donne, anche se non sempre c'è riuscito e ci riesce. L'arcivescovo Celli, padre Lombardi e Vian rispondono in teoria a questo identikit. Il tempo ci dirà se è realmente così e soprattutto se Celli riuscirà a dare, primus inter pares, l'impronta di un indirizzo unitario, sulla linea di Benedetto XVI, a tutta la comunicazione del Vaticano.

Il Tempo domenica 12 agosto 2007





$anna67$
00lunedì 13 agosto 2007 13:24
PERCHE'???
Come mai questo grande silenzio di Benedetto XVI sulla pedofilia che dilaga soprattutto nella mia citta' e in un Istituo di Grande fama come il Valsalice che conosco benissimo??
Pensavo che all'Angelus accennase a qualcosa invece nulla .... [SM=g27829] [SM=g27829] [SM=g27829] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833]
Sihaya.b16247
00lunedì 13 agosto 2007 14:23
Re: PERCHE'???
$anna67$, 13/08/2007 13:24:

Come mai questo grande silenzio di Benedetto XVI sulla pedofilia che dilaga soprattutto nella mia citta' e in un Istituo di Grande fama come il Valsalice che conosco benissimo??
Pensavo che all'Angelus accennase a qualcosa invece nulla .... [SM=g27829] [SM=g27829] [SM=g27829] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833]



Ciao Anna!
Felice di rivederti sul forum.

Ratzinger è intervenuto diverse volte sulla dolorosa questione, già da quando era Cardinale (la "sporcizia" della chiesa): basta poi vedere gli interventi che abbiamo raccolto nella cartella "Ecclesia".

Se non ne ha parlato negli Angelus (non è escluso che non lo faccia nelle omelie) è perchè il Papa di sicuro preferisce attirare l'attenzione sul buono e sul bene, piuttosto che denunciare il male. L'Angelus è il momento di aggregazione dei fedeli che devono essere guidati e illuminati, e il Papa è come il generale che esorta le sue truppe: non si sofferma sui problemi e sulle questioni spinose, ma invita alla positività e, soprattutto, alla saldezza della Fede con la preghiera e il costante aiuto del Signore.




emma3
00lunedì 13 agosto 2007 14:57
Re: PERCHE'???
$anna67$, 13/08/2007 13.24:

Come mai questo grande silenzio di Benedetto XVI sulla pedofilia che dilaga soprattutto nella mia citta' e in un Istituo di Grande fama come il Valsalice che conosco benissimo??
Pensavo che all'Angelus accennase a qualcosa invece nulla .... [SM=g27829] [SM=g27829] [SM=g27829] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833] [SM=g27833]



ciao anna
onestamente credo che a questo punto le condanne eclatanti, dalla finestra non servano granchè. Servono solo a raccogliere l'applauso e l'approvazione del momento ma non a sradicare il problema. Ciò che si deve fare è lavorare seriamente e senza clamori all'interno della struttura della Chiesa per fare in modo che certe cose non accadano più. Mi chiedo poi sempre quale sia il ruolo dei vescovi locali in questi casi. Dov'erano? Possibile che nessuno sappia mai nulla se non quando la notizia arriva ai giornali?
Mi pare comunque (mi si corregga se sbaglio) che da quelle parti non di pedofilia si sia trattato ma di relazioni omosessuali con giovani consenzienti ed eventuali reati siano ancora tutti da accertare. Ciò impone cautela, anche se a noi provoca sdegno ma il Papa non può sbattere il presunto mostro nel primo Angelus come i giornali fanno in prima pagina.
Sihaya.b16247
00martedì 14 agosto 2007 14:24
Re: Re: PERCHE'???
emma3, 13/08/2007 14:57:



ciao anna
onestamente credo che a questo punto le condanne eclatanti, dalla finestra non servano granchè. Servono solo a raccogliere l'applauso e l'approvazione del momento ma non a sradicare il problema. Ciò che si deve fare è lavorare seriamente e senza clamori all'interno della struttura della Chiesa per fare in modo che certe cose non accadano più. Mi chiedo poi sempre quale sia il ruolo dei vescovi locali in questi casi. Dov'erano? Possibile che nessuno sappia mai nulla se non quando la notizia arriva ai giornali?
Mi pare comunque (mi si corregga se sbaglio) che da quelle parti non di pedofilia si sia trattato ma di relazioni omosessuali con giovani consenzienti ed eventuali reati siano ancora tutti da accertare. Ciò impone cautela, anche se a noi provoca sdegno ma il Papa non può sbattere il presunto mostro nel primo Angelus come i giornali fanno in prima pagina.



[SM=g27811]




Sihaya.b16247
00mercoledì 15 agosto 2007 14:43
Spie in Vaticano
Da Repubblica

Spie e Servizi in Vaticano

MARCO ANSALDO

Il Papa, qualunque Papa, è di norma l' uomo più informato del mondo. Forse per questo i servizi segreti dell' intero pianeta ne seguono da vicino ogni passo, ogni parola, ogni viaggio. Al punto da esserne quasi ossessionati, desiderosi di sapere di più e meglio. Da questo assunto fondamentale parte il libro di Werner Kaltefleiter e Hanspeter Oschwald, dal comprensibile titolo in tedesco di Spione im Vatikan, appena uscito in Germania da Pattloch. Perché «nel mirino dei servizi segreti» - come affermano i due solidi vaticanisti che hanno invidiabili fonti dentro la Santa Sede e negli ambienti della sicurezza - il Papa lo è da sempre. Tutti guardano a Roma. Lo facevano già i nazisti, abili nell' arruolare monaci e parroci. Non si tiravano certo indietro l' Unione Sovietica con i suoi paesi satellite. Il volume rivela dunque molti aspetti ignoti e segreti nei contatti fra i pontefici degli ultimi ottanta anni e i più inaspettati 007 internazionali. Un capitolo a sé è ovviamente quello dell' attentato a Giovanni Paolo II da parte del turco Mehmet Ali Agca. Il clima ricreato qui è quello dell' allarme all' interno del Patto di Varsavia per il percorso di libertà seguito dalla Polonia. La preoccupazione e gli interventi di molte agenzie dei due blocchi. Pagine in cui si incrociano figure come Markus Wolf, il "mitico" uomo senza volto dei servizi tedesco orientali, e William Casey, capo della Cia. Spie francesi e mafiosi turchi. Fino al drammatico epilogo del 13 maggio 1981 in piazza San Pietro. Con una chicca inedita. La lettera autografa che Mikhail Gorbaciov fa pervenire personalmente a Kaltefleiter, in cui smentisce categoricamente di avere informazioni «sulla partecipazione del Kgb» nella tentata eliminazione di Wojtyla. Le spie però hanno continuato a seguire il pontefice. Fino a Benedetto XVI, già sotto le cure della Stasi ai tempi in cui il semplice sacerdote Joseph Ratzinger, poi porporato promettente, appariva già molto in vista. E, come tale, molto spiato.
emma3
00martedì 23 ottobre 2007 22:51
dal blog di lella

Il cardinale tedesco Kasper ottimista «Grande passo in avanti con Mosca»

DONATELLA TROTTA

Un patrimonio comune, «assolutamente centrale» nel dialogo interreligioso come pure per la sopravvivenza dell’umanità in un mondo pacificato dalla violenza. Ma anche un tema che presenta contrasti e aspetti discordanti e pone problemi di grande attualità nel rapporto tra ebraismo, cristianesimo e islam, le tre grandi religioni monoteistiche i cui testi sacri costituiscono un continuum che ci unisce tutti, in quanto discendenti di Abramo, dall’Antico al Nuovo Testamento fino al Corano.
«Malgrado le differenze», avverte il cardinale tedesco Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani che la settimana scorsa, nell’incontro di Ravenna, ha registrato «un ulteriore grande passo avanti nei rapporti tra la Chiesa cattolica e il Patriarcato di Mosca», tanto da dichiararsi ottimista sul futuro dell’unità dei cristiani e da auspicare «un incontro tra Benedetto XVI e il patriarca russo Alessio II».
Kasper ne parla a margine della tavola rotonda su «Le Scritture nelle religioni monoteistiche», che ha presieduto ieri mattina alla Stazione Marittima di Napoli, nell’ambito del Meeting interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Diocesi di Napoli. E introducendo il confronto a più voci (con l’arcivescovo di Canterbury Rowan D. Williams, primate anglicano; Shera Yashud Cohen, Rabbino capo di Haifa, già vicesindaco di Gerusalemme; Mohammed Sammar, consigliere politico del Gran Muftì del Libano e figura chiave del dialogo interreligioso islamico-cristiano; il rinomato biblista cattolico Joachim Gnilka; il cardinale francese Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e presidente della Conferenza Episcopale francese), sottolinea subito le questioni a suo avviso aperte e problematiche per il dialogo. Tra esse, il «contrasto» tra le Sacre Scritture, «fondamento codificato delle convinzioni religiose e della vita di una comunità», con una «forma di vita emancipata secolare o laicista», tipica della modernità; poi, la vicinanza di ebraismo e cristanesimo, fondati «su una rivelazione divina nella storia di Dio con gli uomini» e uniti dalla Bibbia, eppure divergenti nei modi di leggerla; e soprattutto, la concezione che l’islam ha del Corano, «considerato non come ispirato ma dettato da Dio»: ma fino a che punto, si chiede Kasper, interpretabile e adattabile a nuove situazioni storiche e culturali senza abbandonarne il contenuto essenziale? Domande cruciali per la convivenza nel terzo millennio, che al dibattito hanno iniziato ad avere risposta.

© Copyright Il Mattino, 23 ottobre 2007
Sihaya.b16247
00sabato 19 gennaio 2008 15:49
Vaticanisti o cremlinologi?

Anche la stampa estera, al momento dell'elezione di Ratzinger al soglio di Pietro, è partita dal pregiudizio del "Papa reazionario" fino a paragonarlo alla "vecchia guardia" del vecchio Pcus, il partito comunista dell'Urss, scelto per uno spirito di pura autoconservazioe; questi signori hanno dovuto ricredersi, ed arrendersi difronte alla potenza intellettuale e al carisma di Benedetto XVI, a quasi tre anni dall'inizio del suo pontificato.
Articoletto curioso, in inglese, per conoscitori della storia della guerra fredda e di un passato sovietico che si è dissolto nel vuoto ideologico di una teocrazia atea.

www.opendemocracy.net/faith-catholicchurch/article_2442.jsp

Cardinal Chernenko?
Andrew Brown
Joseph Ratzinger, the new Pope Benedict XVI, could represent the long withdrawing roar of a sclerotic Kremlin-like empire, says Andrew Brown.
19 - 04 - 2005
Does anyone now remember Konstantin Chernenko? In the last decades of Soviet communism, a succession of old men arrived at the helm whose one merit was that they were as sclerotic as the system they served. Their Politburo comrades and the wider Soviet nomenklatura could rely on them to resist change to the last gasp – as indeed they did, however artificially prolonged that gasp might have been.
The Politburo was right to fear change more than anything. This was confirmed when the brave Mikhail Gorbachev finally took hold of the levers of power, tried to reform the Soviet Union – and brought the whole brittle system crashing down.
The analogy with Joseph Ratzinger, the new Pope Benedict XVI is not exact. For one thing, a life of celibacy and temperance means that a 78-year-old pope is going to be in much better physical shape than an aged recovering Stalinist could be. But it’s hard to escape a suspicion that the cardinal electors were concerned above all else to avoid choosing a Pope Mikhail Gorbachev the First (and Last). They were quite prepared to settle for a Kremlin-style succession rather than risk the kind of change which, starting with the Second Vatican Council of 1962-65, had nearly blown the church apart.
The one thing the new pope stands for is hierarchy, and the resolute suppression of anything like democracy within the church. In particular, the opinions of educated lay people are to be shunned – a loathing which is heartily reciprocated. The only time I ever saw him, at a lecture he gave in Cambridge, some of the theology faculty boycotted the event in protest against his treatment of inquiry within their discipline.
The fear of change can make perfect sense. If you believe that the Catholic church can only maintain its hold on human minds by force and fraud, then electing the man who used to run the Congregation for the Doctrine of the Faith – the bureaucratic guarantor of Catholic doctrine – is a natural thing to do. The road to the top in the Kremlin, after all, used to be through the KGB. But to follow the same logic is an odd process for faithful Catholics.
Also in the openDemocracy debate on the Catholic church and democracy: articles by Neal Ascherson, Lavinia Byrne, Laura Greenhalgh, Ariel Dorfman, Timothy Radcliffe, Michael Walsh, Joanna Bogle, and Arthur Waskow
The great difference between the Catholic church and the Communist Party of the Soviet Union is that the church remains a voluntary institution. There is hardly anywhere left in the world where an ambitious young man would join the church for the sake of his career, though there are still places where he might join Opus Dei. This changes the whole equation.
Mikhail Gorbachev discovered, when he tried to appeal to the idealism of the masses, that he was the last communist. No one but him believed a word of it. That’s why his experiment proved fatal, and why the cardinals seem keen to avoid travelling the same route. But it is in the nature of Kremlin successions that they only postpone the problem, and not for very long. At some point, you choose a reformer because nothing else has worked. When this happens, Pope Mikhail I will find that there are something like a billion of the faithful who actually believe. But perhaps the cardinals already know that. This is the thing that really frightens them. Too much belief can destroy an organisation as surely as too little.


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