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I collaboratori di Papa Benedetto

Ultimo Aggiornamento: 24/02/2011 01:04
28/03/2006 00:18
 
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Svolta per il caso del musulmano convertito....


Si lavora a una soluzione del caso. Le autorità afghane: «Presto Rahman sarà liberato»



Una lettera a nome di Papa Benedetto XVI, fatta recapitare nei giorni scorsi al presidente afghano Hamid Karzai, sulla sorte di Abdul Rahman, arrestato la scorsa settimana a Kabul e accusato di "apostasia" per essersi convertito al cattolicesimo. Un reato, secondo la sharia, punibile con la pena di morte. L'intervento della Santa Sede - un atto diplomatico ufficiale - segna il culmine delle pressioni internazionali per la liberazione dell'uomo afghano. Un appello ispirato da «profonda umana compassione» e dalla «fermo credo nella dignità della vita umana e dal rispetto per la libertà di coscienza e di religione per ogni persona». Scrive ancora il cardinale Angelo Sodano che il caso Rahman «dovrebbe conferire un grande prestigio al popolo afghano e potrebbe accrescere un coro di consensi nella comunità internazionale. Questo potrebbe anche contribuire in maniera significativa alla nostra comune missione per favorire la reciproca comprensione e rispetto tra le differenti religioni e culture del mondo». Il presidente Karzai, nei giorni scorsi, avrebbe già assicurato al premier canadese Stefan Harper che Rahman non sarà giustiziato. E ieri fonti dell'esecutivo di Kabul parlano di «pesanti pressioni a cui è stato sottoposto il presidente Karzai in queste ore da parte di tutti i Paesi donatori e della comunità internazionale più in generale, compresi Stati Uniti, Unione europea e Vaticano». Il governo afghano ha risposto dando assicurazioni, ma non è ancora chiaro come potrebbe organizzare la liberazione dell'uomo. In Afghanistan la sharia (legge islamica) è la fonte principale del diritto e tradizionalmente nessuna legge si può opporre ad essa. Ma la pressione di moti dei Paesi donatori che sostengono la ricostruzione afghana e la riprovazione generale rende molto più difficile il compito del presidente Karzai che deve giocare fra la lealtà degli alleati e il tragico peso della tradizione. La lettera di Papa Ratzinger segue di pochi giorni le prese di posizione di monsi gnor Arrigo Miglio, presidente della Commissione episcopale giustizia e pace e di monsignor Luigi Bressan, presidente della Commissione episcopale per l'evangelizzazione tra i popoli che chiedevano al ministro degli Esteri italiano di «proseguire e intensificare, anche in collaborazione con l'Unione europea e altri Stati, compresi almeno alcuni a maggioranza islamica, l'azione intrapresa». Come noto Gianfranco Fini aveva fatto pressioni ufficiali su Kabul perché l'uomo non venisse giustiziato. Fra le autorità cattoliche anche il presidente della Conferenza episcopale tedesca, il cardinale Karl Lehmann, si era pronunciata per il rispetto della libertà religiosa in Afghanistan. Sul versante strettamente politico, dopo Gianfranco Fini, anche il cancelliere tedesco Angela Merkel aveva riferito di sue pressioni su Karzai, mentre il presidente americano George Bush si era detto «profondamente turbato» all'idea che l'uomo potesse essere condannato a morte. Intanto la scarcerazione di Abdul Rahman è data per imminente. Sarebbe questo l'orientamento emerso da una riunione del governo tenuta ieri a Kabul e espressamente convocata per discutere della vicenda. «Il presidente Karzai ha incontrato numerosi esponenti del governo per trovare una soluzione pacifica a questa grave crisi», ha dichiarato una fonte anonima. «Esistono forti probabilità» che Rahman torni libero oggi, ha aggiunto. In teoria l'uomo dovrebbe essere processato nei prossimi giorni per apostasia.

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