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I collaboratori di Papa Benedetto

Ultimo Aggiornamento: 24/02/2011 01:04
07/09/2005 22:20
 
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Una sconcertante cronaca....
In Terra Santa va raddoppiata la Custodia
Sempre più in pericolo i cristiani di Betlemme e della Palestina. Il Custode dei Luoghi Sacri accusa gli estremisti islamici e l’Autorità Palestinese “che fa poco o nulla”.





Con parole dure e inattese il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha richiamato l’attenzione di tutti sul crescendo di violenze e umiliazioni di cui sono vittima i cristiani di Cisgiordania, ad opera dei musulmani.

“Macché difficoltà tra Israele e Vaticano! I problemi per noi cristiani in Terra Santa sono altri. Quasi ogni giorno, lo ripeto, quasi ogni giorno, le nostre comunità sono vessate dagli estremisti islamici in queste regioni. E se non sono gente di Hamas o della Jihad Islamica, avviene che ci si scontri con il muro di gomma dell’Autorità Palestinese, che fa poco o nulla per punire i responsabili. Anzi, ci è capitato di venire a sapere che in alcuni casi tra loro c’erano gli stessi agenti della polizia di Mahmoud Abbas o i miliziani del Fatah, il suo partito, che sarebbero addetti alla nostra difesa”.

Padre Pizzaballa è un’autorità. Rappresenta la Custodia Francescana di Terra Santa, l’istituzione alla quale da sette secoli la Santa Sede affida la cura delle proprietà della Chiesa, nella terra in cui visse Gesù.

Parla l’ebraico e conosce l’arabo. Al “Corriere” ha detto di avere “una lista di 93 casi di ingiustizie di vario tipo commesse ai danni dei cristiani nella regione di Betlemme tra il 2000 e il 2004”.

E proprio lo stesso giorno in cui appariva questa sua denuncia pubblica un altro caso di violenza anticristiana si è registrato a Taibeh, l’antica Ephraim della Bibbia, un villaggio a est di Ramallah.

A Taibeh, domenica 4 settembre, tredici case abitate da altrettante famiglie cristiane sono state assalite e bruciate, le strade devastate, una statua della Madonna fatta a pezzi.

Il motivo scatenante: la storia d’amore tra Hiyam Ajai, una giovane musulmana del vicino villaggio di Deir Jreer, e Mehdi Kouriyee, un cristiano di un’importante famiglia di Taibeh, proprietaria di una fabbrica di birra dello stesso nome.

Quando hanno scoperto che Hiyam era in attesa di un bambino, i suoi l’hanno chiusa in casa, l’hanno picchiata. Giovedì 1 settembre Hiyam è stata trovata morta. I genitori hanno spiegato: “Quel cristiano l’ha violentata e lei si è avvelenata”. Si è gridata vendetta e si è preparato l’assalto. Le famiglie cristiane di Taibeh hanno trovato scampo lasciando in tempo le loro case. La polizia palestinese è arrivata sul posto a devastazione avvenuta.

Questo e gli altri fatti inclusi nel dossier confermano un dato già evidenziato da altri osservatori: il netto aumento dell’ostilità musulmana nei confronti dei cristiani di Terra Santa, avvenuto a partire dallo scoppio della seconda intifada, alla fine del 2000.

Una recente e diretta documentazione di questo crescendo di ostilità è il libro di Elisa Pinna, esperta di questioni religiose internazionali per l’agenzia giornalistica ANSA: “Tramonto del cristianesimo in Palestina”, pubblicato nel marzo del 2005.

La svolta – spiega Elisa Pinna – è avvenuta con l’ingresso nella seconda intifada di un elemento nuovo: il fondamentalismo islamico.

In precedenza, il movimento palestinese aveva un’impronta prevalentemente nazionalista. E a questa impronta avevano contribuito soprattutto gli arabi di fede cristiana, parte di un’élite colta e occidentalizzata, non priva di venature marxiste. Erano cristiani i capi guerriglieri George Habbash, Wadi Haddad, George Hawatmeh. Ma erano cristiani anche gli esponenti di punta dell’ala moderata e pragmatica che sostenne gli accordi di Oslo: Hanan Ashrawi, Hanna Seniora, Afif Safia.

Oggi però queste ultime figure sono in ombra e sotto minaccia. Anche la scomparsa di Yasser Arafat ha pesato a sfavore dei cristiani.

E questi emigrano. Nello storico “triangolo cristiano” formato da Betlemme e dai due villaggi adiacenti di Beit Jala e Beit Sahur, mezzo secolo fa i tre quarti della popolazione erano battezzati. Oggi a Betlemme i cristiani sono scesi a 6500 su 35000 abitanti, e a Beit Jala e Beit Sahur si sono dimezzati. Il suono delle campane è ovunque sovrastato dagli altoparlanti a tutto volume dei muezzin.

Un segnale forte di questa svolta è stata l’occupazione da parte di musulmani armati della basilica della Natività a Betlemme, nel 2002. In quegli stessi giorni e settimane, altri gruppi armati occuparono a Betlemme altri conventi di religiosi e suore: ma di questo il mondo non ebbe notizia.

Vicino a Betlemme, un piccolo santuario di proprietà della Chiesa greco-ortodossa dedicato ad Al Khadr, un santo venerato sia dai cristiani che dai musulmani e persino dagli ebrei, era meta pacifica fino a pochi anni fa di devoti delle tre religioni. Oggi è in stato di abbandono. “Il prete cristiano tiene chiusa la chiesa perché ha paura che i musulmani gliela prendano per farne una moschea”, ha sussurrato ad Elisa Pinna il custode arabo del santuario.

Un altro greco-ortodosso, un imprenditore di nome Samir Qumsieh, si muove invece controcorrente. Nel 1996 ha fondato a Betlemme una televisione, Al Mahed, la Natività, che assieme a un’emittente libanese è tutt’ora la sola voce televisiva cristiana in tutto il Medio Oriente arabo.

Il suo bacino d’utenza comprende Gerusalemme, Gerico, Ramallah, Hebron, con un milione di spettatori potenziali. Si distinse nel 2002, quando diede costante copertura ai quaranta giorni di occupazione e di assedio della basilica della Natività. “Ebbene, quando l’occupazione finì, l’Autorità Palestinese ci ringraziò tagliandoci la luce e il telefono”, dice oggi Samir Qumsieh.

E padre Pizzaballa ha confermato al “Corriere”: “In queste ultime settimane una banda di Beit Sahur, dove egli ha la casa e l’ufficio, sta cercando di rubargli il terreno dove vorrebbe installare un ripetitore in grado di allargare l’area coperta dall’emittente”.

Del dossier in possesso della Custodia di Terra Santa, Samir Qumsieh è il principale autore. L’ha mandato anche all’Autorità Nazionale Palestinese, quand’era ancora in vita Arafat.

I suoi contenuti li aveva anticipati un anno fa a Elisa Pinna: Per i cristiani qui ormai è una vita di soprusi e di umiliazioni. A comandare sono i ladri di terra. I musulmani si appropriano dei nostri beni e delle nostre proprietà attraverso vere e proprie truffe, compiute con la complicità di funzionari legati all’Autorità Palestinese e alle sue milizie, i tanzim. A Betlemme regna l’illegalità. Prendiamo il caso del dottor Samir Asfour. Aveva ereditato dal padre novemila metri quadrati vicino alla Tomba di Rachele. Ebbene, è saltato fuori un musulmano con un documento falso che rivendicava la terra. E naturalmente il registro comunale di Betlemme gli ha dato ragione”.

E ancora: Sono frequenti i casi di teppismo contro le chiese, da cui portano via i crocifissi. Nel giardino del convento delle suore salesiane hanno distrutto la statua della Vergine Maria. Nel cimitero cristiano di Betlemme hanno violato alcune tombe. Sono apparse scritte contro Hanan Ashrawi, l’ex portavoce dell’OLP, colpevole di essere cristiana e di essere donna”.

Ma non è tutto. Nel dossier è riportato il caso di Rawan William Mansur, [G]una ragazza di 16 anni di Beit Sahur, che nella primavera del 2003 fu violentata da quattro miliziani di Fatah. Nessuno di loro fu arrestato. La famiglia fu costretta a emigrare in Giordania.

Nel 2002 due sorelle della famiglia Amre, di 17 e 19 anni, furono [G]giustiziate a colpi di pistola da un gruppo di uomini vicini all’Autorità Palestinese. L’accusa era di prostituzione. Ma l’autopsia dimostrò due cose: la prima che erano vergini, la seconda che erano state torturate ai genitali con sigarette accese, prima dell’esecuzione.

A Betlemme c’è un istituto cristiano di nome “La Crèche”, la mangiatoia, che prende cura dei neonati abbandonati dai genitori. “Sono i figli di relazioni illegali troncate violentemente dalla sharia, la legge musulmana imperante nei campi profughi”, hanno spiegato ad Elisa Pinna le responsabili dell’istituto. “Il loro numero sta aumentando. Nessuno di questi bambini può essere adottato all’estero. È proibito, l’Autorità Palestinese non vuole. Devono rimanere qui, a Betlemme, restare palestinesi e musulmani”.
10/09/2005 19:13
 
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VATICANO-TURCHIA
La Turchia conferma i preparativi per la visita del Papa





Città del Vaticano (AsiaNews) – Si rafforzano le possibilità che Benedetto XVI possa veder realizzato il suo desiderio di recarsi in visita in Turchia. Il governo turco ha infatti reso noto ufficialmente che sono in corso trattative col Vaticano per definire i termini del viaggio papale che dovrebb svolgersi tra il 28 ed il 30 novembre (gli stessi giorni, 26 anni dopo, della visita di Giovanni Paolo II), anche se di date ancora non si è parlato.

Nei giorni scorsi il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, aveva detto che il Papa “ha intenzione di recarsi in Turchia” per visitare il Patriarcato ecumenico. C'è, aveva specificato, l'invito del patriarcato, manca l'autorizzazione del governo, ma "la stiamo aspettando".

L’invito da parte di Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, c’è praticamente dal giorno dell’elezione dell’attuale papa e, a quanto si sa, dovrebbe riguardare una data che comprende il 30 novembre, giorno della festa di Sant'Andrea, l'apostolo considerato il fondatore di quella

Chiesa.

Per ciò che riguarda il governo turco, oggi un comunicato del Ministero degli esteri afferma che “sono in corso lavori sulle date della visita” e che “la Turchia dà grande importanza alla questione del viaggio di Benedetto XVI”. Il ministero ha anche smentito un’informazione data dal giornale turco Radikal, secondo il quale il Papa avrebbe espresso il desiderio di potersi recare a pregare, ad Istanbul, in Santa Sofia, oggi moschea, un tempo chiesa cristiana. In questo stadio, ha precisato, “non è stato deciso alcun particolare della visita”.

Quanto a Benedetto XVI, all’origine del suo desiderio di recarsi dal primo, anche se solo “in onore” dei patriarchi ortodossi trova la sua ragione nella sua volontà di far progredire il cammino ecumenico, che ha posto tra gli impegni fondamentali dell’intero pontificato.

Non ci si nascondono, però, preoccupazioni di sicurezza. La stampa turca ha molto sottolineato alcune affermazioni dell’allora cardinale Ratzinger non particolarmente favorevole all’ingresso del Paese nella Ue, il che gli è valso talora una qualifica di “nemico”. In Occidente, invece, qualcuno ha già ricordato che in occasione della visita in Turchia di Giovanni Paolo II ci fu un uomo, condannato per omicidio, che dall’interno del carcere lo minacciò di morte. Si chiamava Ali Agca.

12/09/2005 12:13
 
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Arriva il clone...



Il clone umano è arrivato in Africa. Ma i missionari tacciono
O meglio, tacevano. La rivista dell’Università Cattolica di Milano mette sotto accusa il silenzio di missionari e no global di fronte alle nuove embriotecnologie. E accende una discussione



ROMA, 12 settembre 2005 – Ha fatto il giro del mondo un recente servizio della rivista multinazionale “National Geographic” sulle cellule staminali come nuova frontiera della cura delle malattie più invincibili.

La rivista – a suo modo autorevole in quanto riflette e trasmette una sorta di “pensiero unico” della modernità, nella veste grafica più scintillante – riconosce che, tra le cellule staminali, quelle embrionali sollevano problemi morali seri. Clonare e produrre esseri umani per ricavarne linee di cellule staminali embrionali è giudicato da molti inaccettabile, per motivi sia razionali che religiosi. Ciò non toglie che in numerosi laboratori di vari paesi si faccia proprio questo.

La maggior parte dei laboratori di produzione di linee di cellule staminali embrionali – documenta “National Geographic – si trovano negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Svezia, in Spagna, in Israele.

Ma ve ne sono anche, e avanzatissimi, in Corea del Sud, a Singapore, in India, in Iran...

Ossia in quelle che nel linguaggio cattolico sono chiamate “terre di missione”.

Ebbene, cosa pensano, dicono e fanno i missionari cattolici operanti in tali paesi, a fronte di queste nuove embriotecnologie che si sviluppano anche nelle regioni povere del mondo, dove controlli, vincoli e costi sono molto minori?

Per lo più tacciono.

* * *

A denunciare lo “strano silenzio” dei missionari a fronte di clonazioni umane e utilizzo degli embrioni è arrivato nei giorni scorsi un articolo – su una rivista cattolica ufficiale – scritto da un esperto del ramo.

La rivista è quella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, “Vita e Pensiero”.

Mentre l’autore dell’articolo è Gerolamo Fazzini, esperto di questioni internazionali nonché condirettore di “Mondo e Missione”, il mensile del Pontificio Istituto Missioni Estere.

Alla provocazione di Fazzini ha reagito il 3 settembre – in un’intervista al quotidiano della conferenza episcopale italiana, “Avvenire” – un missionario italiano dei più celebri, Alex Zanotelli, comboniano, in passato direttore di un’altra rivista missionaria importante, “Nigrizia”, poi partito per l’Africa e oggi leader di punta del movimento pacifista e no global.

Nell’intervista, padre Zanotelli ammette che silenzio c’è stato, anche da parte sua:

Dico la verità: è la prima volta che ragiono su queste cose”.

Spiega così il disinteresse di tanti missionari, circa le nuove embriotecnologie:

Il missionario sul campo spesso non è abbastanza cosciente, perché queste evoluzioni si percepiscono meglio in ambienti urbani e culturalmente preparati; mentre noi lavoriamo in campagna e tra i poveri. In tema di manipolazioni del corpo umano ho presente solo una mobilitazione sulla vendita di organi, oltre che sull’aborto. È vero: su certe cose siamo sensibili e su altre molto meno”.

Ma vede anche i segni di una nuova sensibilità:

Girando per l’Italia mi sono reso conto quanto stia crescendo nel mondo cattolico il principio della difesa della vita. In ogni situazione”.

E auspica fin da subito “una campagna del mondo missionario contro le manipolazioni genetiche nel Sud del mondo”. Perché, spiega:

Gli eccessi delle biotecnologie verranno pagati dalla gente, che diventerà un esubero o una cavia. Fino a ieri i poveri venivano usati come manodopera a basso prezzo, adesso non servono più. E questa è la stessa idea della manipolazione genetica: usare l’uomo. L’Africa invece è il polmone antropologico dell’umanità: là sono state le origini dell’umanità e là c’è ancora una straordinaria vitalità che costituisce una ricchezza biologica anche per l’Occidente triste e necrofilo. Altro che le provette”.
16/09/2005 15:04
 
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Prete sposato, anglicano cattolico.....
SPAGNA:CHIESA ACCOGLIE PRETE SPOSATO CON BENEDIZIONE RATZINGER (AGI)



Madrid, 22 ago. - Evans David Gliwitzki, pastore anglicano sposato e con due figli, e' stato ordinato sacerdote della Chiesa Cattolica. La cerimonia e' avvenuta nella chiesa di Nuestra Senora de la Concepcion de La Laguna, e -secondo il vescovo di Tenerife, Felipe Fernandez, e' "un'eccezione molto particolare" e il caso non costituisce il primo passo verso l'abolizione del celibato nella Chiesa Cattolica. Il prelato di Tenerife ha spiegato che fu proprio Papa Joseph Ratzinger, quando era ancora cardinale e responsabile della Congregazione per la Dottrina della Fede, a chiedere a Giovanni Paolo II di ordinare sacerdote cattolico il pastore anglicano.
Figlio di un cattolico polacco sposato con un'anglicana, Gliwitzki -oggi, 'padre Evans'- e' nato nello Zimbabwe, dove ha vissuto la gran parte dei suoi 64 anni. Oggi residente a La Laguna (Tenerife), il ministro anglicano entro' in contatto con l'attuale Papa, Benedetto XVI, grazie ai frequenti viaggi a Roma come membro della delegazione anglicana impegnata nei colloqui con il Vaticano per avvicinare le due confessioni cristiane. Per la Spagna si tratta del primo ministro anglicano che riceve l'ordine sacerdotale cattolico.
26/09/2005 14:13
 
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Il miracolo di San Gennaro
19 settembre 2005 - Si è ripetuto questa mattina a Napoli il miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro. L’evento, nel giorno in cui si ricorda il XVII centenario del martirio del santo.


San Gennaro, il miracolo si ripete
ma è polemica tra fede e scienza
La Curia: "Tanti hanno provato a dare una spiegazione razionale
ma il fenomeno non avviene ogni volta che si prendono le boccette
"





Il cardinal Giordano con l'ampolla del sangue di San Gennaro
NAPOLI - Oramai è un appuntamento per tutti, fedeli e atei, napoletani e non: la liquefazione del sangue di San Gennaro. E il "miracolo" come ogni volta solleva polemiche a non finire, con i razionalisti che forniscono spiegazioni scientifiche e la curia che le respinge.

Oggi nella cattedrale di Napoli alle 9,56 il cardinale Michele Giordano ha dato la notizia che in molti attendevano con il fiato sospeso: il prodigio si era ripetuto. Dunque, per i fedeli partenopei, un buon auspicio per la città e per il paese.

Ma subito gli scettici hanno fatto sentire la loro voce: nelle ampolle non ci sarebbe sangue ma un composto chimico a base di ferro, preparato nel medioevo. Insomma, secondo il Cicap, (il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, fondato tra gli altri da Piero Angela e Margherita Hack), si tratterebbe di una sorta di gel allo stato solido quando è fermo, ma che diventa liquido non appena si agita.

"Sono anni e anni - ha tagliato corto un portavoce della curia - che la stessa 'ricetta' viene riproposta a scadenze più o meno regolari. Altri studiosi hanno tesi diverse e nei secoli scorsi in tanti hanno provato a spiegare razionalmente il fenomeno. La verità è che nessuna di queste presunte spiegazioni riesce a riprodurre esattamente quanto avviene nelle ampolline di San Gennaro".

Il punto di forza del ragionamento della curia è che talvolta il sangue non si è sciolto anche se le ampolline sono state più volte agitate. E che per la Chiesa il fenomeno è inspiegabile lo ha ribadito oggi, nel corso dell'omelia della messa Pontificale celebrata nella cattedrale di Napoli, il nunzio apostolico in Italia, monsignor Paolo Romeo: "L'inspiegabilità scientifica del fenomeno è stata comprovata anche dalle ricerche più recenti".

Secondo la tradizione il "miracolo" della liquefazione del sangue avviene tre volte l'anno: il 19 settembre (solennità liturgica del santo), il sabato che precede la prima domenica di maggio (cerimonia che ricorda le diverse traslazioni delle reliquie) e il 16 dicembre (anniversario dell'eruzione del 1631, bloccata dopo le preghiere al patrono). E l'appuntamento di quest'anno è giunto in un momento particolare: ricorrono infatti ben 17 secoli dal martirio del santo che era vescovo della chiesa di Benevento che avvenne, secondo la tradizione, nel lontano 305.
26/09/2005 20:28
 
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Re: Il miracolo di San Gennaro

Scritto da: Ratzigirl 26/09/2005 14.13
19 settembre 2005 - Si è ripetuto questa mattina a Napoli il miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro. L’evento, nel giorno in cui si ricorda il XVII centenario del martirio del santo.


San Gennaro, il miracolo si ripete
ma è polemica tra fede e scienza
La Curia: "Tanti hanno provato a dare una spiegazione razionale
ma il fenomeno non avviene ogni volta che si prendono le boccette
"





Il cardinal Giordano con l'ampolla del sangue di San Gennaro
NAPOLI - Oramai è un appuntamento per tutti, fedeli e atei, napoletani e non: la liquefazione del sangue di San Gennaro. E il "miracolo" come ogni volta solleva polemiche a non finire, con i razionalisti che forniscono spiegazioni scientifiche e la curia che le respinge.

Oggi nella cattedrale di Napoli alle 9,56 il cardinale Michele Giordano ha dato la notizia che in molti attendevano con il fiato sospeso: il prodigio si era ripetuto. Dunque, per i fedeli partenopei, un buon auspicio per la città e per il paese.

Ma subito gli scettici hanno fatto sentire la loro voce: nelle ampolle non ci sarebbe sangue ma un composto chimico a base di ferro, preparato nel medioevo. Insomma, secondo il Cicap, (il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, fondato tra gli altri da Piero Angela e Margherita Hack), si tratterebbe di una sorta di gel allo stato solido quando è fermo, ma che diventa liquido non appena si agita.

"Sono anni e anni - ha tagliato corto un portavoce della curia - che la stessa 'ricetta' viene riproposta a scadenze più o meno regolari. Altri studiosi hanno tesi diverse e nei secoli scorsi in tanti hanno provato a spiegare razionalmente il fenomeno. La verità è che nessuna di queste presunte spiegazioni riesce a riprodurre esattamente quanto avviene nelle ampolline di San Gennaro".

Il punto di forza del ragionamento della curia è che talvolta il sangue non si è sciolto anche se le ampolline sono state più volte agitate. E che per la Chiesa il fenomeno è inspiegabile lo ha ribadito oggi, nel corso dell'omelia della messa Pontificale celebrata nella cattedrale di Napoli, il nunzio apostolico in Italia, monsignor Paolo Romeo: "L'inspiegabilità scientifica del fenomeno è stata comprovata anche dalle ricerche più recenti".

Secondo la tradizione il "miracolo" della liquefazione del sangue avviene tre volte l'anno: il 19 settembre (solennità liturgica del santo), il sabato che precede la prima domenica di maggio (cerimonia che ricorda le diverse traslazioni delle reliquie) e il 16 dicembre (anniversario dell'eruzione del 1631, bloccata dopo le preghiere al patrono). E l'appuntamento di quest'anno è giunto in un momento particolare: ricorrono infatti ben 17 secoli dal martirio del santo che era vescovo della chiesa di Benevento che avvenne, secondo la tradizione, nel lontano 305.



Mi piacerebbe sapere cosa pensa Papa Ratzinger di questo "miracolo di San Gennaro",dato che lui è notoriamente scettico sulla maggior parte dei presunti miracoli.[SM=g27821]
RATZI FOREVER

Suor RATZGIRL
Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
27/09/2005 20:47
 
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Nell’Hebei nuova ondata di persecuzione contro i cattolici
di Xing Guofang


Mentre i rapporti tra Vaticano e Pechino sembrano dare segni di miglioramento, nella regione dove maggiore è il numero di cattolici, vescovi e sacerdoti vengono costretti sotto la minaccia delle armi a iscriversi all’Associazione patriottica.



Pechino (AsiaNews) – Mentre si registra qualche segno di miglioramento nei rapporti fra Vaticano e Cina, il governo dell’Hebei ha lanciato una nuova campagna di persecuzione contro la Chiesa cattolica clandestina in tutta la regione. La campagna mira a far registrare tutti i cattolici, e soprattutto vescovi e preti, all’Ufficio statale per gli affari religiosi e a farli iscrivere all’Associazione patriottica. “Sembrano tornati – a giudizio di alcuni fedeli – i tempi della rivoluzione culturale, con l’intransigenza e la persecuzione”.

L’Hebei è la regione in Cina con la massima densità di cattolici (oltre 1,5 milioni), dove i cattolici clandestini (non riconosciuti dal governo) sono la forte maggioranza. La campagna è sostenuta dall’Ufficio affari religiosi e dalla polizia. Alcuni rappresentanti del governo hanno detto ai vescovi non ufficiali che “d’ora in poi tutto il clero, per distribuire i sacramenti, deve avere una speciale tessera concessa dal governo”. Il motivo di tutto ciò è – secondo tali rappresentanti – di unire la Chiesa clandestina e quella ufficiale che, in ubbidienza alle indicazioni della Santa Sede, tendono sempre di più a collaborare e unirsi. Molti vescovi della Chiesa non ufficiale hanno dato indicazione di partecipare all’eucarestia con le comunità ufficiali. Fino a pochi anni fa una simile indicazione sarebbe stata impensabile.

Alle pressioni poliziesche nell’Hebei, i vescovi hanno risposto che loro possono accettare la tessera dal governo, ma è impossibile chiedere loro di unirsi a forza alla Chiesa ufficiale perché questo implica l’iscrizione all’Associazione patriottica. L’AP è un’organizzazione a servizio del partito per controllare i fedeli. Uno dei suoi scopi, fissato nel suo statuto, è quello di far crescere e fiorire una chiesa nazionale, staccata dal legame con la Santa Sede. Il rifiuto dei vescovi a parteciparvi è dunque motivato dalla fede e dalla legge canonica. Nel braccio di ferro che ne è nato, i rappresentanti del governo minacciano la prigione per tutti.

I vescovi hanno chiesto ai rappresentanti del governo di lasciarli liberi di trovare loro stessi i modi e i tempi per costruire l’unità. I rappresentanti hanno risposto che essi vogliono l’unità adesso e non in futuro e hanno minacciato con le armi chi disobbedisce. Un vescovo si è sentito dire: Noi siamo comunisti, abbiamo fucili e siamo armati!”, proprio come, commenta, avrebbero fatto dei mafiosi.

Secondo molti fedeli dell’Hebei lo zelo di polizia e rappresentanti governativi si spiega solo con una ragione: se riusciranno a sbaragliare la Chiesa non ufficiale facendola rifluire nell’AP, riceveranno un premio dal governo centrale.

Ma vi è un’altra ragione nascosta: l’unità non viene realizzata dalla pazienza e dalla libertà delle comunità, ma imposta dall’esterno, lasciando intendere che per realizzarsi essa necessita sempre della forza di un Ufficio per gli affari religiosi e di un’Associazione patriottica. “Se noi ci uniamo da soli – dice un vescovo ad AsiaNews – loro perdono il lavoro e il salario perché non c’è più nulla da controllare”.

Mentre la Cina attende le Olimpiadi e progredisce nel XXI secolo, nell’Hebei la persecuzione ricorda ancora lo stile del Partito comunista degli anni ’50 sotto Mao Zedong; questi atteggiamenti stalinisti “fanno fare brutta figura al governo”, dicono i fedeli. Se i vescovi saranno sbattuti in carcere, essi concludono, non ci resta che fare appello al mondo, come è stato fatto per quelli all’origine della campagna di AsiaNews, e accusare il governo dell’Hebei.


[Se questa non è repressione....[SM=g27825] [SM=g27825] [SM=g27825] ]

02/10/2005 02:44
 
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I 4 vescovi cinesi non verranno al Sinodo



Roma (AsiaNews) – I vescovi cinesi non verranno al Sinodo. Nessuno di loro fino ad oggi ha ricevuto il passaporto e il permesso di lasciare il paese: lo hanno comunicato stamattina ad AsiaNews. C’è solo “una speranza, ma molto piccola”, per mons. Lucas Li Jingfeng, vescovo di Fengxiang.

In occasione del Sinodo sull’Eucaristia, che si tiene a Roma dal 2 al 23 ottobre, Benedetto XVI aveva nominato come membri 4 vescovi cinesi. Essi sono: mons. Antonio Li Duan, arcivescovo di Xian e mons. Aloysius Jin Luxian, vescovo di Shanghai, entrambi riconosciuti dal governo; mons. Giuseppe Wei Jingyi, vescovo di Qiqihar, non riconosciuto dal governo. Il quarto è mons. Luca Li Jingfeng, vescovo di Fengxiang (Shaanxi), riconosciuto dal governo solo un anno fa.

Fedeli di Qiqihar hanno detto ad AsiaNews che il loro vescovo senz’altro non verrà. Proprio oggi il governo locale gli ha ripetuto che non darà né il permesso, né il passaporto. Essi hanno anche detto che su questo divieto “sono d’accordo la Cina e il Vaticano”. Da quando mons. Wei, 47 anni, ha ricevuto la lettera-invito del papa, il vescovo è andato tutti i giorni a chiedere di ricevere il passaporto, ma gli è stato sempre negato. Intanto mons. Wei ha scritto a Benedetto XVI ringraziandolo per l’onore concesso a lui e al popolo cinese.

Sui motivi del divieto il governo locale ha spiegato che “tutto dipende dai rapporti diplomatici fra Cina e Vaticano; finché non ci saranno rapporti, sarà difficile organizzare questi viaggi”. Ma membri del governo hanno fatto capire che l’opposizione più forte alla presenza dei vescovi al Sinodo viene dall’Associazione Patriottica.

Dopo la pubblicazione della lista dei membri, Liu Bainian, vice presidente e segretario generale dell’AP aveva dichiarato che il Vaticano era stato “scortese” perché aveva invitato i vescovi senza passare attraverso i canali ufficiali che gestiscono gli affari della Chiesa, e cioè l’Associazione Patriottica e il consiglio dei vescovi cinesi.

L’Associazione Patriottica è un organismo non ecclesiale, di cui fanno parte membri atei legati al Partito comunista, il cui scopo è il controllo della chiesa – anche economico – e la crescita di una chiesa indipendente dalla Santa Sede.

Anche il vescovo di Shanghai, mons. Jin Luxian afferma che la personalità più negativa e contraria all’andata dei vescovi a Roma è Liu Bainian. Diversa è invece la posizione del direttore dell’Ufficio affari religiosi Ye Xiaowen. Durante un viaggio ad Hong Kong, oltre una settimana fa, egli aveva dichiarato che “difficilmente i vescovi invitati andranno a Roma”, ma che vi “erano ancora spazi per il dialogo con la Santa Sede”. A differenza di Liu Bainian, che considera una “scortesia” l’invito del Vaticano, Ye ha detto che la considera un gesto di “amicizia di Benedetto XVI verso la Cina”.

Ma la conclusione è la stessa: anche mons. Jin Luxian fino ad oggi non ha ricevuto il passaporto. Mons. Jin ha detto ad AsiaNews che Ye “è tuttora in dialogo con la Santa Sede per trovare una soluzione. C’è ancora una speranza, ma è molto piccola”. Mons. Jin, 89 anni, pensa personalmente di non poter venire a Roma: da un anno e mezzo gli è stata scoperta un’angina al cuore che non gli permette di viaggiare. Mons. Jin dice che la lentezza e le difficoltà con cui Pechino risponde a tale richiesta dipende dall’incomprensione reciproca fra Cina e Santa Sede: “il governo non capisce il Vaticano; il Vaticano non capisce il governo cinese”. Il vescovo di Shanghai ha annunciato che per la fine di ottobre a Shanghai è atteso il card. McCarrick, arcivescovo di Washington. “Spero tanto che questa visita appiani tante incomprensioni”, ha detto ad AsiaNews. Intanto dovete pregare molto per la Cina: la politica è potente, ma Dio è ancora più potente”.

Mons. Antonio Li Duan, arcivescovo di Xian, 78 anni, ha sottolineato che il primo motivo per cui egli non può venire a Roma è la sua salute: “Ho un cancro che non mi permette nemmeno di stare in piedi, mi è proprio impossibile viaggiare”. Egli ha anche aggiunto che il governo non si è pronunciato e che ha “sentito” che vi sono ancora colloqui e discussioni fra Vaticano e governo sulla questione, ma “il tutto non mi è molto chiaro”.

Anche mons. Lucas Li Jingfeng, vescovo di Fengxiang, non ha ancora ottenuto il passaporto e il permesso per viaggiare. Ma è quello che ha più speranza. Pur avendo 84 anni, egli è in buona salute e ha un rapporto buono con le autorità dello Shaanxi. Domani, 1 ottobre, festa nazionale in Cina, i rappresentanti del governo provinciale gli faranno visita.

Ad AsiaNews ha detto: “Questo invito è un buon passo del papa Benedetto per migliorare i rapporti con la Cina: è un grande segno di amicizia e di stima verso la Chiesa in Cina”. Mons. Li Jingfeng difende il Vaticano, che non ha invitato i 4 membri del Sinodo attraverso l’AP e il consiglio dei vescovi: “Questo invito viene dall’organismo più alto della Chiesa, non c’è bisogno di permessi dall’AP e dal consiglio dei vescovi cinesi. Essendo un invito così pubblico e internazionale, occorre certo un approvazione del governo, ma non dall’AP”.

Liu Bainian e Ye Xiaowen avevano detto che una delle difficoltà per dare il permesso sarebbe la presenza contemporanea di vescovi di Taiwan e della Cina popolare. Mons. Li è candido: “Ho detto alle autorità: il Papa è pastore universale. Egli invita vescovi cinesi da ogni luogo: Cina continentale, Hong Kong,Taiwan, … e il Sinodo non è un fatto politico, ma religioso”.


03/10/2005 18:37
 
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I Vescovi nigeriani chiedono il ritiro di un corso sul sesso nei licei, perché “dannoso”



BENIN CITY, lunedì, 3 ottobre 2005


I Vescovi della Nigeria chiedono al Governo il ritiro di un corso di “Educazione Sessuale” inadatto al livello di maturità degli studenti liceali, dannoso per il loro sviluppo etico ed estraneo alla cultura e alle tradizioni africane.

La questione è tra le fonti di preoccupazione raccolte in un comunicato (“Towards Mature Nationhood”) diffuso al termine dell’Assemblea Plenaria della Conferenza dei Vescovi Cattolici della Nigeria (CBCN), svoltasi a Benin City dal 12 al 16 settembre.

Siamo preoccupati per la recente decisione del Governo federale della Nigeria di introdurre nella scuola secondaria inferiore e superiore un corso di Educazione Sessuale dannoso per lo sviluppo etico e morale dei giovani”, si legge nel testo dell’episcopato, firmato dall’Arcivescovo John Onaiyekan – di Abuja, Presidente della CBCN – e dal Segretario dell’organismo, il Vescovo Lucius Ugorji – di Umuahia.

I presuli ritengono che questo corso “non tenga nella dovuta considerazione il livello di sviluppo e maturità dei giovani”, né “la cultura e le tradizioni africane”.

“Desideriamo sottolineare che l’educazione alla sessualità deve essere preferita alla semplice educazione al sesso e che un’educazione di questo tipo non può essere dissociata da principi morali – si legge nel comunicato –. L’educazione alla sessualità affronta il sesso nel contesto dell’amore umano genuino, della famiglia e del rispetto per la vita”.

I presuli ricordano che “i genitori sono i primi insegnanti dei loro figli per quanto riguarda la sessualità” e che la famiglia “fornisce il contesto di dialogo, fiducia, apertura e rispetto idoneo a questo tipo di educazione”, per cui “la funzione della scuola è quella di sostenere ed affiancare questo sforzo”.

“Chiediamo che il Governo ritiri il corso”, scrivono i presuli, esortando anche i genitori, gli insegnanti, i giovani, le organizzazioni e le altre persone di buona volontà a rifiutare “ogni programma che separi l’educazione alla sessualità dai dettami della coscienza e dell’ordine morale”.

Il messaggio afferma che i Vescovi sono disposti a collaborare con il Governo e con gli altri responsabili del settore educativo “per studiare un corso più accettabile”.

Allo stesso modo, i presuli annunciano che verranno intensificati a livello diocesano e parrocchiale i programmi di preparazione al matrimonio “in vista del consolidamento dei valori del matrimonio e della vita familiare”.

Nel comunicato, il Vescovi sottolineano altre preoccupazioni relative alla vita sociale – come l’aumento della violenza, anche contro le chiese –, economica o politica del Paese, che si avvia verso le elezioni politiche del 2007.

In quella data terminerà il mandato del Presidente Olusegun Obasanjo e della maggior parte dei governanti degli Stati della Nigeria, Paese con più di 128 milioni di abitanti (per il 50% musulmani, per il 40% cristiani).

Per questo motivo, i Vescovi esortano Obasanjo ad impiegare l’ultimo periodo del suo incarico “per predisporre una struttura politica più idonea che limiti i tragici esempi di illegalità e i manifesti episodi criminali del passato, assicurando anche elezioni libere e oneste”.

I presuli concludono ringraziando per l’Anno dell’Eucaristia, che si chiuderà il 23 ottobre prossimo insieme al Sinodo dei Vescovi. “Ringraziamo Dio per le grazie che abbiamo ricevuto durante quest’anno come Chiesa e come Nazione”, affermano.

I religiosi assicurano anche il loro ricordo e la loro costante preghiera per Giovanni Paolo II – “che provava un grande affetto per i Nigeriani, dimostrato dalle sue due visite pastorali nel Paese” –, così come pregano per il suo successore, Benedetto XVI.

Il testo integrale del comunicato “Towards Mature Nationhood” della CBCN è stato diffuso mercoledì scorso dalla Congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei Popoli, sulla cui pagina web è possibile consultare il testo in inglese
04/10/2005 01:57
 
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L’Arcivescovo di New Orleans fa di Internet un punto di incontro per gli sfollati
NEW ORLEANS, lunedì, 3 ottobre 2005




Consapevole delle difficoltà di comunicazione tra gli evacuati di New Orleans – sparsi per gli Stati Uniti – e la sua arcidiocesi, l’Arcivescovo locale sta facendo di Internet un punto di incontro e informazione per tutte le vittime dell’uragano Katrina, che ha colpito la regione costiera del sud del Paese.

In una lettera inviata ad un mese dalla catastrofe, monsignor Alfred Clifton Hughes, che condivide la condizione di evacuato, invita i suoi fedeli di New Orleans ad accedere alla pagina web dell’arcidiocesi (www.archdiocese-no.org) per avere informazioni aggiornate.

“Anche se non avete la possibilità di accesso diretto, forse è possibile attraverso qualche vostro conoscente”, afferma nel suo messaggio, del quale si è fatta eco giovedì la Congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei Popoli (www.evangelizatio.org), diffondendola integralmente.

Nella web diocesana spicca la richiesta a tutti i parrocchiani attuali e precedenti di tutte le parrocchie dell’arcidiocesi di New Orleans di riempire un questionario per elaborare un censo della Chiesa locale. Si prega di indicare la propria situazione attuale e le intenzioni di tornare nella parrocchia di origine.

Ciò risponde alla forte preoccupazione dell’arcidiocesi volta a far sì che i parrocchiani riescano a far fronte alle proprie necessità, visto che si stanno pianificando i bisogni dei fedeli e il futuro della circoscrizione ecclesiastica.

“Come Arcivescovo di New Orleans e come voi evacuato condivido le vostre sofferenze, vi ricordo nelle mie preghiere e vi aiuterò nelle vostre necessità”, ha scritto monsignor Hughes.

“Sono particolarmente grato al Vescovo Muench e alla diocesi di Baton Rouge per il modo straordinario in cui hanno ricevuto più di 200.000 abitanti di New Orleans e hanno favorito lo sviluppo di un’amministrazione centrale in esilio per l’arcidiocesi”, ha aggiunto.

Nella sua “Lettera agli sfollati di New Orleans”, l’Arcivescovo Hughes riconosce che “l’uragano Katrina ha provocato enormi sofferenze per la devastante perdita di vite, case, chiese, scuole e forme di vita”.

“La nostra prima preoccupazione – ha ammesso – è stata per la gente: il suo soccorso, le sue necessità fisiche fondamentali, l’assistenza medica e la comunicazione con i propri cari”.

Per questo motivo, esprime la sua soddisfazione per “lo straordinario lavoro che stanno svolgendo le organizzazioni cattoliche di New Orleans insieme ai servizi della comunità cattolica di Baton Rouge e ad altri enti di assistenza”.

Il presule conferma anche gli sforzi che si stanno compiendo perché tornino in funzione quante più parrocchie e scuole dell’arcidiocesi possibili; un’evoluzione che si può seguire sulla web arcidiocesana.

L’Arcivescovo Hughes ha poi espresso la propria fiducia nel fatto che i pastori delle zone più colpite “continuino a cercare i propri parrocchiani disseminati e a far fronte alle loro necessità”.

Allo stesso tempo, ringrazia anche tutti i sacerdoti che hanno aiutato nei compiti di ricerca e soccorso e nella consolazione dei familiari delle vittime, assistendo gli evacuati in città in cui c’è un’alta concentrazione di abitanti di New Orleans.

“Anche se per l’immediato futuro sarà necessario continuare a guidare la Chiesa da Baton Rouge, stiamo cercando tutti i modi possibili per essere pastoralmente presenti in quelle comunità che hanno ripreso qualche attività, oltre che in quelle sfollate”, ha confermato.

Nel suo programma di visite e celebrazioni del fine settimana in questa area, come “segno di resurrezione della Chiesa a New Orleans”, il presule ha infatti presieduto domenica l’Eucaristia nella cattedrale di St. Louis, la prima che si celebra nella chiesa cattolica del Quartiere Francese da quando l’uragano ha colpito la città.

Il 30% degli abitanti di New Orleans è cattolico.

07/10/2005 15:34
 
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Progetto cinematografico sulle apparizioni della Vergine in Ruanda


Sostenuto da “Aiuto alla Chiesa che Soffre”

KÖNIGSTEIN, venerdì, 7 ottobre 2005 (ZENIT.org).- L’Opera di Diritto Pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (AIN) sta sovvenzionando un progetto per la realizzazione di una pellicola su Kibeho – meta di pellegrinaggi in Ruanda – e le apparizioni della Vergine Maria nel Paese africano.

“Anche se Kibeho non è un santuario molto conosciuto nel mondo, è l’unico luogo di pellegrinaggio in Africa in cui ci siano state apparizioni della Vergine riconosciute dalla Chiesa. Potrebbe, quindi, paragonarsi a Guadalupe, Lourdes o Fatima”, ha affermato giovedì Christine du Coudray, a capo della sezione africana di ACS, di ritorno da un viaggio in Ruanda.

“Nostra Signora dei Dolori è apparsa lì tra il 1981 e il 1983 e quanti l’hanno vista sono ancora vivi e hanno già più di quarant’anni”, ha ricordato, secondo quanto citato dall’associazione cattolica internazionale in un comunicato inviato a ZENIT.

Il film che ACS sta finanziando “sarà un regalo per la Chiesa bisognosa del Ruanda, dove fino ad oggi la violenza ha fatto parte della vita quotidiana”, ha constatato.

“Nonostante la crudeltà che domina il Paese”, la du Coudray ha aggiunto che “Kibeho è un luogo di preghiera e riconciliazione. Questo è un messaggio per l’Africa e per il mondo”.

In presenza di tutti i Vescovi del Ruanda, del Nunzio apostolico, delle autorità civili e di numerosi sacerdoti, religiosi e fedeli, poco più di due anni fa il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il Cardinale Crescenzio Sepe, ha consacrato a Kibeho il santuario mariano dedicato a Nostra Signora dei Dolori.

Il luogo, dove dal 1981 la Vergine Maria è apparsa in varie occasioni, è meta di pellegrinaggi nazionali, ma anche internazionali.

In base al racconto dei veggenti, la Vergine è apparsa e si è presentata in lingua locale come “Nyina wa Jambo” – “Madre del Verbo” –, invitando alla conversione, alla preghiera e al digiuno.

In una sola occasione ha mostrato immagini forti: un fiume di sangue, persone che si uccidevano e cadaveri abbandonati senza che nessuno li seppellisse.

Negli anni successivi la terribile visione è stata collegata al genocidio che ha sconvolto il Ruanda dal 1994 al 1995, e che ha visto in Kibeho uno degli scenari più sanguinosi.

Secondo i responsabili di ACS per l’Africa, in questo momento “ciò di cui la Chiesa ruandese ha più bisogno è l’aiuto nella formazione di sacerdoti, religiosi e catechisti laici, così come nella costruzione di edifici ecclesiali e, in particolare, di una nuova cattedrale per i pellegrinaggi a Kibeho”.

07/10/2005 21:24
 
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Re: I Vescovi nigeriani chiedono il ritiro di un corso sul sesso nei licei, perché “dannoso”

Scritto da: Ratzigirl 03/10/2005 18.37



BENIN CITY, lunedì, 3 ottobre 2005


I Vescovi della Nigeria chiedono al Governo il ritiro di un corso di “Educazione Sessuale” inadatto al livello di maturità degli studenti liceali, dannoso per il loro sviluppo etico ed estraneo alla cultura e alle tradizioni africane.




Questo è assurdo: l'Africa è devastata dalle malattie, un corso simile non può far che bene. Spero non si mettano a predicare la castità, visto che non servirebbe a niente. Devono spiegare i modi per difendersi dalle malattie, non la morale. La quale, si sa, varia da persona a persona

Sayonara
Un naufragio può rovinarti la giornata (Tucidide)

A Beethoven e Sinatra preferisco l'insalata
A Vivaldi l'uva passa che mi dà più calorie (F. Battiato)



(\__/)
(='.'=)Questo è un Bunny.Ho deciso di aiutarlo nella sua
(")_(") missione di conquista del mondo. COPIA E INCOLLA NELLA TUA FIRMA PER AIUTARLO NEL SUO INTENTO!!!!!!!!!!XDD

08/10/2005 01:27
 
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STATI UNITI: CODICE DA VINCI

La Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (Usccb) ha commissionato un film documentario per denunciare le infondatezze contenute nel romanzo di Dan Brown "Codice Da Vinci". Ne dà notizia il quotidiano locale "Tribune" di South Bend nell'Indiana. La realizzazione del film sarà affidata a New Group Media di South Bend, mentre la regia sarà affidata a Christopher Salvador. La suora francescana Judith Zielinski realizzerà i testi.
Le riprese del documentario si svolgeranno in Terra Santa, in Grecia, in Turchia e in Italia. "Gesù decodificato: inquadratura cattolica del Codice da Vinci" è il probabile titolo del film, che si spera possa uscire prima della pellicola che sul "Codice da Vinci" ha realizzato il regista Ron Howar con la partecipazione di Tom Haanks. Tre sono i temi sui quali il film documentario accentrerà l'attenzione. Vale a dire Gesù e Maria Maddalena, lo sviluppo del canone scritturistico, il ruolo della donna nella Chiesa primitiva.

08/10/2005 13:45
 
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Allarme Islam: Gesù vietato alle cristiane
Il problema non è per niente secondario. E i vescovi presenti al Sinodo sull'eucaristia lo sanno. Non a caso, infatti, quando monsignor Michel Christian Cartatéguy, vescovo di Niamey, nel Niger, ne ha parlato, tutti hanno rizzato le orecchie per ascoltarlo attentamente. È stato lui, infatti, a tirar fuori in maniera diretta le difficoltà che tante donne cristiane sposate con uomini musulmani hanno nell'accedere alla comunione. L’Islam accetta i matrimoni misti: l’uomo può sposare una donna di fede diversa, perché per lui è un dovere rispettare la fede e la pratica di sua moglie e provvedere ai suoi bisogni. Mentre non è possibile l'inverso: una musulmana non può unirsi con un uomo di un'altra religione poiché, non preoccupandosi del suo sostentamento materiale, potrebbe trovarsi in una situazione in cui il responsabile del focolare domestico non riconosce la sua fede, la sua pratica e le esigenze generali e particolari della sua religione. Il problema dell’"intolleranza religiosa" è rilevante soprattutto nei Paesi a maggioranza musulmana dove «le donne cristiane - sono parole di Cartatéguy - che sono sposate con dei musulmani sono sovente escluse dalla comunità musulmana e dalla comunità cristiana». «La donna cristiana - ha aggiunto Cartatéguy - non può ricevere il sacramento del matrimonio» e, allo stesso modo, «difficile per un musulmano partecipare ad un atto cristiano. In questo modo, le donne cristiane sposate a musulmani sono per sempre escluse dalla comunione sacramentale». Il problema è enorme soprattutto perché il rischio, frequente, è che la donna, sentendosi non integrata nella comunità in cui vive, possa sentire una forte spinta a cedere e cioè a convertirsi all'Islam. Certo, la dottrina cattolica insegna che in situazioni del genere è opportuno che la donna mantenga la propria fede e accetti semplicemente di fare la «comunione spirituale» ma - si è domandato il presule - «per vivere la comunione nella sua pienezza non bisogna anche comunicarsi?». E ancora: «Non ci sono mezze misure in questo campo, l'eucaristia è un incontro sensibile con Gesù Cristo. C'è la possibilità per un vescovo di permettere a queste donne di partecipare all'eucaristia?».
La domanda non è secondaria. L'intreccio tra cultura cristiana e religione musulmana è divenuta una caratteristica costante anche in Occidente. E l'eucaristia si trova nel bel mezzo di questa situazione. Essa è - come ha ricordato il patriarca di Venezia, Angelo Scola, nella sua relazione introduttiva al Sinodo - un dono e come tale non è «né un diritto né un possesso». Che tradotto significa: laddove non è possibile comunicarsi è necessario accettare di unirsi a Cristo soltanto spiritualmente tramite, appunto, la comunione spirituale.
Esplicito il vicepresidente della Conferenza episcopale turca, monsignor Luigi Padovese: «Nonostante il fatto che in Turchia ci sia la libertà di culto, i cristiani incontrano alcuni problemi nel celebrare le messe. Disgraziatamente - ha raccontato - ho dovuto chiudere cinque giorni fa la chiesa di Adana, perchè il Comune di Adana non mette in pratica una legge statale che prevede un congruo spazio tra il luogo di culto e l'abitato». E ancora. «A Tarso esiste una chiesa-museo: non ci è possibile celebrare l'eucaristia senza dover chiedere un permesso scritto. Quando arrivano gruppi, improvvisamente, la cosa riesce estremamente difficile. Credo che da parte della comunità cattolica, ma direi anche da parte della comunità cristiana, occorre far sentire la nostra voce affinchè in luoghi così significativi per noi cristiani ci sia un posto dove poter celebrare l'eucaristia senza chiedere permessi».
14/10/2005 01:54
 
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Cina: muore il Vescovo Chang, per quasi un quarto di secolo in prigione perché fedele al Papa


Ha affidato al Cuore Immacolato di Maria la protezione della sua diocesi di Hanyang

HANYANG, giovedì, 13 ottobre 2005


A 90 anni d’età, il Vescovo “clandestino” Peter Chang (Zhang) Bai Ren – di Hanyang, nella provincia cinese centro-orientale dell’Hebei –, la cui lealtà al Papa gli è costata 24 anni di prigione, è morto mercoledì per una malattia cardiaca.

In un comunicato inviato a ZENIT, “The Cardinal Kung Foundation” ha confermato la notizia e ha fornito il racconto della sua persecuzione scritto dallo stesso presule.

Il Vescovo Chang è nato il 14 febbraio 1915; nel 1926 è entrato in Seminario e dieci anni dopo nel Seminario maggiore. Laureato in Teologia presso il Pontificio Collegio Urbano di Roma, è stato ordinato sacerdote il 19 dicembre 1942, per poi essere consacrato nel 1986.

Il presule ricordava nei suoi scritti risalenti al 1997: “Quando sono arrivato nella diocesi di Hanyang il 16 gennaio 1953 (…) ho offerto solennemente la mia diocesi al Cuore Immacolato (di Maria) e le ho chiesto due favori: che la nostra diocesi si liberasse dalla peste della riforma religiosa contro il Papa di Roma e che io, il più debole degli uomini, non fossi un Giuda…”.

“Quarantacinque anni di severa persecuzione sono trascorsi da quando ho offerto la nostra diocesi al Cuore Immacolato. I fatti provano che il Cuore Immacolato ci ha concesso i due favori che avevamo chiesto”, riconosceva.

Per la sua lealtà al Papa, il presule ha subito 24 anni di privazione di libertà tra il 1955 e il 1979 per mano delle autorità cinesi.

Nei suoi scritti di otto anni fa, aggiungeva: “Il 13 settembre 1955, quando i poliziotti, puntandomi contro le loro armi, mi minacciarono perché rinunciassi al Papa di Roma, dissi loro direttamente: ‘Sparatemi, ma non rinuncerò al Papa’. Non mi spararono, ma ho trascorso 24 anni in prigione e ho lavorato come uno schiavo nei campi di lavoro”.

In Cina il Governo permette la pratica religiosa solo con personale riconosciuto e in luoghi registrati presso l’Ufficio per gli Affari Religiosi e sotto il controllo dell’“Associazione Patriottica”. Da ciò deriva la differenza tra una Chiesa “ufficiale” e i fedeli della Chiesa “clandestina”che cercano di sottrarsi al suddetto controllo per obbedire direttamente al Papa.

“The Cardinal Kung Foundation” (www.cardinalkungfoundation.org) è stata creata dal Cardinale Ignatius Kung Pin-mei (morto nel marzo del 2000 a 98 anni), Vescovo di Shanghai, costretto nel 1987 a fuggire in esilio insieme al nipote negli Stati Uniti.

Con sede a Stamford (Connecticut, U.S.A.), la fondazione si dedica alla promozione della libertà religiosa della Chiesa cattolica in Cina.

14/10/2005 20:41
 
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Cina: autorizzati i funerali “pubblici” del Vescovo “clandestino” Peter Chang


Si celebreranno a Zhangjiatai il 15 ottobre

HANYANG, venerdì, 14 ottobre 2005


Il Governo provinciale dell’Hubei (Cina centro-orientale) ha autorizzato la celebrazione pubblica dei funerali del Vescovo cattolico “clandestino” Peter Chang (Zhang) Bai Ren, ai quali parteciperanno sacerdoti “ufficiali” – riconosciuti dalle autorità – e “clandestini”.

In Cina il Governo permette la pratica religiosa solo con personale riconosciuto e in luoghi registrati presso l’Ufficio per gli Affari Religiosi e sotto il controllo dell’“Associazione Patriottica”. Da ciò deriva la differenza tra una Chiesa “ufficiale” e una “clandestina”, formata cioè da fedeli che si sottraggono al controllo per obbedire direttamente al Papa.

A quest’ultima apparteneva il Vescovo Chang, di Hanyang, morto mercoledì a 90 anni di età a causa di una malattia cardiaca. Era allettato da più di un anno. La sua lealtà al Papa gli è costata 24 anni di prigione e di campo di lavoro forzato tra il 1955 e il 1979.

I funerali di monsignor Chang si svolgeranno sabato 15 ottobre alle 9.00 ora locale a Zhangjiatai, vicino al luogo in cui era nato.

L’agenzia “AsiaNews” – diretta da padre Bernardo Cervellera – spiega che da un punto di vista formale i funerali di un Vescovo “clandestino” dovrebbero essere proibiti in quanto riunione illegale, ma afferma che fonti locali hanno confermato che i membri del Governo regionale hanno accettato la celebrazione pubblica della cerimonia.

Monsignor Chang non era riconosciuto come Vescovo dall’Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi. Ad ogni modo, giovedì alcuni responsabili dell’Ufficio nell’Hubei hanno visitato Zhangjiatai e hanno parlato con padre Chen, il sacerdote che presiederà i funerali, dicendo di accettare la celebrazione.

“Fate quello che dovete fare – hanno detto – ma garantite calma e tranquillità in questi giorni e al funerale”, ha citato l’agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME).

Il presule sarà sepolto a Zhangjiatai, nel distretto di Xiantao. Alla Messa esequiale parteciperanno sacerdoti della “Chiesa ufficiale” e “non ufficiale”, anche se non sarà presente il Vescovo di Wuhan, monsignor Dong Guangqing.

La città di Wuhan (Hubei) è stata divisa in tre diocesi: Hankou, Wuchang e Hanyang. Negli anni ‘80 il Governo cinese ha rivisto la suddivisione delle diocesi perché coincidessero con le strutture provinciali e i distretti governativi. Per questo le tre diocesi sono state fuse in una unica, quella di Wuhan. Ad ogni modo, il Vescovo Chang e i suoi quattro sacerdoti hanno continuato ad assistere i fedeli fino ad oggi.

Nel 1986 Peter Chang ha ricevuto la consacrazione episcopale dalle mani di monsignor Liu Hede, Vescovo “non ufficiale” di Hankou. Dopo la sua consacrazione, ha continuato a subire controlli e arresti da parte della polizia; non si è mai difeso, né è mai fuggito, rimanendo fedele al suo rapporto con il Pontefice.

Alcuni dei suoi fedeli lo ricordano come una persona dolce e paziente, ma tenace in questioni di fede. Dal 2000, quando si era ammalato gravemente, il Governo aveva allentato i controlli.

Secondo l’agenzia del PIME, i fedeli attribuiscono alla santità del presule e alla preghiera alcune guarigioni di malati che aveva visitato. Per questo motivo la sua fama di santità si è diffusa in tutte le campagne dell’Hubei.

16/10/2005 14:49
 
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In diretta dalla Polonia
Il 16 Ottobre gran galà in memoria di Giovanni Paolo II

Il 16 ottobre prossimo si terrà a Varsavia in onore di Giovanni Paolo II un “Gran Galà” che verrà trasmesso in diretta dalla televisione nazionale polacca TVP. La data scelta corrisponde alla “Giornata del Papa”, istituita per legge dal Parlamento polacco il 27 luglio scorso per ricordare il giorno in cui il Cardinale Karol Wojtyla, allora Arcivescovo di Cracovia, venne eletto nel 1978 alla Cattedra di Pietro. In questa occasione speciale, che si celebra dopo l’avvio del processo di beatificazione del Papa scomparso, andrà inoltre in onda la prima intervista televisiva di Benedetto XVI, concessa il 20 settembre scorso ad un canale della televisione pubblica della Polonia e girata nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo da padre Andrzej Majevski S.I., responsabile dei programmi cattolici della TVP e già capo redattore del programma polacco della “Radio Vaticana”. Secondo quanto ha riferito padre Majevski alla “Radio Vaticana” subito dopo la registrazione, “durante l’intervista, che è durata più di 15 minuti, il Papa molto cordialmente ha ricordato il suo predecessore, i suoi contatti con lui e soprattutto la sua amicizia con lui”. Il Pontefice ha sempre parlato in italiano, la lingua comune dei due Papi. “Ha toccato anche l’argomento della sua prossima visita in Polonia – ha aggiunto il sacerdote gesuita –. ‘Se Dio vuole’, ha detto il Papa, ‘mi piacerebbe andare in Polonia l’anno prossimo’”. Il concerto finale della “Giornata del Papa”, che costituirà il culmine delle celebrazioni che si svolgeranno durante tutta la settimana precedente, sarà l’occasione per ringraziare Dio per il dono di Giovanni Paolo II e del suo operato e per pregare per la sua beatificazione. L’evento musicale si terrà sulla piazza di fonte al Castello Reale di Varsavia e sarà condotto da Grazyna Torbicka e Grzegorz Mistal. Tra gli artisti che si esibiranno – molti dei quali polacchi –, figurano un esponente italiano della Christian music, Roberto Bignoli di Milano , il rapper Stan Fortuna, dagli Stati Uniti, e un quartetto gospel proveniente dalla Francia.

17/10/2005 13:03
 
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Cina: circa 7.000 i fedeli ai funerali del Vescovo Chang, nonostante le intimidazioni delle autorità


Ultimo omaggio dei cattolici “ufficiali” e “clandestini” al presule perseguitato

HANYANG, lunedì, 17 ottobre 2005


Sebbene le autorità locali abbiano accettato la celebrazione dei funerali pubblici del Vescovo cattolico (della Chiesa “clandestina”) di Hanyang (provincia dell’Hubei, nella Cina centro-orientale) Peter Chang (Zhang) Bai Ren – scomparso il 12 ottobre a 90 anni –, sono stati diffusi ordini segreti per proibire la partecipazione alla cerimonia.

A denunciarlo è l’agenzia “AsiaNews” – diretta da padre Bernardo Cervellera, esperto del mondo cinese –, nel raccontare come si sono svolti sabato scorso i funerali del presule.

In Cina il Governo permette la pratica religiosa soltanto con personale riconosciuto e in luoghi registrati presso l’Ufficio per gli Affari Religiosi e sotto il controllo dell’“Associazione Patriottica”. Alla Chiesa “ufficiale” si affianca quella “clandestina”, formata da fedeli che si sottraggono al controllo governativo per obbedire direttamente al Papa.

Al Vescovo Chang la lealtà al Pontefice è costata 24 anni fra prigione e campi di lavoro forzato, dal 1955 al 1979, così come controlli e arresti dopo la consacrazione episcopale nel 1986.

Il giorno dopo la morte del presule “clandestino” di Hanyang, il sacerdote più anziano dei quattro presenti nella diocesi – padre Chen – ha ricevuto una visita da parte dei rappresentanti del Governo, i quali hanno affermato di accettare la celebrazione dei funerali pubblici del Vescovo, che non riconoscono come tale.

Secondo fonti dell’agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME), tuttavia, prima di quella visita il Governo dell’Hubei aveva contattato tutte le diocesi e le parrocchie della provincia per avvertire che era proibito partecipare ai funerali del Vescovo Chang.

E’ stato in seguito a questa campagna di intimidazione che i rappresentanti dell’Ufficio locale per gli Affari Religiosi si sono recati a Zhangjiatai – località di origine del presule scomparso – per permettere i funerali pubblici.

Secondo quanto riferito dalle fonti di “Asia News”, i fedeli di Hanyang si sono sentiti “presi in giro” dal Governo, che ha orchestrato tutto “solo per salvarsi la faccia” di fronte all’opinione pubblica internazionale.

Nonostante l’annunciato divieto, almeno 7.000 persone della Chiesa “ufficiale” e “clandestina” sono accorse sabato a Zhangjiatai per rendere l’ultimo omaggio “con grande commozione” al Vescovo, morto con fama di santità.

Presieduti da padre Chen, i funerali si sono svolti dalle 9.00 alle 16.00. Hanno concelebrato 15 presbiteri, tra i quali alcuni della Chiesa “ufficiale” che sono diventati sacerdoti proprio grazie a monsignor Chang.

Seguendo le leggi locali, i resti del presule sono stati cremati. L’urna con le sue ceneri è conservata ora sotto l’altare della chiesa di Zhangjiatai.

Il Governo locale ha proibito di utilizzare durante la cerimonia il titolo di “Vescovo”, permettendo solo quelli di “sacerdote” o “vecchio signore”. “I responsabili della diocesi, però, non si sono piegati alle minacce e su uno striscione hanno scritto: ‘Mons. Pietro Zhang Bairen, Vescovo non ufficiale della diocesi di Hanyang’”, ha riportato l’agenzia del PIME.

Ai funerali erano presenti rappresentanti del Governo locale in qualità di osservatori. Com’è tradizione, hanno portato una corona di fiori con su scritto “al vecchio signor. Zhang Bairen”. La polizia ha vigilato sull’ordine durante la cerimonia.

“Mon. Zhang, è stato un Vescovo coraggioso, fedele al Papa; ha vissuto tutta la sua vita sempre nella fedeltà al Signore e alla Chiesa universale, senza mai lasciare questa fede anche davanti alla minacce del potere politico”, ha ricordato padre Chen nella sua omelia.
26/10/2005 01:37
 
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Bulgaria: prima radio cristiana



L'altro ieri, nel giorno in cui la Chiesa ortodossa bulgara commemorava il santo protettore del Paese, san Giovanni di Rila (fondatore del famoso monastero di Rila visitato anche da Giovanni Paolo II nel maggio del 2002), sono iniziate le trasmissioni della prima radio cristiana in Bulgaria. Si chiama “Sion” ed è nata per iniziativa dei monaci ortodossi del monastero di Ruen, situato vicino a quello di Rila e cioè nella Bulgaria del sud-ovest. “Sion”, per ora, trasmetterà solo on-line all’indirizzo ruenmanastir.com. “Il programma è indirizzato ai problemi sociali della gente” ha spiegato Crastin Apostolov, uno dei fondatori della radio. Su “Sion” si potrà ascoltare musica di diverso tipo, non solo ortodossa ma anche moderna, purché non sia in contraddizione con i valori cristiani e con la morale. Sono previste anche trasmissioni per bambini. L’iniziativa è guardata positivamente dalle autorità religiose e civili del Paese. Alcuni frati cappuccini residenti a Sofia stanno già pensando a come emulare i monaci di Ruen e di trovare anche loro il proprio campo di espressione attraverso l’uso di radio cristiane su Internet. “La nostra idea però è un po’ diversa - ha spiegato all’agenzia Sir il superiore dei cappuccini in Bulgaria fra Cristoforo Kujok -. Noi vorremmo iniziare con molta musica contemporanea di ispirazione cristiana, cantautori italiani, americani, bulgari e ogni tanto introdurre dei flash come riflessioni e versetti del Vangelo”. In Bulgaria la maggioranza della popolazione appartiene alla Chiesa ortodossa. Numericamente minoritarie le presenze nel Paese di fedeli cattolici, musulmani, ebrei e protestanti. Dopo la persecuzione antireligiosa del periodo socialcomunista, la Bulgaria si è dotata di una Costituzione che prevede la libertà di religione.

27/10/2005 14:56
 
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Il governo cinese ha il "sincero desiderio" di migliorare le proprie relazioni col Vaticano.
Ma dietro alle formule di rito invita la Santa Sede "far seguire i fatti alle parole" e pone paletti all'apertura del Paese all'evangelizzazione della Chiesa cattolica.



A parlare è stato oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Kong Quan, commentando le recenti dichiarazioni del segretario di Stato del Vaticano, cardinale Angelo Sodano, secondo le quali la Chiesa è pronta a trasferire la Nunziatura Apostolica in Cina da Taiwan a Pechino.

Le condizioni poste dal Vaticano
Due giorni fa, infatti, il cardinale Sodano, a margine dell'inaugurazione del nuovo centro convegni ''Matteo Ricci'' dell'università Gregoriana di Roma, aveva annunciato che la Santa Sede è pronta a rompere le relazioni diplomatiche con Taiwan se questo può significare l'apertura di rapporti ufficiali con la Cina, a patto che il nunzio vaticano possa tornare effettivamente nella capitale cinese senza attendere oltre.

Le garanzie richieste da Pechino
Diverse le garanzie chieste da Pechino. Kong ha infatti ricordato oggi che devono essere soddisfatte due condizioni: primo, che il Vaticano rompa le sue relazioni diplomatiche con Taipei; secondo, che "non interferisca negli affari interni cinesi, in particolare che non interferisca in nome della religione". Il portavoce non ha voluto chiarire se questa frase si riferisca al problema delle nomine dei vescovi, che Pechino ritiene di sua esclusiva competenza.

"La Costituzione - ha proseguito Kong - garantisce la libertà di religione e tutti possono vedere che sempre più gente segue una religione e che ci sono sempre più posti dove le persone religiose possono praticare i loro riti. Di fatto, la libera pratica della fede religiosa è riservata in Cina ai membri delle associazioni patriottiche" che riconoscono la preminenza dell'autorità dello Stato su quella delle gerarchie religiose.

Sodano: "I governi non hanno diritto di dire come vivere la fede"
Affermando che il Vaticano è pronto al trasferimento della Nunziatura, Sodano aveva aggiunto: "Però, dobbiamo sempre insistere su questo concetto: che la Chiesa è una, in tutto il mondo, in tutte le culture, in tutte le nazioni, e i governi civili non hanno diritto di dire agli uomini e alle donne come devono vivere la loro fede".
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