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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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Tonali manda il Diavolo in paradiso:
vittoria al 92' in casa Lazio e controsorpasso sull’Inter

Biancocelesti piegati nel recupero e nerazzurri di nuovo a -2 in classifica.
Nel primo tempo gol di Immobile, a inizio ripresa il pari di Giroud


Marco Pasotto


Derby di Coppa Italia e successo – netto, autoritario – sulla Roma: il doppio cazzotto sferrato dall’Inter in settimana poteva essere da knock out. Il Milan invece non solo è rimasto in piedi, ma con i due ceffoni tirati alla Lazio ha concluso il weekend alzando le braccia al cielo. Estasi pura, per com’è maturata questa vittoria. Non sappiamo la valenza che avranno questi tre punti il 22 maggio, ma conosciamo quella che hanno adesso: enorme. Perché il Diavolo ritrova se stesso proprio nel momento in cui la classifica stava iniziando a prendere le sembianze di una mezza condanna. E invece. Invece è di nuovo controsorpasso, con i nerazzurri ricacciati a -2 in attesa del recupero col Bologna, cosa che riconsegnerà alle milanesi lo stesso numero di partite a quattro gare dalla fine. Il Milan rimette le mani sullo scudetto al minuto numero 92 e anche questo ha una valenza evidente, segno di una squadra che non si arrende e rifà il pieno di autostima dopo la brutta avventura nel derby. A segno Immobile dopo quattro minuti, pareggio di Giroud a inizio ripresa e zampata vincente di Tonali in pieno recupero. Gode anche Ibra, che serve il compagno per il gol della vittoria, e godono gli oltre diecimila appassionati che hanno colorato di rossonero un Olimpico orfano del fronte caldo del tifo laziale, in rotta di collisione con Lotito. Ma la classifica rossonera offre un ulteriore, fondamentale spunto: le sconfitte della Roma con l’Inter e della Fiorentina a Salerno hanno infatti consegnato ai rossoneri la certezza aritmetica di partecipare alla prossima Champions.

LE SCELTE — Sarri al termine di una settimana complicatissima alla fine ha potuto rimettere mano sui suoi uomini di riferimento. Al centro della difesa per esempio il tecnico biancoceleste ha recuperato Patric, e in mediana nessun problema per Milinkovic. Tridente affidato a Felipe Anderson, Immobile e Zaccagni. Okay anche Strakosha. Pioli recupera Romagnoli, Rebic, Castillejo e soprattutto Ibrahimovic, ma perde Bennacer. Un’assenza pesante, visto il brillante stato di forma dell’algerino. E così, mediana obbligata con Kessie accanto a Tonali e Diaz al centro della trequarti. Messias, vincitore di giornata nell’eterno ballottaggio con Saelemaekers, alla sua destra. Davanti a Maignan la diga Kalulu-Tomori. O meglio, c’era una volta la diga. Perché, così come nel derby di Coppa, anche stavolta la fase difensiva rossonera non è stata all’altezza. Sicurezze smarrite, movimenti sbagliati, incertezze nei posizionamenti: difficile spiegare l’involuzione del Milan là dietro, ma è stata una pecca con la quale la Lazio ha pasteggiato subito. Sono stati sufficienti quattro minuti per buttare giù un’impalcatura difensiva che ha somigliato alla casa di paglia dei tre porcellini. Un soffio di Milinkovic sulla destra, cross per Immobile a rimorchio, ed è venuto giù tutto. Fra Kessie, Hernandez, Tomori e Kalulu, tutti coinvolti a vario titolo, è stata una galleria degli orrori. Una lama entrata nel burro caldo. Scorie dell’ultimo derby? Può darsi, perché anche dopo il Milan è rimasto piuttosto contratto. Impossessandosi, sì, del pallone, ma con un giro palla scolastico, ricorrendo a lanci lunghi sconclusionati ed esponendosi alle ripartenze micidiali dei padroni di casa. Particolarmente incisivi sulla destra col treno composto da Lazzari (discese devastanti), Milinkovic e Felipe Anderson, molto intelligente a liberare spazi, evitare di intasarli e dare una mano in copertura.

CORDE GIUSTE — L’ottimo funzionamento della catena di destra laziale ha praticamente smembrato quella sinistra rossonera per una buona metà del primo tempo, con Hernandez che è riuscito a infilarsi di rado, e quando l’ha fatto è stato il più delle volte impreciso. Anche perché Kessie ha appoggiato poco e male la manovra: primo tempo inguardabile per l’ivoriano in uscita da Milanello. Altri assenti ingiustificati? Senz’altro Diaz, ancora una volta incapace di trovare luce fra le linee. Il più pericoloso è stato Leao, che si è acceso a metà frazione e ha fatto venire i brividi almeno tre volte a Strakosha, sbagliando però le modalità delle conclusioni. Milan comunque vivo, specialmente nell’ultimo quarto d’ora. Ci è voluto però un grande intervento fuori area di Maignan su Immobile lanciato a rete, per proteggere la porta rossonera, mentre Strakosha ha disinnescato una punizione infida di Hernandez. Il Milan ha chiuso i primi 45 schiacciando la Lazio negli ultimi trenta metri (forti proteste rossonere per un braccio di Luis Alberto in area) e attenzione alla dinamica perché sarà esattamente la situazione con cui riprende il match nella ripresa. Quando entra in campo un’altra squadra. Pioli nell’intervallo ha toccato evidentemente le corde giuste perché del primo Milan non c’è più traccia.

LAZIO SCOMPARSA — Ora c’è una squadra cattiva, determinata, incisiva. Convinta di rimettere in piedi la sfida, cosa che è accaduta dopo cinque minuti. Leao si è mangiato Acerbi in progressione sulla sinistra e ha appoggiato in mezzo per l’accorrente Giroud, che ha anticipato Radu e ha messo dentro. Pareggio, Diavolo padrone del campo, Lazio uscita di scena e a quel punto Pioli si è giocato i cambi: Rebic per Diaz, Ibra per Giroud (ancora una volta, niente doppio centravanti) e Krunic per Messias, uscito dopo aver sfiorato il palo con un’azione personale. Lo scorrere del cronometro ha cancellato definitivamente la Lazio dal campo (crollo inaccettabile nelle dimensioni) e ha permesso a Leao di scatenarsi. Imprendibile, incontenibile, una percussione dietro l’altra, di fronte ad avversari incapaci anche solo di frenarlo. Gli ultimi 15 minuti di partita sono stati un assalto totale: Strakosha ha murato prima Leao e poi Rebic, mentre al 90’ un tiro deviato di Ibra ha sorvolato di poco la traversa. E poi eccolo, l’intervento di re Zlatan. Minuto 92: Rebic ruba palla a Marusic, crossa, Acerbi alza a campanile e Zlatan serve di testa Tonali, libero davanti a Strakosha. Palla in buca e delirio rossonero.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve soffre ma rimonta il Sassuolo:
ora è a un punto dal 3° posto

Raspadori, potenziale erede in bianconero della Joya,
firma il meritato vantaggio, Dybala rimonta al 45'.
Di Kean la rete decisiva a due minuti dalla fine.
Bianconeri senza De Ligt e Cuadrado, Vlahovic in panca al via


Livia Taglioli


La Juve, dopo un primo tempo sofferto e una ripresa più equilibrata, trova il gol del 2-1 al Mapei Stadium al minuto 88 con Kean, subentrato a Morata al 67'. I bianconeri riescono così nel duplice risultato di avvicinarsi al terzo posto, portandosi a un punto dal Napoli, e di allungare su Roma, Fiorentina e Lazio, reduci da fresche sconfitte.

Il meritato vantaggio del Sassuolo arriva a firma di Raspadori, promesso sposo bianconero, il pareggio premia il sinistro violento con cui Dybala scarica forse la sua rabbia da (quasi) ex. E’ il suo gol n. 114 in bianconero, ora Baggio è a un solo gol di distanza. Raspadori, col suo decimo gol stagionale, diventa invece il primo italiano nato nel 2000 ad andare in doppia cifra in un singolo torneo di Serie A.

PRESENTI & ASSENTI — La Juve deve mettere fare i conti con due forfait dell’ultimo minuto o quasi: Cuadrado si ferma per un problema all’adduttore sinistro, De Ligt per un affaticamento che lo costringe alla panchina. In campo dunque Rugani in mezzo e De Sciglio a destra, con la Juve disposta su un 4-4-2 privo anche di Vlahovic, per la seconda volta in panchina al via, e con la coppia Danilo-Zakaria in mezzo al campo. Dionisi risponde col previsto 4-2-3-1, con l’osservato speciale Raspadori dietro a Scamacca terminale offensivo neroverde. E’ un Sassuolo che si muove in scioltezza, in maniera armonica e organizzata, e già dopo 10’ potrebbe passare con Raspadori che si fa largo nelle maglie piuttosto lasse della difesa bianconera, ma il suo destro dal limite non trova lo specchio. Dopo sette minuti Frattesi di testa manda alto di poco su un corner di Berardi, poi ci pensa Szczesny a fermare un gran destro di Berardi stesso.

NEL PRIMO TEMPO TANTO SASSUOLO E POCA JUVE — Insomma, c’è in campo tanto Sassuolo e pochissima Juve: la squadra di Allegri fatica a ripartire e va in difficoltà nella fase difensiva, contro un Sassuolo che gioca a tutto campo, allarga e verticalizza, preme e arriva al tiro con grande frequenza. Aggressività, mobilità, palleggio, velocità: la squadra di Dionisi costruisce e finalizza, è una macchina rodata e creata per colpire, in un confronto impietoso con l’undici di Allegri sul piano del gioco ma anche delle individualità. Morata lotta ma non trova né spazi né qualità, Dybala svapora nella densità neroverde, Rabiot è disperso e Bernardeschi è forse condizionato da una botta iniziale. Vlahovic si scalda a lungo ma non entra. Al 27’ la prima occasione bianconera, con Dybala che centra Frattesi, prima che ancora Szczesny dica di no a Scamacca.

DYBALA RISPONDE A RASPADORI... — Poi arrivano anche i gol: il primo è del Sassuolo al 39’, firmato da Raspadori. Pregevole l’azione, con una ragnatela di tocchi rapidi e precisi finché un colpo di tacco di Berardi libera il compagno al tiro, in piena area: per Raspadori è il decimo gol, per il collega il 12esimo assist. Tanto era nell’aria il vantaggio neroverde quanto arriva imprevisto il pareggio della Juve: al 45’ è Dybala che colpisce, su assist di Zakaria, con un sinistro violento a fil di traversa. Poi Morata di testa manda sul fondo, quando ancora le proteste neroverdi non si sono placate per un presunto fallo di Morata su Kyriakopulos nell’azione del gol.

... POI CI PENSA KEAN — La ripresa si apre con una gran parata di Consigli su un colpo di testa di Morata, poi, al minuto 55, Chiellini e Vlahovic prendono il posto di Rugani e Dybala. Il copione ricalca quello del primo tempo, col Sassuolo che fa la partita e la Juve attenta nelle chiusure, e ora anche in crescita nelle ripartenze e nelle conclusioni. Ancora Morata sfiora il gol al 61’, ma il suo rasoterra in girata finisce fuori, come succede a Kyriakopulos poco dopo. Al 67’ Kean prende il posto di uno stanco Morata e subito impegna Consigli: la partita resta insomma su un’asse di equilibrio piuttosto scivolosa. Entrano anche Djuricic e Defrel, ma a decidere la gara, al minuto 88, è Kean, che di sinistro batte Consigli. E la Juve fa un gigantesco passo in avanti in direzione Champions League.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 34ª Giornata (15ª di Ritorno)

23/04/2022
Torino - Spezia 2-1
Venezia - Atalanta 1-3
Inter - Roma 3-1
Verona - Sampdoria 1-1
24/04/2022
Salernitana - Fiorentina 2-1
Bologna - Udinese 2-2
Empoli - Napoli 3-2
Genoa - Cagliari 1-0
Lazio - Milan 1-2
25/04/2022
Sassuolo - Juventus 1-2

Classifica
1) Milan punti 74;
2) Inter punti 72;
3) Napoli punti 67;
4) Juventus punti 66;
5) Roma punti 58;
6) Fiorentina(*) e Lazio punti 56;
8) Atalanta(*) punti 54;
9) Verona punti 49;
10) Sassuolo punti 46;
11) Torino(*) punti 43;
12) Udinese(*) punti 40;
13) Bologna(*) punti 39;
14) Empoli punti 37;
15) Spezia punti 33;
16) Sampdoria punti 30;
17) Cagliari punti 28;
18) Salernitana(*) e Genoa punti 25;
20) Venezia(*) punti 22.

(gazzetta.it)


20ª giornata: Bologna - Inter, Atalanta - Torino, Salernitana - Venezia e Fiorentina - Udinese non disputate
per forfait di almeno una delle squadre a causa del Covid, in attesa di ulteriori decisioni.
(*) una partita in meno
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27/04/2022 21:42
 
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Uragano Udinese sulla Fiorentina: 4-0!
Secondo k.o. di fila, è crollo viola

Bianconeri superiori nel primo tempo, poi contengono
il ritorno dei viola e firmano altri due gol nel recupero.
Secondo stop di fila per la squadra di Italiano


Giovanni Sardelli


La carta diceva sei, il campo ha replicato zero. I punti non si vincono calendario alla mano ma giocando le partite e la Fiorentina contro Salernitana ed Udinese ha sprecato una doppia occasione per puntellare una corsa europea che ora si fa decisamente più difficile. Perchè se è vero che il calendario non gioca, avere Milan, Roma e Juve nelle ultime quattro partite non può lasciare particolarmente sereno l'ambiente viola. Vince con merito l'Udinese grazie ad un grande portiere, una difesa solida e qualità davanti. Crolla la Fiorentina che incassa la peggior sconfitta casalinga stagionale affondando davanti ai colpi degli uomini di Cioffi. Italiano più che cambiare stravolge. Sei giocatori diversi rispetto a Salerno compresi Torreira e Bonaventura recuperati in anticipo contro pronostico. Davanti come previsto occasione per Piatek (sprecata). Nell'Udinese dietro gioca Nuytinck, davanti confermati Delofeu e Success.

DOPPIO VANTAGGIO — La Viola parte forte e colleziona due occasioni con Piatek e Gonzalez, bravissimo Silvestri in entrambi i casi. Qualcosa però non funziona nell'equilibrio di squadra ed ogni contropiede ospite diventa occasione potenziale. Anche gli errori individuali sono troppi e portano al vantaggio ospite con Marì che sfrutta le indecisioni multiple di Odriozola, Milenkovic e Terracciano insaccando. La Fiorentina è pesante di gambe e testa, tutto il contrario dell'Udinese così leggera da non sentir la fatica. Il raddoppio è frutto dell'ennesima voragine difensiva viola: Udogie si invola e calcia, Terracciano respinge, Delofeu raddoppia. Prima dell'intervallo Odriozola si mangia da due passi l'assist di Biraghi.

CROLLO VIOLA — LA Altra contro rivoluzione nell'intervallo con tre cambi per Italiano. Entrano Cabral, Maleh ed Igor per Piatek, Bonaventura e Milankovic. La Fiorentina ha un'altra testa alza i ritmi, attacca con continuità. Silvestri continua nel suo pomeriggio super respingendo su Torreira e Maleh con due riflessi prodigiosi. In mezzo ci prova anche Delofeu, para Terracciano. La Fiorentina colleziona occasioni vere e potenziali senza riuscire a segnare, cosa che negli ultimi tempi accade spesso. E con il passare dei minuti la spinta diventa meno veemente: anzi, Molina si mangia il gol del 3-0 sparando su Terracciano, Udogie prende il palo a portiere battuto e nel finale Walace (con deviazione di Igor) ed Udogie chiudono i conti. L'Udinese passa con merito al Franchi, i viola dovranno inanellare imprese contro le big per sperare ancora nell'Europa. Per quanto visto oggi difficile pensarlo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/04/2022 23:28
 
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Otto gol, quattro rigori e un punto a testa:
un bel Toro blocca l'Atalanta

Due rigori a testa per Muriel e Lukic,
a segno anche Sanabria, De Roon,
autorete di Freuler e Pasalic


Mario Pagliara


C’è stato da divertirsi, e pure tanto. Atalanta e Torino si sfidano a viso aperto nel recupero della ventesima giornata: finisce 4-4 in un festival di gol, emozioni e rigori. Ben quattro i rigori fischiati da Abisso e tutti realizzati: doppiette di Lukic e di Muriel dal dischetto. In gol anche Sanabria, De Roon, Pasalic e l’autogol di Freuler del momentaneo 2-4 per i granata. Già perché per un Toro bellissimo è una serata di applausi e di rimpianti: fino al 78’ il Toro è stato avanti 2-4, subendo il pareggio a sei minuti dal 90’. E’ l’ennesima beffa nel finale per Juric.

DIVERTIMENTO — Le premesse c’erano tutte, ma la resa è ancora migliore di ciò che si poteva immaginare. Perché il primo tempo di Atalanta-Torino è all’insegna del divertimento. Serata molto godibile e piacevole, sbloccata subito in avvio dalla squadra di Ivan Juric. Passano solo quattro minuti quando Singo lancia sulla destra Praet (al rientro da titolare dopo l’infortunio di gennaio): il belga inventa l’assist al centro dell’area per Sanabria che anticipa Scalvini e in un fazzoletto beffa Musso. Il mercoledì sera si scalda in fretta: colpita a freddo, l’Atalanta alza i giri del motore. Al sedicesimo Singo non riesce ad intercettare il passaggio per Zappacosta, che si ritrova libero nell’area granata. Rodriguez lo aggancia, per l’arbitro Abisso è rigore che Muriel realizza pur calciando centrale. Iniziano qui i sette minuti dell’undici di Gasperini che, soprattutto sulle fasce, sfonda più volte e al 23’ ribalta la situazione: Muriel da calcio d’angolo serve l’assist direttamente a De Roon (perso da Aina). Con un calcio al volo beffa un distratto Milinkovic. Alle mezz’ora Juric perde Pjaca per infortunio (dentro Brekalo), e al 35’ raggiunge il pari: altro rigore, stavolta per l’atterramento di Sanabria da parte di Freuler. Lukic è freddo dal dischetto. Si va all’intervallo sul 2-2.

FESTIVAL DI RIGORI — Quando si riparte, dopo tre minuti, Bremer salva alla disperata su Zapata. La serata scorre sul binario dell’equilibrio, si aspetta una giocata di livello superiore per sbloccarla. Arriva dopo diciassette minuti quando Praet firma la terza invenzione della serata, servendo una palla fantastica per Pobega (entrato al posto di Ricci) che viene steso da Toloi con un colpo sulla caviglia sinistra. E’ il terzo rigore: dal dischetto ci va ancora Lukic. Ancora chirurgico, realizza la doppietta dal dischetto. E’ il sorpasso granata. Quattro minuti dopo il Toro cala il poker, favorito da un autogol di Freuler che devia nella propria porta il tiro-cross di Sanabria. E’ finita? Per nulla. Perché al 33’ l’Atalanta accorcia con Pasalic, infilatosi in progressione tra Lukic e Zima. E subito dopo Abisso ricorre al Var per assegnare il quarto rigore (mano di Zima su Malinovskyi): al 39’ Muriel dal dischetto firma il 4-4.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/04/2022 23:40
 
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Harakiri Inter: Radu regala tre punti
al Bologna e mezzo scudetto al Milan



Nerazzurri subito in vantaggio con Perisic,
ma sprecano il raddoppio e Arnautovic pareggia.
Nel finale l'incredibile errore del vice Handanovic manda in gol Sansone.
Rossoneri sempre a +2, ma ora a parità di partite


Luca Taidelli

Incredibile al Dall'Ara. L'Inter regala mezzo scudetto al Milan riuscendo a perdere una gara dominata per lunghi tratti e subito in discesa con un gran gol di Perisic. Mancato il raddoppio finché dominava, la squadra di Inzaghi prima subisce il pareggio dell'ex Arnautovic e poi all'82', dopo una ripresa all'arrembaggio, regala a Sansone il gol vittoria con un incredibile errore di Radu, che sostituiva Handanovic, fermato da una contrattura all'addome.

PRIMO TEMPO — Taniga preferisce Svanberg a Dominguez in mezzo al campo con Schouten e Soriano. De Silvestri e Hickey presidiano le fasce, Barrow affianca Arnautovic in attacco. Inzaghi perde Handanovic e in porta va Radu, che in stagione aveva giocato solo l’ottavo di Coppa Italia contro l'Empoli. Non al meglio nemmeno Bastoni, quindi viene confermato Dimarco. Davanti tocca a Lautaro e Correa. L'Inter parte a tutta, piazzandosi nella metà campo avversaria con continue sovrapposizioni sugli esterni. Perisic al 3' mette in discesa il match con un gran gol. Il croato stavolta parte da destra, salta un avversario, si accentra e dal limite scaglia un gran sinistro sotto alla traversa che sorprende Skorupski. I nerazzurri non si fermano e sprecano più di un'occasione (Dimarco, Lautaro, Skriniar) per raddoppiare. Il Bologna pare annichilito, ma l'Inter ha la colpa di non approfittarne. Al 22' gli emiliani si affacciano per la prima volta dalle parti di Radu, bravo in uscita ad anticipare Arnautovic sul traversone di Svanberg. Resta però un segnale del vento che sta girando. Al 26' Lautaro calcia troppo centralmente e due minuti dopo l'azione fotocopia del Bologna ha un esito ben diverso. Cross di Barrow dalla trequarti, su Arnautovic rimane inspiegabilmente il piccolo Dimarco e l'ex di testa trova l'angolino per l'1-1. Tutto da rifare per Inzaghi, che viene anche ammonito per proteste. Perisic però rimane fuori categoria e al 33' va sul fondo e pennella per Dumfries, che sul secondo palo di testa non centra lo specchio. L'Inter torna a premere, ma il Bologna ora è messo meglio in campo, concede meno e con il solito schema - palla in mezzo sulla trequarti, dove Arnautovic e De Silvestri attaccano il secondo palo - mette ancora l'austriaco in condizione di colpire a fine tempo. Buon per Radu che il colpo di testa sia debole e centrale. In pieno recupero prima ci prova Lautaro, poi Theate quasi sulla linea anticipa De Vrij e sulla ribattuta il sinistro di Dimarco sbatte contro il muro rossoblu.

SECONDO TEMPO — Si riparte con gli stessi 22 e il medesimo copione: Inter a fare la partita e Bologna che si chiude con due linee compatte e cerca di ripartire. Dimarco bussa addirittura quattro volte nei primi 9' col mancino, palla prima alta e poi centrale in due occasioni e infine deviata in angolo da Medel. Sul corner Skorupski si salva su Correa. In assenza di spazi, servirebbe un'invenzione di Calha o Correa, ma mancano velocità d'esecuzione e il guizzo giusto. Con la stanchezza, allo scoccare dell'ora di gioco crescono nervosismo e occasioni, perché le squadre si allungano. Inzaghi si gioca la carta tridente, con Dzeko e Sanchez a rilevare Correa e l'ammonito Barella. La pressione a questo punto si trasforma in assedio, ma si spalancano anche delle praterie dall'altra parte e al 65' Skriniar è bravissimo a recuperare Arnautovic. Taniga cerca forze fresche in mezzo al campo con Dominguez ed Aebischer per Soriano e Svanberg. Al 70' tocca al difensore goleador D'Ambrosio ed esce Dimarco. L'Inter però ha speso tanto e il Bologna alza di una decina di metri il baricentro. Nella battaglia si esalta Theate, che prima provoca l'ammonizione di Dumfries e poi anticipa Dzeko sul cross di Sanchez. Lautaro di testa non trova lo specchio, la lucidità diventa un optional e ci casca Calha che lascia ripartire Theate, lo stende e prende il giallo che gli farà saltare la trasferta di Udine, domenica. Ma il peggio per i nerazzurri deve ancora arrivare. Su una rimessa laterale di alleggerimento Radu infatti liscia incredibilmente il pallone che Sansone, appena entrato, deve solo appoggiare in porta prima che varchi da solo la linea. Di tanti modi di gettare al vento uno scudetto, l'Inter trova davvero il più impensabile.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 20ª Giornata (1ª di Ritorno)

20/04/2022
Fiorentina - Udinese 0-4
Atalanta - Torino 4-4
Bologna - Inter 2-1

Classifica
1) Milan punti 74;
2) Inter punti 72;
3) Napoli punti 67;
4) Juventus punti 66;
5) Roma punti 58;
6) Lazio e Fiorentina punti 56;
8) Atalanta punti 55;
9) Verona punti 49;
10) Sassuolo punti 46;
11) Torino punti 44;
12) Udinese punti 43;
13) Bologna punti 42;
14) Empoli punti 37;
15) Spezia punti 33;
16) Sampdoria punti 30;
17) Cagliari punti 28;
18) Salernitana(*) e Genoa punti 25;
20) Venezia(*) punti 22.

(gazzetta.it)


20ª giornata: Salernitana - Venezia nuovo rinvio del recupero al 5 maggio.
(*) una partita in meno.
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È morto Mino Raiola, aveva 54 anni:
l'annuncio sui social da parte della famiglia

L'agente era malato da tempo ed era ricoverato al San Raffaele di Milano.
Gli inizi come pizzaiolo in Olanda,
gli affari di Ibrahimovic, Pogba, De Ligt e l'opposizione alla Fifa



È morto all'età di 54 anni Mino Raiola. Il super agente di calciatori era malato da tempo e lo scorso gennaio era stato ricoverato all'ospedale San Raffaele di Milano.

L'ANNUNCIO — La comunicazione della scomparsa di Raiola è arrivata tramite un post della famiglia sul profilo Twitter del procuratore: "Con infinito dolore annunciamo la scomparsa di Mino, il più straordinario procuratore di sempre. Mino ha lottato fino all'ultimo istante con tutte le sue forze proprio come faceva per difendere i calciatori. E ancora una volta ci ha resi orgogliosi di lui, senza nemmeno rendersene conto", si legge nel post.

PERCORSO — Nato a Nocera Inferiore, è cresciuto in Olanda dove ha lavorato nella pizzeria di famiglia prima di intraprendere la carriera di procuratore sportivo, inizialmente con le deleghe di alcuni calciatori olandesi come Bergkamp e Jonk e poi allargando sempre più la sua sfera fino a diventare uno degli agenti più potenti e temuti del calcio globale. Da Ibrahimovic a Robinho, da Pogba a Balotelli, da Lukaku a De Ligt, solo per citare alcuni dei trasferimenti principali con l'intermediazione di Raiola, che nel 2020 arrivò a guadagnare 85 milioni di dollari secondo Forbes. Negli ultimi anni Raiola, assieme a Mendes, Barnett e Manasseh, ha creato un'associazione di super procuratori in aperto contrasto con la Fifa e il suo proposito di riformare la categoria.

Gasport

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Flop Cagliari: perde in casa dal Verona, la corsa alla salvezza si complica

Di Barak e Caprari le reti nel primo tempo, nella ripresa una punizione di Joao Pedro illudeva i sardi, usciti tra i fischi


Francesco Velluzzi


Cagliari-Verona trasmette due certezze: il Cagliari è sempre più inguaiato nella lotta per non retrocedere, il Verona non molla più niente e confeziona con Barak e Lasagna realizzatori (1-2) un’altra partita di altissimo livello. Mai vista una squadra salva e tutto sommato lontana dall’Europa giocare con uno spirito simile, così assatanata e decisa a non regalare nulla, ma proprio nulla. Il Cagliari ne esce male, a confronto con i tifosi della Nord. La squadra, chiamata a gran voce, decide di andare a parlare con la Nord che davanti a loro li invita a tirar fuori gli attributi. Non è bastata la fiammata su gran punizione di un Joao Pedro immenso lottatore, il Cagliari dopo l’1-2 non è riuscito a raddrizzare una gara che a fine primo tempo si è messa terribilmente in salita col gol di Caprari che non era in fuorigioco. Serve un cambio di marcia deciso perché il campionato dei rossoblù, ancora in vantaggio, si deciderà quasi certamente l’8 maggio a Salerno. Quello del Verona, invece continua magicamente, a 35 punti (nell’era dei tre punti) l’Hellas non arrivava dal 2014. Un grande traguardo già questo. Per un gruppo che in estate pensava solo alla salvezza e che dopo tre giornate aveva spedito a casa Eusebio Di Francesco che fece male già a Cagliari. Il presidente Setti gongola con una squadra che tampona e riparte in modo micidiale.

PARTITA — Ed ecco la sfida. La Unipol Domus è stipata. Sold out, ovvero 16277 spettatori, 270 i veronesi nel loro spicchio con striscione Hellas Army... Mazzarri torna alla sua linea difensiva di fiducia: Goldaniga (che non lo ripaga), Lovato (che soffre tanto) e Altare (che alla fine è quello ch più se la cava). Davanti gioca Keita con Joao Pedro. Rog resta in panchina a vantaggio di Deiola. Tudor ne cambia un paio. Tameze fa l’esterno difensivo. C’è Hongla e anche Depaoli che gioca praticamente a uomo su Bellanova. Il Verona parte a razzo. Con Caprari che si invola subito a sinistra, al 5’ Marin perde palla con Hongla e Cragno ci deve mettere una mano, ma all’8’ non può nulla sull’azione dello scatenato Simeone che su un colpo di testa errato di Dalbert salta Lovato, serve Barak che segna. Il Cagliari reagisce, la partita è fisica. Barak e Tameze, che non si capisce dove gioca, ma ha Faraoni che lo copre, beccano il giallo. Proprio Tameze regala una punizione frontale che Marin calcia bene, ma trova Montipò in angolo. Sul corner Dalbert pesca la testa di Altare, ma Montipò spedisce sulla traversa. Il Cagliari preme, ma pecca pure. Perché Goldaniga perde una palla sanguinosa e Dalbert ci mette una pezza su Simeone. Ancora Montipò si supera Keita, che per una volta esce dalla morsa di Casale e dell’ottimo Ceccherini, mandandogli il gran tiro sulla traversa. È sfortunato il Cagliari. Che subisce però troppo quando il Verona si accende: Cragno copre bene su Faraoni. Grassi calcia fuori da buona posizione, ma il colpo letale per i padroni di casa arriva a un minuto dalla fine del tempo quando Ilic pesca Caprari che Lovato colpevolmente tiene in gioco. Non c’è offside, Orsato convalida il bellissimo gol, il dodicesimo per il rinato attaccante del Verona che fa quello che vuole.

SECONDO TEMPO — Mazzarri capisce che deve correre ai ripari e tentare il tutto per tutto per una difficilissima rimonta. Dentro subito Rog e Nandez per Deiola e Marin. Ma Mazzarri ne fa inspiegabilmente, perchè dopo 5’, altri due: Carboni per un deludente Goldaniga e Pavoletti per Keita. Ma dopo 30 secondi Pavoletti, gomito alto, becca già l’ammonizione. Esagerata. Con Orsato che minaccia di buttarlo fuori. La partita si scalda. Nel mirino c’è l’ex Simeone che è assatanato e va su tutti i palloni. Infatti Hongla si merita l’amo zio e consegnando un’altra punizione frontale al Cagliari al 12’. Joao Pedro decide che è il momento di decidere. Prende il pallone e lo manda nel sette: 1-2. Un gol straordinario, ma soprattutto da campione. Bocchetti sente Tudor e ne cambia tre: dentro Veloso per Ilici, Gunter per Hongla e Lasagna per Barak per scattare ancora e dare maggior profondità col Cagliari che cerca il pareggio. Tameze torna a centrocampo con Gunter che va al centro della difesa. Bocchetti inserisce anche Sutalo per Ceccherini. In pratica una difesa nuova. Mentre Mazzarri spera in una magia di Gaston Pereiro e lo manda in campo al posto di Bellanova che ha speso tanto, ma non è stato devastante come in altre occasioni, ben marcato da Depaoli. Non succede niente di rilevante fino ai 6 minuti di recupero. Il Verona controlla. La pressione del Cagliari è sterile.Un giallo per Simeone che “spacca” Lovato e uno per Carboni che stende l’imprendibile Lasagna. Poi solo un paio di conclusioni fuori che fanno aumentare la rabbia dei tifosi della Nord che dalle minacce a Simeone passano a quelle alla loro squadra: “Se scendiamo in B...”. Finisce male, malissimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli, riscatto con goleada in 21 minuti:
Sassuolo mai in partita, finisce 6-1



Koulibaly, Osimhen, Lozano e Mertens chiudono
di fatto la partita dopo meno di metà tempo:
male la squadra di Dionisi, nella ripresa doppietta del
belga e gol di Rrahmani, prima dello squillo di Lopez


Maurizio Nicita

Sognava il poker Dionisi. Perché in questa stagione aveva battuto tutte le big a domicilio. Invece il Sassuolo si dimentica di scendere in campo e il poker lo prende in faccia in poco più di 20 minuti. Imbarazzante l'approccio alla gara degli emiliani, in ritardo su tutti i duelli e che subiscono i primi due gol da angolo con i colpitori di testa azzurri a saltare indisturbati. Per il Napoli un toccasana dopo tre partite da incubo. Torna la vittoria al Maradona dopo oltre 40 giorni e così il quarto posto è garantito. Anche se perdesse le ultime di campionato, la Roma dovrebbe vincerle tutte e quattro e ribaltare una differenza reti ampiamente a favore dei napoletani. Dunque obiettivo raggiunto, con una goleada ristoratrice ma un ambiente che resta in fibrillazione. Ampi vuoti sugli spalti e contestazione alla squadra già prima della gara: sull'autobus arrivando allo stadio e poi in campo, con riferimenti espliciti anche al presidente De Laurentiis. Serviranno altre prestazioni e risultati per riconciliarsi con la propria gente. Perché a maggior ragione il risultato di oggi fa aumentare i rimpianti sulla grande occasione perduta dal Napoli.

SASSUOLO DOVE SEI? — Entrambi gli allenatori puntano su un assetto molto offensivo. Spalletti schiera ancora Mertens accanto a Osimhen e soprattutto ritrova Di Lorenzo, uomo fondamentale negli equilibri di squadra. Dionisi schiera tutti i suoi gioielli azzurro Italia, Berardi-Raspadori-Scamacca con l'unica eccezione di Djuricic che prende il posto dell'indisponibile Traore. Ma più che una questione tattica si tratta di concentrazione. La squadra di casa deve dimostrare parecchio al proprio pubblico, quella ospite semplicemente non c'è. Lo si capisce dopo due minuti quando Chiriches s'inventa uno sciagurato passaggio indietro sul quale si avventa Osimhen che anticipa Consigli in uscita ma di sinistro, defilato, colpisce il palo. Il Napoli prende coraggio e avanza con tecnica e un minimo di convinzione. E così, al primo angolo, Insigne mette la palla sulla testa di Koulibaly che non ha nemmeno bisogno di staccare alto e può piazzare nell'angolo più lontano. Fanno a tempo Mertens e Insigne a slalomeggiare in area senza trovare il bersaglio, poi il raddoppio. Ancora angolo di Insigne e stacco senza ostacoli per Osimhen che segna il suo gol numero 13 in campionato eguagliando il suo record personale a Lilla, due stagioni fa. Non pervenuta la reazione del Sassuolo e così Mertens ruba palla a Lopez (fallosamente?), dà in verticale per Osimhen che crossa sul secondo palo con Lozano che torna al gol pure lui. Difesa emiliana spettatrice. Come due minuti dopo quando Mertens si porta il pallone in area sul destro e calcia con precisione sul secondo palo.

CAMBIO SISTEMA — È quello che prova Dionisi passando a un 4-3-3 con Lopez basso a protezione della difesa, inserendo Henrique mezzala al posto del trequartista Djuricic. L'emorragia si ferma, ma solo perché il Napoli non ha alcun bisogno di alzare il ritmo. Nella ripresa si gioca a ritmi da scampagnata, e logicamente la qualità degli azzurri ha la meglio. Bello il triangolo Mertens-Fabian col quale il belga realizza una doppietta che lo porta a 148 gol con questa maglia, il migliore cannoniere di sempre, di gran lunga. Al posto di uno spento Scamacca entra Defrel che fa registrare il primo, molle tiro in porta, dopo un'ora. Ci si trascina stancamente fino alla chiusura del primo set, siglato da Rrahmani su azione successiva a calcio d'angolo. C'è il tempo per il gol della staffa di Lopez, che fa intendere come i problemi di attenzione difensiva del Napoli siano da risolvere. E anche a fine gara la contestazione delle curve continua.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Samp si prende un derby cruciale:
Sabiri e Criscito condannano il Genoa

Una rete del trequartista, ben servito da Augello, decide la partita.
Il capitano genoano calcia malissimo il rigore del pari al 96'


Filippo Grimaldi


Sampdoria in paradiso, Genoa sempre più vicino al baratro della serie B, con il dramma finale di Criscito in lacrime, che al minuto 51 della ripresa si è fatto respingere il rigore a favore dei rossoblù da un grandissimo Audero, facendo piombare il Grifone (che paga un attacco inesistente) in pieno dramma a tre giornate dalla fine e con un calendario quasi impossibile. Decide la stracittadina della Lanterna un gol di Sabiri nel primo tempo, che regala ai blucerchiati anche il derby di ritorno e allontana - probabilmente in modo definitivo - Caputo e compagni dalla zona rossa della classifica, con il Cagliari a cinque lunghezze più in basso e la Salernitana a meno otto, seppure con due gare in meno.

SCELTE LOGICHE — Giampaolo preferisce non rischiare e ripete le scelte di Verona: davanti ai quattro di difesa (con Augello preferito a Murru), sistema il recuperato Ekdal, preferito a Vieira nonostante una condizione fisica non ottimale, con Caputo unica punta. Sampdoria coperta, com’è logico che sia, con un 4-1-4-1: i cinque punti di vantaggio sul Genoa in classifica consentono ai blucerchiati di poter giocare anche per il pareggio. Non può fare gli stessi ragionamenti Blessin, che non deroga dal suo 4-2-3-1, confermando Frendrup e Vasquez in difesa (con Bani e Ostigard centrali), e Galdames trequartista. In attacco, fiducia a Destro, in un reparto offensivo che quest’anno è stato il principale problema (irrisolto) del Grifone. Avvio ad alta intensità su entrambi i fronti, Maresca deve subito intervenire dopo un minuto per un contatto Bani-Sensi in area di rigore rossoblù su cross di Candreva: il blucerchiato chiede il rigore, il gioco prosegue. Samp con più qualità, Genoa con più vigore, ma minore lucidità. La Samp capisce subito che sulla corsia destra Candreva può creare pressione a Vasquez e non a caso da lì partono nei primi venti minuti le occasioni migliori per la Samp, tuttavia troppo imprecisa. Gli attacchi sono inefficaci, Ekdal è utile in fase di ripartenza, ma è troppo basso per contribuire allo sviluppo del gioco sampdoriano. Il Genoa, viceversa, va troppo sui palloni alti, sui quali Destro perde efficacia. Sturaro e Badelj spezzano il gioco doriano. Al minuto 20 (dopo un pericolosissimo scarico di Colley su Audero, che anticipa di un soffio Destro), la prima palla-gol della gara con Amiri, che dopo un errore di Candreva, su assist di Bani, impegna dalla distanza Audero in una ribattuta complicata. Si arriva così al gol di Sabiri (26’) che piomba in area genoana e raccoglie un cross di Augello anticipando la difesa. Il Genoa protesta per un presunto fallo su Galdames sulla trequarti all’inizio dell’azione, ma il contatto è regolare. Ekuban (35’) di testa va a lato, ma gara è accesa, ma il Genoa è poco organizzato, sostituisce Sturaro con Portanova, ma fatica a riorganizzarsi. Sabiri sfiora il raddoppio proprio allo scadere della metà gara, Sirigu rimedia.


RIPRESA THRILLING — Dopo la metà gara, i rossoblù cambiano ancora inserendo Criscito per Vasquez, cercando così di sfruttare la maggiore attitudine offensiva del terzino. Ma non basta. Il Genoa ha aggressività, vorrebbe provare ad aggirare la mediana sampdoriana, ma restano i problemi di un attacco spento e mai pericoloso. Sabiri regala palloni interessanti, ha grande qualità, Candreva sale di ritmo, ma la gara resta bloccata sul vantaggio blucerchiato nel primo tempo. Gudmundsson rileva Ekuban, Melegoni prende il posto di Amiri. Giampaolo capisce che Sensi è in riserva, spazio a Vieira. I rossoblù hanno speso molto, nel finale abbassano il numero dei giri e ciò complica ulteriormente la ricerca del pari, a cui neppure contribuisce in senso positivo l’ingresso in campo di Yeboah. Samp in gestione, Giampaolo si gioca la carta Quagliarella e aggiunge un attaccante, per non fare salire troppo gli avversari. Fino al tocco con il braccio sinistro di Ferrari in pieno recupero, che nel tentativo di chiudere su Destro provoca il rigore dopo un check con la Var. Ma Audero ha un guizzo decisivo e diventa l’eroe di una notte che a Genova rimarrà nella storia dei derby. Samp in paradiso, inizia la festa blucerchiata. Ma il numero uno della Samp capisce il momento di Criscito ed è fra i primi che va a consolarlo. Una lezione di derby, Genova ne aveva bisogno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lazio, che carattere!
Rimonta tre volte lo Spezia.
Al 90' il gol "riscatto" di Acerbi

Avanti con Amian, Agudelo e Hristov,
i liguri si sono fatti riprendere tre volte da Immobile (rigore),
uno sfortunato autogol di Provedel e Milinkovic-Savic.
Nel finale la rete del difensore, che si mette alle spalle le
polemiche dopo il gol di Tonali dell'ultimo turno


Stefano Cieri


Sette gol, emozioni a non finire, svarioni clamorosi e perle d’autore. Al Picco succede tutto e il contrario di tutto. Alla fine, propio allo scadere, la spunta la Lazio e lo fa con l’uomo più discusso del momento, Francesco Acerbi. E’ lui, in coda a una partita in cui la squadra di Sarri sbaglia tanto (soprattutto dietro), ma crea altrettanto, a regalare ai suoi tre punti preziosissimi per la corsa europea. Beffa amara per lo Spezia, per tre volte in vantaggio e avanti fino a un quarto d’ora dalla fine. La squadra di Motta fa tutto bene, salvo arrendersi nel finale. E così l’urlo salvezza (che con i tre punti sarebbe stata di fatto raggiunta) resta in gola ai liguri. Il cui vantaggio sulla terzultima resta comunque di 8 punti su Salernitana (che però ha due partite in meno) e Genoa.

DIFESA HORROR — La partita comincia come da copione. Lazio che prova a fare la partita e Spezia che cerca di soffocare le iniziative degli avversari col pressing a tutto campo e la determinazione di chi vuole tornare a fare punti. Nei primi minuti la squadra di Sarri tiene quasi sempre il pallino del gioco ma senza trovare sbocchi. L’unico squillo è un tiro di Immobile che si spegne sul fondo. Poi, quasi dal nulla, ecco il primo patatrac della difesa laziale. Arriva al 9’, alla prima occasione in cui lo Spezia entra in area. Punizione dalla trequarti di Verde, Hristov prolunga di testa la palla, allungandola troppo però. Strakosha avrebbe tutto il tempo di uscire e bloccare la sfera, resta invece incredibilmente fermo e così Amian si catapulta sulla sfera e la mette dentro di testa, anticipando anche Basic che non interviene, convinto che il portiere esca. La Lazio accusa il colpo e ci mette un po’ a riordinare le idee. Lo fa però attorno al ventesimo, quando costringe lo Spezia a rinchiudersi in area. Provedel nega agli ospiti il gol del pareggio in tre circostanze: prima su Basic, quindi su Immobile, infine su Milinkovic. Al 33’ deve però arrendersi sul rigore calciato da Immobile. Pairetto lo decreta per l’evidente fallo di mano di Nikolaou su Milinkovic che in palleggio cerca di superarlo. Ma la Lazio non ha neanche il tempo di esultare che è di nuovo sotto. E ancora una volta a causa di un clamoroso svarione difensivo. Lo commette Patric, che non controlla bene il passaggio di Cataldi e si fa soffiare palla da Agudelo che arriva tutto solo davanti a Strakosha e lo beffa con un tocco sotto. La Lazio stavolta non si rialza, anzi, rischia anche il terzo gol a un soffio dall’intervallo. La difesa resta ancora ferma (stavolta l’errore è collettivo) e consente a Verde di prendere palla e superare Strakosha con un tiro dal limite. Partendo però da una posizione di fuorigioco, che porta Pairetto ad annullare la rete.

RIPRESA DA CAPOGIRO — La ripresa comincia senza sostituzioni e senza che cambi anche l’inerzia della gara. Lazio che prova a costruire e che fatica a trovare la porta avversaria e Spezia micidiale nelle ripartenze. La squadra di Sarri riesce comunque a trovare il pareggio grazie a Zaccagni che, al 9’, lavora molto bene una palla sul versante sinistro e poi lascia partire un tiro a giro sul quale Provedel si supera e devia sul palo. La sfera, tornando in campo, sbatte sulla schiena del portiere e finisce in rete. E' autogol. Come in occasione del primo gol laziale, il pareggio dura solo due minuti. Letale per i biancocelesti è ancora una punizione di Verde. Sul traversone del numero 10 svetta più in alto di tutti Hristov (in particolare di Acerbi che è il più vicino) e riporta in vantaggio i padroni di casa. Sarri prova a scuotere i suoi inserendo Luis Alberto al posto di Basic. E’ la sostituzione che cambia la partita. E’ proprio lo spagnolo che inventa il lancio per Milinkovic che consente al serbo di siglare il 3-3 (Reca non riesce ad opporre resistenza). La Lazio a quel punto ci crede e insiste alla ricerca del gol del sorpasso. Sembra trovarlo al 35’, quando Zaccagni penetra in area e lascia partire un diagonale che supera Provedel, ma si spegne sul palo. Qualche minuto più tardi ci prova Milinkovic, ma la conclusione del serbo finisce di poco alta. Si arriva così al 90’. Lo Spezia sbaglia la ripartenza, Luis Alberto intercetta la palla e la serve a Immobile che calcia a colpo sicuro, ma Provedel respinge anche stavolta, la palla finisce a Luis Alberto il cui tiro sbilenco diventa un assist per Acerbi che la butta dentro per il 3-4 finale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve, ci pensa Bonucci:
compleanno e doppietta, Venezia al tappeto

Il difensore, capitano, prima segna il gol del vantaggio,
poi le regala la vittoria dopo il momentaneo pareggio di Aramu


Fabiana Della Valle


Come dice Massimiliano Allegri, in questo momento conta solo vincere. Così la Juventus si prende il buono del lunch match contro il Venezia, ovvero i tre punti che la portano a un respiro dal quarto posto garantito, e si gode l’esordio positivo di Miretti e la doppietta di Bonucci, che nel giorno del suo 35esimo compleanno ha deciso di vestirsi da bomber per fare un regalo a se stesso e alla sua Signora. Il massimo risultato con il minimo sforzo, perché Madama non è bella e neppure stavolta riesce a tenere la porta inviolata, come aveva chiesto il suo allenatore.

FESTA BONUCCI — Le due reti della Juve nascono sugli sviluppi di calci piazzati. La prima arriva all’alba dell’incontro, demoralizzando il Venezia e mettendo i bianconeri nelle condizioni di poter gestire e controllare. Allegri sceglie la coppia Vlahovic-Morata, con Dybala relegato in panchina, ma il gol del vantaggio porta la firma di un difensore con la complicità di un altro difensore: punizione di Miretti, alla prima da titolare (a proposito, perché non lo abbiamo visto in campo prima?), sponda di testa di De Ligt e zuccata vincente di Bonucci. La Juventus è viva e continua ad attaccare, con Miretti che mette in vetrina tutto il suo repertorio: lanci, inserimenti, dialogo nello stretto, persino un’occasione per il 2-0, la più nitida del primo tempo, che però finisce fuori. Il ragazzo ha piede e personalità ed è sempre nel vivo del gioco. Dopo venti minuti però la Juventus si ferma, anche perché le basta poco per controllare la partita contro un Venezia che non riesce a reagire e pare già rassegnato alla Serie B. In più perde Vacca, costretto a uscire dopo una gomitata, prima dell’intervallo. Per la squadra di Soncin un paio di ripartenze che potevano diventare interessanti e nulla più. Ci prova solo Henry con un colpo di testa su cross di Mateju che finisce alto.

ANCORA ARAMU — Nella ripresa la squadra di Allegri non alza il ritmo e la paga cara, perché i lagunari piano piano piano trovano prima il coraggio di spingere e poi anche il gol del pareggio: azione che parte da Ampadu, sponda di petto di Peretz e sinistro imprendibile di Aramu, che fa il bis dopo la rete dell’andata. Il vuoto lasciato in mezzo dalla Juve in occasione del pari è preoccupante, così come l’inconsistenza dell’attacco bianconero: Morata gira a vuoto e Vlahovic è ben controllato da Caldara.

DOPPIETTA DA CAPITANO — Allegri infatti li sostituisce tutti e due con Dybala e Kean, ma ci vuole ancora un difensore per riportare la Madama in vantaggio: è ancora lui, capitan Bonucci, che stavolta su angolo battuto da Miretti approfitta della respinta del portiere sul colpo di testa di Danilo, toccandola quanto basta per mandare il pallone in porta. I tre punti sono in cassaforte, ora ne basta uno in tre partite per rendere matematicamente certo il quarto posto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sulle ali di Belotti, tripletta Gallo: il Toro ribalta l’Empoli

Toscani in vantaggio con Zurkowski, poi due falli di mano di
Stojanovic (espulso) portano due rigori granata.
Non basta, nel finale la terza rete del capitano del Torino.
Scavalcato il Sassuolo in classifica.
I padroni di casa protestano, la salvezza aritmetica però deve attendere


Mario Pagliara


Il sorpasso è servito. Il Toro ribalta 3-1 l’Empoli nel proprio stadio e scavalca in classifica il Sassuolo al decimo posto. Ci ha messo il cuore la squadra di Juric, poi il resto lo ha fatto il capitano Belotti firmando una tripletta grazie a due calci di rigore e a un acuto nel finale: per il Gallo sono 100 gol in Serie A con il Toro (113 in tutte le competizioni). Il Toro vince nonostante l’iniziale vantaggio di Zurkowski (nell’occasione è grave l’errore di Berisha), capitalizzando l’uomo in più per oltre mezzora per l’espulsione di Verre. Nel finale rosso anche a Stojanovic per proteste e così la squadra di Andreazzoli ha finito in nove uomini.

UN GIALLO DI TROPPO — La domenica toscana di Ivan Juric comincia a colazione, quando in ritiro capisce che dovrà rinunciare a Gleison Bremer: ieri il difensore brasiliano aveva partecipato regolarmente alla rifinitura, dopo aver riposato venerdì, facendo sperare di aver ormai smaltito la botta presa mercoledì a Bergamo. Oggi, al risveglio, si è riacutizzato il dolore e Juric, in via precauzionale, non ha avuto scelta: lo ha lasciato in panchina, lanciando al suo posto un attentissimo Buongiorno. A Empoli è la prima volta da titolare di Pellegri, mentre non è nemmeno in panchina Sanabria perché infortunato. Nell’Empoli di Andreazzoli non ci sono particolari novità: l’unica, forse, è Verre schierato sulla trequarti alle spalle della coppia Di Francesco-Pinamonti. Il primo tempo scorre sul binario dell’equilibrio: si fa preferire il Toro nella prima parte, viene fuori l’Empoli sulla distanza. L’unico tiro nello specchio è di Verre (38’), tra le braccia di Berisha. Il Toro ci prova più volte, peccando di precisione: Pobega due volte a fil di palo (12’ e 23’), Brekalo alto (19’). Nel finale sventola improvvisa di Asllani (42’) fuori bersaglio. Alla mezz’ora c’è un cartellino giallo di troppo da parte dell’arbitro Cosso nei confronti di Lukic: per Cosso il serbo avrebbe ostruito Parisi al punto da meritarsi il giallo: il fallo ci può stare, è certamente troppo la sanzione. Lukic era in diffida, salterà Toro-Napoli.

FRITTATA BERISHA — Ad inizio secondo tempo Juric inserisce Ansaldi sulla sinistra al posto di Vojvoda. L’occasione più clamorosa cade nei piedi di Pinamonti dopo otto minuti: Di Francesco è bravo nel servirlo a tu per tu con Berisha, sugli sviluppi di un contropiede, ma il nove di Andreazzoli manca clamorosamente la porta. Il peggio per il Toro sta però per arrivare. Passano tre minuti quando Zurkowski scocca un tiro dalla distanza apparentemente innocuo e centrale. Berisha però non lo controlla e combina la frittata: è l’uno a zero per l’Empoli. Quando si arriva all’ora di gioco, Verre entra durissimo su Pellegri con il piede a martello sulla tibia: in presa diretta l’arbitro Cosso ammonisce, poi va a rivedere l’azione e decide per l’espulsione. Con la superiorità numerica e un gol da recuperare, Juric inserisce Belotti (per Pellegri), Seck (per Singo) e Ricci (per Lukic) e passa al 3-4-3.

CANTA IL GALLO — Alla mezzora della ripresa, Stojanovic intercetta con le mani una conclusione di Ansaldi. Cosso fischia il rigore, che al 33’ Belotti trasforma: è l’1-1. Il finale è palpitante ed arriva un secondo tiro dal dischetto per i granata: al 40’ un tiro di Ricci viene deviato con le braccia larghe ancora da Stojanovic. L’arbitro Cosso non se ne accorge in diretta, viene richiamato al Var e assegna il secondo rigore che ancora Belotti non sbaglia. Stojanovic protesta in modo talmente veemente da essere espulso e rivolge all’arbitro anche il gesto di voler tirargli un pugno. Al sesto di recupero arriva il tris del Toro con la tripletta di Belotti (assist di Brekalo). Che festeggia i suoi 100 gol in Serie A con il Torino.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un gol di Leao manda il Diavolo in paradiso:
Fiorentina battuta, +2 sull'Inter

Il Milan piega la squadra viola con una rete all'82'
del portoghese che sfrutta un errore di Terracciano.
I rossoneri sprecano tanto, ma alla fine portano a casa tre punti d'oro per lo scudetto


Marco Fallisi


Alle 16.42 del primo maggio, a Milano la terra ha tremato. L’epicentro è lo stadio di San Siro, dove gli spalti ballano per minuti che sembrano lunghi una vita perché Rafael Leao ha appena segnato alla Fiorentina un gol che profuma di scudetto. Il Milan ha fatto il suo, ha vinto anche questa e domenica prossima andrà a Verona ancora da capolista, ancora in solitaria, sempre a +2 sull'Inter di Inzaghi. A decidere il match è Leao, il diamante che Pioli ha sgrezzato e che ora comanda la truppa del gol in casa Milan: le reti di Rafa sono dieci, se non si vincono scudetti senza bomber in doppia cifra allora il Diavolo è attrezzato anche lì davanti. La Fiorentina si arrende per un errore del suo portiere Terracciano, “assistman” con uno sciagurato passaggio sui piedi del portoghese: dopo Radu a Bologna, un altro numero uno indirizza lo scudetto verso il Milan.

GIROUD, CHE ERRORE — Pioli ripresenta gli stessi undici partiti all’Olimpico con la Lazio: Diaz ancora titolare, Bennacer in panchina. Italiano disegna un 4-3-3 muscolare in mezzo – Amrabat perno centrale con Duncan e Maleh ai lati – e il tridente Gonzalez-Cabral-Saponara. Chi si aspettava una Fiorentina ancora sottotono, dopo i due ko di fila con Salernitana e Udinese, sbagliava: i vola non regalalo nulla e anzi dirigono i giochi con un possesso palla superiore a quello del Milan, ma i segnali di vero Diavolo lungo il primo tempo sono più di uno. Nel primo quarto d’ora i rossoneri costruiscono occasioni seguendo la via prediletta dai funamboli di Pioli, ovvero fraseggio stretto, movimenti tra le linee e gli immancabili strappi di Leao. Dopo 7 minuti i 71 mila di San Siro esplodono al gol di Hernandez (destro imparabile), ma l’arbitro annulla per il fuorigioco di Messias che vizia l’avvio dell’azione. Poco dopo altra palla d’oro per Diaz, anche lui in offside, mentre al 16’ è Giroud a divorarsi l’1-0: manovra bellissima accesa dal duo Tonali-Leao e rifinita da Kessie, che manda il francese a tu per tu con Terracciano. Il tocco sotto mancino di Giroud però finisce clamorosamente a lato. I pericoli viola arrivano tra l’11’ e il 21’: prima Igor spara fuori di niente un rigore in movimento, poi è Maignan a farsi trovare pronto sul sinistro di Saponara, l’incursore più pericoloso della Fiorentina. La banda Italiano mette paura quando avanza, perché palleggia in velocità e a due tocchi, anche a corso concedere spazi vitali per le imbucate dei diavoli e prendersi dei rischi. Uno, gigantesco, lo corre Maleh: dopo essere stato ammonito all’alba del match per una entrata in gioco pericoloso su Maignan, il centrocampista viola al 19’ sbraccia su Tonali, colpendolo al collo. Fallo che andrebbe punito con il secondo giallo, ma Valeri decide di non estrarre il cartellino graziando giocatore e squadra viola.

KILLER LEAO — Nella ripresa Italiano risistema la fascia destra: Venuti, che ha pagato la sofferenza su Leao con una ammonizione nei primi 45 minuti, lascia il posto a Quarta. Non che cambi molto, perché il portoghese si ripresenta al tiro subito, ed è un’altra palla gol colossale sprecata dal Milan: Rafa riceve palla tutto solo da Giroud e alza incredibilmente sopra la traversa da due passi. Il gol è maturo ma non arriva, però i giovani diavoli hanno il merito di non deprimersi e alzano il ritmo. Al 52’ Kessie in diagonale chiama Terracciano alla respinta, un minuto dopo è Hernandez a infiammare la curva sud: Tonali, sempre più motore di tutta la squadra, pesca il francese che però controlla male e spara alto. Pioli ripensa la trequarti inserendo Rebic e Krunic per Messias e Diaz, Italiano risponde con Bonaventura al posto di Maleh: l’ex rossonero raccoglie gli applausi del Meazza e prova a scuotere i suoi, decisamente meno brillanti del primo tempo. È in questo quadro che Ibra irrompe nel match, quando sostituisce Giroud a venti minuti dalla fine: San Siro gli chiede magie, ma Zlatan non tira fuori nulla dal cilindro. La tensione rossonera sale, anche Theo rischia per una gomitata su Torreira, mentre Quarta si prende un giallo poco dopo per un calcione a Hernandez sulla linea laterale. Mentre le rotazioni di Pioli lì davanti non producono un granché, è la Fiorentina ad andare vicina al gol, con un colpo di testa di Cabral al 76’ su cui vola Maignan. La partita si trascina verso un pareggio che offrirebbe all’Inter l’occasione dell’aggancio, ma all’82’ Leao cambia la storia di questo pomeriggio e forse anche del campionato: il pallone che Terracciano gli recapita è troppo goloso per non essere sfruttato, Rafa stavolta non sbaglia e va in buca. Milan is on fire, staremo a vedere se le ultime tre giornate somiglieranno a un conto alla rovescia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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02/05/2022 13:50
 
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L'Inter non fa scappare il Milan:
Perisic e Lautaro firmano il colpo a Udine

I nerazzurri vanno sul 2-0 poi soffrono un po’ nel finale per la rete di Pussetto,
ma restano a meno due dalla squadra di Pioli


Davide Stoppini


Il campionato è ancora vivo, lo scudetto è una partita tutta da giocare. E’ questo il verdetto della partita di Udine: l’Inter passa 2-1, soffre nel finale il tentativo di rimonta da parte della squadra di Cioffi ma risponde nel migliore dei modi al successo del Milan, tornando a meno due dai rossoneri. Merito delle reti di Perisic e di Lautaro nel primo tempo, che rendono innocuo il gol di Pussetto della ripresa. Ed è un successo pesante per Inzaghi, dopo la caduta di Bologna.

PRIMO TEMPO — L’Inter scende in campo con il peso psicologico di una vittoria last minute del Milan: la speranza di un aggancio in testa diventa invece una gara da iniziare con un -5 in classifica. Ma la squadra di Inzaghi dimostra di crederci, non facendosi influenzare. L’Udinese si affaccia al 5’ con una conclusione di Pereyra dopo una sponda di Success, ben parata da Handanovic, recuperato dopo il doloroso forfait di Bologna. Ma al 12’ l’Inter è già avanti: angolo di Dimarco, sul primo palo Perisic sbuca tra Success e Becao e infila Silvestri. In fondo, proprio come mercoledì a Bologna, ancora una volta l’esterno croato ad aprire le mercature. Qui però l’Inter non cade nello stesso errore. L’Udinese reagisce quasi di nervi, con una conclusione dai 20 metri di Walace che Handanovic respinge. I nerazzurri però controllano le avanzate degli uomini di Cioffi senza grossi problemi. Peraltro, il tecnico friulano perde presto Success, al quale aveva affidato compiti di copertura su Brozovic: dentro Pussetto. Dimarco ancora protagonista, tra i migliori in casa Inter. Pericoloso al 17’ quando ruba palla a Molina e poi affonda fino a trovare la respinta di Silvestri. Poi il difensore di Inzaghi è provvidenziale su Pussetto – minuto 30 – su cross di Deulofeu dalla sinistra. Al 37’ l’episodio chiave del primo tempo: l’Inter manovra al limite, Barella trova un’imbucata geniale per Lautaro, il tocco sotto dell’argentino è respinto da Silvestri, sulla palla vagante si avventano Dzeko e Pablo Mari, il bosniaco sposta il pallone e va a terra. L’arbitro Chiffi prima lascia giocare, poi richiamato dal Var Banti rivede l’azione e concede il rigore. Sul dischetto va Lautaro, giallo nel giallo: il destro del Toro finisce sul palo, poi il suo tap-in di testa fissa il 2-0. Non per l’arbitro Chiffi, che annulla perché non si accorge che il tiro di Lautaro in realtà è stato toccato da Silvestri con la mano destra dopo essere finito sul palo. Altra topica, altro intervento provvidenziale del Var che spinge Chiffi a convalidare.

SECONDO TEMPO — Nell’intervallo Cioffi sostituisce Arslan con Samardzic. E’ subito l’Inter ad aver la chance per chiudere il discorso: minuto 6, Gagliardini detta il rinvio ad Handanovic e con una sponda di testa innesca Dzeko, che a tu per tu con Silvestri conclude malissimo con il sinistro. L’Udinese prova il forcing, chiude l’Inter nella propria metà campo ma quasi mai senza rendersi realmente pericolosa. E’ piuttosto la squadra di Inzaghi, in contropiede, a costruire le occasioni per il terzo gol: al 14’ altra giocata di Perisic che innesca a centro area Lautaro, la cui conclusione col sinistro viene ribattuta in angolo da Becao. I minuti passano, l’Udinese arriva bene fino alla trequarti Inter ma non trova mai la giocata per entrare in area. Una chance ci sarebbe allora al 27’: punizione di Deulofeu dai 20 metri, Handanovic arriva a respingere proprio vicino al sette, sul pallone arriva Udogie che innesca Pussetto per il tap-in dentro l’area piccola. All’improvviso, il risultato torna in discussione. Inzaghi opera un triplo cambio: dentro Vidal, Sanchez e Correa per Gagliardini, Dzeko e Lautaro. Cioffi invece mette dentro Soppy per Molina. Correa ha subito una chance: minuto 31, innescato ancora da Perisic, va fino in fondo sulla sinistra ma il tiro viene respinto da Silvestri. Dentro D’Ambrosio per Dimarco, il copione della gara è scritto anche se l’Inter prova a non farsi schiacciare. Al 33’ annullato l’1-3 di Vidal, risultato ancora in bilico. Cioffi ci crede, l’Inter non gestisce bene le ripartenze, l’Udinese ha energie ancora da spendere. Handanovic sbroglia una situazione delicata in area, Inzaghi è pure costretto a cambiare una sostituzione in corsa: al rush finale dentro Vecino per l’infortunato Barella e non Gosens per Perisic. Cinque minuti di recupero, l’Udinese colleziona calci piazzati ma non tira mai in porta. Dall’altro lato è invece Sanchez ad addormentare la partita tenendo il pallone sulla bandierina tra possesso palla e angoli consecutivi. Non c’è più tempo. A 270’ dal termine, lo scudetto balla ancora tra le due anime di Milano.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Mourinho pensa al Leicester e
il Bologna frena anche la Roma

I giallorossi, con Mou che lascia inizialmente molti titolari a riposo
in vista della Conference League, sbattono contro Skorupski


Massimo Cecchini


Impressioni? La volata per l’Europa League sarà al cardiopalmo, mentre Juventus e Napoli sono aritmeticamente in Champions League. La Roma che non va oltre lo 0-0 col Bologna, infatti, rilancia le speranze di Lazio (che l’aggancia), della Fiorentina (che la sfiderà nel prossimo turno) e dell’Atalanta (che lunedì sera giocherà contro la Salernitana). Tutto questo, dobbiamo dirlo, per "colpa" del Leicester, atteso giovedì per il ritorno della semifinale di Conference League, che ha annacquato la concentrazione della squadra di José Mourinho, poco felice dell’arbitraggio e critico anche nei confronti del Lazio ("una squadra ha segnato il gol in fuorigioco"). Non nascondiamolo: le rotazioni dello Special One hanno avuto pochi meriti, se non quello di aver fatto riposare parzialmente alcuni dei titolari. Ma tanto merito va anche al Bologna del leone Mihajlovic, che ruggisce dall’ospedale. La squadra rossoblù - dopo aver fatto risultato contro Juve, Milan e Inter - stavolta frena un’altra grande senza rubare nulla, giungendo al sesto risultato utile di fila.


ZANIOLO CENTRAVANTI — Con Mkhitaryan infortunato e Oliveira squalificato, rispetto ai titolari di Coppa l’allenatore portoghese cambia mezza squadra, confermando solo Rui Patricio, Mancini, Ibanez, Cristante e Zaniolo che, a sorpresa, viene schierato nella posizione di falso centravanti, con alle spalle Perez e Felix. Sulle fasce tocca a Mailtland-Niles ed El Shaarawy provare ad assicurare spinta, mentre in mediana si rivede Veretout. Come si vede, squadra sperimentale che nel primo tempo i rossoblù controllano senza grande fatica, impostati dietro con Medel perno centrale e Soumaoro e Bonifazi ai suoi lati, l’ottimo Schouten in regia affiancato da Dominguez e Soriano, affidando le fasce a l’esordiente da titolare Kasius e Hickey per provare a servire al meglio Orsolini e Arnautovic. I primi ruggiti dei quasi 63.000 dell’Olimpico, però, li regalano due proteste contro l’arbitro: il primo per un dubbio fallo di mani di Medel (scivolato) dopo 45 secondi e poi per un contatto al limite fra Hickey e Maitland-Niles, ma l’incerto Fabbri dice sempre di no. Non succede nulla, ma una cosa è chiara: il Bologna non viene per fare barricate, ma per giocare. Questo comporta che lascia spazi su cui provano a infilarsi i giallorossi, anche se Zaniolo - costretto spesso a giocare spalle alla porta - sembra molto penalizzato. Ne consegue che, dopo un paio di accelerate senza fortuna di Arnautovic (17’), in gran parte della prima frazione sono i giallorossi ad avere il pallino in mano, così tocca a Skorupski andare in vetrina intervenendo bene prima su Perez (24’), Zaniolo (29’) e ancora su Perez (39’). Si notano diversi imprecisioni da entrambe le parti, ma nel finale di tempo sono i rossoblù che lievitano, con Mancini che deve salvare alla disperata su Orsolini (42’) e Rui Patricio bravo a dire due volte di no sia allo stesso Orsolini (43’) che ad Arnautovic (45’).

SUPER SKORUSPKI — Nella ripresa la Roma parte forte, ma è subito rabbia per un presunto fallo di Medel (sarebbe stato secondo giallo) su Felix che Fabbri giudica non punibile. Al solito, si scatena il preparatore giallorosso Nuno Santos, che viene espulso. Al 9’, però, è il Bologna a lamentarsi, quando Kumbulla trattiene per la maglia Orsolini in area: l’arbitro lascia correre. Al 13’ la partita cambia quando la Roma inserisce un poker di titolari: Karsdorp, Zalewski, Pellegrini e Abraham. I giallorossi aumentano la pressione alta e i rossoblù sono costretti più spesso al lancio lungo, dove Arnautovic fa reparto da solo. Nonostante i diversi tiri, per tutti però è difficile inquadrare la porta, finché i cambi del Bologna - De Silvestri e Barrow, e poi Theate e Aebischer - cercano di arginare l’onda giallorossa. Al 22’, però, tocca a Skorupski volare per deviare un colpo ti testa di Kumbulla e sulla ribattuta è sempre il portiere a dire di no a Zaniolo. Mentre Arnautovic tenta qualche sortita pericolosa nelle praterie che adesso ha a disposizione, al 36’ è Abraham a sfiorare la rete in diagonale. È l’ultimo squillo, fino al tiro da limite di Pellegrini, che sfiorerà la traversa al 48’. Nel tempo che intercorre anche il Bologna diventa pericoloso, così al 43’ tocca a Rui Patricio deviare un colpo di testa di De Silvestri, mentre sulla ribattuta è Arnautovic che manda alto. Saremmo ai titoli di coda se al 44’ lo spento Barrow, da solo, non colpisse la traversa, ma l’azione viene annullata dal fuorigioco. E allora la gioia del Bologna si specchia nella rabbia della Roma per l’occasione sprecata. Ma su una cosa saremmo pronti a scommettere: giovedì contro il Leicester si vedranno in campo lupi affamati.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pasalic salva l'Atalanta all'88'.
Ma per la Salernitana è un buon punto

Il croato nel finale evita il k.o. a Gasperini.
Molto bene i campani, a segno con Ederson nel primo tempo
e ora a meno due dal Cagliari con una partita in meno


Andrea Elefante


Un altro passo verso la salvezza della Salernitana, un altro passo falso in casa dell’Atalanta, che vede allontanarsi ancora un pochino l’Europa: obiettivo ancora possibile, perlomeno con il settimo posto, perché le rivali frenano quasi quanto lei, ma continuare a perdere tutte queste possibilità potrebbe essere fatale. Oggi la squadra di Gasperini resta ottava (a pari punti con la Fiorentina, ma ha gli scontri diretti sfavorevoli) e l’unica consolazione è che giocherà le prossime due partite fuori casa, dove sicuramente fatica di meno. Punto strameritato per la Salernitana: Nicola ha dato a questa squadra un’anima inossidabile, una convinzione incrollabile e l’idea di un calcio concreto ma efficace, con una fase difensiva finalmente all’altezza, frutto di uno straordinario lavoro collettivo: mai visto correre Verdi così tanto. E così il sogno di salvarsi non è davvero più un’utopia.

LE SCELTE — Gasperini punta sul tridente superoffensivo: Muriel e Boga assieme a Zapata, per la prima volta tutti e tre insieme dall’inizio. Opzioni quasi obbligate a centrocampo, con Hateboer e Zappacosta sulle fasce e i titolarissimi De Roon e Freuler; dietro, senza Toloi, ancora fiducia a Scalvini, assieme a Demiral e Palomino. Nicola non rinnega il 3-5-2, adattando Ruggeri a fare il centrale mancino assieme a Fazio e Gyomber, con Mazzocchi e Zortea sulle fasce e Verdi assieme a Djuric in attacco.

PRIMO TEMPO — Il cliché è quello di sempre nelle partite in casa dell’Atalanta: spazi chiusi e difficoltà a trovare soluzioni per aprire varchi, ma anche a gestire le ripartenze avversarie. La Salernitana è in stato di grazia, fisicamente e soprattutto psicologicamente, lotta su ogni pallone, ribatte colpo su colpo, non corre seri rischi perché le uniche due volte in cui la Dea vede la porta, Zapata si fa murare da Gyomber e Sepe chiude bene lo specchio a Freuler. Ma la squadra di Nicola non si limita a guardare: per due volte Musso è costretto a distendersi su due conclusioni da Coulibaly e alla prima vera chance passa: minuto 27, sugli sviluppi di una punizione l’Atalanta non ritrova le posizioni giuste e su una sponda testa del solito Djuric, che sovrasta Scalvini, Ederson trova l’inserimento centrale, prendendo alle spalle Demiral. Per l’ennesima volta l’Atalanta si trova sotto in casa e la frenesia non la aiuta a ritrovare la lucidità necessaria per trovare soluzioni pulite, anche perché Fazio e Gyomber giocano una partita praticamente perfetta, mentre Palomino e Demiral, entrambi ammoniti nella stessa azione, sono lo specchio del nervosismo della squadra di Gasperini, di nuovo prigioniera dei suoi limiti offensivi.

SECONDO TEMPO — Se possibile, i balbettii offensivi dell’Atalanta emergono ancora di più nella ripresa, passata quasi per intero nella metà campo avversaria, ma senza riuscire a concretizzare tanto dominio. Un colpo di testa di Palomino su palla inattiva, ma anche altre due parate di Musso su Bohinen e Coulibaly. Poi un assedio che produce solo un diagonale di Maehle respinto di pugno da Sepe e un sinistro largo di Malinovskyi, entrato forse troppo tardi. E’ proprio una sua invenzione, al 43’ del secondo tempo, a trovare sul filo del fuorigioco l’inserimento di Pasalic, che indovina perlomeno il diagonale dell’1-1. Ma la Salernitana non accusa il colpo, Musso deve addirittura opporsi alla possibile beffa di Bohinen e il sinistro di Malinovskyi spedisce alto il pallone di una vittoria in extremis che l’Atalanta non avrebbe meritato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 35ª Giornata (16ª di Ritorno)

30/04/2022
Cagliari - Verona 1-2
Napoli - Sassuolo 6-1
Sampdoria - Genoa 1-0
Spezia - Lazio 3-4
01/05/2022
Juventus - Venezia 2-1
Empoli - Torino 1-3
Milan - Fiorentina 1-0
Udinese - Inter 1-2
Roma - Bologna 0-0
02/05/2022
Atalanta - Salernitana 1-1

Classifica
1) Milan punti 77;
2) Inter punti 75;
3) Napoli punti 70;
4) Juventus punti 69;
5) Roma e Lazio punti 59;
7) Fiorentina e Atalanta punti 56;
9) Verona punti 52;
10) Torino punti 47;
11) Sassuolo punti 46;
12) Udinese e Bologna punti 43;
14) Empoli punti 37;
15) Sampdoria e Spezia punti 33;
17) Cagliari punti 28;
18) Salernitana(*) punti 26;
19) Genoa punti 25;
20) Venezia(*) punti 22.

(gazzetta.it)


20ª giornata: Salernitana - Venezia nuovo rinvio del recupero al 5 maggio.
(*) una partita in meno.
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Come corre la Salernitana,
il sogno salvezza è più vicino.
Venezia k.o., B a un passo



Il rigore in avvio di partita di Bonazzoli lancia la squadra di Nicola,
poi Verdi risponde al momentaneo pareggio di Henry:
campani fuori dalla zona retrocessione


Nicola Berardino

Salerno esulta. Contro il Venezia vince e sale al quart’ultimo posto. Per la prima volta in questa stagione è fuori dal giro che porta in B. Tre punti per scavalcare il Cagliari che domenica sarà di scena all’Arechi. Sotto la spinta del 23 mila dello stadio salernitano la squadra di Nicola intasca il quinto risultato utile di fila (quattro vittorie).

Un gol per tempo: Bonazzoli su rigore al via e poi appena entrato la risolve Verdi. Il Venezia subisce il gol-partita dopo aver centrato il pareggio con Henry nella ripresa. Conclude in 10 (espulso alla fine Ampadu) la squadra di Soncin che subisce la decima sconfitta di fila e resta malinconicamente all’ultimo posto.


BONAZZOLI DI RIGORE — Rispetto alla gara di lunedì a Bergamo, Nicola recupera Radovanovic al centro della difesa, spostando Fazio sulla sinistra. E in avanti inserisce Bonazzoli al posto di Verdi. Soncin si affida al 3-4-2-1. Nel pacchetto arretrato entra Svoboda, con Ampadu avanzato in mediana al fianco di Peretz, mentre nella trequarti c’è Okereke con Aramu. Subito il Venezia in avanti: Ceccaroni impegna Sepe. Incursione di Fazio, mani di Ceccaroni, Mariani passa dalla Var e concede il rigore alla Salernitana. Al 7’ dal dischetto Bonazzoli segna il suo nono gol in campionato e la squadra di Nicola si ritrova sulla corsia preferenziale. Il vantaggio consente ai campani di frenare la forza d’urto sprigionata in avvio. Le forze vanno bilanciate con le fatiche della trasferta di tre giorni prima con l’Atalanta, ma anche col caldo di maggio di Salerno. Il Venezia affina il palleggio ma non trova sbocchi. I campani invece appena avanzano riescono a dare profondità alla manovra. Solo un tentativo di Aramu, murato dalla difesa di Nicola, va nel conto delle incursioni offensive. Mentre la Salernitana potrebbe raddoppiare al 37’ quando Caldara salva praticamente a porta vuota su una botta di Djuric, innescato da Bonazzoli dopo una spettacolare rovesciata in area di Gyomber. Al riposo si va col risultato di 1-0 per i padroni di casa.

RISOLVE VERDI — Al via del secondo tempo Soncin fa entrare Ullmann al posto di Haps. Soffre la Salernitana. Ci prova Aramu su punizione, poi Sepe vola per deviare una parabola di Okereke. Al 13’ il pareggio dei veneti, cross di Aramu, Sepe respinge il colpo di testa di Caldara ma non può far nulla sulla ribattuta di Henry. Dopo l’ok del Var si riparte dall’1-1. Nicola fa entrare Verdi per Bonazzoli e Kastanos per Coulibaly: servono energie fresche. Esce pure Sepe per un fastidio all’occhio dopo l’intervento sul gol del Venezia, tra i pali va Belec. Anche Soncin ravviva la sua squadra con gli innesti di Crnigoj e Busio per Okereke e Peretz. La Salernitana riparte all’attacco e raddoppia al 22’. Verdi è pronto a colpire capitalizzando un rimpallo su incursione di Kastanos. Il Venezia non si arrende e prova a raddrizzare la gara. Sfiora il pareggio con Caldara (di poco a lato) e con un’altra punizione di Aramu ma la palla non entra e dopo i sei minuti di recupero l'Arechi esplode per festeggiare i tre punti che lanciano i granata verso la salvezza.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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