Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.


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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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SERIE A 2021/2022 20ª Giornata (1ª di Ritorno)

05/05/2022
Salernitana - Venezia 2-1

Classifica
1) Milan punti 77;
2) Inter punti 75;
3) Napoli punti 70;
4) Juventus punti 69;
5) Roma e Lazio punti 59;
7) Fiorentina e Atalanta punti 56;
9) Verona punti 52;
10) Torino punti 47;
11) Sassuolo punti 46;
12) Udinese e Bologna punti 43;
14) Empoli punti 37;
15) Sampdoria e Spezia punti 33;
17) Salernitana punti 29;
18) Cagliari punti 28;
19) Genoa punti 25;
20) Venezia punti 22.

(gazzetta.it)
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L'Empoli spaventa l'Inter,
poi si scatena Lautaro:
4-2 e sorpasso al Milan



Partita folle, con i toscani in fuga grazie all'ex Pinamonti e Asllani.
Un'autorete di Romagnoli la riapre, poi la doppietta del Toro e Sanchez nel recupero.
Inzaghi a +1 sui rossoneri impegnati domenica sera a Verona


Luca Taidelli

a Pazza Inter torna in testa al campionato almeno per due notti. Lo fa al termine di un match surreale in cui si fa infilare subito dalle reti dell'ex Pinamonti (serviti i dietrologisti) e Asllani, poi prende a caricare con lucidità intermittente ma una forza che fa ben sperare anche per gli ultimi impegni di una stagione massacrante. L'autogol di Romagnoli stpaa una rimonta completata dalla doppietta di Lautaro e dal sigillo di Sanchez nel recupero. E i 70mila del Meazza possono fare festa.

PRIMO TEMPO — Inzaghi insiste con Dimarco per Bastoni, ripropone Dumfries a destra e sceglie Correa per affiancare Lautaro in attacco. Andreazzoli schiera la coppia di centrali difensivi Romagnoli-Luperto, punta su Stulac in mezzo al campo e davanti conferma l’ex Pinamonti, che nei primi movimenti sembra stare largo a sinistra con Bajrami alto e Asllani trequartista, ma al 5' fa un movimento da vero centravanti sul cross basso di Zurkowski, innescato da Stulac in una fascia destra deserta. Frenetica sin dal primo pallone, l'Inter resta tale anche dopo lo svantaggio e De Vrij in mischia pasticcia un pallone che poteva valere il pareggio. Il problema per Inzaghi è che i suoi leggono male ogni movimento degli avversari e soltanto un fuorigioco millimetrico di Pinamonti al 10' cancella il raddoppio di Zurkowski. Già chiaro prima del match, il copione diventa ancora più esasperato con l'Inter in svantaggio: un assalto forsennato in cui però Lautaro e compagni faticano a essere lucidi quando conta. Al 23' Manganiello fischia il rigore per un'entrata di Parisi su Barella, smarcato in modo geniale da Brozovic. Il Var Banti segnala però al collega che il difensore dell'Empoli aveva preso prima la palla, quindi si continua. E qualche minuto dopo i toscani piazzano la seconda banderilla nel fianco dell'Inter in modo incredibile. Lancio dalla propria trequarti di Fiamozzi, De Vrij valuta male la traiettoria, Asllani ringrazia e batte Handanovic con un diagonale che ammutolisce il Meazza stracolmo, mentre Brozovic e Lautaro non le mandano a dire al centrale olandese. Riparte il torello interista, ma l'Empoli gioca alla morte e in area chiude tutti gli spazi. In spazi così stretti, sarebbero fondamentali le giocate di Perisic e Correa, gli unici che saltano l'uomo. Ma Fiamozzi tiene bene il croato, mentre il Tucu fa lo spettatore non pagante e non gli riesce nulla. In un primo tempo folle, De Vrij al 38' ne combina un'altra, innescando il contropiede di Zurkowski, ma al 41' l'Inter trova la scintilla con l'autogol di Romagnoli, che in scivolata beffa Vicario sul cross dal fondo di Dimarco, fuori giri dietro ma sempre pericoloso quando sale. San Siro diventa una bolgia, Barella la manda alta di poco il destro di esterno. Esplosione rimandata di poco. Al 45' lo stesso Barella sradica un pallone ad Asllani e sulla verticalizzazione Calhanoglu è bravo a pescare l'inserimento di Lautaro che di destro manda all'angolino il pallone del 2-2. L'Inter ha il sangue agli occhi, il Toro - a differenza di un Correa indolente - si guadagna un corner sul quale Vicario intercetta la girata di Perisic.

SECONDO TEMPO — Si riprende senza cambi, nemmeno nella trama. L'Inter si accampa nella metà campo avversaria e ci prova subito con Dumfries e Perisic, l'Empoli si difende come può ma ha il merito di provare sempre a giocare la palla quando riesce a recuperarla. Anreazzoli cerca forze fresche in Di Francesco e Henderson (fuori Bajrami e Zurkowski), ma l'Inter è un'onda in piena. Vicario compie tre miracoli su Calha, Dumfries e Lautaro. In un minuto i nerazzurri arrivano al tiro quattro volte, e per poco in ripartenza Pinamonti non piazza il secondo scherzetto. Al 64' però Lautaro sfonda la porta dopo un disimpegno infelice di Fiamozzi. Inter in vantaggio e in vetta per un paio di notti. Inzaghi ne toglie subito tre, compreso lo stesso Lautaro, ammonito per essersi tolto la maglia dopo il gol. Fuori anche Calha e Dimarco, dentro Dzeko, Vidal e D'Ambrosio. Inizia un'altra partita, perché Brozovic e compagni rifiatano sia per il cambio di risultato sia per lo sforzo mostruoso prodotto in 70' di rincorsa. Dopo Cutrone per Di Francesco (k.o. dopo l'aggressione di Skriniar), entrano anche Ismajli per Stulac e Benassi per Fiamozzi. Darmian rileva Dumfries, Correa al 78' non la chiude facendosi murare da Vicario, Dzeko pasticcia due palloni non da Dzeko, Sanchez rileva il Tucu. Dzeko all'83' non scarta nemmeno il regalo di Darmian. L'Inter non sa regalarsi nemmeno qualche minuto di tranquillità ma, oltre a quello di essere riemersa dall'abisso del doppio svantaggio, ha il merito di gestire bene il finale, complice un Empoli sulle ginocchia. Sanchez e Dzeko (palo) sprecano ancora, ma il 14° corner e poi il tocco di Alexis suggellano la festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Criscito stavolta segna il rigore al 96'.
Juve ribaltata, il Genoa ritorna a sperare

L'ex bianconero batte Szczesny dal dischetto, dopo che Gudmundsoon aveva recuperato
lo svantaggio firmato da Dybala, che intanto ha raggiunto Baggio a quota 115


Livia Taglioli


La Juve si illude di aver abbattuto il Genoa a Marassi, ed invece al 96' l'ex bianconero Criscito su rigore ribalta il risultato, firmando il definitivo 2-1 per i padroni di casa, che con questa vittoria continuano a sperare nella salvezza. La squadra di Allegri era passata in vantaggio con Dybala al minuto 48, con l'argentino che ha eguagliato il monte reti di Baggio, a quota 115, al 9º posto nella classifica dei migliori marcatori della Juventus in tutte le competizioni. All'87' era stato l'islandese Gudmundsoon, arrivato in gennaio, a siglare il suo primo gol in A, firmando il momentaneo pareggio.

PRESENTI & ASSENTI — Zakaria, Morata e De Ligt inizialmente a riposo ma presenti in panchina, Danilo nemmeno, come anche Pellegrini, reduce da una distorsione a una caviglia. Fuori i soliti noti (Locatelli, Chiesa, McKennie e Kaio Jorge), freschi di rientro Cuadrado e De Sciglio, subito inseriti uno a destra e l’altro a sinistra. Nella Juve confermato Miretti titolare e spazio ad Arthur, al rientro da titolare dopo gli 11’ di Venezia. Occasioni anche per Kean e Rugani, anche per far rifiatare i titolari di lungo corso. Nel Genoa c’è l’ex bianconero Criscito, con Hefti a destra e Melegoni nel trio a supporto di Destro, unica punta.

OCCASIONI SPRECATE — A partire dalla formazione, la Juve dà l’idea di avere la testa alla finale di coppa Italia di mercoledì contro l’Inter. Il Genoa le prova tutte, sorretto dalla forza della disperazione vista la posizione in classifica. Ed infatti le occasioni migliori del primo tempo sono di marca rossoblu, a partire dalla gran botta di Portanova nel recupero, cui Szczesny dice no. Ma già in precedenza il Genoa ci aveva provato e riprovato, andando varie volte al tiro e guadagnando una lunga serie di calci da fermo. La Juve era partita con una ottima occasione sprecata da Kean con un colpo di testa alto, tutto solo a pochi passi dalla linea di porta. Ed ancora l’azzurro sbaglia grossolanamente lo stop più o meno nella stessa posizione, poco dopo la mezz’ora. Miretti in posizione di mezzala corre e spinge, non sempre con lucidità, Vlahovic al solito fa a sportellate in avanti ma Dybala lo supporta poco, giocando spesso lontano dall’area. E sulla sua unica conclusione, centrale, Sirigu va in presa sicura.

LA GRANDE RIMONTA — Poi però, a ripresa appena iniziata, Dybala trova il colpo di bacchetta magica: assist di Kean, la Joya dal limite, quasi da fermo, lascia partire un destro angolato. E' l’1-0 per la Juve, il gol numero 82 per lui in serie A. La Juve rallenta e gioca in orizzontale, il Genoa prova a recuperare ma lo svantaggio è un duro colpo da riassorbire. Entrano anche Yeboah ed Ekuban, dopo Frendrup in campo dall’inizio del secondo tempo. E proprio Ekuban sfiora il pareggio, prima che Allegri mandi in campo Zakaria ed Alex Sandro al posto di Arthur e Cuadrado. La partita si appiattisce, la Juve controlla senza patemi. E va pure alla caccia del raddoppio: ci riprova Dybala, che trova il palo a fermare la traiettoria di un suo sinistro a giro da fuori, al 68’, e poi ancora Kean e Vlahovic, prima di lasciare il posto a Morata, hanno l’occasione di chiudere il match. Ed invece a riaprirlo è il Genoa, che al minuto 87 trova il pareggio con Gudmundsoon e addirittura la vittoria con un rigore di Criscito al 96’, dopo un fallo di De Sciglio su Yeboah. Per il Genoa è festa grande: può tornare a sperare, e per l’ex bianconero è la personale rivincita dopo l’errore dal dischetto, al 96’, che sabato scorso aveva condannato i rossoblu alla sconfitta nel derby della Lanterna.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fabian Ruiz punisce un buon Toro.
E il Napoli blinda il terzo posto

La squadra di Spalletti strappa tre punti grazie a un gol dello spagnolo.
Rigore di Insigne parato da Berisha


Mario Pagliara


Il Napoli passa al Grande Torino con il minimo scarto e consolida il terzo posto, il Toro perde l’imbattibilità dopo sei partite di fila. La squadra di Spalletti la vince nella ripresa, alzando di tanto la qualità del palleggio dopo una prima parte della gara equilibrata. Nel secondo tempo Berisha para un rigore a Insigne, ma poi non può nulla sullo spunto di Fabian bravo ad approfittare di un errore di Pobega. Gli azzurri concludono una partita con la porta inviolata, non accadeva dal 6 febbraio a Venezia. Juric perde in casa per la prima volta dal 27 febbraio (1-2 col Cagliari).

IL BALZO DI OSPINA — Rientrano Bremer e Belotti nel Toro, Osimhen guida l’assalto del Napoli. Torino e Napoli si affrontano a viso aperto, senza novità di formazione: Juric deve fare i conti con la squalifica di Lukic e dà fiducia a Ricci. In regia si segnala il rientro di Mandragora, impegnato a uomo su Anguissa. Sulla trequarti Praet è l’uomo chiamato al maggiore sacrificio, in marcatura su Fabian, mentre a Brekalo è concessa più libertà di azione. Dopo otto minuti, Ospina impedisce a Belotti di festeggiare il gol: il cross di Vojvoda è preciso, l’avvitamento del Gallo pure. Con un balzo di istinto il portiere azzurro evita il gol. Tre minuti dopo Anguissa risponde con un tiro concluso di poco a lato. L’occasione più ghiotta del primo tempo per il Napoli nasce su una punizione dal limite di Mertens (22’), deviata dalla barriera sopra la traversa: in tribuna si ricava l’illusione del gol. Napoli e Toro danno vita a una partita avvincente, combattuta e vanno all’intervallo su un giusto punteggio di parità.

BERISHA STREPITOSO — Dopo Ospina su Belotti, un altro portiere è protagonista al quarto d’ora della ripresa: stavolta è Berisha, strepitoso nell’intercettare il rigore di Insigne (15’). Un minuto prima era stato proprio Insigne, offrendo una palla favolosa a Osimhen, a innescare l’azione del rigore: il nigeriano crea un varco alle proprie spalle con un tacco per l’accorrente Mertens che entra a contatto con Izzo. L’arbitro Prontera non esita nell’indicare il dischetto. Insigne si era fatto parare un rigore anche nella sfida di andata, all’epoca da Milinkovic.

LA FIRMA DI FABIAN — Quattro minuti dopo, Izzo si riscatta con un recupero su Insigne che strappa gli applausi. Il Napoli alza i giri del motore, aumenta di molto la qualità del palleggio, e dopo soli sessanta secondi deve salire ancora in cattedra Berisha per distendersi su un diagonale potente di Osimhen. Il Toro reagisce con Belotti (assist di Linetty, fuori), ma la pressione degli azzurri è costante. Poco prima della mezzora la squadra di Spalletti approfitta con Fabian di un errore di Pobega: lo spagnolo se ne va e buca Berisha, segnando il gol del vantaggio. Nel finale il Toro non ha la forza risalire la corrente.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Sassuolo scatta con Scamacca, l'Udinese lo riagguanta

Emiliani in vantaggio dopo 6 minuti e raggiunti al 77',
gol prima annullato per fuorigioco ma poi convalidato dal Var.
Nel recupero miracolo di Silvestri su Traorè


Matteo Dalla Vite


Divertente. Sciolta. Aperta. Una gara in cui Sassuolo e Udinese hanno dato di tutto, anche perché libere mentalmente da ansie di classifica e soprattutto perché dovevano rispondere ai propri tifosi per le precedenti sconfitte. Scamacca e Nuytinck (grazie al Var) chiudono in pari una gara piacevole. Il Sassuolo ha avuto più occasioni per chiuderla, soprattutto nel primo tempo ma anche nel finale quando Silvestri ha neutralizzato un diagonale del subentrato Traoré.

SCAMACCA 14 — Tutto si può dire tranne che Sassuolo e Udinese abbiano fatto un "piccolo" campionato. Eppure questa è la gara in cui i due allenatori attendono risposte, cosa che viene estesa anche ai tifosi del Sassuolo perché in settimana sarebbe apparso uno striscione ("Meno parole più fatti: vergognatevi") indirizzato alla squadra che nel turno precedente aveva perso 6-1 in casa del Napoli. In un certo senso anche l’Udinese ha da rispondere, anche se arriva dalla sconfitta in casa contro l’Inter e di misura. Per tutti questi motivi, Dionisi si affida ai quasi titolari, quindi cambiando inizialmente solo Traoré (con Henrique) e Ayhan (per Chiriches) ma passando al 4-3-3 con Raspadori ala entrante da sinistra. Cioffi invece, dovendo fare a meno sia di Beto, sia di Success, non si scompone più di tanto e parte con l’attacco composto da Deulofeu e Pussetto, due che fra giocate e gol ci sanno fare assai.

E’ una sfida fra chi vuole arrivare al traguardo dei 50 punti e l’inizio è Sassuolo perché dopo 6’ Scamacca segna il suo gol numero 14 su iniziativa di Raspadori (e avvio di Kyriakopoulos) che si mangia mezza difesa. L’Udinese non patisce il colpo quasi a freddo, sia perché prima Deulofeu (4’) era arrivato vicino a Consigli e sia perché una conclusione di Pereyra finisce di poco fuori. Il fatto che le due squadre non abbiano un obiettivo impellente fa sì che l’ansia non blocchi il gioco: due squadre sciolte in una gara nella quale una squadra risponde all’altra, da Deulofeu ( su calcio d’angolo al 21’) a Frattesi (slalom e conclusione fuori al 23’). Il primo tempo avanza con occasioni belle e ghiotte: la migliore è ancora di Scamacca che avvia e riceve il quasi-assist di Lopez per poi vedersi parare il tiro da Silvestri.

SERVE IL VAR — La ripresa vede ancora il Sassuolo premere per mettere in cassaforte una gara nella quale, sostanzialmente, ha avuto più occasioni, anche se Deulofeu (il migliore dei suoi assieme a Silvestri) ha creato enormi problemi in continue ripartenze feroci. Non trovando la giusta identità e la spinta consona, Cioffi al quarto d’ora della ripresa cambia tre uomini infilando Nestorovski, Soppy e Nuytinck. Proprio quest’ultimo ha potuto esultare in… differita perché inizialmente il suo 1-1 (buonissimo) era stato annullato per fuorigioco: colpa del primo assistente Mondini che aveva visto un offside inesistente e sanato dal Var. Gara non banale insomma, in cui poi l’Udinese ha preso sempre più fiducia sfiorando il gol anche con Walace. L’equilibrio alla fine poteva saltare grazie a Traoré, inserito da Dionisi per tornare al 4-2-3-1 tanto caro: il suo diagonale è stato soffocato da Silvestri, lasciando l’1-1 ma anche l’idea che – giocandosela entrambe – le squadre abbiano lasciato divertimento fra la gente. Cosa che, quando la classifica non porta angoscia, vale tantissimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lazio, due squilli per l'Europa League.
Patric e Luis Alberto affondano la Samp



La squadra di Sarri, in attesa delle gare di domani e lunedì,
stacca la Roma e si porta a +6 su Fiorentina e Atalanta.
Giampaolo deve ancora soffrire: la salvezza non è al sicuro


Nicola Berardino

La Lazio centra l’obiettivo. Serviva la vittoria contro la Sampdoria per consolidare il quinto posto e accelerare il passo verso l’Europa League. Con un gol per tempo la squadra di Sarri esalta una prestazione di valore sul piano tattico e della personalità. Luis Alberto da trascinatore: assist per Patric e firma d’autore sul raddoppio. La squadra di Giampaolo riesce a tenere botta fino al gol. Poi non trova in sé le risorse giuste per riagguantare la partita anche perché la Lazio continua a premere in avanti.

PATRIC PRIMO GOL IN A — Sarri ripropone Luis Alberto dal primo minuto. Lo spagnolo è l’unica novità nella formazione della Lazio rispetto alla trasferta contro lo Spezia: confermato Cataldi in regia (Leiva in panchina). Giampaolo mette Rincon e rispetto alla squadra che ha vinto nel derby c’è Vieira dal via nel ruolo di play: Ekdal non è al meglio e parte dalla panchina. Caloroso abbraccio tra i due tecnici prima della gara. La Lazio si impadronisce subito della manovra. Samp compatta e aggressiva per lanciarsi nelle ripartenze. Luis Alberto ci prova dalla bandierina: Audero smanaccia sopra la traversa. Pronto il portiere doriano anche su una successiva rasoiata del fantasista di Sarri. Lo spagnolo si incunea pure con uno slalom: murato dalla retroguardia ligure. Tentativo di Felipe Anderson dalla distanza, controllato da Audero. Rapida incursione della Samp al 20’: dalla destra Caputo per Thorsby che si inserisce e calcia alto. Due minuti dopo ancora al tiro i liguri: Strakosha si oppone a Rincon. Ribaltamento di fronte: diagonale di Anderson, deviato in angolo da Augello. Luis Alberto tenta di sorprendere Audero con una parabola: fuori. Il portiere della Samp disinnesca una bordata di Milinkovic. Nuova chance per Luis Alberto: il tiro fuori misura. Immobile accusa fastidi dopo aver ricevuto un pestone. Dalla panchina si valuta la sostituzione del bomber. Al 41’ punizione dalla destra di Luis Alberto scodellata in area: Colley non intercetta Patric che si inserisce tra il gambiano e Ferrari per infilare di testa Audero, portando la Lazio in vantaggio: primo gol in Serie A per il difensore spagnolo.

IL MAGO CHIUDE I CONTI — Dopo l’intervallo il primo squillo è della Samp: botta di Sabiri ribattuta da Strakosha. Ritmo sempre alto. Gara a tutto campo. Audero si oppone in volo a Zaccagni. E vigila su un tocco di Immobile. Al 14’ la Lazio raddoppia con un’azione spettacolare. Prepotente discesa di Lazzari che serve Luis Alberto. Il Mago elude Audero e poi va in dribbling prima di mettere in rete a un passo dalla porta. Applausi dell’Olimpico per la perla dello spagnolo, alla quinta rete in campionato. Opportunità per Immobile: fuori. Al 20’ Sarri avvicenda Cataldi con Leiva. Al 24’ Giampaolo cerca la svolta in attacco: dentro Quagliarella e Damsgaard al posto di Caputo e Sabiri. Nuovi cambi nella Lazio: Luis Alberto e Lazzari (fastidi fisici) rilevati da Basic e Hysaj. Nella Samp spazio ad Askildsen per Thorsby. E Zaccagni viene avvicendato da Romero. Vieira cede il posto Trimboli e Rincon va al centro. Basic pericoloso al tiro. Assalto finale della Samp. Sul cross di Bereszynski, Quagliarella è in agguato: palo. Quattro di recupero. La Lazio tra l’entusiasmo dei 35 mila dell’Olimpico festeggia tre punti importantissimi per salire sul treno dell’Europa League.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta, tre punti d'oro per l'Europa.
Spezia ko, salvezza rimandata

Decidono i gol di Muriel, Djimsiti e Pasalic.
Di Verde il momentaneo pareggio dei liguri,
alla quarta sconfitta di fila


Andrea Elefante


Con la dodicesima vittoria in trasferta (record assoluto della sua storia), dove ha totalizzato 39 dei suoi 59 punti, l’Atalanta spera ancora nell’Europa e mette nei guai lo Spezia, che deve rinviare la certezza della salvezza e guardare con preoccupazione alla sfida fra Salernitana e Cagliari: nove sconfitte nelle ultime 13 gare, quattro nelle ultime quattro (tre di fila in casa), con 12 gol presi, dicono molto di come la squadra di Thiago Motta abbia improvvisamente perso sicurezze, soprattutto difensive. L’Atalanta non ha stradominato, ma come sempre, lontana dal Gewiss, ha giocato con più serenità, trascinata di nuovo da Muriel (gol e assist) e da un ritrovato Koopmeiners. E ora, aspettando il responso della sfida fra Roma e Fiorentina, la Dea si prepara a sfidare il Milan, domenica: sarà il test-verifica per vedere se davvero le chance di una qualificazione europea sono realistiche.

LE SCELTE — Thiago Motta sceglie tre centrali difensivi dando spazio anche a Hristov assieme al rientrante Erlic e allarga Nikolaou a sinistra per consentire più liberta a Bastoni, ma non rinuncia alla trazione anteriore: ci sono Verde, Agudelo e Gyasi che si scambiano continuamente posizione, senza un terminale offensivo “puro” come Manaj. Gasperini alla fine sceglie Palomino e non Demiral, arretrando De Roon nella linea dei difensori, assieme a Djimsiti; Koopmeiners va in mezzo al fianco di Freuler, con Zappacosta e Maehle sulle fasce; davanti c’è Pasalic alle spalle di Malinovskyi e Muriel.

PRIMO TEMPO — L’Atalanta parte bene, perché lo Spezia non fa barricate e soprattutto Malinovskyi ha la possibilità di lavorare fra le linee per allargare le maglie difensive e aprire spazi. La squadra di Gasperini rischia solo al 13’ quando Maggiore pesca l’inserimento di Bastoni che colpisce il palo esterno, ma il governo nerazzurro trova concretezza 3’ dopo: l’azione nasce da un recupero di Maehle e Malinovsky, al secondo assist consecutivo dopo quello per Pasalic contro la Salernitana, legge bene il movimento di Muriel, che con una finta di corpo sbilancia Kiwior e trova l’imbucata centrale su cui Provedel non può nulla. Ma alla mezzora lo Spezia ferisce con la stessa arma: da una serie di rimpalli la palla arriva a Maggiore, bravissimo a bypassare la linea difensiva altissima dell’Atalanta. A palla scoperta, il lancio lungo per Verde è una sentenza: l’esterno di Thiago Motta è libero di partire da solo dalla sua metà campo e di affrontare uno contro uno Musso con la massima libertà, per l’inevitabile pareggio. La reazione dell’Atalanta è la solita: volontà senza troppa pericolosità e l’unica chance per tornare in vantaggio è di Freuler, che taglia bene ma non è troppo convinto nell’aggancio sul lancio centrale alle spalle della difesa spezzina di Koopmeiners.

SECONDO TEMPO — Per quasi mezzora si ha l’impressione che come tante altre volte l’Atalanta faticherà a trovare la fluidità di gioco e gli spazi giusti per tornare a colpire, anche perché lo Spezia punta molto a spezzare il gioco più che a costruire altre occasioni, anche se quando perde pure Bastoni, Thiago Motta disegna un 4-2-3-1 con Manaj punta centrale e Agudelo alle sue spalle. Ma le vere chance sono solo per l’Atalanta: una punizione di Malinovskyi respinta di pugno da Provedel, una sassata di Muriel a lato di un soffio, un colpo di testa alto di Boga. E la squadra di Gasperini colpisce al 28’, con un’arma che quest’anno ha funzionato poco: il calcio piazzato. Punizione di Koopmeiners, sponda di Demiral di testa sovrastando Gyasi e colpo vincente di Djimsiti, al primo gol in campionato, per anticipare Kiwior. È il solito calo dello Spezia, che nell’ultima mezzora ha subito quasi la metà dei suoi gol totali: da quel momento c’è solo l’Atalanta, che trova sicurezze e metri di campo, approfittando della stanchezza degli spezzini. Sfiora il 3-1 con una traversa di Boga, rischia con Hateboer ma Gyasi divora il 2-2 e poi trova il gol della sicurezza con la tredicesima firma in campionato di Pasalic, su assist di Muriel.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Venezia piega il Bologna al 93'
e tiene vive le speranze salvezza,
ma il rigore del 3-3 non c'è

Doppio vantaggio dei padroni di casa con Henry (4') e Kiyine (19').
Orsolini nel recupero del 1° tempo e Arnautovic (55') firmano l'aggancio,
un capolavoro di Schouten (68') il sorpasso,
nel giorno del rientro sul campo di Sinisa dopo il ricovero.
Aramu al 78' su penalty (inesistente) fa 3-3 e a un soffio dalla fine arriva il gol
che tiene accese almeno per ora le chance dei veneti di non retrocedere


Fabio Bianchi


Dopo dieci partite, il Venezia ritrova una sensazione ormai persa nei tempi, quella di una vittoria, dopo una partita da montagne russe, piena di errori e di bei gol. La sensazione (e il lumicino di speranza salvezza alla luce del pareggio tra Salernitana e Cagliari) gliela concede un Bologna che veniva da sei gare utili consecutive senza il suo condottiero. E anche l’arbitro Marinelli, che decreta il rigore del 3-3 che non c’era su Aramu. Davvero strano che con Mihajlovic tornato in panchina il Bologna interrompa la striscia positiva, come se vederlo lì abbia dato ai giocatori una certa rilassatezza, soprattutto nella prima parte di gara, che alla fine è pesata

UNO-DUE — All’inizio, infatti, non è stato bella la risposta della squadra all’eroico Sinisa, al quale i tifosi veneziani hanno dedicato un coro che lui ha fissato battendosi la mano sul petto. Il Bologna ha preso gol dopo 4 minuti da un lancio diretto di Maenpaa per Henry che, con la difesa super distratta, solo soletto indovinava il pallonetto a Skorupski in uscita.

Il Bologna schierato con il 3-4-2-1 con Soriano largo a destra che faceva fatica e entrare nel vivo del gioco e un centrocampo che subiva quello folto del Venezia, ha avuto una reazione. La strana alchimia di Soncin, una sorta di 3-5–1 che sembrava più un 3-3-3-1 perché Crnigoj, Cuisance e Kiyine si alternavano dietro al centravanti francese per poi chiudersi in fase di non possesso per recuperare palla, funzionava. Tanto che il Venezia ha tirato più in porta nei primi 45 minuti che nelle ultime 4 partite. E ha raddoppiato per l’atterramento di Haps ad opera di Skorupski (ammonito). Rigore di Kiyine respinto, ma poi tap in vincente dello stesso rigorista. Dopo un altro paio di brividi (bravo Skorupski su Henry) Mihajlovic ha cambiato volto al Bologna: dentro Orsolini per Theate e 4-3-3 offensivo. Il Bologna si è svegliato e dopo un paio di avvertimenti, nel recupero è riuscito ad accorciare con Orsolini di testa servito da Barrow.

FUOCHI D'ARTIFICIO — Quello che si è presentato dopo l’intervallo era un altro Bologna (forse Sinisa si è fatto sentire). Ha tenuto il pallino del gioco e dopo 10 minuti ha pareggiato con Arnautovic che spingeva in rete la torre di De Silvestri. Soncin ha provato a rinvigorire la squadra con gli inserimenti di Aramu e Fiordilino e poi Johnsen per un 4-3-3 molto offensivo, ma i Bologna ha continuato a spingere e ha azzeccato il sorpasso al 23’ con una magia di Schouten (palla nascosta in area e pallonetto). Finita lì? Macché. Il Venezia si è riportato sotto e alla mezzora Aramu è caduto in area in un contatto con Medel. Ma il cileno ha toccato prima la palla. Dopo 5 minuti di Var Marinelli conferma i rigore trasformato da Aramu. E nel recupero, in un’azione insistita, Johnsen pescava il jolly con un tiro a rientrare "alla Del Piero". Il norvegese ha mostrato quello che poteva essere e non è stato. Come il Venezia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Salernitana gelata al 99': il Cagliari pareggia e torna a sperare

La squadra di Nicola si porta in vantaggio con un rigore di Verdi al 68',
ma i sardi pareggiano a pochissimi secondi dal triplice fischio.
I campani restano a +1


Francesco Velluzzi


Non c’è un vincitore. Salernitana-Cagliari finisce 1-1. Con i granata di Davide Nicola che fanno un altro piccolo passo in avanti verso la missione impossibile della salvezza e il Cagliari che deve ancora maledettamente soffrire. Con un punto da recuperare ai campani, ma con una lotta che si allarga e coinvolge tante squadre. La sfida spareggio dell’Arechi finisce nel modo più giusto. Ma per 31 minuti (dal 68' al 99') la Salernitana ha visto la salvezza praticamente raggiunta. Grazie a un rigore trasformato da Simone Verdi in una gara che fino al 23’ della ripresa era stata comunque molto equilibrata. Sul gol del 10 granata si è accesa una gigantesca rissa che ha visto tutti implicati, calciatori, staff, panchine, steward, addetti vari. Il Cagliari ha visto il baratro ma non ci è stato. Ha attaccato, come succede in questi casi, scomposto, a testa bassa. Ma quando aveva trovato il rigore se lo è visto cancellare e in un interminabile, ma giusto mega recupero, al 9’ di recupero, nella disperazione, ha trovato il pareggio con Giorgio Altare. Un difensore rude, fisico, pescato in C a Olbia, che alterna errori grossolani a ottime cose. Ora la battaglia continua. Con le due ultime drammatiche giornate. Empoli fuori e Udinese all'Arechi per i granata, Inter in casa e Venezia in trasferta per i rossoblù. Con Spezia e Samp non ancora sicure di restare in A e con Genoa e Venezia che lotteranno pure loro per farcela.

PARTITA — Ma ecco la sfida. Il Cagliari ha vicine anche le famiglie dei calciatori (iniziativa delle mogli rossoblù) che la Salernitana ha fatto accomodare in uno spicchio nascosto della curva Nord (poi lo spostamento in tribuna laterale). I sardi sono pochi, circa 400, i salernitani 28 mila. In tribuna, vicino alla numerosa famiglia del presidente Danilo Iervolino, c’è il governatore De Luca e il cantante Rocco Hunt, ormai un fedelissimo. Nicola dopo il riscaldamento pre partita aspetta i suoi e dà il cinque a tutti, uno per uno. Il ballottaggio in attacco lo vince Simone Verdi. Bonazzoli va in panchina con Ribery e Zortea. Sugli esterni ci sono ancora Mazzocchi e Ranieri. Agostini debutta in tuta e punta su cuore ed esperienza: dentro Ceppitelli in difesa, Rog, alla prima da titolare in questo campionato, Deiola in mezzo e Pavoletti davanti con Joao Pedro. Torna anche Lykogiannis che non era titolare dalla gara interna con la Juve. L’Arechi è una bolgia. Le squadre partono entrambe col 3-5-2. Il Cagliari tiene a bada Djuric con tutti i centrali. C’è tensione e attenzione, e si nota. Il Cagliari sembra più pimpante perché ogni volta che Joao Pedro riceve palla crea panico. Come quando innesca Pavoletti che viene anticipato da Sepe. Poi (al 13’) scappa a Gyomber, ma Bohinen lo anticipa in angolo. Sul corner di Lykogiannis, Pavoletti riesce a colpire e manda fuori di un soffio. Al 21’ ancora Joao, favorito da un altro errore di Gyomber, calcia ma trova Sepe in due tempi. La replica della Salernitana arriva due minuti dopo dai piedi di Verdi: fuori. Il primo tiro dei granata. Che nella seconda parte del tempo guadagnano campo, cercano le solite sponde di Djuric e vanno dentro il campo con maggior intensità. Senza precisione, però. Perché i palloni indirizzati verso la porta di Cragno vanno tutti in curva Sud Siberiano e non tornano mai in campo. Solita vecchia abitudine. Il Cagliari riprova a sfondare, stavolta a destra con le percussioni di Bellanova, ma senza costrutto. Primo tempo decisamente equilibrato con leggera prevalenza sarda.

SECONDO TEMPO — La ripartenza vede il Cagliari chiamato a cercare lo strappo, ma parte meglio la Salernitana che pressa anche con le mezze ali. La partita diventa ancora più tesa. Ne fa le spese Bohinen che dopo 9’ si becca il giallo per una brutta entrata su Grassi. Un giallo tosto perché era diffidato e non andrà a Empoli. La panchina granata protesta. Altro giallo: al team manager. Agostini cambia: Marin per Rog. Cambia pure Nicola: dentro Kastanos. Ammonito anche Pavoletti. Che entra in diffida. Ma ecco l’episodio più importante: Kastanos, la mossa giusta, viene agganciato in area. per Di Bello è rigore. E dalla sala Var di Lissone, dove c’è Mazzoleni, arriva la conferma. Minuto 23: Verdi sul dischetto. Trasforma. E’ il suo sesto gol, in campionato (uno lo fece col Torino), il secondo gol di fila dopo quello al Venezia. L’esultanza granata vicina alla panchina sarda scatena la rissa. Con Keita e Ribery, entrambi fuori dal campo, scatenati. Ribery viene espulso. E anche il secondo portiere dei sardi Radunovic. Agostini, disperato, inserisce Keita e Pereiro per Deiola e Pavoletti. Per il Cagliari è un colpo tremendo. E, come spesso gli è accaduto in questo campionato, la fortuna non lo assiste: al 31' Grassi colpisce il palo da fuori. Il Cagliari rivoluziona tutto inserendo anche Baselli. Nicola toglie Djuric e Verdi, buttando dentro la sfida Bonazzoli e pure Perotti. Il raddoppio lo sfiora Ederson di testa, ma ancora di più Kastanos sul quale Cragno si oppone da campione. Il Cagliari trova solo un colpo di testa di Joao, ma centrale. L’italo-brasiliano non si arrende: fa ammonire Radovanovic. Diventano sei i minuti di recupero. Il Cagliari preme, la tensione è altissima, ogni pallone è a rischio rissa. E sull’ennesima pala che i sardi buttano dentro, Sepe esce male di pugno, perde palla, tenta di recuperarla atterrando Baselli. E’ rigore. Ma Di Bello viene richiamato e va a vedere al monitor. Sull’uscita di Sepe viene ravvisato un intervento falloso di Lykogiannis. Una scarpata a Sepe. Viene confermato. Niente rigore. Decisione difficile, ma giusta. Ma non finisce qui. Perché la rabbia del Cagliari è pazzesca e su corner di Baselli c’è Altare che di forza svetta e pareggia. E’ il suo primo gol in A. Lui che veniva dalla C. C’è un altro espulso, stavolta dalla panchina del Cagliari. E dopo oltre 10’ di recupero, Di Bello fischia la fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Leao inventa, Tonali segna: il Milan passa a Verona e torna a +2 sull’Inter

Il Diavolo si avvicina allo scudetto grazie alla doppietta del suo numero 8 e al gol di Florenzi nel finale.
Ora ci sono solo 4 punti a separare i rossoneri dal titolo


Marco Pasotto


D’ora in poi, guai a chi metterà ancora l’aggettivo fatale davanti alla parola Verona. Quelli erano altri tempi, morti e sepolti. Perché stavolta il Milan a Verona si è cucito virtualmente mezzo scudetto sulla maglia. Esagerati? Fate voi: ora alla bandiera a scacchi mancano soltanto due curve e il Diavolo non solo si è rimesso in tasca i due punti di vantaggio sull’Inter, ma ha conservato il “bonus”. Nei prossimi 180 minuti può prendersi persino il lusso di concedere un pareggio. Quattro punti per una festa che manca da undici anni e che, a giudicare da questa partita, il Milan ha tutta l’intenzione di celebrare. Perché schiantare il Verona a casa propria 3-1 può tranquillamente essere catalogato alla voce imprese stagionali. Contro una squadra in grande forma e in un ambiente bollente (ma con 16 mila cuori rossoneri al seguito). Bollente come sarà San Siro domenica prossima con l’Atalanta. E’ già un primo match point: con Milan vincente e nerazzurri no (a Cagliari), sarebbe scudetto.

Hanno deciso una doppietta di Tonali, che ha santificato il suo 22° compleanno, e un gol di Florenzi. Una vittoria in rimonta, dopo il vantaggio veneto di Faraoni, ottenuta con la maturità della grande squadra: senza scomporsi, proseguendo a tessere il proprio calcio. A confortare in vista degli ultimi due match è anche la condizione atletica: le gambe girano e reggono gli urti. E Pioli, come spiegheremo, ha tirato di nuovo fuori dal cilindro una carta tattica vincente. Con buona pace di chi assicurava che avesse uno spartito solo, ormai troppo prevedibile. Quattordici risultati utili di fila, due gol subiti da inizio marzo: questo è il Milan che si sta avventando sullo scudetto.

LE SCELTE — Per Pioli, poi, anche la soddisfazione di ritrovarsi con l’infermeria vuota. Un solo indisponibile (Kjaer), quota minima ottenuta soltanto un’altra volta in un’annata massacrata da guai di ogni tipo. Quindi opzioni plurime per il tecnico rossonero, che rispetto alla Fiorentina ha cambiato per due terzi la trequarti: dentro Saelemaekers e Krunic (in posizione centrale), ovvero mediana senza Bennacer e affidata al tandem Tonali-Kessie. Davanti Giroud. Al centro della difesa Kalulu e Tomori. Anche Tudor conferma le ipotesi della vigilia, confermando Gunter al centro della difesa e preferendo Lazovic a Depaoli sulla sinistra. Attacco affidato a Barak-Caprari-Simeone: tutti in doppia cifra, 39 gol in tre. Quanta fatica però, nella prima mezzora, per trovare la giocata. Anzi, anche solo per tentarla. Un Hellas spaccato in due, con il tridente scollato dal resto della squadra perché il Milan nei primi trenta minuti ha martellato incessantemente, impedendo alla mediana gialloblù di assistere gli attaccanti e alla difesa di organizzarsi. Merito innanzitutto dell’atteggiamento: cattivo, aggressivo, lucido. Non è da tutti mandare sott’acqua l’Hellas in casa sua. E poi merito assoluto di Pioli, che ancora una volta ha sparigliato le carte in particolare con due mosse: Hernandez molto (ma molto) dentro al campo, una sorta di mediano aggiunto, e soprattutto Tonali del tutto “fuori posizione”, se per posizione naturale intendiamo i consueti metri quadri deputati alla regia. L’8 rossonero si è mosso praticamente fra trequarti e attacco, grazie agli spazi aperti dai movimenti di Krunic, ed è stata la trovata pioliana che più ha mandato in difficoltà i veneti nonostante la costante marcatura a uomo di Ilic. Accanto a lui, come detto, si è mosso intelligentemente Krunic (efficace in doppia fase), così come è stata intelligente la partita di Saelemaekers, che ha compreso di non dover strafare e ha assistito efficacemente la fase offensiva.

(PRE)POTENZA — Prima mezzora quasi a senso unico, dicevamo. Il primo vero squillo è stato al 14’ con un colpo di testa di Krunic smanacciato via sotto la traversa da Montipò. Un minuto dopo il Milan è passato: lancio di Maignan – soluzione lussuosa già vista in stagione – direttamente per Tonali appostato al limite dell’area, l’8 rossonero si è liberato con la forza di Ilic e ha battuto Montipò, ma il check del Var ha decretato il (giusto) fuorigioco. Contraccolpi? Nessuno. Il Diavolo ha continuato a pigiare sull’acceleratore e il portiere gialloblù ha dovuto salvare su Calabria (19’), mentre Krunic ha spedito un destro di poco alto sulla traversa (27’). Due i break dell’Hellas, uno con Caprari e l’altro con Simeone, entrambi sull’esterno della rete rossonera. Brividi comunque per Maignan, che al 38’ ha alzato bandiera bianca al termine di un’azione del Verona che ha fatto fare una brutta figura a tutto il Milan: azione innescata dalla difesa veneta, con un passaggio in verticale che ha tagliato fuori trequarti e mediana rossonera, e sviluppo sulla sinistra con cross di Lazovic e colpo di testa vincente di Faraoni. Male tutta la linea difensiva del Milan. Al Milan è bastato abbassare un minimo l’intensità per esaltare tutte le qualità della squadra di Tudor. Anche in questo caso, però, il Diavolo è stato maturo. Non si è disunito - nel gioco e nella testa -, non è andato nel panico ma ha atteso, pazientato e colpito al tramonto del primo tempo: anche in questo è stato un difensore centrale – Tomori – a innescare un’ala, Leao, che è andato via di (pre)potenza a Casale e ha servito Tonali in area piccola per il tocco vincente. Ancora Tonali, ancora da attaccante aggiunto.

PRESSIONE NON — Il pareggio all’ultimo respiro ha rimesso in pressione il turbo dei rossoneri, che sono tornati in campo nella ripresa con il chiaro intento di chiudere la pratica. Cinque minuti ed è arrivato il raddoppio. In contropiede, con un’azione avviata da Saelemaekers e pallone consegnato sui piedi migliori possibili per una ripartenza, ovvero quelli di Leao. Il portoghese ha lasciato sul posto Barak e ha messo in mezzo nuovamente basso e nuovamente per Tonali, che ha infilato a porta vuota. All’ora di gioco, col Verona aggressivo nella metà campo rossonera, Pioli ha messo dentro Rebic per Giroud e Messias per Saelemaekers, anche se non è stato sufficiente ad arginare la pressione veneta, magari non così organizzata come abbiamo imparato ad apprezzarla, ma abbastanza costante. L’Hellas ha provato ad accerchiare il Milan transitando dalle fasce, ma in realtà Maignan non ha corso pericoli realmente seri. Si è trattato più che altro di mantenere i nervi saldi e mantenere l’organizzazione difensiva, provando a chiudere il match di rimessa. Match che si è chiuso al minuto numero 86 con un perfetto diagonale di Florenzi, che ha scelto di celebrare così il rientro in campo dopo un mese di stop. Messias si è poi divorato il quarto gol, ma è diventato un dettaglio nella partita dell’ennesimo trionfo. E di uno scudetto che ora inizia davvero a intravedersi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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10/05/2022 13:09
 
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La Fiorentina batte 2-0 la Roma
e l'aggancia in classifica.
Che lotta per l'Europa League!

Un rigore di Gonzalez e la rete di Bonaventura dopo 11' indirizzano subito la partita.
Tra i giallorossi si rivede Spinazzola dopo oltre dieci mesi


Chiara Zucchelli


Se la lotta per lo scudetto è aperta e quella per la salvezza anche, non è da meno la lotta per l’Europa League: con la vittoria della Fiorentina stasera al Franchi contro la Roma (2-0 il risultato finale, reti di Gonzalez e Bonaventura) la situazione è più che mai complicata. Al quinto posto c’è la Lazio a 62 punti, poi Roma, Fiorentina e Atalanta a quota 59. A questo punto saranno decisive, come per tutto il resto, le prossime due: la Lazio avrà Juve e Bologna, la Roma Venezia e Torino, la Fiorentina la Sampdoria e la Juve e l’Atalanta il Milan e l’Empoli. Magari, alla Roma, per le ultime due, potrà dare una mano Leonardo Spinazzola: in una notte da dimenticare per la formazione di Mourinho la lieta notizia è il rientro in campo del terzino sinistro, che si era rotto a luglio con la Nazionale il tendine d’Achille. Rivederlo in campo dopo 311 giorni, anche se per pochi minuti, è una gioia per tutto il calcio italiano.

AVVIO CHOC — L’unica per la Roma che, dopo aver conquistato giovedì scorso la finale di Conference League, paga un conto altissimo, soprattutto fisicamente. Mourinho sa dell’importanza della partita e infatti lascia fuori il solo Zaniolo, tra i titolari, inserendo Veretout a centrocampo. Italiano risponde cambiando, rispetto all’ultima partita, due uomini: al posto di Saponara e Maleh ci sono Ikoné e Bonaventura e la scelta si dimostra giusta perché la Fiorentina parte forte e la Roma fatica tanto. Dopo un saluto da brividi dello stadio a Borja Valero e alla Fiorentina Primavera dell’ex Alberto Aquilani per la vittoria della Coppa Italia, il Franchi esulta dopo cinque minuti per il vantaggio firmato su rigore da Gonzalez. Era stato lui a procurarsi il rigore con una serpentina che, secondo arbitro (Guida) e Var (Banti) Karsdorp aveva fermato con un fallo sulla riga dell’area. Proteste della Roma, sorriso ironico di Mourinho soprattutto perché l’arbitro non aveva assegnato il rigore ma è stato richiamato dal Var. Dopo il vantaggio, la Roma non esce dall’area e la Fiorentina raddoppia poco dopo: all’11’ il gol è di Bonaventura che parte dalla destra, Zalewski non oppone resistenza, e con un rasoterra delizioso a giro il numero 5 viola segna. La Roma si fa vedere al 20’ con una punizione di Pellegrini su cui è bravo Terracciano, sugli sviluppi tiro di Veretout su cui la Roma reclama un fallo di mano ma arbitro e Var dicono “spalla” e si va avanti. Al 23’ è annullato un gol a Bonaventura per fuorigioco di Biraghi a inizio azione, poi allo scadere del primo tempo la Roma reclama anche per una trattenuta su Mancini in area, ma anche in questo caso nulla di fatto.

POCHE EMOZIONI — All’intervallo Mourinho toglie Oliveira e mette Zaniolo e si riparte con un nuovo episodio dubbio: abbraccio in area tra Cristante e Gonzalez, per l’arbitro non c’è niente e il Var conferma. La Fiorentina spreca qualche ripartenza con Ikonè e Duncan, la Roma, seguita da oltre 3mila tifosi, prova a reagire con un colpo di testa a schiacciare di Abraham che va fuori, a cui risponde Amrabat con un tiro che Rui Patricio devia in angolo. Gli allenatori provano a dare nuova linfa alle squadre: al 65’ nella Roma Zalewski va fuori e dentro c’è ElSha, poi Carles Perez per Pellegrini. Italiano risponde Togliendo Cabral e Bonaventura per Piatek e Maleh, ma il risultato non cambia più. Abraham è l’ultimo ad arrendersi, serve un pallone che Zaniolo sfrutta male e la partita, per la Roma, si chiude di fatto lì, tanto che alla Fiorentina non resta che controllare. E poi fare festa con un Franchi impazzito che vede l’Europa davvero vicina.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 36ª Giornata (17ª di Ritorno)

06/05/2022
Inter - Empoli 3-2
Genoa - Juventus 2-1
07/05/2022
Torino - Napoli 0-1
Sassuolo - Udinese 1-1
Lazio - Sampdoria 2-0
08/05/2022
Spezia - Atalanta 1-3
Venezia - Bologna 4-3
Salernitana - Cagliari 1-1
Verona - Milan 1-3
09/05/2022
Fiorentina - Roma 2-0

Classifica
1) Milan punti 80;
2) Inter punti 78;
3) Napoli punti 73;
4) Juventus punti 69;
5) Lazio punti 62;
6) Roma, Fiorentina e Atalanta punti 59;
9) Verona punti 52;
10) Torino e Sassuolo punti 47;
12) Udinese punti 44;
13) Bologna punti 43;
14) Empoli punti 37;
15) Sampdoria e Spezia punti 33;
17) Salernitana punti 30;
18) Cagliari punti 29;
19) Genoa punti 28;
20) Venezia punti 25.

(gazzetta.it)
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15/05/2022 11:42
 
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Salernitana, mezza rimonta a Empoli: 1-1.
Perotti sbaglia il rigore-salvezza.
E il Venezia va in B

Al 76' Bonazzoli in rovesciata pareggia la rete in avvio di Cutrone.
All'87' fallo in area su M. Coulibaly, ma l'argentino si fa parare
la conclusione dal dischetto da uno strepitoso Vicario.
Il punto condanna aritmeticamente i veneti


Alex Frosio


Una partita folle, bellissima, spietata, congela l’impresa della Salernitana. La squadra di Nicola mette in fila un altro risultato utile ma sperava di conquistarsi la quasi certa salvezza a Empoli. Perotti però sbaglia il rigore della vittoria e ora i campani non sono più padroni del proprio destino. Il punto della Salernitana condanna aritmeticamente alla retrocessione il Venezia.

INVASIONE — L’invasione granata scalda il Castellani almeno da un’ora prima della partita. I tifosi della Salernitana occupano tre quarti dello stadio e chiamano all’impresa la squadra. Spaventata da un’incursione di Cutrone al 2’ (sinistro troppo timido su assist di Stojanovic), ma subito proiettata in avanti e con l’intenzione di soddisfare il suo popolo. E ci va vicino due volte: al 7’, angolo di Verdi e deviazione di testa di Djuric, Parisi salva sulla linea, all’8’ un altro piazzato di Verdi trova Gyomber che schiaccia in qualche modo, Vicario tocca sulla traversa. Il "momentum" granata si affievolisce, il caldo incide, ma di più la scarsa vena del centrocampo di Nicola, con Ederson mezzala destra e L.Coulibaly centrale: i due si invertiranno dopo la mezzora.

Intanto l’Empoli prende campo: non può competere sul fisico, ma quando la mette sull’organizzazione è nettamente superiore. Così arriva il vantaggio al 31’: Verre arretra mentre Asllani si muove in verticale, i due combinano e quest'ultimo, ancora dritto per dritto, mette il pallone sulla corsa di Cutrone che stavolta non sbaglia. Dimostrazione pratica del perché l’Empoli abbia raggiunto la salvezza con largo anticipo, mirabile lavoro di Andreazzoli. È un colpo duro per la Salernitana. Le vie d’accesso all’area sembrano improvvisamente più complicate e in salita. Così ci si prova da fuori: Verdi al 36’, Radovanovic al 38’, Ederson al 41’, Mazzocchi al 45’. Tutti fuori bersaglio.

AREA NON OCCUPATA — Come il primo tentativo della ripresa, di Ederson. È che la Salernitana occupa poco l’area: Nicola cerca rimedio e mette Bonazzoli per Kastanos, arretrando Verdi a mezzala. La partita diventa folle, bellissima, spietata. L’Empoli gioca a calcio: un’uscita dal basso viene avviata e conclusa da Verre al 6’ – Sepe respinge -, al 9’ su cross di Bandinelli, Cutrone tutto solo in area schiaccia a lato. La Salernitana vede il pari al 10’, glielo nega Vicario: parata senza senso su Bonazzoli tutto solo a un metro dalla porta liberato da un cross di Radovanovic. I granata perdono fiducia. E rischiano. Al 16’ contropiede di Bandinelli fermato di piede da Sepe che sulla respinta è miracoloso su Bajrami (entrato per Cutrone). Al 24’ altra ripartenza: Bandinelli serve Parisi tutto solo a centro area, sinistro alto. Salernitana graziata. Il tifo granata alza il volume per soffocare la paura. La Salernitana ritrova coraggio. Ma anche Vicario: doppio guizzo da supereroe su Djuric e poi su Bonazzoli al 30’.

Ma è l’anticipo del pari: mischia in area, e Bonazzoli in rovesciata fa esplodere l’Arechi in trasferta. Nicola mette tutto quel che ha: Mamadou Coulibaly per Verdi e Perotti per Mazzocchi. Proprio i due nuovi entrati producono il momento chiave del match: cross basso dell’ex romanista, anticipo del senegalese, tocco di Romagnoli. L’arbitro Massa dice "palla". Poi no. Var. Rigore. Esplosione dei tifosi campani. Sul dischetto Perotti: destro angolato, altro miracolo di Vicario. Poco dopo, Nicola esce dalla panchina per consolare l’argentino. La Salernitana non ne ha più, nel lungo recupero è l’empolese La Mantia a sfiorare il gol-vittoria. Così festeggia solo l’Empoli, che la sua salvezza se l’è conquistata da tempo e meritatamente. Perché ha giocato un gran calcio. E piange il Venezia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Spezia, tre gol in rimonta a Udine e salvezza matematica: finisce 2-3

Apre le marcature Molina per i padroni di casa, quindi pari di Verde e sorpasso di Gyasi.
A inizio ripresa, Maggiore chiude i conti.
Nel recupero Manaj fallisce il poker su rigore, quindi Pablo Marì accorcia


Pierfrancesco Archetti

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Lo Spezia fa festa in campo, si salva con una giornata d’anticipo, come nella scorsa stagione. La squadra di Thiago Motta arrivava da quattro sconfitte consecutive: si rialza al momento giusto e decide il suo destino senza dipendere da altri risultati. L’Udinese voleva salutare meglio i 20 mila spettatori accorsi per l’ultima esibizione in casa di una stagione comunque positiva. Va in vantaggio con Molina ma poi subisce la rimonta. E quando Marì firma l’ultimo gol, non c’è più tempo per altro. I bianconeri di casa comunque si consolano con gli applausi del pubblico.

COLPO SU COLPO — Le due squadre non si risparmiano da subito, Silvestri deve volare per deviare una conclusione di Agudelo in seguito a un contropiede di Manaj, poi i difensori dell’Udinese diventano attaccanti. Marì ci prova di testa, Perez due volte ma la palla non entra, fino a un colpo di testa di Udogie respinto miracolosamente da Provedel. Ma nell’allontanare, Maggiore colpisce Udogie e la palla finisce a Molina: la sua botta non dà scampo al portiere. Lo Spezia però reagisce anche se deve sostituire Reca per infortunio: proprio Ferrer, che entra al suo posto, propone i due cross del sorpasso. Prima serve Verde, bravo a infilare di destro al volo, poi vince un contrasto con Marì e tocca per Gyasi. La sua giravolta si chiude con un tiro all’angolo: 1-2 proprio prima dell’intervallo.

LE MOSSE — Per l’ultima partita in casa, Gabriele Cioffi deve rinunciare al difensore Becao, squalificato, e agli infortunati Beto e Success, metà del suo attacco. Propone Pussetto con Deulofeu. Ma nella ripresa fa entrare Nestorovski per l’argentino, molto sottotono. Motta, senza fra gli altri Bastoni e Hristov, manda in campo l’attacco fantasia, con Agudelo trequartista dietro a Manaj, e la coppia Verde-Gyasi sulle fasce. E proprio sui lati vengono costruiti i gol. Anche a inizio ripresa lo Spezia non si chiude e Maggiore al 47’ approfitta di un’altra dormita degli avversari per infilare il 3-1 da due passi. E’ il timbro definitivo sulla salvezza, anche se nel recupero ci sono altre due emozioni: Manaj tira alto un rigore al 92’, concesso per fallo di Perez su Kovalenko, e Marì di testa segna il 2-3 al 94’.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Magia di Brekalo e super Berisha.
Un bel Toro prende tre punti a Verona



Partita combattuta e vinta con merito dalla squadra di Juric,
che dopo la rete del croato ha avuto altre occasioni
per raddoppiare (anche un palo di Pellegri).
Hellas ancora k.o. al Bentegodi


Mario Pagliara

È dolcissimo il sabato sera veronese del Toro. Una magia di Brekalo permette ai granata di tagliare il traguardo dei cinquanta punti in casa dell’Hellas. In un colpo solo, il Toro puntella il decimo posto (quinto risultato utile di file in trasferta) e mette nel mirino la nona piazza occupata proprio dal Verona, distante adesso solo due lunghezze. E’ stata una partita maschia, dura, con due granata (Vojvoda e Izzo) usciti per infortuni, ma anche vibrante con il palo di Pellegri e almeno due super interventi di Berisha. Oltre all’organizzazione, il Toro esce vittorioso uno a zero da un Bentegodi caldissimo perché ci ha messo soprattutto il cuore contro un Verona energico. Juric può festeggiare anche il suo record di punti in carriera da allenatore: ha battuto il precedente primato a 49 in Serie A, raggiunto nel suo primo anno a Verona.

SETTIMA MERAVIGLIA — Chi si aspettava una partita ricca di emozioni, non è certo rimasto deluso. Il Verona ci mette agonismo e cattiveria, un Toro attento ed energico risponde colpo su colpo. Nel primo tempo è la squadra dell’ex Juric (per lui più applausi che fischi dal vecchio pubblico) a mettere una ruota avanti grazie a un gioiello firmato dopo diciannove minuti da Brekalo: il croato raccoglie l’invito interessante di Vojvoda, poi lo show è tutto suo. Si beve Depaoli e mette una splendida palla col destro all’incrocio: è la settima prodezza in campionato per Brekalo che eguaglia il suo primato di gol in carriera della scorsa stagione al Wolfsburg in Bundesliga. La partita è bella intensa, l’Hellas la mette spesso sul piano fisico e rapidamente si alzano i toni dei tanti (e attesi) corpo a corpo a tutto campo. L’undici di Tudor non ci sta e Berisha presto diventa protagonista: mura Lasagna (17’, sullo 0-0), poi si oppone in sequenza a Tameze (35’), Lazevic (36’) e firma la parata più bella sul siluro di Lazovic allo scadere (44’). Un minuto prima il Toro con un colpo di testa di Izzo aveva sprecato l’occasione del raddoppio.

SALOON — Quando si riparte, Belotti lancia il primo squillo della sua partita: raccoglie di testa un calcio di punizione di Brekalo, incornandola con la giusta potenza. Ma sulla sua strada si trova un Montipò puntuale. Izzo viene travolto in area da Lasagna: l’arbitro e il Var non assegnano il rigore. A questo punto è ormai una partita che in altri tempi si sarebbe definita maschia, il Verona non ci sta e alza ulteriormente la ferocia dei contatti a tutto campo. Al decimo l’Hellas replica con un colpo di testa di Casale, alto sulla traversa. Per venticinque minuti è un filotto senza soluzione di continuità di botte, colpi duri, Izzo che combatte come un leone. Diventa un saloon: ne fanno le spese Vojvoda e Izzo, usciti per infortunio. Al 33’ pregevole spunto personale del neo entrato Pellegri concluso con un tiro da fuori area stampatosi sul palo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Venezia già in B spaventa la Roma, Shomurodov la salva.
Per Mou Europa ancora in bilico

La squadra di Soncin la sblocca dopo una manciata di secondi.
Poi Shomurodov trova il pari al 76'.
I giallorossi colpiscono 4 legni, espulso Kyine


Andrea Pugliese


Difficile spiegare un pareggio dopo quattro traverse, uno score di 46 tiri a 4, venti calci d’angolo e un possesso palle del 69%. Eppure è successo ed a tratti è davvero inspiegabile. Anche perché la Roma ha giocato praticamente tutta la partita dentro l’area di un Venezia già retrocesso e che ha giocato in 10 dal 32' (espulso Kiyine), bravo a sfruttare al massimo il gol di Okereke dopo appena 51 secondi. Per la Roma, invece, il pari porta la firma di Shomurodov, che aveva già segnato all’andata. Ma è con la sfortuna che la Roma deve prendersela.

IL GELO INIZIALE — Mourinho lascia a casa Zaniolo per preservarlo in vista di Tirana e cambia gli esterni di centrocampo, rilanciando dal via Spinazzola, dopo i pochi minuti giocati a Firenze. Soncin, invece, disegna un Venezia coraggioso, nonostante la retrocessione matematica arrivata nel pomeriggio, con il pareggio della Salernitana ad Empoli. Tra l’altro, i lagunari passano dopo appena 51 secondi di gioco con Okereke, bravo a sfruttare di testa una bella pennellata di Aramu. La partita del Venezia così è diventata subito ancora più difensiva del previsto, con la Roma che ha chiuso il primo tempo con il 65% di possesso palla. I giallorossi sono stati infatti costantemente nella metà campo avversaria, spesso a ridosso della trequarti, ma il muro veneto ha retto bene, nonostante la follia di Kiyine, che la 33’ decide di scalciare Pellegrini sui testicoli, con conseguente espulsione arrivata con l’ausilio della Var. E proprio Pellegrini al 19’ era andato vicino al pari su punizione, ma la traversa gli ha strozzato l’urlo in gola. Poi un paio di buone occasioni per Abraham, sempre messo a tacere da Caldara (clamoroso il recupero sulla prima, con l’inglese che era a tu per tu con Maenpaa), un paio di spunti di Perez e poco altro. Spinazzola ha avuto un buon impatto, tenendo anche conto della lunga assenza, mentre Veretout ha girato a vuoto e la cosa migliore di Maitland- iles è stato un tiro sporco, cadendo all’indietro, il che fa capire l’utilità complessiva dell’inglese. E il Venezia? Ha pensato esclusivamente a difendersi, soprattutto dopo esser rimasto in dieci. E alla fine è andato al riposo con un vantaggio insperato.

QUANTA SFORTUNA — La ripresa diventa subito un tiro al bersaglio, con la Roma che paga ancora il conto con la sfortuna. Mourinho butta subito dentro Karsdorp, Zalewski e Spinazzola, passando al 4-2-3-1. La traversa però dice prima no a Cristante con una staffilata da 20 metri, poi ancora a Pellegrini, ancora una volta su punizione. Ma le occasioni fioccano una dietro l’altra: Pellegrini di testa poco fuori, Maenpaa bravo a dire di no a El Shaarawy e Zalewski, Shomurodov (entrato al posto di Veretout) poco reattivo da buona posizione e ancora Elsha pericoloso dal limite. Eppure non si riesce a passare, nonostante si giochi oramai esclusivamente nell’area di rigore del Venezia. Gli angoli fioccano uno dietro l’altro, ci provano anche Perez e di nuovo Zalewski, poi al 30’ arrivato il meritato pari: Shomurodov inventa di tacco per Pellegrini, Maenpaa compie l’ennesima parata e Shomu segna di rabbia. E allora Mourinho butta dentro anche l’ultimo attaccante, il baby Volpato, per cercare di trovare lo spunto risolutore. Cristante impegna ancora Mainpaa da fuori, Zalewski si abbona anche lui all’oscar della sfortuna e colpisce la quarta traversa giallorossa, poi è Shomurodov a sfiorare il gol della vittoria. Prima della fine c’è ancora spazio per l’ennesimo miracolo di Maenpaa su El Shaarawy e per un tiro di Pellegrini di un soffio fuori. Poi l’ultimo grande caos: Ebuah tocca la palla con la mano in area, in contropiede il Venezia sfiora addirittura la beffa, poi c’è il check al Var, con Abraham che si porta il pallone sul dischetto per tirare il possibile rigore. Al Var reputano involontario il tocco di mano. Finisce così, con la Roma che perde altri punti importanti nella corsa all’Europa. Ma nonostante la Curva Sud chiama la squadra per celebrarla.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Tris Sassuolo a Bologna:
Scamacca scatenato e perla di Berardi

La squadra di Dionisi passa in vantaggio al 35',
poi il capolavoro in rovesciata dell'attaccante al 75'.
Poco dopo ancora Scamacca la chiude in contropiede.
Nel recupero il rigore di Orsolini


Matteo Dalla Vite


All’andata il Bologna vinse tre a zero a Reggio Emilia. Oggi la "grigliata" di gol è stata restituita quasi del tutto da un Sassuolo che, evidentemente desideroso di vendetta, ha apparecchiato una gara attenta e completa davanti a un Bologna svagato, molle, impreciso e con la Curva che ha votato per Sinisa ("Sinisa e basta") ma non per l’Area tecnica ("Game Over"). In tutto questo 1-3 finale, Scamacca ha realizzato i suoi gol numero 15 e 16 mentre Arnautovic e compagni hanno assistito tirando una sola volta su azione in porta (Barrow), venendo graziati dall’ipotetico 0-2 annullato a Chriches e riducendo lo scarto con rigore di Orsolini per fallo di mano di Tressoldi su cross di Dijks. Troppo poco per il Bologna, mentre i gol del centravanti neroverde si aggiungono a quello di Berardi (in rovesciata e sotto le gambe di Skorupski) che arriva a quota 15. Bologna fragile e piallato, che attende l’arrivo in settimana di Saputo che deciderà il futuro.

PLEBISCITO SINISA — E’ la "prima" di Mihajlovic in casa dopo l’uscita dall’ospedale e Bologna risponde: ventimila spettatori cantano un coro per Sinisa. Un plebiscito al quale il tecnico risponde con le mani giunte e un grazie a tutto lo stadio. Sinisa (spesso più seduto che in cima all’area tecnica) che decide di inserire Aebischer lasciando inizialmente in panchina sia Dominguez sia Svanberg; Dionisi, che cerca risposte dopo l’1-1 in casa contro l’Udinese e vuole vendicarsi dello 0-3 dell’andata, lascia in panchina Lopez e rispolvera i "Quattro Moschettieri" in avanti e quindi Berardi, Raspadori, Traoré con Scamacca là davanti. Il centravanti del Sassuolo è in piena sfida con Arnautovic, due generazioni di bomber a confronto che, prima della gara, svettano sulle proprie "rose" con quattordici reti (e Arna sei pali colpiti). Dopo la consegna del premio di "coach di aprile" da parte della Lega Serie A a Sinisa Mihajlovic (che chiama a sé il proprio staff durante la mini-cerimonia di consegna effettuata dall’ad Fenucci) e la maglia celebrativa a Lorenzo De Silvestri per le 400 gare in A (consegnata da Marco Di Vaio), ecco che l’inizio del match segna subito una scioltezza da una parte e dall’altra invidiabile. Il Bologna arriva ad essere pericoloso con due cross che Consigli neutralizza mentre il primo tiro in porta è di Scamacca (4’) che Skorupski ferma a fatica.


SCAMACCA 16 — Il primo tempo è un lento trascinarsi verso qualcosa di interessante che praticamente non arriva quasi mai: il Bologna aziona Orsolini e vede Arnautovic scatenato ma negli ultimi venti metri la difesa del Sassuolo mette sempre un tappo; cosa che sostanzialmente fa il Bologna dall’altra parte, anche se la squadra di Dionisi guadagna più calci d’angolo e situazioni in cui potrebbe portarsi in vantaggio, cosa che succede al 35’: dalla bandierina tira Berardi, palla nell’area piccola sulla quale Scamacca segna il gol numero 15 mentre Theate e De Silvestri non riescono a bloccare l’attaccante neroverde.

E proprio Theate, alla ripresa del gioco nel secondo tempo, è il primo ad essere cambiato: dentro Barrow e Sinisa passa al 4-2-3-1. Ed è il gambiano a cercare la prima conclusione vera della gara ma il suo tiro è deviato. Occasione, al 7’, per Arnautovic su cross di Orsolini: fuorigioco. Sinisa fa uscire Soriano per Sansone ed Aebischer per Svanberg, mentre Dionisi infila Lopez e passa al 4-3-3. L’occasionissima per lo 0-2 arriva a Chiriches (59'): susseguente a calcio d’angolo di Rogerio, Ferrari fa da sponda, Skorupski esce male e Chiriches infila. Var e annullamento per tocco di braccio del difensore neroverde. A seguire, e siamo al 75’, il gol di Berardi in semirovesciata e poi lo 0-3 di Scamacca (80') su palla filtrante di Frattesi. Alla fine il Bologna fa l’1-3 su rigore (braccio di Tressoldi su cross di Dijks al 92') ma resta la delusione forte del pubblico per una squadra che poteva dare di più ed emerge al contempo la consapevolezza della forza del Sassuolo, un meccanismo quasi perfetto. Finisce con i tifosi che chiedono a Mihajlovic di andare sotto la Curva: lui va e ringrazia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli e Insigne, che festa!
Il Genoa ne prende tre:
ormai è praticamente in B



I gol di Osimhen, del capitano e di Lobotka condannano i rossoblù:
per non retrocedere serve ora una serie difficilissima di incastri


Maurizio Nicita

Il Napoli saluta degnamente il capitano Lorenzo Insigne, non facendosi prendere dalla commozione e assicurandosi il terzo posto con un 3-0 netto e meritato che lascia aggrappato il Genoa solo a qualche tenue possibilità aritmetica di salvezza. Per i rossoblù sarà Serie B se questa sera contro l'Inter il Cagliari vince (portando la salvezza a 4 punti) o perde (si potrebbe arrivare al massimo a pari punti con la Salernitana con cui il Genoa è sotto negli scontri diretti), mentre in caso di pareggio si dovrebbe sperare in una (difficile) conclusione di stagione a pari punti (31) con i sardi e la Salernitana: solo in questo caso la classifica avulsa salverebbe i liguri.

GENOA A TESTA BASSA — Della festa prima della partita per Insigne parliamo a parte. Ma è logico che le forti emozioni per il capitano e i suoi compagni possano togliere un pizzico di concentrazione. Normale anche che un Genoa concentrato per darsi ancora una chance di salvezza provi subito ad aggredire l’avversario. E in effetti Blessin schiera una squadra “alta” che non dà fiato ai portatori di palla azzurri, che inizialmente faticano a uscire. La prima occasione vera fa sussultare le migliaia di tifosi genoani arrivati a Napoli: Yeboah si smarca bene al limite e scaglia un destro che colpisce la traversa. Blessin deve rinunciare anche all’esperienza di Badelj (che si stira) e inserisce Frendrup. La squadra di Spalletti fatica a uscire ma quando lo fa mostra la qualità poi dei suoi attaccanti. Con Insigne e Mertens che inventano triangoli che manco Pitagora. Ma l’occasione più grande è ancora del Genoa con Yeboah che lancia verso Ospina Portanova che ritarda a caricare il sinistro. Il Genoa non coglie l’attimo fuggente che nell’azione successiva coglie il Napoli. Di Lorenzo crossa al bacio per Osimhen che con un imperioso terzo tempo stacca altissimo e segna. Ora sono gli azzurri a dare spettacolo e a sfiorare più volte il raddoppio con il Genoa che è costretto a rimanere basso per difendersi. Un Insigne ispirato meriterebbe il gol dopo essere andato via in area con tanto di sombrero, ma Sirigu gli chiude lo specchio. È poi Mertens a dare spettacolo verticalizzando e trovando traiettorie impensabili per giocatori normali. Ma Osimhen fallisce il tocco a pochi metri da Sirigu.

ECCO LORENZO — Il Genoa riparte forte nella ripresa e ancora Portanova si ritrova solo davanti a Ospina, ma tira addosso al portiere che esce bene. Il Napoli in contropiede però con Mertens che lancia ancora Osimhen resta pericoloso. Blessin prova a inserire Hernani per dare qualità al centrocampo ma proprio il brasiliano commette in area un ingenuo fallo di mano. E lo stadio esplode perché sul dischetto va Insigne. Lorenzo però colpisce il palo e sulla respinta segna Di Lorenzo, ma dal Var arriva la segnalazione: qualche genoano è entrato in area prima. Insigne torna sul dischetto e stavolta non sbaglia. Il Genoa inserisce anche Destro e prova la disperata di rimontare. Ma lascia praterie, sfruttate dal neo entrato Lobotka che con una grande azione personale corre per 50 metri e conclude con un gran destro: suo primo gol con la maglia del Napoli! E nel finale c’è ancora tempo per la standing ovation per Insigne che Spalletti sostituisce e poi abbraccia e solleva da terra con affetto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan, scudetto a un passo: 2-0 all'Atalanta,
ora basterà un pareggio col Sassuolo

Primo tempo bloccato, nella ripresa Leao e Hernandez
regalano tre punti pesantissimi ai rossoneri.
Con almeno un punto coi neroverdi sarà tricolore


Marco Pasotto


Così l’attesa è dolce. Dolcissima ed esaltante, a prescindere da quello che combinerà l’Inter a Cagliari. Il Milan infila la quinta vittoria di fila, mette a tacere anche l’Atalanta davanti all’estasi dei 73 mila di San Siro e compie quello che potrebbe essere il passo decisivo verso lo scudetto. Ora la squadra rossonera e il suo popolo possono mettersi comodi in poltrona e godersi la partita in terra sarda. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero con vittoria nerazzurra, il Diavolo rimarrà padrone del proprio destino anche all’ultima giornata contro il Sassuolo, quando sarà sufficiente non perdere per acciuffare l’Inter a quota 19 scudetti. Se così sarà, il prossimo campionato vedrà una fantastica sfida milanese per chi metterà le mani sulla seconda stella. Con la Dea la partita si stappa nella ripresa. Decidono una rete di Leao e un gol sublime di Hernandez che produce un coast-to-coast vincente da galleria delle prodezze. Leao e Theo, ancora loro. La super fascia sinistra rossonera, anche se ormai il Milan di Pioli ha talmente tante vesti e versioni che diventa difficile incasellare quei due solo in un lato del campo. Anche l’Atalanta rimanda il suo verdetto stagionale agli ultimi novanta minuti e il rammarico è grande perché il mezzo passo falso della Roma era un’occasione ghiotta, anche se nulla è ancora perduto. Rammarico e rabbia, perché sul primo gol rossonero le proteste nerazzurre (contatto fra Kalulu e Pessina) sono state fortissime.

LE SCELTE — Pioli ha confermato in blocco la squadra di Verona. Un po’ perché l’undici del Bentegodi aveva garantito gambe frizzanti e approccio adeguato, un po’ perché aveva dimostrato di assimilare molto bene le novità tattiche, riproposte nello stesso spartito. Ovvero un 4-1-4-1 con Kessie davanti alla difesa e Tonali alto, accanto a Krunic, e fasce affidate a Saelemaekers e Leao. Gasperini, tentato in settimana dal 4-2-3-1, senza Toloi alla fine ha scelto la difesa a tre abbassando De Roon sulla linea di Palomino e Djimsiti: 3-4-1-2 con Koopmeiners e Freuler nel cuore del centrocampo, trequarti affidata a Pessina e Pasalic accanto a Muriel. Fin da subito sono state molto chiare le consegne speciali e inderogabili da entrambe le parti. Ovvero Kessie chiamato a togliere spazio e respiro a Pessina, e Djimsiti pronto a seguire puntualmente i movimenti di Tonali, mentre Koopmeiners si è appiccicato alla schiena di Krunic. In tutti i casi, marcature efficaci e fonti centrali di gioco inaridite. Non è un caso quindi che entrambe le squadre abbiano cercato luce sulle corsie esterne, seppure in modi diversi. Il Milan ha adottato la sua classica modalità da accerchiamento, provando a svariare velocemente da una parte all’altra del campo, mentre l’Atalanta si è servita maggiormente della verticalità, cercando la profondità con Muriel e soprattutto con Zappacosta a sinistra. E’ su quel versante che i rossoneri hanno patito maggiormente, con Calabria visibilmente in difficoltà davanti alle sgommate del 77 nerazzurro. Dall’altra parte Hernandez ha tentato un paio di sortite, ma è andato a sbattere contro la gabbia bergamasca eretta da Hateboer e De Roon.

CI VOLEVA LA RIPRESA — Non è decisamente stato un granché il primo tempo. Squadre piuttosto bloccate dall’ansia del risultato e più attente a non smagliarsi dalla cintura in giù piuttosto che caricare verso la porta avversaria. Maignan e Musso infatti sono stati praticamente inoperosi, se escludiamo un tiro di Saelemaekers e uno di Muriel facilmente leggibili. A deludere, se mettiamo sulla bilancia il contesto, è stato soprattutto il Milan, che dopo i primi venti minuti trascorsi in controllo del match, si è come spento. Ha praticamente smesso di giocare, affidandosi a improbabili lanci lunghi e restando vittima dei propri errori tecnici. Male, in questo senso, Calabria, Theo, Krunic e Giroud, mentre Leao non è quasi mai riuscito ad accendersi davvero. Il resto l’ha fatto Gasperini, che ha trovato il modo di disinnescare il Tonali nuova versione. E’ cambiato tutto nella prima parte della ripresa. Dopo nove minuti una punizione infida di Hernandez finita sull’esterno della rete ha fatto gridare al gol mezzo stadio. Poi Pioli ha cambiato Giroud con Rebic e Saelemaekers con Messias, mentre Pioli ha tolto Muriel per Zapata e Pasalic per Malinovskyi. E al minuto numero 12 il Diavolo ha stappato il match, colpendo in ripartenza: lancio di Messias per Leao, che è andato via di forza a Koopmeiners e – freddissimo - ha infilato Musso in uscita sotto le gambe e sotto la curva Sud. San Siro è rimasto col fiato sospeso per un possibile fallo di Kalulu su Pessina, ma il controllo Var ha dato semaforo verde e Orsato ha convalidato, mandando in estasi il Meazza.

CAPOLAVORO — L’Atalanta a quel punto ha reagito rabbiosamente ed è andata vicino al pareggio due volte con Zapata. Il colombiano prima si è girato bene in area, senza trovare la porta, e poi ha spedito di poco a lato con la testa. Segnali di pericolo che si esauriscono di lì a breve perché alla mezzora il Diavolo mette in freezer la partita grazie al gol capolavoro di Hernandez. Krunic sradica la palla dai piedi di Boga e la serve a Theo, che se la colloca sul piede per ottanta metri e trafigge Musso con un diagonale a incrociare. Spettacolo allo stato puro a cui Koopmeiners, Djimsiti e Palomino assistono impotenti, incapaci di fermare il treno francese lanciato a tutta velocità. Manca ancora qualcosa? Ma certo, la firma di Maignan, che arriva a cinque minuti dalla fine con una gamba che salva la porta rossonera su un destro a botta sicura di Zapata. Milan, repertorio completo, ed è quello che serviva per mettere un altro pezzo di mano sullo scudetto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter non molla:
con super Lautaro batte 3-1
il Cagliari e resta a -2 dal Milan



Malgrado i supplementari di Coppa, i nerazzurri dominano i padroni di casa, ora a un passo dalla B.
Apre Darmian, raddoppia il Toro, la riapre Lykogiannis ma poi l'argentino chiude i conti


Luca Taidelli

Aggrappata allo scudetto con le unghie, l'Inter tiene viva una micro speranza battendo e inguaiando il Cagliari e restando a -2 dal Milan, che tre ore prima aveva ipotecato il titolo piegando l'Atalanta. Visto lo svantaggio nello scontro diretto, l'unica speranza per Inzaghi resta battere la Samp (già salva) domenica prossima - nell'iconico 22 maggio... - e sperare che in contemporanea il Sassuolo superi i rossoneri al Mapei Stadium. Alla Unipol Domus finisce 3-1 grazie alle reti di Darmian e Lykogiannis e alla doppietta del Toro scatenato Lautaro. Prova di forza dei nerazzurri, scesi in campo con l'obbligo di vincere e padroni del campo malgrado le fatiche di Coppa.

PRIMO TEMPO — Agostini cambia modulo e passa al 4-3-1-2 escludendo Lovato per inserire Lykogiannis a sinistra, mentre Dalbert fa la mezzala sinistra, completando la mediana con Grassi e Marin, mentre Rog è il trequartista che deve braccare Brozovic. In attacco, conferma per Joao Pedro e Pavoletti. Inzaghi ripropone Bastoni dal 1', conferma Darmian a destra e anche Dzeko davanti, al fianco di Lautaro. Come nella finale di Coppa, panchina per Dumfries e Correa. Gara subito scorbutica, ma i nerazzurri hanno l'arma dei piazzati e, dopo una parata a mano aperta di Handanovic sul diagonale di Lykogiannis, la sbloccherebbero all'11' con Skriniar che da punizione di Calhanoglu sbuca sul secondo, prende il palo ma la mette dentro sulla ribattuta. Richiamato dal Var però Doveri annulla perché dopo avere colpito il pallone con lo stomaco lo slovacco lo aggiusta con la mano. Al 22' ci prova Lautaro, ma il colpo di testa da corner esce di poco. Al terzo tentativo però l'Inter passa con la classica giocata da esterno a esterno. Perisic infatti trova il fondo e pennella un gran cross sul quale Darmian salta un metro più di Lykogiannis e di testa non sbaglia. Il Cagliari fatica a reagire, non riesce a coinvolgere le punte e continua a soffrire sugli esterni, con Darmian e poi Bastoni ancora pericolosi. La squadra di Inzaghi è brava ad abbassare i ritmi e girare palla, alla ricerca del varco giusto. Come succede al 36', con l'imbucata geniale di Darmian per Lautaro, il cui sinistro è murato da Ceppitelli. Cragno invece nega al Toro il 20° gol in campionato (bella palla di Barella) al 39'. Quella dello scatenato argentino diventa una maledizione a fine tempo, quando prima centra il palo interno di sinistro e poi col destro ravvicinato chiama Cragno al mezzo miracolo. L'1-0 all'intervallo va insomma strettissimo agli ospiti, che chiudono anche col 65% di possesso palla e non hanno certo nella gestione del vantaggio il pezzo forte della casa.

SECONDO TEMPO — Si riparte senza sostituzioni, ma Agostini manda a scaldare tutta la panchina perché l'Inter riparte menando la danza, col solito giro palla per poi piazzare il morso letale. Al 51' infatti Barella lancia lungo per Lautaro, bravissimo a scattare sul filo del fuorigioco, resistere al contrasto di Altare e freddare Cragno tra le gambe con il destro. Unipol Domus zittita, ma due minuti dopo Lykogiannis da fuori scaglia un gran sinistro che, complice la deviazione di Skriniar, supera Handanovic e finisce nell'angolino. Si riapre tutto, con Nandez e l'ex Keita a rilevare Rog e Pavoletti. Inzaghi risponde con Dumfries e Gagliardini per l'ammonito Darmian e Barella, l'ex che esce tra tanti fischi ma pure applausi. Disposti ora con il 4-4-2 - Nandez e Dalbert esterni -, i padroni di casa aumentano la pressione, complice anche la stanchezza montante degli avversari dopo i 120' di Coppa di mercoledì. Il più provato sembra Dzeko, che da un lato fa il solito lavoro sporco abbassandosi per far girare la manovra ma dall'altro non incide mai davanti. Infatti al 70' Inzaghi richiama Edin per Correa. Stessa sorte per Bastoni con D'Ambrosio (Skriniar a sinistra). Il finale è un vorrei ma non posso, perché il Cagliari non riesce ad alzare il baricentro e l'Inter non trova pochi varchi per chiuderla. L'unica azione arrembante dei sardi arriva all'80', con De Vrij a bordo campo dopo un duro contrasto con Keita, ma proprio l'ex in area non trova l'attimo. Carboni e Baselli (fuori Altare e Marin) sono le ultime cartucce di Agostini. All'84' però la ripartenza interista è micidiale: grande lancio di Brozovic, Gagliardini controlla il pallone in area e serve a sinistra Lautaro, freddissimo nel superare Cragno col tocco sotto mancino. Dumfries nel recupero centra il terzo palo di serata. L'Inter non molla.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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