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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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Il Milan vince ancora e sogna:
Kalulu piega l'Empoli, +5 sull'Inter (per una notte)

Dopo l’impresa di Napoli i rossoneri superano anche i toscani grazie a un
gol del difensore francese e mettono ulteriore pressione ai nerazzurri


Marco Pasotto


Sarà effimero e potenzialmente fuorviante, per carità. Perché si rischia l’illusione ottica fin quando l’Inter non avrà affrontato il Torino (domenica sera) e poi il Bologna (chissà quando). Ma ora come ora quel +5 in classifica sui cugini è esaltazione allo stato puro. E pressione notevole sui nerazzurri. Con l’Empoli missione compiuta: evaporate le paure che erano seguite all’impresa di Napoli. Questo è un Milan che – quando vuole – sa imporsi anche con chi in classifica non se la passa bene. E sa farlo pure a San Siro. Vittoria di corto muso, certo, sporca perché sofferta. Ma a metà marzo non è il caso di fare gli schizzinosi e infatti Pioli in vigilia aveva chiarito che sarebbe andata bene anche così. Con tre punti conquistati grazie a un raffinato colpo da biliardo di Kalulu, un difensore. Le mille risorse del Diavolo di fronte a un Empoli che continua a vivere di rendita grazie al magnifico girone di andata, ma che adesso non vince da ben dodici partite (12 dicembre): così inizia a essere eccessivo.

LE SCELTE — Pioli finalmente può osservare con soddisfazione l’infermeria (quasi) vuota – ai box restano solo Kjaer e Bakayoko – e compiacersi per l’abbondanza di soluzioni, soprattutto in chiave offensiva. Il tecnico rossonero rispetto a Napoli cambia sistema, tornando al consueto 4-2-3-1 ma, a parte lo squalificato Hernandez rimpiazzato da Florenzi, conferma in blocco la formazione capace di sbancare il Maradona. Quindi Diaz in panchina e Kessie qualche metro davanti a Tonali e Bennacer, con Messias a destra e Giroud davanti. Romagnoli è recuperato, ma accanto a Tomori c’è ancora Kalulu. Andreazzoli regala due novità in difesa, cambiando entrambi i terzini rispetto alle ipotesi fatte in vigilia: dentro Fiamozzi e Cacace, con Stojanovic e Parisi in panca. In avanti Pinamonti, supportato da Bajrami e Henderson. Un trittico che nel primo tempo non è praticamente mai andato in scena. In realtà l’Empoli all’alba del match ha provato a fare l’Empoli, ovvero a giocare palla e a piazzarsi senza imbarazzi nella metà campo rossonera, ma le ambizioni sono naufragate in una decina di minuti perché il Milan non ha accettato di farsi schiacciare. E ha alzato il baricentro, aumentando una pressione che nella restante mezzora abbondante non è più venuta meno.

CONCRETEZZA — Merito dell’aggressività rossonera sui portatori di palla empolesi e sulle principali fonti di gioco: cancellato dal campo il doppio trequartista Bajrami (troppi errori in appoggio)-Henderson, Zurkowski ingabbiato da Tonali, le accelerazioni di Fiamozzi perse nel nulla. Il Diavolo magari ha faticato a trovare la profondità (soprattutto con Leao e Messias), che i toscani non hanno concesso, ma ha tenuto palla fra i piedi praticamente senza resistenza avversaria. Ed è diventato sempre più concreto. Dopo nove minuti Vicario è volato sul sinistro di Florenzi e al 19’ è passato: punizione di Giroud respinta dalla barriera e ripresa da Kalulu, che da oltre venti metri ha scoccato un sinistro perfido a pelo d’erba e angolatissimo, che ha lasciato Vicario in modalità statuaria. Difficile vedere un gol eseguito così bene in termini tecnici da un difensore. Reazione toscana? Scarsa, praticamente nulla, anche perché i rossoneri hanno proseguito a schiacciare i bianchi negli ultimi trenta metri. Allo scadere Milan ancora vicino al gol due volte, con Giroud e Kessie. Empoli non pervenuto in zona Maignan.

EQUILIBRI — Nella ripresa gli equilibri si sono modificati perché l’Empoli si è ripresentato con uno spirito meno rassegnato, mentre il Milan è apparso un po’ più svagato. Nei primi cinque minuti i toscani hanno impegnato Maignan due volte, e la prima con Luperto (testa) è stata una parata decisamente complicata. Anche in questo caso i rossoneri hanno reagito e si sono scrollati di dosso l’avversario, ma non è più stata una recita monotematica come nei primi 45. Anche perché il Milan ha perso di efficacia in fase offensiva. Kessie ha faticato ad appoggiare la manovra, Leao è scomparso dai radar, si è acceso Messias non è stato sufficiente. Andreazzoli ha buttato dentro Cutrone per Henderson: 4-3-1-2, che di lì a poco è diventato 4-3-3 con l’ingresso di Di Francesco al posto di Bajrami (problemi muscolari). Pioli ha risposto con Diaz e Saelemaekers per Kessie e Messias. E poi con Ibra (Giroud) e Rebic (Leao). Forze fresche utili a tamponare gli assalti empolesi perché l’ultimo quarto d’ora di gara non è sfilato via esattamente tranquillo. Il tridente toscano ha punto, spinto e al Diavolo è venuta un’ansia evidente di vedersi beffato proprio al tramonto della sfida. La diga però ha retto, pur fra i patemi, e il fischio finale di Chiffi ha liberato il mondo rossonero. Decollo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Torreira lancia la Fiorentina:
1-0 al Bologna in 10 per quasi un'ora

Doppio giallo a Bonifazi nel primo tempo, dopo i legni colpiti da Soriano e Orsolini.
I viola attaccano ma passano solo al 70' col gol in mischia dell'uruguaiano.
Infortunio per Bonaventura


Matteo Dalla Vite


La Fiorentina continua a vedere l’Europa (aggancio alla Lazio) mentre il Bologna maledice il momento in cui è rimasto in dieci per doppia ammonizione (e sciocchezza) di Bonifazi al 41’ del primo tempo. Dal momento in cui i viola sono rimasti in superiorità numerica è stato un assolo fiorentino sgorgato nel vantaggio firmato da Torreira, il migliore dei suoi. Mihajlovic le ha provate tutte, cambiando modulo tre volte ma deve tornare a casa dopo un primo tempo coraggioso e in cui una traversa (di Soriano) e un palo (di Orsolini) hanno fatto pensare a un canovaccio di partita diverso.

BOLOGNA, PALI E ROSSO — Italiano mette Gonzalez a destra e Sottil a sinistra: ovviamente il perno offensivo è Piatek, 6 gol fino a qui fra campionato e Coppa Italia. Sinisa Mihajlovic mette in campo la formazione annunciata, quindi coi rientri di Arnautovic e Bonifazi, con Soriano nuovamente titolare e Barrow in panchina. L’inizio è subito del Bologna che dopo 12” incoccia la traversa con Soriano che sfrutta uno scivolone di Odriozola in area. E’ l’avvisaglia di un primo tempo mai banale, pieno di cose ma non di gol. La Fiorentina risponde poco dopo: un retropassaggio in scivolata di Bonifazi mette nelle condizioni Piatek di entrare nell’azione che si chiude con una smanacciata di Skorupski, bravo poi a devitalizzare alcuni cross che attraversano l’area e, soprattutto, a tappare un’occasione di Biraghi al tramonto del primo tempo quando il Bologna è già rimasto in dieci. Nel giro di un minuto, infatti, il Bologna potrebbe vedere il paradiso e invece finisce in Purgatorio: Bonifazi, siamo al 39’, lancia in profondità Orsolini che scappa a tutta la linea difensiva viola, dribbla Terracciano e piazza il sinistro sul palo; azione che riprende e in situazione non da pericolo imminente proprio Bonifazi, già ammonito giustamente per fallo su Gonzalez, va a tamponare Torreira prendendosi il secondo giallo. Bologna in dieci dopo un inizio aggressivo e di personalità e davanti a una Fiorentina che per un tempo non trova gli spazi per affondare il colpo. I viola in tre occasioni avevano protestato per situazioni reputate da rigore: dopo le scivolate, in autonomia, di Odriozola e Torreira, c’è il colpo di braccio di Schouten che però pare prendere il pallone con la parte alta dell’arto e in caduta.

SUPER TORREIRA — Nella ripresa Sinisa risistema il Bologna (partito col 3-4-1-2) in 10 col 4-4-1 arretrando De Silvestri e Hickey sulla linea di Medel e Soumaoro, lasciando Arnautovic là davanti e facendo fare ancor più la spola a Soriano, il migliore del primo tempo per qualità, impegni e quantità. La Fiorentina inizialmente non cambia uomini e cerca di trovare gli spazi per agguantare il vantaggio: ora, senza più Soriano addosso, Torreira è più libero di accendere la miccia per i suoi compagni che immediatamente danno l’assedio all’area bolognese. E proprio Torreira, da fuori, minuto 7, colpisce il palo con un tiro che mette fuori causa Skorupski. Dopo una zuccata feroce fra Gonzalez e Medel (ha la peggio il cileno), Mihajlovic decide per il cambio: dentro Barrow e Binks (con 3-4-2), mentre Italiano infila Ikone e Cabral e Duncan. Fiorentina vicina al vantaggio al 23’: Gonzalez si vede chiudere lo specchio da una schermatura di De Silvestri. Al 64' Bonaventura è costretto a lasciare il campo per infortunio, ricadendo malamente su un ginocchio. Il gol viola arriva al 25’: cross da sinistra di Biraghi, sponda di Castrovilli e Torreira sottoporta la spinge dentro senza che Skorupski riesca a fare nulla. Il Bologna non riesce a tenere su un pallone, Arnautovic è nella versione impalpabile (occasione fallita al 30’), Barrow non incide e anche per la superiorità numerica la Fiorentina fa la partita e il Bologna (che inserisce anche Dijks, Sansone e Aebischer) la subisce. Per la Fiorentina sono trenta punti collezionati al Franchi, 46 totali e aggancio alla Lazio al settimo posto; i rossoblu cadono dopo tre risultati utili consecutivi e maledicono quell’intervento di Bonifazi che li ha ridotti in dieci per un’ora di gara.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Super Osimhen stende il Verona:
il Napoli torna a -3 dal Milan

La squadra di Spalletti si riscatta dopo il k.o. col Milan.
L'Hellas si sveglia tardi con un gol di Faraoni e poi
resta in dieci per l'espulsione di Ceccherini.
Rosso pure a Faraoni


Maurizio Nicita


Effetto Osimhen nella corsa scudetto. Una doppietta del nigeriano rilancia il Napoli che batte con merito il Verona che dovrà affrontare anche le milanesi e gli azzurri a questo punto avrebbero tutto da guadagnarci. Spalletti sistema la sua squadra che finalmente gioca per il suo centravanti cercando il fondo per il cross. E su due di queste azioni il centravanti colpisce di testa e di piede. Sembra quasi semplice e in effetti il calcio lo è. Un Verona rimaneggiato dietro e in mezzo non è riuscito quasi mai a fare il proprio gioco e l’ha messa tutta sui nervi mantenendo il risultato in bilico sono in fondo ma non è bastato.

ECCO IL 4-3-3 — Tudor deve rinunciare a diversi giocatori e pur ritrovando Barak soffre dietro e a sinistra. Spalletti invece deve dare una scossa ai suoi e decide di passare al 4-3-3 sacrificando Insigne (c’è Lozano a sinistra) e Zielinski. La mediana con Lobotka basso e Anguissa e Fabian mezzali ispirate. Più che il sistema cambia la mentalità perché il Napoli fa… il Verona e gli riesce pure meglio visto la qualità che ha. Pressing alto e molto aggressivo che mette in crisi la mediana gialloblù e soprattutto verticalità nell’azione come non si vedeva da troppo tempo.

LE CAPOCCIATE DI OSIMHEN — Al 10’ Simeone dalla grande distanza sferra un destro di poco fuori, da segnalare perché di fatto è l’unico tiro nel primo tempo del Verona. Che va sotto al primo affondo. Quando Politano trova la linea di fondo e col destro, non il suo piede migliore, mette una palla tesa sul primo palo che di testa Osimhen perentoriamente butta in rete. Da questo momento il Verona perde le misure in mezzo al campo mentre il Napoli ritrova autostima e comanda la gara. Serve il miglior Montipò per sventare un micidiale sinistro a giro di Fabian Ruiz. Poco dopo Lozano spreca un contropiede servendo male il liberissimo Osimhen. E verso la chiusura del tempo è ancora Fabian Ruiz in contropiede a fintare il sinistro per mettere a terra il marcatore in scivolata e tirare di destro sul secondo palo: di poco a lato. Intanto Depaoli si fa male e Tudor deve arrangiarsi spostando Tameze a sinistra e inserendo centrale Bessa.

RAZZISMO— A inizio ripresa in una mischia in area Ospina resta a terra per uno scontro duro con Ceccherini, poi è Gunter involontariamente a colpire Osimhen per terra ma il clima sugli spalti è brutto, definirlo da arena dei gladiatori è quasi un complimento. Il giudice sportivo scriverà di “discriminazione territoriale” ma fra buu e cori irripetibili questo è razzismo. Tra l’altro ricambiato con cori altrettanto beceri dagli oltre due mila napoletani presenti.

CAMBIO DI ALI E RADDOPPIO — Chiusa l’amara parentesi, torniamo alla partita. Con Spalletti che per tenere i ritmi alti cambia le ali. Fuori Politano e Lozano che hanno fatto bene, dentro Elmas e Insigne. Ora il Napoli preferisce un palleggio più orizzontale, visto che il pressing del Verona non morde. Ma gli azzurri trovano il guizzo… su fallo laterale. Elmas è veloce a batterlo, Ceccherini meno rapido a chiudere e si apre un’autostrada per l’ottimo Di Lorenzo che arriva fin quasi all’area piccola e poi serve il più comodo degli assist per Osimhen che raddoppia, con tanto di esultanza sotto i tifosi azzurri, immortalati dallo stesso Victor con la macchina fotografica 'rubata' a un reporter a bordocampo.

ORGOGLIO HELLAS — E quando meno te l’aspetti ecco venire fuori l’orgoglio del Verona. Con Tameze che lavora bene un pallone a sinistra e mette in mezzo dove Faraoni di testa anticipa Mario Rui e mette alle spalle di Ospina, al primo tiro nello specchio. Ma mentre il Verona prova il forcing, in mezzo Ceccherini compie un fallo di mano volontario ed essendo già ammonito viene espulso da Doveri. Il Napoli torna in controllo e sfiora anche il terzo gol con Di Lorenzo, Elmas e Mario Rui che colpisce la traversa. A partita conclusa tensioni in mezzo al campo con Faraoni che viene espulso.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta ferma al palo:
il Genoa trova il 7° pareggio consecutivo

Di Muriel, Pasalic, Destro e Frendrup le migliori chance del match: finisce senza reti.
La Dea ora è a -8 dalla zona Champions (ma con una gara in meno della Juve)


Marco Guidi


La legge di Mister X Blessin non risparmia nemmeno l’Atalanta. Al Gewiss il Genoa pareggia la settima gara di fila con il tedesco alla guida, fermando stavolta una Dea forse appannata dalle fatiche di coppa. Per i rossoblù è il quinto 0-0 su sette, per l’Atalanta un punto che non avvicina molto, in ottica Champions, la Juve, ora quarta a +8, seppure con una partita in più.

SCELTE — Gasperini opta per un po’ di turnover. Tra i pali va Sportiello, Scalvini titolare nei tre dietro, Pessina con Koopmeiners in mezzo al campo, mentre davanti la coppia Malinovskyi-Muriel che ha steso il Leverkusen in Europa League. Blessin, invece, senza Hefti e Cambiaso schiera a sorpresa Frendrup da terzino destro, rilanciando in mezzo al campo il cileno Galdames e puntando su Yeboah da centravanti con Melegoni, Amiri e Portanova alle spalle. Il Genoa inizia con personalità, anche se il primo tentativo è nerazzurro: la punizione di Malinovskyi sorvola non di molto la traversa della porta di Sirigu. Al 13’ è invece Muriel ad alzare la mira dopo una bella percussione dalla sinistra. La squadra di Blessin però non si impaurisce e continua a cercare di proporre calcio, anche se a risultati alterni. Dal canto suo, l’Atalanta fatica a trovare tempi e giocate di qualità. Al 34’ l’ex di turno Melegoni scaglia il primo tiro in porta di tutta la partita: Sportiello blocca senza problemi. Tre minuti dopo, l’occasione più grossa del primo tempo capita sui piedi di Muriel, servito da Pasalic, ma il destro a giro del colombiano tocca il palo a Sirigu battuto e si spegne sul fondo. Poco dopo, anche la prima ammonizione della partita, per Zappacosta che tampona Yeboah ai 20 metri per rimediare a una brutta palla persa. L’interessante punizione successiva viene spedita fuori misura da Amiri.

SENZA GOL — Nella ripresa Gasperini si gioca subito la carta Boga per dare la scossa. Fuori Maehle e si passa al 4-2-3-1, con Pessina da trequartista e Pasalic abbassato in mediana. La mossa però non dà i frutti sperati e il tecnico della Dea dopo 10’ getta nella mischia anche Hateboer e Toloi per Zappacosta e Malinovskyi. Le alchimie tattiche del Gasp (Scalvini in mediana, ora con Pessina, Pasalic largo a destra davanti) danno un po’ di nerbo a un’Atalanta sin lì molto fallace nel palleggio e poco incisiva in attacco. Anche perché il Genoa, con tante assenze e pochi cambi in panchina, cala un po’ dal punto di vista fisico. L’occasione d’oro capita subito sui piedi di Pasalic, dopo una travolgente discesa di Koopmeiners, ma il croato al 18’ alza il pallonetto sopra la traversa a tu per tu con Sirigu. Al 25’ anche Blessin fa la prima sostituzione, togliendo il leggerino Yeboah (dello zio Tony ha solo il cognome…) per Destro. Quindi Hernani per uno sfinito Amiri. La partita si apre finalmente. Al 30’ e al 32’, due grandi chance per i rossoblù, prima con Destro che dopo un bel movimento allarga di poco oltre il palo il destro in diagonale, poi con Frendrup che spara su Sportiello in uscita da pochi passi. Capovolgimento di fronte e Hateboer conclude troppo centralmente con il sinistro. Gli spazi ora ci sono, ma le due squadre (soprattutto l’Atalanta, a dirla tutta…) sono stanche e poco lucide. L’ultimo brivido è un colpo di testa di Demiral, centravanti improvvisato nel finale, fuori di un soffio. Nulla di fatto. Così vince ancora una volta solo la legge di Mister X.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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15/03/2022 00:03
 
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Pellegrini salva la Roma nel recupero,
all'Udinese non basta Molina



I bianconeri avevano dominato il primo tempo trovando il gol con l'argentino.
Nella ripresa i giallorossi crescono e acciuffano il pari al 94' su calcio di rigore


Andrea Pugliese

Una brutta Roma si salva solo in extremis con un calcio di rigore di Pellegrini al 49’ della ripresa, conservando così il quinto posto (in coabitazione con l’Atalanta) e allungando la serie positiva in campionato a otto risultati utili consecutivi. Il pari, però, è un premio troppo ricco per la squadra di Mourinho (che ha chiuso con cinque attaccanti più Pellegrini), che non ha mai trovato pericolosità ed equilibrio. Dall’altra parte, invece, Cioffi ne ha da rammaricarsi, per una partita giocata ottimamente nel primo tempo (vantaggio di Molina e doppio legno nella stessa azione) e controllata nella ripresa, dove però i bianconeri pagano il fatto di aver fallito il colpo del k.o.

FASCIA DOMINANTE — Cioffi preferisce Jajalo ad Arslan in cabina di regia e si affida ancora al giovane Udogie, Mourinho invece rilancia Zalewski dal via a sinistra e manda in campo entrambi i diffidati, Zaniolo e Pellegrini, senza preoccuparsi del derby di domenica prossima. Da una parte manca Walace per squalifica, dall’altra Mkhitaryan e Kumbulla. A fare la partita è praticamente sempre l’Udinese, soprattutto nella sua fascia destra, dove il triangolo mobile composto da Molina-Pereyra-Deloufeu fa scintille dall’inizio alla fine del primo tempo. Da quella parta, poi, Zalewski è sempre in sofferenza e Ibanez non ha la solidità attuale di Kumbulla. Così su quella fascia l’Udinese imperversa, andando spesso dentro e creando pericoli su pericoli. Un tocco sotto di Pereyra finisce di un soffio fuori, poi è Molina ad impegnare da fuori Rui Patricio. In mezzo l’unico acuto giallorosso, una ripartenza tra l’altro sprecata malamente al lato da Abraham. Poi l’Udinese passa (15’) sugli sviluppi di un calcio d’angolo su cui Molina è colpevolmente lasciato solo, con l’argentino che insacca da fuori a giro. Neanche lo svantaggio scuote i giallorossi, con Molina e Deloufeu che a destra continuano a far venire il mal di testa a Zalewski e Ibanez. Deloufeu poi viene ammonito per simulazione, mentre Makengo (38’) va vicinissimo al 2-0, con il tiro dal limite che finisce prima sulla traversa e poi sul palo (dopo aver sbattuto sulla schiena di un Rui Patricio oramai battuto) e Mancini che salva su Beto la ribattuta a porta vuota. Si va negli spogliatoi, con una Roma bruttissima e un’Udinese scintillante.

TROPPO SPRECO — La mossa di Mourinho è El Shaarawy per Oliveira, all’ennesima sostituzione che sa tanto di mezza bocciatura. La Roma così passa al 3-4-3, ma ad andare vicino al gol al 10’ è ancora l’Udinese e ancora con Makengo, che penetra in area e calcia di un soffio alla destra di Ru Patricio. Poi ci prova Pereyra invano, Deloufeu lavora palloni su palloni a tutto campo ed a destra i friulani continuano a sfondare quando vogliono. Insomma, lo spartito sembra lo stesso dei primi 45 minuti di gioco, con la squadra di Mourinho lunga e senza idee ed equilibrio. Al 20’ allora fuori Zalewski ed Abraham, dentro Felix (subito pericoloso, piatto al limite di poco fuori) e Shomurodov. Poi va dentro anche Veretout, Cristante si rende pericoloso di testa su calcio d’angolo, ma l’impressione più in generale è che quella dei giallorossi sia proprio una giornata-no. Al 30’ però la palla per pareggiare arriva, ma Marì salva due volte in mischia (su Felix e Pellegrini), con i giallorossi pronti ad esultare per il possibile pari. Nell’assalto finale la Roma disegna addirittura una sorta di 4-2-1-3, con Mancini terzino destro ed El Shaarawy a ballare tra il ruolo di terzino sinistro e quello di esterno a tutta fascia. Insomma, una squadra ultraffonsiva, che chiude addirittura con cinque attaccanti (più Pellegrini) tutti contemporaneamente in campo, visto che al 39’ Perez dà il cambio a Mancini (con lo spagnolo ed Elsha a fare i terzini fino alla fine). Così a sfiorare il 2-0 nel finale è due volte l’Udinese, con Rui Patricio bravo prima su Pussetto e poi su Samardzic. Al 46’ l’ultimo assalto giallorosso è quello però decisivo: fallo di mano di Zeegelaar e rigore realizzato da Pellegrini. Il pareggio finale premia troppo la Roma e lascia l’amaro in bocca ad un’Udinese che avrebbe meritato la vittoria, ma che ha sprecato troppe volte il colpo del k.o..

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sanchez salva l'Inter nel recupero.
Toro furioso per un netto rigore negato sull'1-0



Segna subito Bremer, poi Guida non vede un rigore di Ranocchia su Belotti.
Dzeko spreca ma nel finale azzecca l'assist per il cileno, reduce dalle critiche di Liverpool.
Inzaghi resta a -4 dal Milan, pur con un match da recuperare


Luca Taidelli

Il weekend in cui tutte le rivali scudetto hanno risposto presente sembrava destinato a chiudersi nel peggiore dei modi per l'Inter. Privi del faro Brozovic, i campioni d'Italia nel primo tempo vanno sotto (Bremer) e poi vengono graziati dall'arbitro Guida, che al 36' non sanziona con un rigore un fallo di Ranocchia su Belotti. Ma nel finale con la forza dei nervi, più che col gioco, trovano la rete del pareggio proprio con quel Sanchez che in settimana si era preso tutte le colpe per l'eliminazione dalla Champions. Beffata la squadra di Juric, che pregustava il primo successo dopo 7 giornate. Ma non possono esultare più di tanto nemmeno i nerazzurri, che per la prima volta dopo mesi non sono più padroni del proprio destino. Pur con un match da recuperare, sono a -4 dal Milan, mentre il Napoli è a +1 e la Juve ad appena 3 lunghezze.

LE SCELTE — Proprio come all'andata, quando era andato in marcatura su Vidal (Barella squalificato), il più fisico Buongiorno manda in panchina Rodriguez, a conferma che Juric si aspetta una battaglia più di spada che di fioretto. In mezzo al campo torna Lukic, al fianco di Mandragora. Pobega avanzato sulla trequarti con Brekalo, alle spalle di Belotti. Inzaghi sostituisce De Vrij con Ranocchia, preferisce Darmian a Dumfries e si gioca la carta Vecino per rimpiazzare Brozovic. In attacco, tornano in coppia Dzeko e Lautaro.

PRIMO TEMPO — Match subito muscolare e tattico, squillano prima Belotti (esterno della rete) e poi Dzeko (Berisha c'è), con l'Inter che si adatta senza Brozovic. Mentre il croato di solito si abbassa sulla linea dei centrali per impostare, con i braccetti che si allargano, Vecino invece resta sulla linea di Barella e Calha. La fase di studio comunque dura ben poco. Al 12' Handanovic non rischia la presa e smanaccia oltre la traversa, sull'angolo in mischia la palla arriva a Bremer che da due metri non può sbagliare. La partita si stappa, Belotti impegna Handanovic, Berisha si esalta sull'incornata di Lautaro, da punizione di Calhanoglu. Il problema per Inzaghi però sta in mezzo al campo, dove i granata sono bravi ad aggredire. Lukic e Mandragora asfissiano Calha e Barella, il gioco non trova quasi mai nemmeno ampiezza sugli esterni e le due punte vedono palla solo sui lanci lunghi a scavalcare la mediana. Non a caso anche l'altra grande occasione, al 30', arriva su un piazzato velenoso di Calhanoglu su cui Berisha fa un'altra paratona. Possibile svolta al 36': Ranocchia in area si fa prendere il tempo da Belotti e poi lo tocca sul piede destro. Guida fa giocare e nemmeno dopo il consulto audio con Massa al Var cambia idea. L'Inter ringrazia, perché andare all'intervallo sotto di due reti avrebbe fatto la differenza.

SECONDO TEMPO — A inizio ripresa Inzaghi stravolge la fascia sinistra. Fuori l'ammonito Bastoni e Perisic, imbavagliato da Singo, dentro Dimarco e Gosens. Tempo 50 secondi e una ripartenza granata manda al tiro Brekalo, il cui destro è deviato da Ranocchia. Lo stesso Brekalo e Belotti che ringhiano su Skriniar dopo una rincorsa di 40 metri fotografa la grinta dei ragazzi di Juric. Vecino sfiora il gol di testa (ovviamente su punizione, stavolta di Dimarco), mentre Djidji accusa un problema muscolare e lascia il posto a Izzo. Al 52' Dimarco ha sul destro (il piede sbagliato, e si vede) la prima palla gol frutto di un'azione manovrata, complice il filtrante di Dzeko. L'ex Verona però dà nuova verve ai nerazzurri, che al 60' mancano di un soffio il pareggio col colpo di testa di Dzeko su cross di Vecino. Il Toro tira fisiologicamente il fiato, ma ora che ha spazi per ripartire sfrutta un buco per mettere Brekalo davanti ad Handanovic. Grande il salvataggio di Gosens, mentre il portiere subito dopo si supera su Izzo, lasciato di nuovo solo su un corner. Inzaghi al 67' si gioca il secondo slot con Vidal e Sanchez per Vecino e Lautaro, con Calha che si piazza in mezzo. Vidal impegna Berisha, Correa per Calha è la carta della disperazione in una sorta di 4-2-3-1 con Correa e Darmian esterni offensivi. Juric risponde con Ansaldi e Rodriguez per Vojvoda e Buongiorno. Il corpo a corpo dei minuti finali però sembra fare il gioco del Toro, che si raggruppa attorno al totem Bremer e nella battaglia si esalta. L'Inter pare perdere lucidità - sta succedendo troppo spesso -, ma ha il merito di assaltare la trequarti avversaria. Dzeko all'89 sbaglia di testa un gol già fatto su cross di Dimarco. Vero che Pobega a inizio recupero fa lo stesso. Ma al 93' Edin è geniale nell'assist a Sanchez, che trova l'angolino e chiude una settimana di emozioni forti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Festa Lazio: 1-0 al Venezia e 5° posto.
Immobile segna su rigore: superato Piola

La squadra di Sarri non incanta ma vince grazie al penalty del suo centravanti,
che così diventa il miglior marcatore biancoceleste in serie A


Nicola Berardino


Salto in alto della Lazio. Con la vittoria contro il Venezia la formazione di Sarri si porta al quinto posto sorpassando l’Atalanta (un partita in meno) e la Roma, che affronterà nel derby di domenica. I biancocelesti bissano il successo di Cagliari ma devono faticare più del previsto. Ci pensa il solito Immobile a firmare i tre punti: su rigore segna la ventunesima rete in campionato che gli ridà il primo posto solitario nella classifica cannonieri e gli fa strappare un altro record a Piola (ora 144 gol in A con la Lazio). Regge per 58 minuti il muro del Venezia che cerca il pari sino al forcing finale senza però riuscire a evitare la terza sconfitta di fila. Prima della gara, è stato ricordato Pino Wilson, il capitano dello scudetto biancoceleste del 1974, scomparso una settimana fa. Sugli schermi dello stadio diffusi vari filmati della sua Lazio, relativi soprattutto all’epoca d’oro di Tommaso Maestrelli. Alla presenza di alcuni ex compagni di squadra di Wilson, consegnata una targa-ricordo ai figli, Gilda e James, dal presidente Lotito e da Giorgio Sandri, padre del tifoso biancoceleste ucciso nel 2007. La squadra di Sarri ha giocato col lutto al braccio e Immobile con la fascia fossa da capitano, come quella di Wilson.

MURO VENETO — Sarri deve ritoccare la formazione sulle fasce della difesa: a destra, si sposta Patric (recuperato all’ultimo) per la squalifica di Marusic, mentre sulla sinistra ritorna Hysaj per rilevare l’infortunato Radu. Venezia (squalificato il tecnico Zanetti, in panchina Bertolini) reimpostato col 4-3-2-1. Al posto di Aramu, fermato dal giudice sportivo, torna Nsame come riferimento avanzato. Tra i pali si rivede Maenpaa dopo lo stop di Romero che si è aggiunto a quello di Lezzerini. Novità anche in difesa con Modolo, in mediana con Ampadu e nella trequarti con Busio. Biancocelesti subito all’attacco. Maenpaa anticipa Immobile. Al quarto d’ora Milinkovic vicino al gol: punizione di poco a lato. Dalla distanza ci prova pure Zaccagni. Crnigoj fa muro su una botta di Acerbi. Che poi va a arginare un tentativo di Okereke. Al 34’, buona chance per la Lazio. Sul lancio di Immobile, Felipe Anderson brucia sullo scatto Haps , arriva davanti alla porta ma angola troppo il tiro che va fuori. Proteste laziali per uno scontro in area fra Zaccagni e Caldara. L’attaccante finisce subito dopo a terra per un altro intervento del difensore veneto e viene ammonito da Manganiello per simulazione. Zaccagni era diffidato e così salterà il derby. Il Venezia regge l’urto della Lazio che però non riesce a concretizzare il gioco prodotto. All’intervallo sullo 0-0.

SBLOCCA IMMOBILE — Nella ripresa si parte con Ebuehi al posto di Mateju, in difficoltà su Zaccagni. Al 4’ annullato un gol di Immobile per fuorigioco (tramite Var). Il Venezia va in avanti: ribattuti i tentativi di Okereke e Ampadu. Al Var con Luiz Felipe a terra dopo esser stato colpito al volto da un calcione di Crnigoj in gioco pericoloso: Manganiello concede il rigore. E al 13’ dal dischetto Immobile porta in vantaggio la Lazio. Il bomber così segna anche al Venezia, l’unica squadra di questa serie A cui non aveva mai realizzato un gol. E supera con il 144esimo centro in campionato con Lazio il record di Piola. Al 19’, altri due cambi nel Venezia: escono Nsame e Crnigoj per Henry e Kiyine. Con Milinkovic, Immobile e Luis Alberto biancocelesti vicini al raddoppio. Sarri sostituisce Zaccagni al 26’ con Pedro. E al 33’ Patric con Lazzari. Nuova sostituzione per il Venezia: l’ex Nani rileva Busio. Strakosha è pronto sul colpo di testa. Al 39’ Basic rileva Luis Alberto che sbuffa per la sostituzione. E nel Venezia c’è spazio per Sigurdsson al posto di Fiordilino. Assalto finale dei veneti, ma la Lazio è in guardia per proteggere i tre punti che ricaricano le ambizioni, a partire dal derby.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 29ª Giornata (10ª di Ritorno)

12/03/2022
Salernitana - Sassuolo 2-2
Spezia - Cagliari 2-0
Sampdoria - Juventus 1-3
ilan - Empoli 1-0
13/03/2022
Fiorentina - Bologna 1-0
Verona - Napoli 1-2
Atalanta - Genoa 0-0
Udinese - Roma 1-1
Torino - Inter 1-1
14/03/2022
Lazio - Venezia 1-0

Classifica
1) Milan punti 63;
2) Napoli punti 60;
3) Inter(*) punti 59;
4) Juventus punti 56;
5) Lazio punti 49;
6) Atalanta(*) e Roma punti 48;
8) Fiorentina(*) punti 46;
9) Verona punti 41;
10) Sassuolo punti 40;
11) Torino(*) punti 35;
12) Bologna(*) punti 33;
13) Empoli punti 32;
14) Udinese(**) punti 30;
15) Spezia punti 29;
16) Sampdoria punti 26;
17) Cagliari punti 25;
18) Venezia(*) punti 22;
19) Genoa punti 19;
20) Salernitana(**) punti 16.

(gazzetta.it)


19ª giornata: Udinese - Salernitana è per ora non disputata (per il forfait della Salernitana causa Covid-19), ma la decisione del
giudice sportivo di assegnare la vittoria a tavolino all'Udinese e un punto di penalità alla Salernitana è stata ribaltata in
appello ed ora è da recuperare.
20ª giornata: Bologna - Inter, Atalanta - Torino, Salernitana - Venezia e Fiorentina - Udinese non disputate
per forfait di almeno una delle squadre a causa del Covid, in attesa di ulteriori decisioni.
(*) una partita in meno
(**) due partite in meno
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Il Sassuolo travolge lo Spezia
e Berardi fa festa:
doppietta e 100ª rete in A

Neroverdi in vantaggio al 17' con l'azzurro su rigore,
al 35' il pareggio con un capolavoro di Verde.
Nella ripresa il bis di Berardi.
Al 78' Ayhan chiude i conti, 3 minuti dopo, il 4-1 con Scamacca


Alex Frosio


Quarta vittoria nelle ultime cinque, la serie positiva del Sassuolo continua fino a bussare alle porte della zona Europa. Berardi fa 300 partite in neroverde e ne approfitta per arrivare a 100 gol in Serie A (in 265 presenze) con una doppietta. In chiave azzurra, benissimo, anche perché Scamacca entra e segna.

AVVIO RAPIDO — Il Sassuolo, infreddolito, patisce l’aggressione alta iniziale dello Spezia. Ma al primo affondo fa male: Traoré dentro per Berardi, tocco in verticale per l’inserimento di Frattesi, Kovalenko in ritardo lo affonda. Rigore. Berardi, alla partita numero 300 con il Sassuolo, incrocia dal dischetto. Sassuolo in vantaggio al 17’. Non per caso. Le percussioni di Frattesi perforano la parte molle dello Spezia, aggredito a destra da tre avversari. Il 16 neroverde si presenta altre due volte solo davanti alla porta: al 21’ dopo un pasticcio Reca-Nikolaou cui rimedia Provedel in uscita, al 26’ su filtrante immaginifico di Berardi ma il tentativo di extrapass per Defrel è lungo. Lo Spezia pian piano registra il possesso palla e al 36’ pareggia: buona azione sulla sinistra, Bastoni prende il fondo e cross verso il palo lontano dove Verdi aggancia e inventa un sinistro a giro magico. E allora il Sassuolo si rimette a spingere. Kyriakopoulos al 39’ impegna Provedel con il sinistro, Lopez al 41’ prova a far sedere tutta la difesa in area ma il suo tiro è intercettato da Amian.

RIPRESA — Il Sassuolo non perde tempo. Berardi, sempre lui, arma il sinistro al 3’ (alto). Un minuto dopo, un recupero alto permette a Defrel di servire il 25 sulla corsa, e stavolta con il destro Berardi non sbaglia. Sassuolo di nuovo avanti e in controllo, Spezia non pervenuto se non per un rigore chiesto da Kovalenko per leggero tocco di Frattesi al 25’. Nel frattempo è entrato Scamacca, all’inizio del terzo quarto di gioco, a dare più peso ed efficacia all’attacco di Dionisi. E il risultato si allarga. Al 33’ Ayhan raccoglie in area e fulmina d’esterno destro Provedel per il 3-1. Al 36’ Scamacca direttamente su punizione serve il poker, con l’aiuto di Manaj che si apre in barriera. Niente manita solo perché Provedel in tuffo si oppone a Lopez e Bastoni davanti alla porta ferma Oddei nel finale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Genoa segna, resta in 10 e resiste al Torino.
E ora Blessin crede nella salvezza

Portanova segna al 15', poi al 24' l'espulsione di Ostigard.
I granata spingono, ma non vanno oltre la traversa di Vojvoda.
Padroni di casa a tre punti dal Cagliari in attesa delle partite del weekend


Filippo Grimaldi


Trecentoventotto giorni, praticamente una vita: dopo quasi undici mesi il Genoa ritrova la vittoria in casa (1-0) e allunga il momento poco felice del Torino, la cui ultima vittoria in campionato risale a oltre due mesi fa, il 15 gennaio scorso proprio qui al Ferraris contro la Sampdoria. Da allora, per i granata, cinque sconfitte e tre pareggi. I granata, in svantaggio dopo 14 minuti, non sono riusciti a riaprirla nonostante settanta minuti – recuperi compresi - in superiorità numerica per la sciocca espulsione di Ostigard. Nel complesso una gara spigolosa, nervosa, ma mai cattiva. In partenza, Genoa bloccato in avanti, Toro molto attento sulle corsie esterne, approfittando anche di una limitata concretezza rossoblù in avanti. Sirigu è bravo e attento (11’) a sventare sulla botta di Izzo, ma sulla ripartenza del Genoa nasce l’azione del gol genoano (13’). Errore di Vojvoda che permette a Frendrup di rubargli palla proprio davanti alla panchina di Juric. L’esterno rossoblù mette poi un pallone a centro area sul quale la difesa granata commette un doppio errore, perché Berisha si fa scavalcare e Izzo pasticcia sul mancato intervento del suo portiere, favorendo l’intervento di Portanova, appostato sul palo opposto, che va a segno.

FURORE TORO — Genoa in vantaggio, ma la reazione granata è veemente. Proprio su uno di questi attacchi l’arbitro Mariani fischia un contatto fra lo stesso Izzo lanciato in velocità e Ostigard, che con troppa irruenza prova a frenare la corsa del difensore granata: contatto fatale e secondo giallo per il centrale genoano, con il Grifone in dieci.

CAMBIO IN CORSA — Blessin passa allora immediatamente al 4-4-1, e inserisce Bani in difesa che va ad affiancarsi a Maksimovic nella stessa posizione del norvegese. Fuori Amiri, e questo limita fortemente la spinta dei padroni di casa. E qui sale forte la pressione granata, grazie anche alla profondità del gioco sulla corsia di destra, dove Singo con la sua velocità approfitta degli spazi creati da Portanova (che prova a tamponare ed a ripartire) e Vasquez, troppo distanti fra loro. E così negli spazi si inserisce bene il Toro. Juric invita i suoi a schiacciare il Genoa nella sua metà campo, alzando la posizione di Pjaca per dare maggiore supporto a Belotti. Proprio la rovesciata del Gallo (36’) si trasforma in un cross per Vojvoda, che di testa scheggia la traversa. Belotti scatenato al 42’, quando in scivolata non trova la porta.

MONOLOGO (INUTILE) — Toro padrone assoluto del campo anche in avvio di ripresa. Blessin dà sostanza alla difesa inserendo Hefti per Destro e provando ad avanzare Frendrup. Juric risponde con Brekalo e Ansaldi al posto di Mandragora e Vojvoda. Il Genoa fa muro, gli ospiti aumentano la pressione, Belotti di testa (15’) schiaccia e Sirigu para. Ma la squadra di Juric fatica a trovare varchi. I rossoblù sono alle corde: prova ne sia che al 20’ Portanova stremato si blocca su uno scatto e Blessin corre ai ripari: dentro Galdames al suo posto (ma Portanova non vorrebbe uscire…), e anche Yeboah per Melegoni, provando ad allungare di più la squadra. L’idea, a tratti, funziona: Yeboah impegna Berisha a terra al 26’ e i rossoblù respirano. Ma il Toro avrebbe bisogno di un cambio di ritmo, Singo arriva con un attimo di ritardo (28’) e una buona palla per il pari sfuma. Genoa arroccato, ma attento, ma le responsabilità principali sono della squadra di Juric, troppo molle contro un avversario in affanno. Zaza sostituisce Singo e Buongiorno rileva Rodriguez, sono le ultime mosse per rilanciare l’offensiva ospite con un Toro tutto a trazione anteriore. Non basta: gli animi si innervosiscono, Badelj sfiora il raddoppio su una ripartenza rossoblù, ma il risultato non cambia. Toro deluso, apoteosi Blessin, che si guadagna gli applausi del Ferraris.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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19/03/2022 21:23
 
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Osimhen scatenato!
Ribalta l’Udinese e regala il primo posto al Napoli

Dopo un primo tempo in svantaggio grazie a un gran gol di Deulofeu,
la straordinaria verve del bomber
(ammonito e costretto a saltare la prossima gara con l’Atalanta perché diffidato)
nigeriano porta tre punti a Spalletti.
Che così raggiunge Pioli a quota 63


Maurizio Nicita


Turbo Osimhen con un’altra doppietta trascina il Napoli per qualche ora in vetta al campionato. Contro una Udinese ordinata ed efficace gli azzurri, in maglia rossa, soffrono, chiudono in svantaggio il primo tempo ma cambiano passo con il loro uomo migliore che sta pesando a suon di gol sulla rincorsa scudetto. Dopo un primo tempo deludente e macchinoso, la squadra di Spalletti mette due marce più alte, cambia atteggiamento e carica agonistica e per i bravi friulani di Cioffi non c’è scampo, anche se il risultato resta in bilico fino all’ultimo. Peccato che Osimhen sarà squalificato per la prossima, difficile trasferta contro l’Atalanta. Ma l’ottimo ingresso nella ripresa di Mertens e una condizione fisica generale buona della squadra non toglie entusiasmo a una squadra trascinata dal suo pubblico.

SCHIERAMENTI — Spalletti alla fine opta per il 4-3-3 preferendo sempre Fabian Ruiz a Zielinski, mentre nel tridente Insigne riprende in suo posto e resta in panca Lozano. Cioffi schiera il 3-5-2 annunciato preferendo mezzala Makengo ad Arslan. E proprio il francese in avvio ruba un buon pallone ad Anguissa e smarca al tiro Beto, respinto da un difensore. Ma il centravanti portoghese spreca al quarto d’ora un cross di Molina che aveva colto controtempo la difesa napoletano: colpo di testa a lato da distanza ravvicinata. Sono campanelli di allarme che il Napoli non sa leggere bene. Perché poco dopo arriva il vantaggio meritato dei friulani. Bravo Pereyra ad accentrarsi e portarsi centralmente in zona tiro ai 20 metri. Gli azzurri - oggi il rosso - si affollano sul portatore di palla che smista allo smarcato Deulofeu che di destro dal limite la piazza all’angolino, dove Ospina non può arrivare.

PROTAGONISTI I PORTIERI — E il numero 1 colombiano evita il raddoppio udinese quando Pablo Marì sale più in alto di tutti sul calcio d’angolo, indirizzando potente sotto la traversa, ma il portiere devia. Poi, sulla reazione del Napoli è Silvestri a mettersi in evidenza due volte la prima spettacolare allungandosi con la punta delle dita su un perfetto tiro a giro di Insigne. E poi su una conclusione ravvicinata di Fabian Ruiz deviata con la punta del piede, con un pizzico di fortuna.

CAMBIO MARCIA CON CIRO — Nella ripresa Spalletti lascia nello spogliatoio Fabian Ruiz e inserisce Ciro Mertens passando al 4-2-3-1. È soprattutto l’aggressività del Napoli che è diversa e l’Udinese è costretta a rinculare. Su punizione ben preparata da una finta di Insigne, Mario Rui batte a sorpresa, Udogie si perde Osimhen che di testa è una sentenza. Il boato del Maradona regala gioia pura a Victor che si gode la gente girando per mezzo stadio, esultando. Ma ancora il bello deve venire perché 10’ dopo, con l’Udinese che soffre il pressing alto e asfissiante, ecco il raddoppio ancora del nigeriano. Ottima la catena di destra con Politano che manda di Lorenzo a crossare da fondo campo: palla bassa indietro per Osimhen che segna esattamente con lo stesso movimento del secondo gol di Verona. Il Napoli ora domina, anche se Deulofeu riesce a tirare nello specchio, con Ospina attento. Si fa male alla caviglia destra Di Lorenzo e c’è un po’ di apprensione in chiave nazionale. Nel convulso finale c’è l’espulsione di Pablo Marì per gioco violento su Zielinski anche se non c’è cattiveria dello spagnolo. E poi le ammonizioni pesanti di Rrahmani e Osimhen che salteranno per squalifica la trasferta con l’Atalanta. Fourneau appare fiscale soprattutto sul nigeriano che va in scivolata con i piedi davanti e le mani dietro per contrastare il tiro di Walace.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter frena anche con la Fiorentina.
Sette punti in 7 partite per Inzaghi



Una buona Viola passa in vantaggio con Torreira viene ripresa da Dumfries.
Nel finale Handanovic salva il pareggio. Nerazzurri a -3 da Milan e Napoli


Luca Taidelli

Un altro pareggio, che soprattutto adesso sa di mezza sconfitta, per un'Inter pasticciona che non può più aggrapparsi all'assenza di Brozovic. Come col Torino, un 1-1 in rimonta anche contro una Fiorentina gagliarda (scappata con Torreira prima dell'inzuccata di Dumfries) che se ci avesse creduto di più avrebbe potuto approfittare appieno della frenesia dei nerazzurri. Aspettando Cagliari-Milan, i campioni d'Italia (7 punti nelle ultime 7 giornate) ora sono a -4 da rossoneri e Napoli. L'asterisco di Bologna resta una coperta di Linus. Senza ritrovare gioco e lucidità non c'è recupero che tenga.

PRIMO TEMPO — Inzaghi sceglie D'Ambrosio per sostituire De Vrij e Vidal a completare il centrocampo con Barella e Calhanoglu, in assenza di Brozovic. Davanti alla difesa per la prima volta si piazza il turco. Conferma per Dzeko e Lautaro in attacco. Italiano non recupera Bonaventura, al suo posto l’ex Duncan con Torreira e Castrovilli. Venuti preferito a Odriozola. In attacco, Saponara vince il ballottaggio con Ikonè e Sottil per completare il tridente con Piatek e Gonzalez. Calha scopre subito quanto è dura fare il Brozovic. Schermato da Torreira, prova due sventagliate ma il pressing viola mette in difficoltà l'uscita palla nerazzurra, anche per errori non forzati. Quando riesce a saltare il primo sbarramento, l'Inter si rende pericolosa con Dumfries, ma Italiano presidia bene anche le fasce, con Castrovilli e Duncan pronti ad accentrarsi quando salgono Venuti e Biraghi. Quando arriva qualche pallone pulito, Lautaro e soprattutto Dzeko sbattono su Igor e Milenkovic. Al 21', su un recupero alto, prima Gonzalez e poi Saponara graziano Handanovic. Quando non gira, vengono meno anche i pezzi forti della casa. La squadra di Inzaghi non sfonda nemmeno sui piazzati e fatica pure sui cambi di gioco. Alla mezzora, nessun tiro nello specchio, mentre gli ospiti in precedenza hanno bussato con i due esterni offensivi. L'Inter se non altro si scuote nel finale di tempo, ma prima Vidal si avvita goffamente sul lancio di Dumfries, poi Terracciano si supera in uscita su Dzeko e infine Lautaro segna ma in fuorigioco.

SECONDO TEMPO — Si riparte senza sostituzioni e Vidal è subito pericoloso, ma Terracciano c'è e Barella sulla ribattuta manda alto il destro. Non sbaglia invece Torreira che al 50' prende il tempo a Barella a centro area e batte Handanovic sull'imbucata di Gonzalez. La partita si stappa come un crodino e al 55' Perisic sfonda a sinistra e pennella al centro dove Dumfries attacca bene il secondo palo e di testa non sbaglia. L'Inter carica a testa bassa alla ricerca dei 3 punti e Perisic torna un'arma impropria. La Viola potrebbe far male in ripartenza, ma in tre occasioni sbaglia l'ultimo passaggio. Possibile svolta al 65', con Chiffi che indica il dischetto dopo un contatto tra Venuti e Lautaro ma poi va a rivedere le immagini e toglie il rigore. Italiano paga il calo dei due esterni offensivi, soprattutto con Saponara che non riesc più a fare le due fasi. Barella si scuote e inizia a strappare, anche se i padroni di casa commettono troppi errori banali per l'eccessiva frenesia. Gonzalez (bravo Bastoni) spreca la grande occasione prima che al 74' Inzaghi stravolga l'attacco (dentro Correa e Sanchez per Dzeko e Lautaro) e Italiano giochi la carta Ikonè per Saponara, con Gonzalez che passa a sinistra. L'Inter però non ha più lo slancio di inizio ripresa e allora cambia anche il binario mancino, con Dimarco e Gosens per Bastoni e Perisic. Nei minuti finali però succede poco. E all'89' non basta un numero di Correa sulla linea di fondo con palla a Vidal che pesca l'accorrente Sanchez perché l'ex Biraghi azzecca la deviazione della vita. Così come Handanovic in pieno recupero è super su Ikoné.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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20/03/2022 09:09
 
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Milan, altri tre passi scudetto.
Bennacer piega il Cagliari e ora l’Inter è a -6

I rossoneri passano anche in Sardegna e si tengono stretti
il primato solitario grazie a un gol dell'algerino nella ripresa.
Traversa di Pavoletti al 90’: il Diavolo ringrazia la buona sorte e resta a +3 sul Napoli


Marco Pasotto


Il “sabato dello scudetto” si tinge di rossonero. Per una squadra padrona del proprio destino l’unica cosa che conta è vincere, al di là di cosa combinano gli avversari. E così è stato. Il Milan supera anche il Cagliari, firma il terzo successo di fila (tutti per 1-0, ormai il corto muso è diventato un must a Milanello), mantiene il primato solitario, tiene a distanza il Napoli e soprattutto guadagna altri due punti sull’Inter, che ora insegue a -6. Il saldo è ampiamente positivo, anche perché ormai il Diavolo è diventato una squadra assolutamente in grado di vincere contro gli avversari di fascia bassa. Ha imparato a soffrire.

Potrebbe essere l’ultimo tassello che mancava per rendere i rossoneri davvero una squadra da scudetto. A Cagliari decide un gol – magnifico – di Bennacer nella ripresa, nell’ambito di una gara in cui il Milan ha dilapidato almeno tre palle gol pulite – pulitissime – e in cui nel finale ha dovuto ringraziare la traversa, che gli ha evitato la beffa su un colpo di testa di Pavoletti. Segnali anche questi, chissà. E attenzione alla ripresa del campionato dopo la sosta: in programma Milan-Bologna, Juve-Inter e Atalanta-Napoli.

LE SCELTE — Mazzarri ha perso Baselli (Covid) a poche ore dalla partita e allora ha rimodulato il centrocampo con una novità: Dalbert portato dentro il campo da mezzala accanto a Grassi (Marin sul centrodestra), con Lykogiannis largo a sinistra. Attacco affidato a Joao Pedro e Pavoletti. L’influenza che ha colpito Tonali (comunque convocato) in settimana ha scombussolato i piani di Pioli, che ha così dovuto riportare in mediana Kessie. Dietro Giroud si è quindi rivisto Diaz, ultima da titolare il 25 febbraio. A destra ancora Messias. In difesa Kalulu è stato nuovamente preferito a Romagnoli ed Hernandez è tornato dalla squalifica. Theo nel primo tempo è stato indiscutibilmente il migliore di un Milan strano, tatticamente poco decifrabile, con lo spagnolo molto dentro il campo – ma questa non è una novità – e Leao chiamato da Pioli a sostenere Giroud a distanza ravvicinata. Mossa che non è riuscita: il portoghese non ha mai trovato posizioni e distanze, si è smarrito in mezzo alla linea difensiva sarda e – pessima aggravante – in pratica l’asse con Theo sulla corsia sinistra non ha mai preso vita. Una delle armi più micidiali del Milan. Nonostante ciò i rossoneri devono comunque mangiarsi le mani per non aver chiuso i primi 45 in vantaggio. Nel primo quarto d’ora il Diavolo ha trascorso la serata alla sagra dello spreco, divorandosi due occasioni colossali. La prima al 7’ con Giroud, che ha ciabattato tutto solo da due passi su sponda di Messias. Mani nei capelli per il francese. La seconda al 13’ con Diaz, che ha “aperto” malamente il destro a giro da posizione più che invitante, spedendo abbondantemente a lato. Pochi secondi prima, un destro potente di Kessie si era stampato sul palo.

ERRORI — I pericoli rossoneri si sono fermati lì, mentre sul versante opposto non sono proprio arrivati. Il Cagliari non è mai riuscito a innescare realmente Joao Pedro, e nemmeno Pavoletti, ma è riuscito a imbrigliare il Diavolo decisamente bene in mediana, con Grassi appiccicato a Diaz e Dalbert su Bennacer. Un Milan quindi che ha finito con l’innervosirsi, conscio dei propri errori e della difficoltà di superare la prima linea di pressione rossoblù. Risultato: scarsa lucidità negli ultimi venti metri, al momento di concludere. Tutti presi dalla frenesia, che è sempre cattiva consigliera. Tiracci di Messias e Bennacer, per esempio, con relative arrabbiature dei compagni e la sensazione di vivere quelle partite che rischi di concludere senza gol e con tanti rimpianti. Unica consolazione: gestione della fase difensiva senza il minimo affanno. Il Diavolo ha iniziato la ripresa provando a spingere sull’acceleratore e l’approccio ha sortito i suoi effetti. Dopo tre minuti ha fatto capolino Leao (attento Cragno), dopo sei Hernandez ha lasciato partire un siluro che il portiere rossoblù ha smanacciato via da sotto la traversa e al quarto d’ora i rossoneri sono passati: Diaz a centro area per Giroud, appoggio del francese per Bennacer che ha infilato Cragno con un fantastico sinistro al volo. Esecuzione tecnica da applausi. Il gol ha avuto l’effetto di rinforzare il predominio rossonero. Il Milan a quel punto ha iniziato a muoversi con la sicurezza trasmessa dal vantaggio e si è installato nella metà campo sarda, anche perché per il Cagliari il gol è stato una randellata sulla schiena. Mazzarri ha inserito Deiola per Lykogiannis, Pioli ha tolto Leao e Diaz per Rebic e Krunic.

BUONA SORTE — Nell’ultimo quarto d’ora il Milan ha commesso di nuovo l’errore del primo tempo: non capitalizzare il dominio quasi assoluto, realizzando il gol della tranquillità. Coscienza sporca soprattutto per Calabria, che al 39’ ha calciato addosso a Cragno dopo essersi ritrovato a tu per tu con il 28 rossoblù. E infatti se il Diavolo riesce a lasciare Cagliari con i tre punti, è grazie alla buona sorte: minuto numero 90, cross di Zappa, testa di Pavoletti, palla che prima rimbalza a terra e poi sulla traversa. Ecco come si può rischiare di pareggiare una partita dominata e perdere due punti vitali nella lotta scudetto. Pioli si augura che per l’ennesima volta la lezione serva ai suoi ragazzi, stavolta il dio del calcio si è infilato la maglia rossonera. Dopo il fischio finale, alta tensione in campo. Maignan è stato insultato da alcuni tifosi rossoblù (Pioli ha parlato di epiteti razzisti), ha risposto portando le mani alle orecchie e da lì in avanti si è scatenato il putiferio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Paperissima di Maenpaa e show
di Caputo: la Samp sbanca Venezia

Una doppietta dell'attaccante regala ai blucerchiati una vittoria pesantissima,
ma sul primo gol c'è l'incredibile errore del portiere finlandese


Francesco Velluzzi


Testa, esperienza, fortuna. Le sfide salvezza, gli spareggi, e questo lo era eccome, si vincono così. Marco Giampaolo sfata il tabù trasferta (aveva sempre perso) e la sua Sampdoria a Venezia fa centro (0-2) grazie a una doppietta del suo attaccante Ciccio Caputo,ma grazie anche a due regali, uno, il primo solo da scartare, del Venezia (quarto ko di fila). Che ha sempre meno possibilità di salvarsi perché se l’atteggiamento è questo, la qualità è questa e gli errori madornali come quelli che hanno portato ai gol del blucerchiati l’impresa è davvero complicata. Difficile dare inizialmente colpe al tecnico che questo miracolo (promozione) lo ha costruito. L’errore del trentasettenne portiere finlandese Maempaa è da campionati minori, quello che porta al raddoppio una distrazione in uscita, una delle tante. Da lì, dal minuto 24 del primo tempo quando la Samp si è trovata inaspettatamente in vantaggio, ha amministrato con la virtù di chi in Serie A ha partite e partite in più rispetto agli avversari. E i suoi ultratrentenni stavolta hanno usato tutto il loro mestiere. Questa vittoria spalanca la porta verso la salvezza. Anche se il cammino non è ancora concluso.

PRIMO TEMPO — La partita. Il Penzo, anche all’ora di pranzo, è quasi pieno. La Sud è pittoresca, tutta arancio-neroverde, ma la Diporto Velico è pitturata di blucerchiata, con tantissime bandiere. Spettacolo. Prima del via una targa che profuma di storia per il club di casa. Modolo, il vero capitano, premiato per le 250 partite col Venezia. Insieme dalla D alla A. Si comincia. Gli schieramenti sono quelli immaginati (4-2-3-1 per i veneti e 4-3-1-2 per i blucerchiati, oggi in bianco), ma cambiano gli interpreti: Zanetti preferisce Ampadu a Busio e fa coppia con Fiordilino tra i due in mezzo. Henry fa la punta centrale supportato da un tridente in cui a destra c’è Aramu a sinistra Nani, per dare la sua qualità, e al centro Okereke. Giampaolo lascia in panchina il principe Quagliarella e schiera Sabiri, che h fatto bene con la Juve, accanto a Caputo con Sensi dietro di loro. In difesa, i centrali sono Ferrari e Colley, sta fuori Yoshida. In porta si rivede Audero (peraltro ex Venezia) che non giocava dal 9 gennaio. La partita è inizialmente timida, con Haps che fa quasi l’ala e prova a scendere e Nani che prova qualche giocata. Il primo tiro, inutile, arriva al 14’: telefonata di Sensi. Il Venezia è impreciso e Ferrari dietro ha sempre gioco facile. Ma al 24’ l’imprecisione raggiunge il limite perché Haps, pressato, cede male palla a Maempaa che combina il pasticcio di giornata. Non riesce a rinviare, Sabiri gli ruba palla e il pallone va sui piedi di Caputo che segna a porta vuota. La Samp si trova in vantaggio per caso. Ma da lì gestisce con autorità. La reazione dei padroni di casa è soltanto un colpo di testa di Henry: alto. In compenso sale la tensione e Orsato lo capisce ammonendo i più frizzanti: Sabiri e Haps che non se le risparmiano. Ma al 38’ é Fiordilino a perdere palla con Sabiri alle calcagna, Sensi calcia, Maempaa respinge stavolta, ma Caputo è lestissimo e firma la doppietta. Il tempo finisce con un giallo a Henry per proteste, un recupero minimo (sbagliato), un minuto e un giallo a Okereke (fallo su Sensi) che fin lì non si era mai visto.

RIPRESA — Nessuno cambia in partenza, ma Zanetti ci mette 10’ inserendo Busio per Fiordilino e l’altro acquisto di gennaio Nsame per lo spento Okereke. Niente produce nulla se non qualche cross di Ebuehi, l’unico salvabile veramente, e di Aramu, ben respinto in uscita in tuffo e con i pugni dal buon Audero. Giampaolo, invece, ottiene anche dai cambi perché l’impatto di Quagliarella è ottimo e il tecnico non cambia assetto, non rinuncia a ripartire, ha una squadra sempre attiva e reattiva. ll Venezia sembra aver perso fiducia. Non trova mai una trama vincente, la pressione sullo svantaggio produce poco contro la diga Ekdal-Thorsby e una difesa compatta che non sbraca mai. Henry finisce fuori prima del limite, per un’altra inutile protesta che fa infuriare l’allenatore Zanetti. che E così si perdono anche le partite. E pure il pubblico meraviglioso finisce la pazienza e urla infastidito, capendo che la serie A se ne sta andando. Mentre quello blucerchiato, in gita in Laguna, torna a Genova carico di maglie e pantaloncini. Meritati.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Empoli-Verona, un tempo e un gol a testa.
Simeone sbaglia due rigori in uno

Toscani in vantaggio con Di Francesco,
pareggio dell'Hellas grazie a un gran tiro di Cancellieri.
L'argentino si fa parare un penalty e, nella ripetizione, colpisce il palo


Giulio Saetta


Al Castellani un tempo e un gol a testa, Di Francesco nel primo round e Cancellieri nella ripresa. Alla fine gode più il Verona, che falcidiato da assenze e squalifiche era andato in svantaggio e aveva sbagliato due volte lo stesso calcio di rigore con il Cholito Simeone. L’Empoli così non è riuscito a interrompere un digiuno di vittorie che dura da 13 turni, esattamente dal 12 dicembre scorso, 1-0 in casa del Napoli con rete di Cutrone.

LE SCELTE INIZIALI — Empoli in formazione tipo tranne l’esterno destro basso Stojanovic con la febbre, rimpiazzato da Fiamozzi. Tandem offensivo Pinamonti-Di Francesco, con Bajrami alle sue spalle. Tudor, al contrario, è in piena emergenza tra squalificati e infortunati ed è costretto a schierare una linea di centrocampo “sperimentale” con Bessa-Hongla centrali e sugli esterni Sutalo a destra e Tameze a sinistra. In difesa spazio a destra al 2003 Diego Coppola, alla seconda da titolare in A e terza da professionista.

IL BLITZ DI PARISI — Al 3’ la gara promette bollicine con il primo squillo, empolese, che porta la firma di Pinamonti: percussione fino al limite dell’area e sinistro a giro accentrandosi che viene murato dalla difesa gialloblù. Ma è un fuoco di paglia, perché il match sembra incanalarsi sui binari di un treno regionale, lento e noioso. Alla mezzora Parisi finalmente prova a osare andando ad aggredire il dirimpettaio Sutalo impantanato in zolle peer lui sconosciute. Il break ha successo e il laterale riesce ad arrivare sulla trequarti e a imbucare per un Pinamonti “tagliante” verso il centro dell’area: bocconcino tra piatto e tacco dell’attaccante di proprietà dell’Inter per l’accorrente di Francesco, che da posizione centrale batte facilmente Montipò e si porta a quota cinque gol realizzati in campionato. Allo scadere del primo tempo, proteste del Verona per un contatto in area di rigore tra Barak e Bandinelli, ma l’arbitro Marcenaro fa segno che non c’è nulla.

LA SCOSSA — Scossa di Tudor nello spogliatoio e Verona subito in accelerazione a inizio ripresa. Tameze costringe al fallo Fiamozzi e si guadagna una punizione dal limite sinistro che Caprari indirizza sotto la traversa ma trova la mano di Vicario ad alzare in corner. Sugli sviluppi dell’angolo la palla finisce a Bessa sull’altro lato della trequarti che lascia partire un missile poco sopra la traversa. Nessun cambio di modulo nel secondo round ma spostamento di pedine. Andreazzoli lascia negli spogliatoi Bajrami, alla centesima con il club in tutte le competizioni, e inserisce La Mantia, abbassando Di Francesco sulla trequarti. Tudor aggiusta la difesa invertendo i braccetti Coppola con Casale, per dare più esperienza alla marcatura su Pinamonti. Al 15’ si accende Barak, palla filtrante per Caprari che viene sgambettato su un incrocio di traiettoria con Parisi.

IL PENALTY DOPPIO — Rigore decretato da Marcenaro che Simeone calcia centrale su Vicario. Ma dalla sala Var Manganiello dice che il penalty è da ripetere per l’ingresso in area di giocatori empolesi. Sul dischetto si ripresenta Simeone che questa volta angola troppo e colpisce in pieno il palo. Ma il pari è ormai nell’aria e lo firma Cancellieri, subentrato a Coppola, con una magia, un perfetto tiro a giro di sinistro dai 25 metri. È un'altra partita nel secondo tempo perché la spinta del Verona necessariamente apre varchi per i padroni di casa, che alla mezzora sfiorano il nuovo vantaggio con una bomba di Asllani dalla distanza. Un minuto dopo ancora Empoli vicinissimo al gol ma ma sprecare un’occasione d’oro su angolo è Viti, che tutto solo sul secondo palo spara un piattone in curva.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Dybala+Vlahovic:
Juve facile con la Salernitana.
E l'Inter adesso è a un punto

L'argentino, in campo dal 1', sblocca il risultato, il serbo raddoppia.
Pellegrini, ammonito, salterà il big match contro i nerazzurri, prima gara dopo la sosta


Livia Taglioli


La Juve centra il suo sedicesimo risultato utile consecutivo battendo 2-0 la Salernitana fanalino di coda e si porta a un solo punto dall’Inter, terza in classifica con una gara da recuperare. Un successo, quello bianconero, che arriva subito dopo l’eliminazione dalla Champions, e in maniera convinta e convincente. Insomma, la Juve dimostra di aver metabolizzato lo shock dell’esclusione dall’Europa e di essere pronta alla volata finale delle ultime 8 gare di A, che ripartirà dopo la sosta per le Nazionali in programma nel prossimo week end. Anche le firme sui gol sono da sottolineare, visto il momento storico in casa Juve: sblocca il match dopo 5’ Dybala, che non segnava dallo scorso 15 gennaio e che domani vivrà una giornata chiave nella vicenda-rinnovo, e Vlahovic, che torna a segnare dopo due partite di astinenza. E per la coppia è anche la prima volta del gol “in simultanea”.

PRESENTI E ASSENTI — Allegri manda subito in campo Dybala e Chiellini, fra i convocati già col Villarreal ma di fatto al rientro effettivo contro la Salernitana, in vista di una staffetta obbligata da una condizione per forza di cose non ottimale, mentre sostituisce Locatelli fermato dal Covid con Danilo, che dunque completa il poker di centrocampo, restando qualche passo indietro rispetto ad Arthur. Davanti ci sono Dybala e Vlahovic, insieme per la sesta volta in stagione, la quarta in campionato. La Salernitana risponde incollando Gyomber all’attaccante serbo ed il trio Zortea, Bonazzoli e Perotti diviso fra compiti di copertura e di supporto a Djuric davanti. In campo da subito si affacciano due squadre concentrate e determinate a perseguire i rispettivi obiettivi: i padroni di casa devono ripartire dopo il pesante k.o. col Villarreal, la squadra di Nicola non può perdere altro terreno. Così è la Juve a fare la partita, ma la Salernitana chiude con grande attenzione, pressa alto e non rinuncia a spingere.

UNO-DUO MICIDIALE — La Juve è concentrata e impalcabile, e dopo 5’ è già in vantaggio: Vlahovic fa filtrare in area per Dybala, che sterza, aggancia col destro e batte Sepe con un sinistro ravvicinato. Per l’argentino è l’ottavo gol in campionato, nonché il gol numero 113 in bianconero e solo due reti lo separano ora da Baggio (115). La Juve fa finta di niente e continua a macinare gioco offensivo, alimentato soprattutto da un Cuadrado che spinge e inventa: da un suo cambio di campo a lunga gittata nasce l’occasione per il raddoppio, ma Dybala manda alto cercando un pallonetto. Vlahovic difende palla e fa salire la squadra, ed ha il pallone buono su un lungo lancio di Pellegrini domato e trasformato in assist da Dybala: lo stop del serbo non è perfetto, e sul suo tiro Sepe respinge. Uno scatenato Dybala si avvita in area e trova lo spiraglio per battere a rete da distanza ravvicinata al 23’, guadagnando un angolo. Al 29’ arriva il raddoppio, con un colpo di testa di Vlahovic su cross di De Sciglio. Per il serbo è il ventunesimo gol in campionato (17 con la Fiorentina e 4 con la Juve). La Salernitana arriva per la prima volta al tiro al minuto 39, con Bonazzoli che non trova di poco lo specchio. Un’ammonizione a Pellegrini chiude di fatto il primo tempo: il difensore sarà squalificato contro l’Inter.

DYBALA ESCE FRA GLI APPLAUSI — La ripresa si apre con Rugani in campo al posto di Chiellini, con ritmi più bassi e con Allegri che subito richiama i suoi a un atteggiamento diverso. I bianconeri sono meno brillanti rispetto ai primi 45’ ma tengono senza affanni il campo. Al 58’ finisce la partita di Dybala, che lascia il campo in uno scroscio di applausi, nonché l’abbraccio finale con Allegri. Al suo posto Morata. A farsi però pericoloso è Verdi, in campo al posto di Perotti, con Szczesny che chiude in angolo. E ancora il portiere polacco sarà determinante su un sinistro in rovesciata di Bonazzoli. Intanto sono entrati anche Ribery e Bernardeschi, con Danilo che ha offerto a Vlahovic un buon pallone, respinto in angolo da Sepe. Allegri, che sarà pure ammonito, riassesta il centrocampo per coprire meglio gli spazi, Miretti fa il suo esordio in A sostituendo Vlahovic a tempo scaduto, e la Juve incassa tre punti che la confermano protagonista assoluta del rush finale del campionato. A partire dallo scontro diretto con l’Inter, primo match dopo la sosta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Abraham re del derby: doppietta record.
Roma devastante, Lazio travolta

In rete dopo 56" (record di velocità per il derby della Capitale),
Tammy raddoppia al 22’ (pure questo primato di rapidità).
Pellegrini con una punizione capolavoro firma il 3-0 al 40’


Massimo Cecchini


"Le aquile non volano a stormi" scrive la curva della Lazio, "La lupa capitolina sostiene con ardore chi di Roma i colori porta sul cuore", risponde la curva della Roma. Coreografie egualmente da brividi introducono il derby della Capitale, che però ha un solo padrone, la Roma. Un dominio santificato grazie a un 3-0 che resterà nella memoria grazie alla doppietta record (la più veloce nella storia del derby capitolino) di Abraham e la magica punizione di capitan Pellegrini. Tutto questo in un solo, magico primo tempo, che è il trampolino utile a scavalcare la Lazio e ad agguantare il quinto posto. E la gioia si consuma nel giorno in cui Abraham arriva al 23° gol stagionale e supera di slancio Batistuta e Montella nella ideale graduatoria dei bomber del Dopoguerra al loro primo anno in giallorosso.

SUPER ABRAHAM — Dopo 56 secondi la Roma è già in vantaggio. Basta che Acerbi, con un pasticcio in disimpegno, regali un angolo ai giallorossi, perché dalla battuta di Pellegrini - che colpisce la traversa (con Strakosha incerto) - Abraham realizza il vantaggio. Sono passati appena 56 secondi (record di velocità per il derby) e la partita ha già trovato il suo padrone. La Roma infatti, che con la rinuncia Zaniolo si trova in possesso di una mediana densa e tecnica, abbassa subito il baricentro ma cominciando a palleggiare assai bene, grazie alla scelta di giocare con Mkhitaryan e Pellegrini in appoggio ad Abraham, mentre Oliveira e Cristante galleggiano pochi metri più in basso. Insomma, un 3-4-2-1 che funziona al meglio, visito che, nelle praterie che si aprono, Karsdorp a destra galoppa benissimo, mentre a sinistra il baby Zalewski - scrollatasi di dosso la timidezza iniziale - pur fuori ruolo inizia anche lui a produrre strappi. La Lazio sembra un pugile contato. Il tridente del 4-3-3 non trova spazi, così già a metà primo tempo Sarri inverte le posizioni di Felipe Anderson e Pedro. Risultati nulli. i giallorossi sono padroni del campo e così al 22’, al termine di una bella ripartenza, trovano il raddoppio ancora con Abraham, bravissimo a deviare al volo un gran cross di Karsdorp e anche ad ignorare qualche "buu" che gli giungono da qualcuno della Nord.

I biancocelesti si squagliano e al 27’ Strakosha deve deviare una conclusione di Zalewski, giunto in area in combinazione con Mkhitaryan. Il giro palla biancoceleste non funziona e fa correre rischi anche nei disimpegni elementari, Milinkovic, Leiva e Luis Alberto non trovano spazi e gli attaccanti sono sempre anticipati. Così il primo tiro in porta è dello stesso Luis Alberto, che dal limite appoggia un facile rasoterra a Rui Patricio. È il 38’, ma la tempesta perfetta ancora non si è conclusa, visto che al 40’ a siglare il tris è Pellegrini, grazie a una straordinaria punizione da oltre venti metri che toglie le ragnatele dall’incrocio dei pali alla sinistra di Strakosha. La Lazio è in ginocchio e due minuti più tardi Mkhitaryan arma una ripartenza che conclude con un tiro deviato da Acerbi sulla traversa.

SOTTO LA SUD — Nella ripresa la Roma decide di gestire il vantaggio, concedendo alla Lazio un possesso palla che si dimostra sterile. Pedro al 1’ tira alto da buona posizione, ma fino a metà tempo - oltre agli eccessi di nervosismo in campo - non succede nulla che non abbia il segno giallorosso. Non è un caso che al 22’ è Cristante a trovare Abraham solo davanti a Strakosha, ma stavolta l’inglese spara al lato. Pochi secondi dopo in tribuna viene inquadrato il presidente Lotito che dice a Tare: "Perdiamo 4-0". Non sarà profeta, ma il senso del match c’è tutto. I cambi di Sarri - dentro Lazzari, Cataldi e Romero - portano poco o nulla. Le rotazioni toccano anche a Mourinho, che sostituisce l’ammonito Zalewski con Vina e Oliveira con Veretout. Sui titoli di coda, non si può non constatare come sia davvero una giornata giallorossa, se il migliore della Lazio finisce per essere proprio l’ex romanista Pedro, che al 46’ impegna Rui Patricio in una facile parata a terra. È l’anticamera della festa per la banda Mourinho, che al fischio finale va ad esultare compatta sotto la curva Sud impazzita di gioia. Storie già viste, ma sempre nuove. Storie da derby.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cissé, dal team dei rifugiati al
gol vittoria contro il Bologna.
E l’Atalanta sorride

Il guineiano, classe 2003, risolve la gara all’82’:
prima di arrivare a Bergamo ha giocato un torneo con i Rinascita Refugees,
una formazione leccese partecipante al campionato di Seconda Categoria
e composta da richiedenti asilo e ospiti dei progetti Sprar/Sproimi


Davide Amato



Giocava con una squadra di rifugiati. Lì l’ha pescato l’Atalanta. Poi gli è bastato meno di un mese dal suo debutto con la Primavera nerazzurra e solo tre partite di campionato giocate per convincere Gasperini. È del 18enne guineano Moustapha Cissé, oggi all’esordio assoluto in Serie A (in campo mezz’ora al posto di Muriel), la rete che permette all’Atalanta di sbancare Bologna nel finale (0-1) e agganciare la Roma al quinto posto in classifica.

EQUILIBRIO — Il posticipo della 30esima giornata è all’insegna dell’equilibrio. Con il Bologna che ai punti avrebbe meritato anche qualcosa di più. La squadra di Mihajlovic registra più possesso palla (61%), tiri nello specchio (3 a 2, nonostante l’Atalanta calci un totale di 15 volte contro 12 e colpisca pure un palo) e corner (6 a 3) ma non evita il k.o. Bologna e Atalanta sono schierate in maniera speculare. Con il 3-4-2-1. Mihajlovic deve fare a meno degli squalificati Bonifazi e Sansone. In difesa ritrova Theate (affiancato da Medel e Soumaoro). Davanti gioca Arnautovic, supportato da Orsolini e Soriano. Gasperini è alle prese con una lunga serie di indisponibilità: sono out Toloi, Malinovskyi, Boga, Zappacosta e Zapata. Nel pacchetto arretrato spazio al 2003 Scalvini (con Demiral e Djimsiti). Hateboer e Pezzella sulle fasce, Koopmeiners e Pessina alle spalle di Muriel. È un primo tempo dalle poche emozioni ma con una grossa occasione per parte. Al 28’ episodio dubbio nell’area rossoblù: Maresca lascia correre sulla gomitata aerea di De Silvestri a Pezzella. E al 30’ l’Atalanta va ad un passo dal vantaggio: spizzata di Djimsiti e tocco a rimorchio, da distanza ravvicinata, di Scalvini, che colpisce il palo. Al 44’ il Bologna è pericoloso in ripartenza: Orsolini manda fuori giri Demiral e si presenta a tu per tu con Musso, l’argentino però è provvidenziale e salva sul sinistro dell’ex di turno.

RIPRESA — La ripresa è fin da subito più vivace. E si apre con la progressione di Arnautovic, lanciato in profondità da Soriano: arrivato davanti a Musso, l’austriaco opta per un tocco morbido che termina sul fondo (49’). Gioco fermo per un paio di minuti al 52’, quando si infortuna l’assistente arbitrale Mondin, sostituito dal quarto uomo Cosso. Gasperini prova a vivacizzare il fronte offensivo nerazzurro e al 65’ toglie Muriel per far debuttare in A il 18enne guineano Cissé, stellina della Primavera scovata in una squadra dilettantistica pugliese (la Rinascita Refugees, composta da richiedenti protezione internazionale come lui). Atalanta è pericolosa al 65’ con la rasoiata dal limite di Koopmeiners (di poco fuori), Orsolini risponde con un tiro al volo che impegna nuovamente Musso (67’). A dieci dalla fine si rompe l’equilibrio: assist di Pasalic per Cissé, che solo nell’area avversaria controlla di destro e di mancino non lascia scampo a Skorupski. All’89’ ci prova Medel: palla sull’esterno della rete. Sull’asse Koopmeiners-Cissé-Pasalic (gli stessi tre protagonisti dello 0-1) i bergamaschi raddoppiano al 94’, ma il gol del croato (entrato al 70’) è annullato per offiside. Atalanta quinta con 51 punti ma una gara da recuperare per accorciare sulla zona Champions (la Juventus, quarta, è a +8). Bologna dodicesimo con 33.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 30ª Giornata (11ª di Ritorno)

18/03/2022
Sassuolo - Spezia 4-1
Genoa - Torino 1-0
19/03/2022
Napoli - Udinese 2-1
Inter - Fiorentina 1-1
Cagliari - Milan 0-1
20/03/2022
Venezia - Sampdoria 0-2
Empoli - Verona 1-1
Juventus - Salernitana 2-0
Roma - Lazio 3-0
Bologna - Atalanta 0-1

Classifica
1) Milan punti 66;
2) Napoli punti 63;
3) Inter(*) punti 60;
4) Juventus punti 59;
5) Atalanta(*) e Roma punti 51;
7) Lazio punti 49;
8) Fiorentina(*) punti 47;
9) Sassuolo punti 43;
10) Verona punti 42;
11) Torino(*) punti 35;
12) Bologna(*) e Empoli punti 33;
14) Udinese(**) punti 30;
15) Sampdoria e Spezia punti 29;
17) Cagliari punti 25;
18) Venezia(*) e Genoa punti 22;
20) Salernitana(**) punti 16.

(gazzetta.it)


19ª giornata: Udinese - Salernitana è per ora non disputata (per il forfait della Salernitana causa Covid-19), ma la decisione del
giudice sportivo di assegnare la vittoria a tavolino all'Udinese e un punto di penalità alla Salernitana è stata ribaltata in
appello ed ora è da recuperare.
20ª giornata: Bologna - Inter, Atalanta - Torino, Salernitana - Venezia e Fiorentina - Udinese non disputate
per forfait di almeno una delle squadre a causa del Covid, in attesa di ulteriori decisioni.
(*) una partita in meno
(**) due partite in meno
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Urlo Spezia: Gyasi segna
il gol salvezza all'ultimo respiro!
Il Venezia sprofonda

Traversa di Aramu su punizione per i veneti nel primo tempo,
ma al 94' arriva la rete dei liguri, propiziata da Manaj.
La squadra di Thiago Motta è più vicina alla salvezza


Fabio Bianchi


E all’ultimo respiro, arriva il solito errore per il Venezia che costa la partita e molto probabilmente la permanenza in Serie A. Esulta lo Spezia con Gyasi, autore del tap in vincente che, questo sì, vale quasi certamente la salvezza. Esulta lo Spezia e si fa la foto di squadra insieme con i tifosi, mentre i giocatori di Zanetti, tristemente in tribuna per squalifica, escono a testa bassa. Mortificati. Stavolta non meritavano di perdere perché hanno giocato meglio e son mancati, anche questo il marchio di fabbrica, sotto porta. La legge del calcio a volte è crudele.

ARAMU TRAVERSA — E’ stata una partita, gioco forza, più tesa che bella. I tecnici hanno riservato delle sorprese all’inizio. Più inaspettate quelle di Thiago Motta, che ha scelto Agudelo e Kovalenko invece di Verde e Manaj, con anche Nzola in panchina. Zanetti invece ha puntato sugli uomini sicuri perché Nsame, con Henry squalificato, non è ancora in condizione per giocare un’intera gara e così al centro dell’attacco ci è andato Okereke. Lo Spezia è partito forte, senza trovare però il colpo risolutivo. Il Venezia dopo un po’ ha preso le contromisure, cercando di contenere i più brillanti della truppa di Motta, Bastoni e Gyasi, e pian piano ha preso campo. Eccetto una botta di Bastoni deviata in angolo, le occasioni migliori le hanno avute i lagunari. Aramu su punizione ha centrato la traversa e prima due belle azioni di Okereke e Haps non si son concretizzate perché in area non c’era nessuno a ricevere l’ultimo passaggio.Ma c’è da dire che sia il centravanti che l’esterno avrebbero potuto anche tirare. Il solito problema del Venezia, poco conto sotto porta. Così il primo round è andato in archivio senza gol.

TANTO VENEZIA MA... — Il Venezia nel secondo round è partito forte, con uno Spezia in difficoltà nel contenere la manovra dei rivali, soprattutto sulla fascia di Ebuhei. Il difensore è andato anche al tiro, parato da Provedel. Poi ci ha provato Ampadu ma il tiro velenoso è stato ribattuto da Amian. Thiago Motta ha provato a svegliare la squadra con i cambi ma il Venezia ha continuato a far più gioco anche se, a dir la verità, non è mai stato molto pericoloso.

Il vice Zanetti, Bertolini, ha messo forze fresche nel tentativo di portare a casa punti preziosi. Ma quasi alla fine del recupero, un rinvio sbagliato è finito sui piedi di Manaj. Il suo tiro è stato respinto da Maenpaa ma Gyasi è stato più svelto di tutti ad arrivare sul pallone. Un vero peccato per il Venezia, un gol da A per lo Spezia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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