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Ultimo Aggiornamento: 18/03/2024 12:24
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26/09/2011 16:29
 
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Da re del funk a senzatetto:
la triste parabola di Sly Stone
Con la Family cambiò la storia della musica negli anni'70: ora vive in un camper



Sly, in uno dei suoi ultimi concerti, al festival
MILANO - Da star multimilionaria a senzatetto che vive in un furgone. Sono lontani i tempi in cui organizzava sontuose feste nella sua splendida villa di Bel Air Road, a Beverly Hills e tra gli invitati non mancavano celebri personaggi come Stevie Wonder, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Miles Davis. Oggi Sly Stone, al secolo Sylvester Stewart, il mitico frontman dei Sly & the Family Stone, uno dei gruppi più importanti della musica soul e funk negli Usa, non se la passa bene. Come racconta il New York Post La leggenda della black music, oggi sessantottenne, non ha più un domicilio e passa le sue notti a Crenshaw, un quartiere residenziale di Los Angeles, dormendo in un camper bianco su cui campeggia la scritta, amaramente ironica, "Via del piacere".

FORTUNA DISSIPATA - Sly Stone ha dissipato in pochi decenni una fortuna immensa a causa di cattivi investimenti finanzieri e soprattutto per i suoi innumerevoli problemi con la droga. Oggi una coppia di pensionati di Los Angeles lo assiste premurosamente: gli offre ogni giorno un pasto caldo e gli permette di farsi la doccia nella propria casa. Il figlio dei due pensionati, invece, gli fa da segretario e autista. Nonostante le enormi difficoltà Sly Stone non ha perso la passione per la musica. All'interno del furgone continua a registrare nuovi pezzi con l'aiuto di un computer. Il musicista del rivoluzionario gruppo di San Francisco ( Sly & the Family Stone fu una delle prime band americane multirazziali) con singoli del calibro di Dance to the Musice Everyday People segnò per sempre la storia della musica soul e funk degli anni 60' e '70. In mezzo, la memorabile performance nell'estate del 1969 a Woodstock quando fu uno dei cantanti più acclamato dal pubblico. Oggi appare raramente in pubblico e dichiara di amare la vita da vagabondo: «Mi piace il mio piccolo camper - assicura al New York Post - Non voglio ritornare a vivere in una casa normale. Non sopporto di restare chiuso in un unico posto. Devo muovermi in continuazione»

LA DROGA E IL DECLINO - I primi seri problemi con la droga all'inizio degli anni '70 e poi i dissapori con gli altri membri gruppo (la band originale si sciolse nel 1975) cambiarono radicalmente la vita del musicista. Sly Stone ricorda con rammarico un Natale di quegli anni quando uscito per comprare i regali per suo figlio Sylvester e sua moglie Kathy Silva, una modella sposata nel 1974 al Madison Square Garden, tornò a casa a mani vuote: «Avevo 2500 dollari da spendere - racconta il musicista - Li usai tutti per comprare droga. Si l'ho fatto. E quando più tardi m'incamminai verso casa pensai: Non avrei mai dovuto farlo. Quando vidi il mio bambino, gli disse: Ho speso tutti i soldi in droga. Sì, li ho sprecati tutti per la roba». Da allora iniziò l'inesorabile declino. Nonostante continui a incidere dischi, il funk di Sly Stone non ha più lo stesso mordente del passato. Ain’t but the one way ultimo album della nuova band, pubblicato nel 1983, è completamente ignorato dal pubblico e dal 1987 Sly scompare del tutto dalle scene musicali. Si rivede di tanto in tanto sui giornali, perché finisce in carcere per possesso di droga. Nel 1984 porta a termine il suo investimento più sbagliato: vende per "solo" 1 milione di dollari i diritti della sua musica a Michael Jackson. La situazione finanziaria di Sly Stone diventa tragica nel 2009. Da allora - dichiara al tabloid americano - non riceve più le royalty dal suo ex manager Jerry Goldstein a cui ha fatto causa chiedendo 50 milioni di dollari. Secondo l'artista, Goldstein «si sarebbe indebitamente impossessato di ingenti somme di denaro per due decenni». Adesso il leggendario musicista desidera uscire da questa condizione di povertà e chiede solo un'altra chance musicale: «Voglio un lavoro - dichiara sconsolato l'artista - Voglio suonare la mia musica. Sono stanco di tutto questo»

corriere.it
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“La curva sud ci ha dato una lezione, si può anche perdere, si possono anche subire amare sconfitte, ma con quegli striscioni che hanno esposto ci hanno fatto capire che nei momenti sfavorevoli bisogna aumentare le energie. Loro ci danno la fede noi gli dobbiamo dare il carattere”. Dino Viola
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