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Capitolo 1 - Il Consiglio

Ultimo Aggiornamento: 23/03/2006 15:10
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Kithomir
Kithomir si reco' nel suo alloggio, raccolse penna, inchiostro e alcuni fogli, e si reco' presso uno dei portici del Palazzo Ovest. Si accomodo' ad un tavolo di pietra, caldo per la lunga esposizione al sole, e prese a scrivere una lettera. Non solo era suo dovere, ma lo avrebbe aiutato a scacciare qualche brutto pensiero, mettendo ordine tra le sue idee vincolandole ad un pezzo di carta, dove sarebbero state di nuovo sotto controllo.

Riverito Maestro,

Spero che queste lettere ti trovino in buona salute. Temo che saranno vecchie di settimane, quando finalmente saranno poste alla tua attenzione, ma l'Eriador, posso confermare dopo averlo attarversato per giungere a Rivendell, non e' piu' luogo per messi e postini.
Il Consiglio al quale mi hai inviato si e' rivelato fitto di questioni spinose, e avrei pagato il mio peso in oro per avere una tua parola di saggezza, durante la prima seduta. Sire Elrond, per fortuna di tutti, e' davvero avveduto come si dice, ed e' riuscito a mantenere ben salde le redini della discussione. Hanno partecipato, oltre a sire Elrond, sire Glorfindel, Erestor, un elfo di nome Isilion, appartenente ai noldo ed altri due elfi di cui ignoro il nome. Vi erano anche degli uomini, uno era Halbarad, Capitano dei Raminghi del Nord. Vi era anche un tale Menldir, dunadan di antica casata (la sua famiglia, gli Eldanar e' antica almeno quanto tutta la III era), altri due dunedain di cui ignoro l'identita', un nordico di nome Gwaeron (bizzarro, quest'ultimo. Ha sembianze di Urdor, ma un nome in Sindarin) ed un ragazzo il cui nome non sono ancora riuscito a capire. Vi era anche un nano, di nome Olin. Cio' che ho potuto apprendere finora, e' quanto segue.

Tempo addietro, nell'ordine delle settimane, un gruppo di persone, capitanato da Meneldir Eldanar, si e' recato presso le rovine della torre di Barad Eithel. Questa torre, abbandonata da tempo immemore, si trova presso il Lago Nenuial ed e' di proprieta' della famiglia degli Eldanar. Secondo una profezia da Meneldir citata,

“un erede della Casata sarebbe tornato alla torre, riaprendola, quando il male fosse tornato a minacciare la Terra di Mezzo”.

Questo e' stato il primo allarme. Quando Meneldir ha pronunciato quelle parole sono scolorito, anche se spero che nessuno se ne sia accorto. Di certo Sire Elrond lo ha notato, ma non saprei dire se anche gli altri si siano accorti di qualcosa. La coincidenza e' davvero troppo sospetta perche' non valga la pena indagare. Tutte le nostre indagini ed esplorazioni nella zona del Gaggiolo e presso Bosco Atro avrebbero dunque tutto un nuovo senso alla luce di queste parole. Suggerisco di spostare almeno Gaheris e Duintir da Sarnoguado al Naith, e affiancarli agli altri.

Tornando al gruppo che ha trovato ed esplorato Barad Eithel, di esso facevano forse parte anche il noldo Isilion e almeno altre due persone. Presumo si trattasse del nano e dei due uomini (uno dei due e' il nordico, Gwaeron). Tuttavia, al di la' di lord Meneldir, non ho alcuna certezza sulla composizione del gruppo.
Insieme, sono giunti alla torre per indagare sulla presenza di orchi in gran numero presso la torre, presenza riferita da Halbarad. Nella torre, hanno in qualche modo combattuto la forza di invasione degli orchi. Li ha stupiti la loro presenza dentro l’edificio perche' pare che esso fosse protetto da robusti incantesimi di chiusura. Questo e altri dettagli di cui non sono riuscito ad entrare in possesso, hanno fatto loro accertare la presenza di un uomo, verosimilmente a capo degli orchi, il cui nome sarebbe Ar-Imrazor. Questo, se non si tratta di un fanatico che trova di moda i nomi dei Re della Terra della Stella, fa ben immaginare la sua identita' e, di conseguenza, le sue intenzioni. Questo uomo si sarebbe fermato presso la torre per lungo tempo, avendo modo di consultare quella che pare essere una ricca biblioteca. Non sembra proprio un tipo da sottovalutare.
A questo punto, siccome passando da Brea ho incontrato Radwan, suggerirei di mandarlo presso Barad Eithel finche' e' ancora disabitata e gli Eldanar non se la sono ancora ripresa, affinche' possa entrare nelle sue mura e dare un occhiata a quei libri, almeno per copiarne i titoli e vedere se ve ne sono di interessanti per noi.
Quanto ad Imrazor, siamo ragionevolmente sicuri che abbia letto un tomo, antico e ben protetto, che e' stato proprio l'oggetto del consiglio. Su questo tomo, un passo che chiedero' di poter copiare onde potertelo inviare, si parla della permanenza a Khazad Dum di un antenato di Meneldir. Vi si leggono annotazioni tipicamente da diario e, forse, qualche informazione sui segreti della metallurgia dei nani (su questo punto Olin e' stato fermo, nulla deve trapelare. Vedro'di sbrigarmi a dargli un occhiata). Tuttavia si fa accenno anche alla profezia delle Sette Stelle e Sette Pietre! Oltre a questo, si nomina la camera di Mazarbul, dove sarebbe rimasto conservato un libro con le informazioni per cercare proprio una delle sette pietre vedenti! Si, riverito Maestro, a quanto pare i nani avevano trovato a Moria una delle Palantiri, o qualcosa di molto simile. Purtroppo la scoperta sembro' coincidere con gli scavi sotto il Caradhras in seguito ai quali il flagello di Durin si risveglio'. Le ricerche non furono mai portate a compiemnto e, qualunque fosse il tesoro dal nome di pietra-vedente, sta ancora li' sotto.
Sappiamo che Imrazor ha lasciato la torre, e che gli orchi nella zona sono stati sterminati. Sappiamo anche di una cospicua forza di orchi inviata verso Sud, recentemente. Non sappiamo molto altro, ma gli esploratori di Rivendell sostengono che la zona sia molto calma, in questi giorni, e di gruppi (o gruppi numerosi) di orchi non se ne vedono.
Quello che resta da vedere ora e' se sia il caso di andare a Moria a controllare, e se si, chi dovra' andare con Meneldir e che strada dovra' seguire. Da quel che ho capito, Isilion ed Olin andranno. Siccome alla fine del consiglio ho visto il nano ridere assieme all'elfo ed al ragazzo, penso che tutti e tre farebbero parte della spedizione. Quanto al nordico di nome Gwaeron, non saprei dire. Sire Glorfindel, tuttavia, mi pareva scettico sulle possibilita' di riuscita della missione.
Credo che presto verra' indetta una nuova seduta del Consiglio, per discutere cio' che e' rimasto in sospeso. Per ora, invio queste informazioni e le affido al destino affinche le faccia giungere sane e in tempi brevi nelle tue Mani.
No so quantorestero' a Rivendell, ma la permanenza potrebbe essere lunga, dati i preparativi che una missione del genere comporta. In ogni caso, se faro' parte del gruppo, non potro' passare a fare rapporto ad Angrenost prima dell'Autunno. Spero di poter inviare altre lettere, con nuove informazioni che possano tenere viva la nostra speranza.

Come sempre al Tuo sevizio,

Kithomir Sanraal

PS
Meneldir Eldanar e' un numenoreano puro, almeno quanto Halbarad. Credo che la faccenda per lui sia su un piano estremamente personale. Non penso che tollererebbe alcuna interferenza con la sua autorita' in materia, venisse anche da sire Elrond in persona.


Kithomir alzo' gli occhi dal foglio. Il suo Sindarin stava migliorando, penso', sia in forma sia in calligrafia, ma poteva migliorare ancora molto. Piego' i fogli in tre e li sigillo’ con un po' di cera blu ed un piccolo anello che portava all'indice, rovesciato cosi' che il sigillo fosse nascosto nel palmo della mano.
Mise tutto in una busta di pelle, che sigillo' con abbondante cera, ed ando' in cerca di qualcuno che, nell'immediato futuro, potesse portare la busta almeno fino a Brea.

[Modificato da Ossian77 04/02/2006 17.42]

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02/02/2006 10:48
 
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Isilion Calafëar
L'Elfo, congedatosi dai suoi vecchi compagni d'avventura, chiese ed ottenne un colloquio in privato con Elrond . . .

Il Mezzelfo accolse Isilion con grande disponibilità!

L'Elfo aveva bisogno di più informazioni su coloro che erano presenti al consiglio, sulle loro intenzioni e sul perchè fossero stati invitati al consiglio, oltre a voler sapere come poter arrivare fino a Kharzad Dum e per che strade, come poter entrarvi e come poter muoversi senza perdersi all'interno di quello che ad un estraneo apparirà sicuramente come un labirinto, per non parlare della presenza letale che è stata risvegliata dai Nani e delle altre creature che da 1000 anni infestano Nanosterra . . .

Elrond rispose a tutte le sue domande, chiarendo ad Isilion il perchè della presenza di ogni singolo partecipante al Consiglio, soffermandosi in particolare sulla figura di Kithomir . . .

Riguardo la strada da seguire gli spiegò che il percorso lo decideranno i componenti della spedizione, così come l'entrare in Moria e che a Gran Burrone sono disponibili mappe dettagliate di tutta la zona dei Monti Brumosi.

Quindi Isilion chiese di poter avere un colloquio con qualcuno che avesse già battuto quelle terre e che conoscesse i posti da evitare, eventuali rifugi sicuri, le strade da seguire e che avesse altri consigli utili da esporre o a lui in privato, oppure alla riapertura del Consiglio, se questa fosse stata necessaria . . .
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03/02/2006 16:06
 
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I quattro compagni si ritrovarono insieme a Glorfindel ed Halbarad nello spazioso studio privato di Elrond, dove li attendeva anche Isilion, giunto qualche tempo prima. Il mezzelfo li fece accomodare in una piccola stanza illuminata da alcune finestre ad abbaino che si aprivano sulla facciata occidentale della grande casa e che contribuivano a creare un'atmosfera raccolta e soffusa.
Il rustico e caldo arredamento in legno, accentuato dalle travi a vista del tetto, sembrava invitare gli ospiti alla riflessione ed alla tranquillità.
Dopo i primi convenevoli il mezzelfo chiese di esaminare da vicino gli oggetti che erano stati rinvenuti all'interno di Barad Eithel.
Per primo esaminò il lungo arco nero portato da Yeras. Un'ombra di tristezza gli passò brevemente sul bel volto, prima che riprendesse a parlare:

"Questo arco è stato costruito molto, molto tempo fa in una verde terra che ora è stata sommersa dall'ira dei Valar. Non ne potrai trovare uno migliore per tirare ai tuoi bersagli, giovane ramingo. La benedizione della Dama che la governava aleggia ancora su esso, immune al passare del tempo, ed essa guiderà ed infonderà vigore ai proiettili da esso scagliati. Sùlith, vento di cenere è il nome inciso sul suo legno."

Gwaeron gli porse poi la lunga spada che aveva ricevuto da Meneldir nella foresta che corcondava la torre.

"Ecco qui una lama dell'Ovesturia, forgiata per combattere i nemici della Terra del Dono. Luinil è il suo nome, Stella Azzurra nella Lingua Corrente. Racchiude in sè la forza di una stella: la sua luce ed il suo nascosto potere, simile a quello del fulmine che cade dal cielo."

Si fece poi consegnare la pesante ascia che il nano portava con sè e la studiò attentamente per diversi minuti alla luce del sole estivo che rischiarava la stanza.

"E' un oggetto magnifico, mastro nano, un'ingegnosa opera dei tuoi padri che devi custodire con reverenza. Sulla sua lama vi sono antiche rune incise con abilità e precisione. Esse recitano:"

Celenaur - Per la gloria di Mahal e del Popolo di Durin che l'ha accesa

Restituì l'arma ad Olin ed aggiunse:

"Un fuoco antico cova al suo interno, ed a quanto pare i tuoi padri si sono ben premuniti, facendo in modo che solo un nano possa brandirla. Gli altri esseri, buoni o malvagi che siano, verrebbero certamente consumati dalla sua fiamma. Conservala bene, mastro nano: è un dono degno di un Re."

Per ultime esaminò le lame di Meneldir ed Isilion, e rivolse loro poche parole di spiegazione:

"Queste spade sono a voi note: si tratta di Sulhelka ed Andùril, le antiche lame simboli delle vostre casate. In esse troverete la forza del gelo e del fuoco, facce opposte della stessa medaglia, così come le vostre famiglie lo sono delle due razze: i Priminati ed i Secondogeniti."

Era pomeriggio inoltrato, e le ombre provenienti dalla finestra cominciavano ad allungarsi, quando il mezzelfo affrontò l'argomento che più stava a cuore ai presenti: la spedizione a Moria.

"Ho notato che alcuni di voi sono rimasti sorpresi dalla brusca interruzione della riunione, ed Isilion stesso mi ha confidato i suoi dubbi e le sue preoccupazioni. Ho reputato però che fosse saggio prendere una decisione alla volta, e dare il tempo ai presenti di valutare appieno la situazione, prima di decidere. Come ho detto alla fine del consiglio infatti, questa spedizione è riservata a Meneldir, quale erede di diritto della casata degli Eldanar. Vista la pericolosità e la delicatezza della missione reputo saggio -ed i qui presenti Halbarad e Glorfindel sono d'accordo con me-, scegliere componenti che godano della stima e della fiducia del Consiglio. Dovrà trattarsi però di persone che intraprendano questa impresa volontariamente, senza ordini o costrizione alcuna: vedo in voi le persone giuste, unite al dùnadan da vincoli di amicizia e fiducia. Riflettete bene prima di decidere, e voglio che lo facciate non sulla base delle informazioni che potrete ricevere, ma sui legami che vi uniscono a Meneldir e sulla convinzione dell'importanza della missione."

Li congedò e li invitò a comunicare la loro decisione a Meneldir od a lui stesso entro l'indomani, prima che venissero prese altre decisioni.

[Modificato da Valandur 03/02/2006 16.07]

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Kithomir
Le ombre, nella valle di Imladris, si stavano allungando. Dai comignoli delle cucine, un filo di fumo si alzava ad avvertire i silvani nelle vigne, negli orti e nei frutteti che presto ci sarebbe stato modo di riunirsi, per mangiare, cantare, ricordare le storie passate. Un'altra giornata della vita senza tempo degli eldar stava per terminare.
Kithomir si sentiva distrutto. Solo ora che il consiglio era finito e che la lettera era partita per Brea, la tensione lo aveva abbandonato.
Aveva visto e rivisto mentalmente le facce dei presenti al consiglio decine di volte. Si era ripetuto ogni parola che era stata detta, sperando che ricombinandole e riascoltandole acquisissero un senso. Niente da fare. Aveva immaginato conversazioni con ognuno dei presenti, cercando di precedere quali fossero i loro interessi e i loro motivi.

*Parlare con gli elfi, hmmm..., sono meno che un moccioso ai loro occhi. Dei dunedain, solo Halbarad sembra aver capito la mia posizione per un attimo. Gwaeron evidentemente ha altro perla testa. Il nano, Olin, come tutti i nani ti deve conoscere bene o gli devi salvare la vita perche' si fidi di te. Meneldir...vabbe'....*

Questo restringeva il campo a un solo volto. Ci voleva solo un piccolo 'agguato'.

*Un po' di pazienza ed occhi ben aperti, come al solito...*

Poco dopo...

Il giovane Ramingo stava lasciando il quel momento il porticato. Andava verso ovest, e camminava con una certa scioltezza sul sentiero di ghiaia. L'ultimo raggio del sole gli impediva di vedere per piu' di qualche metro davanti a se. Stava ammirando le statue che, qui e la' a Granburrone, facevano capolino da piccole radure, gazebi, portici e viali alberati. Sembravano davvero abitanti della Valle, fermati nella piettra in un istante particolare della loro vita.

"Sai chi rappresenta questa statua?" disse una voce alla sinistra del Ramingo.
Yeras si volto'. Senza fretta,ma con rapidita'. Un uomo di forse trenta anni stava di fianco a lui, a qualche metro. Stava ammirando la statua di un guerriero.
Questi, in ginocchio, teneva i palmi delle mani aperti davanti a se. Qualcuno gli stava donando delle cose. Schegge, frammenti di pietra, in realta' la rappresentazione di una spada spezzata. Il guerriero aveva un volto triste, come se stesse ricevendo quel dono dal suo Signore, ma anche da un amico che sapeva non avrebbe rivisto piu'.

La figura usci' dalle ombre della statua e Yeras lo riconobbe. Il gondoriano che aveva parlato al Consiglio. Disarmato, tunica chiara e mantella verde scura, bella, ma logora e vecchia.

Senza lasciare a Yeras il tempo di rispondere, prosegui'.
Kithomir: "Benincontrato, amico! Io mi chiamo Kithomir. Sono di Minas Tirith. Non ho avuto ancora il piacere di essere presentato a tutti i membri del Consiglio di oggi, e cosi' ho preso l'iniziativa. Come te,sono un umano dimenticato in mezzo agli immortali guardiani della Terra di Mezzo ed i suoi Paladini umani".

Sorrise e tese la mano in direzione del Ramingo.

[Modificato da Ossian77 04/02/2006 9.51]

[Modificato da Ossian77 04/02/2006 15.27]

[Modificato da Ossian77 04/02/2006 15.29]

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Yeras
Non si aspettava che qualcuno potesse arrivargli alle spalle in quel modo.
Non se lo aspettava, ma non mancò di reagire … istintivamente.
La sua mano si mosse automaticamente verso il fodero legato alla coscia per poi arrestarsi improvvisamente (come un cane ben addestrato al richiamo del suo padrone) molto prima di raggiungere l’impugnatura.
Si rilassò.
*E’ l’Uomo del Sud che ha parlato al Consiglio! Spero non abbia notato il mio gesto*
Gli eventi vissuti nelle ultime settimane avevano lasciato su di lui dei segni profondi; alcuni di essi erano ben visibili, come la fasciatura al braccio sinistro (ricordo di una brutta ferita rimediata durante la battaglia contro gi orchi), altri erano celati nel profondo dell’animo e trasparivano solo in alcune occasioni, tramite gli sguardi, i sorrisi mancati e alcuni gesti istintivi (come quello di pochi istanti prima).
La ruvida mano del giovane ramingo si strinse in quella dello studioso di Minas Tirith:
Yeras Darabeth … è questo il mio nome
La voce seria, il tono deciso, lo sguardo sincero.
Non conosco la storia di questa scultura, ne tanto meno la tua città. A dire il vero, fino a poco fa, non conoscevo neanche questo posto … se non attraverso le leggende ed i racconti degli Anziani
Gli occhi di Yeras si fecero tristi, ma solo per un attimo.
Poi, improvvisamente, cambiò discorso:
E’ guarito, ormai” disse alzando il braccio sinistro in direzione del suo interlocutore “fra pochi giorni potrò togliere la fasciatura”.
Se Kithomir avesse conosciuto il giovane ramingo qualche settimana prima, lo avrebbe trovato più gioviale, disposto alla conversazione e pronto al sorriso … ma gli eventi vissuti nelle ultime settimane avevano lasciato su Yeras dei segni profondi.
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Kithomir
Kithomir cerco' di apparire il piu' naturale possibile.
Aveva visto uscire il ragazzo dal portico e, sperando che passasse davanti alla statua, vi si era posto di lato, riparato dal fusto di un albero.

*Riflessi e controllo, forse un esploratore? Sembra un po'...stanco. No, non stanco. Solo molto provato, ma da cosa?*

Kithomir: "Lieto di conoscerti, Yeras! Perdonami per il picolo agguato. Non volevo comparirti di fianco in questo modo. Ti ho visto arrivare dal portico e ho deciso di aspettrti qui, a meta' strada, cosi' da fare due chiacchiere. Avevo notato la tua fasciatura e mi chiedevo come ti fossi fatto una ferita del genere. Comunque, sei la prova vivente che le storie su Rivendell sono vere. La guarigione, qui, ha qualcosa di miracoloso, non trovi?".

Kithomir fece un passo indietro e un mezzo giro intorno alla statua. Poggiando la mano sull'elsa della spada di pietra che il cavaliere stava ricevendo, aggiunse.

"Sai, ero curioso di sapere quanto anche tu fossi coinvolto negli affari del Consiglio. Si parla di andare a Moria, un posto dove nessuno sano di mente vorrebbe mettere piede, e di andare a cercare labili indizi, libri, pergamene. Probabilmente sono cose piu' grandi di noi, senno' non ne discuterebbero elfi e dunedain. Tuttavia il fine per cui cerchiamo di farle e' assai nobile, e rientra nei doveri di chi ha a cuore la sorte dei Popoli Liberi. Partire, da soli, per terre lontane, affidandosi a voci e leggende. Un po' siamo come questo cavaliere qui. Si chiamava Othar, che nella lingua degli elfi vuol dire "guerriero" o "scudiero" ".

Kithomir attese un attimo, fissando il suo interlocutore. Yeras sembrava interessato ad ascoltare il resto della storia, o almeno sembrava curioso di capire chi fosse il personaggio che aveva davanti, percio' continuo'.

"Othar era forse un soprannome, un titolo generico. Di certo doveva essere un uomo di grande tempra. Accerchiato da una grande schiera di nemici, nel momento della disfatta del suo Signore, Re Isildur, ricevette da questi i frammenti della spada che era stata del padre e che era andata distrutta in una grande battaglia. Troppo importanti, quei pezzi di metallo, perche' andassero perduti. Forse quel cavaliere avrebbe voluto restare col suo Signore, morire al suo fianco, spada in pugno. Eppure il suo dovere era un altro. Fuggire, porre al sicuro un tesoro che, un giorno, avrebbe portato la speranza ai popoli. Percorrere vie segrete, perigliose, braccato da nemici spietati, per giungere fino a qui, al sicuro. Non ti ricorda un po' quello che dovremmo fare noi? Andare in un posto dove non vorremmo andare, sfuggire a spie e sicari. Fare il nostro dovere perche' e' giusto, anche se vorremmo essere da un'altra parte. Rischiare di non rivedere piu' le nostre terre, le nostre famiglie, i nostri campi. Dimmi, Yeras. Se non e' chiedere troppo: se Meneldir te lo dovesse chiedere, tu lo accompagneresti?
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Yeras
Othar” disse Yeras pronunziando in maniera corretta il nome elfico del personaggio rappresentato dalla scultura “ha agito saggiamente”.
Si spostò di lato in modo da riportarsi esattamente di fronte al suo interlocutore, poi proseguì:
I giovani devono ascoltare le parole degli Anziani, far tesoro dei loro consigli, seguire i loro voleri.
Anche io, come Othar, avevo un incarico affidatomi dal mio Signore. Sono riuscito a portarlo a termine e questo è stato un bene per la mia Gente.
Ho corso dei rischi, ma alla fine ho raggiunto lo scopo … e d’ora in poi le cose saranno diverse per i Villaggi dell’Eriador

Yeras sembrava parlare quasi a se stesso più che a Kithomir.
Ho aiutato Meneldir nel corso delle ultime settimane e lui ha aiutato me.
Ho stima e rispetto per lui.

Un attimo di silenzio, poi continuò
Ho ascoltato tutto ciò che è stato detto al Consiglio, ma ciò di cui avete parlato è troppo grande per me.
Un lupo non vede lontano quanto un Aquila … ne tanto meno possiede ali per volare.
Ognuno vive secondo le sue possibilità; ciononostante seguirò Meneldir se lui od Olin dovessero espressamente chiedermi di farlo

Il riferimento al nano lasciò Kithomir sorpreso, ma solo per un attimo.
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Kithomir
"Sono meravigliato dalla tua saggezza, Yeras. Non fosse altro che per il fatto che sembri essere molto piu' giovane di me. Eppure da come parli direi che hai vissuto molto piu' a lungo o, se non piu' alungo, di certo piu' intensamente. Gia', Othar ha fatto la cosa giusta. Ma quelli erano altri tempi e altri cavalieri. Non che fosse piu' facile, ma il sangue degli uomini era forte, e potevano permettersi ben altre sfide. Tuttavia l'amicizia e la lealta' che sembrano legarti a Meneldir e al nano di nome Olin sono encomiabile, e lo stesso Othar te le invidierebbe!
Sai, io in fondo spero di poter accompagnare Meneldir. Non che l'idea di andare a Moria mi alletti, pero' sento che sarebbe importante riuscire in questa impresa; penso di poter aiutare e mi piacerebbe esservi incluso. E' che non lo faccio per amicizia o per lealta', se non quella che ho verso il mio popolo. Yeras, se posso farti un'ultima domanda, che cosa rischi di perdere tu, unendoti a questo gruppo? Dopo, te lo giuro, iniziero' a rispondere o almeno smettero' di fare domande. Oppure ti lascero' andare dove ti stavi dirigendo prima della mia imboscata"


Sorrise, e si sedette su uno sgabello di pietra li' vicino.

[Modificato da Ossian77 07/02/2006 18.38]

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Yeras
*Quest’uomo è intelligente ed astuto.
Sa cosa vuole e sa come ottenerlo.*

Prima di rispondere, Yeras osservò attentamente il suo interlocutore; dopo alcuni attimi di silenzio disse semplicemente:
Cosa, per un uomo, è più importante della propria vita?
La riposta è molto semplice: la vita di coloro che ama.
Ed è per questo che, tempo fa, accettai l’incarico a me affidato.
Lo feci per il bene della mia gente.

Fece alcuni passi, allontanandosi da Kithomir e voltandogli, al tempo stesso, le spalle.
Ho un debito di riconoscenza nei confronti di due dei miei nuovi compagni: l’idea che uno di loro (o, peggio, entrambi) possa non tornare indietro da questa missione, senza che io abbia fatto nulla per poter essere al suo fianco nel momento del bisogno, sarebbe un evento di gran lunga peggiore della mia stessa, prematura, dipartita.
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Kithomir
Kithomir non replico'. La giornata era stata lunga e pesante e il gondoriano aveva, anche grazie alle parole di Yeras, parecchio su cui meditare. Prima di allontanarsi e di lasciare solo il giovane ramingo, Kithomir fisso' un'ultima volta la statua di Othar, dritta negli occhi.

*Chissa' che hai pensato quando Isildur ti ha allontanato per salvare i frammenti di Narsil...Vorrei che fosse facile come dice Yeras. Per me, la verita' e' un altra, che la pelle e' una sola e che mi serve a coprirmi. Non ne posso piu' di sbiancare ogni volta che sento un clik in un sotterraneo, di evitare per un soffio lance e dardi, di passare ore e giorni in cunicoli dimenticati da Eru, nel freddo e nell'umido, sperando che il pavimento non mi sparisca sotto i piedi facendomi cadere per tre miglia...La verita', caro Othar, e' che ogni volta che vedo un taglio che sanguina penso che potrei non guarire. Ogni volta che devo estrarre la spada mi chiedo se saro' abbastanza veloce. Ogni volta che parto, penso che potrei non tornare, non rivedere i miei genitori, i miei amici, la mia casa a Minas Tirith. Penso che non c'e' nessun figlio a cui trasmettere il mio nome, e che se faccio una cosa tanto stupida come andare a Moria non e' per lealta' o amicizia, ma perche' e' giusta e, purtropo, perche' voglio dimostrare qualcosa al mio Maestro. La verita' e' che non voglio morire. Non in una fogna buia e umida, divorato dai topi. Se poi sono i topi di Khazad Dum o delle rovine di Tharbad, caro amico di un'era passata, spiegami che differenza fa!*

Torno' sul sentiero di ghiaia e si avvio' verso la mensa. Se non altro tutta quella tensione gli aveva messo appetito...

[Modificato da Ossian77 08/02/2006 18.02]

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08/02/2006 17:08
 
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Olin
Il giovane nano ascoltò meravigliato il saggio Elrond che elencava le varie caratteristiche delle armi trovate nella torre.
Riprese con riverenza la sua ascia.

*Quest'oggetto è vecchio come le mura di Khazad-Dum, sarà dura onorare i fabbri che l'hanno costruito. Che Mahal guidi la mia mano.

Ripose con cura la grande ascia nella custodia e si congedò con un inchino dal sire, quindi cercò qualcosa da mangiare. Doveva riflettere, nessuna nuova era ancora giunta dalla montagna, ma provava un bruciante desiderio di impegnarsi sin da subito nella cerca.

*Khazad-Dum... Potrò mai vedere l'antica dimora dei miei padri?

Consumò una cena veloce, quindi si mise a cercare le fucine, era curioso di vedere quali tecnologie usassero gli elfi di questo remoto reame, inoltre l'ambiente delle fucine lo avrebbe fatto sentire meno spaesato.

Chiese indicazioni!
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08/02/2006 17:34
 
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Le ombre della sera si allungavano sulla bella valle di Imladris. Mentre passeggiava nel frutteto vicino alla casa, Meneldir vide Yeras poco più in là, che indugiava in silenzio vicino alla statua di Othar.
Si avvicinò al compagno, si sedette accanto a lui e gli rivolse la parola:

"Sei pensieroso Yeras. Stai riflettendo sul Consiglio e sulle parole di Sire Elrond?"

Attese una risposta che non arrivò: evidentemente l'amico era ancora troppo preso dai suoi pensieri. Riprese a parlare:

"Sono diversi giorni che nessuno di noi, io per primo, parla con gli altri di quello che è accaduto a Barad Eithel. Ho pensato che forse sarebbe saggio da parte nostra farlo questa sera, prima dell'incontro di domani, in modo che ognuno possa chiarirsi le idee e prendere liberamente le proprie decisioni. Ho già parlato con gli altri, e ci siamo dati appuntamento dopo cena nella Sala della Quercia Bianca, al Palazzo Occidentale."

Il dùnadan non attese la risposta del giovane ramingo e si alzò, allontanandosi in silenzio dalla statua...

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Gwaeron
Seduto in una poltrona, con la notte che silenziosa calava su Imladris, Gwaeron prendeva il fresco in una delle verande, la testa impegnata da molti pensieri, mentre lentamente masticava tabacco.
Il consiglio lo aveva quasi stordito. Tanto per iniziare, ancora si domandava se Meneldir aveva preso la decisione giusta nel lasciare Barad Eithel, e la risposta era sempre no. Quanto al libro, sapeva ben poco (o quasi niente) delle storie legate al manoscritto, e si rendeva conto di non afferrare fino in fondo l'essenza della storia, che era, ovviamente, molto importante sia per Olin che per Meneldir. Di storie, però, ne conosceva tante, e mai aveva sottovalutato l'importanza di cose come questa. Non era forse per libri e storie che la sua vita era quel che era?
Ora, mentre masticava tabacco, rifletteva sul consiglio, le parole dei suoi compagni di viaggio, di Elrond, del ragazzo del sud di cui non ricordava il nome. Khazad dum. Il suo destino non sembrava doverlo condurre là, però le cose non succedono mai per caso, e lui era lì. La notte gli avrebbe portato consiglio.
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Olin
Il nano, dopo aver chiesto informazioni, si diresse verso un edificio basso separato dal corpo principale della grande casa. La fucina era addossata ad una nuda parete di roccia, ma sembrava fondersi con la roccia stessa. All'apparenza non sembrava molto grande.

Giunto in prossimità della porta, sentì distintamente un leggero canto, forse eseguito da due o tre voci, che si mescolava in maniera armonica con il ritmico risuonare dell'incudine.

*Questi sono i rumori di casa

Dopo aver indugiato un attimo fuori della porta, Olin poggiò il pesante sacco con la sua armatura dentro e bussò energicamente.
Il canto si interruppe bruscamente e così pure il martellare sugli incudini. Una voce cristallina pronunciò strane frasi nella lingua elfica. Olin lo prese come un "Avanti!", aprì la porta e fece capolino nella stanza principale della forgia.
Rimase allibito, quello che sembrava un ambiente piccolo e buio, si rivelò invece essere un locale molto spazioso con ben due fornaci e diverse postazioni di lavoro, inoltre era molto ben illuminato da strane lampade che emanavano una gradevole luce, in mezzo alle due fornaci si apriva una porta che dava verso l'interno della montagna. Nella sala c'erano due elfi, vestiti con tunica e pantaloni e con indosso un grembiule di cuoio. Il più vicino alla porta squadrò con severità l'intruso evidentemente infastidito dal nano, mentre l'altro sembrava più meravigliato che infastidito.

Olin si guardò ancora per un attimo intorno, quindi portò la sua attenzione sui due elfi.
"Buona sera messeri, io sono Olin figlio Bontin al vostro servizio!" salutò con un inchino togliendosi il cappuccio, quindi continuò "sono in visita in questo splendido reame, ospite di sire Elrond, per adempiere ad una missione di grande importanza dopo aver sostenuto una cruenta battaglia. La mia armatura ha bisogno di essere ripulita e la mia ascia di essere riparata, posso chiedervi di usare i vostri attrezzi per un po'?"

Olin era visibilmente imbarazzato, l'approccio diretto, tipico dei fabbri nanici, evidentemente non aveva avuto l'effetto desiderato. L'elfo più vicino lo squadrò da capo a piedi ed il giovane nano si sentì rimpicciolire ancora di più sotto la luce severa di quello sguardo. L'altro elfo aveva invece uno sguardo divertito sul volto.

"Messer nano," cominciò l'elfo a lui più vicino "questa non è una bottega, sebbene rispettiamo l'ospitalità concessavi da mastro Elrond, non vi nascondo che qui non siete il benvenuto!"
Olin rimase un po' sorpreso dalle scortesi parole di quell'alto elfo.

"Messer elfo, non vi sto chiedendo di eseguire un lavoro, posso benissimo farlo da me, ho solo bisogno di un paio di attrezzi, che qui abbondano, se però devo chedere il permesso al sire, posso benissimo tornare domani!"
La voce profonda del nano rimbombò all'interno della fucina, aveva usato tutto il suo coraggio per rivolgersi in quella maniera all'elfo, ma ancora una volta sembrava non aver sortito alcun risultato.

La risposta arrivò immediatamente e con un tono di scherno appena velato "Sarò ben lieto di accogliervi se fosse sire Elrond in persona a chiedermelo, ma per il momento temo che dobbiamo salutarci!" detto ciò torno ad occuparsi del suo lavoro.

Olin stava per girare sui tacchi ed andarsene quando l'altro elfo si fece avanti con un evidente ghigno divertito sul volto.

"Mastro nano, vi chiedo perdono, normalmente siamo più ospitali. Il mio nome è Aranwe, mentre egli è Arthad, come avete avuto modo di notare non ama essere disturbato." Ammiccò al giovane nano, quindi continuò "Sono certo che siete qui in buona fede, quindi avete il mio permesso di usare tutto ciò che ritenete necessario." si interruppe un attimo, osservando qualcosa alle spalle del nano "Chi vi ha dato quell'ascia messer Olin?"

Olin fu felicissimo si metere in mostra 'opera dei suoi antenati, quindi slacciò l'arma dal fodero e la porse all'elfo.

"Quest'ascia è stata rinvenuta nella torre di Barad Eithel, insieme ad altre magnifiche armi. Probabilmente un dono fatto dai miei padri ad un valoroso esponente dei numnoreani."

L'elfo soppesò l'ascia, quindi la studiò meticolosamente, il suo sguardo sembrò perdersi all'interno del metallo, ad un tratto urlò di dolore, una fiammata si sprigionò dal manico dell'arma. L'altro elfo si girò di scatto brandendo il martello con cui stava battendo il metallo. Olin fece un salto indietro mentre l'ascia cadeva a terra rumorosamente.

Aranwe sembrava ferito lievemente, scuoteva le mani come per raffreddarle. Fu Arthad a parlare.

"Come al solito ti impicci di affari che non ti riguardano, non hai visto l'incisione sulle lame?"
Aranwe rispose sorridendo "Certamente che le ho viste, ma come sai la lingua dei nani non mi è familiare, anche se è scritta con le rune del nostro popolo:" quindi si rivolse ad Olin "Mastro nano, la vostra è un'arma formidabile, branditela con saggezza, ora se volete scusarmi!" Si diresse verso la porta sul retro, nell'aprirla Olin notò una luce azzurrina che illuminava l'ambiente, ma la porta si richiuse prima che potesse appurare quale ne fosse la fonte.

"Allora mastro Olin, sembra che siate entrato in possesso di un tesoro immenso" disse Arthad "e sembra anche che possiate rimanere qui nella fucina a fare i vostri lavoretti, solo un avvertimento, non varate quella porta per nessun motivo e non statemi in mezzo ai piedi!" concluse la frase con una nota di stridore simile ad una lima per il ferro.

Olin sorrise grato.
"Non temete messere, non sarò di alcun impiccio!"

Deto ciò, perse le sue cose fuori dalla porta, si sistemò ad una postazione di lavoro e cominciò a lavorare prima sulla piccola ascia da lancio, poi sull'armatura. Lasciò la fucina all'ora stabilita per la riunione, dicendo che sarebbe tornato più tardi. Arthad lo rassicurò sul fatto che avrebbe trovato le porte aperte, non senza mancare di punzecchiare il giovane nano.

[Modificato da endik 10/02/2006 10.21]

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La Sala della Quercia Bianca era un confortevole locale situato nell'ala est del Palazzo Occidentale, una grande costruzione situata ad un centinaio di metri di distanza dall'edificio principale del rifugio elfico. Ospitava soprattutto Elfi Silvani ed i pochi raminghi che si fermavano a Gran Burrone, tra i quali in quei giorni vi erano Meneldir ed Halbarad.
Le ombre della sera erano ormai scese sulla valle, e la sala era illuminata dal fuoco scoppiettante del camino, acceso nonostante la temperatura fosse ancora mite, e dalla luce che proveniva dalle strane lampade che potevano trovarsi quasi ovunque nella residenza. Al loro interno non si vedevano fuochi o fiamme, ma nonostante ciò il loro tenue e delicato chiarore riusciva ad rischiarare anche le tenebre più fitte.
All'ora convenuta i cinque compagni si ritrovarono nella stanza. Erano giunti alla spicciolata, senza scambiarsi nient'altro che brevi e nervosi saluti.
Si sedettero su sedie di legno, rese più confortevoli dalla presenza di soffici cuscini riccamente decorati con colori vivaci ed allegri, che contrastavano con l'atmosfera generale che si respirava tra loro: la morsa del nervosismo e dell'ansia attanagliava tutti i presenti.
L'unico che ostentava la sua calma e serafica indifferenza era Isilion, ma un occhio molto allenato avrebbe comunque notato gli impercettibili segni di tensione che ne turbavano le eleganti movenze.
Quando tutti forono giunti, Meneldir si schiarì la voce e ruppe l'imbarazzato silenzio che era seguito all'arrivo di Olin, che portava con sè i segni di un lungo e duro lavoro compiuto nelle fucine del palazzo.

"Eccoci qui, ancora una volta insieme per prendere una decisione importante. Prima che qualcuno di voi faccia la sua scelta in merito alle questioni dibattute nel Consiglio di oggi, sono qui per rispondere ad alcune domande e spiegarvi meglio quello che è accaduto a Barad Eithel, anche dopo la nostra precipitosa partenza. Lontano da orecchie indiscrete."


Mentre parlava notò il nano che si muoveva nervosamente sulla sedia, lanciandogli occhiate ben poco benevole:

"Stai pure tranquillo mastro nano, non vi ho nascosto nulla riguardo alla nostra missione: quello che voi sapete non è minore di quello che era a mia conoscenza quella sera di Brea, quando decidemmo di recarci nell'antica dimora dei miei padri. Ma da allora molti fatti sono accaduti, e molti ritrovamenti necessitano di spiegazioni e verifiche."
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Olin
"Mio buon Meneldir, i tuoi occhi sono acuti come al solito," disse il nano parlando con calma "sono certo che insieme riusciremo a sbrogliare questa matassa ingarbugliata. Premetto che la tua leadership non è in discussione, ma, visto che siamo qui tutti insieme, vorrei farti un appunto in modo da evitare spiacevoli equivoci in seguito. I tuoi metodi per condurre il gruppo sono stati finora appena sufficienti per cavarcela, qualora dovessimo recarci a Khazad Dum, temo che essi possano rivelarsi insufficientemente adeguati. Mi riferisco soprattutto a decisioni prese, a mio parere, un po' troppo precipitosamente, anche in momenti in cui la fretta non era necessaria."

Olin stava parlando in maniera diretta e schietta, cercando di evidenziare i problemi in modo da non ferire l'orgoglio del Dunandan. Aspettò quindi che anche gli altri componenti del gruppo esprimessero la loro opinione.
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Isilion Calafëar
Era ormai da troppo tempo che l'Elfo non riusciva a trovare risposte alle sue richieste . . .

Sembrava quasi che le sue parole si perdessero nell'aria . . . come se non venissero udite dagli interlocutori . . .

Isilion cercava di rimanere il più sereno possibile, ma le incertezze erano troppe per le proprie abitudini e, oltre questo, alle sue domande non trovava risposte . . .

Come poteva intraprendere un viaggio così pericoloso con i propri compagni, per terre sconosciute o viste solo su alcune mappe? Ed entrare in Khazad Dum muovendosi all'interno dei suoi labirinti??

I pericoli erano troppo seri e concreti per essere ancora sereni!!

Quella sera, alla Sala della Quercia Bianca, Isilion non si presentò affatto sereno come al solito, ma un'insolita espressione seria era ben visibile sul suo volto!

Ascoltò le parole di Meneldir e non si espresse . . .
Sentì cosa aveva da dire Olin trovando le sue parole un appropriato sfogo . . .

Non era ancora il tempo di esprimersi però . . .
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14/02/2006 15:24
 
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Per una volta, Meneldir non si fece sopraffare dal suo carattere collerico: aveva imparato a conoscere il nano e sapeva che le sue parole, per quanto dure, non erano dettate da malanimo nei suoi confronti.
Rispose quindi in modo pacato al suo interlocutore:

"Riconosco che non tutte le mie decisioni, o le mie parole, sono state sagge. Ribadisco però che sono sempre state limpide e sincere, gravate dal peso della responsabilità che spesso offusca la serenità di sensazioni e valutazioni. Anche per questo siamo qui: per chiarire i nostri dubbi e rispondere alle nostre domande. Io cercherò di fare la mia parte, sperando che quello che dirò possa esservi di aiuto nel prendere la vostra decisione che, lo ribadisco, è assolutamente libera."

Fissò attentamente i suoi compagni, attendendo loro repliche e preparandosi a rispondere alle loro domande...
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16/02/2006 23:27
 
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Gwaeron
Nella veranda di Imladris i suoi pensieri si erano lentamente arresi alla pace che lo circondava, e si era quasi addormentato, svegliandosi poi quando il buio era già sceso sulla valle, e Meneldir li aspettava per la riunione annunciata.
No, non si sarebbe messo a discutere le scelte del dunadan a Barad Eithel, in fondo probabilmente non sarebbe cambiato molto. Il consiglio con Elrond, però, apriva un'altra porta, una strada piena di insidie che Meneldir aveva già scelto di percorrere, e con lui Olin, lo straniero venuto da sud, e probabilmente Isilion, una strada di cui ancora sapevano poco, ma che si annunciava pericolosa e gloriosa al tempo stesso.
Gwaeron, però, mentre ascoltava i suoi compagni discutere, era come assente. Ascoltava, è vero, con attenzione ogni parola che veniva detta, però come se lui fosse un estraneo.
E se non aveva alcuna domanda da fare a Meneldir, era perchè ancora non aveva trovato risposta alla sua domanda, e da quello sarebbe dipeso tutto. Perchè in fondo sentiva di non avere niente a che fare con quel libro, anche se l'avevano trovato insieme, e la spedizione nell'antica roccaforte nanica gli sembrava così lontana dal suo destino, dalla sua vita, dalle sue scelte.
Rimase ancora in silenzio. Più tardi, avrebbe interrogato le stelle, e la notte gli avrebbe portato consiglio..
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Yeras
Senza tutti quegli elfi intorno Yeras si sentiva meno a disagio.
I Cinque compagni erano soli e questo rendeva più intima la loro discussione.
Se Gwaeron ed Isilion me lo consentono” esordì il giovane ramingo scambiando un’occhiata di intesa col noldo e l’Uomo del Nord “vorrei porre a Meneldir una domanda all’apparenza semplice, ma la cui risposta, per me, potrebbe avere un gran valore
Si fermò un attimo e riprese a parlare solo quando il dunadan, con un cenno del capo, lo invitò a proseguire
La tua decisione può dipendere, in qualche modo, dalle nostre scelte?
Ovvero: partiresti per l’antica dimora dei Nani anche da solo?
E, se come temo, la tua risposta dovesse essere affermativa permettimi di chiederti … perché?
Cosa c’è di così importante che ti spingerebbe ad una tale scelta?
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