Non avrebbe poteri più grandi.
Li avrebbe illimitati.
Leggi qua.
Cosa dicono della riforma della costituzione gli esperti:
“è una dittatura del premier nel senso che il premier, che è una figura che appartiene al concetto liberal-democratico, è caratterizzato da un eccesso di potere. Nessuno lo frena. Lo Stato non conta più niente: perché la Corte Costituzionale verrà impacchettata; perché all’authority, come abbiamo visto, il premier nomina addirittura i suoi a controllare se stesso e così via, e potrei fare un lungo elenco. Così diventa un capo del governo illimitato, incontrollato, incontrollabile, assoluto, cioè privo di legami, e in questo senso ha poteri di tipo dittatoriale. Non dico che è un dittatore, ma che ha poteri di quel tipo.” (Giovanni Sartori)
“delinea la forma di governo unica al mondo, basata sulla dittatura di un uomo solo. Il Parlamento è alla mercé del primo ministro. (…) Il popolo è sovrano per un giorno e poi suddito per cinque anni. E così enormi poteri vengono concentrati nelle mani di un uomo solo: il primo ministro eletto direttamente dai cittadini. Avrà i poteri del presidente degli Stati Uniti, più quelli del primo ministro britannico, più quelli del Cancelliere tedesco. Ma non incontrerà nessuno dei limiti e dei contrappesi che rendono democratici.”
(Franco Bassanini)
“con la scusa dell’antiribaltone, il primo ministro può utilizzare tutti gli strumenti più qualcun altro che furono escogitati allora… La regola diventa: simul stabunt, simul cadent… sono stati eletti insieme, devono cadere insieme. Un patto di ferro. Non può cadere solo il premier, che una volta eletto è intoccabile per cinque anni. Tutto questo sarebbe ed è assolutamente inconcepibile in un regime democratico.”
(Leopoldo Elia)
Cosa dice la riforma che dobbiamo abolire:
a) scompare la collegialità del governo, il cui potere rimane completamente in mano al primo ministro. Infatti all’art. 33 prescrive che I ministri sono nominati e revocati dal Primo ministro. Insomma se un ministro non è d’accordo, il capo del governo lo può rimuovere, senza darne conto a nessuno. La prassi costituzionale dice oggi che un ministro va a casa solo se il parlamento lo sfiducia. Non solo. Non è più il Presidente della Repubblica a nominare i ministri. Si ricordi che fu per l’opposizione di Scalfaro che Previti non divenne ministro della giustizia (nientemeno!) nel 1994, come invece proposto da Berlusconi. Con questa norma, oggi lo diventerebbe.
b) è il primo ministro a determinare la politica del governo a suo piacimento. Sempre all’art. 33 la riforma dice che il Primo ministro determina (e non più “dirige”, come oggi) la politica generale del Governo e ne è responsabile. Garantisce l’unità di indirizzo politico e amministrativo, dirigendo, (nel testo della vecchia Costituzione quest’espressione, dirigendo, non c’è) promuovendo e coordinando l’attività dei ministri. Se prima un ministro non obbediva al capo del governo, c’erano solo due strade: crisi di governo o rimpasto previo passaggio parlamentare di sfiducia al ministro. Adesso il capo del governo, semplicemente lo può licenziare, e solo perché non gli ha obbedito.
c) il governo non deve più chiedere la fiducia al parlamento: l’art. 32 della riforma recita che il Primo ministro illustra il programma di legislatura e la composizione del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina. La Camera dei deputati si esprime con un voto sul programma. (fino ad oggi invece,secondo l’art.94 della Costituzione, il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.). Insomma il governo dipende dal primo ministro, e non più dal parlamento: scompare un fondamentale controllo e contrappeso istituzionale, l’autorità del parlamento sul governo.
d) Il primo ministro può porre la questione di fiducia su qualsiasi legge (purché non parlamentare) con preminenza su tutto l’ordine del giorno (art.32) e senza chiedere il permesso a nessuno: Il Primo ministro può porre la questione di fiducia e chiedere che la Camera dei deputati si esprima, con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del Governo, nei casi previsti dal suo regolamento. (attualmente, invece, secondo l’art.94 Cost., la mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.". In sostanza, può minacciare la crisi di governo e quindi nuove elezioni, senza nemmeno preavvertire il parlamento.
e) Come se tutto questo non bastasse, il primo ministro può far sciogliere le camere al presidente della repubblica quando e come vuole. Secondo l’art.27, infatti, il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati ed indìce le elezioni nei seguenti casi:
a) su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità; b) in caso di morte del Primo ministro o di impedimento permanente accertato secondo le modalità fissate dalla legge;
c) in caso di dimissioni del Primo ministro;
d) nel caso di cui all’articolo 94, terzo comma (mozione di sfiducia). In sostanza, ai primi segni di fermento, di minaccia di sfiducia da parte del parlamento, il primo ministro può mandare tutti a casa.
f) Viene sì introdotta la cosiddetta “sfiducia costruttiva”, per la quale il parlamento può sfiduciare il primo ministro, ma si va a nuove elezioni, ammenocché la maggioranza parlamentare non indichi un’altra persona per quella carica. Attenzione però: non è tutto il parlamento che può dare il voto di sfiducia costruttiva: solo la maggioranza politica che era collegata al primo ministro al momento delle elezioni. Insomma, il primo ministro potrebbe essere sfiduciato solo dai suoi, e solo se i suoi indicano un altro primo ministro. Dell’opposizione, e del suo diritto di voto e di parola, chissenefrega (art.32): Il Presidente della Repubblica non emana il decreto di scioglimento nei casi di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma, qualora alla Camera dei deputati, entro i venti giorni successivi, venga presentata e approvata con votazione per appello nominale (così nessuno può “tradire il capo”) dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, una mozione nella quale si dichiari di voler continuare nell’attuazione del programma e si designi un nuovo Primo ministro. In tale caso, il Presidente della Repubblica nomina il nuovo Primo ministro designato".
La conseguenza di tutto ciò è che dal giorno in cui una maggioranza ha vinto le elezioni, fino a quelle nuove cinque anni dopo, mandare a casa il primo ministro è di fatto impossibile. Ci vuole il voto contrario di tutta la sua maggioranza (ridicolo), infatti basta un manipolo di suoi fedelissimi per vanificare il voto di sfiducia, anche se “costruttiva”.
In compenso il primo ministro può fare di tutto, nel frattempo: mandare a casa i ministri e nominarne di nuovi, e alla mala parata, addirittura far sciogliere il parlamento senza dare spiegazioni a nessuno. A tutto questo nemmeno i suoi alleati di maggioranza potrebbero opporsi. Potrebbe nominare una squadra di ministri con (poniamo) dieci ministri alleati, e sostituirli il giorno dopo…
E l’elenco degli esempi possibili, dei rischi, potrebbe continuare.
E noi elettori?
Sovrani per un giorno, poi sudditi, per cinque anni.
Scritto da: casini 11/05/2006 9.59
comunque votare si al referendum è fontamentale proprio nella constatazione che i forti equilibri politici non consentono di governare bene. quindi si ad un presidente del Consiglio con poteri più ampi - votate si