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Fantascienza da recuperare

Ultimo Aggiornamento: 07/01/2021 09:42
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Fiori per Algernon

[SM=x74954] [SM=x74954] [SM=x74954]


grande classico



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Re: Fiori per Algernon
koala3, 22/12/2017 12.04:


[SM=x74954] [SM=x74954] [SM=x74954]


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Colpita e affondata.

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Re: Fiori per Algernon
koala3, 22/12/2017 12.04:


[SM=x74954] [SM=x74954] [SM=x74954]


grande classico




[SM=x74930]
Hai letto il romanzo o il racconto?
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Re: Re: Fiori per Algernon
Carlo Maria, 23/12/2017 13.42:




[SM=x74930]
Hai letto il romanzo o il racconto?


il romanzo





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Re: Re: Re: Re: Il castello di ferro
Juan Galvez, 01/12/2017 10.10:



V.





l'ho finito e devo dire che mi è piaciuto molto! Grazie a Carlo e a te per la bella scoperta!! [SM=x74945]



---Elisa--->
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Le Dieci Decadi
Le Dieci Decadi
La fantascienza, va da sé, esiste da molto prima; tuttavia è da 92 anni, dal 1926, che esiste il termine (o quasi: nacque come scientifiction). E se, come si voleva in antico - e forse non solo in antico -, la parola è performativa e crea il suo oggetto o attua la sua funzione, allora la fantascienza esiste da 92. E' insomma nella sua decima decade di vita.

Senza voler indicare e consigliare per ogni decade l'opera migliore, che poi è questione di lana caprina e anche un po' troppo legata all'estetica personale, cerco invece di individuare le opere che possano rappresentare meglio lo spirito di queste decadi succedutesi da allora a oggi.

Gli anni '20.
L'Allodola dello spazio.
Dopo infinite vicissitudini, è nel 1928 che Edward Elmer "E.E. Doc" Smith pubblica il primo romanzo del suo ciclo dello Skylark, L'Allodola dello Spazio. Tutto quel che Smith ha pubblicato risulta oggi praticamente indigeribile, di un'ingenuità incredibile e stilisticamente di una rozzezza imbarazzante. Ma Smith, con e più di Hamilton e Campbell è stato la levatrice del sense of wonder su cui si è basata e ancora si basa tutta la sf successiva: perché se, oltre a far pensare, la fantascienza non instilla in chi legge il senso del meraviglioso, allora non è fantascienza.

Gli anni '30.
Un'odissea marziana.
L'avventura umana di Stanley Weinbaum si esaurisce in un paio d'anni: nel 1934 fa il suo esordio sulla scena fantascientifica, alla fine del 1935 muore per un tumore al cervello. In quei due anni pubblica una manciata di storie che cambiano radicalmente l'inerzia dell'"estetica" della sf e ispirano tutti i grandi autori che negli anni successivi faranno virare il genere dall'avventura pura a tutti gli sviluppi che avverranno successivamente. L'odissea marziana è la prima e la più d'impatto di quelle storie, la storia che ha reso adulta la fantascienza.

Gli anni '40.
La Storia Futura.
Poi verranno i grandi romanzi degli anni '50 e '60, ma è nel corso del decennio dominato dal secondo conflitto mondiale che Heinlein scrive la maggior parte delle novelle e dei racconti che compongono l'ossatura originaria della sua storia futura. Per stile, argomenti, forza evocativa e immaginazione analitica Heinlein è probabilmente l'autore che meglio incarna la prima stagione della fantascienza adulta, quella che raccolse e rilanciò la sfida di Weinbaum. E le opere sono quelle raccolte nella Storia Futura.

Gli anni '50.
I Mercanti dello Spazio.
Maledettamente difficile cercare di individuare l'opera più significativa del decennio in cui si afferma a livello di fantascienza popolare la distopia sociale, e la ricerca stilistica si affina. Probabilmente però questo asciutto e acuminato romanzo di uno dei più longevi patriarchi del genere, Fred Pohl, e di uno dei più precoci e talentuosi autori morti anzi tempo, Cyril Kornbluth,è ancora la scelta più rappresentativa: forse non a livello di stile, ma sicuramente per la potenza delle idee e la capacità di avvincere fino in fondo facendo pensare amaramente.

Gli anni '60.
La mano sinistra delle tenebre.
Credo che nessuno abbia incarnato più, e meglio, di Ursula Le Guin lo spirito dell'utopia che travolse la cultura popolare negli anni sessanta. Utopia in ogni possibile significato del termine, e con una profondità di analisi e capacità di affascinare intellettualmente che ha avuto pochi eguali. Forse nessuno meglio della figlia di un grande antropologo rapita dall'impulso di mettere le proprie costruzioni mentali su carta avrebbe potuto farlo, e meglio rappresentare quella sbornia di esperimenti antropologici prima che culturali.

Gli anni '70.
Un oscuro scrutare.
E nessuno più e meglio di Philip Dick potrebbe incarnare lo spirito di quel terrificante rimbalzo del decennio precedente che furono gli anni '70. Una antiutopia fertilissima e feroce, che questo romanzo illustra doviziosamente e lucidamente. Dick è stato uno degli autori più importanti del genere, e la sua influenza è andata ben oltre il genere (come altri, sia chiaro); e credo che questo sia uno dei suoi libri dove meglio si fondono la sua capacità di mostrare il reale e, al contempo, il suo totale sfaldamento. I paranoici Seventies sono suoi.

Gli anni '80.
Un gioco da bambini.
Forse non è proprio una fantascienza ortodossa, forse non è neppure fantascienza tout court; tuttavia questa feroce novella di Ballard esprime come meglio non si potrebbe quegli anni '80 dell'incipiente (e neppure tanto incipiente) sfaldamento delle impalcature sociali su cui si è basata la nostra civiltà per secoli. E nel momento in cui più apparentemente la società si serra e racchiude nei propri confini, mentali e materiali.

Gli anni '90.
Trilogia marziana.
La colossale trilogia marziana di Kim Stanley Robinson rappresenta un affresco non tanto e non solo dei suoi tempi, con le loro contraddizioni, gli slanci utopistici frammisti a guerre e desolazione, le arditezze delle nuove frontiere tecnologiche che paiono spalancare le porte del futuro; quanto più un affresco del cammino percorso dalla sf. Robinson torna a quel Marte di Weinbaum, con la capacità introspettiva e la profonda analiticità di decenni di storia e storie. Con la ricchezza di un genere ormai maturo sotto ogni profilo, e anzi all'avanguardia della letteratura.

Gli anni '00.
La Ragazza Meccanica.
Il nuovo millennio è dominato dalle frontiere della tecnologia spostate sempre più in là, sempre più azzardatamente. E da quelle che sempre più appaiono le avvisaglie del collasso ambientale. Tutte suggestioni che si raccolgono a comporre la ricca trama del romanzo di esordio di Bacigalupi, un'utopia/antiutopia/distopia che ben rappresenta non solo l'anima di un decennio sfibrato e privo di baricentro quant'altri mai ma anche la complessità sempre crescente della fantascienza contemporanea.

Gli anni '10.
Il ciclo vitale degli oggetti software.
Non è probabilmente l'opera più riuscita di Chiang, tuttavia non è soltanto esemplificativa della straordinaria profondità e complessità dell'autore ma a mio parere rappresenta bene la pervasività che tutto ciò che è correlato con l'informatica, la robotica e l'elettronica vanno sempre più operando nella nostra vita e struttura sociale. Forse nessuno meglio di Ted Chiang nella storia della sf sa riflettere su tutto quanto attiene alla sfera dell'umano e della sua mente, cultura, ideologia e psicologia, ed è significativo che la sua prima opera pubblicata direttamente in volume verta sull'intelligenza artificiale.

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Re: Le Dieci Decadi

Grazie per questa lista!

Mi soffermo solo su



Gli anni '10.
Il ciclo vitale degli oggetti software.
Non è probabilmente l'opera più riuscita di Chiang



Purtroppo no. In effetti, complici la traduzione e il lancio fuorviante (era presentato da Delos e altri come un romanzo, ma non lo era) è stata l'unica cosa sua che mi abbia finora deluso. Intendendo: per altri autori sarebbe manna, ma rispetto alla sua media è in qualche modo più esangue e meno convicente.

Il fatto che dopo sia tornato a scrivere cose mediamente più brevi potrebbe essere indizio del fatto che non lavorerà mai a un vero romanzo, anche se un po' ci spero ancora.

Sash


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Re: Re: Le Dieci Decadi
Sashimi, 14/02/2018 01.19:


Grazie per questa lista!

Mi soffermo solo su



Purtroppo no. In effetti, complici la traduzione e il lancio fuorviante (era presentato da Delos e altri come un romanzo, ma non lo era) è stata l'unica cosa sua che mi abbia finora deluso. Intendendo: per altri autori sarebbe manna, ma rispetto alla sua media è in qualche modo più esangue e meno convicente.

Il fatto che dopo sia tornato a scrivere cose mediamente più brevi potrebbe essere indizio del fatto che non lavorerà mai a un vero romanzo, anche se un po' ci spero ancora.

Sash



La cosa incredibile è che con il suo talento si ritenga uno scrittore part-time, e quindi non abbia/non voglia avere il "tempo" di dedicarsi a opere lunghe.

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Re: Le Dieci Decadi
Juan Galvez, 10/02/2018 16.42:

Le Dieci Decadi
La fantascienza, va da sé, esiste da molto prima; tuttavia è da 92 anni, dal 1926, che esiste il termine (o quasi: nacque come scientifiction). E se, come si voleva in antico - e forse non solo in antico -, la parola è performativa e crea il suo oggetto o attua la sua funzione, allora la fantascienza esiste da 92. E' insomma nella sua decima decade di vita.

Senza voler indicare e consigliare per ogni decade l'opera migliore, che poi è questione di lana caprina e anche un po' troppo legata all'estetica personale, cerco invece di individuare le opere che possano rappresentare meglio lo spirito di queste decadi succedutesi da allora a oggi.

Gli anni '30.
Un'odissea marziana.
L'avventura umana di Stanley Weinbaum si esaurisce in un paio d'anni: nel 1934 fa il suo esordio sulla scena fantascientifica, alla fine del 1935 muore per un tumore al cervello. In quei due anni pubblica una manciata di storie che cambiano radicalmente l'inerzia dell'"estetica" della sf e ispirano tutti i grandi autori che negli anni successivi faranno virare il genere dall'avventura pura a tutti gli sviluppi che avverranno successivamente. L'odissea marziana è la prima e la più d'impatto di quelle storie, la storia che ha reso adulta la fantascienza.




So che ha avuto un'influenza enorme... ma a me decisamente non ha detto granché, al punto che al momento ho smesso di leggere da due mesi perché mi ci sono piantato. Per me è troppo datato! [SM=x74996]
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Re: Re: Le Dieci Decadi
Carlo Maria, 15/02/2018 23.49:




So che ha avuto un'influenza enorme... ma a me decisamente non ha detto granché, al punto che al momento ho smesso di leggere da due mesi perché mi ci sono piantato. Per me è troppo datato! [SM=x74996]

Non capisci una mazza [SM=x75014] [SM=x75014] [SM=x75015] [SM=x75014] [SM=x75014]

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Re: Re: Re: Le Dieci Decadi
Juan Galvez, 16/02/2018 05.27:

Non capisci una mazza [SM=x75014] [SM=x75014] [SM=x75015] [SM=x75014] [SM=x75014]

V.






Sei il solito esagerato trombone!
Sai bene che in letteratura fantascientifica, per chissà qual motivo tuttora inspiegabile, condividiamo gli stessi gusti al 99%! Questo semplicemente no: alla fine solo i primi due racconti parlano dell'odissea marziana... sono gradevoli, ma letti a distanza di ottant'anni mostrano la corda.
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Re: Re: Re: Re: Le Dieci Decadi
Carlo Maria, 16/02/2018 17.48:




Sei il solito esagerato trombone!
Sai bene che in letteratura fantascientifica, per chissà qual motivo tuttora inspiegabile, condividiamo gli stessi gusti al 99%! Questo semplicemente no: alla fine solo i primi due racconti parlano dell'odissea marziana... sono gradevoli, ma letti a distanza di ottant'anni mostrano la corda.

Un certo margine di invecchiamento è inevitabile, soprattutto dal punto di vista stilistico (della traduzione italiana...), ma il personaggio dell'alieno resta ancora oggi paradigmatico di come dovrebbe essere sempre un alieno: alieno!

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Le Dieci Decadi
Le cose possono sempre osservarsi da un altro punto di vista – e attraverso mezzi diversi. Per cui ecco un’illustrazione alternativa delle dieci decadi della sf, attraverso dieci autori differenti e dieci opere differenti.

Gli anni ’20.
Il pianeta dimenticato.
Le prime due delle tre novelle che compongono questo “romanzo” vennero pubblicate rispettivamente nel 1920 e nel 1921, quando il termine science fiction forse non era neppure nella mente di Gernsback, e il loro autore, Murray Leinster, era quasi agli esordi. Leinster rimase un autore molto amato fino al termine della sua carriera, negli avanzati anni ’60, e fu un autore realmente seminale: forse la metà dei grandi temi della sf li affrontò lui per la prima volta. E se non con grande stile, di sicuro lo fece con estrema sagacia. Le sue cose migliori le scrisse probabilmente negli anni ’40, tuttavia quest’opera che in qualche modo inaugura il planetary romance moderno resta notevole per sense of wonder e capacità di avvincere affascinando: avventura purissima, alla grande. A trent’anni dalle prime due novelle Leinster ne aggiunse una terza, per la pubblicazione in volume come romanzo, completando molto bene la sua opera.

Gli anni ’30.
L’isola degli irragionevoli.
Se i Thirties furono per la fantascienza gli anni del trapasso dalle avventure spaccastelle di Doc Smith, Campbell, Williamson e Hamilton alle storie più profonde sociologicamente e accurate scientificamente dei vari Asimov, Heinlein, Simak, Del Rey o ancor più evolute stilisticamente e contenutisticamente di Sturgeon e Leiber – e se il trapasso fu innescato da Weinbaum – tuttavia colui che più e meglio di tutti seppe incarnare tutte le anime di quel decennio di crisi profonda sfociato nella guerra fu proprio uno degli squassagalassie: Edmond Hamilton. Nei romanzi Hamilton si produsse in una forsennata serialità puramente commerciale, ma nei racconti si ritagliò spesso il lusso di scrivere con ben altri intenti e risultati. E ben prima di Weinbaum, Simak, Heinlein o Asimov. Questo racconto del 1933 è uno degli esempi migliori, unendo estrapolazione sociologica, una genuina vena romantica, gusto per l’avventura e un sano anticonformismo nei confronti della tecnocratica cultura americana imperante.

Gli anni ’40.
Nervi.
Sin dal titolo (in italiano spesso banalizzato in Incidente nucleare) questa novella del 1942 di Lester Del Rey introduce la tensione del decennio di guerra. Ma la tensione è solo uno degli aspetti di una delle opere più mature del suo autore: il tema, quello dell’energia nucleare (per altro qui per scopi civili) era all’epoca di assoluta attualità, e illustrava a perfezione l’avvenuto slittamento della frontiera fantascientifica dall’avventura colorata di scienza alla riflessione ponderata su temi scientifici e sociali. Coniugare sense of wonder ed estrapolazione il più rigorosa possibile era la sfida del tempo, e Del Rey qui mostra la via maestra per riuscirvi, unendo uno stile asciutto e funzionale e un argomento di forte presa emotiva e intellettuale. In seguito, negli anni ’50, espanse la novella in romanzo.

Gli anni ’50.
La Città e le Stelle.
Se i Fifties videro, nell’ambito della sf di genere, il forte vagito della social science fiction, l’irrompere di Dick, il trionfo dell’eretico Bradbury, la paranoica paura dell’Altro, essi videro nondimeno la stagione più matura di quella “rivoluzione tecnologica” iniziata da Campbell alla fine degli anni ’30. Questo romanzo di Arthur Clarke del 1956 è in questo senso emblematico, assemblando in un’unica grandiosa avventura concettuale la gran parte delle più mature tematiche della fantascienza “hard”, quella basilarmente scientifica, con un afflato cosmico che riprende l’avventura ingenua degli anni ’20 e ’30 mostrando quali ne fossero le potenzialità intellettuali allora in nuce e qui ormai pienamente sviluppate da un intellettuale-scienziato visionario e lucido.

Gli anni ’60.
Solaris.
Siamo all’alba del decennio che vedrà l’Uomo coronare il sogno di uscire dai confini del pianeta e giungere sulla Luna; che vedrà artisti e figli dei fiori “espandere la coscienza” con LSD e altre droghe, dando seguito alle sperimentazioni di Timothy Leary; che vedrà esplodere la contestazione in un cortocircuito di incomunicabilità intergenerazionale come forse non mai; che vedrà il cinema di Antonioni esplorare l’incipiente nostra contemporaneità e i suoi mali dell’anima: l’incapacità di comunicare, il disagio di vivere, il sentimento di alienazione che pervade le esistenze degli individui-monadi. È il 1961, e Stanislaw Lem, eccentrico rispetto al canone anglosassone della sf, mette sulla carta più o meno tutto questo, mostrando come il pianeta più alieno di tutti sia infine ancora l’essere umano: sconosciuto, inconoscibile, remoto a espansioni di coscienza. In ultima analisi inattingibile: diversamente dalla Luna, eppure come la Luna superficialmente attinto in un decennio velleitario.

Gli anni ’70.
Codice 4GH.
Se i Seventies sono stati il laboratorio sociale dove venne progettata nei particolari la società che le forze profonde della reazione stanno portando a compimento per riportare l’orologio della storia sociale all’aristocrazia feudale, il romanzo di John Brunner, l’ultimo cronologicamente dei suoi maggiori, ne dà rappresentazione accurata e memento, illustrando nel 1975 un mondo terribilmente simile al nostro attuale, fornendo al contempo anche un messaggio di speranza. Per molti versi, oltre a essere una straordinaria estrapolazione sociologica, nel solco delle grandi utopie/distopie britanniche di qualche decennio addietro, questo romanzo può anche essere considerato come il primo vero cyberpunk. Con la Rete come la conosciamo ancora di là da venire, la visionarietà di Brunner ne forniva un’anticipazione per molti versi inquietante.

Gli anni ’80.
The Jaguar Hunter.
Lucius Shepard ha scritto racconti e romanzi splendidi fino alla sua morte nel 2014; non vi è dubbio però che siano stati soprattutto gli anni ’80 ad averlo tra gli autori più prolifici e significativi, in un decennio difficile e frastagliato, sotto la cui patinatura quelle forze profonde di cui scrivevo prima lavoravano alacremente per sfaldare la coesione sociale delle classi medie e produttive occidentali. E Shepard seppe interpretare quegli anni magmatici e ambigui come pochi altri davvero. Questa sua antologia del 1987, sicuramente uno dei libri più importanti della fantascienza anni ’80, non è mai stato tradotto da noi nella sua interezza. Sono tuttavia stati pubblicati in ordine sparso otto dei dodici racconti e novelle che la compongono, tra i quali Salvador, uno dei capolavori maggiori di Shepard, e storia paradigmatica sia del periodo storico, con le sue guerre sporche e la pervasività delle droghe, il controllo sociale che si voleva (e vuole) perseguire attraverso di esse, sia dello stile dell’autore.

Gli anni ’90.
L’alba della notte.
Il crollo dell’ordine bipolare conduce nel corso del decennio all’affermazione di quel nuovo ordine edificando, che procede speditamente verso… verso un definitivo compimento o verso il baratro, chissà. Sono anni di riflusso, per molti versi, anni di restaurazione sociale ed economica mascherate dall’accelerazione vertiginosa dell’innovazione tecnologica. Per la fantascienza sono (anche) gli anni del riaffacciarsi della space-opera – naturalmente una space-opera molto diversa, molto più complessa e matura dell’avventura anni ’30. La colossale trilogia dell’Alba della Notte di Peter F. Hamilton, pubblicata tra il 1996 e il 1999 (Urania l’ha edita in dieci volumi), ne rappresenta uno degli esempi migliori, con la lussureggiante complessità degli scenari coinvolti, delle razze raffigurate, delle descrizioni umane e sociali, che mostrano un’umanità magari avanzatissima tecnologicamente, ma socialmente molto simile a quella che conosciamo…

Gli anni ’00.
Morire per vivere.
Primo romanzo di una serie abbastanza lunga, primo romanzo del suo autore, Old Man’s War prosegue in qualche modo il ritorno alle origini perseguito già dalla nuova space-opera. Il debito con Robert Heinlein è riconosciuto e rivendicato da John Scalzi, che con questo libro del 2005 riprende e aggiorna a un’epoca ormai a noi contemporanea l’epica (e l’antiepica) militare che fu appunto di Heinlein (e di Joe Haldeman). Ingegneria genetica, tecnologia avanzatissima, proiezione del bellicismo anglosassone, e poi l’eterna, immanente presenza del nemico: l’Alieno. L’America di Bush e poi di Obama vi si rispecchia, con le sue guerre in giro per il mondo contro tutto e tutti, guerre dichiarate e non dichiarate, guerre alla luce del sole e guerre sotterranee.

Gli anni ’10.
Trilogia del Area X.
Jeff VanderMeer incarna alla perfezione la figura dell’autore di sf della generazione attualmente “al potere”: cosmopolita, colto e sofisticato, svaria trovandosi perfettamente a suo agio nei territori della fantasy come in quelli della fantascienza meno accessibile, metafisica; spingendosi poi fino al cinema. I tre scarni romanzi, pubblicati nel 2014, che compongono quella che in italiano è stata denominata trilogia dell’Area X rappresentano un esempio perfetto di fantascienza d’avanguardia contemporanea: sedute di psicanalisi e disperata ricerca di autoconsapevolezza più che racconti narrativamente coerenti, sono una immersione in un inner space ballardiano aggiornato ai nostri giorni. Vinta l’asperità di lettura, superate le difficoltà di interpretazione, quanto resta è un viaggio ai limiti estremi della percezione, con il rischio che la realtà coincida con la realtà che percepiamo. O forse che ciò che percepiamo sia un fantasma privo di qualsiasi realtà.

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Opera ancora giovanile del grande Jack (nella sua concezione: questa è l'edizione ampliata, del 1964), Le Case di Iszm presenta la gran parte dei temi che poi Vance approfondisce nelle sue opere maggiori (in particolare la fondamentale tematica ecologica), mescolandoli con le suggestioni del mito del trafugamento del segreto della seta dalle grinfie del Celeste Impero. Trovandolo sulla classica bancarella vale decisamente la pena acquistarlo.

V.



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Grazie Juan per questi sempre preziosi consigli, ma... cercare immagini un po' più piccole? [SM=x74970]

(es. da gugol immagini --> strumenti --> dimensioni --> medie)


Sash



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Re:
Sashimi, 14/04/2019 18.10:

Grazie Juan per questi sempre preziosi consigli, ma... cercare immagini un po' più piccole? [SM=x74970]

(es. da gugol immagini --> strumenti --> dimensioni --> medie)


Sash




Hai ragione, sto aspettando di scavallare la pagina :-DDD

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Jacek Dukaj

Lo metto qui, giusto pour parler. Anche se dal nome sembra più ceco o slovacco, è polacco e se non si sa la lingua non c'è nulla da fare: in italiano sono usciti solo una raccolta di tre racconti e il romanzo d'esordio che è praticamente uno juvenilia, entrambi comunque sconosciuti persino al mitico "vegettalogo"(!); e in inglese si trova anche meno.

Scoperto sull'ultimo numero della rivista "IF" dove c'è un lungo articolo, scritto da un docente di italianistica a Varsavia, che esamina tutta quanta l'opera: ma anche cercando rapidamente in rete - presso quei pochi che ne hanno contezza - sembra emergere la figura di un vero peso massimo.

Il capolavoro dovrebbe essere Perfekcyjna niedoskonalosc (Perfetta imperfezione). Qui la pagina wikipedia, qui una disamina, entrambe in inglese.


Sash
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Re: Jacek Dukaj
Sashimi, 14/09/2019 20.14:


Lo metto qui, giusto pour parler. Anche se dal nome sembra più ceco o slovacco, è polacco e se non si sa la lingua non c'è nulla da fare: in italiano sono usciti solo una raccolta di tre racconti e il romanzo d'esordio che è praticamente uno juvenilia, entrambi comunque sconosciuti persino al mitico "vegettalogo"(!); e in inglese si trova anche meno.

Scoperto sull'ultimo numero della rivista "IF" dove c'è un lungo articolo, scritto da un docente di italianistica a Varsavia, che esamina tutta quanta l'opera: ma anche cercando rapidamente in rete - presso quei pochi che ne hanno contezza - sembra emergere la figura di un vero peso massimo.

Il capolavoro dovrebbe essere Perfekcyjna niedoskonalosc (Perfetta imperfezione). Qui la pagina wikipedia, qui una disamina, entrambe in inglese.


Sash

Sì, in italiano Dukaj resta - purtroppo - sostanzialmente uno sconosciuto. Ma in Italia credo arrivi il 10% scarso di quanto di interessante si pubblica nel mondo, anche di grandi maestri rconosciuti come Delany e Spinrad non si pubblica nulla da lunghissimo tempo.

Quanto al vegettalogo, con la morte di Ernesto non è più stato aggiornato.

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Re: Jacek Dukaj
Juan Galvez, 9/15/2019 9:05 PM:


Quanto al vegettalogo, con la morte di Ernesto non è più stato aggiornato.



Ah, pensavo che qualcuno continuasse ad aggiornare il database. Peccato.

Sash


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