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[Libri - Harry Potter] "Kingdom of Nowhere" di Mariacarla

Ultimo Aggiornamento: 11/03/2006 14:22
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11/03/2006 14:22
 
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Autore:Mariacarla
Titolo: Kingdom of Nowhere
Personaggi: Voldemort, Lucius Malfoy, Severus Piton, Draco Malfoy, Bellatrix
Genere: Dark, Drammatico, Mistero
Capitoli: One-shot in 14 brevi capitoli
Rating: G
Avvertimenti: AU

Riassunto dell'autore: La lotta tra due possibili Dark Lord... come sul palco di un teatro...



Non è una fiction, questa, è più una lirica malinconica e sognante i cui personaggi escono dai libri di JK Rowling e subito si trasformano, muovendosi in uno scenario totalmente diverso fino a perdere la loro identità per assumere una fisionomia originale, mentre i loro nomi svaniscono nel nulla di quel Regno di Nowhere, intraducibile ma assolutamente fantastico, a ricordare l’Isola Che Non C’è, dove fantasia e realtà si fondono alla perfezione su uno splendido palcoscenico che è quella geografia indistinta, nel Mare del Nord, sul Capo Nero dove sorge l’ardita e dimenticata Fortezza, protetta alle spalle dalla Foresta del Tempo, dove vola sicuro lo splendido ed originale sogno di Mariacarla.
Davanti alle nere mura della fortezza solo il vento ed il mare, con le sue Sirene, macabre creature che danzano con i figli strappati alla terra.
Splendide frasi che mutano in poesia e raccontano di “recite di spettri, spettri che combattevano sulla linea dell’orizzonte, una battaglia senza possibilità di vittoria” … “con i suoi stendardi di velluto cremisi, intinti nel sangue del nemico”.
Ma le parole si mutano presto in immagini, che escono vivide dalla nebbia, in splendide allegorie in cui il mantello di Severus, gonfiato dal vento, si trasforma nelle ali di un corvo che cerca disperatamente di dominare la tempesta del suo animo tormentato.
La nenia triste delle Sirene subito cattura il lettore, come le creature marine, con corone intrecciate d’alghe nero, incoronano gli annegati che il mare reca loro in dono.
Nei pensieri di Severus si scorge il passato, recente e remoto, una strada persa e forse mai del tutto ritrovata, un sacrificio lontano rinnovato da uno vicino ed i brividi dell’antica canzone che fluisce dalle onde nere portando con sé il ricordo mai sopito di sconosciuti affetti ad altri regalati e protetti.

Con il lento fluire della storia i nomi dei personaggi della Rowling si perdono ed i loro visi sfumano nel sogno fantastico dell’autrice. Rimane la nenia delle Sirene a blandire il mago dai lunghi capelli neri, promettendogli il desiderato oblio dai sui peccati, e decorazioni di bianco corallo per la sua pallida pelle mortale.
La trama racconta di una congiura ordita contro il Re Nero, di piani di conquista studiati tra pareti di rosso broccato, ma ci sono catene bianche a trattenere ora la sua bella sposa. Il Re Bianco non urla nel suo ultimo targico volo, mentre il figlio paga le sue colpe e reitera il sacrificio già avvenuto.
Ed il coro delle Sirene sullo sfondo muta la storia in antica tragedia, racconto d’un uomo non morto e di regole antiche profondamente violate dall’amore.
Altri personaggi popolano la storia, ma questa volta senza nome, per una Sorella dai capelli di inchiostro, “Sacerdotessa di un Dio che non ti guarda”, appropriata Regina Notturna che impugna la sua Spada di Cristallo, ma il cui cuore è chiuso “nella scatola bianca delle mani del Re Nero”. Così il lamento del suo Sposo, amato e trascurato per occhi di fuoco che non sanno vedere l’amore, fa da sfondo, con il coro greco delle Sirene, in una preghiera che sgorga dal cuore: “Dammi, dammi, dammi il tuo amore segreto! Non spegnerò più le stelle per imprigionarti nel buio con me… ma dammi il tuo amore segreto, e porterò con me le tue colpe di ghiaccio e di sangue!”
Nel 6° atto di questa intensa tragedia troviamo occhi che non sanno, o non vogliono vedere l’anima, occhi d’un Re Nero che cerca il suo Regno oltre i confini della realtà materiale, un Re la cui “pietà per i figli e per le madri è la pietà di chi spegne le stelle…”La storia prosegue, tragica e bella, sogno ed incubo irreale, in un mondo incantato, irreale nella sua profonda e simbolica realtà.
Preghiera struggente e desiderio d’oblio per il biondo ragazzo che suona il flauto, il cui “dolore è come un ricamo di perle nere sulla seta scarlatta del suo cuore”.Poi il volo improvviso dell’Angelo Corrotto, in bilico “sulla soglia del nulla”, alla ricerca di “un Inferno per lenire la sua sete di Regno.”
Ma il figlio non può seguire l’Angelo Caduto nel suo maestoso volo di morte, legato com’è alla Madre prigioniera dalla sua “nera catena della responsabilità”
“E che fosse maledetto quel figlio condannato alla vita.”Ancora una volta è il canto corale delle Sirene a sottolineare la tragedia che si muta nella speranza di quel volo apparentemente impossibile, volo di bianco gabbiano che può “vivere senza tutti gli orpelli della coscienza stessa dell’essere esseri viventi.”
Nell’ottavo atto di questa splendida tragedia ancora canto e poesia struggente per questo mago nero, sacerdote instancabile che veglia nella notte un braciere di sanguigne verità. Il suo mantello nero ondeggia nell’aria calma sospinto dalla tempesta del suo cuore che ricorda il passato ed ha letto il futuro.
“Lui è il mago. L’elemento che preesiste, e quello che esiste dopo.
Uomo sì, e albero. Vita di molte vite.
Se non avesse tradito la vita…
Legato al suo Nero Sovrano da giuramenti blasfemi.
Ancora incatenato, una vita per una vita.
Ascolta la musica e la voce della notte.
Lui sa.”

Nel 9° atto vi è la splendida metafora di quel palco illuminato eppure oscuro, dove gli attori portano maschere pesanti, che li soffocano e stravolgono i loro lineamenti, e dove i danzatori si feriscono i piedi. Scorrono lacrime di dolore su quel palco, ma nessuno le vede, se non i protagonisti da dietro le loro maschere che tutto distorcono.
Ma il pubblico di ombre non comprende, banchettano con gli avanzi, applaudono o gridano insulse maledizioni, mentre i particolari veramente importanti sfuggono ai loro occhi che non sanno vedere ed il tempo si tramuta in polvere di stelle. Il pubblico applaude ma non intende le urla di dolore del Re Nero e del Re Bianco. Loro urlano per farsi ascoltare: urlano insulti intrisi di dolore, eppure non si comprendono, accecati dai loro terreni egoismi. Il Re Bianco è scagliato dal dirupo e sembra per sempre perduto. E’ rimasto solo il Re Nero, vittorioso sul proprio dolore. Eppure torna il Re Bianco, cui il Nero Sovrano ha teso la mano pietosa, risale sul palco per un 2° atto della tragedia della Vita che, forse, non avrà fine.

Un nuovo inizio da vero incubo in cui “il buio s’era fatto nube, e scivolava come in un vortice oscuro sull’oceano”, poi quella nave spettrale che esce dai gorghi neri e la spaventosa descrizione della sua polena rendono spasmodica l’attesa per il ritorno del Re Bianco. Ed agghiacciante è il sibilo del Re Nero che gli porge il benvenuto.
Ma la voce del Re Nero è solo vento… vento. Fa paura il vento?
Una lunga serie di immagini dolorose ed intense si susseguono veloci.
“il padre poteva perdonare il suo gesto pure guidato dall’amore?!
Uccidere per amore… uccidere il padre amato per salvare la madre amata…”

E ancora torna il canto delle Sirene, vero e terribile, a raccontare di una scelta crudele, che non contempla salvezza: “Chi vorrebbe compiere questa scelta?! Chi tra i mortali, o tra gli Immortali accetterebbe di corrompere a tal punto la propria anima in una scelta così crudele, crudele in ogni senso e crudele in ogni direzione…”.
Il Re Nero non si difende perché “doveva assaggiare la coppa della vita, ed il suo sapore spaventato.”
“Ed il figlio vittima e carnefice…”
Un volo di gabbiano, come a cercare una vita diversa, staccata dalla terra, ultraterrena. Una vita in cui l’autrice fortemente crede, per quel figlio, vittima e carnefice allo stesso tempo.
Il canto delle Sirene, ormai ben conosciuto fin dal primo capitolo, rimbomba nelle orecchie:
“Una vita per una vita… una vita per una vita… se non dovessi restare a proteggerla sarei saltato con te nell’abisso gorgheggiante…”.
Di nuovo l’intermezzo corale delle Sirene, un lungo canto che mette i brividi, un messaggio difficile da comprendere ed accettare e che fa paura…
Ed i sacerdoti abbandonati dal loro Re Nero piangono sangue, sgomenti e sconfitti.
“Il potere di dare la morte… e morire?”
Lo stupore della lettura continua; non “l’agghiacciante stupore del cielo di fuoco” e nemmeno quello di vedere il Re Nero descritto come “un demone disperato, un angelo corrotto… una mescolanza di purezza infinita e di perversione inaccessibile. La fiamma dell’inferno tra le nubi pallide del paradiso”. Non è lo stupore per la sua caduta, ormai attesa e preannunciata, né per la stolta vittoria del Re Bianco su una Fortezza distrutta.
Lo stupore è per quello “squarcio di cielo non nero. Non nero come quello che, simile ad una cappa, aveva gravato sulla Fortezza.”, per quella morte che libera “il sommesso suono della vita.”
E lì, “Lì giaceva il Re Nero. Il viso più bianco della Luna d’argento. Le mani strette sull’erba verde, e gli occhi aperti su un mondo sconosciuto e segreto.”
Nel tredicesimo atto, invece, non c’è più stupore ma solo dolore. Se la caduta del Re Nero si è trasformata in vita sotto i miei occhi stupiti, sapevo bene, invece, che la vittoria del Re Bianco si era già trasformata in tragedia di morte. Solo lui, gli occhi annebbiati dalla vendetta e dal potere, solo lui non l’aveva ancora capito.
Un volo di gabbiano ed una torre crollata, un perdono mai chiesto e mai dato. Ed il tetro vascello senza speranza torna al suo mare nero.
Infine si arriva alla splendida conclusione, al capitolo della Rinascita, nella Foresta del Tempo, tra antiche divinità che si fanno donne ammantate di verde. Il Re Nero assapora la vita vera e forte del bosco mentre davanti ai suoi occhi si compie l’infinito miracolo della Vita, ben superiore a quello della semplice magia.
E mentre il re Nero stringe tra le sue lunghe dita la fertile Terra, Nutrice di Vita, il Re Bianco stringe, disperato, solo la Morte tra il canto delle Sirene.
Il Re Nero deve rinunciare al suo Mare Oscuro, mentre il Re Bianco urla la sua dolorosa e totale sconfitta.
I servi del Re Nero diventano, per loro desiderio, i nuovi servi della Terra e nelle mani del Nero Sovrano la mela torna seme nell’ineluttabile miracolo della Vita. Corona d’edera per il Re Nero, nel rifiorire di vita.
Poi solo piango con il Re Bianco, onda nel mare, gabbiano nel vento, luce nel mattino. Il miracolo della vita ha graziato anche lui, ed ha ritrovato tutto ciò che aveva perduto, il Bianco Signore, dopo aver compreso, nel solitario dolore, il suo errore.

Una splendida e lirica storia, un dolce messaggio di speranza, un indimenticabile inno alla vita.

Grazie Mariacarla.

Ida

[Modificato da Ida59 03/07/2006 12.05]



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