CONSIGLIO DIRETTIVO ALI DI SCORTA

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mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:37
Medici

Un anno dopo…


E’ trascorso un anno dall’inizio della mia esperienza nel Reparto di Neurochirurgia Infantile del Policlinico A. Gemelli di Roma. Non sono entrata sola all’undicesimo piano. Ero affiancata come oggi d’altronde, dall’Associazione “Ali di Scorta”. Insieme, forti anche dell’esperienza accumulata in un altro reparto pediatrico, abbiamo cominciato ad affiancare il lavoro del personale medico ed infermieristico del reparto, per migliorare la “qualità della vita” dei piccoli pazienti e delle loro famiglie. Questo reparto è l’unico a Roma dove si eseguono esclusivamente interventi neurochirurgici su bambini. Ci sono 14 letti sempre costantemente occupati. La lista di attesa purtroppo è molto lunga, sia il cospicuo numero di pazienti sia per un accesso alla sala operatoria limitato a 2-3 giorni la settimana. I casi urgenti hanno la, priorità. Per urgenti s’intendono, in linea di massima, i tumori cerebrali e i traumi cranici. In questo reparto accedono anche tanti bambini portatori di malformazioni congenite cerebrali, come la spina bifida, l’idrocefalo ecc. Prima di addentrarmi nello specifico, penso che sia necessario descrivere la mia funzione di psicologa all’interno di un reparto ospedaliero, dove le famiglie accedono, non perché hanno qualche problema psicologico, bensì per far curare il bambino da una malattia organica. Dall’esperienza mia e di colleghi più esperti, in altri reparti pediatrici, ho consolidato l’idea che se uno psicologo si propone in maniera tradizionale, ovvero in una stanza-studio, con un linguaggio simbolico-interpretativo, con una scansione temporale degli incontri, ha poche possibilità di svolgere una funzione terapeutica. Ciò è dovuto principalmente alla mancanza di domanda di aiuto da parte di queste famiglie. L’atteggiamento iniziale delle famiglie nei confronti dello psicologo è spesso di distacco, per il timore di essere giudicati e valutati come individui e soprattutto come genitori. E’ per superare questa paura e stereotipo associato spesso alla mia professione, che mi propongo in maniera molto informale. Questo non per bluffare, bensì per il rispetto della sofferenza dei genitori e del bambino. La mia entrata nella famiglia avviene in punta di piedi. Giorno dopo giorno mi propongo come accompagnatore del lungo viaggio della malattia, con l’obiettivo, in primis, di contenere l’angoscia provocata dall’avere un bambino gravemente malato. Non ho bacchette magiche per risolvere i problemi, ma attraverso la condivisione, è possibile alleggerire il peso psicologico della malattia. Poi, con il trascorrere dei giorni, quando i genitori si sentono più rassicurati nei miei confronti, mi permetto di addentrarmi, sempre con rispetto e con il loro permesso, nelle modalità relazionali familiari. E’ in questa fase che le problematiche si differenziano secondo la malattia del bambino. Da una parte, abbiamo le patologie che evocano un’angoscia di morte, dall’altra quelle che comportano un handicap permanente. Di fronte ad una patologia tumorale, che colpisce un bambino fino ad allora sano, le difficoltà nascono principalmente dai seguenti temi: cosa dire al bambino o adolescente riguardo alla malattia, come vivere nell’incertezza della prognosi, la diversità tra marito-moglie-figli nel convivere con la sofferenza, cosa dire ai fratelli, come gestire la separazione e l’assenza prolungata da casa, ecc. In neurochirurgia si assiste essenzialmente alla fase della diagnosi della malattia tumorale. Lo shock, l’incredulità, la disperazione, la sensazione di non farcela, sono sentimenti inevitabili. Il mio compito è di porre le basi affinché la famiglia possa imparare a gestire la malattia. Diverse sono le difficoltà che le famiglie devono affrontare con un figlio affetto da una patologia congenita ed invalidante. In molte di queste famiglie, il tempo si è fermato e tutto ruota attorno alla malattia che crea un arresto del processo di sviluppo. Questi bambini hanno bisogno di una costante assistenza e di una neuroriabilitazione quotidiana. La fase di shock, avviene in genere, al momento della nascita del bambino e i sensi di colpa, di iperprotettività o di negazione, possono ostacolare il raggiungimento di un nuovo equilibrio. Accanto a questi vissuti della malattia, le difficoltà lavorative, economiche sono molto frequenti. I genitori, inoltre, si trovano ad affrontare anche l’impatto con termini medici, nuovi e incomprensibili. A volte, la sudditanza che la famiglia prova nei confronti del medico può far aumentare la confusione e l’ansia. In questi casi, la mia funzione sarà quella di mediare tra la cultura medica e quella della famiglia, aiutando il genitore a capire meglio e incoraggiandolo a non temere di fare domande chiarificatrici ai medici. Dopo un anno di lavoro c’è la voglia di fare qualcosa di nuovo per superare tanti limiti che si presentano tutti i giorni. Il tempo da dedicare ai bambini e ai loro genitori non è mai sufficiente. Diverse volte entro in contatto con ragazzi intenzionati a spendere alcune ore nell’intrattenimento dei bambini. Faccio riferimento a ragazzi e ragazze perché da esperienze passate si è evidenziato che questi sono capaci, più degli adulti, a rapportarsi con un bambino mettendo da parte la malattia di cui è colpito. I ragazzi trattano quindi il piccolo paziente come un qualsiasi altro bambino, senza proteggerlo o assecondandolo in tutto, perché malato. Per i bambini diventa un’esperienza da cui ricevere un feedback di normalità. I ragazzi che con entusiasmo si propongono per l’attività ludica in reparto, però, con molta frequenza non continuano questa iniziativa. Mi sono interrogata su questi “abbandoni” e penso che forse sarebbe necessario preparare i volontari, attraverso un piccolo corso, per evitare o almeno ridurre questo fenomeno. Colgo l’occasione per lanciare un appello a chi fosse interessato a questa iniziativa e chiedo l’immancabile partecipazione dell’Associazione “Ali di Scorta”, con l’augurio di volare sempre più in alto.
Dr.ssa Simona Di Giovanni



mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:37
Medici

GLI ANNI DELLA PRIMA INFANZIA (DAL PRIMO AL TERZO ANNO DI VITA):
CENNI SULLO SVILUPPO COGNITIVO E MOTORIO
(Dr.ssa Simona Di Giovanni)

La preoccupazione sui possibili esiti cognitivi e/o motori legati alla presenza di una patologia cerebro-spinale è un pensiero che accomuna molti genitori con un figlio affetto da una di tali malattie. Spesso i genitori mi domandano quanto le acquisizioni raggiunte fino ad allora dal proprio bambino rientra o si discosta dallo sviluppo di un bambino coetaneo sano. Questo articolo prende quindi spunto da questa esigenza dei genitori di conoscere i parametri di riferimento entro cui osservare e leggere lo sviluppo del proprio figlio. Se per alcuni è doloroso vedere che il proprio bambino è indietro rispetto alle normali tappe dello sviluppo, per altri, la precocità e la versatilità d’ingegno vengono vissute come compenso rispetto alla patologia che assume sempre più un aspetto alchemico.
Gli anni della prima infanzia (da 0 a 3 anni di età) sono caratterizzati da cambiamenti rapidi.
Dal punto di vista motorio, le abilità grossolane si sviluppano rapidamente durante la prima infanzia. La maggior parte dei bambini cammina senza aiuto entro i 18 mesi, per poi camminare sempre più rapidamente con meno cadute. A circa 36 mesi, il bambino sviluppa l’equilibrio e si poggia brevemente su un piede solo. La progressione delle capacità di avvicinarsi ad un piccolo oggetto, di coglierlo e di manipolarlo è il risultato del miglioramento delle abilità di motricità fine.
Da un punto di vista cognitivo, la prima infanzia è caratterizzata dal passaggio dal pensiero sensomotorio al pensiero simbolico (fra i 18 e i 24 mesi). Durante il periodo sensomotorio il bambino assimila gli elementi dell’ambiente soprattutto mediante il tatto, l’osservazione e l’ascolto. Fino ad un anno, i comportamenti del bambino sono finalizzati alla conservazione delle condotte: il bambino trascura ciò che vi è di nuovo nelle cose e negli avvenimenti e cerca sempre di assimilarli ai vecchi schemi. Ma, a partire dai 12-18 mesi, il bambino diventa capace di cercare e scoprire mezzi nuovi mediante una sperimentazione attiva dei propri spostamenti e dei rapporti che esistono tra gli oggetti come tali. La ricerca di un oggetto precedentemente nascosto avviene ancora seguendo gli spostamenti visibili delle posizioni in cui l’oggetto è stato effettivamente visto. Sia gli oggetti sia le persone vengono concepiti d'ora in poi come fonti permanenti e autonome di azioni. Il bambino impara a dissociare il suo io dal mondo esterno. La sua azione diventa semplicemente una causa tra le altre cause esterne indipendenti da sé e smette di concepire la propria attività come centro del mondo.
Un bambino di 18 mesi di abilità medie può fare una torre di quattro cubi. Dopo circa un anno a seguito della ripetizione del gioco e con un maggior controllo, il bambino ne potrà impilare otto. La maggior parte dei bambini ad un anno e mezzo mostrano interesse per i pastelli e potranno prenderne uno con la mano chiusa a pugno per scarabocchiare spontaneamente su una superficie, con l’obiettivo di lasciare una traccia. Ma solo attorno ai tre anni il bambino apprende a tenere correttamente il pastello in mano per disegnare un cerchio. Fra i tre e i quattro anni il bambino cerca di raffigurare qualcosa, in genere una persona, anzi la persona, perché con un unico schema grafico rappresenta chiunque.
Dai due anni in poi il bambino accede all’intelligenza rappresentativa attraverso il pensiero simbolico, man mano che diventa capace di formare immagini mentali (e quindi di evocare un aggetto anche in sua assenza) e a risolvere problemi mediante tentativi ed errori mentali. Dai 18 mesi il riconoscimento da parte del bambino che un oggetto può rappresentarne un altro diventa molto esplicito nel gioco. Un cubo può diventare una macchina e un secchio un cappello. Sempre a quest’età il bambino usa anche simboli o azioni per imitare eventi passati. Per esempio, ore dopo che ha visto la mamma cucinare, il bambino può iniziare a imitare l’evento con le sue pentoline giocattolo.
In questo periodo diventa possibile una rievocazione vera e propria della sua azione tra gli altri avvenimenti, collocandola in un tempo che determina il ricordo della propria attività. Inoltre, ora che ha raggiunto la permanenza completa dell’oggetto, può trovare un oggetto nascosto nonostante non abbia assistito al momento in cui è scomparso l’oggetto. Il bambino quindi prevede in anticipo quali azioni avranno successo e quali falliranno e la sua ricerca non ha più bisogno di essere controllata ad ogni tappa dall’esperienza ma viene guidata a livello di combinazione mentale. Egli modifica dentro di sé la cosa che guarda per raggiungere delle soluzioni non visibili del suo campo visivo, per esempio, ingrandire in anticipo una fessura per togliere un oggetto nascosto.
Tuttavia attorno ai 3 anni, il bambino rimane incapace di adottare il punto di vista di un’altra persona, continuando a considerare il mondo in maniera egocentrica e dando per scontato che gli altri la pensino e sentano le cose esattamente come lui.
Vorrei concludere questa rapida carrellata sullo sviluppo cognitivo e motorio della prima infanzia, (omettendo volutamente un’area importante, quella del linguaggio che tratterò nel prossimo numero del giornalino), sottolineando l’importanza del gioco per la crescita del bambino. Il gioco e l’attività di imitazione che lo caratterizza, consentono un processo di interiorizzazione e quindi di formazione dell’immagine mentale dell’oggetto esterno, fondamentali per la nascita dell’intelligenza e della costruzione della realtà del bambino.


MOTRICITA’

GROSSOLANA
MOTRICITA’

FINE
ABILITA’

SOCIALI/EMOTIVE
CAPACITA’

INTELLETTUALI

18 MESI 18 MESI 18 MESI 18 MESI
Cammina rapidamente

Cade di rado

Corre rigidamente

Sale le scale tenendosi con una mano

Si siede in una seggiolina

Si arrampica su una sedia per adulti

Tira una palla


Costruisce una torre di quattro tubi

Fa cadere 10 cubi in un contenitore

Scribacchia Spontaneamente

Imita un tratto verticale

Infila tre cubi in una
tavola a stampo
Si toglie un indumento

Si alimenta da solo e rovescia il cibo

Offre un piatto vuoto

Abbraccia una bambola

Tira un giocattolo




Indica parti del corpo nominate

Sviluppa una comprensione della permanenza dell’oggetto

Inizia a capire causa ed effetto

24 MESI 24 MESI 24 MESI 24 MESI
Corre bene senza cadere

Sale e scende le scale

Da calci al pallone








Costruisce una torre Di sei o sette blocchi

Allinea due o più cubi per formare un treno

Imita un tratto orizzontale con la matita

Comincia a fare segni circolari

Inserisce un blocco quadrato in una scatola di performance
Usa un cucchiaio rovescia poco cibo

Segnala a voce il bisogno del bagno

Si mette un indumento semplice

Verbalizza esperienze immediate

Si riferisce a se medesimo per nome




Forma immagini mentali di oggetti

Risolve problemi per tentativi di errori

Comprende un semplice concetto di tempo







36 MESI 36 MESI 36 MESI 36 MESI
Sale le scale alternando i piedi

Cammina bene sulle punte

Pedala su un triciclo

Salta da un gradino salta due o tre volte
Copia un cerchio

Copia i ponti con i cubi

Costruisce una torre di 9 o 10 cubi

Disegna la testa di una persona
Si preoccupa delle azioni degli altri

Gioca in maniera cooperativa in piccoli gruppi

Sviluppa l’inizio delle vere amicizie

Gioca con amici immaginari
Chiede “perché”

Comprende la routine quotidiana

Apprezza eventi speciali quali i compleanni

Si ricorda e recita poesie per bambini

Ripete tre numeri








mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:38
Medici

COMBATTERE LA GRANDE “C”
Un’esperienza inglese nel mondo dell’Oncologia Pediatrica
(Dr.ssa Simona Di Giovanni)

In Gran Bretagna, ogni giorno a 5 bambini viene diagnosticata un malattia tumorale. A Londra, città che conta un totale di abitanti pari a quelli di Roma e di Milano messi insieme, ci sono quattro centri di Oncologia Pediatrica: The Royal Marsden Hospital, The Great Ormond Street Hospital for Sick Children, The University College Hospital e The Royal London Hospital. Ogni centro ha la sua associazione (Charity) di genitori di bambini malati di cancro, che lavora a fianco di altre associazioni operanti a livello nazionale.
Quelle più direttamente impegnate nell’ambito pediatrico sono: la CLIC – (Cancer and Leukaemia in Childhood) e la Sargent Cancer Care for Children. Oltre a queste ci sono più di 50 associazioni, che pur rivolgendosi prevalentemente al malato adulto, si occupano anche di bambini.
Tutte hanno come obiettivo l’informazione e il sostegno emotivo e finanziario al malato e alla sua famiglia.

L’informazione
La parola d’ordine di queste associazioni è l’informazione. E’ possibile trovare con grande facilità opuscoli riportanti un elenco di tutte le associazioni a sostegno del malato di cancro e della sua famiglia.
L’importanza della divulgazione dell’informazione nasce come risposta ad un bisogno di sapere e di comprendere da parte di tutte le persone coinvolte, primo fra tutti il paziente. Infatti, anche il piccolo paziente è a conoscenza della sua diagnosi. In ospedale, nelle sale giochi e nelle stanze di svago per gli adolescenti, ci sono opuscoli per comprendere meglio la malattia, il trattamento e consigli su come affrontare le diverse situazioni cui andranno incontro. Il fatto che i piccoli pazienti siano a conoscenza della propria diagnosi permette agli operatori di affrontare apertamente le paure del bambino e dell’adolescente e di aiutarli in modo specifico attraverso diverse attività.
Ogni associazione fornisce agli interessati materiale informativo, volto a far conoscere la malattia da un punto di vista medico, con le sue possibili reazioni psicologiche ed emotive. Le associazioni si avvalgono di giornalini per divulgare ricerche e studi importanti sulla malattia, attività svolte, storie di pazienti e della loro malattia, scambi di informazioni, etc. A richiesta, è possibile ricevere per posta, entro 24 ore, tutto il materiale informativo.
Le associazioni mettono inoltre a disposizione una “helpline”, ovvero una linea telefonica, a cui poter chiamare per ricevere sostegno.

Le pagine Web
Ogni associazione ha il suo sito web, dove è possibile trovare informazioni sulla malattia e sulle associazioni stesse.
I siti Web delle associazioni pediatriche meritano di essere visitati(www.clic.uk.com – www.sargent.org). Appaiono graficamente ben fatti e facili da “navigare”. Le informazioni contenute nelle pagine Web sono destinate a tutte le età e ai diversi interessi.
I siti includono aree interattive. C’è lo spazio per i giovanissimi (sotto gli undici anni) in cui è possibile chattare con altri pazienti, raccontare storie e la propria esperienza di malattia. C’è la discussione on line per gli adolescenti, attraverso la quale potersi scambiare idee, mantenere contatti e portare avanti iniziative.
Un cartone animato interattivo, chiamato “Capitan Chemio”, permette ad ogni bambino di identificarsi nel super eroe, e di combattere per la propria guarigione con l’aiuto di validi compagni di avventura, chiamati Vincristina, Etoposide, Prednisone! (www.royalmarsden.org/captchemo)

Attività finanziate
Le attività che queste associazioni finanziano sono principalmente:
- terapie domiciliari da parte di personale medico e infermieristico;
- ricerca scientifica;
- sostegno per gli aspetti emotivi e sociali della malattia e organizzazione di gruppi di auto-aiuto da parte di assistenti sociali;
- attività di gioco terapeutico da parte di terapisti del gioco (play therapist);
- sostegno finanziario alle famiglie, secondo la necessità;
- soggiorni in case vicino all’ospedale per le necessità di cura del bambino;
- soggiorni in case di villeggiatura;
- viaggi ed escursioni per bambini e adolescenti malati.

L’assistenza domiciliare
Le associazioni mettono a disposizione infermieri professionali, per eseguire, quando possibile, esami di controllo a domicilio, limitando così le visite del bambino in ospedale e consentendogli una continuità con la scuola e una maggiore permanenza a casa.
L’assistenza domiciliare al bambino terminale è garantita, oltre che da un’équipe di Cure Palliative dell’ospedale, da personale arruolato dalle associazioni, quali medici, infermieri e terapisti del gioco, per le famiglie che scelgono di trascorrere la fase terminale della malattia a casa.

La ricerca scientifica
La ricerca scientifica è implementata attraverso aggiornamenti, borse di studio, attività di connessione tra i diversi Centri.

Assistenti sociali e terapisti del gioco
Pur disponendo l’ospedale di proprio personale, quali psicologi, assistenti sociali e terapisti del gioco, le associazioni finanziano altre figure stabili, quali assistenti sociali e terapisti del gioco.
Le attività svolte da questi operatori, in collaborazione con il personale ospedaliero, sono:
- supporto agli aspetti emotivi, sociali e finanziari, secondo i bisogni delle famiglie;
- attività di gioco finalizzate ad alleviare le paure del bambino e a familiarizzare con le procedure del trattamento, attraverso giocattoli che riproducono gli strumenti medici più temuti (siringhe, macchine per esami radiologici):
- organizzazione di gruppi di auto-aiuto per genitori, pazienti e fratelli di pazienti.

Gruppi di auto aiuto
I gruppi di auto aiuto sono molto numerosi e si basano sul concetto che la condivisione e lo scambio di informazioni sono un valido strumento per ricevere un aiuto emotivo e pratico, nel difficile momento della malattia. Esistono gruppi per genitori di bambini in cura, per bambini guariti e per genitori cui è morto un bambino. Esistono inoltre gruppi per adolescenti che hanno o che hanno avuto un tumore, che prevedono, oltre al reciproco supporto, anche attività di svago e ricreative da svolgere insieme. Ci sono anche gruppi di sostegno specifici per fratelli di pazienti, con relative attività.

Le case
Ogni associazione dispone di diverse case vicino agli ospedali, dove le famiglie possono soggiornare durante il periodo di trattamento, ma anche case situate in località di villeggiatura, per offrire un periodo di distrazione e di riposo.

Gite e vacanze
Le associazioni organizzano gite, escursioni e vacanze gratuite per i pazienti. Questi momenti rappresentano degli appuntamenti annuali per mantenere contatti tra chi ha o ha avuto una stessa esperienza di malattia. Sono previsti anche soggiorni vacanza, dove i pazienti adolescenti possono seguire programmi educativi, ricreativi e psicoterapeutici, secondo le necessità.

Attività promosse per recuperare fondi

Per sostenere tutte queste attività, le associazioni chiedono di essere aiutate attraverso:
- l’organizzazione di eventi di beneficenza;
- la partecipazione e l’acquisto di biglietti per gli eventi di beneficenza;
- le donazioni da parte di privati;
- le donazioni da parte di aziende, incentivate dai benefici fiscali e pubblicitari;
- il sostegno all’attività commerciale dei negozi di proprietà delle associazioni. Si tratta di punti vendita di oggetti e capi di abbigliamento, spesso di seconda mano. Questi negozi sono numerosissimi e distribuiti su tutto il territorio nazionale;
- la vendita di oggetti di produzione delle associazioni, quali biglietti di auguri, CD, etc;
- l’organizzazione di viaggi come “tour-operator”;
- la creazione di una carta di credito;
- l’attività di volontariato a sostegno delle diverse attività.






mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:39
Medici

“Bloodless surgery” in chirurgia
Tecniche per il risparmio di sangue in chirurgia.
(Del Dott. Francesco Velardi)

Nella storia della chirurgia ogni progresso nello sviluppo di complesse tecniche chirurgiche è stato sostenuto dall’acquisizione di metodi più affidabili ed efficienti per il controllo delle perdite ematiche e per il loro reintegro nella fase intra e post-operatoria. Per numerosi anni, infatti, il rischio di provocare emorragie incontrollabili e l’insorgenza di infezioni hanno rappresentato i limiti più difficilmente sormontabili e la causa più frequente del fallimento di procedure terapeutiche peraltro efficacemente sviluppate. Nella fase storica attuale i limiti che vengono riconosciuti alla possibilità di pianificare ed eseguire un intervento chirurgico si sono notevolmente ampliati, grazie ai progressi realizzati nella diagnostica, nelle tecniche chirurgiche e nell’assistenza pre e post-operatoria dei pazienti. Una preoccupazione, comunque persiste, tra le altre, ed è riferita ai rischi che la trasfusione di sangue allogenico (derivante da donatore diverso dal paziente stesso) comporta, soprattutto se notevoli volumi sono richiesti durante e subito dopo l’intervento. Una trasfusione di sangue allogenico va, infatti, considerata alla stregua di un trapianto di organo, del trapianto di un organo liquido. Fino a pochi anni orsono un qualunque medico esperto avrebbe considerato una trasfusione ematica allogenica come una procedura virtualmente esente da rischi. Nonostante nel corso degli ultimi anni i progressi nelle tecniche di laboratorio riferite alle procedure di raccolta, catalogazione, conservazione e trasporto delle unità di sangue siano stati notevoli, riducendo drasticamente gli incidenti riferibili alla procedura di trasfusione ematica, attualmente un paziente che riceva una trasfusione allogenica affronta ancora il rischio (3 possibilità su 10.000) di contrarre una malattia grave e probabilmente fatale. I rischi possono essere di tipo infettivo (infezioni batteriche = 1:2.500 casi; epatite virale =1:5.000 casi; infezione da virus della leucemia-linfoma umano a cellule T = 1:420.000 casi) o non-infettivo (reazione emolitica acuta =1:25.000 unità trasfuse; alloimmunizzazione riferita ai globuli rossi = circa l’8% dei pazienti trasfusi con globuli rossi allogenici, febbre, reazione non emolitica o brividi senza febbre = 1:100 unità di globuli rossi trasfuse). Ancora più recentemente è stato posto l’accento sugli effetti immunosoppressivi che una trasfusione allogenica comporta, come dimostrato dall’incremento di episodi di infezioni post-operatorie in pazienti che avevano ricevuto una trasfusione allogenica. Ragioni mediche, implicazioni etiche, medico-legali, economiche, nonché il rispetto di convinzioni religiose hanno incrementato l’attenzione dei chirurghi verso un più razionale utilizzo delle trasfusioni ematiche allogeniche e favorito la ricerca di tecnologie e metodologie chirurgiche che permettessero di ridurre o addirittura escludere il ricorso all’utilizzazione di sangue eterologo. Nonostante le preoccupazioni espresse dagli esperti, i tentativi di ridurre le procedure trasfusionali nel corso di interventi chirurgici effettuati in età infantile sono stati rari. La difficoltà di controllare e gestire perdite ematiche anche relativamente modeste in pazienti in giovane età, quindi di bassa massa corporea e conseguentemente, di ridotta volemia, giustificano la riluttanza di chirurghi, anestesisti e terapisti intensivi, ad intraprendere complesse procedure chirurgiche senza il supporto di un’adeguata trasfusione ematica.
Al momento, tuttavia, grazie ai progressi ottenuti nelle tecniche di terapia intensiva, allo sviluppo di adeguate apparecchiature sanitarie e di tecniche chirurgiche specifiche, la possibilità di effettuare interventi chirurgici anche complessi in paziente in età precoce senza dover ricorrere alla pratica della trasfusione allogenica, è divenuta reale. Questi progressi sono stati determinati principalmente:
- dalla possibilità di ottimizzare le condizioni ematologiche preoperatorie del piccolo paziente grazie alla somministrazione di “Eritropoietina Umana Ricombinante” (r-HuEPO). Questa sostanza, individuata nel 1977, è stata resa disponibile per uso clinico recentemente dopo che la sua sequenza aminoacida è stata determinata e riprodotta con metodi di ingegneria genetica. Essa è in grado di stimolare elettivamente la maturazione degli eritrociti e può essere utilizzata in fase pre-operatoria e post-operatoria, sia per correggere eventuali stati anemici, sia per accelerare il recupero post-operatorio;
- dall’introduzione e la diffusione di sofisticati strumenti chirurgici (elettrobisturi ad alta potenza, che permettono di eseguire l’incisione cutanea e la dissezione in maniera praticamente esangue, osteotomi ad alta velocità, che permettono di eseguire craniotomie ed osteotomie in genere in maniera altrettanto esangue, aspiratori ad ultrasuoni, che permettono di emulsionare e quindi asportare più rapidamente le masse neoplastiche, sistemi di fissaggio rapido dell’osso, in titanio o in materiali riassorbibili, che permettono di ridurre drasticamente i tempi dell’intervento chirurgico);
- dai progressi ottenuti nella comprensione della fisiopatologia dell’anemia nel bambino, che ha permesso di meglio conoscere i limiti ai quali era possibile spingere, in tutta sicurezza, il paziente nella fase intra e post-operatoria;
- dal miglioramento delle metodologie di applicazione ai pazienti pediatrici delle cosiddette tecniche di auto-trasfusione. Queste tecniche consistono nella sottrazione pre o intra-operatoria di volumi predeterminati di sangue autologo (dello stesso paziente), sostituito da volumi equivalenti di soluzioni isotoniche. La somministrazione, alla fine dell’intervento o in qualsiasi momento le condizioni emodinamiche del paziente lo rendano necessario, dei volumi di sangue sottratto in fase pre-operatoria o all’inizio dell’intervento chirurgico permetterebbe di ridurre o anche escludere la necessità di fare ricorso alla trasfusione di volumi equivalenti di sangue omologo (di un altro uomo, allogenico). L’applicazione delle tecniche di auto-trasfusione richiede una specifica esperienza da parte dell’anestesista e del chirurgo, perché entrambi si trovano ad operare su un paziente che è stato condotto alla fase operatoria in stato di emodiluizione bilanciata, allo scopo di minimizzare le perdite di elementi corpuscolati del sangue (in particolare i globuli rossi). Da qui la necessità di una specifica ed approfondita conoscenza della fisiopatologia dell’anemia nel bambino, allo scopo di evitare, da una parte il fallimento della procedura, dall’altra l’esposizione del piccolo paziente ai rischi di ipovolemia, ipossia, anomalie della coagulazione;
- dallo sviluppo di efficienti ed affidabili apparati per il recupero intraoperatorio del sangue e della loro introduzione nella pratica chirurgica pediatrica. Tale procedura consiste nell'aspirazione dal campo operatorio del sangue e dei liquidi di lavaggio, con successivo lavaggio, filtrazione e concentrazione per centrifugazione, allo scopo di recuperare i globuli rossi. Nel corso della procedura i globuli bianchi, le piastrine, il plasma ed i fattori della coagulazione vanno persi nella fase.

Sebbene le procedure descritte permettano di ridurre, ed in molti casi abolire, la necessità di una trasfusione allogenica anche nel corso di interventi chirurgici complessi, effettuati in pazienti in età pediatrica, numerosi limiti sono ancora presenti. L’applicazione di tali tecniche, infatti, necessita della perfetta condizione cardiaca e respiratoria del paziente, richiede spesso tempi lunghi per la programmazione della terapia con r_HuEPO e la stabilizzazione delle normali condizioni ematologiche dopo l’eventuale prelievo ematico pre-operatorio, per cui tali tecniche non sono applicabili quando i tempi per il trattamento chirurgico sono stringenti, può causare un’alterazione delle capacità coagulativa del sangue, in conseguenza della deplezione di piastrine e fattori della coagulazione che si determina nelle fasi di recupero intraoperatorio del sangue; le tecniche di recupero intraoperatorio del sangue, in particolare, non possono essere applicate nel caso di interventi chirurgici mirati all’asportazione di neoplasie, in quanto non vi è ancora totale sicurezza che, durante il processo di filtrazione e centrifugazione, le cellule neoplastiche, liberate nei liquidi di lavaggio e nel sangue recuperato dal campo operatorio durante l’intervento, siano selettivamente e totalmente rimosse dal sangue preparato per la reinfusione.
Entusiasmanti prospettive sono attese per il prossimo futuro, e probabilmente molti di questi limiti verranno superati attraverso l’ulteriore perfezionamento delle tecniche e delle attrezzature.





mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:39
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Vivere con un bambino disabile: alcuni spunti di riflessione

Cosa succede da un punto di vista psicologico nei genitori prima, e nella famiglia allargata poi, quando nasce un figlio von una patologia congenita che comporta una disabili? Questa è la domanda a cui questo articolo tenterà di rispondere non con l’intenzione di individuare pensieri rigidamente costruiti, quanto con la speranza che, chi vive in prima linea questo problema possa in minima parte ritrovarsi.
Ritrovarsi proprio perché la prima reazione alla diagnosi di una malattia organica spesso cronica e invalidante ad esordio neonatale o postnatale è quella di perdere ogni certezza che si aveva precedentemente. Questa fase iniziale acuta di shock e di incredulità, con conseguenti reazioni emotive (pianti, esplosive variazioni d’umore) viene superata entrando in una fase post-acuta che avrà in genere, insieme alla prima, un suo svolgimento in un reparto ospedaliero.
Il primo ricovero di solito, tra i più lunghi di tutta la “carriera”, ha un onere sia operativo, derivante dai compiti dell’assistenza – che un onere soggettivo legato alla ricerca di efficaci meccanismi di difesa che permettono di elaborare la perdita di validità del bambino e dell’intero sistema familiare.
Immediato è l’impatto sulle aspettative che un genitore ha nei confronti del proprio figlio. Quello che un genitore si aspetta da un figlio viene deciso spesso molto prima del concepimento e sovente non lo decide neanche solo lui. Queste aspettative possono essere costruite dai suoi stessi genitori (i nonni del bambino) in maniera tale che lui potesse generare un figlio capace di portare avanti un bagaglio antico di aspettative che vengono quindi trasmesse di generazione in generazione.
Quando il figlio reale non corrisponde al figlio ideale si possono vivere diversi sentimenti – di vergogna, di fallimento per essere stato incapace a generare un figlio perfetto (soprattutto nei confronti della famiglia d’origine, propria e acquisita), di rifiuto, di desiderare di “rimettersi il bambino dentro la pancia per poterlo a questo punto far nascere sano”.
A questo tumulto di emozioni e pensieri fa seguito quasi inevitabilmente una fase di depressione mista a sensi di colpa, di ansia e di negazione.
La matrice di queste reazioni è spesso la rabbia e l’aggressività che la malattia suscita per le numerose rinunce ad ogni spazio di tempo per la realizzazione di una propria vita personale e familiare. Ma appena ci si accorge (a livello inconscio) di provare rabbia nei confronti di quell’”esserino piccolo e indifeso, che dopo tutto è nostro figlio e a volte nonostante, imperfezioni fisiche ci assomiglia” scattano sensi di colpa che possono portare ad un atteggiamento di iperprotezione. Un’altra possibile reazione al sentimento di rabbia prodotta da questa situazione è la negazione di qualsiasi differenza tra il proprio bambino e i bambini sani. In questi casi la sottovalutazione dei problemi e la minimizzazione dell’handicap porta ad una eccessiva responsabilizzazione del bambino; si pretende che il bambino sia come gli altri.
Un genitore con atteggiamento iperprotettivo nei confronti del proprio figlio (per es. non pretendere che mangi cibi solidi, o che mangi seduto o in maniera autonoma oppure sottoporlo ad una adeguata neuroriabilitazione) spesso ha paura che il figlio cresca. In questo modo eviterà o prorogherà il confronto con i suoi limiti e con i suoi coetanei. La crescita infatti, evidenzia sempre più il divario, la “forbice” tra il bambino sano e quello con disabilità; negli anni successivi, lo scarto tra i due, per quanto riguarda l’acquisizione delle tappe di sviluppo psicomotorio, diventa sempre più grande.
Il genitore sempre pronto a fare qualcosa al posto del figlio, non si accorge di ciò che il bambino non può fare e ad un livello più profondo, “ripara” la non perfezione del figlio. Il rischio è che il bambino perda delle grosse occasioni di crescita e di espressione (anche se con tempi più lunghi delle proprie potenzialità. Il genitore si accontenta di una parte del bambino per timore di affrontare il dolore che si prova nel guardare il proprio figlio non perfetto.
Se crescere ed educare un essere umano è per un adulto responsabile un compito molto difficile, questo percorso, in presenza di una malattia con disabilità, può risultare ancora più complesso.
Spesso lo stato di sofferenza che la malattia impone al bambino porta il genitore a risparmiare al piccolo qualsiasi tipo di irritazione. Questa situazione “perfetta” crea però nel bambino una scarsissima tolleranza alla frustrazione. Nel corso del tempo questa ostacolerà la capacità di trovare una propria soluzione ai problemi, “di cavarsela da solo”, e contribuirà a sviluppare un senso di onnipotenza con l’illusione di poter fare a meno dell’appoggio dei genitori. Il genitore “perfetto” che interpreta troppo presto i bisogni del bambino, non gli dà il tempo di attribuire un significato al proprio bisogno. Per proteggere il proprio figlio finisce per sottrarlo alle sue stesse esperienze. Compito del genitore quindi non è quello di evitare al bambino tutte le frustrazioni ma di aiutarlo a superarle, stimolandolo ad attingere alle proprie risorse. Per diventare forti bisogna riconoscere di non poter fare tutto immediatamente.
I bambini che hanno vissuto lunghe e frequenti ospedalizzazioni possono manifestare le proprie ansie e paure attraverso attacchi di rabbia e di ira. Il genitore, anche lui carico degli stessi sentimenti, spesso non sa come affrontare questi attacchi. Il bambino ha bisogno di essere tranquillizzato e contenuto: spesso un abbraccio stretto e contenitivo fa sentire che il genitore è lì con loro e può calmare ansie e paure.
Simona Di Giovanni
www.sidigi@libero.it
Psicologa presso il reparto di NCH Infantile
Policlinico A. Gemelli


mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:40
Gli ependimomi


I tumori cerebrali nei bambini rappresentano, dopo la leucemia, la patologia neoplastica di più frequente riscontro. Tali tumori possono trarre origine da qualsiasi parte del sistema nervoso, inclusi il midollo spinale ed i nervi: attualmente se ne conoscono circa settanta tipi diversi. Essi possono presentare un comportamento benigno o più o meno aggressivo. La conoscenza della natura della neoplasia si ottiene soltanto attraverso l’esame istologico (esame microscopico diretto del tumore asportato chirurgicamente). Le neoplasie del sistema nervoso più frequentemente riscontrate nei bambini sono l’astrocitoma (sede più comuni: ipotalamo-vie ottiche, cervelletto, troncoencefalo), il medulloblastoma, l’ependimoma e il craniofaringioma.
L’ependimoma è uno dei tumori di più difficile trattamento e con prognosi meno favorevole tra quelli del sistema nervoso centrale (8-10% dei tumori nei pazienti pediatrici). Questo tipo di neoformazione può essere localizzato sia a livello cerebrale (90% dei casi) che midollare (10%). Dal punto di vista istologico si distinguono forme meno aggressive (ependimoma) e forme maligne (ependimoma anaplastico, ependimoblastoma). I bambini affetti possono presentare sintomi e segni spesso aspecifici: cefalea episodica o persistente, associata a nausea, vomito, sonnolenza, difficoltà nel mantenere l’equilibrio e alterazioni della vista. Per tale motivo spesso è necessaria una consulenza specialistica per chiarire la natura del problema. La diagnosi di malattia si realizza generalmente attraverso le immagini radiologiche (tomografia computerizzata e risonanza magnetica) mentre lo studio del liquor può aiutare nel determinarne l’eventuale diffusione metastatica nelle vie liquorali. La terapia più efficace per l’ependimoma è rappresentata dalla chirurgia. Nella maggior parte dei casi in cui il tumore è situato nel midollo spinale la guarigione può essere ottenuta con la sua completa asportazione. In quest’evenienza l’intervento chirurgico risulta, di solito, tecnicamente meno impegnativo rispetto ai casi in cui la lesione si trova nel cervello. Anche per i bambini con ependimomi intracranici la chirurgia rappresenta la terapia di scelta e l’obbiettivo consiste nell’asportazione completa della neoplasia senza causare o aggiungere nuovi deficit al piccolo paziente. Tuttavia, a causa della frequente localizzazione in aree critiche, non sempre il tumore può essere rimosso totalmente. In questi casi si richiede l’applicazione di terapie adiuvanti quali radioterapia e chemioterapia, eventualmente in associazione.
La radioterapia viene comunemente utilizzata nei bambini con età superiore ai 3 anni, come trattamento adiuvante alla chirurgia, nel momento in cui non è stato possibile effettuare un’asportazione radicale della neoplasia oppure quando è stata posta diagnosi istologica di ependimoma maligno. Questo tipo di trattamento consiste nell’uso di radiazioni sul residuo tumorale sia esso intracranico che midollare. Il trattamento radiante può essere, al contrario, molto rischioso per un tessuto nervoso in corso di sviluppo, quale quello dei pazienti d’età inferiore ai 3 anni: questi bambini, infatti, se sottoposti a radioterapia, possono sviluppare, nel tempo, disturbi neurologici particolarmente gravi. Poiché però al momento attuale la radioterapia sembra solo allungare il periodo “libero” da recidiva della malattia ma non la sopravvivenza globale, in molti centri nel mondo si preferisce rinunciare a qualsiasi tipo di terapia adiuvante nei casi in cui l’asportazione del tumore è stata radicale. La chirurgia, infatti, rimane il presidio terapeutico più efficace anche in caso di recidiva.
La chemioterapia è un’alternativa per i bambini più piccoli o per quelli con tumori particolarmente resistenti e/o aggressivi. Questo trattamento consiste nella somministrazione di farmaci per via endovenosa o, in alcune circostanze, per via orale. L’obiettivo della chemioterapia è quello di ridurre il ritmo di crescita del tumore ottenendo il suo arresto o, addirittura, una regressione della massa neoplastica. In questo modo si può riuscire a controllare il tumore fino al momento più opportuno per l’esecuzione della radioterapia. Il trattamento con chemioterapici presenta una scarsa tossicità cerebrale rispetto alla radioterapia che si estrinsecano prevalentemente a livello renale, epatico e sul sistema emopoietico. Purtroppo i risultati relativi all’efficacia della chemioterapia sono contrastanti.
Nuove alternative in corso di sviluppo riguardano soluzioni farmacologiche più efficaci e l’utilizzo della radiochirurgia (intera dose di radiazioni convogliata sul tumore senza coinvolgere il tessuto cerebrale sano).
Proprio per le caratteristiche particolari di queste neoplasie ed il significato specifico della terapia chirurgica nel loro trattamento, sono grato all’Associazione “Ali di Scorta” per l’opportunità datami di analizzare la casistica della Neurochirurgia Infantile di questo Policlinico, con la speranza di potere ottenere informazione da trasferire nel mio Paese.

Dr Charles Kondageski
Neurochirurgia INC – Instituto de Neurologia\Neurochirurgia - Curitiba - Brasile






mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:40
Medici

LE CISTI ARACNOIDEE


Considerazioni generali
Il tessuto nervoso è delimitato da tre membrane che vengono accomunate da un’unica definizione: meningi cerebrali. La membrana più esterna, a contatto con la faccia interna della scatola cranica o della colonna vertebrale, è chiamata Dura Madre per la sua maggiore consistenza, quella più interna, assai sottile, subito al di sopra delle strutture nervose, Pia Madre. L’aracnoide è la membrana intermedia tra le due appena descritte e delimita all’esterno gli spazi dove si raccoglie il liquor cerebro-spinale che circola sulla superficie degli emisferi cerebrali. È una membrana assai sottile, trasparente, priva di vasi.
Le cisti aracnoidee sono oggi ritenute il risultato di un’alterazione minore dello sviluppo della membrana aracnoidea che ne determina la duplicazione o la separazione in due strati all’interno dei quali si verifica un progressivo accumulo di fluido con le caratteristiche del liquido cerebrospinale (LCS).
L’ipotesi malformativa è sostenuta, oltre che da evidenze morfologiche, da una serie di fattori, come la simile distribuzione negli adulti e nei bambini, la sporadica presenza in coppie di gemelli, la relazione topografica con i normali spazi cisternali, la presenza di anomalie congenite (specialmente l’agenesia del corpo calloso) o con sindromi note (in particolare la sindrome di Marfan).
Si tratta di lesioni rare, che possono svilupparsi, in qualsiasi regione dello spazio subaracnoideo sia cerebrale che spinale. Le cisti aracnoidee diventano sintomatiche quando esercitano un effetto massa sulle strutture nervose circostanti (ipertensione endocranica, deficit neurologici, ritardo dello sviluppo psicomotorio, epilessia) o quando interferiscono con la normale circolazione liquorale (idrocefalo secondario).
L’apparente aumentata incidenza riportata negli ultimi anni e la maggiore frequenza in età pediatrica sono da riferire all’efficacia delle attuali metodiche diagnostiche – ecoencefalografia, TAC e Risonanza Magnetica – nel riconoscimento precoce di queste lesioni e nella loro individuazione anche in soggetti esaminati per altri motivi, ad esempio per un’aspecifica macrocrania, per un generico ritardo psicomotorio o per un trauma cranico accidentale.
Le cisti aracnoidee sono quasi sempre sporadiche ed isolate; in due terzi dei casi è il sesso maschile ad essere coinvolto. La storia naturale di queste lesioni non è ben conosciuta: alcune cisti aracnoidee rimangono silenti per tutta la durata della vita, altre diventano sintomatiche dopo un periodo più o meno lungo di quiescenza, altre invece determinano sintomi e segni neurologici già nella primissima infanzia. Sono anche stati descritti casi eccezionali di cisti “scomparse” a seguito di una rottura spontanea della loro parete.
Le manifestazioni cliniche delle cisti aracnoidee dipendono ovviamente dalla sede e dalle dimensioni della lesione. A parte i segni aspecifici di un processo occupante spazio intracranico o intraspinale o di una dilatazione ventricolare secondaria, che accomunano le cisti aracnoidee a qualsiasi massa intratecale, sono stati descritti quadri tipici di alcune localizzazioni, come ad esempio, disturbi endocrinologici nel caso di cisti della regione chiasmatica, ematomi subdurali acuti a seguito di traumi cranici apparentemente insignificanti in pazienti con cisti della regione silviana, movimenti anomali e continui di va e vieni del capo dei bambini con cisti della regione soprasellare e del terzo ventricolo.
Il meccanismo alla base dell’espansione di una cisti aracnoidea è ancora oggetto di discussione. Scartata l’ipotesi di un gradiente pressorio in base alla sostanziale somiglianza del fluido contenuto all’interno della cisti con il LCS, le teorie patogenetiche più accreditate sono quelle di una produzione di fluido da parte delle stesse cellule che costituiscono la parete della cisti o di una comunicazione anatomica tra la cisti e gli spazi liquorali che permette il passaggio unidirezionale di fluido all’interno della cisti stessa, ma non la sua fuoriuscita, a seguito delle pulsazioni liquorali.
La TAC e la RM oltre a dimostrare la presenza della cisti forniscono anche criteri per valutare la dinamica del fluido in esse contenuto. La TAC si avvale della somministrazione di mezzo di contrasto nello spazio subaracnoideo o nella cisti per distinguere le lesioni “comunicanti” da quelle non comunicanti. La RM utilizza allo stesso scopo fasi di sequenza rapida capaci di cogliere il movimento pulsatile del LCS.
Oggetto di discussione è anche il trattamento richiesto da queste lesioni. Alcuni autori favoriscono infatti un atteggiamento conservativo in pazienti sicuramente asintomatici in cui la diagnosi di cisti aracnoidea è stato un reperto accidentale a seguito di esami neuroradiologici eseguiti per altri motivi; altri invece suggeriscono una terapia chirurgica anche in assenza di sintomi in base ad osservazioni di un rapido deterioramento delle condizioni cliniche in alcuni pazienti dopo episodi traumatici lievi. Nei casi dubbi, la registrazione prolungata della pressione intracranica può differenziare le cisti non associate ad alterazioni della dinamica liquorale da quelle che esercitano, per un aumento della pressione al loro interno o un ostacolo alla circolazione liquorale, una compressione sulle strutture nervose adiacenti. L’indicazione operatoria non viene invece discussa in caso di lesioni sintomatiche dove l’intervento chirurgico è considerato necessario per eliminare la pressione esercitata dalla cisti sulle strutture cerebrospinali circostanti e/o l’ostacolo da essa determinata nella circolazione liquorale. Le opzioni chirurgiche comprendono un’escissione diretta della cisti dopo craniotomia, una marsupializzazione della cisti nello spazio subaracnoideo o nei ventricoli crerebrali sotto diretto controllo visivo o attraverso l’utilizzazione di procedure stereotassiche od endoscopiche ed infine l’applicazione di sistemi derivativi intratecali (drenaggio del fluido cistico nel sistema ventricolare) o extratecali (drenaggio del fluido cistico nella cavità peritoneale, meno frequentemente, pleurica o nella circolazione ematica).
L’asportazione diretta della cisti appare la modalità più logica di trattamento poiché elimina la stessa causa della lesione; tale tipo di procedura è però associato in circa il 20% dei casi ad un rischio di recidiva o di persistenza di un’anomala condizione di circolazione liquorale in pazienti in cui sia associata un’incompetenza dello spazio liquorale. Una simile percentuale di recidiva può essere osservata dopo “marsupializzazione” della parete di una cisti aracnoidea nello spazio subaracnoideo generalmente a seguito della cicatrizzazione della stomia. Si deve però sottolineare che il rischio di un’obliterazione secondaria dopo marsupializzazione è trascurabile nei casi in cui la cisti può essere “aperta” nel sistema ventricolare. Il drenaggio della cisti con l’utilizzazione di sistemi derivativi offre un’alta percentuale di successo con il limite però della dipendenza del risultato dalla funzionalità del sistema derivativo stesso.
L’atteggiamento della nostra Neurochirurgia Pediatrica è quello di utilizzare un approccio chirurgico diretto con escissione della membrana cistica in tutti i casi in cui questo appare possibile cercando, là dove realizzabile, di creare nello stesso tempo un’ampia comunicazione con gli spazi cisternali o con i ventricoli cerebrali. Riserviamo invece gli interventi derivativi alle sole lesioni di difficile accesso chirurgico o ai soggetti che, dopo intervento chirurgico diretto, dimostrano un insufficiente assorbimento liquorale. La mortalità e la morbilità associate al trattamento chirurgico delle cisti aracnoidee sono praticamente trascurabili. Nessun decesso è stato osservato nella nostra casistica operatoria di oltre 200 casi; le complicazioni osservate sono state solo quelle legate ad un’alterata dinamica liquorale che hanno determinato in alcuni casi l’utilizzazione di procedure derivative liquorali in una seconda fase del trattamento.
Complicazioni
Il trattamento delle cisti aracnoidee dirette (craniotomia, asportazione delle membrane delle cisti, creazione di vie per la circolazione liquorale) presenta i rischi generali (infezioni, convulsioni postoperatorie, fistole liquorali) degli interventi chirurgici sull’encefalo. Quest’ultimo però non è generalmente interessato, ed i rischi di un suo danno chirurgico perciò sono estremamente bassi, poiché la cisti si sviluppa in uno spazio extracerebrale. Una possibile, in genere transitoria, complicazione è che il liquido, prima confinato nella cisti, si accumuli nello spazio tra l’aracnoide e la dura madre (spazio subdurale), continuando, per l’insufficiente assorbimento a tale livello, ad esercitare un effetto pressorio sul sottostante emisfero cerebrale. Ciò può comportare la necessità di un drenaggio temporaneo o persistente del fluido accumulato.
Distribuzione
Tre quarti delle cisti aracnoidee riscontrate in età pediatrica sono localizzati nel compartimento sopratentoriale, un quarto in quello sottotentoriale.
Tra le cisti sopratentoriali, la sede silviana è la più comune rappresentando un terzo dei casi totali; le cisti sellari e quelle della convessità corrispondono ognuna al 15% delle lesioni; quella interemisferica all’8% e quella quadrigeminale al 5%. Delle cisti sottotentoriali (23% dei casi totali) la grande maggioranza (17,5% dei casi totali) è localizzata in sede mediana, sopra o retrovermiana, il 5% al di sopra degli emisferi cerebellari, lo 0,5% in sede retroclivale.Caratteristiche specifiche in relazione alla localizzazione


a. Cisti della scissura silviana (cisti temporali)
La scissura di Silvio rappresenta la localizzazione più frequente delle cisti subaracnoidee sopratentoriali (metà dei casi riscontrati nell’adulto, un terzo dell’età pediatrica). I maschi sono interessati 3 volte più delle femmine ed il lato sinistro più del destro.
Più frequentemente di piccolo o medio volume, queste cisti possono anche raggiungere grandi dimensioni determinando un caratteristico rigonfiamento della teca cranica sovrastante in sede temporale. Clinicamente, oltre alla deformità cranica, le manifestazioni cliniche includono cefalea, lieve proptosi ed epilessia. Nel 10% dei casi può essere osservato un ritardo mentale. Il maggiore rischio legato a questo tipo di cisti è quello di un’emorragia da lacerazione dei fini vasi presenti sulla parete delle cisti che possono andare incontro a facile rottura privi come sono di un adeguato tessuto di sostegno. In soggetti con epilessia, un intervento chirurgico precoce è spesso associato alla scomparsa delle manifestazioni comiziali.


b. Cisti della regione sellare
Delle due varietà di questo tipo di cisti, quella endosellare e quella soprasellare, solo la seconda è riscontrabile in età pediatrica. La maggior parte di queste cisti è trattata in bambini al di sotto dell’anno di vita, a seguito di un riconoscimento precoce determinato dalla associata macrocrania ed idrocefalo. Le cisti soprasellari possono espandersi in tutte le direzioni: l’idrocefalo si realizza in genere per l’ostruzione della parte anteriore del 3’ ventricolo e dei forami di Monro. I nervi ottici ed il chiasma sono stirati in circa un terzo dei casi con possibile danno della funzione visiva.
Lo stiramento o più raramente la rottura del peduncolo ipofisario e la compressione del talamo, del tuber cinereum e dei corpi mammillari sono responsabili della sintomatologia endocrinologica associata: ritardo di crescita, pubertà precoce isosessuale, ipopituitarismo. Tipica di queste cisti è la sindrome del “capo di bambola” movimenti ritmici ma irregolari ed involontari del capo (e a volte del tronco) che si realizzano in direzione antero-posteriore due o tre volte al secondo. Nei casi associati ad idrocefalo, tra le manifestazioni cliniche può essere spesso evidenziata un’atassia della marcia.


c. Cisti delle convessità cerebrali
Si tratta di lesioni che variano da pochi millimetri di diametro a cisti che ricoprono tutto l’intero emisfero dislocandolo medialmente. In questa seconda evenienza, il quadro clinico può restare a lungo sorprendentemente povero, limitato alla sola macrocrania o asimmetria del cranio. Anche le cisti focali tendono nel bambino a restare asintomatiche a lungo determinando solo un caratteristico assottigliamento e rigonfiamento localizzato della teca cranica sovrastante. Ciò distingue queste lesioni dalle analoghe cisti dell’adulto che quasi sempre si associano invece ad epilessia.


d. Cisti interemisferiche
Le cisti aracnoidee che si sviluppano tra i due emisferi cerebellari possono svilupparsi a livello del terzo anteriore del corpo calloso, del terzo medio o del terzo posteriore o impedire per intero lo sviluppo di questa commisura causando quindi un’apparente agenesia. In realtà più che di una distruzione si tratta di una dislocazione delle fibre che costituiscono il corpo calloso come suggerito dall’assenza di deficit dello sviluppo psicomotorio. Il migliore trattamento è la marsupializzazione di queste cisti nel sistema ventricolare.

e. Cisti della regione della lamina quadrigemina
Le cisti localizzate a livello della grande vena di Galeno e dell’incisura tentoriale tendono a dare precocemente segni neurologici e di ipertensione endocranica per il limitato spazio utilizzabile per la loro crescita. Sono stati descritti in associazione a queste lesioni alterazioni di movimenti oculari, dello sguardo coniugato, delle pupille, atassia, deficit motori a carico degli arti inferiori, epilessia e sordità. Nella maggior parte dei casi la diagnosi è ottenuta in età pediatrica, anche se può essere difficile differenziare le cisti aracnoidee di questa regione da altre anomalie cistiche acquisite o congenite, come, ad esempio, dilatazione della cisterna ambiens o cisti glio-ependimali.


f. Cisti sottotentoriali mediane
La presenza di un quarto ventricolo, compresso e dislocato anteriormente o superiormente distingue le cisti aracnoidee vermiane da altre malformazioni complesse come la cisti di Dandy-Walker, la “Dandy-Walker variant”, le “Blake’s pouch”, o le megacisterne che richiedono un approccio completamente differente. Le manifestazioni cliniche nel primo anno di vita sono essenzialmente macrocrania, ritardo delle acquisizioni, segni di ipertensione endocranica per l’idrocefalo ostruttivo secondario. In casi eccezionali una cisti aracnoidea sottotentoriale si può sviluppare all’interno del IV ventricolo: in tal caso il quadro clinico è di solito sovrapponibile a quello di un idrocefalo a pressione normale.


g. Cisti intraspinali
Relativamente rare a sviluppo intra o extra-durale, dipendono da un’anomala proliferazione o distribuzione delle trabecule che attraversano lo spazio subaracnoideo in epoca fetale oppure rappresentano una dilatazione del septum posticum che divide lo spazio subaracnoideo posteriore spinale a livello cervicale e dorsale. La sintomatologia clinica è variabile, ma in genere dominata da dolore locale o a distribuzione radicolare, disestesia, deficit motori e, in circa metà dei casi, disturbi dello sfintere vescicale. In circa un sesto dei casi l’andamento clinico è intermittente, con periodi di remissione che ricordano le malattie demilienizzanti. Poiché tali cisti sono spesso riconosciute solo tardivamente non è raro dimostrare anomalie vertebrali associate, soprattutto di tipo cifoscoliotico, al momento della diagnosi.





mauretto58
00martedì 28 luglio 2009 17:41
Medici

Meccanismi di difesa e informazioni mediche in NCH infantile
(Dr.ssa Simona Di Giovanni)


La scoperta di una malattia potenzialmente mortale al proprio figlio induce i genitori a ricercare ciò che precedentemente era quasi impensabile, “mio figlio può morire: perché è capitato a me?”. Spesso nello sforzo di darsi una ragione si cercano i motivi di una sorta di nemesi del fato per qualche precedente colpa. Terapie assunte nel periodo antecedente o contemporaneo alla gravidanza oppure problemi personali o relazionali, ritornano come “scheletri nell’armadio”, come se avessero potuto contaminare la vita del proprio figlio.
Il sentimento di “partecipazione” alla malattia del bambino rende questa esperienza doppiamente dolorosa provocando una dispersione nel pozzo del passato di energie che invece sarebbero necessarie per affrontare la malattia.
La paura della morte conseguente alla consapevolezza della gravità della malattia costituisce una minaccia, che viene evitata attraverso meccanismi di difesa. Le difese inducono una sorta di anestesia, per evitare o sopportare il continuo confronto con la morte attraverso una fuga dal piano emotivo e/o cognitivo e dell’agire. Se è impossibile “non sapere”, almeno “non sentire” può apparire istintivamente una via di fuga più accettabile per salvaguardare uno pseudo-equilibrio.
Le reazioni emotive dei genitori possono quindi apparire incongrue alla gravità dell’informazione comunicata dal medico. Tali incongruità sono dovute proprio alla messa in atto di meccanismi di difesa cioè di risposte automatiche di cui spesso si è inconsapevoli. Le difese possono svolgere una funzione adattativa o difensiva secondo la loro gravità, la loro rigidità e il contesto nel quale si verificano. Per esempio, l’attenzione selettiva può essere utilizzata sia a livello adattivo per favorire la concentrazione, sia a livello difensivo in funzione di diniego.
I meccanismi di difesa agiscono influenzando la rielaborazione dell’informazione del soggetto, tanto da poter distorcere percezioni, falsificare ricordi e bloccare azioni. Le difese più facilmente riscontrabili in coloro che si trovano di fronte ad una minaccia di vita sono:
Negazione. Il soggetto nega attivamente che un sentimento, un comportamento o un’intenzione (riguardante il passato o il presente) sia stata o sia presente, anche se l’evidenza afferma il contrario. Questa difesa consente di non ammettere o di non prendere coscienza di un’idea o di un sentimento che ritiene potrebbe causargli conseguenze negative (come vergogna, rammarico o altri affetti dolorosi). Il soggetto è del tutto inconsapevole dei pensieri e delle emozioni inerenti alla sua esperienza. E’ proprio il diniego o la negazione ad essere la difesa che compare comunemente in pazienti gravemente malati con una funzione protettiva soprattutto nella prima fase di adattamento alla minaccia di morte. E’ una sorta di facciata che permette di sopravvivere allontanando da sé la vera percezione dei sentimenti e delle nozioni. Nei genitori sono frequenti, esempio, minimizzazioni dei deficit o del ritardo cognitivo o motorio del bambino.
Rimozione E’ una difesa che protegge il soggetto dalla consapevolezza di ciò che prova o ha provato in passato. A differenza della negazione dove sia l’idea che l’affetto sono al di fuori della consapevolezza, nella rimozione gli aspetti emotivi sono chiaramente presenti e percepiti mentre quelli cognitivi restano al di fuori della coscienza. Esempi di rimozione sono, uno o due lapsus linguae mentre si dice qualcosa che poi si nega o che è l’opposto di ciò che si afferma di voler dire, oppure il dimenticare più volte quanto sta dicendo nel mezzo di una discussione, dimenticare particolari significativi di eventi traumatici. Nel contesto medico, i genitori possono “dimenticare” i rischi dell’intervento del bambino dei quali sono stati informati con precisione dal chirurgo.
Dissociazione L’individuo affronta conflitti emotivi e stress interni o esterni attraverso un’alterazione temporanea del proprio stato psichico o della propria identità, che gli consente di sentirsi meno colpevole o minacciato.Un particolare affetto o impulso vissuto come troppo minaccioso, troppo conflittuale, o troppo ansiogeno viene reso inconscio e contemporaneamente espresso attraverso un’alterazione della coscienza. Nel contesto medico, una lunga degenza del proprio figlio, ad es. in condizione di coma vigile, obbliga un costante contatto con la paura della morte. Il genitore può parlare della malattia del bambino con “indifferenza”, dando al medico il messaggio affettivo che l’evento in questione sembra quasi non essere stato registrato nel suo significato, pur non negandone l’esistenza.
Anticipazione L’uso di questa difesa permette all’individuo di mitigare gli effetti delle tensioni o dei conflitti futuri. Essa implica la capacità di tollerare l’ansia che si manifesta quando il soggetto immagina quanto possa essere angosciante una situazione futura. Attraverso tale prova affettiva, ad esempio, “come mi sentirò quando morirà mio figlio” e la pianificazione delle risposte future, il soggetto diminuisce gli aspetti angoscianti del futuro fattore stressante. Sono i genitori che partecipano attivamente al funerale di un bambino conosciuto durante la malattia, mettendosi al primo banco accanto al genitore del bambino morto.
Aggressione passiva. E’ caratterizzata dal modo indiretto, velato e passivo con il quale vengono espressi l’ostilità e i sentimenti di rancore nei confronti degli altri. La persona che fa uso di questa difesa ha imparato ad attendersi una punizione, una frustrazione o un rifiuto se esprime bisogni o sentimenti direttamente a qualcuno che ha potere o autorità su di lui. Il soggetto si sente impotente e pieno di risentimento. Le richieste di attenzione, di aiuto o il desiderio di esprimere sentimenti sono presenti ma non vengono verbalizzati o sono verbalizzati troppo tardi, mentre il risentimento viene espresso tramite l’inettitudine, i ritardi ecc. come mezzo per irritare gli altri. Questo meccanismo di difesa è molto frequente nei genitori del bambino malato rispetto alla propria famiglia d’origine. Ci sono genitori che non hanno mai “permesso” loro di ricevere una visita in ospedale anche a seguito di lunghi ricoveri, per poi a tempo debito lamentarsene
Scissione. L’individuo affronta conflitti emotivi e stress interni o esterni considerando se stesso o gli altri come completamente buoni o completamente cattivi, non riuscendo a integrare le caratteristiche positive e negative di sé e degli altri in immagini coese; spesso lo stesso individuo sarà alternativamente idealizzato e svalutato. I genitori che adottano tale difesa possono mutare rapidamente l’opinione del proprio medico lodandolo o biasimandolo sulla base di informazioni parziali o incomplete.
Ipocondria. Comporta l’uso ripetuto di una o più lamentele nelle quali il soggetto chiede apparentemente aiuto. Contemporaneamente, poi, il soggetto, rifiutando suggerimenti, consigli o qualsiasi cosa gli altri gli offrano, esprime sentimenti nascosti di ostilità e risentimento. E’ dunque una difesa contro la rabbia che il soggetto prova ogni volta che sente la necessità di dipendere emotivamente dagli altri. La rabbia sorge dalla convinzione, o spesso dall’esperienza passata, che nessuno soddisferà realmente i suoi bisogni. E’ il tipico soggetto che si lamenta sempre con il medico o inscena una pantomima su tutti i suoi acciacchi fisici eludendo i tentativi di indagare a fondo un disturbo, di affrontarlo e capirlo efficacemente e contemporaneamente si lamenta della mancanza di aiuto. Oppure è il soggetto che si lamenta spontaneamente di come gli altri (medici, parenti) non si preoccupino realmente o abbiano di fatto peggiorato il problema, anche quando il suo resoconto dimostra il contrario.
In questi casi, il medico dopo aver eseguito un difficile e delicato intervento verrà investito da tutta una serie di preoccupazioni del genitore su aspetti evidentemente secondari, tralasciando gli importanti risultati raggiunti.
Fantasia L’individuo affronta conflitti emotivi e stress passando tempi eccessivi a sognare ad occhi aperti, evitando così le relazioni umane, un agire più diretto ed efficace o la soluzione dei problemi. La fantasia diventa un mezzo per non affrontare o risolvere problemi esterni o per esprimere e soddisfare i propri sentimenti e desideri; permette di ottenere una qualche transitoria e sostitutiva gratificazione fantasticando una soluzione a un conflitto con il mondo reale. Il soggetto, mentre utilizza la fantasia, si sente bene e allontana momentaneamente la convinzione di essere impotente; infatti mentre fantastica può essere attiva la convinzione opposta di essere onnipotente, di poter fare qualsiasi cosa. Nel contesto medico, sono frequenti “innamoramenti” da parte delle bambine nei confronti del medico curante e chiacchierate serali “goliardiche” tra le mamme.
L’incapacità di accettare la morte del proprio figlio è stata paragonata all’incapacità da parte dei pazienti psicotici di accettare la propria morte. Entrambi infatti hanno bisogno di creare un’area di illusione parziale che ha in comune con il delirio psicotico il bisogno di mantenere un’illusione di immortalità e di vivere una condizione di diversità dagli altri malati, ma si differenzia dal delirio, per la continua e stretta interazione con l’area vicina alla realtà (in quest’ultimi si parla infatti di area di illusione totale). E’ quindi priva delle estreme distorsioni che connotano il delirio e non diviene mai sostitutiva della realtà; piuttosto, consente di affrontare meglio quest’ultima.
Il bisogno del genitore è dunque di poter avere un’area di illusione, nella quale e per mezzo della quale evitare l’impatto diretto con l’evento della morte. In quest’area di illusione parziale coesistono entrambe le componenti: quella che sa che la morte è imminente e quella che s’illude di poter avere ancora tempo di vivere e di fare le cose che non ha fatto nel passato. L’area illusionale si pone quindi come una delle risorse più valide per mediare con una realtà così drammatica, e al tempo stesso diviene il mezzo con cui un genitore può accettare di identificare le sue risorse, per trascorrere il tempo che rimane al proprio figlio nel modo più costruttivo possibile.
L’illusione di essere eterno, quando interagisce costantemente con la realtà, diviene un rifugio consolatorio dalla realtà dell’impotenza e della frustrazione e permette di tollerare la propria reale situazione di perdita. Diviene, di fronte alla morte, un patrimonio di risorse interne ed emotive, che si contrappone all’irreparabile, ovvero la morte nel presente o nel futuro, gli errori, i fallimenti, le colpe, le occasioni perdute, consentendo di dar valore e significato a ciò che di positivo e di possibile esiste anche di fronte alla realtà più tragica.




mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 08:37
CANCRO AL SENO




Nuovi dati epidemiologici preoccupanti sul cancro al seno
martedì 7 luglio 2009

Più donne italiane malate di cancro al seno, rispetto alle stime ufficiali? È quanto emerso da un recente studio del CROM sul territorio nazionale.

Nuovi dati sulla diffusione del cancro al seno nella popolazione femminile italiana sono emersi da un recente studio condotto dal Centro di Ricerche Oncologiche di Mercogliano (CROM), affiliato alla Fondazione Pascale di Napoli, e pubblicato sul Journal of Experimental and Clinical Cancer Research.

Le stime descrivono uno scenario allarmante e inaspettato, in cui le cifre reali sono risultate sorprendentemente maggiori rispetto ai dati ufficiali. Il presidente della Sbarro Health Research Organization di Filadelfia, Antonio Giordano, che ha guidato l'équipe di studiosi, ha così motivato tale differenza: "Finora le uniche informazioni disponibili sui numeri del cancro al seno nella Penisola si basavano su una valutazione indiretta, sviluppata sulla base dei dati di mortalità Istat e di sopravvivenza dello studio Eurocare".
Giordano e la sua squadra si sono invece distinti per un approccio alla ricerca basato sul conteggio 'a tappeto' dei casi di tumore al seno su territorio nazionale. Passando in rassegna le schede di dimissione ospedaliera (SDO) del Ministero della Salute, sono risaliti al numero esatto di interventi chirurgici demolitivi (mastectomie) o conservativi (quadrantectomie) eseguiti dal 2000 al 2005.

Da un totale di 268.892 interventi per tumore alla mammella, fra mastectomie (100.745) e quadrantectomie (168.147), è emerso che:
nel solo 2005 i nuovi casi di cancro al seno sono stati 47.200 (+26,5% rispetto ai dati ufficiali che si fermavano ad una stima di 37.300);
dal 2000 al 2006 il numero di nuovi tumori al seno si attesta su valori sempre superiori a 40 mila all'anno, con un trend in aumento: erano 41.608 nel 2000 e in 6 anni si è registrata una crescita del 13,8%;
il maggiore incremento percentuale del numero di nuovi tumori al seno si riscontra nelle donne di età compresa tra 25 e 44 anni (quasi 77 donne ogni 100 mila in questa fascia d'età, con un aumento del +28,6% in sei anni).

Come spiegarsi questo aumento così cospicuo e, per così dire, in controtendenza?
Domenico Amoroso (Direttore di Oncologia, Ospedale Versilia, Lido di Camaiore, Vice-presidente della LILT - Lega Italiana Contro i Tumori) nota che "a fronte di un aumento dell'incidenza del tumore al seno, principale neoplasia del sesso femminile nei paesi occidentali, si è osservata, dagli anni 2000, una diminuzione della mortalità, legata non solo alla tempestività della diagnosi (sia per i programmi di screening europei, sia per una maggiore consapevolezza della donna), ma anche all'efficacia delle terapie oggi disponibili e alla riduzione dell'uso di estro-progestinici".
Riguardo all'incremento di procedure chirurgiche, soprattutto nelle donne di età inferiore a 45 anni e in quelle di età superiore a 75, Amoroso evidenzia come tali fasce anagrafiche siano le stesse escluse dallo screening mammografico (riservato alle donne fra i 50 e i 70 anni), mentre gli esperti a livello internazionale suggeriscono che i programmi di screening siano estesi fino ai 74 anni e alla fascia anagrafica tra i 40 e 49. "Non da ultimo - conclude Amoroso - bisogna tenere conto dei costi, non indifferenti, legati all'implementazione di eventuali programmi di prevenzione in queste fasce di età ed al maggiore carico di lavoro delle strutture sanitarie, problemi per i quali è auspicabile un'attenzione particolare da parte delle autorità sanitarie del nostro Paese".

Sulla superiorità della stima corretta delle SDO rispetto a quelle di ISTAT ed Eurocare, su cui sono stati basati gli stessi dati forniti dall'Istituto Superiore di Sanità, Amoroso sottolinea la necessità che la corretta valutazione sia applicata anche agli anni successivi al 2005 suggerisce e che i programmi di screening mammografico siano estesi fino ai 74 anni e alla fascia anagrafica tra i 40 e 49.

Carlo Tondini (Primario di Oncologia, Ospedali Riuniti di Bergamo) invita alla cautela, in particolare riguardo ai dati che indicherebbero l'aumento dell'incidenza del tumore al seno nelle donne giovani, sui quali non esistono ancora certezze.
Tuttavia, sottolinea Tondini, "il timore è quello di un'anticipazione di casi in età giovanile condizionata anche dagli stili di vita attuali delle donne occidentali, basati su un'alimentazione particolarmente ricca in grassi e ad alto contenuto calorico".
Secondo Tondini, inoltre, non andrebbero trascurati, nella riconsiderazione del rischio per le donne fino ai 30 anni, i fattori di predisposizione genetica, a volte ereditati. Con l'obiettivo di capire quali sono a rischio precoce e meritano strategie di sorveglianza fin da un'età giovanile.

giulia volpe

Fonte:

Piscitelli P, Santoriello A, Buonaguro FM. Incidence of breast cancer in Italy: mastectomies and quadrantectomies from 2000 to 2005. Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, 19 giugno 2009; 28:86.






mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 08:43
TUMORE AL TESTICOLO


CONOSCERE LA MALATTIA




Cos'è il tumore ai testicoli
I testicoli sono gli organi in cui nell'uomo avviene la formazione degli spermatozoi e di alcuni ormoni maschili (hanno una funzione analoga a quella delle ovaie nella donna).

I testicoli sono due, contenuti nello scroto, una borsa di pelle situata direttamente sotto il pene.

Il cancro del testicolo è una forma rara di tumore maschile, in cui le cellule tumorali si formano a partire dai tessuti di uno o di entrambi i testicoli.

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Quanto è diffuso

I tumori del testicolo sono circa l'1 per cento del totale e il 3-10 per cento di quelli che colpiscono l'apparato urogenitale maschile.

Secondo la rete di sorveglianza epidemiologica degli Stati Uniti, negli ultimi 30 anni c'è stato un aumento della frequenza di tumore testicolare di circa il 45 per cento, ma la mortalità è diminuita del 70 per cento, a testimonianza dei significativi progressi raggiunti nella terapia di questo specifico tumore: nel 1970 il 90 per cento dei pazienti con cancro testicolare moriva, mentre dagli anni novanta, grazie all'introduzione di nuovi farmaci, la situazione si è invertita, e oggi il 90 per cento degli uomini con cancro diffuso possono essere curati.

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Chi è a rischio
Le cause del cancro al testicolo restano sconosciute, anche se diversi fattori di rischio possono favorirlo.

Tra questi il principale è il criptorchidismo, cioè la mancata discesa nello scroto di uno dei testicoli che resta nell'addome o nell'inguine.
Questa condizione aumenta le probabilità di trasformazione maligna delle cellule fino a 40 volte rispetto alla popolazione generale, con un rischio variabile a seconda della sede del criptorchidismo: elevata se il testicolo è nell'addome e più bassa se è nell'inguine.
Le probabilità si riducono ulteriormente se l'anomalia viene corretta chirurgicamente prima dei sei anni di età.

Un altro importante fattore di rischio è la sindrome di Klinefelter, un difetto dei cromosomi.

Infine, gli uomini che hanno avuto un tumore al testicolo hanno dal 2 al 5 per cento di probabilità di sviluppare lo stesso tumore nell'altro testicolo nei 25 anni succesivi alla diagnosi.

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Tipologie
I tumori testicolari si dividono in due tipi: seminomi e non seminomi.

I primi sono circa la metà dei casi e consistono nella trasfomazione maligna delle cellule germinali, cioè di quelle che danno origine agli spermatozoi; sono frequenti nella quarta decade di vita e si associano spesso a una variante che coinvolge anche cellule non seminali (in questo caso si parla di forme germinali miste).

Gli altri, i non seminomi, includono quattro differenti forme: i carcinomi embrionali, i coriocarcinomi, i teratomi e i tumori del sacco vitellino, quella parte associata all'embrione che contiene materiale di riserva per il suo nutrimento.

La prognosi e il trattamento sono diversi a seconda del tipo di tumore.

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Sintomi
Di solito il tumore esordisce con un nodulo, un aumento di volume, un gonfiore o un senso di pesantezza del testicolo .

Per questo è importante che gli uomini imparino a fare l'autoesame del testicolo (così come le donne fanno l'autoesame del seno) palpando l'organo di tanto in tanto per scoprire in tempo eventuali anomalie.

Anche la brusca comparsa di un dolore acuto al testicolo è tipico di questo tumore, assieme a un rapido aumento del volume che può essere provocato da una emorragia all'interno del tumore. Viceversa, anche il rimpicciolimento del testicolo può essere un segnale di esordio della malattia.

Infine, è importante che i genitori facciano controllare i bambini dal pediatra di fiducia, poichè una correzione dell'eventuale discesa incompleta del testicolo entro il primo anno di vita riduce il rischio di cancro e facilita la diagnosi precoce del tumore.

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Prevenzione
Per i tumori germinali del testicolo non esistono programmi di prevenzione organizzati.
Gli stessi marcatori tumorali quali alfafetoproteina e beta-HCG (ovvero sostanze che si possono trovare nel sangue in presenza di questo tipo di cancro), utili per la conferma della diagnosi e per seguire nel tempo l'evoluzione della malattia, non servono nella diagnosi precoce.

Data tuttavia la giovane età della popolazione a rischio, va sottolineata l'importanza dell'autopalpazione del testicolo, con attenzione verso qualsiasi modifica dell'anatomia o della forma dello scroto.

Adulti e ragazzi dovrebbero conoscere dimensioni e aspetto dei loro testicoli, esaminandoli almeno una volta al mese dopo un bagno caldo, cioè con il sacco scrotale rilassato. Ogni testicolo andrebbe esaminato facendolo ruotare tra pollice e indice alla ricerca di noduli anomali, che dovrebbero essere immediatamente riferiti al medico. Questo accorgimento può consentire una diagnosi precoce.

È importante insegnare ai ragazzi questa manovra anche perché spesso l'unica visita a cui vengono sottoposti e che prevede l'esame dei testicoli è quella per la leva, che è stata abolita con la decadenza della leva obbligatoria.

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Diagnosi
La diagnosi del tumore viene effettuata tramite una ecografia dello scroto e il dosaggio di alcuni marcatori, cioè sostanze presenti nel sangue prodotte dalle cellule tumorali o indotte dalla presenza del tumore. Tali marcatori sono la alfa-fetoproteina e la beta-HCG.

Dopo la conferma sarà necessario asportare il testicolo per esaminare il tumore nella sua estensione locale e sottoporre il paziente a ulteriori accertamenti per verificare se le cellule tumorali si sono diffuse ad altre parti dell'organismo.

Ciò è importante per la scelta del trattamento più indicato.

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Evoluzione
Il cancro del testicolo è classificato nei seguenti stadi:

stadio I, con tumore circoscritto al testicolo;

stadio II, con tumore diffuso ai linfonodi dell'addome;

stadio III, quando il tumore si è diffuso oltre ai linfonodi anche con metastasi a distanza in organi quali polmoni e fegato.

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Come si cura
Grazie ai progressi degli ultimi anni, oggi 9 casi di tumore del testicolo su 10 si curano con successo.

Quando il tumore è diagnosticato in fase iniziale ed è limitato al testicolo, la chirurgia con o senza radioterapia è la prima scelta. Nelle forme più avanzate, invece, è necessario ricorrere alla chemioterapia, considerando che questo tipo di tumore è molto sensibile agli effetti dei farmaci, con cui si ottengono quindi ottimi risultati.

Con i farmaci guarisce anche il 60-70 per cento dei casi di malattia già disseminata, a cui va aggiunto un 10-20 per cento di pazienti guariti definitivamente dopo l'asportazione di tumori rimpiccioliti precedentemente con la chemioterapia. In entrambi i casi, comunque, è necessario farsi controllare molti anni dopo la cura.

In pratica, nella malattia in fase iniziale è indicata l'asportazione chirurgica del testicolo e del funicolo spermatico (sia nei seminomi sia nelle forme non seminomatose).

Nello stadio I per i seminomi è opportuno completare il trattamento con una radioterapia. Negli stadi più avanzati, invece, con metastasi ai linfonodi dell'addome oppure in altri organi, la chemioterapia consente un buon controllo della malattia. Dopo l'asportazione del testicolo viene inserita una protesi che consente di mantenere l'aspetto estetico dello scroto.







mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 08:45















PREVENZIONE: i Tumori del Testicolo



di Agnese Codignola








Un "tocco" di prevenzione : oggi dai tumori del testicolo si guarisce in 9 casi su 10, grazie alle cure e alla diagnosi precoce; è utile l'autopalpazione, per scoprire l'eventuale presenza di alterazioni.



I dati sul tumore al testicolo, presentati sulla rivista Lancet da un gruppo di epidemiologi italiani dell'Istituto Mario Negri, dell'Istituto europeo di oncologia e dell'Università degli studi di Milano, rivestono un'importanza che va al di là della pur utile rilevazione statistica: con la chemioterapia e la chirurgia oggi, da questa patologia che può colpire anche gli atleti, si guarisce in 9 casi su 10 in molti Paesi europei, in Giappone e negli Stati Uniti. Purtroppo ciò non accade nei Paesi dell'Est europeo, nei quali la diminuzione di mortalità è del tutto assente.



In Italia

Anzi, a partire dagli stessi anni in cui la chemioterapia ha iniziato a funzionare nel resto dell'Europa, in Giappone e negli Stati Uniti l'aumento dei decessi nell'Est europeo ha continuato a crescere, fino a raggiungere il preoccupante numero di circa 1,5 morti ogni 100.000 abitanti, cioè tre volte il valore, per esempio, che descrive la situazione attuale in Italia.

Come spiega Carlo la Vecchia, uno degli esperti che hanno effettuato l'analisi: «Il cancro del testicolo è per fortuna poco diffuso: le ultime stime dicono che in Italia ci sono circa 600-700 malati. Tuttavia, questo tumore colpisce per lo più uomini giovani, con un'età media di circa 45 anni».

I decessi sono circa un'ottantina all'anno e questo tasso, dopo una forte diminuzione dalla metà degli anni Settanta a quella degli anni Novanta, sembra aver raggiunto un livello che difficilmente potrà essere oltrepassato, almeno fino a che la terapia resterà quella attuale.

«In generale si ricorre alla chemioterapia basata sul cisplatino», spiega La Vecchia. «Le cellule colpite, infatti, appartengono alla linea germinale, hanno cioè, come quelle dell'ovaio, un'origine diversa dalle altre cellule del corpo e, per questo, possono essere colpite in maniera selettiva dai farmaci. In alcuni casi, quando la massa neoplastica è localizzata, si procede anche per via chirurgica, asportando tutto il testicolo. Le due cose assicurano, come si è detto, una completa guarigione in nove casi su dieci, sempre che la malattia sia curata in tempo e in modo adeguato. Ciò che, con tutta evidenza, non accade nei Paesi dell'ex blocco sovietico, in parte a causa dell'alto costo della terapia, così come perché è assente o quasi la diagnosi precoce».



Controlli

Su quest'ultimo punto, ricorda l'esperto, anche l'Occidente può e deve ancora lavorare molto: "Anche se accade molto spesso che i testicoli cambino forma o mostrino irregolarità, per i motivi più vari, è comunque importante che gli uomini abbiano più cura del proprio corpo ed effettuino con regolarità un auto-esame, il solo che li può indirizzare verso una diagnosi precoce e che può quindi modificare l'intero corso della malattia».

Le regole per eseguire correttamente l'autopalpazione sono piuttosto semplici (vedi box) e, in caso di dubbio, è bene chiedere un consiglio al proprio medico di famiglia e, se è il caso, a uno specialista.



I SEGNALI DI RISCHIO DA NON TRASCURARE

Ecco alcuni segnali che non devono essere sottovalutati e che devono essere segnalati tempestivamente al medico, anche se non necessariamente sono indizi del tumore:

rigonfiamenti del testicolo

perdita di volume di un testicolo

sensazione di pesantezza nello scroto

dolore sordo nella parte inferiore dell'addome o all'inguine

improvvisa formazione di liquido nello scroto

dolore o senso di disagio nel testicolo o nello scroto

sangue nelle urine

rigonfiamento o rammollimento delle mammelle

I segni che seguono, invece, di solito non sono collegati a un tumore testicolare:

presenza di foruncoli o arrossamenti esterni del testicolo

masse libere all'interno dello scroto, non collegate ad alcuna struttura interna

masse nell'epididimo che danno l'idea di avere un terzo testicolo

dolore o sensazione di calore avvertiti durante la minzione




Come si fa l'autopalpazione

A partire dai 15 anni, un esame una volta al mese consente di individuare l'eventuale insorgenza di una formazione sospetta. Ecco le raccomandazioni del National Cancer Institute statunitense per l'autopalpazione (l'esame andrebbe effettuato dopo una doccia o un bagno caldo, che rilassano lo scroto):

Porsi di fronte a uno specchio e verificare che non vi siano rigonfiamenti sullo scroto.

Esaminare ogni testicolo con entrambe le mani, mettendo indice e medio nella zona inferiore e pollice in quella superiore. Eseguire un movimento rotatorio delicato (non bisogna sentire alcun dolore) e non allarmarsi se un testicolo sembra un po' più grosso dell'altro: è del tutto normale.

Trovare l'epididimo, cioè la morbida struttura tubulare che si trova dietro al testicolo e che trasporta lo sperma e che a un occhio inesperto potrebbe essere scambiato per una massa sospetta. Ricordare che nell'epididimo non si formano tumori, quindi non preoccuparsi se si trovano piccole passerelle.

Se invece le formazioni sono nella parte posteriore (molto più frequentemente) o in quella anteriore del testicolo, chiedere subito parere al medico. L'anomalia può essere dovuta a un'infezione, ma se fosse causata da un tumore non bisogna perdere tempo.

Ricordarsi che tutte le masse che possono muoversi liberamente all'interno del testicolo non sono di origine maligna.




Lui ha vinto!

L. Armstrong, campione di ciclismo, colpito da tumore al testicolo, è guarito ed è tornato a gareggiare e a vincere.

















mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 08:48
SOLE, ABBRONZATURA, NEVI E MELANOMA: DOMANDE FREQUENTI, VERITA' E PREVENZIONE.





A cura del DR . GINO MATTUTINI, Medico Chirurgo, Specialista in Dermatologia e Venereologia, Responsabile del Servizio di Dermatologia e Chirurgia Dermatologica Oncologica presso la Casa di Cura "Villa Dei Pini", Civitanova Marche (MC) tel +39.0733.7861.



Per ulteriori informazioni e contatti: tel. +39.330.913376




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NOTA IMPORTANTE. Questo articolo ha uno scopo esclusivamente informativo. Ogni sforzo è stato condotto per renderlo chiaro, aggiornato, facilmente comprensibile da un pubblico molto vasto; tuttavia non possiamo escludere eventuali omissioni ed errori come anche possibili difficoltà interpretative da parte dei lettori. La Medicina è una scienza in costante evoluzione ed ogni paziente è unico nella sua condizione clinica; ribadiamo quindi che è solo il vostro Medico Curante che può illustrare la particolarità e quindi la prognosi della vostra condizione e che a lui solo spetta ogni conclusione diagnostica e terapeutica. Non rispondiamo in alcun modo di un uso improprio e non autorizzato delle informazioni fornite. Ultimo aggiornamento: 15.10.2006 .



Si parla molto di sole e dei pericoli ad esso legati. Eppure è cosi’ piacevole rimanere al sole. Ma allora è veramente cosi’ pericoloso esporsi alle radiazioni solari?

Ecco le risposte alle domande che più frequente vengono esposte ai dermatologi sul sole, sui nei, sui danni che può causare e sulla protezione solare.




I RISCHI LEGATI ALL’ESPOSIZIONE SOLARE.



Dall’eritema al melanoma



L’esposizione ai raggi solari e in particolare ai raggi UV può causare alterazioni cutanee che presentano come patologie a vari livelli di rischio e gravità:



dall’eritema : rossore provocato da un’eccessiva esposizione al sole….



Al melanoma : tumore della pelle.

È la forma meno diffusa, ma la più insidiosa ( elevato rischio di metastasi ).



Melanoma. Siete un soggetto a rischio?

Tutti possono sviluppare la più grave patologia della pelle, il melanoma, ma il rischio aumenta in presenza delle seguenti condizioni:



fototipo chiaro: pelle, occhi e capelli chiari. Pelle lentigginosa o con alta suscettibilità alle scottature.



Precedenti casi di melanoma:

nall’anamnesi personale o familiare.



Nevi :

se sono numerosi (>50 ). I nevi possono essere di forma, dimensione e colori molto diversi.



Lampade uva:

esposizioni ripetute a lampade abbronzanti.





LA PREVENZIONE E' LA MIGLIOR CURA.



Il melanoma è un tumore maligno della pelle che può insorgere su di un neo presistente o su cute sana. Negli ultimi anni si è registrato un rapido aumento di incidenza di questo aggressivo tumore della pelle. In Europa ogni anno vengono diagnosticati circa un milione di nuovi casi di tumore; uno su 100 è un melanoma.

Nonostante i progressi ottenuti nella immuno-chemioterapia, quando il melanoma viene diagnosticato tardi la mortalità resta elevata. La prognosi dipende soprattutto dallo spessore del tumore al momento della diagnosi. Più il melanoma è “ sottile” ( senza invasione degli strati profondi della pelle ) maggiori sono le probabilità di sopravvivenza e anche di guarigione.



Come controllare un neo ?



quando vi controllate un neo o una nuova lesione scura comparsa sulla pelle, dovete valutarla ricordando le prime 5 lettere dell’alfabeto: A B C D E.



A come Asimmetria : la presenza di una forma irregolare, con una metà della lesione diversa dall’altra, depone per un neo atipico.



B come Bordi : si i bordi sono regolari ed uniformi tutto va bene, ma se sono frastagliati, irregolari, con aspetto a carta geografica la lesione deve essere valutata dallo specialista.



C come Colore :se il neo presenta un colore molto scuro o non uniforme e/ o se sono comparse modifiche ( in chiaro, scuro, nero, rosso, bianco) anche minime la lesione deve essere adeguatamente monitorizzata.



D come Dimensione : se il neo ha un diametro superiore ai 6 millimetri o se ha avuto una crescita di dimensione negli ultimi mesi, dovete rivolgervi allo specialista.



E evoluzione / Elevazione /Emoraggia: se il neo ha avuto una modifica dell’aspetto iniziale, e/o se in un punto diventa in rilievo, e/o se sanguina spontaneamente e senza traumi, la lesione deve essere controllata dal dermatologo.







OSSERVATE LA VOSTRA PELLE



L’autoesame periodico dei nei, tenendo conto della regola dell’A B C D E, è sicuramente uno degli strumenti principali per individuare una lesione a rischio. Un grande passo in avanti è stato compiuto con l’avvento di una nuova metodica diagnostica chiamata Dermatoscopia che, se usata correttamente, aumenta del 30% la capacità di diagnosi precoce del melanoma rispetto alla sola visita clinica.

La tecnologia migliora e l’avvento dell’informatizzazione e dei moderni software di gestione dati in campo medico, ha consentito un altro passo avanti. È stato infatti ideato un Videodermatoscopio Digitale Computerizzato che consente di effettuare accurate mappature dei nei.





COME SI ESEGUE LA MAPPATURA DEI NEI ?



Il videodermatoscopio Digitale utilizza una telecamera a fibre ottiche collegata al computer, con cui è possibile riportare su di un monitor l’immagine clinica e dermatoscopica dei nei. A differenza degli apparecchi finora presenti questo strumento consente una elevatissima qualità delle immagini, cosa che è fondamentale per una corretta esecuzione della tecnica.

Il computer, munito di un particolare software di gestione dati, permette di creare per ogni paziente una cartella personalizzata in cui si raccolgono i dati anamnestici ( presenza o meno dei fattori di rischio del melanoma, etc.) ed una mappa delle lesioni neviche atipiche.

Di ogni neo viene memorizzata l’immagine clinica e dermatoscopica che sarà cosi’ facilmente confrontabile con altre immagini della stessa lesione, raccolte in controlli successivi , cosi’ da apprezzare ogni minimo cambiamento.





FALSE CREDENZE E VERITA’ SUI NEI.



COS’E’ UN NEO : il neo, o nevo, è un’anomalia della pelle, generamente di colore scuro ( dal marrone al nero ). Si presenta in forma piatta o in rilievo. Può essere già presente alla nascita, oppure comparire nel corso degli anni.




NON E’ VERO CHE



NON E’ VERO CHE TRAUMI E FERITE TRASFORMANO IL NEO IN TUMORE:

anche se sottoposti a traumi accidentali e ripetuti ( tagli provocati dal rasoio da barba, sfregamenti alla cintura dei pantaloni, etc), i nei non si trasformano in tumori.



NON E’ VERO CHE LE VOGLIE della madre in gravidanza si trasformano in nei o macchie nel figlio.



I NEI NELL’INFANZIA : prima della pubertà i nei non sono a rischio. Quindi non necessitano di un controllo periodico. E’ molto rara l’insorgenza di un melanoma cutaneo prima dei 10 anni.





SOLE E NEI



Le ustioni solari ripetute, soprattutto dai 5 ai 18 anni, aumentano la probabilità di sviluppare melanomi nell’età adulta. Quindi è necessario proteggere sempre i bambini e i ragazzi dal sole ed evitare le esposizioni prolungate.





DECALOGO PER UN’ ABBRONZATURA SICURA:

APPLICARE I PRODOTTI SOLARI PRIMA DI USCIRE

PER LE PRIME ESPOSIZIONI , NON ESPORSI AL SOLE PER PIU’ DI 45 MINUTI AL GIORNO

EVITARE DI ESPORSI TRA LE 12.00 E LE 16.00

NON ESPORRE I BAMBINI DI ETA’ INFERIORE AI 3 ANNI DURANTE LE ORE DI IRRAGGIAMENTO PIU’ INTENSO

NON DIMENTICARE CHE I COLPI DI SOLE NON SI PRENDONO SOLO SULLA SPIAGGIA

SE SI NOTA CHE UN NEO CAMBIA FORMA, DIMENSIONE O COLORE, CONSULTARE IL DERMATOLOGO

INDOSSARE CAPPELLO ED OCCHIALI DA SOLE

FARMACI E SOLE FORMANO UN COCKTAIL PERICOLOSO

BERE MOLTA ACQUA E SPESSO

ATTENZIONE ALLE CIRCOSTANZE CHE AUMENTANO IL RISCHIO O RIDUCONO LA PERCEZIONE DEL SOLE ( ALTITUDINE, VENTO FRESCO, NUBI ETC.)


mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 08:56
ALCUNE PREVENZIONI DEL CANCRO



Cibi per la Prevenzione del Cancro

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Fondata nel 1985, PCRM è un'organizzazione senza scopo di lucro, sostenuta da 5.000 medici e da 100.000 iscritti.
PCRM
5100 Wisconsin Ave., Suite 404
Washington, D.C. 20016
Phone: 202-686-2210, Fax: 202-686-2216, E-mail: pcrm@pcrm.org.

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Tra le numerose malattie che colpiscono la popolazione nell'epoca attuale, il cancro è sicuramente una delle più temute. Ma nonostante la enorme varietà di dati scientifici a disposizione, la maggioranza delle persone ignora come sia possibile ridurre il rischio di sviluppare tale patologia. Secondo il National Cancer Institue (USA), l'80 per cento di tutte le forme tumorali sono dovute a fattori ben identificabili e come tali sono potenzialmente prevenibili. Il 30 per cento dei tumori sono riconducibili all'uso di tabacco, mentre dal 35 al 50 per cento sono riconducibili a fattori dietetici. E' perciò facile controllare questi ultimi -ed altri- fattori di rischio.

Che cos'è il cancro?
Il cancro inizia a svilupparsi come una cellula anomala isolata che comincia a moltiplicarsi in modo incontrollato. Gruppi di cellule di questo tipo formano il tumore, che invade i tessuti sani, spesso diffondendosi in altre parti del corpo. Sono denominate cancerogene le sostanze che favoriscono lo sviluppo di cellule cancerose. Esse possono provenire dal cibo, dall'aria o persino dall'interno dell'organismo stesso. La maggior parte delle sostanze cancerogene viene neutralizzata prima che venga causato un danno effettivo, ma talvolta esse attaccano il materiale genetico di una cellula (DNA) e lo alterano. Sono necessari anni prima che si sviluppi un tumore vero e proprio. Durante questo periodo, molecole organiche conosciute come "inibitori" possono impedire alle cellule cancerose di moltiplicarsi. Alcune Vitamine presenti in alimenti di origine vegetale sono note essere degli inibitori. I grassi della dieta, per contro, posseggono riconosciute proprietà di attivazione dello sviluppo delle cellule patologiche.

Le fibre combattono il cancro
Nel 1970 il medico inglese Dennis Burkitt riportava come una dieta ricca di fibre fosse responsabile di una diminuzione dell'incidenza delle patologie a carico dell'apparato digerente. Egli notò come nei Paesi i cui regimi alimentari includevano una grande quantità di fibre (cioè diete basate essenzialmente su alimenti vegetali) si verificava un minor numero di casi di cancro al colon. Questa osservazione si è rivelata valida in tutto il mondo. Una più elevata assunzione di fibre con la dieta si riscontra nei Paesi non industrializzati, dove la carne viene consumata saltuariamente e l'alimentazione quotidiana è a base di prodotti di origine vegetale. Gli alimenti di origine animale non contengono fibre. Gli Stati Uniti e le altre Nazioni Occidentali, le cui diete sono basate su prodotti animali, hanno l'incidenza più elevata di cancro del colon.

Benchè non sia ancora esattamente compreso come le fibre siano in grado di prevenire le patologie a carico dell' apparato digerente, sono state proposte varie ipotesi. Per loro natura, le fibre non possono essere digerite nei primi stadi del processo digestivo degli esseri umani. Esse contribuiscono a far transitare il cibo più velocemente lungo il canale intestinale, aiutando l'eliminazione anche delle sostanze cancerogene. Inoltre richiamano acqua nel lume intestinale. Acqua e fibre aumentano la massa fecale ed in questo modo le sostanze cancerogene vengono diluite.

Nel corso del processo digestivo dei grassi, gli acidi biliari vengono secreti nell' intestino, dove alcuni batteri possono trasformare questi acidi in sostanze chimiche che favoriscono il cancro del colon. Le fibre possono legare gli acidi biliari ed aiutare ad espellerli dall'intestino [1]. Inoltre i batteri presenti nel colon fanno fermentare le fibre, creando così un ambiente più acido che può rendere meno tossici gli acidi biliari.

Le fibre risultano protettive anche nei confronti di altri tipi di cancro. Alcuni Studi hanno riportato come il cancro dello stomaco e il cancro della mammella siano meno frequenti in presenza di diete ricche di fibre [2, 3]. Le fibre influenzano inoltre i livelli di estrogeni nell'organismo. Gli estrogeni sono solitamente secreti nell'intestino, dove vengono legati dalle fibre e veicolati al di fuori dell'organismo [4]. Senza un'adeguata presenza di fibre, gli estrogeni possono essere riassorbiti dall'intestino nel circolo ematico. Alti livelli di estrogeni sono correlati ad un più elevato rischio di cancro della mammella.

Negli Stati Uniti la media dell'apporto di fibra nell'alimentazione quotidiana è di 10-20 grammi. Gli esperti ne raccomandano 30-40 grammi al giorno. Le fonti alimentari migliori di fibra sono cereali integrali, fagioli, piselli, lenticchie verdure e frutta. Sono più ricchi di fibre gli alimenti più vicini al proprio stato naturale, non raffinati e non sbucciati.

I grassi aumentano il rischio di cancro
Studi di popolazione hanno rivelato che le popolazioni con più elevati consumi di grassi alimentari sono anche quelle con più alte percentuali di morte per cancro dellla mammella e del colon. Per contro, le percentuali più basse sono state riscontrate in gruppi etnici con il più basso consumo di grassi [5]. Studi sui flussi migratori contribuiscono ad escludere l'influenza di fattori genetici [6].

Molti Studi indicano che i grassi della dieta aumentano il rischio individuale di sviluppare tumore, e che possono anche influenzare negativamente la sopravvivenza di coloro che hanno già contratto questa malattia [7].

Nonostante sia importante prendere in considerazione la quantità totale di grassi presente nell'alimentazione, esistono evidenze che i grassi animali sono molto più dannosi dei grassi vegetali. Uno Studio ha riportato un incremento del 200 per cento di cancro della mammella tra donne che consumavano manzo o maiale da cinque a sei volte la settimana. La dottoressa Sheila Bingham, un'eminente ricercatrice oncologica dell'Università di Cambridge, ha osservato che la carne sarebbe più strettamente associata al cancro al colon di qualsiasi altro fattore [8]. Carne e latte sono inoltre correlati al cancro della prostata e delle ovaie [9].

Come i grassi influenzano il rischio di cancro
I grassi sono responsabili di molteplici effetti all'interno del'organismo. Incrementano la produzione di ormoni e quindi aumentano il rischio di cancro. Stimolano inoltre la produzione degli acidi biliari, che sono stati correlati al cancro del colon.

La dieta media negli Stati Uniti comprende circa il 37 per cento di grassi. Il National Cancer Institute consiglia che la popolazione riduca tale percentuale al 30 per cento. Alcuni Studi, comunque, hanno mostrato che l'assunzione di grassi dovrebbe scendere ben al di sotto del 30 per cento per ottenere effetti anticarcinogeni. Al fine di avere un effetto positivo in questo senso, sembra consigliabile una riduzione al 10-15 per cento.

L'importanza dei cibi vegetali
I cibi vegetali non sono solo poveri di grassi e ricchi di fibre, ma contengono anche molte sostanze che combattono il cancro. E' stato dimostrato che i carotenoidi, i pigmenti che conferiscono a frutta e verdura il colore scuro, aiutano a prevenire il cancro. Il Beta-carotene, presente nelle verdure gialle e verde scuro, contribuisce a proteggere dal cancro del polmone e sembra anche aiutare a prevenire il cancro della vescica, della cavità orale, della laringe, dell'esofago, della mammella ed altri tipi di tumore.

Verdure come cavolo, broccoli, ravizzone, rapa, cavolfiore e cavolini di Bruxelles contengono flavoni ed indoli, che si ritiene posseggano attività anticancro.

La Vitamina C, che si trova negli agrumi ed in molte verdure, può abbassare il rischio di cancro dell'esofago e dello stomaco. La Vitamina C agisce come antiossidante, neutralizzando i composti chimici cancerogeni che si formano nell'organismo. Blocca inoltre la conversione nello stomaco dei nitrati nelle nitrosamine cancerogene.

Il Selenio si trova nei cereali integrali e ha lo stesso effetto antiossidante della Vitamina C e del Beta-carotene. Anche la Vitamina E ha un'azione analoga. Viene raccomandata cautela nell'assunzione di supplementi a base di Selenio, tossico in dosi massicce.

Alcool
Un consumo eccessivo di alcool eleva il rischio di cancro di mammella, cavo orale, laringe ed esofago. Quando associato al fumo, il rischio aumenta a dismisura. L'alcool aumenta inoltre il rischio di cancro a stomaco, fegato e colon [10].

I vegetariani stanno meglio
Le evidenze scientifiche indirizzano verso una dieta ricca di fibre e povera di grassi, che includa vari tipi di frutta, verdura, cereali integrali e legumi, come migliore strategia per la prevenzione del cancro. Non sorprende quindi che i vegetariani, la cui dieta soddisfa naturalmente tali requisiti, si collochino ai livelli più bassi di rischio di cancro. I vegetariani hanno un fattore di rischio per cancro che è circa la metà di quello di coloro che consumano carne [11].

I vegetariani hanno più elevati livelli ematici di Beta-carotene. Essi assumono più Vitamina C, Beta-carotene, Indoli e fibre dei carnivori. I vegetariani hanno anche un più valido Sistema Immunitario. Alcuni Ricercatori tedeschi hanno recentemente scoperto che nei vegetariani l'attività delle cellule NKC (Natural Killer Cells) è più che doppia rispetto ai non-vegetariani [12]. Le cellule NKC sono dei Globuli Bianchi specializzati che attaccano e neutralizzano le cellule cancerose. I vegetariani, inoltre, tendono a mangiare più prodotti a base di soia dei non-vegetariani. La soia contiente molte sostanze anticancerogene, inclusi Lignani e Fitoestrogeni. Una dieta ricca di soia può essere uno dei motivi che spiegano la minore incidenza del cancro della mammella nelle popolazioni Asiatiche.

Conclusioni
Una dieta per la prevenzione del cancro deve essere ricca di fibre, povera di grassi (specialmente grassi animali) e includere porzioni abbondanti di frutta e verdura. Dovrebbe inoltre ridurre al minimo od escludere l'alcool. Le diete migliori in quest'ottica sono le diete vegetariane.



I contenuti di questa pagina web non hanno lo scopo di fornire consigli medici individuali. Tutte le prescrizioni mediche vanno richieste direttamente a professionisti qualificati.


mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 09:00
RISCHIO CANCRO CON IL FUMO......


venerdì 3 aprile 2009
Quanto si riduce il rischio di cancro al polmone se si smette di fumare, o se si riducono le sigarette?
Appare ormai evidente che l'astensione dal fumo riduce il rischio cardiovascolare, e la possibilità di sviluppare diverse neoplasie. Per quantificare esattamente il rischio, e soprattutto la riduzione del rischio di sviluppare una neoplasia polmonare, è stato condotto uno studio apposito.
La ricerca, recentemente pubblicata sul Journal of Clinical Oncology , condotta dai ricercatori della Seoul National University in Korea , ha evidenziato che smettendo di fumare si ricuce significativamente il rischio di contrarre un cancro del polmone, ormai la prima causa di morte nel mondo per tumore. Il team di ricerca ha studiato casi di pazienti fra il 1992 e il 2003. Quando i pazienti riducono il loro consumo di sigarette da forte (più di 20 sigarette al giorno) a leggero (meno di 10 sigarette al giorno) il rischio di cancro ai polmoni si riduce del 37 per cento. Ma anche dopo questa diminuzione, il rischio resta molto più elevato rispetto ai non fumatori.
Il cancro ai polmoni nei fumatori forti è risultato nove volte più alto rispetto a coloro che non hanno mai fumato, e cinque volte maggiore rispetto agli ex-fumatori che hanno smesso da un considerevole periodo di tempo. Ridurre il consumo di sigarette da forte a leggero, riduce del 32 per cento i rischi di cancro ai polmoni, ma presenta un rischio che è ancora due volte maggiore rispetto a coloro che hanno smesso del tutto e di 3,5 volte rispetto a coloro che hanno smesso da molto tempo di fumare: rispetto a coloro che non hanno mai fumato il rischio resta maggiore di sei volte.
Che altro aggiungere? Ormai si sa praticamente tutto sui rischi del fumo, eppure molti giovani continuano ad iniziare.
Questi risultati sono in contrasto rispetto a quelli relativi ad altre malattie legate al fumo. Altri tumori, come quello alla gola e all'esofago, o quello ai reni o al pancreas non hanno particolari vantaggi da una riduzione da un consumo forte di sigarette a uno leggero, il rischio però crolla di ben il 37 per cento se si smette del tutto. Sono forme tumorali meno frequenti se non si è mai stati fumatori (due terzi in meno nei non fumatori rispetto ai fumatori forti).
mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 09:08
SCREENING PER I TUMORI DEL CAVO ORALE

sabato 01 agosto 2009


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Smettere di fumare







Screening per i tumori del cavo orale
Guida ai servizi clinici di prevenzione
Relazione della US Preventive Services Task Force
Seconda edizione
tratto da: Sistema Nazionale Linee Guida - Istituto Superiore di Sanità


RACCOMANDAZIONE

Sulla scorta dei dati disponibili, non è possibile formulare raccomandazioni a favore o contro lo screening di routine per i tumori del cavo orale da parte dei medici di base per gli individui asintomatici. A tutti i pazienti dovrebbe venire consigliato di non fumare, di non consumare tabacco in alcuna forma e di limitare il consumo di alcool. I medici dovrebbero prestare particolare attenzione alle lesioni precancerose e a qualsiasi segno o sintomo di tumore del cavo orale, in tutti gli individui che consumano tabacco o che assumono regolarmente alcool.


Dimensioni del problema

Il termine “carcinoma orale” comprende un insieme piuttosto vario di tumori che insorgono a livello del cavo orale; tra essi vengono inclusi, solitamente, i carcinomi del labbro, della lingua, della faringe e della cavità orale. Negli Stati Uniti l'incidenza annuale del carcinoma orale è di circa 11 casi ogni 100.000 persone, con un rapporto maschi/femmine superiore a 2:1. Il carcinoma orale è responsabile del 2% delle morti per cancro negli Stati Uniti. Si stima che nel 1995 siano stati diagnosticati 28.000 nuovi casi di carcinoma orale e che 8.400 persone siano morte a causa di questa malattia. Al momento della diagnosi il 53% dei carcinomi orali è già diffuso a livello locoregionale o a distanza. Complessivamente, la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 52% e oscilla tra il 79% dei pazienti con tumori confinati alla sede di insorgenza e il 19% dei pazienti con tumori metastatici. La storia naturale delle varie forme dei differenti tipi di carcinoma orale può essere molto diversa. I carcinomi del labbro rappresentano l'11% dei nuovi casi di tumore orale, ma causano solo l'1% delle morti totali. I carcinomi della faringe rappresentano invece il 31% dei casi incidenti ma determinano fino al 50% delle morti totali. L'età media alla diagnosi è di 64 anni e il 95% dei tumori insorge dopo i 40 anni. Circa la metà di tutti i casi di carcinoma dell'orofaringe e la maggior parte delle morti ad essi attribuibili si verifica in soggetti di età superiore a 65 anni. Il consumo di tabacco in qualsiasi forma e, in misura minore, un consumo eccessivo di alcool sono i fattori di rischio più importanti per lo sviluppo di un carcinoma orale. Il rischio aumenta da 6 a 28 volte nei fumatori e circa il 90% dei casi di carcinoma orale negli Stati Uniti è attribuibile al consumo di alcool e tabacco. In alcune aree dell'India e dell'Asia in cui è particolarmente diffusa l'abitudine di masticare tabacco o noce di betel, l'incidenza di carcinoma orale è 3 volte più elevata che negli Stati Uniti. In molte regioni dell'India il carcinoma orale è responsabile del 40% di tutte le morti per cancro nel sesso femminile. Altri fattori di rischio per il carcinoma orale sono: l'esposizione professionale a cancerogeni, l'esposizione alla radiazione solare (per il carcinoma del labbro) e la presenza di lesioni precancerose, come leucoplachia o eritroplachia. A seconda del grado di atipia istologica, fino al 18% dei casi di leucoplachia può trasformarsi in un carcinoma invasivo dopo un follow up a lungo termine. I pazienti con infezione da HIV presentano un rischio superiore alla norma di sviluppare tumori orali, soprattutto sarcomi di Kaposi e linfomi non-Hodgkin.


Accuratezza dei test di screening

Il principale test di screening per il carcinoma dell'orofaringe in soggetti asintomatici è costituito da ispezione e palpazione del cavo orale. Gli studi sull'argomento indicano che molti tumori insorgono a livello del pavimento della bocca, del palato molle e delle regioni ventrali e laterali della lingua, tutte sedi anatomiche che potrebbero risultare inaccessibili ad un normale esame ispettivo di routine. La tecnica d'esame consigliata, pertanto, prevede un'ispezione accurata della cavità orale e delle regioni extra-orali per mezzo di uno specchietto da dentista e raccomanda di afferrare e spostare la lingua con una garza per consentire la visualizzazione di aree di mucosa difficili da osservare. L'esame include anche una palpazione manuale del cavo orale con uso di guanti alla ricerca di masse sospette. E' stata pubblicata una descrizione completa delle tecniche d'esame consigliate. Poche, tuttavia, sono le informazioni sulla sensibilità di questa procedura nella diagnosi del carcinoma orale o sulla frequenza dei falsi positivi nei casi in cui viene identificata una lesione sospetta. Non sono state valutate neppure l'accuratezza diagnostica e il valore predittivo dell'ispezione rapida del cavo orale, più tipica di una normale visita di routine dal medico di base. Studi condotti in India e Sri Lanka hanno dimostrato che anche operatori sanitari di base, non medici ma sottoposti ad un breve corso sullo screening per il carcinoma orale, sono in grado di identificare sia tumori che lesioni precancerose. Metha ha riscontrato che l'esame da parte di operatori sanitari di base possiede una sensibilità del 59% ed una specificità del 98% nella selezione corretta dei casi da inviare ai dentisti. In questi studi, tuttavia, non vengono riportate informazioni sugli effetti dello screening; non è chiaro, inoltre, come questi risultati possano venire generalizzati ad una popolazione come quella degli Stati Uniti, in cui la prevalenza della malattia è molto più bassa. Alcuni studi suggeriscono che l'efficacia dei dentisti nell'eseguire un esame completo del cavo orale e nell'identificare i carcinomi orali in fase iniziale è superiore a quella dei medici. Negli Stati Uniti, tuttavia, gli anziani, cioè gli individui con il rischio più elevato di carcinoma orale, si recano raramente dal dentista; le loro visite dal medico di base, invece, sono più frequenti. Nessuno studio ha valutato la sensibilità e la specificità di uno screening per il carcinoma orale eseguito da dentisti. Alcuni autori hanno proposto anche forme di screening alternative, come sciacqui a base di cloruro di tolonio per colorare le lesioni sospette, ma sono necessari ulteriori studi per valutare l'accuratezza e il grado di accettabilità di queste tecniche prima di poter prendere in considerazione un loro uso di routine nella popolazione generale.


Efficacia della diagnosi precoce

Non esistono studi controllati che abbiano valutato gli effetti dello screening per il carcinoma orale sulla prognosi clinica. Esistono prove ben documentate che dimostrano che i pazienti con tumori in fase iniziale hanno una prognosi migliore di quelli con tumori diagnosticati in stadio avanzato. Questi dati di tipo osservazionale, tuttavia, non sono sufficienti per dimostrare che lo screening e la diagnosi precoce migliorino la prognosi dei pazienti a causa del possibile effetto di fenomeni quali l'anticipo della diagnosi (lead-time bias) e la variabilità della durata della fase preclinica (length time bias). Alcuni autori hanno sollevato dubbi sulla reale efficacia della diagnosi precoce nel migliorare la prognosi dei pazienti. Condurre studi clinici prospettici per valutare l'efficacia dello screening per il carcinoma orale risulta costoso e difficilmente praticabile nella popolazione generale, ma potrebbe rivelarsi possibile in popolazioni ad alto rischio, in cui l'incidenza del tumore è nettamente superiore. Molti studi si sono concentrati sul trattamento dei casi di leucoplachia orale, una lesione precancerosa, come metodo per la prevenzione del carcinoma orale. Numerosi studi clinici di chemioprevenzione, controllati con placebo e randomizzati, hanno valutato l'effetto di una terapia ad alte dosi a base di isotretinoina (acido 13-cis-retinoico) nel trattamento primario della leucoplachia e nella prevenzione di secondi tumori in pazienti già sottoposti a trattamento per carcinoma orale. Questi studi hanno dimostrato che l'isotretinoina è particolarmente efficace nel promuovere la remissione della leucoplachia e nel prevenire l'insorgenza di secondi tumori a livello del cavo orale. La leucoplachia, tuttavia, ha recidivato nella maggior parte dei pazienti a distanza di 3-6 mesi dall'interruzione del trattamento e la terapia ha avuto una tossicità elevata (con effetti indesiderati di lieve o moderata entità nel 79% dei casi). Uno studio ha valutato gli effetti di una terapia di mantenimento a fasi alterne, che prevedeva un'induzione di remissione della leucoplachia mediante isotretinoina, seguita da terapie di mantenimento alternate; esso ha dimostrato che l'isotretinoina a basse dosi era più efficace del beta-carotene nel mantenere la remissione e aveva meno effetti indesiderati della terapia ad alte dosi. La terapia con isotretinoina a basse dosi, infatti, ha causato tossicità grave nel 12% e tossicità moderata nel 42% dei partecipanti allo studio, con effetti collaterali quali secchezza della cute, cheilite e congiuntivite.Da studi clinici non controllati risulta che l'assunzione di betacarotene è in grado di ridurre in modo variabile l'incidenza di leucoplachia e displasia delle mucose (in alcuni casi la riduzione d'incidenza ha raggiunto il 71%); nonostante ciò in uno studio clinico randomizzato la maggior parte dei pazienti è andata comunque incontro a progressione delle lesioni. Gli effetti indesiderati del trattamento con betacarotene sono di norma trascurabili; in uno studio da poco concluso in Finlandia, tuttavia, i fumatori anziani di sesso maschile che hanno assunto betacarotene per 5-8 anni hanno avuto un'incidenza di carcinoma polmonare ed una mortalità lievemente più elevate rispetto ai controlli. È attualmente in corso di valutazione l'utilizzo di altre sostanze (per esempio vitamina E) e di terapie combinate.


Raccomandazioni da parte di altri gruppi

L'American Cancer Society raccomanda un check up per patologie tumorali comprendente l'esame obiettivo del cavo orale da effettuarsi ogni 3 anni per le persone con più di 20 anni e ogni anno per le persone con più di 40 anni. La Canadian Task Force on the Periodic Health Examination ritiene che non vi siano evidenze sufficienti per includere od escludere lo screening della popolazione generale per il carcinoma orale nelle visite di routine; tuttavia, ritiene appropriato consigliare l'esame del cavo orale eseguito da un medico o da un dentista per tutti i soggetti di età superiore a 60 anni che abbiano fattori di rischio per il carcinoma orale (per esempio fumatori o persone dedite regolarmente al consumo di alcool). Benché i National Institutes of Health abbiano smesso di emanare linee guida specifiche per lo screening del carcinoma orale, sia il National Cancer Institute che il National Institute of Dental Research promuovono campagne a favore della diagnosi precoce del carcinoma orale nel corso delle normali visite dentistiche di routine.


Discussione

Gli interventi di prevenzione primaria, come le campagne educative volte a informare i pazienti degli effetti nocivi del consumo di alcool e tabacco, potrebbero avere un impatto superiore a quello dei programmi di diagnosi precoce sulla morbilità e sulla mortalità per carcinoma orale. Esistono prove ben documentate del fatto che il consumo di tabacco e l'eccessivo consumo di alcool rappresentino due fattori di rischio indipendenti, che possono agire in modo sinergico nel predisporre al carcinoma orale. Più del 90% delle morti per carcinoma dell'orofaringe sono associate al fumo di sigaretta. Oltre che al fumo e all'alcool, il carcinoma orale è associato anche all'abitudine di fiutare o masticare tabacco. Il carcinoma orale è un tumore piuttosto raro negli Stati Uniti. Anche tra le persone ad alto rischio, come i fumatori, il carcinoma orale è responsabile solo di una piccola parte delle morti (inferiore al 2%). I test di screening attualmente disponibili per questa forma di tumore si limitano all'esame obiettivo del cavo orale, un test di cui non sono stati accertati sensibilità, specificità e valore predittivo positivo. Nonostante vi sia una stretta associazione tra stadio del tumore alla diagnosi e sopravvivenza, solo pochi studi controllati si sono proposti di valutare se lo screening di routine presso i medici di base sia in grado di ottenere una diagnosi precoce o una riduzione della mortalità. Considerati gli elevati tassi di morbilità e mortalità associati a un carcinoma orale in stadio avanzato e le terapie necessarie, i medici possono includere un attento esame del cavo orale nei pazienti asintomatici ad elevato rischio di tumore (cfr. Indicazioni cliniche); a tutt'oggi, tuttavia, mancano evidenze dirette dell'efficacia dello screening in qualsiasi sottogruppo di pazienti. Si ritiene appropriato, inoltre, invitare i pazienti a sottoporsi regolarmente a visita dentistica, nel corso della quale si può condurre un esame completo del cavo orale con più agio e minori difficoltà


INDICAZIONI CLINICHE

Sulla scorta dei dati attualmente disponibili, non è possibile formulare raccomandazioni a favore o contro lo screening di routine per i tumori del cavo orale effettuato dai medici di base in soggetti asintomatici (raccomandazione “C”). Benché non esistano prove dirette di un suo effettivo beneficio, si lascia alla discrezione dei medici la decisione di sottoporre periodicamente a esame obiettivo del cavo orale per la ricerca di lesioni precancerose o neoplastiche i soggetti che fumano o masticano tabacco (o che lo hanno fatto in precedenza), le persone anziane dedite al consumo regolare di alcool e chiunque si presenti spontaneamente con lesioni o sintomi sospetti. Tutti i pazienti, specialmente quelli a rischio elevato di tumore, dovrebbero essere invitati a sottoporsi regolarmente a una visita dentistica completa. A tutti i pazienti adulti e adolescenti andrebbe chiesto di specificare se e in che modo consumano tabacco e alcool. Tutte le persone dedite al fumo di sigaretta, sigaro o pipa, nonché quelle che hanno l'abitudine di fiutare o masticare tabacco o dedite a consumo eccessivo di alcool devono essere adeguatamente informate e consigliate dal medico. Ai soggetti che si espongono in modo prolungato alla luce solare andrebbe raccomandato di prendere precauzioni per proteggere labbra e cute dall'effetto nocivo delle radiazioni ultraviolette quando si trovano all'aperto.


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Attenzione: Oralmax.it propone contenuti a solo scopo informativo e che in nessun caso possono costituire la prescrizione di un trattamento o sostituire la visita specialistica o il rapporto diretto con il proprio medico curante.
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mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 09:42
TUMORI AGLI OCCHI










Occhio agli occhi


Di tumori agli occhi si parla poco, quasi per nulla. Addirittura, tra i profani molti pensano che gli occhi siano praticamente immuni dal cancro. Niente di più sbagliato, considerato che non solo si registrano numerosi, ma anche in parecchie e diverse forme. Con l’aiuto del dottor Fulvio Carraro, oculista presso l’ospedale di Rho (Milano), facciamo allora una carrellata dei più comuni, indicando per ognuno sintomi, diagnosi, terapia.
“Intanto, bisogna distinguere fra tumori localizzati all’interno dell’occhio, i più frequenti, e quelli all’esterno – premette il dottor Carraro – che a loro volta possono rivelarsi benigni o maligni.
Qui esamineremo solo i primi, in quanto quelli esterni, il più delle volte, sono di competenza del chirurgo maxillo-facciale o dell’ortopedico”.
Tumori intraoculari
Tre le forme principali nel gruppo dei carcinomi intraoculari possiamo trovare i tumori dell’età infantile, i tumori ad insorgenza nell’età adulta, i tumori metastatici (che tralasceremo perché derivati, in genere, da tumori primitivi polmonari, così come da localizzazioni secondarie dovute a linfomi, ecc).
Il retinoblastoma rappresenta senz’altro il più comune tumore dell’età infantile. La sua incidenza è stimata attorno a una ogni 30.000 nascite, e l’età media in cui si manifesta è di 2 anni, anche se è possibile che appaia già alla nascita e, inoltre, sono stati descritti casi ad insorgenza più tardiva. Può essere sia monolaterale sia bilaterale; soprattutto in quest’ultimo caso è stata evidenziata una familiarità con tratto autosomico dominante. Numerose le indagini effettuate sulle cause di questo tumore: attualmente, i fattori genetici risultano quelli maggiormente accreditati, poiché pare che in molti pazienti affetti da retinoblastoma sia presente una delezione del braccio lungo del cromosoma 13. Per quanto riguarda i sintomi, il segno più comune è la presenza della cosiddetta “pupilla bianca” (leucocoria), accompagnata da segni di strabismo convergente o divergente. Spesso l’occhio appare arrossato e dolente, con la possibilità della presenza di un glaucoma secondario; inoltre, sovente c’è calo del visus. Continua il dottor Carraro, il quale quotidianamente si occupa di problemi ed interventi legati alla retina: “Il tumore si presenta come una massa bianca di svariata grandezza, che provoca distacchi di retina essudativi solidi. Inoltre, esso ha la possibilità di crescere non solo all’interno dell’occhio, ma anche al suo esterno, invadendo la coroide, la sclera e i tessuti vicini”.
La diagnosi è normalmente clinica e basata sull’aspetto del tumore, e viene approfondita con esami ecografici e fluorangiografici (TAC e MRI sono utili soprattutto per verificare eventuali metastasi).
Attualmente, la terapia si avvale di terapia radiante, chemioterapia, laserterapia, crioterapia e chirurgia. Quest’ultima, che consiste nell’enucleazione, è riservata ai casi più invasivi.
Quanto alla prognosi, circa il 15-19% dei casi, purtroppo, ha una prognosi infausta quoad vitam. La prognosi si modifica radicalmente in positivo, però, per quei tumori di diametro inferiore ai 4 mm, e che non tendono ad invadere il nervo ottico. Passando ai tumori dell’età adulta, il melanoma maligno della coroide rappresenta sicuramente il più comune dei tumori primitivi intraoculari. L’età media d’insorgenza è attorno ai 50 anni, colpisce indifferentemente entrambi i sessi, e presenta una maggiore – anche se modesta – incidenza nei soggetti con iride chiara. Si tratta, solitamente, di un tumore monolaterale.
Purtroppo, spesso questo tumore si presenta asintomatico e “scoperto” ad un normale controllo di routine; solo in relazione alla sua localizzazione e, soprattutto, alle sue dimensioni responsabili di un distacco di retina, il paziente inizia a riferire calo del visus e difetti campimetrici.
La massa tumorale si presenta con un aspetto arancione scuro e può essere localizzata sia nella parte centrale dell’occhio (localizzazione sottomaculare), con riduzione marcata del visus, sia nei distretti periferici, provocando distacchi di retina di tipo essudativo-solido. La localizzazione molto anteriore, con coinvolgimento dei corpi ciliari, è definita come “melanoma maligno del corpo ciliare”.
La diagnosi clinica avviene mediante l’osservazione del fundus oculi e si avvale di esami di approfondimento quali ecografia oculare, fluorangiografia, risonanza magnetica. Inoltre, è d’uso comune, anche se non sempre infallibile, il test con fosforo radioattivo che può fornire delle indicazioni sul tipo di cellularità del melanoma. Il trattamento si avvale del ciclotrone proton beam, che negli ultimi anni ha dimostrato di portare a regressioni notevoli delle masse tumorali. Invece, la chirurgia è riservata solo in quei casi in cui il tumore, per la sua localizzazione, ha distrutto la visione centrale e quando altri trattamenti non sono risultati efficaci. Prognosi: pazienti affetti da melanoma maligno della coroide e del corpo ciliare hanno una sopravvivenza media a 5 anni del 50%, a 10 anni del 65% (la presenza di metastasi, specie al fegato, ossa e polmone, riduce drasticamente la prognosi anche ad 1 anno). Un altro tumore dell’età adulta è l’osteoma della coroide. Di natura benigna quoad vitam, questo tumore sembra originato dalla presenza di cartilagine ectopica nella coroide; spesso monolaterale, colpisce più di frequente il sesso femminile, in un’età compresa fra 20-30 anni.
Venendo ai sintomi, c’è da rilevare che tali tumori possono avere svariati diametri d’estensione (2-8 mm) ed uno spessore di 1-2 mm. Spesso localizzati vicino al disco ottico, si presentano come una massa di colore bianco cremoso a margini ben definiti, in grado di provocare difetti campimetrici e calo del visus se interviene un’essudazione a livello della macula. La diagnosi si avvale del fundus oculi, della fluorangiografia, dell’ecografia nonché della TAC e MRI: “Infatti, la diagnosi differenziale – spiega sempre il dottor Fulvio Carraro – deve essere posta fondamentalmente con il melanoma maligno della coroide, in quanto la prognosi dell’osteoma della coroide è nettamente più benigna sia quoad vitam sia quoad functionem rispetto al melanoma maligno”.
Per la terapia si ricorre al trattamento laser solo nei casi in cui l’essudazione maculare non si risolva spontaneamente. Infine, la prognosi definita è favorevole.
L’emangioma coroideale, tumore dell’età adulta, si deve definire più propriamente “amartoma”. Ha uno sviluppo del tutto benigno, e si manifesta classicamente verso la quarta decade di vita, colpendo in ugual modo uomini e donne.
L’emangioma coroideale è spesso asintomatico, e non di rado viene scoperto “per caso” in visite di routine. Si presenta come una massa rosso-arancione del diametro tra 2 e 6 mm, spesso localizzata vicino al nervo ottico e temporalmente alla macula; quando il tumore invade anche quest’ultima, il paziente lamenta calo del visus e metamorfopsie.
L’esame fluorangiografico retinico e l’ecografia oculare sono molto importanti per una buona diagnosi differenziale con il melagnoma maligno, con cui spesso ci si può confondere, avendo entrambi dei segni patognomonici per l’angioma coroideale.
“In presenza di un “reperto occasionale” in cui la macula non sia coinvolta e la retina non presenti segni di iniziale distacco, conclude lo specialista, non è necessario alcun trattamento, ed è sufficiente un controllo periodico del paziente. Negli altri casi, il trattamento fotocoagulativo è quello più indicato”.
Stop alla degenerazione maculare senile
Va detto subito: la degenerazione maculare (DM) non è un tumore, tuttavia è bene conoscere questa importante malattia oculare. Soprattutto poiché la prevenzione rappresenta l’arma vincente contro una malattia di cui in Italia soffrono oltre 8 milioni di persone. L’andamento esponenziale della DM è legato all’aumento dell’età, tanto che essa arriva a colpire, nelle sue diverse forme, circa il 30% della popolazione oltre 75 anni; mentre, per la sola forma neovascolare, la più minacciosa, che rende legalmente non vedenti in un breve periodo di tempo (dai 2 mesi ai 3 anni), si passa da 1% nei 50enni al 13% negli ultra 85enni. Né mancano forme giovanili.
Ma quanti italiani al di sopra di 50 anni (la fascia d’età più colpita) sanno che la DM è una malattia che colpisce la parte centrale della retina, ossia la macula? Ecco i risultati di una recente indagine Doxa su un campione rappresentativo (706 interviste): il 74,5% (la percentuale sale al 79,8% degli over 70) ha dichiarato di non conoscere affatto la malattia, il 22,4% “ne ha sentito parlare”, e solo il 3,1% dichiara di conoscerla bene. Il dato è tanto più allarmante, se si considera che oggi in Italia un milione di persone ha i primi sintomi, e di loro il 20% è affetto dalla “forma umida” che, se non curata precocemente, porta nell’80% dei casi alla cecità legale. Inoltre, tra chi dice di conoscere la malattia, ben il 44% non sa se è curabile, e il 20% ritiene sia incurabile.
Ben pochi, per esempio, sanno che c’è la verteporfina e – nonostante la “terapia fotodinamica” sia costosa – da un anno la verteporfina (controindicata principalmente nell’insufficienza epatica) è registrata come farmaco in fascia H.

Oculisti col bollino blu
Da ora in poi ogni intervento alla vista sarà più sicuro grazie alla certificazione CERSOI, il primo bollino blu rilasciato da una Società scientifica: la Società oftalmologica italiana, associazione medici oculisti italiani (SOI, AMOI), l’ente che rappresenta i 7.000 oculisti italiani.
CERSOI vuol essere l’attestato che garantisce la qualità dei centri chirurgici oftalmici su tutto il territorio nazionale, permettendo di ottenere maggior sicurezza a tutti coloro che si sottopongono ad un intervento chirurgico agli occhi. A questo scopo, ispettori ed esperti debitamente formati hanno appena cominciato ad effettuare le necessarie visite di controllo per attestare l’idoneità dei centri chirurgici che effettuano interventi agli occhi. In tale esame viene seguito un rigido protocollo che comprende diversi tipi di analisi:

la qualità tecnologica delle apparecchiature utilizzate (la certificazione sarà rilasciata solo a quelle più moderne, che comunque hanno beneficiato di un aggiornamento negli ultimi 5 anni);
la qualità delle strutture operatorie;
la qualità dell’informazione ai pazienti pre e post intervento (il malato deve poter ricevere la migliore informazione ed assistenza possibile, usando gli appositi consensi informati redatti dalla Società Oftalmologica Italiana).
Perché questa certificazione
“La Società Oftalmologica Italiana ha tra i suoi scopi statutari l’obbligo di contribuire al miglioramento della qualità delle prestazioni oftalmologiche per la salvaguardia della salute visiva degli italiani” – spiega Matteo Piovella, segretario SOI, AMOI –. Pertanto, abbiamo ritenuto necessario creare questa certificazione, basandoci su un modello organizzativo armonico con le metodologie dei processi ISO 9002 e VISION 2000, così da consentire al cittadino di rivolgersi con fiducia e tranquillità ai centri che esporranno la nostra attestazione”.
I centri che otterranno la certificazione saranno tenuti sotto controllo di verifica annualmente; già da gennaio un primo elenco dei centri certificati è disponibile sul sito www.soiweb.com

Una campagna per la prevenzione
Si chiama “occhio alla macchia” la campagna che ha per obiettivo il mantenimento di una buona qualità di vita in chi supera 50 anni. Ammalarsi significa una drastica perdita di autosufficienza e un radicale peggioramento dello stile di vita: incapacità di leggere, guidare, riconoscere un viso familiare, infatti, sono legati ad un profondo disagio sociale e psichico. In realtà la campagna, nata grazie alla SOI (Società oftalmologica italiana), che si occupa di campagne d’informazione contro malattia rilevanti a livello oculare, e all’AMD Alliance International – rappresentata in Italia dall’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità – con il contributo di Novartis, dovrebbe chiamarsi “occhio alla distorsione”, perché il primo sintomo è una deformazione dell’immagine. Tre gli obiettivi principali: sensibilizzare i pazienti sul riconoscimento dei primi sintomi, aggiornare gli oculisti sulle nuove diagnosi e terapie, sensibilizzare i politici su tale malattia a carattere sociale. C’è anche un numero verde – 800.85.90.20 – cui rispondono operatori formati per dare informazioni di prima necessità, e anche per indirizzare verso centri specializzati.

Indirizzi utili
Per informazioni contattare il numero verde 800.85.90.20. Da gennaio sarà disponibile on-line un primo elenco dei centri certificati sul sito: www.soiweb.com




mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 09:47
ANDARE SCALZI E' UN SEGRETO DI BUONA SALUTE??
Antonio Miotto su Il Messaggero

Andare scalzi è un segreto di buona salute?

Sembra un assurdo, ma le statistiche dimostrano che la più alta incidenza di decessi per cancro si verifica nei Paesi i cui abitanti portano scarpe moderne che deformano il piede

Le famiglie che ogni tanto ospitavano il grande Einstein rimanevano sbalordite nel constatare che lo scienziato non possedeva le pantofole quando si intratteneva a casa. Infatti, Einstein, si toglieva semplicemente le scarpe e girava per la casa con le sole calze sui piedi. Si trattava della solita distrazione o della trascuratezza nel vestire? Fino a ieri. eravamo inclini ad accettare queste ipotesi, ma ora, la lettura di un libro sulle malattie dei piedi ci ha insinuato un dubbio che non riusciamo a cancellare. E se la resistenza organica di Einstein e la costanza, nelle meditazioni più vertiginose fossero state in qualche misterioso rapporto con la vitalità dei piedi, mantenuti sani proprio camminando scalzo, senza la tirannia delle scarpe?'

Se il dubbio vi sembra irriverente (anche a noi sembrava cosi), non vi resta che leggere ti libro del dottor Simon J. Wikler che si intitola / vostri piedi e che esce ora tradotto in italiano nelle edizioni Richter di Napoli. Un libro molto strano, certamente. Ma anche denso di annotazioni acute e utili allo studioso di medicina e di biologia che - diciamolo pur francamente - non ha avuto troppo tempo a di-sposizione. per occuparsi delle estremità degli arti inferiori. In­dagare sul cervello, sui polmoni, sul cuore, sul fegato o sui reni, bene; ma centrare tutta una carriera medica soltanto sullo studio e sulla cura del piedi, questo si che non capita di sentire tutti i giorni. Qualche pagina, potrà anche far .sorridere ma il sorriso non è un'arma critica e non ci esonera dal compito di cercare i semi buoni in tutte le teorie.

Cominciamo subito con una «bomba». Gli uomini di laboratorio si spremono le meningi per scoprire le cause del cancro e per mettere a fuoco un rimedio efficace, ma non si sono mai preoccupati di mettere in rappor­to il dilagare dei tumori maligni con le deformazioni dei piedi. Ora cominciate a ridere di gusto con questa trovata e state convincendovi che la storia della medicina, sfrutta un capitolo della fantascienza, ma il dottor Wikler vi blocca il sorriso con una constatazione: le statistiche dimo­strano che la più alta incidenza di decessi per cancro si verifica nei Paesi in cui gli abitanti portano scarpe moderne che deformano il piede, mentre l'incidenza più bassa si registra fra coloro che non conoscono i nostri tipi di calzature o che vanno semplicemente a piedi nudi. Prendete gli esempi degli Stati Uniti. della Svizzera, dell'Inghilterra o della Danimarca e trovate che i decessi annuali oscillano da 180,9 al 147,4 (su ogni l00.000 morti) e il confronto vi rivela che le cifre scendono all'86.2 per l'Italia, al 14 per il Perù e all’11,3 per Ceylon. Siccome in questi ultimi Paesi c'è ancora parecchia gente che va scalza e che porta calzari comodi, ecco che il nostro Autore vi mette la pulce nell'orecchio, insistendo sul valore indicativo di queste statistiche sulla reale possibilità che le scarpe moderne provochino delle malformazioni tali da poter perlo-meno favorire l'insorgere del tumore maligno.

Siccome continuerete a tentennare il capo, il dottor Wikler vi offre subito un risultato di una ricerca personale. Egli si è recato in un villaggio rurale del Messico e ha studiato un gruppo di 36 bambini che non conoscevano neppure l’esistenza delle scarpe. Ha confrontato successivamente lo stato di salute dei piedi de primo gruppo con un altro di 36 bambini convalescenti di febbre reumatica nell'Ospedale di Baltimora e ha terminato la ricerca con un gruppo di controllo: 36 bambini scelti a caso in una piscina pubblica nel quartiere operaio della stessa città. Voi immaginate già le deduzioni: i bambini del Messico hanno una normale flessibilità delle dita e non presentano atrofie muscolari mentre gli altri presentano queste. malformazioni e specialmente i soggetti convalescenti. Conclusione: c'è un preciso rapporto tra febbre reumatica e malformazioni dei piedi.

Ma l'elenco potrebbe continuare con le cardiopatie, e con le malattie dell'apparato digerente, del sistema renale, ecc., per giungere addirittura (e questa è la seconda «bomba» del dottor Wikler) ai disturbi della personalità che siamo abituati a raggruppare nel vasto e inquietante capitolo delle neurosi. Parecchie pagine sono un atto di accusa contro la psicanalisi e la moderna medicina psicosomatica: Freud avrebbe fatto meglio a occuparsi del piedi dei suoi pazienti invece di perdere tempo con l’analisi dei complessi e dei sogni. E' - tanto per concludere con un colpo k.o. - l'Autore vi cita i casi di illustri psichiatri e psicanalisti che sono venuti a bussare alla sua porta per liberarsi da complicati disturbi emotivi. Guariti i piedi, spariti anche i disturbi: vi pare poco?

Ma lasciamo da parte la facile ironia e vediamo quei famosi semi buoni che è doveroso rintracciare anche nelle ipotesi più strabilianti. Lasciamo quindi in pace Freud e gli psichiatri che hanno ritrovato l’equilibrio con la cura dei piedi. Insistiamo piuttosto su certi aspetti positivi della tesi che ci occupa in questo momento. Il primo aspetto é di carattere generale ed è subito delineato con la seguente proposizione: le calzature moderne non rispettano che raramente la «personalità del piede» (non vi faccia paura questa espressione, perché ogni organo vitale del nostro corpo ha un suo insostituibile significato profondo) e quindi tutto il peso corporeo viene spostato in una misura anormale. Nel caso del fanciullo la larghezza totale delle dita dei piedi equivale a quella del torace e anche per l'adulto le cinque dita di un piede non deformato dovrebbero avere una larghezza doppia di quella del calcagno. L'impronta di un piede normale dovrebbe suggerire la forma geometrica del triangolo con l’apice nella zona del calcagno. E siccome le scarpe moderne hanno da tempo prescelto la forma anteriore appuntita, ecco che tutta l'impostazione naturale del piede viene rovinata. E’evidente che le dita, compresse e costrette a sovrapporsi una all’altra, diventano appuntite e allora l'apice del ricordato triangolo non si troverà, più nella zona del calcagno, ma verso le dita. E queste si deformano, si atrofizzano e diventano proprio inutili. La muscolatura s'indebolisce fino a diventare una. debole massa fibrosa. Le delicate ossa delle dita cominciano a premere contro il metatarso che a sua volta preme sul tarso: il risultato è un vero disastro, perché il baricentro del corpo viene spostato in avanti e a lungo andare questa anormale pressione può minacciare non soltanto le ossa dello scheletro ma anche e soprattutto gli organi interni.

E gli altissimi tacchi della moda femminile? Peggio che andare di notte, commenta il nostro autore. Le ossa del calcagno sono robuste e la natura le ha destinate a sopportare il peso maggiore del corpo; mentre le ossa delle dita sono molto più delicate e non dovrebbero affatto essere massacrate da un eccesso di pressione. Ora il tacco alto impedisce il normale movimento del calcagno e il peso del corpo grava tutto sulle delicate ossa delle dita. Le donne si lamentano di invincibili stanchezze, di dolori reumatici o artritici? Non guariranno mai se non sceglieranno la libertà, cioè il tacco basso o addirittura la pantofola piatta.

Come abbiamo detto, il libro del dottor Wikler è un tantino strano e suscita più problemi di quanti ne possa risolvere. L'entusiasmo non è un buon compagno per lo scienziato. Ma con tutte queste riserve, possiamo dire che la cura del piedi è di incalcolabile importanza per l'uomo moderno che non fa altro che correre e affannarsi da mattina a sera. Ci lamentiamo troppo della nostra povera testa e dimentichiamo di pensare onestamente anche ai nostri poveri piedi. Il grande Einstein sapeva questo quando passeggiava scalzo?






mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 09:53
NATUROPATIA TREAT
Che cosa Naturopatia Treat
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Che cosa Naturopatia Treat? Naturopatia è un sistema di guarigione in cui l'importanza è data alla intrinseco potere di guarigione del corpo umano per curare e mantenere la stessa.


Si ritiene che il medico greco Ippocrate, il 'padre della medicina' e quello che ha dichiarato 'Natura cure, i medici non' è il primo sostenitore della Naturopatia.

Naturopatia è una combinazione di diversi metodi di guarigione naturale. L'uso di rimedi naturali come erbe e alimenti è praticato in sede di droghe sintetiche e chirurgia. Il termine Naturopatia è stato coniato da John Scheel nel 1895 e utilizzato da Benedict Lust, che è noto come il 'padre della US Naturopatia'.

La pratica della Naturopatia è centrata su sei valori fondamentali, come indicato qui sotto.

Fornire assistenza sanitaria più efficace, con meno rischi di tutti i tempi
Il Self Healing potere inerente alla persona deve essere riconosciuta, rispettata e promossa
Affrontare le cause di malattia, anziché l'eliminazione dei sintomi
Educazione del paziente ad assumere la responsabilità di autoregolamentazione per la salute
Il paziente deve essere trattata in considerazione tutti i fattori di salute totalità, e non in bit e pezzi
Promuovere il benessere e la prevenzione delle malattie
Naturopatia trattamento copre diversi settori, quali l'agopuntura, la medicina botanica, l'omeopatia, l'alimentazione, la consulenza psicologica, la terapia dei colori, l'iridologia, la fitoterapia, idroterapia, terapie fisiche, e yoga.

Molti problemi di salute sono attribuite al malsano stile di vita e vita moderna, che è essenzialmente l'individuo della propria attività. Pertanto, l'individuo deve assumersi la responsabilità per viziare e uso improprio del suo corpo. Se si va di nuovo al modo naturale di vivere, il suo stato di salute possono essere ripristinati indietro se non è già al di là di imbarazzo riparazione.

Naturopatia considera il corpo umano come un intero, il fisico, mentale e spirituale, gli aspetti in modo che la persona riceve la sua normale salute e continua a beneficiare delle stesse.

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Che cosa Naturopatia Treat



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Naturopatia Fungus Rimedi per gli atleti del piede

Atleta del piede è una infezione della pelle causata da un fungo conosciuto come Tricophyton. Quando i piedi o in altri settori del corpo rimanere umido, questo fungo può prosperare ed infettare lo strato più superficiale della pelle. Questa infezione può verificarsi in qualsiasi parte del corpo, compresi cuoio capelluto, mani, piedi e l'inguine.




mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 09:57
RIMEDI PER GLI ATLETI DEL PIEDE
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Naturopatia Fungus Rimedi per gli atleti del piede Atleta del piede è una infezione della pelle causata da un fungo conosciuto come Tricophyton. Quando i piedi o in altri settori del corpo rimanere umido, questo fungo può prosperare ed infettare lo strato più superficiale della pelle.


Questa infezione può verificarsi in qualsiasi parte del corpo, compresi cuoio capelluto, mani, piedi e l'inguine.

Il fungo che provoca l'atleta piedi si trova in molti luoghi, come pavimenti in palestra, spogliatoi, piscine, saloni unghie, e l'abbigliamento. Si può anche diffondersi da persona a persona. Senza un adeguato crescente condizione il fungo non può causare infezione.

La posizione più comune per l'atleta del piede è sulla piante dei piedi. Sulla suola è chiamato 'mocassino' tipo. Tra le dita del piede che si chiama 'interdigital' tipo. I sintomi includono prurito e bruciore, peeling pelle o vesciche e secchezza della pelle.

Fungo rimedi naturali per atleta piedi sono di seguito indicate:

Tea tree oil - Questo ha una lunga storia di utilizzo per le infezioni della pelle in Australia. Albero del petrolio è un antisettico e ha la capacità di uccidere i batteri e funghi. Questo è utile nel trattamento di piede d'atleta.
Sosa - Questo è uno di erbe usate in Messico per la cura del piede Atleta.
Come parte del trattamento, l'area infetta è da meno adatti per il fungo a crescere. L'area deve essere tenuto pulito e asciutto. Shoe materiale è necessario per essere un tipo traspirante. Altrimenti i piedi può rimanere umido e rendono facile per i funghi a crescere. Polveri può essere utilizzato per mantenere la pelle asciutta. Calzini di cotone può aiutare a ottenere acqua di distanza.
Una casa fatta di porre rimedio diluito aceto bianco può essere usato per la macerazione del piede. Una parte di aceto deve essere diluito con quattro parti di acqua per fare questa soluzione umettante.
Se viene lasciato non trattato, Atleta del piede può diffondersi in altre parti del corpo come gambe, mani, e le unghie. Le persone con diabete e altri problemi immunitario sono inclini a tali infezioni.

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Naturopatia nel trattamento del cancro del colon

Cancerose in crescita del colon, retto e appendice è noto come il cancro del colon, o tumore del colon. Si tratta di contribuire a 655.000 morti in tutto il mondo ed è la seconda causa di decessi correlati al cancro nei paesi sviluppati.




mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 10:00
TUMORE AL COLON
Naturopatia nel trattamento del cancro del colon
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Naturopatia nel trattamento del cancro del colon Cancerose in crescita del colon, retto e appendice è noto come il cancro del colon, o tumore del colon. Si tratta di contribuire a 655.000 morti in tutto il mondo ed è la seconda causa di decessi correlati al cancro nei paesi sviluppati.


I sintomi del cancro al colon sono come cambiamento di abitudini intestinali, sensazione di incompleta defecazione, e cambiare l'aspetto nelle feci, dolore e gonfiore intestinale. Altri sintomi associati come la perdita di peso, e la mancanza di appetito anche essere vissuta. Il fumo, l'alcolismo, la dieta ad alto contenuto di carne rossa, le carenze nutrizionali, a basso apporto di fibre, e l'inattività fisica sono considerati come una delle cause del tumore del colon.

E 'stato riportato che una dieta ad alto contenuto di proteine, che non hanno più elevato in carboidrati, basso contenuto di grassi e ricchi di fibra è di ridurre il rischio di tumore del colon. La microflora intestinale è composta da 100 a 400 diverse specie batteriche. Sia le sostanze di cui l'intestino sono convertiti in composti che sono benefiche o dannose per l'host è determinato dal saldo microbica. Vi è una correlazione tra il consumo regolare di prodotti lattiero-caseari fermentati e bassa incidenza di tumore del colon.

Un trattamento naturopatia è una combinazione di arte, scienza e filosofia. Il potere curativo della natura viene utilizzato per mantenere e ristabilire la salute. L'obiettivo della medicina naturopatica è quello di creare un ambiente sano, sia all'interno che all'esterno del corpo. La medicina naturopatica per i malati di cancro include i seguenti servizi:

Supporto normale metabolismo durante il trattamento.
Diminuire gli effetti collaterali del trattamento del cancro.
Potenzia il sistema immunitario
Lungo termine, la prevenzione del cancro
Migliorare il benessere e la qualità generale della vita
Quindi, naturopatia integrata cura verso le opere comprese le terapie complementari, quali la medicina naturopatica per completare tradizionali trattamenti contro il cancro. Un medico di naturopatia fornisce ulteriori ingressi, come integratori alimentari, la medicina botanica, medicina omeopatica e idroterapia per andare insieme con il tradizionale trattamento.
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Cicatrici e naturopatia

Se vi è uno squilibrio interno del corpo, può dar luogo ad acne. E 'causata da un eccesso di secrezione di olio da ghiandole sebacee. Se gli oli di scarsa qualità sono consumati, questi oli, invece di fluire bloccare i pori, e poi attirare batteri. D'altro canto, gli oli di buona qualità e il flusso e fornire nutrimento per la pelle. Ecco alcuni suggerimenti da naturopatia per una buona nutrizione.


mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 10:03
Cicatrici e naturopatia
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Cicatrici e naturopatia Se vi è uno squilibrio interno del corpo, può dar luogo ad acne. E 'causata da un eccesso di secrezione di olio da ghiandole sebacee. Se gli oli di scarsa qualità sono consumati, questi oli, invece di fluire bloccare i pori, e poi attirare batteri.


D'altro canto, gli oli di buona qualità e il flusso e fornire nutrimento per la pelle. Ecco alcuni suggerimenti da naturopatia per una buona nutrizione.

Il digiuno è un modo efficace per evitare l'alimentazione malsana. Periodicamente si ha la necessità di veloce per pulire il corpo di impurità. Un alto contenuto di proteine a basso tenore di carboidrati e la dieta è da seguire. Pesce, verdura, germogli, cereali, frutta e devono essere incluse. Evitare cibi elaborati, i prodotti lattiero-caseari, la caffeina, e burro. Supplementi come selenio, olio di lino, cromo, vitamina A, vitamina B6, vitamina C, vitamina E e zinco sono necessari. Le seguenti erbe possono essere utilizzate:

Dente di leone - Si tratta di un depuratore di fegato

Latte cardo - Questo è usato come un depuratore di fegato

Bardana - Questo è usato come un purificatore del sangue all'interno e all'esterno antibatterici.

Casto albero di bacche - Questo è usato per l'acne con associati periodo mestruale.

Tea Tree - Questo è usato come disinfettante.
Trifoglio rosso - Questa è usato come un purificatore del sangue.

Supplente impacchi caldi e freddi applicati al settore sono utili.

Lavanda olio può essere utilizzato su ogni giorno e le cicatrici gradualmente vedrete le cicatrici scomparendo. Un altro rimedio è salito utilizzando l'olio, che può essere miscelato con olio di uva e applicate sulla cicatrici. Questo rimedio aiuta le cicatrici di dissolvenza.

mauretto58
00sabato 1 agosto 2009 11:46
UN RINGRAZIAMENTO ANCHE NEL DOLORE......................


Incidente in via acquafredda , ancora incerta la dinamica .
Le vittime : sebastiano cantalamessa , 24 anni e Silvia bertacche di 20 .
Lei amica di alessio cicchinelli lavorava con lui al centro estivo "le palme sporting club" sull'aurelia .
Una tragedia improvvisa che nessuno poteva prevedere .
I due fidanzati rientravano in sella a una honda 600 da una serata fuori,quando si sono scontrati con una citroen c3 , proveniente dalla corsia opposta,guidata da un 34enne risultato negativo all'etilometro e al test antidroga,ma comunque indagato per omicidio colposo.
Un impatto violentissimo,devastante,che ha reso inutile anche l'intervento dei soccorsi .
Dal comando centrale della polizia municipale fanno sapere che al momento dello scontro l'auto,proveniete da boccea,occupava parte della careggiata opposta nel tentativo di entrare in un passo carrabile .
I funerali sono previsti per lunedi' prossimo .

==========================================================

la famiglia colpita ha devoluto lo stipendio della povera silvia ad ali di scorta .
anche nel dolore, questa famiglia non dimentica i bambini malati e loro genitori .
un grazie alla fam . Bertacche .

ALI DI SCORTA
mauro

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mauretto58
00mercoledì 5 agosto 2009 07:52
LAVORI ALLA NUOVA CASA DI ALI DI SCORTA DI VIA ALDOBRANDESCHI






Oggetto: NUOVACASA ALI DI SCORTA: report sintetico DEL 3 AGOSTO Ricevuto il: 03/08/09 19:23
















DA UNA VISITA ESTERNA AL CANTIERE E COLLOQUI CON DITTA E ARCH. PULCINI:
--I LAVORI PROSEGUONO ANCHE NEL PERIODO ESTIVO
--I PROBLEMI STRUTTURALI EMERSI RECENTEMENTE SONO STATI TRATTATI DA TECNICI CONSULENTI DEL COMUNE E DELLA DITTA CON ARCH. PULCINI
--HO VISTO UN NUOVO MURO PERIMETRALE PORTANTE IN MATTONI....
MI HANNO DETTO CHE PROCEDONO SUPERANDO LE DIFFICOLTA'.....
ALLA FINE DI AGOSTO ,PRIMI DI SETTEMBRE FAREMO INCONTRO PER AGGIORNMAMENTO DELLA SITUAZIONE...I TEMPI PREVISTI SI ALLUNGHERANNO UN PO'
AGOSTINO






mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:32
TUMORI EREDITARI


Centro Tumori Ereditari



Consulenza genetica tumori dell'intestino
un percorso per comprendere il rischio familiare e per programmare adeguate misure di prevenzione





Che cosa è la consulenza genetica?
La consulenza genetica è un colloquio che riguarda sia la possibile natura ereditaria (cioè genetica) di una malattia sia le misure disponibili per la prevenzione e la cura.

Quando è utile la consulenza genetica?
La consulenza genetica può essere utile per decidere il percorso diagnostico e terapeutico migliore per persone affette da una malattia ereditaria. Inoltre, può essere utile alle persone sane con famigliari affetti da una malattia ereditaria poiché può offrire loro conoscenze e supporto psicologico utili per comprendere quale sia il rischio che la malattia si ripresenti nella famiglia e per inserire le misure preventive disponibili nel proprio progetto di vita.

I tumori sono malattie ereditarie?
I tumori sono malattie che si formano nel tempo mediante un processo a più tappe in cui vengono accumulate numerose alterazioni cellulari, ciascuna delle quali è provocata e/o condizionata dall'azione combinata di fattori genetici e ambientali (abitudini di vita, dieta, etc.). Ciò ha tre principali conseguenze:
1. Anche quando una persona ha ereditato un gene che la predispone all'insorgenza del tumore, la malattia si svilupperà solo se nel tempo si verificheranno altre alterazioni. Quindi, non si eredita mai il tumore ma, eventualmente, una predisposizione al tumore;
2. La presenza di più casi di tumore in una famiglia può essere dovuta alla condivisione di un gene predisponente ma anche di fattori ambientali predisponenti.
3. I tumori sono malattie che aumentano di frequenza con l'aumentare dell'età. Quindi, per neoplasie frequenti nella popolazione generale, la presenza in una famiglia di più casi diagnosticati in età avanzata può essere unicamente dovuta al caso.

Ci sono casi di tumore dell'intestino "ereditari"?
Il tumore dell'ultimo tratto dell'intestino (=colon-retto) è frequente nelle popolazioni del mondo occidentale. La maggior parte dei casi viene diagnosticato in persone con più di 50 anni. In Italia interessa circa 1 persona su 20 entro i 70 anni.
Considerando l'insieme dei casi si possono distinguere:
Il tumore "sporadico"
Si parla di tumore "sporadico" quando non ci cono elementi per sospettare che la malattia in quella persona sia collegata alla presenza di un fattore predisponente. Più dell'80% dei casi di tumore del colon-retto rientra in questa categoria. Oggi si considerano sporadici i tumori diagnosticati in persone che hanno più di 50 anni e senza parenti stretti (genitori, fratelli, figli) con tale malattia.
Il tumore "familiare"
Si parla di tumore "familiare" quando le persone affette della famiglia sono consanguinei in stretto legame di parentela tra di loro (genitori, fratelli, figli). Circa il 20% delle persone con tumore del colon-retto hanno un precedente caso in famiglia. Studi epidemiologici hanno dimostrato che avere un parente stretto con questo tumore aumenta di 2-3 volte il rischio di malattia. Ciò può essere dovuto sia alla presenza di un gene predisponente sia alla condivisione di fattori ambientali che, indipendentemente dalla presenza di geni predisponenti, può portare ad un maggior rischio di sviluppare la malattia in una famiglia. Comunque, poiché il tumore del colon-retto è una malattia frequente dopo i 50 anni, la presenza di più casi diagnosticati in tale fascia d'età potrebbe essere dovuta, in alcune famiglie, unicamente al caso.
Il tumore "ereditario"
Solo una percentuale molto bassa (circa 3 su 100) di tumori del colon-retto viene oggi spiegata principalmente dalla presenza di un rischio genetico di natura ereditaria.

E' importante individuare i soggetti ad aumentato rischio genetico?
Individuare una situazione di rischio genetico è importante perché in questi soggetti le lesioni colon-rettali possono comparire in età più giovane rispetto alla popolazione generale.

Prevenzione dei tumori colon-rettali familiari ed ereditari
La prevenzione del tumore è possibile con l'esame del colon-retto effettuato mediante l'endoscopia che consente l'individuazione e la rimozione di lesioni benigne (POLIPI) da cui il tumore può originare nel tempo.
L'età d’inizio e la frequenza dei controlli endoscopici dovranno essere definiti, nei singoli casi, in base al peso del rischio genetico. L'obiettivo è quello di prevenire il tumore maligno del colon-retto mediante l'esecuzione dei controlli nel periodo della vita in cui è più probabile lo sviluppo delle lesioni benigne da cui esso può originare.
Oggi non esistono studi, condotti secondo metodi scientifici rigorosi, che ci permettano di dire quale sia il protocollo più efficiente per specifiche situazioni. Pertanto, le misure preventive vengono da noi proposte nell'ambito di un protocollo di ricerca, con l'intento di contribuire all'accumulo nel tempo di dati che consentano una valutazione dell'utilità di tali misure.

Il nostro percorso
Il nostro percorso di consulenza genetica vuole essere d'aiuto nell'individuazione di situazioni di rischio genetico di tumore del colon-retto e nella programmazione delle eventuali misure di prevenzione.
Per un corretto utilizzo delle nuove conoscenze genetico-molecolari nell'individuazione di situazioni di rischio genetico e nella programmazione di eventuali misure di prevenzione è necessario un processo a più tappe:

raccolta della storia personale e familiare di tumore attraverso la compilazione dell'albero genealogico in cui vengono riportati età e stato di salute dei consanguinei conosciuti;
verifica di alcuni dati clinici mediante recupero delle cartelle mediche per tutti i casi di tumore della famiglia per cui ciò risulti possibile;
esecuzione del test genetico, nei casi in cui l'informazione da esso ricavabile sia utile per la scelta dei programmi di prevenzione;
uno o più colloqui di consulenza in cui vengono discussi i dati raccolti e viene proposto uno specifico protocollo di prevenzione.
L'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro è impegnato nei principali settori della ricerca oncologica. Anche la nostra attività è collegata a progetti di ricerca che riguardano sia la definizione del rischio genetico sia l'identificazione e lo studio di geni coinvolti nella predisposizione ai tumori.
E’ possibile che, per alcune di queste ricerche, venga richiesta anche la Vostra collaborazione.

Per fissare un appuntamento
Per un appuntamento di consulenza genetica telefonare ai numeri:
010/5600647
010/5600220 (con segreteria telefonica)

Al momento della richiesta, raccoglieremo le informazioni principali sulla Vostra storia personale e familiare allo scopo di proporre, se necessario, un percorso di consulenza genetica più adatto alla Vostra situazione.

Ultima revisione: aprile 2009



mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:34


Centro Tumori Ereditari



Prestazioni cliniche




VISITE SPECIALISTICHE

Consulenza Genetica
La consulenza genetica è una visita specialistica che riguarda sia la possibile natura ereditaria (cioè genetica) di una malattia sia le misure disponibili per la prevenzione e la cura.
Per effettuare una visita, è necessario contattare direttamente la segreteria del CTE. L’infermiera di genetica risponde alle chiamate dando ulteriori spiegazioni sul servizio e raccogliendo alcune informazioni specifiche per aiutare ad identificare il tipo di informazione e di documentazione che è più importante recuperare prima del colloquio con il medico genetista. Per poter effettuare una valutazione adeguata della storia personale e/o familiare è infatti molto importante recuperate informazioni precise riguardo al tipo, sede ed età alla diagnosi di malattia nei malati della famiglia e, per quanto possibile, raccogliere copia della relativa documentazione (cartelle cliniche, referti isto-patologici di lesioni eventualmente rimosse).
Dopo il colloquio con il medico genetista viene inviata a casa una relazione clinica che riassume il contenuto del colloquio e le eventuali indicazioni cliniche suggerite sulla base della valutazione genetica.

Materiale informativo

Genetica e tumori intestinali
Test genetico APC
Test genetico BRCA1 e BRCA2
Opuscoli

Consulenza genetica per i tumori dell'intestino
Consulenza genetica per i tumori della mammella e/o dell'ovaio


PROCEDURE DIAGNOSTICHE - Esami di laboratorio

Il laboratorio esegue le seguenti prestazioni "di alta specialità":
Test genetici per la diagnosi molecolare di forme eredo-familiari:
- gene APC (Poliposi adenomatosa familiare-FAP/s. di Gardner)
- gene MYH (Poliposi multipla, FAP attenuata)
- geni MSH2, MLH1, MSH6 (HNPCC/s. di Lynch)
- geni BRCA1 e BRCA2 (Tumore della mammella e/o dell’ovaio)
- gene p53 (Sindrome di Li-Fraumeni)


Test genetici su tessuto tumorale per l’individuazione di fenomeni associati ad una base eredo-familiare
- test MSI (test di instabilità dei microsatelliti nel sospetto di HNPCC/s. di Lynch)


Estrazione di materiale genetico (DNA), invio ad altri laboratori nazionali ed internazionali per test genetici di patologie rare, ed interpretazione dei risultati ottenuti


Estrazione e conservazione di materiale genetico (DNA) per successive indagini genetiche

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mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:37





Anagrafe delle Sperimentazioni Cliniche





Archivio dei protocolli per Servizio



L'archivio contiene complessivamente 288 protocolli che vengono applicati nei seguenti Servizi:

Chirurgia Urologica (3 protocolli)
S.C. Anatomia e Citoisologia Patologica (1 protocollo)
S.C. Anestesia e Rianimazione (3 protocolli)
S.C. Biologia Cellulare (1 protocollo)
S.C. Chirurgia Plastica Ricostruttiva (3 protocolli)
S.C. Chirurgia Toracica (2 protocolli)
S.C. Diagnostica per Immagini (4 protocolli)
S.C. Endoscopia Interdisciplinare (3 protocolli)
S.C. Epidemiologia Clinica (1 protocollo)
S.C. Epidemiologia e Biostatistica (2 protocolli)
S.C. Genetica dei Tumori (3 protocolli)
S.C. Medicina Rigenerativa (1 protocollo)
S.C. Oncologia Chirurgica (8 protocolli)
S.C. Oncologia Ginecologica (6 protocolli)
S.C. Oncologia Medica A (153 protocolli)
S.C. Oncologia Medica B (32 protocolli)
S.C. Oncologia Medica C (14 protocolli)
S.C. Oncologia Radioterapica (17 protocolli)
S.C. Patologia Clinica (1 protocollo)
S.C. Terapia Antalgica e Riabilitazione (11 protocolli)
S.C. Terapia Immunologica (1 protocollo)
S.S. Centro Tumori Ereditari (8 protocolli)
S.S. Chirurgia addominale ad indirizzo epatobiliopancreatico (2 protocolli)
S.S. Chirurgia del Collo (1 protocollo)
S.S. Coordinamento Day Hospital (9 protocolli)
S.S. Coordinamento Regionale Cure Palliative (1 protocollo)
S.S. Day Surgery (1 protocollo)
S.S. Infettivologia (3 protocolli)
S.S. Nutrizione Clinica (4 protocolli)
S.S. Prevenzione Secondaria e Screening (3 protocolli)
S.S. Psicologia (3 protocolli)
S.S. Riabilitazione Oncologica (1 protocollo)
S.S. Senologia Chirurgica Avanzata (1 protocollo)



mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:39





Anagrafe delle Sperimentazioni Cliniche



• S.S. Centro Tumori Ereditari
Id Acronimo Titolo Fase
10088 Identificazione e caratterizzazione di geni coinvolti in forme di predisposizione ai tumori. Non applicabile
10089 Valutazione dell'adesione alle misure di prevenzione proposte in consulenza genetica e della prevalenza di adenomi osservati in soggetti con storia familiare per tumore del colon-retto. Non applicabile
10090 Epidemiologia genetica e molecolare delle neoplasie ereditare colorettali. Non applicabile
10092 Alterazioni germinali e somatiche del gene APC nella tumorigenesi colorettale. Non applicabile
10093 Ruolo del gene MYH nella suscettibilità ereditaria ai tumori colonrettali. Non applicabile
10241 Familial Breast Cancer Risk and Mutagen Sensitivity Non applicabile
10276 Effetti della radioterapia adiuvante dopo intervento chirurgico conservativo per carcinoma mammario in soggetti con mutazione BRCA 1/2. Studio retrospettivo osservazionale di coorte, multicentrico. Non applicabile
10277 Significato predittivo di recidiva locale dei parametri molecolari nel carcinoma mammario in stadio iniziale sottoposto a chirurgia conservativa e radioterapia. Non applicabile


mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:41


Cos'è il tumore e come si forma

Il tumore, detto anche neoplasia o cancro, è una neoformazione di tessuto di tipo autonomo, progressivo e irreversibile. I tumori sono composti da cellule che perdono la capacità di controllo della proliferazione, non rispondendo più all'inibizione da contatto con le altre cellule.
Il tumore può essere benigno o maligno.

I tumori benigni sono masse di cellule ben delimitate, circondate da una capsula di tessuto connettivo, incapaci di infiltrare i tessuti circostanti o di generare metastasi, e sono in genere ben differenziate.
I tumori maligni si differenziano dai tumori benigni solamente in base alla capacità di infiltrare altri tessuti e di formare metastasi, ovvero di lasciare il sito di origine (attraverso i vasi sanguigni, il sistema linfatico o per semplice diffusione atraverso le cavità corporee) per sviluppare tumori in altri tessuti.
La maggior parte dei tumori maligni originano dall'evoluzione di tumori benigni, che acquistano la capacità di infiltrare i tessuti e metastatizzare.
Nomenclatura dei tumori
I tumori benigni si caratterizzano con il suffisso -oma (osteoma, fibroma, ecc) Se il tumore è di origine ghiandolare, allora si utilizza il termine adenoma seguito dal tipo cellulare (adenoma prostatico, del fegato, ipofisario, ecc). Il polipo, il papilloma e la cisti sono tumori benigni che originano dagli epiteli.
I tumori maligni si caratterizzano con il suffisso sarcoma se interessano i tessuti ossei e cartilaginei (osteosarcoma, fibrosarcoma), per gli altri si utilizza il termine carcinoma seguito dal tessuto interessato. I tumori di origine ghiandolare vengono denominati adenocarcinomi (adenocarcinoma del polmone, pancreatico, ecc).
Classificazione dei tumori
La classificazione dei tumori si effettua valutando la gradazione e la stadiazione.
La gradazione è un parametro di malignità: viene valutata l'attività proliferativa delle cellule, attribuendo un valore da 1 a 3.
La stadiazione è un parametro di invasività: viene valutata la grandezza a partire dalla dimensione minima rilevabile (parametro T, da 1 a 4); l'invasione dei linfonodi (N, da 0 a 2); e la presenza o meno di metastasi (M, da 0 a 2).
Origine genetica dei tumori
Il tumore ha sempre origine monoclonale, ovvero si sviluppa a partire da una singola cellula che, esposta a un agente mutageno, subisce un danneggiamento irreversibile del proprio DNA. Il tumore non si sviluppa in una sola fase, occorrono in genere migliaia di mutazioni che vanno a colpire i geni deputati al controllo di alcune funzioni cellulari. I principali geni coinvolti nella formazione del tumore sono di 2 tipi:

- i geni oncosoppressori. La cellula è in grado di riparare i danni del DNA, e lo fa utilizzando specifici geni, chiamati oncosoppressori proprio perché in grado di bloccare la formazione di una cellula tumorale. Se questi geni vengono mutati e la cellula non è più in grado di difendersi dagli attacchi al DNA, aumentano le probabilità di formazione di una cellula tumorale.
- i geni protoncogeni o oncogeni. Sono i geni che controllano la proliferazione cellulare, che di norma vengono attivati e disattivati in funzione di ben determinati stimoli proliferativi. Se viene meno questo controllo a causa di una mutazione genica, la cellula inizia a proliferare senza controllo. Questi geni sono chiamati protoncogeni perché favorisono attivamente la formazione del tumore.
Attualmente sono stati individuati diversi geni che risultano mutati nella stragrande maggioranza dei tumori.
I tumori non si formano dall'oggi al domani, ma con un processo di trasformazione genetica progressivo, dove le mutazioni si accumulano nel tempo e trasformano gradualmente la cellula. La ricerca ha evidenziato che nessun tumore si forma per la mutazione di un solo gene, ma quasi sempre in seguito a modificazioni multiple che comportano l'attivazione di diversi geni protoncogeni e la perdita di più geni oncosoppressori.
Come si forma un tumore
Affinché una cellula venga trasformata in cellula neoplastica deve subire 2 processi: l'iniziazione e la promozione.

L'iniziazione consiste nella mutazione del DNA ad opera di una sostanza cancerogena. In genere non è sufficiente che una sostanza sia in grado di casuare mutazioni, poiché esistono sostanze mutagene, ma solo alcune di esse sono cancerogene, ovvero in grado di trasformare la cellula in tumore. Il danno causato dalle sostanze iniziatrici è lineare e non presenta una soglia: se 1 g della sostanza X provoca un danno Y, 2 g provocheranno un danno 2Y, 3 g un danno 3Y ecc. Inoltre, il danno è irreversibile e ha memoria, la promozione può cioè agire anche a distanza di tempo rispetto alla promozionel, provocando il tumore.

La promozione avviene in seguito all'esposizione della cellula all'agente iniziatore ed è necessaria al fine di trasformare la normale cellula in tumore. Gli agenti promotori non sono cancerogeni da soli, ma devono agire dopo l'esposizione ad una sostanza cancerogena iniziatrice, hanno un'azione che può essere reversibile negli stadi iniziali, non formano legami con le macromolecole biologiche e di conseguenza non producono mutazioni.
Se l'agente promotore è in grado di agire per un tempo sufficiente con una dose sufficiente, si forma il tumore vero e proprio, che però può essere ancora benigno, non in grado di infiltrare e formare metastasi. A seguito di ulteriori mutazioni, il tumore benigno può trasformarsi in maligno.
Le sostanze promotrici presentano, a differenza di quelle iniziatrici, un effetto soglia. L'alcol, una tipica sostanza promotrice, non ha effetto promotore a basse dosi, ma quando l'assunzione raggiunge una soglia quantitativa scatta l'effetto promotore. Un promotore è una sostanza in grado di aumentare la proliferazione delle cellule iniziate, un effetto che può contribuire allo sviluppo di ulteriori mutazioni e alla trasformazione in cellule neoplastiche.

Esistono sostanze cancerogene che possiedono capacità iniziatrice e promotrice, in grado quindi di provocare il tumore indipendentemente dalla presenza di altre sostanze.


Le sostanze cancerogene negli alimenti


Alimentazione e cancro: prevenzione dei tumori


Tumore allo stomaco


Tumore al colon - retto






mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:43


Sintomi Diagnosi Terapia
Tumore è una parola che nessuno vuol pronunciare. Si tratta da un punto di vista medico di una tumefazione,di aumento di volume. In questo senso il termine può indicare l'ingrossamento di un organo: ad esempio, si dice ancora tumore di milza, quando l'organo è palpabile nell'ipocondrio sinistro sia per fatti infiammatori sia per fatti iperplastici. Questo significato si è andato tuttavia restringendo e oggi il termine tumore viene impiegato quasi esclusivamente per comprendere tutti quegli aumenti di volume di organi o di tessuti, in senso progressivo, dovuti a una moltiplicazione cellulare che instauri una crescita abnorme. Secondo la definizione elaborata da Willis un tumore è «una massa anormale di tessuto la cui crescita eccede quella dei tessuti normali, non è coordinata con questa e persiste nello stesso modo anche dopo la rimozione dello stimolo che ha evocato la trasformazione». Anche nell'iperplasia si assiste a un accrescimento del tessuto; tuttavia, a differenza di quanto avviene nel tumore, questa crescita si arresta se viene allontanato lo stimolo che l'ha provocata.
Va sottolineato che esistono molte definizioni di tumore, più o meno analoghe o complete; comunque, poiché la causa (o le cause) della natura intima della crescita tumorale permane sconosciuta, le definizioni finora formulate appaiono in realtà semplici descrizioni. Va tenuto presente che il tumore è un tessuto fatto di cellule in sviluppo attivo, dove i meccanismi normali che regolano la crescita hanno subito un'alterazione permanente, tale da permettere un accrescimento progressivo e non coordinato.
Tumori benigni e tumori maligni
Appare subito evidente come i tumori non possano essere raggruppati tutti in una classe omogenea; infatti alcuni conducono a morte, altri no. Per questo è stata elaborata una prima classificazione, con criterio clinico, suddividendo i tumori in benigni e maligni. Studiando poi, con tecniche diverse e più perfezionate, il comportamento dei tumori si è osservato che, oltre al criterio clinico, altre caratteristiche distinguevano l'andamento benigno da quello maligno e che inoltre non sempre la malignità clinica coincideva con quella biologica. L'accrescimento dei tumori benigni è espansivo, mentre quello dei tumori maligni è infiltrativo: da questa differenza essenziale derivano poi le altre.
Infatti, in seguito a un accrescimento infiltrativo maligno i tessuti normali vengono scompaginati, la massa tumorale risulta sprovvista di capsula e c'è la possibilità di una riproduzione a distanza (metastasi) del tumore rispetto all'area d'insorgenza.
Il tumore benigno, caratterizzato da un accrescimento di tipo espansivo, è invece separato dai tessuti sani da una capsula, che non è dovuta alla proliferazione del connettivo del tessuto ma al fatto che la massa tumorale, crescendo per espansione, comprime, ammassandolo, il connettivo circostante; non dà metastasi e quando viene asportato non recidiva, a differenza del tumore maligno; l'eventuale danno che può arrecare è dovuto in gran parte alla compressione cui vanno soggetti i tessuti circostanti. Esistono tuttavia dei tumori molto pericolosi, anche se benigni, a causa della loro sede di insorgenza. Ad esempio, alcuni tumori benigni che si sviluppano nel cervello comprimono, sviluppandosi, le strutture circostanti le quali, essendo la scatola cranica inestensibile, si assottigliano notevolmente fino a provocare un'alterazione profonda della loro funzione; inoltre la loro asportazione, quando sono state raggiunte dimensioni elevate, può presentare seri pericoli, in quanto si viene a creare una decompressione che espande bruscamente le strutture prima compresse con possibilità di shock, arresto cardiorespiratorio. E’ evidente quindi che il criterio clinico di malignità non coincide sempre con quello biologico. Gli effetti dei tumori benigni che solo in alcuni casi, per la particolare sede di insorgenza, possono risultare mortali, sono dovuti a compressione e ostruzione; quelli dei tumori maligni, che conducono a morte se non si interviene rapidamente e precocemente, sono l'espressione del loro accrescimento infiltrativo e consistono, oltre che nella compressione e nell'ostruzione, nella distruzione dei tessuti: in tal modo interferiscono con le funzioni fisiologiche e causano ulcerazioni, emorragie, infezioni fino a un profondo dimagramento e decadimento delle condizioni generali dell'organismo, conosciuto con il termine cachessia. Nei tumori maligni la morte è tanto più frequente quanto maggiore è la tendenza a dare metastasi e quindi quanto più estesa è la disseminazione metastatica. Come sinonimo di tumore, nel senso di tessuto nuovo proliferante, è usato il termine neoplasia, anche se va sempre più estendendosi l'uso di questo vocabolo con significato più restrittivo. per indicare un Iter gore maligno; come sinonimo di tumore maligno generico è assai impiegato pure il vecchio termine cancro che definisce, in senso generico, un complesso di forme produttive assai diverse, alcune particolarmente temibili, altre dotate di ridotta malignità, nelle quali ì segni clinici, l'evoluzione e la prognosi dipendono sia dall'organo interessato dal processo neoplastico sia dalle caratteristiche microscopiche delle cellule tumorali.
Le profonde differenze esistenti tra la crescita tumorale benigna e quella maligna sono riscontrabili anche a livello delle cellule componenti; in altre parole, occorre analizzare le caratteristiche citologiche e biologiche della cellula cancerosa, nel tentativo dì cogliere i momenti della sua trasformazione maligna. La malignità può essere considerata a diversi livelli: citologico, istologico, biologico e clinico.

Sintomi
Il mondo dei tumori è una galassia un universo di malattie l’una assai diversa dalle altre. E’ impossibile indicare sintomi che siano uguali per tutte le patologie e, alla stessa maniera, è impossibile indicare una patologia unica. Agli amici che ci chiederanno informazioni daremo informazioni più dettagliate caso per caso e indicazioni assai generiche sulle terapie. Bisogna ricordare infatti che la terapia antitumorale è in constate evoluzione e viene per questo modificata da grandi riunioni internazionali nel corso delle quali si discute del migliore atteggiamento possibile da adottare nei confronti di una particolare patologia. E’ quindi assurdo pensare che esistano terapie “nuove”. E’ ugualmente assurdo pensare a terapie che hanno successo poniamo in Spagna o Brasile ma ignorate nel resto del mondo. Nelle “consensus Conference" internazionali partecipano i maggiori esperti di tutto il mondo valutando sul piano tecnico tutti i moderni ritrovati. Ecco perché bisogna rivolgersi ad esperti qualificati ed a centri specialistici. Tutto il resto è pura illusione.

.... continua in basso nella pagina con diagnosi e terapia
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Diagnosi

Terapia
La terapia dei tumori Le possibilità terapeutiche variano a seconda dei casi e ci possono essere diversi tipi di interventi che devono essere mirati per ogni specifica forma di tumore e lo stadio di sviluppo (vedi stadiazione dei tumori) a cui si trova. In linea generale, obiettivo primario della terapia è l’asportazione del tumore o la sua distruzione in sede: acquistano pertanto importanza fondamentale le tecniche chirurgiche (vedi tumori, chirurgia dei) e l’intervento con radiazioni ionizzanti (vedi tumori, radioterapia dei). L’intervento sistemico contro la proliferazione delle cellule tumorali nell’organismo si avvale principalmente dei farmaci chemioterapici (vedi chemioterapia oncologica) Terapie alternative e tumori.
Le terapie alternative per i malati di cancro proposte nel corso dell’ultimo secolo sono state numerosissime. Il ricorso a trattamenti non convenzionali, di efficacia non provata dal punto di vista scientifico, è un fenomeno diffuso. Esiste un lungo elenco di metodi anti-cancro non scientificamente convalidati, classificabili in almeno 6 gruppi principali: trattamenti chimici, vitaminici, vegetali, dietetici, di origine biologica e infine psicologici e/o psichiatrici. Negli Stati Uniti, già nel 1966, l’American Cancer Society ha raccolto in una monografia almeno una sessantina di diverse modalità di trattamento dei tumori insieme con una decina di test diagnostici tutte di efficacia non dimostrata. Molte di queste terapie, peraltro, sono conosciute e praticate solo in determinati Paesi: il trattamento con laetrile (composto a base di amigdalina, sostanza tossica che si estrae dai noccioli di albicocca e di mandorle)ha avuto grande diffusione negli Stati Uniti, come del resto è capitato negli ultimi anni alla cartilagine di squalo o in precedenza agli antineoplastoni (frammenti di proteine dapprima isolati dalle urine e poi sintetizzati in laboratorio). Anche in Italia, negli ultimi decenni, si sono verificati casi clamorosi di presunte terapie anti-cancro (siero Bonifacio, emoscambio, metodo Di Bella) che non hanno superato il vaglio delle sperimentazioni cliniche ufficiali.

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Nuove molecole per terapia personalizzata dei tumori

Pomodori OGM contro i tumori

Nuovo farmaco antitumorale inibitore della Plk1

Mesotelioma: una proteina aiuta prognosi e chemioterapia

Interferone-alpha e tumori: nuove cure

Lapatinib: efficace per i tumori della regione testa-collo

Un biosensore innovativo per combattere il tumore

Testata sull'uomo terapia anticancro

Due proteine regolano l'invasione delle metastasi

Tendine da doccia cancerogene

E' così che nasce un tumore

Farmaco contro i tumori derivato da un fungo

Bevacizumab indicato per altre 4 neoplasie

Un laser distrugge i tumori

Nuovi nanomateriali colpiscono il tumore

Un farmaco distrugge le staminali del tumore

Laser abbinato ad ultrasuoni contro i tumori

Sostanza protegge il guardiano del genoma

Un gene rallenta il cancro fino a 10 volte

Un gioco per distruggere il cancro

Antinfiammatori contro i tumori

Il digiuno protezione dalla chemioterapia

Immunoterapia per controllare le staminali del cancro

Diagnosi del tumore con le nanosfere

Più tumori alla bocca a causa del sesso orale

Inaugurato il Cyberknife

Nanoparticelle per la diagnosi del tumore

Un batterio anti-cancro

Anemia da chemioterapia e trombosi venosa profonda

Brostallicina efficace contro cancro resistente alla chemio

Nanoparticelle porteranno i farmaci direttamente al tumore

Macchinario a ultrasuoni brucia i tumori

Possibili danni alla bocca dai farmaci anticancro

Nuova classe di inibitori contro i tumori

Mortalità dei tumori in calo

Il tumore cresce se manca il triptofano

Incoraggianti risultati dal Bevacizumab contro i tumori

Uso ed effetti della Capecitabina

Il ruolo delle cancer stem cell nei tumori

Tumori infantili

I pazienti oncologici convivono con il dolore

Tumori oculari

Meccanismo di regolazione genica e cura del cancro

DNA polimerasi lambda, una difesa contro il cancro

I meccanismi della invasione metastatica

Biopsie precise grazie ad un robot

L'uso del cellulare non incrementa il rischio di tumori

Convivere con il tumore

Far cadere i tumori "nella rete"

Incidenza del cancro nel mondo

Neuroblastoma ed origine dei vasi

Tre nuovi farmaci tumorali

Oncogeni ed insorgenza dei tumori

Trattamenti oncologici alternativi

Terapie antitumorali

Scoperto il meccanismo della proteina killer

Scoperte sulla telomerasi:possibili cure per il cancro

Due nuovi antitumorali identificati in Italia

Cancro in testa e nel collo, fondamentale diagnosi precoce

La radioterapia si scontra con le ristrettezze economiche

Terapia nutrizionale contro la perdita di peso nel cancro

No alla rassegnazione di fronte al dolore cronico

Ossicodone, alternativa alla morfina

Staminali a rischio se anziane

Una guida agli anticorpi monoclonali

Dai tassani nuove speranze nella lotta ai tumori

Il "naso elettronico" targato Cnr scova i tumori annusandoci

Scoperto interruttore che uccide selettivamente i tumori

Il naso bio-elettronico formula la diagnosi ''annusandoci''

Cancro: nuove terapie puntano sulle difese immunitarie

Pokemon: la proteina cruciale per lo sviluppo del cancro

Cresce il rischio cancro nei bambini: colpa dei vaccini?

SCOPERTO GENE RESPONSABILE DEL NEUROBLASTOMA

Per i malati terminali la morte non va in vacanza

Le cellule tumorali si nutrono di altre cellule

Terapia “sandwich” contro alcuni tumori oculari

Nuova terapia anticancro a base di raggi luminosi

Dei farmaci rendono i tumori più sensibili alla chemio

Cura a base di erbe indiane efficace contro il cancro

Medico e pazienti oncologici: ascolto, fiducia, empatia

Nuove cure “intelligenti” contro il neuroblastoma infantile

Dalle alghe una tossina contro i tumori

Enzimi infiammatori potrebbero causare il cancro

Un virus alleato contro cancro al colon e al polmone

Identificata una causa genetica nascosta del cancro

Farmaco blocca un gene causa di alcune forme di tumore

Nuova linea di ricerca sul cancro basata sui broccoli

Cellule staminali aiutano ad attaccare il cancro

Cellule staminali contro HIV e cancro

Un difetto genetico all’origine di varie forme di cancro

Lo Yoga può essere utile durante le terapie anti-cancro

Un nuovo farmaco per la cura dei tumori da amianto

100mila bambini muoiono di cancro inutilmente ogni anno

Chemioterapia: un aiuto dalla realtà virtuale

Zanzare portatrici di un virus antitumorale

Contro il cancro niente fumo, tanto sesso e montagna

Poco praticata l’ipertermia per il trattamento dei tumori

Scoperto come il cancro inganna il sistema immunitario

Per il cancro utili gli antivirali usati contro l'Aids

Un gruppo di medici contro la recidiva dei tumori

Medicine intelligenti le nuove armi contro il cancro

Con terapia del dolore i malati terminali vivono di più

Per oncologi giusto comunicare la diagnosi di tumore

Scoperto il gene del suicidio cellulare

Anticorpi monoclonali: una nuova arma contro il cancro

Il giglio selvatico contiene una sostanza anti-cancro

Una cura per i tumori basata sul calore

Il risveglio di alcuni geni embrionali causerebbe dei tumori

Raggi del sole al posto del laser come bisturi

I metalli aiutano nella cura selettiva dei tumori

I virus responsabili di alcune forme cancerogene

Nuova terapia anticancro basata sulle difese immunitarie

Alcuni tumori hanno origine da virus

Primi test per il vaccino anti-cancro

Sarà sperimentato un antitumorale di origine botanica

Per i tumori in arrivo cure personalizzate

Ansiosi e depressi rischiano di più il cancro

Nuove scoperte sulla proteina P53, 'sentinella anti-cancro'

Il fumo aumenta di 7 volte le malattie a denti e bocca

Primi segnali positivi dalla terapia genica contro il cancro

Una tecnica per valutare l'efficacia dei farmaci anticancro

Scoperta una razza di topi resistente al cancro

Nuova terapia anti-cancro in Usa anche per pazienti italiani

Un test del Dna per prevedere l'efficacia della 'chemio'

Il botulino per alleviare il dolore cronico

Importante scoperta italiana sul ''suicidio cellulare''

Sarà sperimentata la sonda che 'scova' i tumori

Ottimi risultati per il vaccino anti-cancro 'universale'

Colpa di un gene quando la 'chemio' perde efficacia

Da organi trapiantati si rischia il trasferimento del tumore

Alcuni tumori possono avere origine dall'infanzia

Successo per un nuovo farmaco anti-cancro

Curare l'anemia è fondamentale nei malati di tumore

Scoperto il legame tra cancro e virus che lo causano

In Italia il robot che colpisce il cancro con le radiazioni

Annunciato clamoroso passo avanti nella cura dei tumori

Scoperte cellule che diffondono il tumore in altri organi

Di Bella prepara il suo testamento scientifico

Protesi evita la tracheotomia dopo cancro alla laringe

Una pianta giapponese potrebbe difendere dalle metastasi

Maxi-studio sulle funzioni dei geni per combattere il cancro

Italia in ritardo in Europa per le cure palliative

Scoperta una proteina che fa suicidare le cellule tumorali

Scoperta una proteina coinvolta nella cancerogenesi

Nuovo metodo per predire l'efficacia di terapie anticancro

Contro il cancro una molecola ripara Dna 'difettoso'

Con gli ultrasuoni chemioterapia più efficace

Scoperte le molecole responsabili dell'angiogenesi

Proteina responsabile della crescita cellulare dei tumori

Scoperta italiana: le cellule si riparano da sole

Nuova terapia molecolare anticancro

Con le staminali la battaglia contro il cancro sarà vinta

Contro il cancro non basta 'pensare positivo'

Un vaccino contro i tumori

Come battere la "fatica da tumore"

I deodoranti non causano tumori

SCOPERTO GENE INDIFFERENZAZIONE STAMINALI

FATTORE C-MYC ESSENZIALE IN SVILUPPO NEOPLASTICO

NUOVA TERAPIA PER DISTRUGGE I TUMORI

Tumori: speranze da una molecola

Infiammazioni croniche favoriscono i tumori

Identificate proteine che danno il via a metastasi

E’ italiano il primo vaccino al mondo che previene il tumore

Il cancro si sconfigge ''cuocendolo''

Tumori: un ormone li ucciderebbe affamandoli

'Fatigue', la stanchezza dell'ammalato di cancro

Sarcoma, farmaco salva-capelli/2

Sarcoma, presto farmaco salva-capelli

Astenia: inefficace marijuana artificiale

Scoperta italiana

Individuata molecola antitumorale

Ultimissime cure contro i tumori

Nuovo farmaco contro i tumori

Cancro, un aiuto dalle mosche

Cancro: nuove metodologie di intervento

Cancro: un virus killer farà fuori le cellule malate

Arriva il farmaco stronca tumori

Broccoli e cavoli effetto anti-cancro

Grazie al tasso trattamento 'soft' anti-cancro

Via le difese anti-chemio del tumore

Geni del cancro: senza via di scampo

Otto tazze di tè al giorno per prevenire il cancro

Per chi non sa che cos'è un carcinoma

Pericolo tumori dopo i 65 anni

Cancro: spesso è alimentare la causa

Chemioterapia: arriva il test della verità

Tac e Risonanza magnetica contro il cancro

Colpire i tumori con il puntamento di precisione

Chemioterapia multipla nella lotta al cancro

Smentiti gli effetti benefici del caffè contro il cancro

Alla scoperta delle virtù nascoste dell'aglio

CANCRO: L'ASPIRINA RIDUCE I RISCHI DI TUMORE A SENO E COLON

Donne sieropositive rischio lesioni anali precancerose

Ormoni, tè e sciroppo contro il sarcoma di Kaposi

Un virus salverà le nostre vite

Basta chemio per i malati terminali

Un medico con un cuore grande...

Cancro: la marijuana non stimola la fame

Soddisfacente studio sull'uomo dell'endostatina

Confronto tra chemioterapie

Nel grasso animale le cellule staminali

Donne a rischio tumori non solo al seno

Gene sentinella contro cellule tumorali

Desiderano la morte molti malati di cancro

Troppa sofferenza inutile in Italia

Laparoscopia dall'ombelico contro il cancro alla prostata

Una speranze per il cancro: le cellule staminali

Pericolo radioterapia per la funzione endotelio vascolare

Mamme anche sotto chemioterapia

Scienziati italiani individuano gene antimetastasi

Nuove ricerche sulle cellulle staminali

Cibi e tumori

Che cos'è il carcinoma?

Una pillola sconfiggerà il tumore

Parte dal cervello la molecola complice delle metastasi

Fumi? Allora niente polmone nuovo

Prime applicazioni della bioterapia antiangiogenica

Rivelazioni sul cancro

Individuato gene che ferma il cancro

Alopecia da chemioterapia

Una speranza in più per il cancro al colon e al pancreas

Rischio di cancro con i telefonini: difficile provarlo

Bastano 16 anni per decidere della propria vita

Genetica, arriva un preparato antitumorale?



mauretto58
00giovedì 6 agosto 2009 13:46


Tumori benigni del rene
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Tumori benigni del rene


Il rene può essere colpito da forme tumorali di diverso tipo. La prima distinzione fondamentale che bisogna compiere è quella tra tumori benigni e tumori maligni. I principali tumori benigni del rene sono, da un lato, le neoformazioni di natura epiteliale, come cisti, adenomi e oncocitomi renali (su cui ci soffermeremo) e, dall’altro lato, le neoformazioni di natura connettivale, come, ad esempio, i fibromi, i fibroangiomi e gli angiomiolipomi (morfologicamente simili a “batuffoli di cotone”). Il secondo gruppo di neoformazioni appena citate sono delle masse renali solitamente situate nel parenchima corticale e aventi, in genere, un’origine multipla. Gli adenomi e gli oncocitomi renali, d’altro canto, sono tumori renali solidi che si distinguono, tra l’altro, perché i primi sono potenzialmente più pericolosi, in quanto idonei a degenerare in neoplasie maligne, come del resto suggerisce il loro aspetto esteriore, assai simile ai veri e propri carcinomi: per questo è opportuno curare tempestivamente gli adenomi, seguendo terapie analoghe a quelle antitumorali. Gli oncocitomi renali, invece, in genere hanno una prognosi favorevole e non sono in grado di provocare metastasi (ossia una sorta di “invasione” delle cellule neoplastiche, che può condurre alla morte). Tale neoformazione solida, che, di regola, parte dall’epitelio tubulare prossimale, assume una morfologia del tutto caratteristica che le permette di essere differenziata senza grande difficoltà dai carcinomi: l’oncocitoma renale, infatti, si presenta come una capsula irrorata di vasi sanguigni disposti a raggiera.


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