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Capitolo 2 - "Attori in Tournee"

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2005 11:22
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Master
Era ora di darsi da fare...

[Modificato da Ossian77 08/12/2004 13.01]

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Eorein
Il momento della partenza era giunto.

*Bene* pensò Eorein *adesso facciamo un pò di teatro, ad uso dei presenti*

Salì elegantemente a cavallo, si calò l'elmo sugli occhi, imbracciò lo scudo e la lancia e si rivolse agli altri con voce tonante drizzandosi sulle staffe:

"Barak sul carro di testa, Dalkest in coda, Athorman con me!"
si drizzò poi sulle staffe volgendosi indietro verso il convoglio:
"Ed ora avanti!"

E guidò il cammino all'interno dell'abitato, sorridendo a coloro che lo salutavano ed osservando i loro visi, eretto sulla sella come usava fare nelle parate alle quali aveva partecipato nel suo remoto paese.
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Barak
Barak si reco' sul carro di testa, sistemo' il suo bagaglio in modo che fosse a portata di braccio e slaccio' ascia e scudo dallo zaino.

*non riesco a capire se esagerano con le preoccupazioni oppure c'e' veramente qualche cosa da temere ....... acqua verra' se Eru vorra'*

Uno dei Palantìr del GiRSA Crew.
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Dalkest
*evviva! il viaggio inizia! ho già l'onore di chiudere la compagnia, Eorein deve credere molto nelle mie capacità, come dargli torto d'altronde? pur anelando il bene dei miei nuovi compagni invero non mi dispiacerebbe imbattermi in qualche lieve contrattempo, o quantomeno in mio cugino Edgast a cui devo restituire un paio di "favori". evviva, Mandorallen, non più soli sulle strade, non più silenzionsi per intere ore, non più notti corte e lunghe veglie. come ti senti amico?*

Dalkest si portò rapidamente dietro l'ultimo carro e guardò la folla che li salutava, sembrava stessero tutti trattenendo il respiro per poi, una volta partiti gli aranrim, esalare un sospiro di rassegnazione a veder passare tanto tempo prima del ritorno della compagnia di Lossadan, un poco come si fa per l'estate. una finestra si spalancò aperta da un nerboruto falegname che sulle spalle portava il bambino che il giorno precedente, sfidando il proprio coraggio e la propria paura, aveva dichiarato di voler divenire un cavaliere. il padre gli aveva costruito un elmo ed una spada di legno e lui la agitava in direzione del cavaliere con aria di divertita sfida. Dalkest per rispondere al saluto fece impennare Mandorallen con un sonoro nitrito, ed infine si avviò dietro alla carovana.

[Modificato da Mumak 15/12/2004 21.55]

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Master
La compagnia degli Aranrim aveva lasciato il piccolo paese di Arceto poco meno che in pompa magna. Con tutto quel tintinnar di cotte e luccicar di scudi, non si poteva non attirare la giusta attenzione. Gli Aranrim, era innegabile, si accompagnavano a dei guerrieri ben degni. Non dei soldatini, o dei mercenari, ma dei cavalieri.

“Ho sentito dire che sono sotto la protezione del Re!”
“Certo, sciocco. Cosa credi che significhi Aranrim? Uomini del Re! Ascolta me che ho studiato!”
“Che imponenza, bisogna dirlo. Sono dunque dei cavalieri di Arthedain?”
“Probabile”
“No, altro che Arthedain. Guardate quell’uomo dai capelli scuri. Alto, fierissimo. Quello è un dunadan!”
“Naaaa”
“Si, vi dico”
“I due a cavallo, sono paladini erranti. Si dice che abbiano combattuto ad est”
“Ad est? Quella è una landa misteriosa, che si dice abitata da demoni e diavoli. Devono essere ben forti. Ma guarda i loro cavalli!”
“Pare che il cane nero sia in realtà uno stregone trasformatosi anni prima. Una guida per le anime dei morti, dotato di poteri arcani e misteriosi. Meglio non immischiarsi”.


Athorman, privo di elmo ed in posizione favorevole, aveva colto queste e molte altre chiacchiere col suo fine udito e la sua discreta ma costante attenzione. Lossadan stesso, pareva al dunadan, ne aveva colto dei brandelli, ed appariva veramente soddisfatto.
A parte un paio di cani, che si misero ad abbaiare alle ruote del carro, quasi venendo travolti, nulla di pericoloso accadde al gruppo. Il cane nero ci mise poco, con un paio di latrati da far accapponare la pelle, a scacciarli. Dalle finestre dei carri, volti sorridenti e risate salutavano il paesino che li aveva tanto ben accolti.
Finché, dopo un oretta, di Arceto non rimase che il fumo dei comignoli dietro la collina di Brea. Davanti ai carri, una strada arnoriana, ben tenuta sebbene non troppo larga. I cavalli avrebbero dovuto trottare sul sentiero erboso ai lati, stando attenti a rogge e radici sporgenti, ma il sole era alto e splendente, e si vedeva bene dove si mettevano ruote, piedi, zampe o zoccoli.

Sigurdh, il maestro d’ascia della compagnia (nonché discreta voce di basso), approfittò verso metà mattina di un rallentamento per via di una salita per parlare a Dalkest dalla finestra del carro di fianco al quale il biondo cavaliere si trovava.

Sigurdh “Messere, la vostra richiesta è…insolita. Avremmo delle armi in asta di scena, sui carri, ma dubito che siano oggetti acconci all’uso che ne volete fare. Per soddisfare la vostra richiesta mi serviranno un paio di giorni. Fisserò le staffe su ambo i lati di questo carro, sicché anche messer Eorein possa giovare della vostra idea, se per voi va bene.
In confidenza. Sono davvero molto contento che due cavalieri erranti ed un dunadan abbiano scelto di accompagnarsi a noi, accettando di brandire le armi in caso di bisogno. Dopotutto, per quanto rinomati, siamo solo attori. Né nobili né ricchi! Grazie ancora dunque, anche se credo che finché messer Barak ed il suo cane saranno ben visibili da lontano, tutti i banditi ed i lupi (rispettivamente) dell’Arnor si rintaneranno a dire una preghiera sperando che noi si passi oltre! Ora vado, a dopo!”


La mattinata, soleggiata e tiepida, venne trascorsa così come parte del pomeriggio attraversando un immenso pascolo, venato da corsi d’acqua e punteggiato di vasche per le bestie, tutto coperto di fiori bianchi e gialli. L’umore della compagnia era alle stelle, e Lossadan, a quanto pareva, era stato colpito da un raptus creativo. Qualcosa di grosso bolliva in pentola, e gli attori non vedevano l’ora di raccontare la novità ai nuovi amici. Tutti, ma soprattutto il capocomico, morivano dal desiderio di liberarsi di un peso. Ma che cos’era questo peso?

Intanto, il sole era svanito davanti al gruppo, dietro gli Ered Luin in lontananza. Era ora di fermarsi…
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Dalkest
appena Eorein diede l'ordine di arrestarsi e di prepararsi alla notte Dalkest gli si avvicinò.

"mio caro amico, se lo ritieni utile mi allontanerò di qualche centinaio di metri e farò un giro ampio per rivelare eventuali pericoli, anche se in effetti non credo che ne possano venire così vicini alla strada. il buon Sigurdh sta approntando delle armi dietro mia indicazione e gradirei la tua approvazione giacchè sei tu a comandare la spedizione e tu stesso potrai aver bisogno di utilizzarne. credi che qualcuno di coloro che accompagnamo potrebbe esserci utile nei turni di guardia per la notte?"

dopochè attese le parole dell'uomo del nord
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Eorein
Eorein stava per scendere da cavallo quando venne avvicinato da Dalkest.

"Molto bene, ottima idea. Anch'io credo che durante il viaggio sulla strada non avremo nulla da temere, ma meglio tenere comunque gli occhi aperti."

Fece poi un cenno ad Athorman e Barak, invitandoli ad avvicinarsi:

"Faremo dei turni di guardia per la notte, quattro turni di due ore ciascuno. Io farò il primo, Barak il secondo, Athorman il terzo e Dalkest l'ultimo."

Si volse poi di nuovo verso il cavaliere del Rhovanion:

"Vai pure Dalkest" ed aggiunse con un sorriso "cerca solo di tornare per ora di cena."
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Master
Il primo giorno di viaggio era ormai giunto al suo termine. I carri si erano disposti a cerchio in un grande prato verde sulla sinistra della strada, poco prima che questa declinasse giù lungo le colline. La linea dell’orizzonte era spezzata in tutte le direzioni da scure sagome di piccoli querceti, ma il cielo era terso e pieno di stelle. Nessuno dei quattro nuovi membri della compagnia sapeva quanto sarebbe durato, salvo forse Athorman che era un erudito, e che a lungo aveva percorso le lande dei dunedain in cerca di risposte.

Oltre il confine della luce dei falò, Yorick si avvicinò ad Eorein.
Yorick “Messer Eorein, questo è l’unico corno che abbiamo. E’ uno strumento di scena, e non può certo essere fatto sì da assordare il pubblico, ma con dei polmoni…motivati…ecco si, si potrebbe far udire ad una certa distanza, sebbene non sia paragonabile a nessuno dei normali corni da caccia, né a quelli da guerra. Eccolo a voi, fino a Lond Arador consideratelo di vostra proprietà!”

Oltre i carri, intanto, il sibilo di una pialla ed il battere di un martello rassicurava il cavaliere sulle attività di Sigurdh. Presto sarebbero state pronte le lance, e la sicurezza dei carri sarebbe aumentata ulteriormente. Eorein non conosceva queste terre che di nome, ma gli sembravano pacifiche e ben governate. Tuttavia stavolta non si accompagnava a cavalieri impavidi come lui e Dalkest, ma ad attori. Se nel Rhovanion un morto in una imboscata era un dazio quasi accettabile da pagare, che poteva essere compensato anche subito, con faida violenta ed uccisione dell’uccisore, qui TUTTO doveva filare liscio e nessuno si doveva fare male…
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…Intanto, a poche centinaia di metri, un cavallo gigantesco si era accostato ad un noce. Sotto le sue fronde, il cavaliere lo sapeva, avrebbe potuto osservare il luogo senza che stelle o luna tradissero la sua presenza riflettendosi sulla sua cotta o sul lucido manto del cavallo. Egli incombeva sulla pianura sottostante, figura maestosa, degna di rispetto, ma terribile e spaventosa al tempo stesso. Biechi e duri occhi scrutavano il paesaggio in cerca di un nemico, uno qualunque, che minacciasse la sicurezza dei suoi protetti, il cui fuoco era
pallidamente visibile verso est.

*Niente, ancora niente. Meno male. Eppure Mandorallen è nervoso, più teso del solito. Dubito che la permanenza ad Arceto lo abbia infiacchito tanto, quindi è qualcos’altro...*.

Un odore, forse; un odore che a tratti, ma solo a tratti, gli giungeva. Indefinibile, inconsistente, ma non riusciva a non sentirlo, di tanto in tanto. Cosa poteva essere? Intorno tutto era quieto per miglia e miglia. Gli Aranrim erano beatamente accampati sul colle. Proteggere altre persone. Impedire che si facessero anche solo del male, figuriamoci che morissero. Combattere con un peso, il peso terribile di non poter morire, il peso di chi lotta per la vita di qualcun altro. Non potersi far prendere dalla sete di guerra, dalla gioia della lotta. Non poter dare libero sfogo a tutta la propria crudeltà. Sapere che vi erano degli inermi che dipendevano dal proprio valore, delle donne, e delle donne bellissime, angeliche, gentilissime, degne di vivere circondate dallo splendore. Nessun artiglio doveva sfiorarle, né spada morderne la delicata pelle, né freccia violare le morbide carni. L’orrore non doveva sfigurare quei lineamenti, né il terrore appannarne i lucenti occhi o romperne la tintinnante voce.

Non poter morire, essere responsabile per altri…l'ascia di Dalkest, era mai stata così pesante?

[Modificato da Ossian77 29/12/2004 12.09]

[Modificato da Ossian77 29/12/2004 12.10]

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07/03/2005 00:23
 
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Di nuovo in viaggio
Cinque notti, e cinque accampamenti, erano seguiti alla partenza da Arceto. La notte estiva ormai alle porte consentiva a tutti di stare più leggeri e di non dover usare tanta legna. L’umore era alto, e le attività della compagnia proseguivano esattamente come ad Arceto.
Di giorno i carrozzoni avanzavano dolcemente lungo la strada arnoriana, ed a volte capitava di scambiare anche quattro chiacchiere con qualche allevatore che portava le bestie al pascolo, o con un contadino che faceva la strada inversa con un carro pieno di merci. L’attività letteraria di Lossadan ferveva come non mai, e l’impressione che i quattro “difensori” della Compagnia avevano, era che doveva essere in ritardo furioso con la scrittura di una qualche tragedia. Senza che questo intaccasse minimamente il suo buonumore, beninteso. Da buon genio, Lossadan alternava momenti di pura alienazione, con la testa persa in un foglio vuoto o ciondoloni dalla cassetta di uno dei carri, a momenti di agitazione ed attività incontenibili. Quando saltava fuori dal carro di solito era di eccellente umore, come se si fosse sbloccato di colpo da un punto molto difficile. Capitava spesso che andasse da Sigurdh (che ormai aveva finito le lance e le aveva applicate ai carri), con un bozzetto in mano chiedendo speranzoso
Lossadan “Che ne dici, Sig, si può fare questo? Ce la fai?”
Sigurdh “Prima di tutto devi dirmi dimmi cosa accidenti è, non si capisce nemmeno quale sia il davanti!”

Era dunque un tipo carismatico, questo si, ma affatto in grado di guidare una Compagnia attraverso terre pericolose. Semplicemente, non aveva la testa per concentrarsi su una cosa del genere. Ed ecco spiegata la presenza di Athorman, Dalkest, Barak ed Eorein…

Quanto agli altri attori, invece, facevano il turno a dare di matto. Pare proprio che Lossadan si rifiutasse di concedere anche solo dei brevi pezzi della Tragedia in fieri per farli provare, cosa che allarmava i più!

Barak era sicuro di aver sentito Yorick borbottare tra se e se mentre si dedicava a togliere un sasso dallo zoccolo di uno dei cavalli da tiro.
Yorick “Quando sarebbe opportuno iniziare a provare secondo lui? Ormai ci ha abituati a monologhi di sei pagine! Belli, per carità, ma indovina a chi toccherà anche stavolta la patata bollente? Al povero Yorick, che è taaaaaanto bravo a studiare! Mah!”.

Le notti, allo stesso modo, scorrevano tranquille. Canti intorno al fuoco, ottime cene e profonde dormite sotto le stelle di maggio allietarono il cuore di tutti, anche di quelli che, ahimè, dovevano fare la guardia.
Venne il crepuscolo del settimo giorno, e gli Ered Luin, sempre più alti e possenti, rendevano i tramonti assai brevi, e le notti quasi di un’ora più lunghe. Nell’aria si percepiva contro luce una lieve nebbiolina, fatta di polveri e pollini, ed il silenzio che annuncia la fine del giorno ammantava la strada di una dolce sensazione di sospensione ed attesa.
Scalpiccio di zoccoli…
Stridere di ruote…
Nitrito di cavalli…
Tintinnare di cotte di maglia…
Conversazioni o lievi canti nelle carrozze…
Fu in quella ora perfetta, a cavallo tra un giorno ed il successivo, immerso in una tiepida luce ambrata, che Athorman perse un battito del proprio cuore!

Il suo senso del combattimento si era destato d’un colpo. Una freccia, da qualche parte lì vicino, era ormai partita, e stava viaggiando verso il suo cuore…

[Modificato da Ossian77 07/03/2005 0.25]

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Athorman
Il guaritore Dunedan avvertì un tonfo al cuore, il sapore ferroso dell’adrenalina pervase la sua bocca.

Un lesto e secco tocco di tallone ad Anorel, il suo amico a quattro zampe, e l’animale scartò lateralmente con un pronto balzo.

Nel medesimo istante con la voce che nasce da una bocca inaridita dall’adrenalina, gridò con tono secco ed allarmato:

“FRECCEEEEE !!”
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Dalkest
"rientra immediatamente!"
l'urlo di Athorman l'aveva quasi preso alla sprovvista, quasi, e l'ordine perentorio dato all'attore con cui chiacchierava ebbe in risposta lo SLAM! della finestrella.

*ah! branco di codardi! frecce dunque! bene, vorrà dire che per questa occasione metterò da parte la pietà!*

imbracciati ascia e scudo il cavaliere cercò di separare i propri occhi per guardare cosa succedeva avanti e controllare il retro, accorciando le redini tenne pronto sulle zampe il fido destriero e con uno strano gelo nel sangue urlò con la sua possente voce

"a me! poveri stolti! degli errori che in una vita potevate commettere questo è davvero il più grave!"
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Barak
Non riusci' a capire da dove provenivano le frecce ma afferro' lo scudo e l’ascia e salto a terra.

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Eorein
Eorein non si fece sorprendere: imbracciò lo scudo e tornò rapidamente indietro verso il carro di testa per prendere una delle lance che vi erano fissate, volgendosi per un breve istante verso Athorman :

"Proteggi la testa della colonna!" gli urlò, "Se le cose si mettono male, conducili via!"

Mentre parlava cercò con lo sguardo Dalkest e gli fece un ampio gesto: doveva raggiungerlo al più presto.
Prima di volgersi di nuovo verso le frecce, disse all'altro compagno, che si era lanciato giù dal carro:

"Barak, raggiungi la coda e proteggi il carro delle donne. E segui Athorman!"

Quindi si avviò, i sensi all'erta ed il cuore che batteva all'impazzata...
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Agguato
Nel volgere di un istante la quiete venne sconvolta dalle urla di guerra e dal rumore di molti piedi. Un’asta, ronzando, era comparsa nel fianco destro di Athorman, non protetto dallo scudo. Era poca cosa, poiché indossava un’armatura assai solida, ma il dolore gli annebbiò la vista per un lungo istante. Davanti a lui, l’abbacinante chiarore del tramonto.

Al suo fianco, Eorein a cavallo già manovrava, sbirciando da dietro lo scudo per individuare gli assalitori. Una freccia comparve nel suo scudo. La sua voce salda come quando chiacchierava in taverna di spade e battaglie.
Almeno due arcieri nemici avevano scoccato le loro frecce dalla macchia, a meno di una quindicina di metri da loro, ai due lati della strada. Intanto, le fronde presero a muoversi, e dal sottobosco giunsero urla furiose, seguite da sagome in movimento.

Il luccichio del sole morente sulla punta di una lancia salvò la vita a Barak, che, alzato lo scudo istintivamente, se lo sentì portare giù dal peso dell’asta che vi si era conficcata. Davanti a lui, lungo tutto il fianco sinistro della carovana, almeno tre figure stavano balzando fuori dalla boscaglia, armi in pugno. Alex gli si avvicino, parandosi a sua difesa, ringhiando come solo un mastino assetato di sangue sa fare.

In fondo alla carovana, intanto, Mandorallen mordeva il freno, ansioso di caricare qualunque bersaglio. Un tonfo interruppe la concentrazione di Dalkest. Chinatosi per sfilare l’ascia dalla sella, fu sorvolato da un giavellotto proveniente da sinistra. Di colpo ritto sull’arcione, si parò il viso col braccio armato. Il clang della lancia sul suo coprispalla trasse scintille dall’acciaio, ma senza ferirlo. Intorno a lui, quattro ceffi stavano emergendo dalle fratte, i due che avevano scagliato le lance un po’ in ritardo. Armati di rozze accette, daghe larghe e giavellotti, erano uomini, vestiti con rozze pelli ed armature di fortuna, tozzi e bassi, sporchi di fango e inselvatichiti. Le loro facce, distorte dalla rabbia, pensò Dalkest, presto sarebbero state distorte da altri sentimenti... dolore e paura…
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Athorman
Il dolore provocato dalla lancia fu talmente intenso, che per un attimo il guaritore confuse l’abbagliante luce del tramonto con lo Splendente Portale che separa i vivi dai morti, ma il sapore dell’adrenalina lo fece tornare in sé.
Solo in quell’istante le parole pronunciate (il comando impartito) dal suo amico Eorein acquistarono un senso, e pronto come in tante altre occasioni, Athorman alzò lo scudo a riparo, ed estraendo la scure, riguadagnò i metri che lo separavano dalla testa della carovana per frapporsi tra gli assalitori ed il primo carrozzone, tenendo sempre d’occhio la boscaglia intorno a sé.

Nonostante il dolore al fianco destro non fosse ancora del tutto cessato, il Dunedan sentiva il suo corpo recuperare il vigore metro dopo metro.
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Dalkest
"AMMIRATE, CANI!"

con un urlo di gioia il biondo cavaliere scagliò Mandorallen verso i due più vicini al carro di coda cercando di colpirne uno con l'ascia e di travolgere l'altro con la forza (e la pettorina appuntita di metallo) del suo cavallo

"Stolti! fuggite di fronte all'ora della fine, ma correte veloci perch'io non avrò nessuna pietà, o forse agognate una morte rapida e senza dolore? venite allora! e permettetemi di dispensarla con grande generosità!"

come al solito non riusciva a trattenere un fiume di parole durante i combattimenti, aveva notato che questa sua abitudine disorientava gli avversari a volte, ma non era certo sua intenzione trarne alcun vantaggio, semplicemente non riusciva a farne a meno. stava a stento tenendo a freno la sua indole violenta, quella che sentiva l'odore del sangue e non si arrestava finchè non vedeva a terra esanime tutti i suoi nemici, stava cercando di non dare spazio a quel Dalkest che in caserma chiamavano "il folle" che in addestramento feriva i suoi compagni e che per questo, con grande vergogna del padre, era stato allontanato dall'esercito. a stento, ma lo stava tenendo.

aveva visto il gesto di Eorein prima di attaccare, ma c'era un lavoro da finire prima di poterlo raggiungere.

[Modificato da Mumak 08/03/2005 19.27]

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Athorman
Alla vista degli arcieri sulla strada di fronte a lui, Athorman morse il freno per non spronare il suo fido Anorel contro di loro, limitandosi a tenere il suo scudo a protezione della sua figura. L’ordine di Eorein, come una corda invisibile, lo fece rimanere fermo a protezione dinnanzi al carro di Yorick.
Il guaritore conosceva bene le doti marziali e tattiche dell’amico, per cui fidava ciecamente nelle sue direttive.
Questo non poté però frenare la sua esclamazione all’indirizzo dell’amico:

Eorein !! Gli arcieri !! Bisogna toglierli di mezzo!!

Pronunciate tali parole, fu pronto a lanciare Anorel al galoppo qualora Eorein gli avesse dato un cenno di consenso.
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09/03/2005 12:29
 
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Eorein
L'Eòthrain diede di sprone a Gùthlaf e si lanciò all'assalto, lancia in resta, dell'arciere appostato alla sua sinistra.
Il suo cuore batteva all'impazzata, ma la sua mente era diventata fredda come una lama di ghiaccio: aveva ormai imparato a controllarsi durante gli scontri ed a non permettere mai alla rabbia di prendere il sopravvento.

"Devo fermare gli arcieri" pensò "prima che ci riducano a dei puntaspilli"
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11/03/2005 23:52
 
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Il dubbio di Eorein...
Nella testa della carovana i due cavalieri manovravano con disperata rapidità in cerca di una posizione d’attacco. Uno dei due arcieri stava ricaricando la sua arma per prendere di mira Eorein.
Athorman lo vide sparire per un attimo dietro il fianco del carro di testa, verso dove doveva trovarsi Barak. Saldo come uno degli Argonath, rimase in testa al convoglio senza curarsi del secondo arciere. La visione di battaglia si stava impadronendo della sua mente e dei suoi sensi, facendogli spuntare gli occhi anche dietro la testa. E non invano, poiché gettando dietro di se una rapidissima occhiata vide ben tre dunlandiani balzare con la rincorsa sopra i carri, uno proprio sul carro di testa, dove Yorick lo aspettava con un bastone ed un pugnale come uniche armi.

Intanto, Eorein si era precipitato alle lance. Nell’impeto della corsa si trovò di fronte ben tre dunlandiani allineati. Già pregustava la visione di se che, roteando la spada, li decapitava in serie, quando Alex, il nero mastino, sbuco fra gli zoccoli di Guthlaf, mentre cercava di difendere il suo padrone. Il biondo cavaliere fu costretto ad eseguire una manovra estremamente complessa e senza preavviso, compiendo il miracolo di restare in sella ed in equilibrio. Ma ormai aveva già superato due dei tre uomini delle colline, mentre il terzo, poco avanti a lui, stava già con un piede sulla cassetta del carro di Heltzvegg, il goffo economo della compagnia. Dall’alto della sella, Eorein vide che presto sarebbe stato circondato. Era ora in ponte sul che fare. Dietro di lui, proprio davanti alle lance, infuriava una mischia tremenda tra Barak, Alex, e due dunlandiani, ed un arciere stava ormai iniziando a prendere la mira. Davanti a lui, il secondo carro preso d’assedio.

Barak, dal canto suo, a malapena accusò il colpo d’ascia del dunlandiano che si abbatté sul suo scudo. Il contraccolpo sbatté il bordo di ferro dello scudo contro il suo sopracciglio, ma senza lasciare danni gravi. Restituì il favore al dunlandiano con lo stesso movimento della parata.

Infine, nelle retrovie, gli uomini delle colline se la stavano vedendo brutta contro la ferocia gelida di Dalkest e la stazza di Mandorallen. Uno dei quattro, fu quasi travolto dal destriero, venendo sbilanciato ed allontanato ruzzoloni a parecchi metri dalla mischia, col naso insanguinato. Quello che si era lanciato sul carro, invece, venne abbattuto “in volo” dall’ascia del cavaliere, finendo a terra, carponi, tra zoccoli e stivali, a mordere la polvere. Mestamente tentò di rotolare via dalla mischia, sperando che le proprie ferite non fossero troppo gravi. Il terzo uomo però, armato di coraggio più che di ascia o di buon senso, aveva caricato trasversalmente il biondo guerriero. La sua scure trasse uno squillante “clang” dagli anelli della cotta di Dalkest. Povero lui, troppo in basso come posizione, ed esitante dinnanzi alla mole del cavallo per arrecare più che una breve fitta di dolore al cavaliere, il cui umore, probabilmente, sarebbe peggiorato di colpo di lì a breve, con spiacevoli conseguenze per tutti.
Eppure, notò Dalkest, dei suoi quattro assalitori uno mancava all’appello. Ronan, uno degli attori, su carro di coda, si alzò e sfoderò uno stocco, gridando

Ronan “Oh no! Ce n’è uno qui! Scendi, cane! Precipita giù!”

[Modificato da Ossian77 11/03/2005 23.53]

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12/03/2005 20:29
 
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Dalkest
*forza ragazzo, fagli vedere chi sei!*

il biondo cavaliere tirò di lato le redini e Mandorallen, che eseguiva gli ordini con sconcertante rapidità e precisione, scartò di lato e si voltò con una breve impennata per tornare così a fronteggiare l'ultimo ostacolo. il cavallo sapeva che si sarebbero fiondati sul piccolo uomo che aveva osato attaccarli e stava flettendo le zampe posteriori per scatenare un balzo in avanti che non avrebbe lasciato scampo al nemico. ma il padrone aveva esitato un attimo trattenendo le redini e Mandorallen restò in attesa con lo zoccolo che scavava il terreno e le narici che soffiavano furiosamente.

Dalkest rivolse lo sguardo verso il carro per valutare la situazione in cui si trovava il povero Ronan sperando che n on ci fosse necessità di un suo intervento. intanto il fiume di parole scorreva in piena come se fino a quel momento non fosse successo nulla.

"Fuggi sciocco! io sono la morte! chi non ha sentito parlare di sire Dalkest, bastione del bene, dispensatore di indicibili sofferenze, nemico giurato dei briganti e dei violenti, e chi non ha sentito il nome di Mandorallen, il suo destriero che più di lui odia ed ha ucciso gente della tua risma! fuggi sciocco!"
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