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La frequenza dell'anima

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2018 18:09
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Giudice***
09/02/2018 15:39
 
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1° classificata:“L'oleandro o dell'oblio” - aware_

Grammatica e stile 14,5/15 


L'analisi della storia, nell'indubbia complessità formale con cui l'hai confezionata, involge una pluralità di considerazioni da fare, in cui – talora – l'aspetto grammaticale è inscindibile da quello meramente estetico. Ecco, direi che la frase d'esordio (“È l’eterno gioco delle parti[...]) ne rappresenta una chiara epitome: qui, infatti, v'è un riferimento ad una dialettica che resta tutto sommato sospesa, non giustificata dal prosieguo del periodo, determinando se non un errore vero e proprio, certo una svista (sebbene irrilevante). Ancora, sulla medesima scia colloco anche il seguente periodo (“al punto da considerare il parlare superfluo, e d’un solo silenzio scomodo.”), in cui l'utilizzo della preposizione semplice m'è parso ingenerare una confusione ultronea, nemmeno motivata grammaticalmente. Notazione puramente accessoria, invece, riguarda l'errore di battitura in “Sentivi il tuo stesso disagio ferire l’aria, l’attesa a trafiggerti i muscoli.”, dovuto alla presenza della preposizione “a”.
Orbene, esauriti questi profili di problematicità tutto sommato di poco conto, procedo con lo studio dello stile adottato. In prima battuta, voglio evidenziare come esso tradisca una cura maniacale, sia per quanto concerne la plasticità di talune soluzioni, sia per quanto riguarda l'ordine intrinseco alla storia: attraverso una serie di rimandi interni, infatti, hai saputo ricomporre mirabilmente il dolore di Sirius in una sublime declinazione artistica – in cui gioca, appunto, un ruolo centrale la sua natura di Ringkomposition. L'eco che procede lungo la tematica dell'arte (intesa come abilità o ingegno concretamente posseduto da Sirius) permette di chiarificare le sue caratteristiche, in un articolato gioco prospettico, perfettamente bilanciato (l'arte nel costruire la propria infelicità, la quale rimanda all'arte della necessità di indovinare un sapore a lui fatalmente precluso, e ancora di appagarsi nella distruzione); la progressiva emersione della consistenza della “fragranza”, invece, procede da uno stadio di oscurità, transitando in una sua metamorfosi (“nuovo aroma”) e sfociando nella rivelazione finale: la verità diviene oleandro e ne assume le medesime, velenifere prerogative.
Per contro, ho da muoverti un appunto legato al seguente paragrafo:
“Sapevi che, di lei, James amava quel che di te riusciva a trovare, ma voleva soprattutto il suo possederlo in maniera meno tragica, meno contorta, più pura. Pura come i suoi occhi puliti, come la sua pelle senza cicatrici. Ma in quel suo sorriso un po' obliquo, nelle battute pungenti e i sentimenti orientati sempre verso il limite del baratro: su ognuno di quelli spiccava come inciso il tuo tocco, ignorato dagli unici occhi che desideravi lo notassero.
Tu di lei, per contro, possedevi la parte che a James non poteva bastare.” La sua complessità, infatti, non è funzionale alla trasparenza comunicativa che un testo ha la necessità di perseguire, giacché, insistendo sul labor limae, l'hai sacrificata sull'altare della simmetria e della pulizia del concetto, invero non raggiunti appieno. Voglio concludere, tuttavia, con la citazione di un periodo che ne rappresenta lo speculum:
“Avevi dato fuoco ad un albero della Foresta Proibita per ogni pomeriggio passato a non fare progetti, organizzare intrighi, avventure. L’odore acre della corteccia carbonizzata placava la solitudine come una carezza, la cenere volteggiava nell’aria dolcemente. Lo spettacolo della distruzione era la più deliziosa fra le tue doti.
Nel giugno 1978, Hagrid avrebbe rinvenuto una radura nera d’arsura.” Un paragrafo, questo, che riluce di un'ispirazione vivida, contraddistinta da una forza figurativa che ne giustifica la qualificazione di lirica in prosa, in cui la precisione del linguaggio evoca ed ingenera, nel lettore, un inconfutabile accesso di sublime.
Per questi motivi non posso accordarti il punteggio massimo, poiché a tratti v'è la percezione di vagare in un labirinto, in cui, tuttavia, il solo incedere innesta euforia e incanto.

Sviluppo della trama 9,5/10 

Lo sviluppo della storia si fonda su di un'ordine interno particolarmente pregevole, in cui ogni sequenza è tesa ad arricchire e stratificare lo spettro di significati attribuibili al paragrafo conclusivo, vero e proprio punto d'Archimede del testo stesso.
Le varie “tappe” in cui si articola sono incastonati nel passato, più o meno remoto: si passa dalle interazioni di Sirius con James e Lily, a riflessioni di ampio respiro (fra cui anche quello legato alla sua genia), culminando nell'epilogo, il quale cristallizza definitivamente la dimensione spazio-temporale: un punto d'approdo che appare né ingiustificato, né tanto meno indebitamente affrettato, bensì intimamente fuso con quanto lo precede.
Ho gradito – come già scritto – la struttura quasi “ad anello”, in quanto hai rafforzato la sostanziale tensione unificante che percorre lungo il testo: non vi sono colpi di scena, bensì elementi organicamente coesi e reciprocamente interdipendenti. Un equilibrio, questo, che non implode innanzi alla dichiarazione di matrimonio e alla richiesta di esserne testimone di James a Sirius, ma che, anzi, ne accoglie le ulteriori possibilità di ricadute introspettive, anche in un'ottica retrospettiva. Ecco, se v'è un difetto credo sia rintracciabile nel dialogo fra Sirius e Lily, in quanto m'è parso soprattutto un espediente narrativo per catalizzare talune considerazioni, in ciò difettando di una spontaneità che l'avrebbe meglio armonizzato con il resto. Una stortura, questa, in ogni caso sorpassata dall'importanza del parallelismo fra le due figure, la quale necessitava di uno spazio ad hoc per manifestarsi compiutamente.
In definitiva, lo sviluppo è coeso e non procede per linee spezzate, ma, a mio avviso, non avrebbe affatto guastato uno zoom sul momento esatto dell' “esilio” di Sirius dalla sua famiglia, per meglio circoscriverne l'impatto sulla storia, così come un approfondimento sulle dinamiche interattive fra lu e Lily.

Originalità 4/5 


Come ho già avuto modo di scrivere per un'altra storia in lizza, lo schema trilatere presentato è oggetto di una ricca “letteratura”, benché siano da apprezzare, nel caso concreto, la profondità dell'introspezione e la brillantezza espositiva; elementi, questi, da cui non si può prescindere in un'ottica di originalità globalmente intesa, poiché essa può esser guadagnata anche dalle modalità descrittive delle dinamiche presentate, al netto, magari, dell'assenza di un vero e proprio hapax contenutistico.

Caratterizzazione personaggi 9/10 

L'esegesi del testo incontra un momento di peculiare complessità nella figura di Sirius, cui hai dedicato un approfondito spazio personale di esplicazione; sebbene l'abbia trovato di sicuro interesse, vi sono delle considerazioni ulteriori da prendere in esame. La cifra ermeneutica da te prospettata risiede nella “violenza”, la quale necessita di un corpo estraneo contro cui sfogarsi: in tal senso, l'amore per James e l'odio verso sé e la sua ascendenza sono amplificati da una tensione autolesionista che pervade la sua figura. A tale lettura, però, voglio anteporne un'altra, parimenti giustificata dalla lettera del testo. Sirius, impossibilitato per sua stessa natura ad adeguarsi a situazioni di comodo, di sostanziale ipocrisia, rinunzia ad ogni possibilità di stringere un compromesso con la realtà: così facendo, non si spoglia della sua venatura da eroe tragico, attraversato da una serie di pulsioni che, però, non minano l'integrità del suo io (mai come questa volta, “legislatore” a tratti rapsodico). Egli ipostatizza le sue relazioni interpersonali e le rende il coltello con cui frugare dentro se stesso, denudandosi di barriere, di giustificazioni che pure potrebbero garantirgli riparo: “le lusinghe” del futuro, così, sono da lui rifiutate a causa della reiezione convinta, partecipata di una visione esistenziale dominata dalla leggerezza. Ben potrebbe “accontentarsi” di un affetto e stima così forte che lega James e Lily a lui, ma il suo anelito onnivoro alla libertà non può prescindere dalla necessità del conflitto con un obiectum determinato: più che animato da una furia disgregatrice, in lui ho visto riflesso il profondo bisogno di scarnificare il reale alla ricerca di un nucleo duro, incomprimibile di certezze su cui fondare la propria esistenza, impulso che, però, gli restituisce una percezione di inanità e angoscia. Individuo nudo fra individui vestiti, impara a sue spese che la libertà è forse il concetto più limitante di tutti, poiché naturalmente astretto dall'incoercibilità della volizione altrui (quella di James) e dalla natura casuale degli eventi (la nascita nella famiglia Black, la “deviazione” dell'innamoramento di James verso un altro soggetto).
La figura di James è sicuramente in una posizione subalterna rispetto a quella di Sirius e Lily, in quanto il suo spazio di soggetto agente è fortemente limitato; egli, infatti, è il fulcro di una serie di riflessioni che insistono sul suo rapporto con Sirius, ma in concreto manca un'esplicitazione di quelle prerogative capaci di amplificare i moti dirompenti di Sirius: la boria, l'egocentrismo, l'intraprendenza sono qui assenti, mentre campeggia brillante la sua amicizia indissolubile e (almeno ai suoi occhi) non attraversata da quella torsione ineludibile che tu hai così efficacemente delineato.
La figura di Lily è icasticamente definita a partire dall'esplicitazione di una sua profonda tonalità emotiva: “« Certe volte mi tormenta la necessità di farlo soffrire perché mi fa sentire così. »”. In quest'espressione, infatti, risplende la forte affinità “elettiva” che la lega a Sirius, intimamente avvinti da una radicale brama di libertà, un'istanza che corre lungo le loro esistenze e che si infrange contro il monolite rappresentato da James: nel suo caso, però, il desiderio di affermazione della sua volontà riesce a combinarsi con la sua altrettanto definita personalità, in una sintesi positiva da cui è escluso Sirius. Lily, così come quest'ultimo, è attraversata dal medesimo bisogno di avvalorare l'esistenza tramite uno stress-test basato sul dolore da infliggere a sé e agli altri: come se solo la sofferenza potesse, concretamente, sottrarre alla realtà quella patina mistificante che s'aggruma sulla sua superficie, assumendo le sembianze della felicità o dell'amore. Due figure “dannate”, il cui parallelismo si spezza allorché ad una è assegnata la stessa speranza negata all'altro. In ogni caso, sebbene lodevole la scelta di condurre l'introspezione del personaggio attraverso l'estrinsecazione dei suoi pensieri, avrei gradito un riferimento più insistente sulla sua definizione di amore.

Gradimento personale 5/5 

Inutile tergiversare: siamo innanzi ad un prodotto artistico maturo, ispirato e dai notevoli sbocchi denotativi, raffinati da un uso ricercato, immaginifico (ma non per questo poco sobrio) del linguaggio. Una storia che ha guadagnato il mio incrollabile apprezzamento per la pulsante energia che trasuda, per i personaggi che, sguainando le lame di buio che pendono sul loro capo, sono ineluttabilmente destinati alla sofferenza, tuttavia consapevoli che la cifra dell'esistenza e la sua ragione costitutiva risiedano nel tormento, “varco” essenziale per il dispiegamento della sua pienezza di significato.

Eventuali bonus 1/3 

La citazione prescelta irradia la sua ispirazione in maniera costante e visibile, giustificando ottimamente la sua pregnanza e l'appartenenza della storia a pieno titolo a questo contest; tuttavia, non posso attribuirti che un punto, attesa l'assenza delle altre citazioni.

Punteggio finale: 43

[Modificato da kosmos_ 09/02/2018 15:47]

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