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Gli IperCafoni e le Opere d'Arte

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2007 18:10
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11/11/2007 12:18

qua si commentano quadri famosi con un pizzico di malizia
Allegoria del trionfo di Venere
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.




Z O O M


Allegoria del trionfo di Venere
Bronzino, 1540-1545
Olio su tavola, 146 × 116 cm
Londra, National Gallery


Allegoria del trionfo di Venere è un dipinto ad olio su tavoladi cm 146 x 116 realizzato tra il 1540 ed il 1545 circa dal pittore italiano Bronzino.

È conservato dal 1860 alla National Gallery di Londra.


Contesto storico:

Il dipinto venne inviato come regalo di Cosimo I de' Medici al re Francesco I di Francia, ed era quindi innanzitutto un oggetto politico: il neonato Ducato di Toscana era in cerca di allenze strategiche per evitare di venire fagocitato dal grande impero di Carlo V (come era avvenuto per il Ducato di Milano), per questo carcava di ingraziarsi la Francia inviando preziosi doni come questo e per allearsi con la Spagna sposò invece la figlia del viceré di Napoli, Eleonora di Toledo; per ingraziarsi il papato infine consegnò a Pio V un suo amico intimo accusato di eresia (finì infatti bruciato al rogo), Pietro Carnesecchi.

Iconografia:

Essendo un quadro prodotto da una élite per un'altra élite, il soggetto è estermamente complicato,
suggerito sicuramente da qualche personaggio erudito della corte medicea, e la mano di Bronzino realizzò uno dei capolavori più famosi di quell'epoca, il manierismo.
Lo stile è molto idealizzato, sensuale ma anche freddo, quasi marmoreo, sublimamente idealizzato.

La tela presenta più livelli di lettura.
Il soggetto in generale è quasi sicuramente un'allegoria dell'amore sensuale, del sesso.
Venere in primo piano (identificata dal pomo d'oro del giudizio di Paride), bacia sensulamente il figlio Eros, il quale, mostrando vistosamente le natiche, le solletica un capezzolo.

Più complessa è l'interpretazione delle figure sul retro:
il putto con i campanelli alla caviglia, che sparge petali di rosa, ben illuminato sulla destra, simboleggia il riflesso più immediato del Piacere Carnale, la Gioia.
Dietro di esso una fanciulla appena in ombra si presenta con un grazioso volto, ma è una figura molto ambigua:
la sua natura ingannatrice è testimoniata dalle mani destra e sinistra scambiate
e dal corpo di mostro appena visibile in basso; è infatti l'Inganno;
dopotutto anche Venere e Eros si stanno ingannando a vicenda:
lei sta rubando una freccia dalla sua faretra,
lui le sta sfilando il diadema di perle.

Sul lato opposto le due figure grottesche sono la Disperazione e la Follia (in basso), che sono le conseguenze di medio e lungo periodo dell'amore sensuale.
Infine un vecchio in alto a destra stende un pesante velo che copre la scena:
è il Tempo che spegne ogni passione.


Curiosità:


* Nell'Ottocento la sensualità erotica del dipinto destava imbarazzo per questo le nudità di Venere nel basso ventre furono coperte da un panno giallo, tolto durante un restauro novecentesco eseguito con ottimi risultati.
[Modificato da Etrusco 11/11/2007 12:23]

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13/11/2007 19:19

Molto bello questo dipinto, anche se lo trovo in qualche modo plastico. L'allegoria però che nasconde dietro a tutti questi personaggi è molto suggestiva, anche perchè l'amore viene dipinto non nel trionfo della gioia, ma come il rovescio della medaglia.
bello bello!

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15/11/2007 23:53

Re:
Shia-principessa, 13/11/2007 19.19:

Molto bello questo dipinto, anche se lo trovo in qualche modo plastico. L'allegoria però che nasconde dietro a tutti questi personaggi è molto suggestiva, anche perchè l'amore viene dipinto non nel trionfo della gioia, ma come il rovescio della medaglia.
bello bello!




Infatti per quei dettagli lo trovo abbastanza inquietante... [SM=x44466]
fosse mai che il committente dell'opera avesse preso una grandissima tramvata amorosa [SM=x44455]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
29/11/2007 18:10


Kasimir Malevic, "Quadrato nero su fondo bianco" 1914-15, olio su tela 79,5 x 79,5 cm
Mosca, Galleria Tret'jakov


Scriveva Malevich nel 1927 a proposito della sua opera che divenne poi un’icona del moderno: "Quando nel 1913, nel mio disperato tentativo di liberare l’arte dal peso del mondo degli oggetti, arrivai alla forma del quadrato ed esposi un quadro che rappresentava solo un quadrato nero su un fondo bianco, la critica, e con lei tutta l’opinione pubblica sospirò: “Tutto quello che abbiamo amato è andato perduto: ci troviamo in un deserto…Davanti a noi c’è solo un quadrato nero su fondo bianco!” Il quadrato apparve incomprensibile e pericoloso all’opinione pubblica (…) e non c’era da aspettarsi qualcosa di diverso." Così Malevich nel 1915 (anche se lui anticipa la data forse per collegare più chiaramente la genesi del dipinto agli schizzi per le scenografie della Vittoria del sole del 1913) crea la prima opera senza oggetto del moderno, contrapponendosi all’accademismo ma anche alla finalità pratica della rappresentazione dell’arte. Quest’opera, che nell'Ultima Mostra Futurista 0.10 del 1915 si trovava in alto, in posizione centrale e inclinata in avanti come un’icona religiosa, sintetizza il sentimento cosmico, vitalistico, creativo del mondo senza oggetti, al di sopra della realtà fisica, che Malevich chiamerà “suprematismo”.

Il mondo poetico di Malevic si articola in uno spazio che non risponde ad alcuna logica né ad alcuna regola, almeno non a quelle del mondo reale, uno spazio indifferenziato in cui si collocano forme pure, moduli geometrici perfetti, emblematici e cristallini, il cerchio, la croce, il quadrato, pluridirezionali, non più forme oggettuali, ma concettuali (tanto che una parte della critica fa risalire al quadrato nero la nascita del concettualismo), forme-idee platoniche che adombrano l'essenza astratta della vita, l'origine primigenia di tutte le forme possibili di tutti i possibili mondi.






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