Io /amo/ la storia, la amo visceralmente, pur essendo conscia del fatto che alla fin fine... ne conosco poca.
1700 e Seconda Guerra Mondiale.
Parlando dalla storia "moderna" - dal 1400 - in poi, eh.
In genere quel che c'è di greco e di latino sono un po' il mio pane quotidiano, mentre tutto ciò che li ha preceduti, al momento è un po' offuscato e lontano, per quel che mi riguarda...
MA-- (perché un "ma" c'è) non credo che la storia sia fatta di date.
O perlomeno, a me l'han sempre insegnata nella maniera, a mio avviso, più indicata, ovvero per concetti, per personaggi, per, beh, 'lezioni di vita', perché la storia è questo, come dice giustamente anche Reiko_Artemis citando il buon (?) vecchio Machiavelli.
Ecco.
Le date della Prima Rivoluzione Francese le ricordo perché sono una fan di Albert Soboul, di quel periodo e dei suoi artefici, ma per il resto credo che il succo di tutto stia nel capire le cause meccaniche, lo sviluppo di essa e cosa significasse viverla.
Alla fine: è più rilevante sapere /quando/ è stata combattuta la battaglia di Poitiers o sapere il /perché/?
Le date, nello studio, ci servono semplicemente per dare un ordine di casua-effetto ad ogni avvenimenti, ma che io sbagli di un anno la cessione dei Sudeti è davvero rilevante, se poi so comunque a cosa ha portato questa?
Uguale la storia studiata senza darle vita.
Il semplice sfogliare un libro e dire "è successo questo, questo e questo", non credo serva a molto... la maggior parte delle persone crede che la storia sia una semplice materia 'di studio', ma personalmente credo sia una delle materie che richiedono il più grande sforzo riflessivo ed è forse quella che più di ogni altra cosa mette a dura prova il nostro giudizio critico.
E sarò sincera nel dire come non mi piaccia la storia per come viene fatta a scuola; non mi va giù che a livello scolastico, quella studiata sia solo "la storia dei vincitori" e quando dico questo, intendo la storia intesa come una materia fatta di parole, e non di persone, come invece credo dovrebbe essere...
(Fortunatamente, e ci tengo a premetterlo, a me la storia è stata sempre insegnata nel modo che ora sto portandovi come a mio avviso "miglior modo", ed è proprio avendo potuto fruire dei benefici di ciò che difendo e porto avanti /questo pensiero/.)
Mi viene in mente uno dei periodi più controversi della nostra storia: il ventennio fascista. A mio avviso è forse proprio la mancanza di volontà di affrontarlo in una maniera più umana dai più, dando per scontate molte cose, che si finisce col creare quei dubbi, quelle incomprensioni, quelle questioni che poi col tempo hanno portato a non debellare davvero quest'idea.
Vi metto l'esempio del fatto che fino all'anno scorso - se non erro - l'apologia di fascismo era reato... questo perché esisteva ancora il timore che potesse ripresentarsi qualcosa del genere, ma il timore c'è quando manca una vera analisi dei fatti alla base. Un'idea non può essere debellata se prima, in senso lato, non la si fa "propria".
E' un po' come la storia del "per sconfiggere il tuo nemico, lo devi conoscere meglio di un amico".
Ecco. Io credo che spesso parlando di questo ormai triste pezzo di storia, ci si dimentichi di raccontarne il lato umano, l'aspetto di guerra fratricida, quello che forse dovremmo fare realmente nostro.
Non sono le battaglie o sapere com'era organizzato i CLN o la RSI nel '43-'45 a permetterci davvero di imparare da tutto questo, ma - almeno personalmente - quel lato più "vero" e "vivo" di quegli anni.
Lo dico, perché per un certo periodo di tempo ho lavorato all'istituto storico della resistenza e della cultura moderna, e ho potuto 'toccare con mano' questi aspetti... e sinceramente la cosa che mi è rimasta impressa è sentirmi dire da uno degli archivisti dell'ANPI della mia città che: "Sia morto un fascista, un partigiano, un soldato del Regio Esercito, un tedesco o un alleato, qualcuno ha sempre perso un padre, un figlio, forse un fratello, uno zio o un nonno".
Ora... io ho citato questo esempio perché è quello che personalmente ho sperimentato, ma credo che la storia andrebbe /sempre/ trattata in questo modo. Questo non vuol dire vederla con la mente offuscata, assolutamente; è giusto prenderne le distanze e cercare di analizzarla razionalmente, ma non dobbiamo neanche dimenticare che come diceva Vico, la storia è forse l'unica cosa realmente opera dell'uomo, e in quanto tale non va scordato il suo lato più "umano".
Io ho una professoressa che quest'anno passato è riuscita a trasmetterci la passione per la Rivoluzione Francese e per i suoi fautori, non in maniera, come dire, "di parte", non dandosi al revisionismo storico, ma semplicemente raccontandola in maniera obbiettiva, e soffermandosi sulla riflessione che a suo tempo stava alla base della Rivoluzione stessa.
Quello che mi è rimasto, e chi mi conosce lo sa, è un amore incondizionato per Robespierre. Questo non mi impedisce di riconoscere il suo ruolo di tiranno reazionario sul finire di quella ch'era ormai divenuta una dittatura, ma mi permette di capirne una parte sostanziale che forse è il vero cuore di quel periodo storico.
E come Robespierre, tanti altri... potessi, penso parlerei per ore della Prima Rivoluzione Francese! (LE LOL.)