L'Isola Incantata delle Figlie della Luna Un luogo protetto dalle Nebbie in cui le Fanciulle studiano insieme...

Il Mahabharata

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    stregaviolet )O(
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    00 22/03/2009 03:08

    Sto provando a guardare il film che hanno girato sul Mahabharata, uno dei due lunghi e complessi poemi dell'epica indiana.
    Letteralmente significa "la grande storia dell'umanità" e racconta la storia di fue famiglie semidivine, i saggi principi Pandavas e i terribili e avidi cugini Kauravas, che si combattono per il potere.
    E' un film lunghissimo, del resto la storia è trascritta in diciotto libri. Per ora ho guardato solo il primo dvd, che contiene due film già piuttosto lunghi (mi manca il secondo dvd con altrettanti film).
    E' ricchissimo, e molto particolare... eppure per quanto lungo e forse un po' strano ai nostri occhi, cattura l'attenzione e accompagna attraverso le vicende...
    Qui c'è una splendida donna indiana che sposa i cinque Pandavas. Non un uomo con molte mogli, com'è in molti paesi, ma una Donna con molti mariti... splendida è dire poco.
    Ci sono moltissime cose particolari e di una ricchezza infinita,
    troppe...
    ma è su una che mi sono soffermata, ricopiando i testi (peraltro il film non è nemmeno tradotto, ed è solo in inglese con i sottotitoli in italiano).
    Questa parte della storia avviene quando i due eserciti stanno per scontrarsi. Uno dei principi Pandavas, Arjuna, ha accanto a sè Krishna, e deve suonare il corno perchè il combattimento abbia inizio... ma viene colto da terrore e chiede aiuto al Dio Krishna stesso.
    Il dialogo che segue è a dir poco magnifico... e utile a ognuno di noi.
    Ho ricopiato tutta la scena, in cui ci sono parti narrate in terza persona e parole dette da terzi, nonchè dal Narratore che dall'inizio narra il poema.
    E' molto lontano, per ciò che sento, dal mio "ambiente", ma per certe cose Vere, non c'è differenza... si narra sempre della stessa identica cosa.

    Il Mahabharata
    La Lotta tra i Pandavas e i Kauravas


    Arjuna: "Le mie gambe non mi reggono più
    ho la bocca asciutta, tremo
    L'arco mi scivola dalle mani.
    Lo zio, i cugini, i nipoti
    e Drona, il mio maestro, sono tutti qui.
    Non posso portare la morte alla mia famiglia.

    La mia risolutezza è scomparsa
    non posso difendermi...
    Aspetterò la mia morte qui."

    - Arjuna ha gettato l'arco e le frecce.

    - Perchè curva la testa?
    Dov'è la sua superbia?
    Dov'è la sua brama di combattere?

    Krishna: "Che significa questa debolezza vergognosa?
    Alzati e combatti.

    Arjuna: "L'angoscia mi opprime.
    Non so più dove sta il mio dovere.
    Dimmelo tu."

    - Cosa fa Krishna?

    - Parla ad Arjuna.

    - Cosa gli dice?

    - Gli dice che vittoria e sconfitta sono la stessa cosa.
    Lo incita ad agire senza pensare al frutto dell'atto.
    Gli dice: "Sii disinteressato.
    Combatti freddamente."

    Arjuna: "Dici: sii freddo e disinteressato.
    Ma mi inciti a combattere, massacrare
    Le tue parole sono ambigue.
    Mi confondi."

    Krishna gli dice: non rifugiarti nella solitudine.
    Rinunciare non basta.
    Devi agire.
    Ma non lasciarti sopraffare dall'azione.
    Nel cuore dell'azione,
    devi sentirti libero da ogni attaccamento."

    Arjuna: "Come posso mettere in pratica ciò che vuoi da me?
    La mia mente è mobile, instabile,
    evasiva, febbrile, agitata, ostinata.
    Domarla è più difficile
    che ammansire il vento."

    Krishna: "Impara a guardare
    con gli stessi occhi
    un tumulo di terra
    e un cumulo d'oro.
    Una vacca e un saggio.
    Un cane e l'uomo che mangia il cane.
    Esiste un'altra intelligenza
    al di sopra della mente."

    Arjuna: "La passione ci trascina.
    La malvagità ci offusca i sensi.
    Come faccio a trovare questa intelligenza?
    Con quale volontà?"

    Per rispondere a questa domanda
    Krishna guidò Arjuna attraverso
    la foresta dell'illusione.
    Cominciò ad insegnargli l'antica saggezza dello yoga
    e la strada misteriosa dell'azione.
    Gli parlò a lungo.
    Molto a lungo
    tra i due eserciti che si preparavano a distruggersi.

    Arjuna: "Tutti gli uomini sono nati nell'illusione.
    Come raggiungere la verità
    se si è nati nell'illusione?"

    Lentamente, Krishna guidò Arjuna
    per i meandri del suo spirito.
    Gli indicò i movimenti segreti del suo essere
    e il vero campo di battaglia
    dove non servono nè guerrieri nè frecce
    dove ognuno può combattere da solo.
    E' il sapere più segreto.
    Gli insegnò come il mondo va rivelandosi.

    Arjuna: "Le mie illusioni svaniscono,
    una dopo l'altra.
    Adesso.
    Se sono capace di contemplarla,
    mostrami la tua forma universale.

    ...

    Ti vedo.
    E vedo pure tutto il mondo
    in un solo punto.
    Tutti i guerrieri si lanciano nella tua bocca.
    E tu li frantuni tra i tuoi denti.
    Desiderano essere distrutti
    e tu li distruggi.
    Attraverso il tuo corpo,
    vedo le stelle.
    Vedo la vita, la morte.
    Il silenzio.
    Rivelami la mia natura.
    Sono precipitato giù, negli abissi.
    Ho paura."

    Krishna: "Sono tutto quello che pensi,
    tutto quello che dici.
    Ogni cosa è appesa a me,
    come le perle alla collana.
    Sono il profumo della terra,
    il calore del fuoco.
    Sono ciò che appare,
    ciò che scompare.
    Sono la beffa dell'imbroglione.
    Sono il fulgore di tutto ciò che splende.
    Sono il tempo invecchiato.
    Tutti gli esseri precipitano nella notte
    e vengono poi riportati alla luce.
    Ho già sconfitto tutti questi guerrieri.
    Ma chi crede di potere uccidere
    e chi crede di potere essere ucciso
    sbaglia comunque.
    Nessuna arma può trafiggere la tua vita.
    Nessun fuoco bruciarla,
    nessun'acqua allagarla.
    Nessun vento può prosciugarla.
    Non avere paura. Alzati,
    perchè ti Amo.

    Ora puoi dominare la tua misteriosa
    imprevedibile mente.
    Puoi vedere il tuo lato nascosto.
    Agisci come devi agire.
    Io stesso, non resto mai senza agire.
    Alzati!"

    Arjuna: "Le mie illusioni sono svanite,
    i miei errori cancellati.
    Grazie a te, mi ritrovo risoluto.
    I miei dubbi sono spariti.
    Agirò seguendo le tue parole."

    Tratto dal film Il Mahabharata, di Peter Brook, 1989

    [Modificato da stregaviolet )O( 22/03/2009 03:11]


    "Oltre ogni tempo e tuttavia nel cuore del tempo."
    Haria

    "Incappucciate e velate, con le trecce color notte, le Fate porteranno ciò che nessun profeta intuì."
    Lord Dunsany

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    AlessandroSkryer
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    00 22/03/2009 03:38


    Sì, è a dir poco magnifico… Non posso commentare, né aggiungere nulla, se non ricordare con un semplice accenno, oltre allo yoga, la pratica del Tao e dello Zen, ciò che si apprende attraverso l’arte della spada, il vuoto nel combattimento… E altre vie per il dissolvimento dell’illusione…





    E sempre il vento e l’ombra misuravano il tempo,
    il sole portava riflessi come grate di gioia
    alloggiata là fuori, incurante degli agguati—
    quella che si sarebbe dovuta cercare.


    Crevice Weeds






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    olwen73
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    00 27/03/2009 07:25

    Sono contenta che la Mahabharata sia approdata nell'Isola.
    E' un poema epico, incredibile, è proprio lo specchio dell'immensa storia dell'umanità. La prima volta che ho visto il film -molti anni fa- vivevo a San Remo e una notte, non riuscendo a dormire, ho acceso la tv e scorgendone le prime immagini non sono riuscita a distaccarmene se non alla fine -al sorgere del sole-, è stato bellissimo. Da allora ho spesso meditato su questo stupefacente film e benchè ne sia rimasta letteralmente incantata ed abbia visto il film (ora anche in italiano in dvd) più e più e più volte non sono ancora riuscita ad andare al di là della lettura della Bhagavad-Gita (è il poema, all'interno della Mahabharata, da cui il brano di Violet è tratto).
    Questo poema (di cui il film è una superba sintesi) è veramente immenso e racchiude ogni cosa, cara Violet capisco il tuo sgomento è lo stesso che ognuno di noi prova al dischiudersi delle sue pagine/immagini, è così immenso da perdercisi, da rimanerne spaesati. Nonostante abbia visto il film molte volte ti assicuro che la leggera inquietudine che mi pervade ogni volta che lo vedo fa sì che l'attenzione non cada e che, ogni volta, una nuova minuscola parte si sveli a me. Credo sia uno dei pochi testi magici arrivati fino a noi e credo che non possa esserci altra definizione che possa rappresentarla se non quella che la Mahabharata stessa da di sè:

    "ciò che qui c'è, lo si può trovare anche altrove;
    ma ciò che qui non si trova, non esiste in nessun luogo"

    L'India è un luogo immenso e racchiude in sè una cultura così antica e ancor oggi così presente e viva da sembrare immensamente distante e poco comprensibile rispetto alla nostra, ma è solo apparenza, è solo un altro gioco di Maya che danzando la sua danza ci sorride con occhi scintillanti.
    In realtà "we're all equal madame, we are all equal, we are all human been" questo è quanto le persone che ho incontrato laggiù mi ripetevano sorridendo all'interno dei templi.
    Maya è l'Illusione, la sua danza un'insieme di veli che l'uno dopo l'altro cadranno mostrandoci la Realtà Ultima.
    Anche questo testo/film (vi consiglio il film, il testo è davvero troppo duro "da avvicinare di petto") non sono altro che un'espressione di Maya, sono la sua danza fatta verbo, e proprio come nella sua danza i veli sono molti, infiniti e bisogna percorrere l'intero cammino prima di scorgerne i contorni -e non sto parlando del cuore ma solo dei contorni-. E' un cammino infinito ma non voglio dilungarmi.
    Non ho una profonda conoscenza dei sacri testi indù, ne conosco solo una piccola parte, ma vi assicuro che il cuore che essi racchiudono non è lontano dal nostro. Credo si tratti principalmente di un problema di comunicazione, di lingua, di traduzione.
    Prendiamo la parola yoga per esempio, in occidente viene identificata principalmente con l'insieme di asana (gli esercizi fisici) che possiamo apprendere durante un corso o da un istruttore. In realtà questa parola racchiude ben altro: deriva dal sanscrito "Yuj" che significa unire, legare. E' l'insieme delle tecniche di vita che ci permettono di accedere all'integrità di noi stessi, di arrivare all'unione di mente, corpo e anima, di arrivare all'unione dell'individuo con il divino, è assistere alla danza di Maya con equanimità e consapevolezza.
    Lo yogi non è un virtuoso di asana, nè un mago, nè un asceta, ma un uomo centrato, integro, "vergine", presente a se stesso.
    Quanto sono prolissa....non vi tedio più... buona visione
    [Modificato da stregaviolet )O( 27/03/2009 23:27]

    )O(
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    007arcobaleno
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    00 29/03/2009 20:25

    Nel leggere questo bellisimo brano mi sono tornati in mente gli anni in cui studiavo con un maestro la Bhagavad Gita che è forse il testo più famoso del Mahabharata.
    Questo maestro insegnava meditazione, non nel senso di mettersi seduti con le gambe incrociate, ma nel senso letterale del termine, medit - azione, cioè essere coscenti nell' azione.

    Del dialogo riportato da Violet tra Krishna e Arjuna mi ha colpito questa parte:


    Arjuna: "L'angoscia mi opprime.
    Non so più dove sta il mio dovere.
    Dimmelo tu."

    - Cosa fa Krishna?

    - Parla ad Arjuna.

    - Cosa gli dice?

    - Gli dice che vittoria e sconfitta sono la stessa cosa.
    Lo incita ad agire senza pensare al frutto dell'atto.
    Gli dice: "Sii disinteressato.
    Combatti freddamente."

    Arjuna: "Dici: sii freddo e disinteressato.
    Ma mi inciti a combattere, massacrare
    Le tue parole sono ambigue.
    Mi confondi."

    Krishna gli dice: non rifugiarti nella solitudine.
    Rinunciare non basta.
    Devi agire.
    Ma non lasciarti sopraffare dall'azione.
    Nel cuore dell'azione,
    devi sentirti libero da ogni attaccamento."



    Secondo voi quale desiderio ci deve dunque spingere all' azione se non c' è attaccamento verso il frutto?

    Dal mio punto di vista è la ricerca del nutrimento, nell' azione coscente il centro si nutre della percezione, indipendentemente dal tipo di percezione, potrebbe anche essere dolore.
    Se il centro si nutre la nostra energia, il nostro magnetismo, la nostra magia crescono fino al punto da poter cambiare il sapore stesso della percezione. Haria secondo me descrive questo quando dice che l' intento da il comando alla percezione di allinearsi al respiro della bellezza.





    Alcuni uomini si adattano alla realtà, altri la creano~


    [Modificato da 007arcobaleno 29/03/2009 20:25]
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    stregaviolet )O(
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    Anziana dell'Isola
    00 30/03/2009 01:57

    Credo che la risposta alla tua domanda stia in questa risposta che Krishna stesso dona a Arjuna quando lui gli chiede come fare:

    "Krishna: "Impara a guardare
    con gli stessi occhi
    un tumulo di terra
    e un cumulo d'oro.
    Una vacca e un saggio.
    Un cane e l'uomo che mangia il cane.
    Esiste un'altra intelligenza
    al di sopra della mente."

    Qui sta il distaccamento, ovvero la centratura in una parte di sè che è al di sopra della mente, "un'altra intelligenza", ovvero qualcosa che dona un equilibrio tale da non far più desiderare il frutto dell'azione, a meno che esso non sia il mantenimento stesso di questo stato d'essere, che appunto si può mantenere solamente restando attivi anzichè passivi nei confronti di se stessi.
    A quel punto l'oro e la terra vengono visti con gli stessi occhi privi di desiderio materiale. Perchè quando si ha l'equilibrio e si ha trovato il vero Centro di sè, non serve più niente altro, si è completamente nutriti come se si avesse attinto al Graal. E quando si è nutriti non serve più nulla, si diventa centrati e non più sbalzati dalle situazioni. Si agisce "freddamente", restando distaccati, ma si agisce. Perchè senza azione vi è passività, e con la passività nulla può essere mantenuto o trattenuto.

    [Modificato da stregaviolet )O( 30/03/2009 01:59]


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    olwen73
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    00 30/03/2009 02:30
    trovo affascinanti e poetiche le tue risposte Arcobaleno. La mia stessa percezione è allineata a quanto dici.
    _____________________________________________________________________
    Secondo voi quale desiderio ci deve dunque spingere all'azione se non c'è attaccamento verso il frutto?
    _____________________________________________________________________
    La prima risposta che mi è venuta in mente è: "la ricerca di Libertà"

    Ma "La liberazione si raggiunge con la pratica, mai semplicemente discutendone" -S.N. Goenka-

    Questo è il motivo per cui l'Agire e il NonAgire devono essere sostenuti dal puro Intento.

    ...e i due alleati che possiamo avere in qs lungo cammino sono la Consapevolezza e l'Equanimità. Attraverso qs due alleati abbiamo la magica opportunità di poter accedere alla purificazione della nostra mente, del nostro cuore e del nostro corpo.

    "Tutto ciò che si sperimenta durante il cammino, sia esso piacevole o spiacevole, non ha importanza. L'importante è non reagire con desiderio o con avversione, poiché questi non producono altro che sofferenza. L'unico metro su cui misurare il nostro progresso sul sentiero è il grado di equanimità a cui siamo pervenuti. E, se si vuole andare alle massime profondità della mente e sradicarne tutte le impurità, occorre l'equanimità nei confronti delle sensazioni fisiche. Se si impara ad essere consapevoli delle sensazioni ed a rimanere equanimi verso di esse, si potrà, con altrettanta facilità, mantenersi equilibrati nelle situazioni esterne" -discorsi di S.N.Goenka maestro di meditazione Vipassana-

    Tutto ciò non fa che sottolineare quanto sia importante imparare ad Agire anzichè Reagire alla realtà. Perchè la realtà stessa non è altro che la codifica del mondo che noi stessi costruiamo sulla base delle percezioni che abbiamo di esso.
    Ma la percezione del mondo è Soggettiva, la percezione della "prima realtà" che ci circonda -il quotidiano- cambia con il cambiare della nostra soggettività, della nostra cultura, dei nostri condizionamenti passati e del contesto in cui ci troviamo.
    Se uno di qs fattori "cade" allora anche la realtà cadrà.

    Credo sia la Paura a guidare la nostra percezione quotidiana.
    Credo che qs "mondo" sia così vasto e inconoscibile che l'unico modo per continuare ad agire nel quotidiano -in accordo con la socialità che ci circonda, per non esserne/sentircene escusi- sia rispettare le regole e le gabbie che noi stessi costruiamo ogni giorno. In qs modo possiamo convincerci di averne il controllo, possiamo convincere noi stessi e il mondo che c'è un senso in quello che perseguiamo quotidianamente con tanta energia e passione... che siamo al sicuro, che nulla turberà il nostro fittizio equilibrio ma sopratutto possiamo convincerci che non siamo soli.. E' il più bell'inganno che facciamo a noi stessi, è il grande gioco che ciascuno di noi ama giocare.
    Ma a volte, abbiamo la fortuna il dono -come Arjuna ebbe sul campo di battaglia dove bramosia e avversione lo colsero con tanta forza e impietoso impatto- di poter alzare per un attimo quel lembo, di rompere quelle gabbie percettive. Abbiamo il dono di vedere, osservare e percepire per un attimo cosa si nascone dietro il grande gioco e quell'attimo basta a far sì che il nostro cammino continui instancabilmente, per tutta la nostra vita, solo per arrivare ad Osservare -con Consapevolezza ed Equanimità- ancora una volta cosa si nasconde dietro il grande bluff.

    Ogni cosa sorge e passa,
    tutto muta incessantemente e ciò che vuol essere sarà.
    Basta volerlo, niente rimpianti,
    tutto cambia
    e siamo noi a decidere ogni attimo
    quale cammino percorrere.
    E nulla rimane immobile
    e ciò che vogliamo dev'essere parte della strada che decidiamo di percorrere
    e le strade spesso appaiono tortuose ma
    se le osserviamo dall'alto vediamo che il sentiero ci ha sempre portato dove volevamo andare.
    Dobbiamo solo avere il coraggio di scegliare consapevolmente e non per paura.
    Tanto del sentiero non puoi vedere la fine e non esistono cammini sicuri.
    Sbirciare dietro l'utlima curva che hai davanti non ti porta a conoscere la meta.
    Lascia che il fuoco del tuo cuore governi il tuo sentiero.

    con affetto

    )O(