00 10/11/2005 14:47

Ho uno spazio per me ora, non mi piacciono i blog, li trovo a volte un’accozzaglia di roba, io in realtà vorrei scrivere su carta, e usando una matita, ma per puro caso mi è passata in mente l’idea di scrivere qui al pc, finchè mi va, spesso poi magari mi stufo.
Sapete ogni tanto mi capita di scrivere, io che l’italiano lo conosco quanto un cavolfiore a merenda.
Spesso mi viene da scrivere la notte o la sera, quando sono stanco di quello che ho visto, quando sono stanco di quello che mi circonda, ma passiamo oltre va, dovete sapere che scrivo di tutto, da barzellette, a testi di canzoni, a indovinelli, a poesie e tant’altro, anche piccole storie.

Un giorno raccontavo a Alessandro (il buon Maskad) di questa mia pessima abitudine notturna; era estate, una di quelle sere in cui esci, fai le due della notte, e c’è qualcosa che non ti va, senti che qualcosa che non va nella tua vita. Poi ci pensi meglio e capisci che è solo il tuo stomaco che borbotta. Piano piano vai in cucina, sperando che la porta datata 1927, sia aperta che sennò svegli tutta casa. Puntualmente il tuo obiettivo è il frigorifero, tenti di aprirlo lentamente, ma anche i cardini di esso cigolano e ti domandi “ma come diavolo fa, il giorno è silenzioso e la notte fa rumore….mi odia, oramai è una sentenza!”
Scruti il frigorifero alla ricerca di qualcosa, davanti ai tuoi occhi ti appare il deserto, il classico frigorifero d’estate; talmente vecchio è il mio, che quando a Roma fanno i 38 gradi è inutile metterci qualcosa, perché te la devi mangiare in un giorno che sennò si rovina.
Quasi perdi le speranze, ma all’ultimo ripiano, quello in basso che devi chinarti per tirare fuori la roba, hai come una visione, gli occhi ti si illuminano….mezzo cocomero appare davanti ai tuoi occhi!!!
E qui inizia la mia voracità e la mia follia, preso il cocomero, preso un bel piattino per non far cascare la sua acqua, vado sul terrazzo con un foglio in mano e una matita e inizio a pensare e a scrivere ininterrottamente per non so quanto tempo…poesie e indovinelli mi pare, forse.
Questo lo raccontai al mio compare (sempre il buon Maskad), che si sbracò dalla risate a immaginare me nella scena in cui gli raccontavo, e dato che io sono un patito per la meccanica, mi immaginava a scrivere anche con una chiave inglese in mano.

Stasera, anche se quest’ultima mia follia la metterò domani mattina, voglio raccontarvi Roma d’estate, da un punto di vista sempre particolare….anzi iniziamo da Marzo, e iniziamo da come vivono i turisti Roma.
A Marzo ci sono le invasioni barbariche di svedesi, norvegesi e quant’altro, quando tira ancora il vento del ponentino, bello freschetto, loro sono già nella metro a grondare di sudore, sia gli uomini che le donne in canotta puntualmente puzzolente al punto giusto.
Poi scendono i tedeschi, sono brutti i tedeschi sapete, si riconoscono perché puntualmente hanno i sandali più indecenti mai visti al mondo, e possono essere in trenta, ma tutti hanno gli stessi sandali. I tedeschi scompaiono a metà Luglio, non si capisce se vanno via o se si sono sciolti.
Poi è la volta degli americani…uff…il 70% degli americani è obeso, strilla e dentro la metro non è nemmeno capace a reggersi. Il loro identikit è facce bianche, rossi sulle guance, cappellino e pantaloncini corti. Devo dire la verità sono quelli che più sono dotati di mappe della città.
Poi ad agosto gli spagnoli, iniziamo con dire che io amo la Spagna, soprattutto quella brava gente dei Paesi Baschi, non riuscirò mai a capire perché per colpa di pochi vengono definiti terroristi, è la gente più ospitale che esista, basta che non li chiami spagnoli…ma baschi, sennò si offendono!!!
Poi tutto l’anno giapponesi e cinesi, comprano di tutto e fotografano di tutto anche me sapete…..ora mi rigiro sulla mia sedia reggendomi la pancia per la cavolata che ho detto, il bello è che non so quanto volte ho fatto una cosa del genere però allo stadio e con i giocatori della Roma che conoscevo, ma questa è un’altra storia.
Vi ho descritto uno spaccato della Roma d’estate, quella dei turisti, ora vi dico la mia. Roma è sempre bellissima, e non lo dico perché sono romano da generazioni, ma lo dico perché è così, perché tutti i miei amici che vengono da fuori (Calabria e Umbria) rimangono a bocca aperta nel vederla, provate a fare una passeggiata alle 10 di sera lungo i Fori Imperiali con lo sfondo del Colosseo. Vi potrei fare mille itinerari interessanti, ma voglio andare oltre, raccontarvi qualcosa di particolare, quello che usualmente si fa da questi parti, che facevo io almeno.

Tanti anni fa quando ero un bambino e poi un ragazzino, passavo le mie estati a giocare a calcio, era troppo bello avere un giardino davanti a casa mia e tutti gli amici che si riuniscono lì, bastava fare due passi per andare nella mia oasi di felicità; come basta poco per essere felici da piccoli.
Stavamo per gran parte dell’estate in quei campetti, tutti i ragazzi del Testaccio, e qualcuno della Magliana, sembravano stare lì, facevamo mega partitoni che duravano interi pomeriggi, io giocavo in porta, sono sempre stato alto una quaresima. Già faceva caldo, anche afoso, certo c’erano meno temporali originati dal nostro disastrato clima mondiale, ma c’era una cosa che tutt’ora mi colpisce la stragrande maggioranza dei romani negli anni Novanta andavano tutti in vacanza fuori dalla città. Per strada non passava nemmeno una macchina, ci si poteva giocare tranquillamente, e dato che la strada era all’ombra, al contrario dei campetti, più di qualcuno si metteva seduto sui sempre freschi sampietrini. Ora non è così, c’è perenne traffico sintomo che ora la maggioranza dei romani è quella che rimane in città.
Poi se si voleva andare al mare, a due passi c’era, e c’è ancora, la ferrovia Roma-Ostia che in 35 minuti ti porta al litorale, una vera manna dal cielo per chi ci abita vicino, magari la mattina ti svegliavi già pieno di sudore, ti preparavi in 10 minuti, dicevi al volo a tua madre prima che si arrabbiasse: “ao, ma! io me ne vado ar mare”. Tutt’ora prendo quel treno per andare al mare, ma almeno mia madre non si arrabbia più!
E come non dimenticare le volte che mi persi a Trastevere, a due passi da casa mia, ma ogni volta che ci andavo mi perdevo nei vicoli, dovete sapere che Trastevere è più intricata del mio cervello.
Ci andavo con gli amici e anche loro non sapevano mai come uscirne fuori, ma a furia di perdermi ho imparato tutti i vicoletti, più tardi imparai anche quali erano i migliori pub del quartiere. Ora alzo le mani, almeno una volta ogni settimana c’era qualcuno che si azzuffava, ma io non c’entravo mai niente, sono sempre stato un tipo calmo e pacato, o forse era che essendo il più alto di tutti e nessuno mi metteva le mani addosso!!!! Mi sa la seconda perché non ero un tipo pacato, no!

Queste erano le estati, che passavano tanti di noi nella metropoli più bella nel mondo.
No, mi suona riduttivo dirlo così, molto più giusto dire “La città eterna”, dalle mille bellezze e dalle tante stranezze che i miei stessi occhi hanno visto, ma queste sono altre storie…..


Per voi attenti lettori……


Dedicato a Alessandro, che sempre tanto mi sopporta.








Gervinho Gervinho figlio dell'amore, parevi na pippa e invece sei un campione, capelli fini di seta pura, su quella fascia viaggi da paura

Gervinho Gervinho tu la dovrai amare, la Roma è er core de n'popolo cantore, abbi coraggio nei momenti bui