00 20/03/2022 21:16
Re:

Puoi approfondire qual è il rapporto di Zheyn con la magia? cosa succederebbe se il tuo pg scoprisse di avere capacità magiche? Come la prenderebbe?



Allo stato attuale, Zheyn considera la magia come “la ragione a monte di qualunque cosa di brutto ed inspiegabile esista al mondo”: ad esempio, è assolutamente certo che sia anche la causa della Perdizione, determinata, a suo dire, da un uso “cattivo”, plausibilmente voluto, della magia. Inoltre, durante uno scontro ha assistito alla trasformazione di due Mannari, Dayel e Califa: parlando con quest’ultima, ha appreso che è una cosa che le causa sofferenza, ma che ha accettato come parte di sé, e per Zheyn c’è sicuramente la magia anche dietro questa loro condizione, che si sia ritorta contro di loro o che ne siano vittime da parte di terzi per lui non fa differenza.
Le cose, tuttavia, si sono evolute in gioco: per quanto, non conoscendo la natura delle sirene e le loro capacità, lui non abbia considerato come strettamente magica la cura che ha ricevuto da Maribel, sa comunque di aver avuto un aiuto da parte sua nel momento in cui lei l’ha salvato durante la sua giocata d’esordio.
Inoltre, Zheyn si è trovato in due distinte situazioni a doversi scontrare con i suoi stessi pregiudizi: era rimasto ferito in un paio di scontri (lui praticamente non ha istinto di conservazione, quindi in gioco, durante i combattimenti mi trovo a dover descrivere azioni rischiose che io disapprovo ma che lui farebbe e, lo sappiamo tutti noi giocatori, si fa la volontà del pg), si era così ritrovato inabile a combattere, mentre era suo obiettivo primario quello di aiutare il popolo di Dirhae contro la Perdizione. Sapeva che il solo modo per tornare subito al meglio della forma sarebbe stato quello di ricorrere alla magia, cosicché, obtorto collo, ha dovuto richiederne l’uso su se stesso.
Quando ne ha provato sulla pelle gli effetti, quando si è trovato di fronte a due guaritrici affaticate da quegli stessi incantesimi e non preda di quello stato d’esaltazione che invece riscontrava in Loon, ha iniziato a rendersi conto di quante differenze potessero esserci nell’uso e negli effetti della magia stessa. L’esperienza (quella del personaggio nei suoi vissuti On) gli ha dunque permesso di scalfire le sue idiosincrasie, giungendo ad una corrispondenza non biunivoca: se “tutte le cose brutte e inspiegabili” scaturiscono dalla magia, dalla magia non derivano necessariamente solo “cose brutte”. Come gli è stato spiegato, tutto è legato all’uso che se ne fa, come una spada: argomentazione, però, alla quale Zheyn controbatte dicendo che, tuttavia, la spada non corrompe la mano che la impugna.
Lui preferirà sempre, dunque, la “fisica” vera e propria alla magia, la considererà più affidabile, più controllabile, anche nell’ottica del suo approccio estremamente pragmatico.

Se, da Aasimar, qualcuno gli dicesse che anche lui ha delle capacità magiche, sulle prime reagirebbe con il rifiuto, negando la cosa come se fosse impossibile per lui, ma prima o poi si renderebbe conto che egli stesso è qualcosa “di più” di quanto avesse sempre creduto, e che dunque, plausibilmente anche la magia è qualcosa di molto più ampio rispetto a quanto gli avesse suggerito la sua visione prima estremamente limitata.
Una volta accettata la magia come parte integrante del suo sangue celestiale, sicuramente inizierebbe a voler capire come funziona, in lui e da lui, ma per far questo chiederebbe l’aiuto di qualcuno più esperto, che possa guidarlo e aiutarlo nel capire come poter controllare questo potere.

Allego degli stralci delle due giocate in cui riceve cure magiche.




potresti parlarmi dell'allineamento di Zheyn? Della sua idea di bene/male e ordine/caos?



Zheyn non è sicuramente un filosofo, né passa il suo tempo ad interrogarsi sui massimi sistemi: al contrario, è un uomo estremamente pratico, pertanto la sua visione di “bene” e “male” rientra all’interno di concetti molto concreti e, al momento, piuttosto semplicistici, tanto da fargli affermare, in una delle passate giocate, che “non c’è nulla di relativo nel concetto di “bene” e di “male”.” La sua visione attuale è fatta di bianco e nero, estremamente dicotomica; se diventasse un Aasimar si aprirebbe in lui una più profonda consapevolezza che gli permetterebbe di vedere una serie di grigi tra le due estremità, perché inizierebbe a farsi domande che, al momento, non si è mai posto, ad esempio non gli è mai capitato di dover scegliere il proverbiale “male minore”.
Per il momento, questi due concetti per lui esistono quando “si fa del bene” o “si fa del male”, quando si realizzano mettendosi in atto nelle azioni di tutti i giorni. Si ha il “male” quando si infligge sofferenza e dolore agli innocenti, quando si danneggia una vita, quando si violano i diritti del prossimo (anche recando danno a una proprietà o rubandola), quando si agisce in modo tale da peggiorare la qualità di vita di una persona che, attenzione, <s> non lo merita.</s> Perché, ovviamente, incarcerare un assassino peggiora la qualità della sua vita, ma per punirlo del male inflitto e per difendere gli altri innocenti da altre sue azioni potenzialmente dannose. Si attua “il bene”, nella visione attualmente piuttosto semplicistica di Zheyn, quando si compiono buone azioni: aiutare il prossimo, difendere un debole, proteggere un innocente. Il che, in situazioni estreme, lo indurrebbe anche a violare la legge, come discutevamo in altra sede: se l’ordinamento giuridico di un regno consentisse la lapidazione di un ladro, lui probabilmente cercherebbe di salvarlo da una fine del genere, imponendogli però in cambio di restituire il maltolto.

Questo mi ricollega al concetto di ordine/caos, che per Zheyn praticamente ricalca quello di “legalità”: l’ordine è legato al rispetto dell’ordinamento giuridico di un posto, il caos implica la sua violazione. E’ un concetto dunque intrinsecamente più concreto, ma nel contempo anche più “aggirabile” per lui: se le leggi di un luogo ricalcano la sua etica (rispetto dei diritti della persona, punizione di chi li viola, ecc.), lui può anche adoperarsi per metterli in atto (durante una quest si è insospettito per due tipi loschi, pensando potessero essere ladri o criminali, quindi è intervenuto), ma al contrario non esiterebbe a violarla se si trovasse in un luogo in cui un tiranno avesse imposto leggi volte a legalizzare i soprusi, ad esempio una ius primae noctis. In sintesi, la sua visione morale prevale sempre sul concetto di legalità.




Qual è il rapporto di Zheyn con la morte? Cosa intende per "una buona morte"? Ma soprattutto: da Aasimar il tuo pg sarebbe solo agnello sacrificale per qualcosa di più grande?



La morte, per Zheyn, è parte della vita quando arriva per cause naturali o, in qualche modo, “attese”: la morte di un anziano, di un malato grave, o anche quella di un soldato che vive di battaglie, sfiorandola ogni giorno, ma certo non sarebbe un evento naturale quella di un bambino travolto da un carro, e ugualmente non ha visto come naturale la morte della compagna e del loro figlio. Nella sua visione, la morte è anche l’unico modo per essere liberi dal dolore, che sia fisico od emotivo.

Tempo fa stavo riflettendo su una situazione in particolare (forse può sembrare che io provi a mettere i bastoni tra le ruote alla mia stessa candidatura mettendomi da sola in difficoltà, ma considero questo uno spazio per il confronto e la riflessione, oltre che un “esame”) e pensavo a cosa potrebbe fare se si trovasse di fronte ad una persona gravemente ferita o malata che lo implorasse di ucciderlo per porre fine alle sue sofferenze... Allo stato attuale, gli darebbe ascolto per risparmiargli altro dolore (empatizzando con la sua sofferenza), ma se diventasse Aasimar, con una più ampia coscienza riguardo il rispetto per la vita, se le condizioni glielo consentissero gli chiederebbe di resistere il tempo di portarlo dal guaritore più potente che conosce, per verificare se ci sono possibilità di salvarlo. Cosa a cui, credo, al momento non penserebbe.

Ora, sta aspettando la morte come la liberazione da un’esistenza che per lui non ha più uno scopo: uno psicologo gli diagnosticherebbe una forte depressione reattiva in seguito ai due lutti, ecco la ragione per la sua anedonia, e non è mai riuscito ad andare oltre le fasi del dolore e della rabbia. Crede che, dopo la morte, la sua anima si ricongiungerà con quella della compagna e del loro bambino, e benché non vi sia più una vera esistenza nell’aldilà, comunque le loro essenze potranno finalmente riunirsi e lì troverà la pace, intesa come un’assenza di dolore, come la quiete portata dall’oblio. Ma dimostra il suo rispetto per la vita non suicidandosi, né andando a compiere azioni stupidamente irresponsabili, bensì gettandosi in missioni pericolose per le quali comunque venderebbe cara la pelle: come ha detto a Dhurock durante una loro conversazione (Dirhae, 12/03/22),
“<Da tempo non ho più motivi per vivere. Questa guerra mi ha dato una buona ragione per cui morire.> lo dice con lo stesso tono neutrale con il quale avrebbe parlato del clima, non certo della propria vita <Ma sicuramente non ho intenzione di suicidarmi. Non sarò da solo, avrò la responsabilità di altre persone che hanno dei figli cui tornare... starò attento, non voglio andare lì a gettarmi su una picca, soprattutto se la vita di altri combattenti dipende anche dalle mie azioni.>”
In sintesi, la “buona morte” per antonomasia potrebbe essere, per lui, un sacrificio per salvare altre vite.

La rivelazione di avere nelle vene sangue celestiale darebbe alla sua esistenza un significato e uno scopo: saprebbe finalmente chi è davvero, e qual è il senso della sua vita. Troverebbe un motivo più che valido per andare avanti, e per tale ragione non dovrebbe più cercare la morte; non avrebbe più, dunque, un atteggiamento così autolesionista e autodistruttivo, dato che vedrebbe se stesso come uno “strumento” atto a portare il bene nel mondo, ma comunque non esiterebbe a dare la propria vita per salvare un’altra persona.




In sintesi, un aspetto fondamentale che accomuna tutti i punti di cui abbiamo discusso separatamente è che diventare Aasimar gli farebbe assumere una nuova e più profonda consapevolezza, su se stesso, sui suoi valori e su molte delle sue credenze, consentendogli di avere una visione più ampia e flessibile riguardo a molti aspetti della sua vita.

Penso sia tutto, mi scuso per la prolissità!