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Maggio 1978: la patente ed oltre...Storie di auto e viaggi; amori e dolori...

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  • Gianni Sperone
    00 15/03/2015 12:03
    1 - La scuola guida: un passaggio obbligato.

    Dopo i quattordici anni di età, avevo volutamente ignorato l'esistenza dei motorini vari (il "Ciao" ed il "Peugeot" andavano per la maggiore a quei tempi...!), non tanto per il fatto che mi attirassero in misura maggiore le "quattroruote" ben piantate a terra, quanto perchè, in ogni caso, il NO dei miei al motociclo sarebbe stato lapidario. Dunque, non ero tipo da intraprendere battaglie...già conscio in partenza di uscirne sconfitto e lasciai del tutto perdere quell'argomento. Nell'ultimo anno delle medie superiori, viceversa, l'iscrizione alla scuola guida era una tappa che mi veniva concessa, insieme (a patente acquisita) ad una FIAT "500" dove il sottoscritto avrebbe quasi potuto estirpare il sedile anteriore per guidare con una certa scioltezza di movimenti (!).

    Come accennavo, già a quei tempi amavo le automobili in genere (salvo quelle "da corsa" o super-sportive...chissà perchè...!?) ma detestavo studiare la sezione sul motore, pur se allora i quiz erano assai più semplici di oggi. Credo dunque di aver superato l'esame di teoria in virtù del codice stradale ben appreso in quanto, le tre risposte a scelta multipla di meccanica, le buttai lì assolutamente a caso. A ripensarci, era curioso, qualche volta, seguire le lezioni di teoria, perchè l'età media dei partecipanti era ben più elevata di quella odierna, con una ibrida mescolanza fra diciottenni e quarantenni o più. Nella guida non me la cavavo male, salvo un'innata avversione per i parcheggi e ricordo di aver svolto una decina di "lezioni" su di una "126" color verde pisello che, in ogni caso, rispetto a quella che mi aspettava, pareva già un confortevole involucro semovente (:). Qualche tratto lo facevo anche, il sabato/domenica, con la "124" di mio padre che, con la propria ansia, non era quel che si dice un istruttore efficace. Se non erro, c'era anche il "foglio rosa", col quale si poteva guidare affiancato da un patentato.

    A maggio 1978, procedendo a velocità da tartaruga per limitare i possibili errori, superai l'esame di guida e divenni forse il decimilionesimo italiano abilitato a scorrazzare su gomma (::). Naturalmente, preferivo usare (raramente...!) la "124" paterna, piuttosto che quel catorcio di "500 L" col quale, tuttavia, scalai monti e valli a profusione. Come vedremo successivamente.
    In compenso, erano giusto i giorni del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro e Torino era città blindata, con posti di blocco frequenti e severi. Una settimana dopo l'acquisizione della patente, venni naturalmente fermato con due miei compagni di liceo, e, giustappunto, alla guida della "124", e piazzato con le mani sul tetto e mitraglietta spianata per una accurata perquisizione. Personale e dell'auto.
    Proprio vero che, scrivendo, si stanano dai meandri della nostra mente...dei ricordi o tratteggi che parevano ormai non più esistere. In tal modo, già a fine luglio dello stesso anno, mi trovai a coadiuvare alla guida mio padre ed un collega, col quale compimmo un viaggio nella ex DDR. Alternativamente, passavo da una Golf D ad una 128 rosso-granata, per tratte autostradali di 100-120 km per volta, che iniziarono ad attizzare in me una certa qual predisposizione alla velocità. Che, in quel caso, con traffico pressoché nullo...significava poi... andare fra 120 e 130 all'ora.(:) La guida della GOLF, debbo dire, già allora la trovai assai agevole.
    Certo, successivamente...avrei dovuto parecchio ridimensionare queste "ebbrezze"...inserito nella "500" come un trancio di tonno dentro una scatoletta (:)(!)

    Gianni S.

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    Benito è morto. Ma lotta insieme a noi.



    [Modificato da Gianni Sperone 08/04/2015 15:44]
  • Gianni Sperone
    00 16/03/2015 14:02
    2 - FIAT "500 L": un mezzo per muoversi...

    Avevo accennato al fatto che, a patente acquisita, venni dotato di un'auto mitica...per i poveri diavoli (::), ovvero una "500 L" color giallo-canarino del 1972, targata TO G26928...Già: in alcuni casi la memoria del doc funziona ancora (!!).
    Con ciò non vorrei sollevare un vespaio ma, in casa, mio padre, (prima comunista poi craxiano di ferro...) dettava il classico "VERBO": " O con me, o contro di me!". Era però un gran lavoratore.
    Dunque, egli aveva deciso che, la "500 L" di sei anni, acquistata da un conoscente senza manco lontanamente consultarmi, per me poteva andare benissimo. Punto. Diciamo che una "127" di due anni in più, sarebbe costata lo stesso ma..."bisognava fare la gavetta". Visto che sistemare il sottoscritto in una "500", era come far entrare un'aquila nella gabbia del canarino...consentitemi il termine "cretino"...poi, se il medesimo aggettivo vi pare troppo forte...consideratemi un po' come vi pare!
    Con un simpatico OT, ciò ricordando, son dunque lieto che egli...giusto in quell'anno, avesse trovato casualmente una mia fotografia, scattata da un amico bellunese, del giovanissimo sperone in spiaggia col saluto romano. Ricordo che, dopo un'occhiataccia ed una smorfia letteralmente di disgusto (!)... quasi mi aggredì ed io abbozzai un sorriso lieve senza dire una parola o muovermi di un millimetro. Tutto finì lì ed, anche mia madre (pace all'anima sua...!), si convinse a votare MSI (::).
    Beh, tutto finì lì più o meno...perchè, iniziai a fare i cosiddetti "nodi al fazzoletto". Della libertà.

    Allora (e dopo 37 anni, non mi pare che l'andazzo sia cambiato chissà che in meglio...!), in tasca i soldini eran pochi e, questa trappoletta di macchina ci consentiva, oltre al canonico "giro" in centro il sabato pomeriggio per vetrine (::), anche la gita immancabilmente montana della domenica. In quegli anni, diciamo fra il 1979 ed il 1981, avevamo la "libera uscita" festiva dalle 13 alle 19: ciò significava ingozzarsi a pranzo e puntare verso la Vallesusa, cercando strade più o meno d'alta quota, fra boschi di conifere e rododendri...magari con una fetta di toma od un panetto di burro ruspante, acquistato negli alpeggi, ed una lattina di birra in due, scelta con cura in centro il pomeriggio del giorno prima...perchè...due sarebbe già stato un onere pesante (:), sempre di marche diverse, che collezionavo su una doppia mensola in "tinello". Così usava definirsi allora quella sala da pranzo con televisione, esente dall'angolo-cottura, a sua volta confinato nel cosiddetto "cucinino"...
    L'Alta Vallesusa, di cui rifuggivamo già allora le località più turistiche, era (e resta tutt'oggi....) distante nelle fattezze paesistico-umane...persino dalla Val Chisone, Lanzo e, più nettamente, d'Aosta...figuriamoci dall'Alto-Adige: per noi, tuttavia, abitando a Torino W, la suddetta aveva il vantaggio di essere relativamente vicina: in 55 km si toccavano i mille metri ed, in 70-75 km si arrivava a 1800-2000 metri d'altezza. In un caso, la "sterrata" era così ripida che la macchinina, pur con la "prima" innestata, anziché andare avanti...scivolava lentamente all'indietro. Dovetti fare inversione cauta in retromarcia e ridiscendere (::)
    E, gli episodi degni di nota furono davvero tanti: in ogni caso, avevo piazzato sul mio lato del parabrezza un termometro adesivo circolare, direi sin più preciso di quelli digitali, oggi presenti di serie su qualsiasi modello di autovettura (!). Con questo modestissimo supporto, già osservavo i crolli termici verticali al tramonto d'inverno nelle conche alpine, ad esempio (:)
    Oltre a ciò, la 500 mi portava alle lezioni universitarie in circa mezz'ora (anzichè una, se avessi usato i mezzi pubblici)...lezioni che cercavo di seguire in maniera assai compattata in modo da avere sempre il pomeriggio a casa, libero per studiare; non trascurabile, soprattutto il sabato, potevo andare a prender la mia bella all'uscita da scuola che, per una curiosa zonizzazione dell'epoca, abitando a 200 metri da me ma a S del Corso Francia, doveva seguire il liceo a Grugliasco mentre io (a N del medesimo asse viario), ero finito nella bolgia di quello di Rivoli: il noto "Darwin" ove qualche anno fa, uno studente morì perchè colpito dalla caduta di un tratto di soffitto

    Ovviamente, l'inverno non era un impedimento per queste escursioni montane motorizzate (corroborate da una passeggiata "in loco") pur se, la luce pomeridiana digradava rapidamente. Le gomme chiodate erano in dotazione all'auto e se, in Bassa Valle, a 90 km/h...il rombo era quasi insopportabile, quando iniziavano tratti a fondo ghiacciato...eccome se servivano....!
    In tre anni (1979-1981, per l'appunto!), avemmo probabilmente la gentile concessione di una decina di domeniche, libere sin dal mattino. A tale riguardo, ricordo come, nel luglio 1980, compimmo una tratta di circa 550 km da Torino al Moncenisio, Col de L'Iseran, Annecy, poi Chambery, Fréjus-Torino. Senza alcun tratto d'autostrada. Dunque, la "scatoletta" giunse ai 2770 metri del ventoso colle, lasciandoci a spasso per la romantica Annecy meno di due ore. Come dire che...ne viaggiammo dieci per una sosta di due (::). Nemmeno un mese dopo, la tapina si sciroppò pure il fascinoso Colle della Maddalena, St. Veran, Barcellonette e, soprattutto, la lunga impareggiabile salita sino al Col de la Bonette (2802 m), prima di rientrare a Torino da Isola, Isola 2000, Colle della Lombarda, Vinadio-Cuneo. Insomma, in un giorno solo eran già dei ricchi "giri"...la passione di vedere cose la condividevamo; dunque, il tempo andava sfruttato al massimo.
    Ma, in un solo pomeriggio (13-19), arrivammo allo splendido (e ventoso) Col d'Izoard (130 km da Torino, 25 km oltre Briancon....)), su quella selva di nudi pinnacoli dopo la salita nell'erto bosco di conifere ed, in altra circostanza sempre confinata al pomeriggio, con autostrada fino ad Aosta, persino all'Ospizio del Gran S. Bernardo ove riuscii a conferire con l'ultimo dei Religiosi che seguiva le osservazioni meteo tutto l'anno, pochi mesi prima che tutto finisse in automatico a Zurigo (!). Naturalmente, Torino-Gr. S.Bernardo A/R, volle dire cinque ore di viaggio ed una sola di sosta (:)
    In un'unica circostanza, credo fosse il luglio 1979, ci trovammo in vera difficoltà e situazione di pericolo che...gestimmo come possono gestirla due giovani sprovveduti di quei tempi(:).
    Ci eravamo inerpicati lungo la sterrata-sassosa militare che, dal Colle delle Finestre (2176 m), sopra Susa, giunge dopo ca 45 km al Sestriere, dopo aver valicato i 2600 metri del Gran Serin, ed, una mezz'oretta prima, i 2470 del Colle dell'Assietta ove, tutt'oggi, a metà luglio, si tiene una festa in ricordo di una storica vittoria sui Francesi di oltre due secoli fa....!. Ripeto, si era a luglio...o meglio, ad inizio luglio...e dieci giorni a quelle altitudini...possono fare la differenza perchè era ancora in atto un parziale disgelo...! Sta di fatto che, a circa 2400 metri d'altezza, ormai a pochi chilometri dal Sestriere, ci ritrovammo in un rettilineo quasi in piano, sull'orlo di uno strapiombo simil-boliviano, con la carreggiata intasata da pozze d'acqua e fanghiglia. Inesperto com'ero, ci finii dentro e la "500" non voleva più saperne di uscirne fuori...Il guaio c'era ma, nemmeno così grande infine perchè, in due, avremmo potuto sollevare da un angolo l'auto e, gradatamente, rigirarla di 180° per riportarla col "muso" all'asciutto". Non ci pensammo affatto. Dunque il sottoscritto, tentò (riuscendovi alfine!) in venti lunghissimi minuti, di fare inversione restando alla guida. E, davanti, avevo pochi centimetri di roccia; dietro, un ripido costone che finiva nei prati...300 metri più in basso. Attimo dopo attimo, con la mia bella "piantata" a mo' di guard-rail per darmi l'idea dello spazio residuo...riuscii...ed, anzichè dal Sestriere, tornammo a Torino via Colle delle Finestre-Susa. Ma, allora, una risata ed un bacio erano più che bastanti per appianare ogni contrattempo...


    Gianni S.

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    Eccola: tale e quale! - immagine di repertorio, naturalmente...;




    [Modificato da Gianni Sperone 08/04/2015 15:55]
  • Gianni Sperone
    00 17/03/2015 08:42
    3 - FIAT 500: Torino-Augsburg-Torino...

    La prima settimana di settembre del 1980, la "500" ci scodellò lungo gli aspri tornanti che adducevano ai 2534 metri del Rifugio Savoia, appena entro il versante valdostano del Colle del Nivolet...e toccò pure fermarsi un paio di volte, aggiungendo acqua fredda nel radiatore (!) Di fatto, era la nostra prima vacanza insieme, e ci si alzava all'alba per spiare silenziosamente le marmotte che uscivano dalle proprie tane, dopo aver placidamente riposato entro una stanzetta foderata in lamiera che pareva un container dove la differenza termica con l'esterno era assai modesta (:). Il tempo fu sempre buono ma, alle 7 di mattina, già si stava fra -1° e -3°, con diffusa brina sui pascoli ancora punteggiati da bassi, odorosi fiori. Il pomeriggio, al sole, viceversa, pareva la Riviera e ci "facevamo un po' di fiato" con solitarie e pittoresche escursioni nelle quieti solenni dell'intorno...(:)
    Inoltre, stante la elevata altitudine di base, con un paio d'ore a passo (quasi) gagliardo, fra pascoli sempre più magri e pendii detritici, giungemmo due volte a superare la fatidica "quota tremila", affacciati sulla parte sommitale della Valle di Rhemes che decorreva quasi parallela verso N.
    A fine ottobre del medesimo anno, rammento una escursione a Pavia e Vigevano, con un pranzo in trattoria "al risparmio" ma più che soddisfacente. Solamente, al ritorno ci eravamo attardati un poco nei dintorni di Asti...e dovetti andare sino a Torino a 110 km/h sul tachimetro con le due mani serrate sul volante...in pratica, a "tavoletta"...per non oltrepassare le fatidiche ore diciannove. Pur involontariamente, fu quella la massima velocità raggiunta dalla "SCATOLETTA SU RUOTE" durante il periodo da me guidata (1978-1981).

    Nel luglio 1981, ci apprestammo ad un "tour" decisamente più impegnativo per il mezzo che possedevamo in dotazione: Alto-Adige, Tirolo e Baviera.
    La penuria di contante era cronica, tipica degli studenti universitari ma, il sottoscritto iniziava a lavorare come "tecnico" all'Istituto di Medicina dello Sport di Torino e, con tre pomeriggi settimanali dalle 14 alle 20, rimediavo una media di 130.000 L. mensili che risultavano di utilità basilare.
    Ciò vuol dire che, se a pranzo si mangiavano panini, a cena...qualcosa di caldo lo si poteva prendere in una Gasthof, dormendo in stanze assai modeste quanto linde.
    Il primo giorno, lo impiegammo per intero da Torino a Prato all'Isarco, modesto comune ad una dozzina di chilometri dopo Bolzano, sulla direttrice per il Brennero. E' vero che buttammo un'occhiata fugace anche a Cremona e Mantova ma è altrettanto vero come, la "scatoletta" già ansimasse alle prime lievi salite dell'Autobrennero a N di Verona, talchè dovevo innestare la III fra il fragore dei TIR internazionali e le "tedesche" che sfrecciavano come missili alla nostra sinistra.. Con base di cinque/sei giorni a Prato all'Isarco, ci inerpicammo su e giù per i passi dolomitici, scartando solo l'inutile Cortina ma giungendo a S. Candido e Misurina, più la testata della Valle Aurina, sotto la Vetta d'Italia. Il settimo giorno, si aveva in testa di arrivare a Monaco (che la mia bella non conosceva!) e partimmo dunque da "Prato" che era ancora buio, per giungere ad una passeggiata nel centro di Innsbruck in tarda mattinata. Ristoranti affollati di turisti e troppo cari per noi, nel vezzoso capoluogo tirolese... (!): avremmo dunque cenato in Germania, in un paesino fra le foreste, appena a S di Monaco, che si chiamava Hohenkirchen, naturalmente dopo aver suscitato l'ilarità dei doganieri sul confine A-D, che girarono più volte intorno a quella che, in tedesco, definirono "Knapperkasten, ovvero...scatola di sardine".

    Il giorno successivo, decisamente fresco sull'altopiano svevo-bavarese, quasi non ci parve vero di trovarci su quella Marienplatz di Monaco, oggi a portata di un semplice "click". Pranzo alla bavarese in pieno centro ed ancora una sgroppatina di un'ora e mezza d'auto verso NW sino ad Augsburg. Il punto più settentrionale del nostro viaggio: in effetti, spingerci sino a Norimberga ci parve troppo (!). Avevamo ancora due giorni di tempo per tornare a Torino, dunque (pur con un inconveniente al motore, risolto alla meno peggio), ci sobbarcammo...felici, liberi ed appagati...oltre 800 km in due tappe. L'ultima notte, fu nuovamente trascorsa in quella modesta Gasthof di Prato all'Isarco, in un tratto dove la valle è così stretta da non vedersi quasi il sole, manco in piena estate.
    In undici giorni, avevamo percorso 2800 km, di cui quasi mille di monti e valli: la vita ci si schiudeva innanzi.... Fu il primo viaggio, definibile come tale e, forse, quello che ricordo con maggior tenerezza.

    Gianni S.

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    [Modificato da Gianni Sperone 27/03/2015 08:43]
  • Gianni Sperone
    00 17/03/2015 11:05
    4 - FIAT 127: una vetturetta ben riuscita...

    Dopo circa tre anni, con la "500" avevo percorso quasi 70.000 chilometri che, aggiunti ai preesistenti 40.000 (posto che fossero stati reali!), rappresentavano già un limite rosso per le caratteristiche tecniche che la contraddistinguevano. Ora non ricordo bene come ci guadagnammo il denaro per cambiar macchina: intanto, la "canarina" era stata ben tenuta pur se stra-usata: dunque, non venne valutata proprio poco. A farla breve, una 127 base-base bianca del 1978 (TO S2....), divenne la nostra nuova compagna di merende (:) E, se sulla "500", salvo il fatto che muovesse...non è che ci fossero note particolari da ricordare, questa rappresentava già un viaggiare diverso, più conforme alle nostre esigenze. Ad esempio, le tratte in autostrada non costituivano più un incubo da alieni, bensì un normale andamento di percorso a 120 km/h senza con ciò, andare "a tavoletta". Questo significava un aspetto di grande importanza per chi, come i due giovani laureandi in medicina in oggetto, certamente amavano vedere, muoversi, entro e fuori Italia, non lesinando tratte giornaliere anche piuttosto lunghe, se le medesime venivano ritenute necessarie. La classica "tappa di trasferimento", insomma...!

    Ecco, la FIAT 127, la definirei una onesta utilitaria, con consumi più parchi rispetto alla I e II serie, discrete prestazioni, una buona accelerazione e, soprattutto, lo spazio per infilarvi almeno un borsone da viaggio nel bagagliaio. Queste indubbie migliorie, unitamente all'incedere dell'autonomia personale, ci consentivano tragitti sempre maggiori: il giorno al mare diveniva possibile, come pure quello sul Lago d'Orta, di Como, Maggiore oppure nell'Alta Langa di Mombarcaro e Montezemolo...giusto per fare degli esempi che ricordo meglio (:) Una delle esperienze più gradevoli di "giri" di un giorno che possa ricordare di quel tempo (1981-1985), erano quelle gite a metà settimana, magari dopo aver superato un esame il giorno prima, verso febbraio/marzo in quei solchi laterali valdostani, definiti "Valli del Gran Paradiso": Cogne, Rhemes, Pont Valsavarenche e Valgrisenche...erano le mete classiche, fra metrate di neve, nessuno o quasi fra i piedi e brevi ulteriori escursioni sulle piste da fondo più facili, sino a baite semi-sommerse dalla bianca scintillante coltre. Invero, iniziava a "scapparci" anche (di quando in quando) la "due giorni" a Ceresole Reale od a Bologna, tanto per fare un esempio.
    Nel maggio 1982, in cinque-giorni-cinque totali, attraverso la romantica Valle del Reno di Magonza e Coblenza, giungemmo ad Amsterdam, una delle capitali europee che più mi deluse...forse anche perchè, giusto sotto l'albergo, il mattino successivo trovammo un vetro laterale spaccato per rubare...il nulla più assoluto (:)
    Bene inteso, non è che avessimo la frenesia di correre (salvo in autostrada:::) ma, cercavamo di utilizzare al meglio il tempo disponibile. Del ritorno, ricordo solamente le cascate del Reno a Sciaffusa ed un'ora di coda per traversare Zurigo dove, chissà perchè eravamo andati ad infilarci...(?!)
    L'inverno, frattanto, si iniziavano le prime capatine pre-natalizie a Bressanone e, lì, nacque l'amore per la città sull'Isarco!

    L'estate del 1983 fu contrassegnata da una metà giugno (il giorno 17 o 18) ove trovammo la neve ai 1400 metri di Balme (Valli di Lanzo), cui seguì un luglio molto caldo per i tempi. Pertanto, la sera, con una tratta di almeno 15 km, raggiungevamo la pre-collina del Po, in apparenza più fresca...ma, ancor più bollente e...sudata fradicia...dopo l'oretta trascorsa ai tavoli da ping-pong (!). Tuttavia, ci consolammo dal 16 agosto a inizio settembre, con un giro tutto italiano un po' particolare: fu uno dei pochi verso S nella cosiddetta "Italia minore" quando, lasciata l'A1 al casello di Orte, ci incuriosì vedere in successione, prima Terni, le Marmore col Lago di Piediluco, poi Rieti, la pittoresca Antrodoco ed, infine, valicata la Sella di Corno (990 m), con stazioncina ferroviaria annessa, il capoluogo abruzzese, L'Aquila ove dormimmo un paio di notti in una specie di convento chiamato HOTEL giusto per caso (!)
    La "127" faceva indubbiamente il proprio dovere, con buone doti di arrampicatrice quando, dopo la lunga tratta sino a Sulmona e Popoli, iniziò una superstrada elicoidale che saliva verso il noto "altopiano delle Cinque Miglia" agli oltre 1300 metri di Pescocostanzo e quote similari a Pescasseroli e Roccaraso. Si procedeva lungo la dorsale appenninica che ormai profumava di Meridione, non trascurando una "puntata" a Benevento, prima di raggiungere la poco nota Isernia che già faceva sera, con le donne sedute fuori dall'uscio, intente a ricamare al tombolo.
    Alloggiammo in un "tre stelle" di periferia che ne valeva due mentre, dal parcheggio antistante, oltre la mezzanotte, tuonavano le autoradio con "Enola Gay, I like Chopin, On my own, Comprami...e tutto quello che, musicalmente, aleggiava in quelle grandi annate di crescita e speranze. Resta inteso, dopo una cena in una trattoria tipica, con un delizioso capretto al forno innaffiato da una bottiglia di "Falanghina" molisano, che ancora non ho dimenticato (:)
    I giorni passavano ma, ci stavamo svincolando dal mortale abbraccio del ritorno "fisso"...dunque, ce la prendevamo comoda, con una serie di tortuose volute nel Campobassano fra Trivento ed Agnone, per rientrare brevemente sulla Napoli-Bari, uscendo nel bianco borgo di Candela, come emergesse dal deserto.
    Ed ecco gli intrepidi in "127", entrare in Basilicata a Melfi, ove ricordo ancora un taxista con baffi e coppola, poggiato alla propria vetusta "1100" sulla piazza centrale. Come atteso, Potenza apparve uno dei cinque o sei capoluoghi provinciali più orridi del Paese, sotto un sole quel giorno rovente, nel deserto e modestissimo centro storico. Ma il bello della Lucania stava più a SE, nelle linee quasi rupestri di Grottole e nei resti storici geometrici che si stagliavano nel tramonto caldo di Metaponto, già in fase di sviluppo come centro turistico di rilievo. Invero, facemmo base nella vicina e più ruspante Scanzano, sul caldissimo Ionio, in indimenticabili ristorantini appollaiati direttamente sulle scogliere e protesi sulle acque azzurrissime...
    Alla nostra fame di mondo, in quella circostanza, mancava naturalmente l'escursione alla vicina e fascinosa Matera ma il futuro doc si intestardì, chissà perché, di andarci a prendere un caffè (pessimo) nel primo comune calabrese, tal Rocca Imperiale, punto più a Sud dell'intero percorso.
    Di fatto, iniziava il ritorno, con un'occhiata al bel lungomare di Salerno e due notti strategiche nel villaggio turistico di Pineta Mare, già nel Casertano. Il giro per Napoli fu rapido, pur non rinunciando a Capri, con un ritorno in battello sotto un temporale di proporzioni quasi eccezionali per la stagione.
    Si faceva proprio tempo di ritornare e, per me, la sosta a Latina era di storico obbligo morale (:) Una notte a Roma, certo era nulla, eppure scarpinammo per ore, raggiungendo almeno una parte dei luoghi-chiave della Capitale. L'ultimo giorno, fu un bel "tiro" da Roma a Torino, con una breve digressione a Siena. Breve mica tanto perché, i 700 km...diventarono forse 900.
    Il viaggio-collaudo, poteva dirsi ampiamente positivo ma, in giro per l'Italia così a lungo, negli anni successivi...no, non sarebbe mai più accaduto (::)


    Gianni S.


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    [Modificato da Gianni Sperone 27/03/2015 08:51]
  • Gianni Sperone
    00 18/03/2015 09:36
    5 - Sì...viaggiare...!

    Correva un abisso fra la 500 L, che pur ci aveva recato fra monti e valli per qualche tempo e sino alle guglie barocche dell'altopiano di Augsburg (!), e la "127" che, già apparteneva all'autentico mondo dell'auto con i vantaggi e gli svantaggi che da ciò potevano derivarne. L'anno 1984 decorse col sottoscritto impegnato a restare "nei tempi" con gli esami universitari, non rinunciando naturalmente ai "giri", in preferenza lungo la settimana, nelle valli del Gran Paradiso, al tempo ancora abbastanza "rustiche", specie la Valgrisenche ove, in effetti, le slitte, alcuni giochi e le classiche coppe dell'amicizia, venivano ancora costruite/intagliate a mano sotto i nostri occhi.
    Per l'estate programmammo un giro della Scozia ed, in tal caso, sarebbe stato un po' rischioso ma, soprattutto, troppo lungo arrivarci con la "127". Così, in 30 ore totali di treno (e molteplici "cambi"), sbarcammo stravolti nella gradevole Edimburgo, donde si era prenotata un'auto per due settimane. Mangiando in prevalenza abominevole pesce impanato e dormendo in remoti alberghetti, riuscimmo in una visita decisamente dettagliata che ci condusse, da Inverness ed Ullapool, sino a Thurso, sull'estrema costa N.

    Su quattordici giorni, ne piovve in tredici, lasciandoci come "bonus"...un cielo parzialmente soleggiato sul Loch Ness. Ecco, a Thurso, fu l'unico luogo ove ci permettemmo una cena con tutti i crismi ed, il noto agnello in salsa di menta era, certo, assai diverso dalle schifezze cui c'eravamo abituati. In più, studiando per gli esami, al tempo prendevamo parecchi caffè al giorno tanto che, ormai con l'abitudine in corpo, ci recammo al seguito tre o quattro confezioni di Nescafè solubile che, in quelle lande ricoperte di erica e pressochè disabitate, si rivelò un genere di conforto davvero prezioso (:)
    Giungeva piuttosto rapidamente il 1985, anno della laurea, anno del gran gelo che, poi, nel Torinese tale non fu...ed anno confinante, in stretta contiguità, col Servizio di Leva, altrove descritto che dovevo ancora svolgere.
    A questo punto, verso il novembre dello stesso anno, entrò in gioco una figura che vorrei ricordare pur se, già allora ultra-sessantenne...insomma, oggi non potrei dire ove si trovi (:)

    Il Sig. Bertino era, per l'appunto, un amabile vicino di casa che stava tre piani sotto di me (ovvero al sesto). Ex capo-ufficio in una qualche Sede FIAT, aveva un'attenzione e cura, direi maniacale, per la propria DELTA 1500 LX. Trattavasi di autovettura del 1982, di color castagna o giù di lì...curata come una figliola che, ad esempio, non usciva ad alcu titolo dal garage in caso di pioggia o gelo. Periodicamente, il Bertino si premurava di umettare tutte le guarnizioni in gomma col borotalco e, nei rari tratti autostradali che percorreva, la lancetta del tachimetro non aveva mai superato i 90 km/h. Non che, quest'ultima caratteristica...costituisse un punto di merito, anzi...(!)
    Si era stabilita gradualmente, non potrei dire un'amicizia ma certamente un rapporto confidenziale; talvolta gli tenevo sotto controllo la pressione; tal'altra la visitina, il consiglio terapeutico e poco altro davvero.
    Sta di fatto che egli voleva passare ad un'autovettura più "piccola" (pur se poi, "ricascò" sulla DELTA 1600...!) e mi chiese se mi interessava la propria, ad un prezzo, direi "stracciato".
    Certo che mi interessava (!) e, con la vendita ad un privato della "127" di sette anni, ricordo che aggiunsi davvero una cifra modesta per una DELTA di tre, con (forse) 25.000 km reali...(:)
    Come aneddoto, ricordo che scendemmmo, un pomeriggio nel proprio garage. L'auto era perfetta di carrozzeria da sembrar nuova ed il Bertino mi fece accomodare al posto di guida, qualche giorno prima ancora di farmela "provare" su strada. Ebbene, provai un po' la tastiera sul cruscotto che, rispetto a quello piuttosto essenziale della "127" ... pareva quello di un'aeromobile. D'istinto, azionai anche il tergicristallo ed egli sussultò sgomento, sul sedile a fianco al mio: "No...ehm...così potresti rigare il parabrezza...!". Non che avesse proprio torto, ma mi parve una teoria non dissimile dal ricovero coatto in caso di pioggia (:)
    Naturalmente...c'erano pure le "spine" in questa pur sportiveggiante e stabile autovettura, acquisita al prezzo di una vecchia FIESTA o similari: anzitutto, l'averla sempre condotta a passo di lumaca l'aveva resa un po'...atrofica ed...il cambio di proprietario dovette essere piuttosto traumatico...tanto che, ogni momento, era in visita al meccanico con un obolo quasi mensile... (:). Il secondo punto è che, quel modello specifico a doppio carburatore (ed 85 HP), aveva un consumo di carburante almeno del 50% maggiore a quello della precedente "127"...ma, su quel punto...pagavo e tacevo, onde evitare rimbrotti genitoriali, coi quali ancora vivevo da neo-neo-medico (:)
    In più, un difetto comune ad altri modelli dello stesso tipo, era un fastidioso rumore di scricchiolìo o "scatto", all'apertura delle portiere (soprattutto, le anteriori).

    Il resto era tutto positivo, ed iniziai ad "infilarmi" sull'agognata corsia di sorpasso in autostrada, restandovi più a lungo possibile sebbene, prima o poi...giungesse l'immancabile BMW o MERCEDES a fari spianati...assai eloquenti (:). A dicembre 1985, già alla caccia dei "primati"...per quello che potevano valere...in una giornata con meteo buono e senza pericolo di ghiaccio sull'asfalto(::), percorsi i 152 km da Verona a Bolzano in un'ora netta. Una prestazione del genere, voleva dire stare per lunghi tratti a 170 all'ora (con rade punte vicino ai 180...ma la vettura vibrava eccessivamente...!) e, credo, in quella specifica circostanza, di non aver percorso più di 7-8 km con un litro (:).
    Intanto, dopo venticinque giorni sarei partito alla volta di Ascoli per il CAR ed, insomma, la tapina...poteva godersi il meritato riposo dopo un'esperienza così breve ma stressante (::). In effetti, durante il periodo del SM, non usai di certo la DELTA nelle dure trasferte da Ascoli (o Fontanafredda) a Torino, limitandomi all'utilizzo serotino quando ero sbarcato sotto la Mole, per andarmene a casa in mezz'ora (anzichè una coi mezzi pubblici!).
    Ovviamente, la nuova "1500" era tutta nostra nei giorni di licenza: arrivammo a Ferrara, Treviso e Rovigo (che volevo vedere per curiosità pura...!), a Bologna, Lucca e Firenze... ...tutte "puntate" nell'ambito dei due / tre giorni di tempo.
    Anche perchè, ormai, la mentalità acquisita era diversa ed erano stati "cassati" panini e locande. Pur con ciò, senza ambire ai "cinque stelle" (!) che, anche negli anni a venire, sempre evitammo per una forma di pudore. In fondo, anche quello lo era: mi sarei vergognato di pagare 8 EUR una "Coca" al bancone del bar a piano terra (!)...
    La DELTA fu l'auto che, di fatto, accompagnò il nostro primo iter nel ginepraio dei neo-medici, allorquando giungevamo a lavorare 70 (settanta, sì!) ore la settimana, fra guardie mediche, sostituzioni mutualistiche, viste di controllo dell'INPS, mattinate a farsi autenticamente sfruttare sulle autoemoteche dell'AVIS, costretti più o meno benevolmente a raccontare gran "pa..." ai volontari donatori. Sino a che, lasciai recisamente quel mondo ambiguo davvero, acquisendo una piccola mutua a ridosso del matrimonio (2.1990).
    Facciamo tuttavia un passo indietro quando, nel 1989, si imponeva senza mezzi termini un'auto nuova. Qualcosa di medio, che ci servisse e compiacesse al contempo.

    Gianni S.

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    [Modificato da Gianni Sperone 25/03/2015 08:40]
  • Gianni Sperone
    00 19/03/2015 16:23
    6 - Deutschland...non proprio ueber alles (!?)

    Prima del crollo europeo dei "muri" veri o virtuali e dell'avvento dell'Euro, il sottoscritto era grande estimatore della Germania, nella fattispecie della Baviera che conoscevo, debbo dire, quasi in ogni proprio anfratto. Nel 1989, ci trovammo in una di quelle situazioni (che trovo ancor oggi gradevolissime) della necessità di cambiare l'auto e, credo che, almeno ad una parte degli appassionati del settore...ogni X anni, un'auto "diversa" costituisca una sensazione di viva piacevolezza.
    Il sottoscritto propendeva per la PRISMA 1.6 ie, berlina di linea accattivante secondo la veduta speroniana, e buone prestazioni. Le quattro porte, ammetto come, per noi fossero un puro "optional", nel senso che non spasimavamo affatto all'idea dell'auto ripiena di estranei. Chiunque essi fossero.

    Che c'era di più bello del "beauty" poggiato sul sedile posteriore, come un ulteriore inno alla bellezza della donna che mi accompagnava, insieme ad un paio di cartine delle zone che stavamo traversando?
    Che c'era di meglio di fermarsi a berci un "espresso" od una "bionda" dove meglio ci pareva, far cena dove ci sembrava più attraente o tipico del luogo, e pernottare secondo l'ispirazione del momento...?
    Nulla.
    E, su questo assioma incrollabile, sospingevamo in avanti la nostra ancor giovane vita.

    I lettori mi perdoneranno se, di quando in quando, debbo effettuare delle digressioni forse di solo parziale interesse; tuttavia, l'excursus delle auto è indissolubilmente correlato alle mie vicende di vita vissuta...pertanto, vi chiedo di considerare le suddette con una certa comprensiva clemenza.
    In un primo momento, il matrimonio con la dottoressina Cinzia, l'avremmo voluto sbrigare nel febbraio 1989, una sorta di "decennale" dalla prima conoscenza. In verità, vuoi perchè il sottoscritto non aveva di certo la bramosia da altare...nessuno dei due, a dirla tutta...vuoi perchè attendevamo una maggiore stabilizzazione della reciproca attività lavorativa...fra la costernazione generale, rimandammo il tutto al febbraio successivo, godendoci dieci giorni nel gelo nemmeno così intenso della Lapponia finlandese di Inari, con la prima puntata in bus alla "mitica" Karasjok ed un paio di giorni trascorsi nella "russeggiante" Helsinki di allora, con una bufera di neve che tambureggiava la notte sui vetri della finestra d'albergo e si insinuava sin sotto le tettoie dell'Aeroporto Vantaa (!)

    Ritornati da quella prima esperienza autenticamente nordica, verso la metà di marzo iniziammo un breve sondaggio automobilistico da cui la mia dolce metà trasse la conclusione che, fra la PRISMA 1.6 i.e. superaccessoriata e la BMW 316.i 2 porte, sussisteva una differenza di poco più di 2 milioni di lire. Non che per noi fosse poco ma, insomma, fui anch'io ben lieto di compiere il "gran balzo" nel mondo BMW. A Torino, al tempo, esistevano due rivenditori autorizzati BMW: noi scegliemmo quello più periferico perchè, pur sempre, ci presentavamo al cospetto dell'Olimpo su quattroruote...con una DELTA 1500 ormai di sette anni di età.
    Ricordo bene il venditore che, con un'occhiata complice, denominammo all'istante "Arpagone". Egli esordì dicendo che gli sarebbe piaciuto immensamente il poter leggere negli occhi degli acquirenti a quanto ammontasse il proprio conto bancario, riferendosi ad un signore di mezza età che aveva praticamente scacciato, dopo un abbozzo di trattativa fra una RENAULT 9 da cedere ed una BMW 320 da acquistare (:). E, magari, pure a noi (!?).
    Non erano le premesse migliori ma restammo, comunque, ad attendere il seguito del discorso: "316 due porte? Hmm...si può fare...e ve la ritiro solamente perchè ancora LANCIA. Fosse stata FIAT, vi avrei detto subito no"
    Certo, di chilometri ne aveva un bel po' ma, di carrozzeria era perfetta, in onore agli scrupolosi consigli del buon Bertino quando, quattro anni prima me l'aveva venduta (::).
    Arpagone non salì nemmeno sull'auto e la fece portar in altro reparto da un garzone in camice bianco. Dunque, 25 milioni meno 4 di valutazione DELTA facevan 21, che pagammo senza rateizzazione alcuna e, senza con ciò averne alcun beneficio.
    Naturalmente, eravamo stati sul minimo degli opzionals: la "metallizzata" era ineludibile e scegliemmo un bel grigio che stava a metà fra l'antracite ed il topo. La performance di Arpagone non era, tuttavia, ancora terminata: ci puntualizzò infatti come, sul conto totale non avesse inserito le 90.000 L per il bullone antifurto degli pneumatici. Naturalmente, nemmeno quello fu scontato. Poi, già allora, alla BMW non mancava il proprio giro di clienti...dunque, il concetto era: prendere o lasciare.

    Iniziò dunque la nostra avventura con la base più base che esistesse al tempo, del prestigioso marchio bavarese (:). La suddetta, si sarebbe conclusa (meglio ancora...!) dopo tre anni e mezzo.
    Giusto per esser super-partes, non è che rispetto alla DELTA del buon Bertino, intercorresse un abisso! Certo, trattavasi di una berlinetta elegantina da "coppia" col musetto aggressivo che ne caratterizzava il frontale di tutti i modelli della Casa. Il baule era di media capienza e le prestazioni, in accelerazione e velocità massima, all'incirca quelle della PRISMA, con 105 HP ed una Vmax dichiarata, di 185 km/h. Il motore...beh, questo, indubbiamente emetteva un sibilo gradevolissimo, che si faceva morbido ruggito solo oltre i 160 km/h. Quanto al consumo, la "piccolina" delle BMW, si mostrava meno ingorda della precedente DELTA. Sulla stabilità, tutto era ok sull'asciutto mentre, sul bagnato o sulla neve...ci sarebbe stato da appiopparle una bella insufficienza nonostante Arpagone, col garbo che lo contraddistingueva, sosteneva che occorreva solo esser capaci a guidarla (!)...

    Gianni S.

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    Il nostro tenero "puma" del 1989...;



    [Modificato da Gianni Sperone 25/03/2015 08:45]
  • Gianni Sperone
    00 20/03/2015 09:38
    7 - Da Oslo a Stoccolma: ma, prima, un brutto incidente...

    A parte il viaggio lappone in inverno ed il cambio-macchina, il 1989 fu un anno di duro lavoro ove, talvolta non c'era soluzione di continuità fra notte e giorno. Quasi non avevamo più il tempo di incontrarci e, nei marginali residui, seguivamo l'ultimazione della palazzina dove saremmo andati ad abitare l'anno successivo, ad Avigliana. L'estate passò sulle torride autoemoteche dell'AVIS ove si prelevava il sangue anche con 38°C di T ambiente(!) dunque, gli svenimenti o malori in genere erano frequenti e, fu dopo quella pessima impressione che maturai, a lasciare definitivamente quel frammento di lavoro. Avevo ottenuto per punteggio la titolarietà della Guardia Medica ad Ulzio, ovvero, potevo scegliermi i turni che preferivo e cedere agli altri quelli che mi erano di intralcio. Al tempo era un primo traguardo abbastanza ambìto dai giovani medici e, pertanto, pure dal sottoscritto. Poi c'erano le sostituzioni mutualistiche, l'impegno con l'INPS per i controlli in casa degli assenti dal lavoro, le visite di medicina sportiva e, verso fine anno, l'acquisizione dell'agognata mutua ad Avigliana, con 12 iscritti dopo un mese e 78 dopo sei...(:)
    Ritorniamo ad Ulzio ove, quasi sempre, iniziavo il mio turno di guardia il sabato alle 14 per terminare il lunedì mattina alle 8. Ciò equivaleva a "farsi" 42 ore di lavoro, prima di iniziare le altre attività della settimana. Non è che tutti mi imitassero ma, io avevo la contingenza del farlo.

    Un lunedì mattina di fine ottobre, lasciai la Sede di Ulzio sotto una pioviggine quasi impalpabile, puntando verso Torino; non posso dire nemmeno che fossi particolarmente stanco o assonnato e, su strade di montagna, non era mia abitudine il "correre". Fatto sta che, fra Exilles e Chiomonte, la strada traversava un tratto di bosco con molte foglie umidicce a terra; scalai in terza e procedevo sui 50-55 km/h quando, in una curva a destra quasi piana, l'auto mi sfuggì letteralmente di mano verso sinistra. D'istinto, per evitare di invadere la corsia opposta, sterzai a destra e l'auto "picchiò" ad almeno 40 all'ora contro un muraglione di cemento che fiancheggiava la statale. Un frontale pieno, insomma. Mi tenni con forza al volante: l'orologio sul cruscotto, proseguiva col proprio regolare ticchettìo. Non mi ero fatto nulla, dunque discesi per accertarmi del danno.
    Iniziai a star male davvero quando scorsi il musetto grigio totalmente distrutto, e, quasi l'intera metà anteriore della mia creatura che, di fatto, si era inarcata verso l'alto come la prua di una nave.
    Pur con la strada assolutamente deserta, in capo a dieci minuti, giunse una "pantera" della Polizia: persone squisite che cercavano di capire in tutti i modi se mi fossi fatto male. Li ringraziai, dicendo che ero un medico ed era tutto a posto. Dunque, si occuparono dell'auto, provvedendo a fermarne una di passaggio che mi portò sino a Torino, senza, prima, non avermi fatto portare un caffè dal più vicino bar (::)
    Considerandolo a posteriori, fu ben meno grave quel pur increscioso incidente, rispetto al biennio 1988-89 in se stesso che, proprio per un ritmo di lavoro, direi forsennato, condusse all'altare nel 2.1990 due persone che, quasi, parevano non più conoscersi, con un esito piuttosto deprimente tradottosi alfine in un matrimonio durato poco più di quattro anni.

    Intanto, ci trovavamo ad inizio novembre 1989, sotto le grinfie spietate di Arpagone che ci presentò una stima-danno superiore ai 13 milioni di lire. Per noi era cifra insostenibile e toccava pure passare fra le frecciate velenose della parentela secondo cui, se si sceglie di comprare una determinata auto, bisogna poi essere in grado di potersela riparare. Grazie ai vivi ed ai defunti, di cuore...(::)
    Le persone, forse più allora di oggi, non erano comunque tutte bestie: una nostra comune amica, dei VV.UU., ci consigliò un carrozziere presso il quale la suddetta sezione aveva stipulato una convenzione per le auto di servizio. Questo signore, di mezza età e con l'aria "vissuta", per quanto concerneva la perizia dei lavori era inossidabile. Sulle vie tortuose per arrivarci, beh...quelle erano questioni tutte sue (::).
    A farla breve, stetti senza auto per più di tre mesi ma, il 16 febbraio 1990, l'ebbi come nuova in tutto e per tutto, a due giorni dalle nozze e con la più respirabile somma di 3 milioni di lire.
    D'altra parte, questo incidente (in cui mi andò ancor bene perchè non indossavo le cinture di sicurezza), mi servì di lezione sul tipo di guida che occorreva adottare sulle BMW, almeno di quegli anni, la cui stabilità su strada era in effetti correlata all'aver acquisito una discreta esperienza alla trazione posteriore ed all'impostazione generale della meccanica.
    Il viaggio di nozze, nel fascinoso "Chateau de Frontenac" di Quebec City, a picco sul S. Lorenzo gelato e con una "punta" minima di -26°C con N moderato....!!...terribile anche per il sottoscritto...!, lasciò ovviamente tranquillo il "puma"...come affettuosamente nominammo la "316", ben pronta ad attendere il nostro ritorno per la ripresa delle scorribande del fine settimana e dintorni.

    L'estate trascorse quieta, con una puntata di qualche giorno nell'amata Brixen, scegliendo il ritorno su questo benedetto Stelvio che odiai al primo impatto...così come, mi perdoni Fabrizio, non è che trovai eccezionale neanche il lungo tragitto da Bormio sino a Colico (!). Frattanto, entrambi eravamo stati assunti come Dipendenti ASL, elemento a quei tempi di sicuro vantaggio, in netta contrapposizione con le valutazioni che potrei esprimere tutt'oggi (:). Ciò significava, fra l'altro, fruire di una cosa per noi sconosciuta: le ferie. Ebbene, a settembre '90 appena avviato e senza nemmeno averle ancora maturate...ci concedemmo credo una quindicina di giorni nel Sud della Scandinavia. Fu la prima tratta di trasferimento come la intendevo io: ovvero un Torino-Berna-Basilea-Francoforte-Copenhagen, traversando l'intera Germania di notte a velocità sostenuta, con un paio di soste per un panino ed una birra...diciamo, una no-stop di oltre 1600 km che, a mio parere, recava notevoli vantaggi. Intanto, nello spazio di un giorno, ci ritrovavamo alla "Porta della Scandinavia", ovvero il giocattolone turistico con la Sirenetta. In tal modo avemmo perciò agio di visitarci con calma la capitale danese, girovagare per le dolci e verdeggianti distese prative dello Jutland dove i tetti delle case rurali si mimetizzavano con le stesse (Jutland, invero, raffrescato dai primi venti dell'autunno...), per risalire successivamente da Skagen e Goteborg, sino alla deludente Oslo. Col "puma", nostro silenzioso ma brillante alleato, godemmo appieno dei sereni paesaggi della Scania e dello Svealand con quel gioiellino di Jonkoeping dove, addirittura, ci fermammo tre notti. Stoccolma, già un poco la conoscevamo: piacque a Cinzia mentre, il sottoscritto, vi preferì Helsinki, veduta un anno prima. Il ritorno fu un viaggio di tutto relax, pur di tanto in tanto scrollando i 180 all'ora dal tachimetro ma, insomma...non si contravveniva nemmeno ai limiti di velocità, al tempo totalmente assenti sulle autostrade tedesche.

    Gianni S.

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    Oslo: il Municipio;




    [Modificato da Gianni Sperone 25/03/2015 08:56]
  • Gianni Sperone
    00 20/03/2015 11:43
    8 - Il puma: fedele ma pronto a ruggire...

    L'autunno digradava ormai nell'inizio inverno e rammento perfettamente la crudezza climatica di quel dicembre 1990 quando, un paio di sere la settimana, andavo a rilasciare idoneità sportive dove i centri medici dell'epoca avevano organizzato la sede. Ciò significa che poteva trattarsi anche di un lurido spogliatoio di un campo di calcio, dove l'equipe deputata ad eseguire le prove tecniche cardio-respiratorie agli aspiranti sportivi agonistici, lavorava col cappotto. E non potevo certo dir nulla perchè, talora, pur all'interno, si lavorava a zero gradi con le lingue nebbiose d'intorno che sorvolavano la già diffusa brina sull'erba. Il sottoscritto che, viceversa, doveva visitare i soggetti e formulare infine le conclusioni, doveva per forza essere in camice. Ciò vuol dire che, pur non essendo mai stato il doc un tipo freddoloso (:), dopo tre o quattro ore passate accanto al...ehm...profumo delle "turche", con 0°C su una seggiola sghemba, correvo letteralmente sul "puma" che, entro pochi minuti mi avrebbe restituito un po' di calore ed...i movimenti delle mani (!)

    Giusto per capirsi: non creda manco per un istante il lettore che, doc & docchina fossero due stakanovisti del lavoro. Semplicemente, volevamo assicurarci "i piedi all'asciutto" per i nostri desideri nemmeno così astrusi ed una vita tranquilla, nè agiata ma nemmeno sfiorata dal minimo problema economico. Questo era: ed, equamente, si concretizzò sin dall'anno 1991.
    Questi frammenti di vita vissuta, inevitabilmente, rappresentano un collegamento a filo doppio con la vita e le peripezie dell'auto posseduta in quel periodo. Naturalmente, parlo della mia autovettura...perchè non avrebbe senso sconfinare sulle collaterali pur se, dopo un paio d'auto usate ed una brillante UNO Sting del 1986, Cinzia passò da una GOLF 1600 / 70 CV del 1990 ad una GOLF 1800 del 1994 (85 cv...auto pessima e "seduta"!) (!)
    Ricordo come, alcune sere dell'inizio 1991, andassi ancora a "fare marchette"...come scherzosamente definivo le idoneità sportive agonistiche... per spogliatoi e palestre mentre il gelo si accentuava ed...eccome se dovevo acquisire esperienza sul campo sulla trazione posteriore del "puma" (!) su quelle strade provinciali poco illuminate e con la pessima manutenzione che, da sempre, le contraddistingueva.
    Giusto per la settimana scarsa fra il 4 e 9 febbraio, organizzammo un soggiorno a Varsavia, con volo LOT da Milano e soggiorno presso l'allora denominato Hotel Forum, un parallelepipedo giallognolo di 36 piani, rivaleggiante in altezza con l'appena costruito "Marriot" ma, a differenza di quest'ultimo, non era dotato di quinta stella...Il freddo era vivace sulle rive della Vistola, totalmente gelata ma, senza vento come a Mosca, i -15/-17° del mattino...non costituivano un ostacolo insormontabile. Giusto in quei giorni, quando anche la rena di Porto S. Giorgio era coperta da un consistente strato nevoso, all'AP. di Okecie, si sfiorarono i -20°C. Un dato anomalo ma, non certo eccezionale per la capitale polacca!
    Così, mentre il "puma" riposava nell'ampio garage di Avigliana, ci prendemmo la licenza di andare in un giorno "pieno", a trovare il placido giacere del bisonte europeo nella Riserva Bialowietza, sul confine bielorusso. Noleggiammo un'auto tramite l'albergo (con autista perchè, il ghiaccio sulle strade ad E di Varsavia non doveva costituire la nostra prematura tomba (:::)...) e, pur con una certa qual sfacchinata, ci godemmo l'ancora arretrata ma fascinosa campagna polacca di quei tempi sotto la neve, nel settore meno conosciuto dello Stato stesso.
    Non che a Varsavia fossero rose e fiori perchè, vero come già si trovasse l'espresso ma, altrettanto vero come, le cameriere del "Forum" divorassero avidamente ciò che avanzavamo nei piatti e piattini della I colazione (!). Inoltre, ai piedi del maestoso Palazzo della Cultura e della Scienza (che, credo, fotografai da ogni possibile angolazione...!), si stendeva un vasto mercato all'aperto ove dominavano i VHS porno e le musicassette ma, passanti e venditori, lasciavano fuoriuscire da sotto i giacconi, dei giornali interi apposti come intercapedine interna per ripararsi dal gelo (:)

    Quell'inverno, dunque, era stato climatologicamente interessante e, pure, aveva sancito la nostra definizione lavorativa che, indubbiamente, aveva il grosso pregio di lasciarci tutti i fine settimana liberi. Ciò significava che, il venerdì pomeriggio si cercava di uscir prima e, magari, alle 16 eravamo già in auto per cenare a Bolzano ed addormentarci a Bressanone. Dell'Alto-Adige, potrei dire, vedemmo veramente una buona porzione di territorio ed in ciascun mese dell'anno. Non ci ispirava il settore W (Val Venosta e Merano) mentre...il vero polo magnetico stava sempre allocato fra Brunico e S. Candido...una vocazione all'Oriente d'Europa che, sin da ragazzino, avvertivo come importante.
    Quotidianamente, il fedele "puma" mi accompagnava al lavoro lungo la tratta Avigliana-Susa e ritorno ed, essendo allora quasi inesistenti le auto di servizio dell'ASL, finivo con l'utilizzare la "316" anche per sopralluoghi e varie, su di un territorio che includeva allora il Sestriere e Cesana/Claviere/Bardonecchia, dunque molto esteso in lunghezza. La mia media di percorrenza chilometrica, si aggirava dunque sui 100 km giornalieri: dal lunedì al venerdì, ovviamente (!). Perché, nel fine settimana, spesso si impennavano di getto...
    L'estate del 1991 trascorse quieta, con qualche fine settimana a Varazze (che, allora, era la nostra località di mare preferita...!). Ricordo che si andava all'Hotel Cristallo, in buona posizione rispetto alla spiaggia e con camere davvero accoglienti. Non altrettanto soddisfacente era la prima colazione, ancora "ferma" vergognosamente al "burrino+confettura"...in un "quattro stelle, poi...!". Un mattino chiesi se fosse stato possibile avere una fetta di formaggio e, dopo smorfie quasi spazientite ed un'attesa di almeno dieci minuti, mi presentarono su di un piattino...due sottilette (:)
    Naturalmente, il "Cristallo" andava benissimo per la notte ma, i pasti li consumavamo dove capitava e risultavano, in ogni caso, migliori...senza il contorno di quella spocchiosità che, talvolta, rende gli esseri umani del tutto indisponenti...

    Avevamo retto i mesi estivi senza espatriare ma, verso metà settembre, "strappammo" una decina di giorni per un tour a Praga, città che peraltro conoscevo e non mi attraeva più di tanto ma...la mia bella, no. Per "bilanciare" il tutto, proposi una breve divagazione in terra polacca, via Klodzko, sino a Breslavia, città di tutto rispetto fra soavi terre agricole, ove pernottammo in un albergo nuovo letteralmente cubico e bianco, senza balconi dove, personalmente, apprezzai i sapori della cena ma, ahimè...fui il solo!
    Il ritorno, contemplò una tappa a Dresda, interessante ma piuttosto tetra, con l'insieme reso ancor più minaccioso da bande di naziskin che si aggiravano a pericolosa contiguità dal "puma", e sotto un cielo che annunciava pioggia incombente.
    Evitando Norimberga, che riservammo per le successive Feste di Natale, galoppammo dritti verso S sino a Verona e poi lungo la Brescia-Piacenza ove, "provai" la punta di velocità della "316" che, comunque superò appena i 185 km/h. Come da libretto, peraltro.
    In effetti, la tratta completamente piana e, per lo più sgombra di traffico, fra Ghedi e Cremona...a quei tempi si prestava assai bene a prove di questo tipo che, ai giorni nostri, comporterebbero rischi di varia foggia (:)


    Gianni S.

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    Varsavia - Il Palazzo della Cultura e della Scienza;




    [Modificato da Gianni Sperone 08/04/2015 16:01]
  • Gianni Sperone
    00 23/03/2015 11:18
    9 - Dal puma al tigrotto...

    L'autunno procedeva ed ero globalmente soddisfatto del lavoro in ASL a Susa, in quanto si trattava di organizzare da zero una cosiddetta Unità Operativa in igiene e sicurezza del lavoro. A quel tempo mi venne assegnato un Ispettore ed un Amministrativo: non che fosse chissà che ma si poteva già imbastire qualcosa di proficuo. Un altro vantaggio era costituito dal fatto che, pur non trattandosi certamente del mio traguardo da mutualista "con buonsenso" che cullavo negli anni di università, era un'attività molto variegata spesso sul territorio che interessava per lo più piccole aziende: dalla falegnameria ai cavatori di pietra. Il primo obiettivo era avviare un piano ben strutturato di prevenzione, sia sugli infortuni, sia sulle malattie professionali. Selezionammo pertanto, 1050 Aziende sul territorio (con tre o più dipendenti) e, non potendone che ispezionare se non una miserrima percentuale, ritenni di operare "a tavolino" con una richiesta R / R delle pagine del registro degli infortuni (relative all'ultimo anno...) ed il protocollo di sorveglianza sanitaria eventualmente (:) in atto in ciascuna di esse. La spedizione delle mille ed oltre R/R avveniva una volta l'anno ed, indubbiamente, iniziò a sortire buoni esiti perchè i destinatari dovevano comunque rispondere. E non solo con belle parole. Si ricevevano in tal modo chili e chili di carta in ufficio che controllavamo "a campione", oppure in quei casi dove già esistevano segnalazioni o sospetti. Il mio progetto funzionò bene per tre anni, sino a che, il nuovo Direttore dell'ASL, valutò che la spesa annua in R / R fosse troppo elevata dunque bloccò tutto. In ogni caso, per inerzia ed, almeno sinchè il sottoscritto restò a Susa (ovvero nel 1998), i fascicoli documentali seguitarono a giungere in sede.
    Naturalmente, il fedele compagno dei miei percorsi lungo l'intera Vallesusa, fu il tenero "puma" per cui, il rimborso chilometrico dell'Ente era davvero una miseria. Ma, alfine, poco mi interessava...
    Successivamente, giunse in ASL una DUNA targata Roma, che guidai per qualche tempo, persino vergognandomi di scorrazzare su di un simile catafalco da TOPOLINO (!). A parte la linea e la stabilità...tuttavia, la suddetta si muoveva non in maniera pessima...sino agli 80 all'ora (:) ed assomigliava (come molti di voi ricorderanno), o alle auto che disegnano i bambini, oppure a certe berlinette degli ex Paesi del Patto di Varsavia (:).



    hostare immagini

    L'orrido design della FIAT DUNA: manco gli zingari l'avrebbero utilizzata (!)



    Con l'avvicinarsi delle Feste, avevamo programmato un soggiorno di tre o quattro giorni a Brixen (penso, dal 20 al 23.12) e partenza per Monaco-Norimberga il 24 ove avremmo passato il Natale. La magica atmosfera dei "mercatini" non la ricordo ancora in quel tempo. Forse erano già attivi soltanto nei centri maggiori, quali Bolzano e Merano (?!). In ogni caso, il 24 mattina, aperta la finestra...sorpresa! Uno scenario ancor più incantevole, ovattato da almeno 20 cm di neve: tutto fascinoso, indubbiamente pur se si poneva un problemino col puma, poco amante dei fondi innevati. E toccava risalire fino al Brennero, poi Innsbruck, Monaco...insomma, una tratta di quasi 400 km sotto la neve...non sarebbe stata una passeggiata.
    Miracolo: abbondante sino a Vipiteno, il manto di "fresca" decrebbe già nell'ascesa ai 1370 metri del Brennero, per tramutarsi in pioggia sino ad Innsbruck-Rosenheim, prima di trovare sul capo...un cielo semi sgombro da nubi e foehnizzato, in pratica dal confine A-D in poi, quasi senza neve al suolo sino a Norimberga...
    Ricordo come, l'albergo fosse confortevole, moderno ed immerso nella quiete dei boschi di conifere a S di Norimberga. La stanza era più che gradevole, con arredamento funzionale ed accogliente, vagamente fra linee rustiche e tratti scandinavi.
    MA...sorse dopo un'oretta appena un ma...Ritirando i documenti alla reception, rigorosamente in tedesco mi venne comunicato che, essendo la Vigilia di Natale, il ristorante la sera sarebbe stato chiuso e, pure in città, costituiva un'impresa il trovarne uno di aperto.
    "D'altronde, la Vigilia si festeggia in casa...ed i pochi camerieri/cuochi che accettano questo turno...si fan pagare a peso d'oro...!"
    Il ragionamento era del tutto in linea con lo spirito tirol-bavarese ma, in tale contingenza non immaginavamo di trovarci. D'altronde, volevamo pur consumare una cenetta in centro la Vigilia di Natale e finimmo in un locale fumoso e mediocre, trattati con una certa svogliata fretta...per far posto ad altri in coda.
    Ma che ci importava, alfine di simili baggianate...? Il Natale era nostro, il mondo pure e, soprattutto la nostra vita...che procedeva, forse mascherando disagi interiori, a gonfie apparenti vele...
    Il Natale mattina, come d'incanto, resuscitò in albergo una superba prima colazione con un discreto andirivieni di ospiti. Una passeggiata sui bastioni della "Burg" di Norimberga, con rapida occhiata ai negozi chiusi a vetrine totalmente prive di saracinesche od altro e, verso le 14, rivolgemmo il musetto del puma in direzione S. Eran 900 km tondi e, con una pausa per uno spuntino-cena già in Italia, approdammo a casa un'oretta dopo la mezzanotte.



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    La magica atmosfera di Norimberga d'inverno;




    L'anno 1992, invero, non vide viaggi in auto di un certo significato (fatte salve le consuete "puntate" da fine settimana lungo in Alto-Adige) ma fu contrassegnato da una settimana a Sofia intorno a S. Valentino, con base nella capitale ed escursioni sino a Plodviv e Monastero di Rila, nonchè sulle sovrastanti piste da sci del Monte Vitosha. Il freddo era talora pungente con picchi sino a -14°/-16° alle 9 di mattina tanto che, le conifere parevano "plastificate" nello strato nevoso che le avvolgeva. Quello bulgaro, fu un soggiorno davvero gradevole, dove apprezzammo l'intersezione fra religioni, etnie e culture diverse, una capitale assai curiosa anche perchè, dalle nostre parti, ancora poco nota, ed una eno-gastronomia in alcuni casi eccellente con dei "rossi" che stavano al pari del nostro Barolo e Barbaresco (!). D'altra parte, debbo ammettere sin da ragazzo, il magnetismo esercitato sul mio interesse dagli ex Paesi del Patto di Varsavia e, certo, soprattutto dalla...come si può definire...Donna dell'Est...Fascinosa, semplice nella propria intrinseca classe, disinvolta, pragmatica e versatile. Un difetto? In media, piuttosto permalosa e volubile... Le disavventure in merito dei connazionali, credo sian però derivate almeno in parte da una certa qual "pollaggine" latina che, pure il sottoscritto avrebbe...per altri versi...da giustificare di fronte a se stesso (!)
    Di Sofia, versione 2.1992, ricordo infine delle autentiche abbuffate del prezioso caviale grigio russo. Diciamo che, in albergo, allungavi 10 dollari al cameriere di turno e questi ti scodellava nel piatto, come un piccolo budino, un barattolo (aperto all'istante) delle deliziose micro-uova...forse prossimo ai 200 g (!). In effetti, in una delle principali rivendite di gastronomia subalpine, ritrovai mesi dopo l'identica confezione di caviale ad un prezzo di ben 260.000 Lire (!!). Interessante l'ex Filippopoli ed, immerso in un'atmosfera medievaleggiante fra le nevi intonse, il Monastero di Rila che reca al proprio interno, certe icone fra le meglio conservate al mondo.
    Rientrati in Italia dopo questa tonificante ed energizzante vacanzina, iniziammo a pensare a due cose da farsi: programmare i due viaggi successivi e cambiare auto.
    Il puma, infatti, a nemmeno tre anni di vita, sfiorava i 100.000 km percorsi...che, all'effettivo momento della sostituzione (ovvero ad inizio novembre), sarebbero divenuti 125.000.
    Era appena uscito (giusto nel 2.92) il modello coupè della "318 is" ed aveva letteralmente ammaliato entrambi. Certo, era una bella spesa per un'auto ma...una volta nella vita...ci poteva anche stare. Esisteva, a dire il vero, anche lo stesso modello a sei cilindri "320is coupè" ma, globalmente...linea e prestazioni erano assai simili (beh...a parte i sei cilindri anzichè quattro... ed, insomma, 45 milioni tondi ci sembravano un limite di spesa davvero invalicabile per l'acquisto di una vettura.
    Dopo un po' di riflessioni, ad inizio maggio ci recammo alla concessionaria BMW che, nel frattempo, si era trasferita di sede mantenendo però ARPAGONE come venditore-capo (::).
    La sua proverbiale cordialità era rimasta intatta rispetto all'autunno 1989 tanto che, pur valutandoci assai bene il puma, non ci stipulò un contratto a prezzo bloccato. Ovvero, poichè toccava aspettare il "Coupè" la bellezza di sei mesi, se il prezzo fosse stato ritoccato...non ne saremmo stati esenti pur ad "ordine" effettuato.


    Gianni S.

    Segue...



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    L'auto più bella che, in assoluto, riuscimmo a permetterci: una "318 is coupè", color melanzana però, che attendemmo per ben sei mesi (da maggio a novembre 1992); Il tigrotto...



    [Modificato da Gianni Sperone 01/04/2015 08:09]
  • Gianni Sperone
    00 30/03/2015 08:30
    10 - Russia: a noi...!

    Col puma già mezzo venduto, non avevamo voglia di rischiare di logorarlo od in un qualche modo, deteriorarlo granchè prima di novembre. In tal modo, iniziammo ad "addentare" il Continente Russia in maniera significativa in due "tranches": la prima fra maggio e giugno, la seconda in settembre.
    Il tour di maggio-giugno era un "classico": Mosca e S. Pietroburgo in quindici giorni. Ma, attenzione (!), se parlo di tour, non mi riferisco di sicuro a "pacchetti" organizzati che, credo, perseguimmo solo in Islanda d'inverno. Ciò significava che, sceglievamo voli ed alberghi a tavolino e ce li facevamo prenotare dall'agenzia-viaggi: questo metodo consentiva sul luogo, la massima libertà di penetrare l'essenza autentica di quel determinato Paese, anzichè ascoltare il racconto per lo più propagandistico dell'eventuale accompagnatore; poi, perchè mai vagare "intruppati" fra connazionali che, il più delle volte, rischiavano pure di coinvolgerci in figuracce (?)
    Io già conoscevo Mosca e S. Pietroburgo ma, il trovarmi con la mia bella sulla Piazza Rossa, costituì un'emozione ben diversa rispetto a dieci anni prima coi miei genitori (!). E, la capitale dello sterminato Paese, stranamente la preferivo alla copiatura occidentale di molta dell'architettura pietroburghese! Debbo dire che, in una settimana, Mosca la girammo in tutti i modi: metrò, taxi, a piedi, in bus... ed avanzammo ancora un giorno per gustare l'alito della steppa con un volo A/R sino all'ancora sconosciuta Kazan, dove eravamo guardati abbastanza come alieni (!)
    Sarebbe lezioso ed improprio, il citare altri eventi di notevole interesse che riguardarono quel soggiorno moscovita, salvo un caldo notevole negli ultimi due giorni che, con 25-26°C, ci accompagnò pure all'inizio della settimana a S. Pietroburgo. Di questa città così celebrata, a parte la sfavillante ricchezza dell'Hermitage, ricordo una ben modesta Prospettiva Newski, un passabile lungo-Neva con l'isola di Vassilij e il famoso Incrociatore "Aurora". Probabilmente, S. Pietroburgo esercita un diffuso fascino fra i turisti per l'atmosfera indubbiamente nordica, assai più rispetto alla sterminata capitale. Di fatto, il Grande Nord Europeo inizia da qua ed, appunto per tal motivo, nella stessa maniera con cui si era fatto l'A/R giornaliero Mosca-Kazan, da qua volammo in circa 90 minuti oltre la taiga, sino all'inizio della tundra su cui si stende la livida Arcangelo, sotto un cielo che pareva d'acciaio come la flotta di navi ancorata nelle grigie acque portali, col termometro ad 8°C a mezzogiorno della I decade di giugno.
    Due ultime note su quel primo assaggio di Russia: ancora un'escursione al vicino Lago Ladoga, il primo che osservai di dimensioni così vaste e la gran dovizia di splendidi libri fotografici su Mosca e la Russia che, sì, acquistammo a poco prezzo in libreria ma che poi, in dogana, finimmo col pagare quasi a peso d'oro per la questione dell'eccedenza in chilogrammi sul bagaglio (pur se a mano). Probabilmente era una truffa ma, in quell'anno, in Russia c'era totale anarchia tanto che, proprio ad Arcangelo, riuscii a scattare numerose fotografie in aeroporto senza che nessuno ci facesse caso (!)
    Forse, era il momento in cui...avessi accoppato un nemico lasciandolo in un fosso...sarebbe rimasto dov'era (::)
    Non ricordo l'estate del 1992 come particolarmente calda; a parte il fatto che, le notti di Avigliana, erano più fresche di almeno 3-4°C rispetto a quelle torinesi e la differenza era ancor maggiore in serata quando, la città rifletteva il calore accumulato dagli edifici durante il pomeriggio. In ogni caso, il puma aveva ancora energia da vendere e ci scarrozzava per monti o (meno frequentemente) al mare, traslato da Varazze a Loano, dove andavo sin da bambino.



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    Il Grande Nord Europeo, con la città di Arcangelo sulla destra del campo visivo;


    Credo, l'estate 1992
    trascorse gradevolmente, anche perchè già stavamo preparando con cura un ben più impegnativo viaggio settembrino in Asia Centrale Sovietica sino ad Alma-Ata e Dusambè ed, a quei tempi, IT non esisteva. Dunque, le tratte aeree ed i pernottamenti eran da studiarsi lungamente a tavolino, prima di sottoporli ad una agenzia specializzata in Torino che, a differenza di molte altre, mostrò una grande professionalità e cortesia.
    Eravamo alle (gradevoli...!) prese, in sostanza, con un viaggio auto-organizzato/gestito su cui l'agenzia, pur disponibile e preparata a casi analoghi, poteva solo effettuare le prenotazioni e poco, pochissimo d'altro.
    I "docchini" avevano elaborato un itinerario piuttosto particolare...almeno per il tempo cui ci si riferisce...Ovvero: Milano-Mosca-Dusambè-Taskent-Bukhara-Samarcanda-Alma Ata-Ashgabad-Mosca-Torino.
    Già: perchè il sottoscritto voleva a tutti i costo infilarsi ad una manciata di chilometri dal confine iraniano, in quello Stato, il Turkmenistan, considerato il più povero dell'ex USSR. Dusambè, poi, era un'altra "chicca": una capitale incastonata fra monti di 4000 metri, a due passi dal già irrequieto Afghanistan di allora (:)
    Mi pare che partimmo da Milano verso il 4-5 settembre e, fino a Mosca, era una passeggiata perchè avevamo ormai come riferimento il gigantesco Hotel COSMOS, albergo di 1770 camere, un po' decentrato ma di prezzo pari ad 1/4 dei "nuovi" ricettacoli per turisti, costruiti in joint-venture con Svedesi, Austriaci o quant'altro.
    Ottenemmo una camera al 23° piano (come nel maggio precedente), di fronte all'immenso cosiddetto "Parco delle Realizzazioni Sovietiche" col monumento al cosmonauta che pareva una scimitarra protesa verso il cielo...
    Dopo due notti ristoratrici nella capitale che tanto vezzeggiavo, toccò pur partire verso ESE: trattavasi di una tratta di cinque ore e mezza di volo che, sorvolato il Medio Volga ed Orenburg, proseguiva nei cieli kazaki per piegare verso S. A Dusambè, appunto.
    Vi giungemmo che già annottava e la mia ex-bella non mancò di segnalarmi la quasi totale oscurità verso terra; in effetti, la pista d'atterraggio la si intravedeva appena fra una doppia fila di inquietanti luci bluastre mentre la stazione aeroportuale e l'adiacente città apparivano pressochè immerse nell'oscurità.
    Allora, debbo dire però, non facevo caso a nulla che...proprio non mi franasse addosso...dunque, mi interessò assai poco se, anche il controllo-documenti avvenisse in un'atmosfera un poco lugubre, con luci davvero ridotte al minimo.
    Recuperati i bagagli, recuperammo anche un taxi: una vetusta ZIL con un bagagliaio così ampio ove le valigie/borse venivano gettate dentro...come si trattasse della stiva di un piroscafo (!)
    Beato e tranquillo, mi spaparanzai sul vasto sedile posteriore (simile all'anteriore, all'americana; Cinzia, assai più realista, mi fece presente di farmi pure ben più da parte perchè, altre quattro persone (oltre a noi due!) stavano per prendervi posto. Insomma, i bagagli erano di sei persone e manco quell'immenso baule era sufficiente a contenerle. Il taxista, senza scomporsi, lo lasciò mezzo aperto, assicurandolo con una corda rinvenuta in auto.
    Anzitutto, due dei quattro indesiderati ospiti, erano giornalisti svizzeri che ci chiesero che mai ci facessimo in una città col coprifuoco in atto ed un "golpe" militare in corso.
    Non potevamo certamente saperlo dall'Italia e, francamente, la cosa non mi impensieriva più di tanto: ci avremmo trascorso solo tre notti (!). Certo era un po' inquietante che, nel buio pressoché totale, la "nostra" ZIL bruciasse tutti i "rossi" a velocità sostenuta. Si fosse fermato, fu la spiegazione, addio bagagli....!


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    Dusambè - L'aeroporto;


    Gianni S.

    Segue...




    [Modificato da Gianni Sperone 07/04/2015 06:21]
  • Gianni Sperone
    00 30/03/2015 14:23
    11 - Ai confini dell'Afghanistan...per poco, fortunatamente...(!)

    Il mattino seguente, dopo aver già realizzato la sera come, due interi piani dell'Hotel Dusambè...l'unico "praticabile" della capitale del Tagikistan, fossero ripieni di Ufficiali dell'Armata Rossa, la città ci apparve un avamposto decisamente più medio-orientale che non ex sovietico, del cui periodo campeggiavano solamente gli usuali casermoni amministrativo-giudiziari "Stalinian-Style".
    Dopo una prima colazione assai parca, entro tazze e piattini puliti ma consunti dal tempo, ci tuffammo in una folla dirompente, esplosa come per magia dopo la tetra notte del nostro arrivo. Mercati, bazar, donne mezze velate che, tuttavia, non trascuravano di chiederci a gesti da dove venissimo e, soprattutto, quanti figli avessimo.
    Alla seconda risposta negativa, sentivo una ridda di sguardi pietosi addosso come se il sottoscritto fosse eunuco od impotente (:::). Ma, anche quell'aspetto era peculiare ed, alfine, divertente.
    Qualche blindato con mitragliette spianate, sostava svogliatamente agli incroci ma...non è che si intravedesse un'atmosfera da guerra civile autentica. Evento che, viceversa, avanzava a grandi passi (:). Il nostro primo giorno tagiko lo passammo a bighellonare senza meta per questa capitale composita di etnie, diverse comunque da quelle nord-africane od arabe, quanto assai più contigue ai tratti afghani. E, non a caso, in un clima d'"indipendenza controllata", nel piccolo schermo in bianco/nero in camera, la sera guardammo il TG dell'Afghanistan, che si recepiva nitidamente al pari degli altri tre o quattro canali in tutto. La giornata era calda ed assolata senza una nube in cielo, fra questi monti alti e brulli che circondavano la capitale come una imponente ed invalicabile barriera. Iniziò ben presto la solfa del riso con uvetta e briciole di qualcosa che poteva rassomigliare alla carne di montone ed, al riguardo, va detto come questo fu il "piatto forte" (in quanto, pressochè l'unico) di tutto il viaggio. Il giorno successivo, che precedeva la partenza per il notevole tratto verso ENE sino ad Alma-Ata, lo trascorremmo facendoci scarrozzare da un taxista a buon mercato con una vecchia VOLGA col parabrezza tutto una crepa (:), sia attraverso zone della città a noi ignote che lui ci indicava di qualche interesse e sia, addentrandoci per una trentina di chilometri in una di queste gole fra le circostanti montagne, sino a raggiungere un villaggio aggrappato all'opposto pendìo e collegato alla strada che stavamo percorrendo, unicamente da un ponte sospeso di travi e cordami, non troppo lungo, nè elevato sul sottostante torrente in secca ma, sicuramente poco invitante per farci due passi. In quel momento, immaginai di trovarmi in un luogo non molto diverso da certe valli del Karakorum; ci fermammo poi in una specie di stamberga che vendeva generi vari, riuscendo persino a berci una "Coca" in lattina, e fredda a dovere.
    Anche questa escursione fuori Dusambè, a suo modo era stata peculiare ed interessante ma, ormai, era tempo di fare i bagagli per il decollo del mattino successivo verso la capitale kazaka. Terza notte fra gran scalpiccìo dei militari lungo i corridoi che, ora, i piani dell'albergo (forse sei o sette...), pareva li avessero occupati per intero...come aspettassero che noi ci levassimo di torno...(::)

    Evitammo la prima colazione per essere più rapidamente in aeroporto ma, giunti all'edificio ormai inondato di sole, realizzammo che qualcosa non andava. L'atrio ed il consunto bancone del check-in, infatti, erano totalmente deserti mentre, più che il vociare di passeggeri in attesa, si udivano minacciosi rumori di eliche e turbine...provenire dalle piste vere e proprie. A farla breve, bloccai una addetta che passava di corsa, la quale...non capirò mai perchè mi rispose in tedesco...ma, in sintesi, ci significò come, stante la necessità di carburante per elicotteri ed arei militari, tutti i voli erano stati rinviati a data indefinibile e, l'ultimo volo civile era quello in partenza per Mosca, già sulla pista di decollo.
    Ci guardammo indubbiamente con una certa preoccupazione e, trascinando i nostri bagagli senza sbarramento alcuno, giungemmo sulla pista aeroportuale dove la suddetta inquietudine, semmai si accrebbe ulteriormente.
    Era infatti vero che l'aereo in partenza fosse diretto a Mosca ma, risultava altrettanto vero che, fra il rullare assordante tutto d'intorno degli elicotteri ed aerei militari, almeno cento o più persone erano assiepate ai piedi della scaletta d'accesso all'aeromobile...che, in quella tormentosa circostanza, mi parve più lunga ed erta del solito (:)
    Non è che ci fosse tempo da perdere poichè apprendemmo come l'aereo fosse già zeppo in ogni ordine di posti ed il centinaio abbondante di persone vocianti, con borsoni ed involti al seguito, accampava l'impossibile richiesta di salirci sopra. Un cordone di quattro soldati con mitraglietta, più una nerboruta "hostess" con un paio di ciabattone ai piedi, eran pronti a scoraggiare qualsiasi tentativo e, pensammo, pronti a scostare la famosa scala d'accesso.
    Occorreva, nella Russia del '92 (con uno stipendio medio mensile di 40 dollari...), provvedere nell'unica maniera possibile. Diversamente, saremmo rimasti là chissà quanto, oltre a rovinarci totalmente il viaggio. In più, i pochi valichi stradali verso N erano posti oltre i 3000 metri, dunque già chiusi per neve, e non esisteva alcuna ferrovia. Chiamammo dunque la ruvida scimmiona e le dicemmo a gesti comprensibili in tutto il mondo (:) che, se ci avesse fatto salire su quel maledetto aereo, 200 dollari erano suoi. Non c'erano alternative; in più, l'energumena li pretese subito: non restava che sperare in bene. A quel punto iniziò una diatriba fra la "kapò" ed il comandante dell'aereo, che presero a litigare sempre più vivacemente, salendo e scendendo alternativamente lungo la scala. Ovvio come, il comandante rifiutasse di imbarcare due passeggeri per stiparli chissà dove ma la SVETLANA di turno, ebbe clamorosamente la meglio ...poi nessuno voleva la grana di tenersi due italiani a Dusambè in un clima da guerra civile ed, insomma, mentre il pilota, scuotendo il capo, si rifugiava in aereo, il donnone in divisa blu ma in ciabatte, parlò concitatamente con i quattro militari di cui prima. Ci chiamò ed i quattro soldati costituirono in un attimo un autentico scudo, respingendo a grida (e manganellate) chiunque tentasse (giustamente) di metterci le mani addosso o coprirci, come minimo di improperi in tagiko. Salimmo con i nostri bagagli la scaletta che pareva non più finire e, dopo cinque minuti, il portellone venne definitivamente chiuso.

    Gianni S.

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    Dusambè: Uno scorcio del centro;




    [Modificato da Gianni Sperone 04/04/2015 11:58]
  • Gianni Sperone
    00 31/03/2015 08:46
    12 - Come in un film: due passi indietro e tre avanti...!

    Naturalmente non potrei seguitare la narrazione della mia auto-story con questa dovizia di particolari...pena, il finire fra sei mesi e far assopire il lettore dopo pochi minuti. Ma, un evento del genere, certamente insolito, meritava a mio avviso una pagina dedicata e poi, se ARPAGONE non ci avesse fatto aspettare sei mesi il "tigrotto", magari...che so...saremmo andati nella ben più quieta Svezia (!).
    In ogni caso, verso il 10 settembre ci trovavamo in piedi e muti in un angolo del TUPOLEV, coi bagagli per terra ai nostri piedi come fossimo ad un pic-nic (:) ed un sommesso brusìo che proveniva da almeno duecento passeggeri seduti, stipati di fagotti all'inverosimile (non escluso qualche ovattato verso di gallina....!).
    Il comandante si era rabbonito...ma di poco...e ci disse in inglese di sederci su due supporti per bagagli, giusto di fronte ai WC, nonchè di "tenerci forte" perchè, ovviamente non è che vi fossero le cinture di sicurezza a disposizione, nè uno straccio di qualsivoglia schienale (:).
    Come un miracolo, l'aereo si staccò da terra dopo un'accelerazione che mi pareva un poco ansimante ed, in breve, fummo sopra una sterminata catena montuosa che separava, per l'appunto, il Tagikistan dall'immensa steppa kazaka. Dopo pochi minuti, il co-pilota si impietosì e ci invitò a sedere in cabina guida su due vecchie poltrone in simil-pelle appoggiate da un lato e mezze sfondate, divenendo entrambi improvvisamente loquaci e cortesi.

    "Italian Televisia?" ci chiese subito il comandante, avendo notato la videocamera. Certo che no; ciò nonostante si misero ad illustrarci quella teoria di vette che sfiorava anche i 5000 metri, alcune delle quali mai scalate e prive persino di nome. Due chiacchiere sul disastro ecologico del Lago d'Aral ed un goccio di perfida acqua tiepida che accettammo a malincuore, tratta da una specie di thermos...allorquando l'aereo iniziò a perdere vistosamente quota e l'altimetro di fronte a me lo confermava.
    Non avevamo mai assistito ad una discesa simile...non dico...proprio "ad ascensore"... ma poco ci mancava; ammutolimmo entrambi con un viso del tutto interrogativo quanto spaventato: "No problem", sghignazzarono entrambi: il fatto era dovuto semplicemente che l'aereo aveva carburante appena sufficiente per valicare la catena montuosa ed atterrare nel primo scalo in Kazakhstan. Tutto chiarito ed, in capo ad una ventina di minuti, eravamo fermi in una landa del tutto desolata e vuota che, dopo qualche tempo, identificai sulla carta come circa 1200 km a SE di Aktjubinsk.
    Come fossimo sul bus, i due piloti scesero entrambi, mollandoci soli in cabina (!!), avvicinandosi nel frattempo un camion-cisterna per l'agognato rifornimento.

    Dopo una mezz'oretta, credo, si ripartì alla volta di Mosca e, come per miracolo, due passeggeri dovettero esser scesi in quello scalo remoto perchè, ondeggiando imponente e ben poco fascinosa (::), giunse SVETLANA, invitandoci ad accomodarci su sedili pressochè normali per un aeromobile.
    La nostra ricomparsa improvvisa suscitò ovviamente il generale brusìo dei passeggeri che, in grembo, erano sovrastati da pacchi e borse di ogni tipo. Quasi un esodo...insomma!
    Ad un paio di ore di volo da Mosca, la potente SVETLANA, senza nulla averci chiesto, si profilò all'orizzonte del corridoio dopo aver scostato una specie di tenda in plastica gommata. Ella recava due piatti con una coscia di pollo per ciascuno che, disgraziatamente, puzzavano sin da quando si avvicinò. Un nuovo più sommesso brontolìo aleggiò fra i viaggiatori, pensando che questi due stranieri, per giunta venivano pure rifocillati. Il problema si pose a noi in termini ben diversi: quel manicaretto doveva esser stato tratto dal bisnonno dei polli di Dusambè e ci disgustava già solo l'odore quasi putrescente dell'averlo dinanzi. D'altronde, non pareva cortese restituirlo tale e quale, pur se SVETLANA si era incassata cinque stipendi mensili in mezz'ora di lite sulla pista di decollo a Dusambè. Proposi alla mia deliziosa ex-moglie, un po' "frullata" anch'ella dagli eventi del giorno, di infilare le due cosce avicole in uno dei nostri fagotti e gettarle non appena avessimo toccato il suolo di Mosca (!)
    L'idea, in se stessa, pareva buona...solo che, quando ritornò SVETLANA a ritirare i piatti dopo un quarto d'ora circa, strabuzzò letteralmente gli occhi: già...vero...insieme alla polpa (poca), suppose avessimo divorato pure le ossa (!)
    Sintetizzando, terminati i curiosi avvenimenti di quella avventurosa tratta, da Mosca, di primo pomeriggio acquistammo un nuovo biglietto aereo per Alma-Ata ove arrivammo in tarda serata in quasi sei ore. Il golpe di Dusambè, fra una storia e l'altra, ci era costato quasi 1000 dollari pur, di fatto, non avendo dovuto sconvolgere manco un giorno del nostro viaggio-fai-da-te, giunto a quel punto, a circa 200 chilometri dal confine con la Cina (:).

    Gianni S.

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    Il Kazakhstan: territorio immenso, grande nove volte l'Italia e con ampie potenzialità estrattive (una Jakuzia del S, insomma...!). Ora, Almaty, all'estremo E del Paese, non essendo più capitale, è caduta in disgrazia a favore di ASTANA. Si noti, in fondo al campo visivo, la posizione di Dusambè;



    [Modificato da Gianni Sperone 04/04/2015 12:09]
  • Gianni Sperone
    00 31/03/2015 11:12
    13 - Tigrotto-story

    Ovviamente, non è più il caso di divagare troppo sul resto del viaggio, che si svolse in maniera egregia, salvo gli scarafaggi che, a colonne, si addestravano all'arrampicata nella stanza turkmena di Ashgabad, ove non pernottammo affatto, anche per il rischio di folgorazione nel bagnetto percorso da cavi elettrici consumati che si aggrovigliavano nell'umido (!). Il tutto, pertanto, si concluse verso il 25 settembre, sotto una precoce fioccata mista a pioggia l'ultima sera a Mosca ove, comunque, ci riprendemmo il giorno lasciato ad Ashgabad per ristorarci un poco al "nostro" COSMOS.... Rientrati al lavoro, un mese passò alla svelta ed, all'inizio di novembre, venimmo convocati da ARPAGONE per il ritiro della nuova vettura.
    Il "318 is coupè" era uno splendore in ogni proprio dettaglio salvo, un baule non eccelso in proporzione alle discrete dimensioni esterne dell'auto. D'altronde, avevamo scelto espressamente una "due porte" per la linea sì di berlina, ma più sportiveggiante...pur senza tratti di eccessiva aggressività. Il motore era un 1800 cc, quattro cilindri con 140 HP e raggiungeva i 215 km/h, con un assetto su strada decisamente migliorato in quanto a stabilità, rispetto al più mite "puma".
    Il prezzo, in quei sei mesi, o non era aumentato, oppure ARPAGONE non volle esagerare; in ogni caso...bastava ed avanzava già quello!
    I consumi non erano così elevati: a 160 all'ora si percorrevano ancora 10 km/l ed il calcolo lo effettuava all'istante il computer di bordo che, completo di funzioni com'era, nel 1992 era già strumento non così comune. D'altra parte, i 160 all'ora costituivano un po' la cosiddetta velocità di crociera per quel tipo di auto, restando la guida del tutto fluida e rilassata, tale da potersi mantenere per lunghe tratte consecutivamente. Anche ai 180 non c'erano problemi di vibrazioni o stabilità od eccessiva rumorosità mentre, a 200, debbo dire...l'angolo visuale prospettico si restringeva considerevolmente oltre il parabrezza e toccava guidare con la massima concentrazione, impugnando il volante a due mani. Poichè nelle Feste di fine anno non rinunciammo alla nostra amata Brixen, ecco l'occasione per "tirare" il tigrotto alla massima velocità. La giornata era nuvolosa con gelo lontano ed asfalto asciutto: fra Cremona e Brescia, con qualche occhiata perplessa della consorte che era tutta un monito (:), andai sinchè il piede poteva. Il tachimetro non arrivò per poco, pochissimo a 220 all'ora; d'altronde, lo scarto dal reale sulle auto tedesche, era già allora minimo rispetto alle nostrane.
    Comunque, pur con traffico scarso, i 220 (quasi) li tenni per un paio di chilometri appena, pur con il motore che sibilava gradevolmente, sprigionando tutta la propria potenza: non era certo il caso di chiudere prematuramente la nostra ancor giovane esistenza (!)
    Il "tigrotto" era veramente piacevole a guidarsi e, quella linea scopiazzata alla grande negli anni successivi, costituiva allora una novità. A quel tempo, fra una cosa e l'altra, percorrevo circa 35.000/40.000 l'anno e, la politica di rivendere l'auto dopo poco più di tre anni, garantiva l'affidabilità totale del mezzo, non rimettendoci un patrimonio all'atto del cambio vettura.. Il 1993, dopo l'usuale S. Valentino "fuori": nella circostanza a Budapest, (che mi piacque più di Praga) con una interessante A/R giornaliera a Debrecen attraversando l'intera puzta ungherese lievemente innevata, volli trascorrere la Pasqua a Bucarest, che tenevo a vedere con le proprie "grandeurs" cittadine, rimaste incompiute dopo la morte prematura di Ceaucescu e, alfine, si rivelò una via di mezzo fra Atene e la zona più anonima di Istanbul. Giusto per dare un'idea.

    Se, ovviamente, in questa "doppietta" di cinque/sei giorni ciascuna il "318" non era stato coinvolto, lo attendeva per fine giugno una bella sgroppata. Come resistere, infatti, al fascino di Capo Nord in auto?
    Ad onor del vero, di questo matrimonio troppo dilazionato nel tempo, la cosa che meglio funzionava erano senz'altro i viaggi e fosche nubi iniziavano ad addensarsi nel futuro profilo giacchè, già l'anno successivo realizzai giusto a Quito come fosse preferibile (e, forse, inevitabile) una separazione...
    Per intanto, l'intenzione era "farci" l'intera Scandinavia con l'auto scalpitante, in un periodo piuttosto anticipato rispetto alla media. Molti, sapendo che saremmo partiti verso il 20 di giugno, storsero il naso: vero come, all'estremo N di Honningsvaeg o nell'interno del Finnmark, fosse possibile trovare ancora la neve ai bordi della strada (e lo è tutt'oggi...!) ma, Finlandia e Svezia possono già esser calde almeno sino al Circolo Polare, con una luce naturale quasi permanente dalla Regione dei Mille Laghi (Kuopio, all'incirca...) in su. Il meteo, per solito, va degradandosi rapidamente dopo il 20 luglio ed, anche per tale motivo, molti che si sono spinti a quelle latitudini...han spesso parlato di tempo freddo e ventoso. Inclemente, insomma.
    A furia di toglierne tre da una parte e quattro dall'altra, già a giugno i nostri residui giorni di ferie si erano ridotti pericolosamente a 23 o 24. Il che vuol dire che, non conveniva spenderne più di 18-19 per questa cavalcata allo scoglio più settentrionale d'Europa: d'altra parte, le capitali ed il Sud in genere del comparto, già lo conoscevamo abbastanza.
    Meglio dunque, una bella sgroppata il primo e l'ultimo giorno: Torino-oltre Stoccolma NO-STOP...(::)

    Il concetto su cui poggiava questa apparente inutile sfacchinata era quello del disporre liberamente della propria autovettura per visitare in lungo ed in largo la non certo piccola Penisola Scandinava (ca. 1.070.000 kmq), senza disporre di un mese di tempo. Questo criterio, che avevamo già abbozzato raggiungendo Oslo e Stoccolma nel 9.1990 (e che ripetei nel 1995 e nel 2000...per lo meno...!), prevedeva la partenza da casa (Avigliana o Susa che fossero...!) verso le ore 14 del 20/21.6, con il valico del Gran S. Bernardo, solitamente ancora striato di nevi e ghiacci vaganti sull'omonimo laghetto, ed il successivo innesto sull'autostrada per Montreux-Berna-Basilea, in modo tale da entrare all'estremità W della Germania quando iniziava a farsi sera. Dopo un pasto veloce alle aree di servizio contigue, il "tigrotto" aveva modo di galoppare sempre più rapidamente in notturna, quasi esclusivamente sulla corsia di sinistra, procedendo fra i 160 ed i 180 km/h in maniera continuativa e costante. Mai più superati i 200, promesso (!!). Verso Francoforte o Kassel (cioè, intorno a mezzanotte), mi concedevo un robusto HOT-DOG con una "biondina" (mentre la mia bella riposava placidamente, per lo più con un plaid addosso (!), per vincere la frescura germanica antelucana...) Posso stimare che, iniziasse a schiarire già verso le 3.30 di mattina nelle vicinanze di Amburgo ma, procedevo ancora sino all'imbarco di Travemuende (un'altra volta, viceversa, da Flensburg, tirai dritto in Danimarca).
    Quella dell'alba era in effetti l'ora più pericolosa per i micidiali "colpi di sonno" che, in tal modo, potevo parzialmente smaltire in quell'ora di traghetto che ci scodellava nella bucolica terra di Amleto. Più breve ancora come tratta (prima della realizzazione del grandioso ponte dell'anno 2000 che, per pochi giorni, non riuscii a percorrere....!), quella fra Helsingoer ed Helsingborg; comunque, la prima località è in Danimarca, la seconda, già sulla costa svedese a ca 5 chilometri verso E, poco lontana da Malmoe.

    Gianni S.

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    Travemuende: la spiaggia sul Baltico ed i traghetti verso Danimarca e Svezia;


    [Modificato da Gianni Sperone 04/04/2015 12:15]
  • Gianni Sperone
    00 02/04/2015 10:44
    14 - Più a nord, solo il mare...

    In sintesi, con alcuni margini di riposo e senza risultare stravolti, verso le 8 di mattina toccavamo già il suolo svedese. All'incirca credo mancassero circa 550 chilometri per Stoccolma che, su buone superstrade e tratti autostradali si percorrevano in non meno di sei ore. In Svezia, già allora, sulla velocità c'era poco o nulla da scherzare (!). Intanto, in 24 ore giuste, si era nella capitale svedese da Torino (!) (:) Solitamente, a quel punto, cercavamo una qualche locanda spersa fra campi o pinete, per un pranzo nè troppo abbondante ma...nemmeno troppo parco (:). Il che, significava avanzare due ore e mezza/tre...comode nel pomeriggio, per seguire la litoranea del Golfo di Botnia sino a Gaevle ove, già si era prenotata la notte nella efficiente e funzionale catena degli Scandic Hotels, nel caso specifico posto in una radura di conifere quasi sferzata dalle placide acque di mare.
    Gli ultimi 180 chilometri (da Stoccolma a Gaevle), naturalmente, venivano percorsi lemmi lemmi, già gustando la nuova terra intorno a noi, oltre le sopraelevate ed il caos della capitale...
    Ovvio, come la sera dovessi colmare il sonno della notte precedente...con un buon riposo almeno dalle 21 alle 7 od 8 (:) ma, alfine, in poco più di una giornata, ci ritrovavamo all'inizio della Svezia Centrale, dunque con tutto il tempo per fermarci dove e (quasi) quanto ci aggradasse maggiormente. E, per solito, molto prima di tanti altri ospiti, eravamo già ad azzannare il buffet della prima colazione quando esso era ancora pressochè intonso (:)
    Le colazioni dell'aquila dei ghiacci, l'amico dell'erto monte le conosce bene o, comunque, le intuisce..., pur essendo a quei tempi le suddette, ben più abbondanti di quelle siberiane e spaziando, dai gamberetti alle braciole (:)

    Parrà strano al lettore ma, a differenza della Finlandia (che peraltro inizia da 60°N...!), gli oltre 700 chilometri fra Helsingborg e Gaevle, suggeriscono più scenari da Centro-Europa che non da Scandinavia. Già le conifere si stendono al piano ma, la stessa cosa, accade pure in Polonia ovvero, 500 km più a S, e si alternano ad ampie zone coltivate, fattorie, quieti centri di campagna, piccoli corsi d'acqua e laghi di ogni foggia e dimensione. Viceversa, ogni tratto verso N da questo limite virtuale, delinea quasi subitaneamente quelle caratteristiche del paesaggio che, più congruamente, assimiliamo al Grande Nord Europeo. La costa del Golfo di Botnia che, sulla carta appare si e no come un tozzo serbatoio d'acque interne, ha peculiarità molto più selvagge sulla costa finlandese ove, non sempre è fiancheggiato dalla rotabile mentre, tutto il settore della Svezia Centrale da cui è lambito, disegna un meraviglioso e vario percorso, costituito da piccole baie, moli, villaggi, talora arditi ponti per limitarne la tortuosità del decorso. All'insegna della policromia totale, della variegatezza degli scorci e di persone disponibili e cordiali, spesso di fuori, nel giardinetto della propria casa ove, quasi mai, manca il vessillo nazionale azzurro, crociato di giallo. Le due gemme della "litoranea" svedese restano indubbiamente le città di Umea e Lulea. Definirle cittadine sarebbe svalutarle, perchè provviste di ogni servizio. Trovammo incantevole soprattutto UMEA, tanto da trascorrerci tre notti (:). Naturale come i gusti siano opinabili ma quella...pareva proprio l'icona del viver quotidiano medio di questo fortunato Paese. Ben soleggiata in un'estate già vivida di pomeriggio, con le notti ovviamente fresche ed, alfine, con un po' di luce naturale pure nel pieno dell'inverno inverno...elemento che, viceversa, nella più settentrionale Lulea si riduce su valori prossimi allo zero.
    Piuttosto anonima, Haparanda, sulla chiusura verso N del "Golfo" e sul confine finlandese di Kemi, costituiva d'altronde l'unica strada per Rovaniemi, porta S della Lapponia, oltre che "casa di Babbo Natale". La città, per se stessa, ci apparve piuttosto anonima così come pure, la differenza fra una più ricca ed evoluta Svezia, si colse non appena entrati in Finlandia. Il trionfo della natura, certo...ma ancora connotati da "terra di frontiera", quale era un po' stata sempre nel reale: con un piede in Russia ed uno all'Ovest...
    Certo, si apprezzavano già le prime notti bianche in senso assoluto del termine, con i lavori di manutenzione sul lungo ponte che traversa il Kemijakovi, tranquillamente condotti all'una e mezza di notte (!)
    Molte, fastidiose ed immuni ai repellenti...le zanzare: vero flagello dell'estate finlandese, ed anche intuibile perchè ad inizio giugno, verso N, il sottobosco è tutto una fanghiglia da poco sgelata, con la miriade di corsi d'acqua e laghi di contorno !

    Se ci eravamo sciroppati una Torino-Stoccolma NO-STOP, era indubbiamente per avere tempo, comparto dopo comparto...da vederlo con calma...anche oziando letteralmente. Poi, il cambiar notte in ogni città, di fatto costringe a muoversi sempre con i bagagli appresso; evidente, dunque, come il doppio o triplo pernottamento, lasci delle giornate totalmente libere. Per muoversi, ovviamente, anche a piedi.
    Mentre UMEA ne aveva valsa indubbiamente la pena e quasi altrettanto suggestiva trovammo Lulea, tre notti a Rovaniemi si mostrarono "buttate": in effetti, a differenza di quelle svedesi, le città medie o minori finlandesi...son più squallide di certi insediamenti del Mid West americano (vedi FARGO, tanto per citare un esempio!). Pare strano ma è così: in tal modo, passeggiammo come i classici turisti nel centro/casa di Babbo Natale, a pochi km a NE della città; demmo un'occhiata alla posizione dell'AP., su una una spianata rocciosa ad un'ottantina di metri sovrastante la stessa Rovaniemi (addio inversioni termiche...!), ci facemmo divorare dalle zanzare alle due di notte nell'isola pedonale sempre proposta in Webcam sul Forum, già traversata dai primi raggi solari, andammo sin a vedere il terminal ferroviario (900 km da Helsinki)...
    Sta di fatto che, l'impressione sulla tanto favoleggiata Rovaniemi non fu per nulla eccelsa. Succede!. Ed ora, potevamo scalpitare con un tigrotto già coperto di polvere e fango, ma sempre in piena forma, verso le nordiche distese pressoché spopolate che, da Rovaniemi adducono al grande Lago Inari e poi, attraverso il Finnmark, sino all'isola di Capo Nord. Non che fossimo già arrivati...visto che, a grandi spanne, mancavano quasi 800 chilometri...tutta natura, taiga che si fa tundra, branchi di renne in parte di allevamenti, in parte selvagge e, teoricamente, l'imponente alce.
    Dico teoricamente, perché riuscimmo a vederne da vicino solo un esemplare, sulla strada del ritorno nei pressi di Muonio. Enorme, regale: uno spettacolo.
    La strada era più che discreta ed, ormai verso la fine di giugno, si iniziava a trovare un trappico sempre più vivace di campers e motociclisti, in massima parte tedeschi, per i quali la meta di Capo Nord credo sia come il Monte Bianco per un discreto alpinista italo-francese (:)
    Ora l'ancor giovane...33enne doc...aveva il punto fermo di una sosta "concordata" di almeno un paio d'ore a Sodankyla ove sorge un vasto complesso di istituti di ricerca ed osservazione scientifico-meteorologica per il Nord, secondo solo a quello di Helsinki-Kaisaniemi. Avevo fatto telefonare sin dall'albergo di Rovaniemi, per non presentarmi magari invano oppure esser liquidato in fretta e furia. In capo ad un paio d'ore circa, vi arrivammo...un poco fuori dalla cittadina, fra aiuole verdissime all'inglese ed una foresta di conifere che andava facendosi bassa e rada...Cortesi e disponibili i tecnici e climatologi presenti sul posto, pur se "strappati" parzialmente all'ora di pranzo, assai precoce da quelle parti. Col tigrotto appesantito di qualche chilogrammo fra annali finlandesi e fotocopie, riprendemmo il tragitto verso Ivalo, non trascurando un peculiare pranzo in un ristorantino di legno, appollaiato fra fiume e lago. Un pescatore ben abbronzato se ne arrivò con tre salmoni di almeno tre/quattro chilogrammi l'uno: buona parte del nostro pasto fu attinto da lì, con le immancabili patate bollite nel cartoccio, con burro e panna. Eh, la Finlandia sarà tutto ciò che si vuole ma, non certo, il paradiso dell'eno-gastronomia! Mentre i boschi si diradavano sempre più, fra basse colline (i cosiddetti "tunturi", usati come piste di sci da discesa da novembre a maggio!), i laghi permanevano nel proprio inestricabile reticolo sino all'arrivo ad Ivalo, "metropoli" della Lapponia Centro-Settentrionale e dotata dell'AP. più a N del Paese. Vi eravamo atterrati quattro anni e mezzo prima, per il soggiorno invernale ad Inari nel febbraio 1989. Ora però, eravamo auto-muniti dunque, alla vista dell'indicazione verso E che segnalava "MURMANSK 306 km", non avemmo dubbi ed, il mattino seguente compimmo volentieri una digressione fin dove ci era consentito ovvero la sbarra del confine russo, ove vi fu una foto di gruppo con gli sbalorditi doganieri. Anche perché, essendo immatricolata nel novembre 1992, il tigrotto recava ancora la targa con la città indicata e, quel TO61591T, destava certamente più stupore di quanto non l'avesse fatto una delle diciture globalizzate di oggi. Furono solamente 40 km da Ivalo ma, la rotabile correva, avvolta da una finissima polvere giallastra che finì con l'avvolgere noi tutti, in un paesaggio nuovamente ricco di conifere e fragorosi gonfi torrenti per il disgelo appena ultimato. Incrociammo un fuoristrada proveniente dalla Russia; per il resto...il nulla. Lo stupendo nulla.
    Ritornati ad Ivalo, constatammo come l'auto, da color melanzana, fosse divenuta quasi...beige: in sintesi, si era più sporcata come di cipria in quegli 80 km, che nei precedenti quasi 4000 da Torino (!)

    Onde snellire necessariamente la narrazione, tre note da appuntare nei 420 km residui da Ivalo a Capo Nord: una sosta alla stazione meteorologica di Karasjok, ubicata nel giardino di un'arcigna norvegese che "bloccai" mentre usciva a fare la spesa. L'auto targata TO non la impressionò per nulla e, Santa Pazienza, dovetti pure rimproverarla bonariamente a gesti per il posizionamento non ottimale dei termometri a minima e massima e per il registro (che poi sarebbe finito ad Oslo...!), con tante correzioni e numeri cancellati. Questa non fu proprio entusiasta e chiuse bruscamente lo sportello della capannina, indicandomi la borsa della spesa. Noi ci avviammo lenti verso N e lei, svelta verso il centro, scuotendo il capo, coperto da una specie di cuffia. (:)
    Una trentina di chilometri prima dell'allora indispensabile traghetto per Honningsvaeg, la strada, già piuttosto stretta e gibbosa, talora contornata da tracce di neve residua, si inoltrava in un tunnel decisamente grezzo, lungo ben 2990 metri e non illuminato ove, nastri catarifrangenti, indicavano di procedere ben in centro ed, un po' come nella Scozia del 1984, c'erano ogni tanto delle piazzole d'incrocio con i mezzi che provenivano in senso contrario. Ci fosse stato il traffico agostano, ci sarebbe voluta un'ora tutta; ma non sarebbe bastato un semaforo ad accesso alternato? Cosa che, in effetti, trovammo nel giugno 2000...
    Il nostro sole di mezzanotte sul "Capo" fu nascosto da nubi, vento forte e nevischio e ce ne tornammo a nanna, rimandando alla sera successiva e lasciando una infinita teoria di campers e moto parcheggiate (di cui qualcuna, italiana) ma di auto ve n'eran poche e soprattutto tedesche. Viceversa, un pullman di giapponesi, giunto nello stesso nostro albergo alle 23 (!), restò su quel gelido promontorio, 310 metri a picco sull'Oceano, per ben due ore e mezza, attendendo miglior sorte e, cosa clamorosa...nessuno dormì lì. Perché, con un po' di trambusto da frettolosa colazione, nel livido chiarore delle 3.30, già il bus ripartiva (?!?)
    Detraendo la divagazione "terrosa" verso Murmansk, ed avendo seguìto la via più breve, la Torino-Capo Nord "staccava" un dato di 4340 km, che sarebbe stato lievemente maggiore al ritorno, scendendo da Hammerfest, Alta, Kautokeino e Muonio. La città dell'alce ai bordi della strada.


    Gianni S.

    Segue...


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    Capo Nord - Oltre: solo il mare...



    [Modificato da Gianni Sperone 06/04/2015 17:57]
  • Gianni Sperone
    00 06/04/2015 17:30
    15 - In giro per il mondo, vicino e lontano. Spunta la Mondeo...mah (??)

    Se il 1992 e 1993 avevano veduto una impennata nell'ambito dei viaggi, i suddetti seguitarono non inferiormente nel 1994, dopo aver iniziato l'anno in una Islanda che non mi convinse affatto. D'altronde si dice che, od essa piace molto...o non piace per nulla.
    Come spesso accadeva, fra maggio e giugno, "assaggiammo" per la prima volta il Sud America dell'Ecuador, viaggio nuovamente auto-pianificato, con l'unica prenotazione dei voli ed alcuni alberghi da parte dell'agenzia viaggi.
    Di per sé, uno dei più fascinosi ed emozionanti tours di tutta la serie, definì la mia prima chiusura di parentesi di vita privata e, la nuova compagna...donna adorabile, ancor oggi da rimpiangersi...pur avendo ella stessa una guida assai "sportiva", condizionò progressivamente un nuovo corso nella gamma delle autovetture possedute.
    Per intanto, il tigrotto, a metà 1995, aveva si e no due anni e mezzo di vita ed energie da vendere. Dunque, dopo una settimana a Mosca in gennaio che non lo vide coinvolto (magari era solo un test-freddo da parte del sottoscritto...!), ed una parentesi pasquale nell'amata Brixen, a metà giugno si ritornò...non proprio a Capo Nord ma "solamente" a Rovaniemi, per vederci bene la Finlandia ed utilizzando il noto traghetto notturno Stoccolma-Helsinki con un caldo soggiorno nella capitale finlandese che conoscevo solo d'inverno. Ciò costituì l'occasione per passare una mattinata all'Istituto di Meteorologia di Kaisaniemi ove riuscii ad acquistare tutti gli annali di climatologia del Paese dal 1940 al 1994 (mezzo baule del tigrotto occupato da scatoloni...!).
    Come nota davvero curiosa, debbo ricordare come essi (mai accaduto una cosa simile...!), mi vennero addebitati al prezzo di copertina. Come dire che, se le ultime annate, le pagai ad esempio fra 30.000 e 50.000 L, si scese...che so... a 2.000 per i numeri di vent'anni prima, sino a poche unità di Lire per gli anni dal 1940 al 1947. (!)



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    Helsinki - Scorcio del centro, affacciato sul Golfo di Finlandia;

    Già un'ottantina di Km verso ENE, in direzione di Lappeenraanta, la Finlandia si mostrò paesaggisticamente sin più bella di come celebrata dalle guide dedicate. D'altronde, sarebbe un errore immaginare un Paese piatto e monotono, perché esso è l'esatto contrario: ovvero un lievissimo ma continuo saliscendi. Al che, ciascun tratto di foresta e ciascun lago, finiscono con l'assumere forme, colorazioni e riflessi sempre differenti l'uno dall'altro. Si trattava piuttosto ( non sarà cambiato chissà quanto oggi...!) di un Paese quasi totalmente spopolato, come potrebbe essere la sponda N del Lago Superiore o le foreste a N di Québec City...E, questo eccesso di pionierismo...certo rendeva il tutto fascinoso...ma per una semplice vacanza. Non certo per un luogo da viverci come, ad esempio, mi parvero in più circostanze molte contrade svedesi, dalla Scania sino a metà Golfo di Botnia (:)
    Man mano si procedeva verso la Regione dei Mille Laghi, restando tuttavia quasi costantemente a breve distanza dal confine russo e dunque ad E di Kuopio, si ripresentava il problema delle zanzare. Se, nella Lapponia di Ivalo si poteva invocare, due anni prima, il disgelo ancora parzialmente in atto, qua il caldo era notevole...con punte pomeridiane di 24-25°C e nativi (o turisti) a nuotare nei laghi come nulla fosse. Il punto sta proprio nella gran massa d'acque dolci presenti sul territorio, con specchi lacustri alternate a foreste dove occorreva fare molta attenzione a passeggiarvi perchè, il verde del sottobosco, talora era solamente fragile copertura ad acquitrini od autentiche sabbie mobili. Dunque, a scenari da cartolina illustrata che si susseguivano ininterrottamente, si poneva come sgradevole contrappunto il fatto di dover tenere i finestrini ermeticamente chiusi e, persino, limitare le soste a quelle (modeste) strutture in legno che, provviste di zanzariere...consentivano uno spuntino o due passi senza ridursi ad un'unico pomfo rossastro...(:)
    Ciò nonostante, trovato una sorta di decente "villaggio turistico"...la recettività finnica era ancora lontana anni luce da quelle svedese (e norvegese), nei pressi del villaggio di Nurmes, vi restammo tre giorni, proprio per esplorare con calma l'area circostante: una Finlandia, direi "minore", con notevole influenza russa anche nella struttura delle abitazioni, tradizioni, lingua e caratteristiche somatiche della popolazione ivi residente. Indubbiamente, se esiste una differenza politico-amministrativa fra Carelia finlandese e russa, i tratti della realtà...non dovevano esser così molto differenti fra di loro (::).


    Di nuovo, realizzo di addentrarmi molto, forse troppo... in particolari di viaggio che mi trascinano in maniera quasi automatica con la loro narrazione perchè, in effetti, son ricordi ben riposti nei cassetti pur un po' consunti della mente.
    Poi, non si può mai sapere che accadrà nelle prossime settimane o nei prossimi anni...e tengo molto che, una sorta di documento, resti ben conservato sotto le sicure "ali" del Poggio-Forum
    (!)


    Un'altra regione interessante fu quella, più a N, di Kuusamo. Indubbiamente, il turismo estivo ed invernale era già avviato da un maggior numero di anni e, pur restando la natura...somma dea onnipresente...l'aspetto che si poteva cogliere, era di un maggior modernismo. Ben integrato con l'ambiente, certo. Una nota culinaria: come già accennato in occasione del viaggio al "Capo", certo...la Scandinavia non è il tempio gastronomico per eccellenza e, la Finlandia, siede sul gradino ancor più basso. Di fatto, se non piacesse il pesce d'acqua dolce (dalla trota al salmone, al luccio ecc...), resterebbe ben poco: patate al cartoccio con burro e panna, salse di funghi e spezzatino di renna, più qualche zuppa di verdura d'importazione e delle creme disgustose simili a quelle "pappe" di cereali all'inglese (:)
    La permanenza a Rovaniemi fu di sole due notti, vista la povertà di sostanza ma, stavolta, ci arrivammo passando da Salla. In effetti, mi aveva colpito il -50.4°, presunto registrato a gennaio 1985 nella frazione di Naruska, valore a tutt'oggi di incerta collocazione ufficiale sugli annali meteorologici finlandesi che preferiscono i più attendibili dati di Ivalo e Sodankyla (!)
    Rientrati in Alto-Adige con calma, discendendo dalla Svezia e sostando sia nella elegante Goteborg, che a Copenhagen e Lubecca, alla fin fine, avevamo percorso quasi 7500 km (vs. gli 8800 del "giro" a Capo Nord di due anni prima).

    L'inverno 1995-96 (come ben noto all'amico appenninico...!) fu piuttosto freddo e, soprattutto, nevoso. La questione riguardava anche il sottoscritto che, a quel tempo, abitava in una palazzina nell'idilliaco borgo di S. Giorio di Susa, a 430 m/slm. in zona piuttosto rigida ove la neve, giusto quel gennaio, costituiva per il "tigrotto" l'incubo di quasi ogni mattina. Gran macchina, sicuro, ma...sul fondo innevato, proprio non c'eravamo; era un periodo in cui, mi stava scemando anche la "voglia corsaiola" ed, inoltre, la 318, in tre anni e mezzo scarsi, aveva percorso 135.000 km circa. In primavera, dunque, mi lasciai allettare dalla prima (ed ultima...!) SW della mia vita al volante. Ricordo che, una concessionaria FORD mi valutò ancora 32 milioni il tigrotto e con 40 tondi, mi proponeva la MONDEO GHIA SW 2000, iperaccessoriata. Ritenendo di tenerla per un po' d'anni, mi tuffai in questo errore motorizzato che, pure non potrei, a tutt'oggi, definire auto malvagia.
    Ma, fu come passare...dalle Cime di Lavaredo al Penice (::)!
    Le prestazioni erano buone, con una potenza sui 120 HP ed il motore 2000 cc, la stabilità ottima nonostante la notevole lunghezza e la capacità di carico...assolutamente buona. Per due persone, poi...(!)
    Solo che, già appena seduto, non c'era più quella sensazione di guscio accogliente; per non parlare del motore che, al posto del sibilo possente del "Coupè" precedente, emetteva una specie di rantolo rombante...quasi fosse un anziano Diesel (dell'epoca, ovviamente).
    I consumi erano complessivamente contenuti, in salita c'era una discreta ripresa ed, in autostrada, i 160-170...si "tenevano" senza fatica alcuna. Certo, l'estetica era diversa ma, anche la mia vita andava assumendo un andamento più quieto, pur senza che i viaggi subissero alcun diradamento.
    L'amata Brixen seguitò ad essere meta natalizia e pasquale mentre, nel luglio 1997, via via precedendo di poco una serie di disastrose alluvioni che colpirono soprattutto la parte S del Paese, effettuammo il "giro" completo della Polonia, sino a Varsavia, Bialowietza, Suwalki e Danzica, con ritorno da Berlino e Norimberga. Si trattò di uno dei Paesi europei che più mi piacque, pur se, in precedenza...degli "assaggi" già c'eran stati. Bella gente, bell'atmosfera, ottima cucina, scorci/scenari di tutto rispetto e strade, quello sì, molto lente e già irte dei primi autovelox "old style".


    Gianni S.

    Segue...




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    La FORD Mondeo SW GHIA 2000 (1996-2000) - Soddisfatto a metà...




    [Modificato da Gianni Sperone 08/04/2015 08:34]
  • Gianni Sperone
    00 07/04/2015 13:53
    16 - Una compagna d'oro ed un'auto "taroccata"...

    A parte la MONDEO, che fu auto di medio calibro...forse pure più elevato non avessi assaporato prima le soddisfazioni BMW...era iniziata una fase della mia vita decisamente più consona alle mie aspettative. Salvo quelle lavorative!. Paradossalmente, per quanto...solo superficialmente inferiore alla frenesia della parentesi sino al 1994, ebbene...ricordo il periodo 1994-2003 come il più sereno e compiutamente appagante della mia vita. Una vita inquietantemente e disperatamente pseudo-dannunziana che, sfortunatamente, finiva col decorrere nell'Italia dell'imminente degrado. Non poteva, insomma, manco l'inizio dell'avventura berlusconiana...colmare l'insoddisfazione di chi, come il sottoscritto, aveva relegato nell'infimo pollaio pubblico delle AA.SS.LL. la propria professione di medico. Quella stessa professione che, il pur antagonista-padre....definì molti anni prima....una professione libera e creativa del sapere e dell'intuito talchè "non avrei più dovuto bollare il cartellino come, per 35 anni dovette far lui stesso".

    Toh, guarda caso, a tutt'oggi (04.2015), nella putrida italia renziana dell'oggi...possiedo anch'io un informe "badge" che "striscio il mattino e la sera sulla bollatrice all'ingresso ASL, già veduta in altra circostanza dall'amico dell'erto monte.
    Ma, non è che mi vergogni più di tanto di prestare servizio come medico per questo stato di m... [SM=g27816] ...quanto, la vera ignominia....attiene al sentirsi sotto-utilizzato, in un meccanismo dove le ruberie sono ancora palesi....nonostante l'italicissimo buonismo/ravvedimento di facciata...!
    Pur continuando a "macinare" una notevole aliquota di Km (sempre da 30.000 e 40.000 l'anno), per diporto ed anche lavoro, il tour polacco fu il penultimo sostanzioso effettuato in auto. Il 1999 fu in effetti l'anno della splendida Bolivia con "la strada della morte" e tutto il resto mentre, il 2001, iniziò con un "replay" di Inari ed Helsinki a febbraio (non in auto...!), per seguitare l'estate con un breve "giro" a Vienna e Praga, e concludersi a metà ottobre con una settimana a Chicago, culla del grattacielo, una delle metropoli che più mi colpì...dando la stura agli USA-Canada nei due anni successivi.
    Nel 2000, Michela era passata dalla POLO alla Megane coupè mentre, il sottoscritto, aveva sfiorato la "fregatura" solenne...con una splendida (perchè tenuta bene e tipicamente lustra da concessionario) BMW 525 xi, prodotta addirittura in Francia. La vettura era seducente, sia per la trazione integrale (ma, assai meno per i consumi!) che per la linea e la potenza (ca 190 HP). Essa aveva tre anni e la MONDEO quattro (con circa 150.000 chilometri). Mi tolsi quel "pallino" di una cilindrata a benzina elevata, con uno scatto davvero impressionante per quella mole ed una Vmax che superava di poco i 220 km/h. Tuttavia, dopo un centinaio (o due) di chilometri percorsi, la T dell'acqua saliva in maniera anomala come pure, il consumo d'olio era eccessivo ed, a farla breve, la testata del motore era "partita" già all'atto d'acquisto.

    Fortuna volle che, in quei giorni, mi contattasse telefonicamente l'acquirente della MONDEO, un poco perplesso dai soli 78.000 km che si era ritrovato sul tachimetro (in realtà erano 150-152.000!)...e fortuna volle pure che avessi trattenuto casualmente un libretto coi tagliandi effettuati sulla FORD in oggetto e relativo chilometraggio annotato e timbrato: già un anno prima, ne figuravano 116.000 (!).
    Il venditore rischiava una denuncia penale: non so come si regolò l'altro acquirente; il sottoscritto patteggiò di portare personalmente in officina BMW a Torino la 525, perchè essa fosse ripristinata totalmente, con fattura spedita poi alla concessionaria. Ed il conto, di cui ricevetti copia, fu molto "salato" perchè sfiorava i 10 milioni di Lire nella primavera 2000. Fatti loro: intanto, mi ritrovavo una macchina come nuova che, i più definivano un "barcone" ma, lo starci dentro con quegli imponenti braccioli da pullman era di una comodità grandiosa ed il baule...non faceva molto rimpiangere la Mondeo SW (!)
    In teoria, sarebbe stata questa la cosiddetta "ammiraglia" delle auto possedute, ma l'amammo subito nettamente di meno del puma e del tigrotto, sia perchè...alfine...era un'auto usata. E, soprattutto, perchè avevamo sfiorato il "bidone". Dunque, come rappresaglia...la 525 non venne neppure battezzata pur, ripeto, avendo elargito ampie soddisfazioni (anche ai benzinai...!)
    Verso il 20 giugno del 2000, io e la mia dolcissima compagna, ci avviamo dunque ad una Torino-Capo Nord bis. Uno scenario così intenso non poteva mancare neanche a lei...pur se ero un po' lo zimbello di qualche amico che mi tacciava del far viaggi in fotocopia. E, parzialmente, era pur vero!
    Il solito Gran S. Bernardo, Berna, Basilea e l'ingresso in Germania quando annottava: rispetto al "tigrotto", la 525 era un po' più "pesante" da guidare ma, con la trazione integrale permanente, assolutamente stabile anche a 190-200 km all'ora. Pur se, su qualche tratto, anche sulle autostrade tedesche, iniziavano a comparire i limiti di velocità, oppure le indicazioni di velocità "consigliata"...si viaggiava ancora bene sulla corsia di sorpasso per lunghe tratte consecutive sino proprio a quando mi piombava a ridosso una "cugina" di cilindrata doppia o cose del genere (!).
    Al di là di qualche "tiratina" ai 220 all'ora...che sul 525 era velocità meno impegnativa da mantenere rispetto al tigrotto (beh, insomma, si parla pur sempre di 3-4 km ... traffico pesante sulla destra ce n'era parecchio (!), ce la prendemmo più comoda rispetto a sette anni prima, con una sosta a Brema per una colazione piuttosto ricca ed un'occhiata alla città...che presentava notevoli spunti d'interesse. Ovvio come, se ci si inizia a fermare...non si arriva più....! Pertanto, anzichè la 24 ore no-stop sin oltre Stoccolma, ci fermammo ben prima, in un romantico albergo di Flensburg, ultima città tedesca nei pressi del confine danese.
    Il mattino seguente, senza levataccia alcuna, al passo "consentito"...cioè lento ma...valeva pur la pena guardarsi d'attorno, traversammo l'intera Danimarca da S a N, imbarcandoci per Goteborg nei pressi di Skagen e trascorrendo dunque la seconda notte nella seconda città svedese per grandezza e popolazione, ove si era passati nel 1995 piuttosto di fretta tornando da Rovaniemi. La tratta successiva, sino a Stoccolma e Gaevle, mi era già nota ma ci portammo ancora un poco più a Nord in direzione di Umea mentre, stavolta, fu a Lulea che effettuammo un triplo pernottamento sempre nella confortevole catena degli SCANDIC Hotels.
    Accademicamente sostammo una notte pure a Rovaniemi...perchè altro non c'era nella zona ma, non vedevo l'ora di andare a "ripescare" quella megera di Karasjok che...sette anni prima...mi aveva quasi cacciato di casa. E, sul desolato altipiano roccioso del Finnmark di Karasjok, ci arrivammo il giorno successivo: la villetta con la "capannina" meteo ricordavo non era distante dalla chiesa...per cui non fu difficile reperirla. Stavolta, scendemmo di macchina entrambi: l'arpia era in casa che trafficava attraverso le vetrate del salotto. Suonammo e, lì per lì, non mi riconobbe: chiedemmo una serie di cose in inglese di cui, in un qualche modo, doveva intuire almeno il senso e le indicai la capannina con soddisfazione, che pure era stata ridipinta. Ecco: aveva realizzato...trattavasi proprio di quel rompiscatole che, da 4000 km di distanza, ritornava da lei. Ma, stavolta, fummo entrambi meno arcigni. Lei, forse rabbonita dalla rassicurante presenza della mia compagna, si trovava a maggior agio. Anche perchè, con la totale automatizzazione dei sensori (pur in capannina), ella non aveva più l'onere della compilazione e tenuta dei registri pertanto, a cenni ed abbozzando un sorriso, mi aprì lo sportello della gabbia meteorica con l'aria sorniona di chi, ormai, non ne ha più la minima responsabilità. In effetti, per almeno cinque volte durante il breve colloquio, mi ripetè il termine "OSLO", indicando contemporaneamente il Sud. L'ultima tratta verso Capo Nord, con una compagnia decisamente più tenera ed avvolgente, vide due importanti migliorìe: il già menzionato tunnel buio di quasi tre chilometri con catarifrangenti e piazzole tipo "passing places", ora era regolato da un sensato semaforo a traffico alterno. Inoltre, il traghetto per Honningsvaeg era caduto in disgrazia a favore di un nuovissimo tunnel sottomarino che, abbreviando il tutto di un'ora almeno, in un attimo scodellava moto, auto e campers sull'Isola di Capo Nord...a questo punto...nemmeno più così isola. Il profitto peggiore dovette trarlo proprio la cittadina di Honningsvaeg che, ora, veniva letteralmente "bypassata" dal tunnel...salvo che proprio, il viaggiatore, vi compisse la deviazione per voler usufruire dei servizi ancora presenti. Sempre intrisa di fascino dirompente, l'ascesa al "Capo", fra praterie verdissime e pendii improvvisamente innevati. Il piazzale a fine-corsa era rimasto identico, con asfalto polveroso da mille mezzi motorizzati (e due o tre cicli!), giunti da tutta Europa: era solo (e di molto!), aumentato il pedaggio per accedere all'edificio che incombeva sullo strapiombo nel mare. Poco lustro alla Norvegia turistica, direi...stante anche la modesta qualità dei servizi erogati (:). Stavolta verso le 23, il cielo era poco nuvoloso con 7°C ed il classico teso vento da N.
    Ci accontentammo di una passeggiata anche d'attorno sullo scosceso promontorio, con nidiate di corvi e gabbiani che stridevano senza sosta. Questa II volta al "Capo", lievemente più lunga col transito Skagen-Goteborg rispetto al 1993, segnò 4410 km da Torino. Nulla da dire sul ritorno, salvo qualche sgroppata in più richiesta al "525" che si sorbì 2400 km di filato, da Umea all'amata Brixen in circa 24 ore. Questa fu l'ultima leggendaria impresa del doc a quattroruote ma, una vettura pur meno familiare e coccolata...venne stra-compensata da una Michela Superstar (!)


    Gianni S.

    Segue...


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    La pseudo-ammiraglia della mia serie su quattroruote: una "525 XI" del 1997, costruita in Francia (!?) per giunta...Acquistata nel 2000, la tenni sino al 2004. Molte soddisfazioni ed...un mutuo per mantenerla (::)
    Modello e colore, coincidono a puntino con l'immagine Web di repertorio ma...un'auto usata di tre anni...come posso dire...manca pur sempre di quel profumo novello, che ti avvolge non appena ti metti al posto di guida (!)



    [Modificato da Gianni Sperone 09/04/2015 17:02]
  • Gianni Sperone
    00 08/04/2015 15:31
    17 - Un mare sempre più inquieto....anzi...torbido ed infido...come una palude infestata di serpi....


    Con il viaggio a Capo Nord dell'estate 2000, i succitati "giretti" del 2001 ed i pregnanti ed esaurienti tours nel Mid-West nordamericano del 2002 e 2003 (che peraltro non coinvolsero l'assetata "fiera" bavarese....!), può considerarsi conclusa la mia auto-story.

    Semplicemente perchè, a parte una risplendente e fulgida gemma di Blagojevgrad che non potrò dimenticare...e sempre sarà al mio fianco...,campassi cent'anni o cento giorni ancora, le successive persone che accompagnarono le successive vetture (o viceversa...!), furono sempre troppo lontane da uno standard almeno dignitoso per il sottoscritto, sì da poter essere menzionate in questo amabile ed assolutamente rispettabile "salotto buono" del Poggio-Forum.
    Salvo, pochi quanto ottimi amici. Ma questa è un'altra storia...!

    Intorno al 2012, realizzai di aver percorso circa un milione di chilometri dal 1978 in poi...esclusi quelli su vetture di servizio (circa 250.000). Che, alfine, in 34 anni di patente...farebbero quasi 37.000 km/anno, circa...in media. Trattasi di un dato di notevole attendibilità...nel plausibile intorno/margine dei 100.000 km in più od in meno. Ma. questo elemento, nell'ambito globale di un siffatto frammento pure altamente realistico e significativo di vita vissuta, riveste un peso del tutto marginale: giusto...il suddetto, rappresenta uno di quei valori numerico-statistici, tanto cari al dal sottoscritto sin dall'età più infantile (:).

    Mi auguro, soprattutto, di non aver troppo annoiato i lettori/utenti/amici dello stesso Forum, che avranno avuto la costanza/curiosità/pazienza/resistenza/interesse di giungere sino a questo punto.
    Ed, allo stesso modo, avendo profuso nella presente narrazione tutto l'impegno entro quel limite massimo che non mi recasse, viceversa, insostenibile angoscia, angustia o sofferenza...vorrei vivere ancora...per restare con tutti voi e con me stesso. Ma, la sfera del destino, non è così facilmente indagabile e, forse, ciò costituisce la nostra fortuna (::)
    Non a caso, da almeno quattro anni, mi vergogno di essere italiano!




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    Il Volga a Kazan - 26.05.1992;


    Potrete, in qualsiasi caso, ricordare il vecchio doc...così.... Quando, a 32 brillanti quanto onesti anni di età, il mondo pareva in grado di schiudere aspettative, ottimismo e strade variegate e sicure da percorrere e, non già, le fetide nefandezze di questo inizio di III Millennio...!

    Oggi, seguo un risicato e solitario sentiero ove, nemmeno il Signore....ma solo la Buonanima del Duce...può giungere a guidare, in parte, il mio incerto passo...
    Ho ancora una pratica da sbrigare il giorno 14 p.v. ove, l'obiettivo unico ed ineludibile è: VINCERE.

    Perchè sia reso un pur pallido onore alla giustizia terrena,
    Per il riconoscimento della giustezza delle cose in se stesse,
    Per il semplice accertamento della verità. Se voluto, ovviamente...!

    E, contro ogni più recondita connivenza/collusione di parte, che insozzerebbe ancor di più l'esercizio della giustizia di per sè, oppure, avverso una ben più banale presa di posizione togata non super-partes (::). Di qualsiasi matrice, e da qualsiasi fonte più o meno legale...essa possa esprimersi come tale.

    Infine, Un abbraccio forte e vivido, che resti sempre scolpito in tutti voi, come nel granito delle parole che, forse, un destino peculiare...non mi consente ancora, a tutt'oggi, di esprimere in maniera tanto esaustiva quanto inattaccabile. (?!).


    Gianni Sperone



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    Con le ali dell'eterna libertà...(!)



    [Modificato da Gianni Sperone 16/04/2015 15:35]