LO ZEN, una via del cuore

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Britannicus
00lunedì 21 agosto 2006 19:55
L'uomo e la tigre


Un uomo che camminava per un campo si imbatté in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto a un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l'orlo. La tigre lo fiutava dall'alto. Tremando, l'uomo guardò giù, dove, in fondo all'abisso, un'altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topini, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L'uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l'altra spiccò la fragola. Com'era dolce!


Commento: Questo aneddoto illustra la saggezza e l'essenza dello Zen: la capacità di vivere qui ed ora, di cogliere l'attimo fuggente.
Tra le opposte esigenze, tra l'essere e il nulla, tra la vita e la morte, rifiutando tanto lo sconforto quanto l'esaltazione, il saggio sa gustare la dolcezza di un semplice frutto, di un semplice istante.
Meditare è immergersi nel presente, lasciando perdere sia i ricordi sia le preoccupazioni per il futuro. Anche se ci troviamo sull'orlo di un precipizio, questo momento è tutto il nostro tempo. Solo la nostra mente, con le sue previsioni e le sue anticipazioni, ce lo può distruggere.




[Modificato da Britannicus 23/08/2006 22.19]

Britannicus
00lunedì 21 agosto 2006 19:57
Storia Zen



Gli insegnanti di Zen abituano i loro giovani allievi a esprimersi. Due templi Zen avevano ciascuno un bambino che era il prediletto tra tutti. Ogni mattina uno di questi bambini, andando a comprare le verdure, incontrava l’altro per la strada. "Dove vai?" domandò il primo. "Vado dove vanno i miei piedi" rispose l’altro. Questa risposta lasciò confuso il primo bambino, che andò a chiedere aiuto al suo maestro. "Quando domattina incontrerai quel bambino" gli disse l’insegnante "fagli la stessa domanda. Lui ti darà la stessa risposta, e allora tu domandagli: "Fa’ conto di non avere i piedi: dove vai, in quel caso?". Questo lo sistemerà. La mattina dopo i bambini si incontrarono di nuovo. "Dove vai?" domandò il primo bambino. "Vado dove soffia il vento" rispose l’altro.Anche stavolta il piccolo rimase sconcertato, e andò a raccontare al maestro la propria sconfitta. "E tu domandagli dove va se non c’è vento" gli consigliò il maestro. Il giorno dopo i ragazzi si incontrarono per la terza volta. "Dove vai ?" domandò il primo bambino. "Vado al mercato a comprare le verdure" rispose l’altro.





Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:05
Il desiderio



Una volta, due monaci, Tanzan e Ekido, stavano attraversando un torrente quando scorsero una bella ragazza in kimono e sciarpa di seta che cercava, senza riuscirci di fare altrettanto. Tanzan, senza pensarci, la prese in braccio e la portò dall'altra parte.
Ekido non disse nulla finché quella sera non ebbero raggiunto un tempio dove passare la notte.
Allora non poté più trattenersi. "Noi monaci non avviciniamo le donne" disse a Tanzan " e meno che meno quelle giovani e carine. È pericoloso. Perché l'hai fatto?". Lo rimproverò.
"Io quella ragazza l'ho lasciata laggiù sulla riva" disse Tanzan. "Tu invece la stai ancora portando con te?".


Commento: L'insegnamento zen punta alla sostanza dei problemi: che senso ha, per esempio, fare un voto di castità quando si arde dal desiderio? È solo un andare contro natura.
Il problema non è desiderio o non-desiderio, sesso o castità: il problema è di essere se stesso.
Chi si reprime, non può realizzarsi.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:09
Il burrone



Un monaco si lamentò con il suo maestro perché non riusciva a raggiungere il satori.
"La colpa è tua" gli rispose il maestro.
"In che cosa sbaglio? Che cosa mi manca?" domandò l'allievo.
"Vieni con me, e te lo mostrerò."
Il maestro chiamò un altro discepolo, che era cieco, e tutt'e tre si recarono sulla montagna, in un punto in cui uno stretto tronco era stato gettato su un burrone.
"Attraversa!" disse il maestro al primo monaco.
Il poveretto guardò il fondo del burrone, il debole tronco e rispose: "Non posso: ho paura".
Allora il maestro si rivolse al discepolo cieco e gli diede lo stesso ordine.
Il monaco attraversò senza esitare il burrone.
"Hai capito?" domandò il maestro al primo monaco.


Commento: È sempre la paura il sentimento che si oppone al nostro risveglio: la paura di essere autonomi, la paura dell'ignoto, la paura di perdere il proprio ego, la paura della responsabilità. Eppure, per colmare il divario, per raggiungere l'altra riva, è necessario affrontare l'abisso; e questo non può essere fatto se non si eliminano i mille timori che ci accompagnano nell'attraversamento. Il coraggio è indispensabile sulla Via della liberazione, come, d'altronde, in tutte le imprese fondamentali della vita. Come recitano dei versi di Wu-men, si tratta di "Camminare sul filo d'una lama, correre sulla cresta del ghiaccio, non preoccuparsi della scala, lasciare il sostegno sul precipizio."


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:11
Le catene


Un giorno al maestro Seng-ts'an si presentò un giovane che dichiarò: "Vengo da te perché cerco la liberazione".
"Chi ti ha incatenato?" gli domandò il maestro.
"Nessuno."
"Allora, sei già libero."


Commento: In realtà, ciò che incatena gli uomini è proprio la loro coscienza di non essere liberi. Una volta eliminato questo ostacolo, che cosa continuerà a condizionarci? "Se vuoi, sei libero" dice in tal senso Epitteto.
Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:16
La partita a scacchi



Un giovane si presentò ad un maestro zen e gli dichiarò: "Vorrei raggiungere la liberazione dalla sofferenza promessa dal Buddha. Ma non sono capace di lunghi sforzi e non sono in grado di meditare. Esiste una via che posso seguire?"
"Che cosa sai fare?" gli domandò il maestro. "Niente."
"Ma c'è qualcosa che ti piace fare?"
"Giocare a scacchi."
Il maestro fece portare una scacchiera e una spada. Poi chiamò un giovane monaco e disse: "Chi di voi due vincerà questa partita a scacchi raggiungerà la liberazione. Chi perderà sarà ucciso con questa spada. Accettate?
I due giovani acconsentirono e incominciarono a giocare. Sapendo che era una questione di vita o di morte, si concentrarono come non avevano mai fatto. A un certo punto il primo giovane si trovò in vantaggio e pensò che la vittoria era sicura. Guardò il suo avversario e si accorse che il maestro aveva sollevato la spada sulla sua testa. Allora ne ebbe compassione e compì un errore deliberato. Ora era lui che stava per perdere. Vide che il maestro aveva spostato la spada sulla sua testa... e chiuse gli occhi.
La spada si abbatté sulla scacchiera. "Non c'è né vincitore nè vinto" proclamò il maestro "e quindi non taglierò la testa a nessuno".
Poi aggiunse rivolto al primo giovane: "Due sole cose sono necessarie: la concentrazione e la compassione. E tu le hai sperimentate entrambe. Questa è la via che cerchi".


Commento: La Via è dunque aperta a tutti. Per percorrerla non sono necessarie doti straordinarie: tutti sappiamo concentrarci quando una cosa ci piace o quando è questione di vita o di morte; e tutti possiamo provare un attimo di compassione.




Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:25
Senza parole



Un sacerdote incontrò un giorno un maestro zen e, volendo metterlo in imbarazzo, gli domandò: "Senza parole e senza silenzio, sai dirmi che cos'è la realtà?"
Il maestro gli diede un pugno in faccia.


Commento: Non si tratta di un atto di aggressione, ma della risposta che il sacerdote aveva chiesto. quando, escludendo il linguaggio verbale e anche quello del silenzio, la realtà è affidata ai fatti. Quel pugno aveva dato all'interlocutore il (senso vivo e diretto) delle cose. Tutti abbiamo bisogno di ricevere ogni tanto uno scossone. Non sempre i risvegli sono piacevoli. Accettiamo quelli più dolorosi come tentativi traumatici della vita di destarci dal sonno. E, se vogliamo evitare o attutire questi traumi, invece di aspettare con paura i colpi della sorte, viviamo con consapevolezza. La consapevolezza ci permette di essere all'altezza delle situazioni, di essere presenti. Ed è la Via del risveglio.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:35
Le autorità



"Se volete scoprire la verità, quando incontrate sulla vostra strada il Buddha, uccidete il Buddha."
(Lin-chi)

Commento: Questo pensiero riguarda tutti i maestri e tutte le autorità. Se fino a un certo punto possono essere utili per indicarci la Via, da quel punto in poi rappresentano un ostacolo. E dobbiamo farne a meno. La méta è costituita proprio dalla liberazione, e non può essere raggiunta finché restiamo attaccati a qualche guida. Anche i "liberatori", alla fine, devono essere messi da parte. Altrimenti, come dice lo Zen, saremo soltanto "una misera impronta di una misera impronta". Pur nel rispetto delle grandi guide spirituali, dobbiamo "ucciderle" psicologicamente dentro di noi se vogliamo crescere. Non c'è altra via per maturare. Esaminiamo interiormente quale sia l'influsso attuale dei genitori, di educatori, di maestri e di guide varie, e domandiamoci se siamo in grado di procedere senza di loro, con le nostre gambe. Avremo così una valutazione del nostro grado di emancipazione. Non saremo mai noi stessi finché dipenderemo dagli altri per le nostre scelte fondamentali.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:37
Lo Zen


Un monaco domandò al maestro Nan-ch'uan: "Che cos'è lo Zen?"
"È la vita di tutti i giorni."
"E come ci si avvicina ad esso?"
"Più cerchi di avvicinarti, più te ne allontani."


Commento: Non c'è bisogno di cercare il sacro nei templi e nelle scritture; il divino si esprime nelle cose semplici e quotidiane. E qui sta anche il senso, la verità, dell'esistenza. Siamo quindi tanto più vicini alla Via, al Tao o a Dio, quanto più viviamo esperienze essenziali, naturali. E tanto più ce ne allontaniamo, quanto più introduciamo elementi artificiali, mentali. Anche lo sforzo deliberato, l'intenzione calcolata, ci impedisce di raggiungere l'obiettivo, frappone un ostacolo che ci preclude di essere spontanei. "che cos'è lo Zen?" fu chiesto a Pai-chang. E lui rispose: "Mangia quando hai fame, dormi quando hai sonno". Anziché ricercare sempre nuovi stimoli, riconsideriamo i fatti essenziali della vita alla luce di questa nuova consapevolezza.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:40
La ciotola



Un novizio, appena entrato nel monastero, domandò al maestro Chao-chou: "Ti prego, spiegami che cosa devo fare per raggiungere l'illuminazione".
"Hai mangiato la tua zuppa?"
"Si."
"Allora, lava la ciotola."


Commento: Il monaco credeva di dover compiere chissà quali grandi sforzi, chissà quali straordinarie imprese. E invece doveva compiere qualcosa di comunissimo... benché con piena consapevolezza.
Esercitiamoci a svolgere azioni e compiti ordinari - che di solito compiamo meccanicamente, distrattamente - concentrandoci soltanto su di essi. Se mangiamo, siamo consapevoli del mangiare; se camminiamo, siamo consapevoli dei movimenti; se parliamo, siamo consapevoli del parlare; se laviamo i piatti, siamo consapevoli di lavare i piatti, e cosi via..
L'esercizio più semplice consiste nell'essere consapevoli - per cinque minuti, dieci minuti o quanto si vuole - del respiro; è un modo per rientrare in contatto con la natura e con le sue esigenze; è un modo per diventare consapevoli di sé. come tutte le funzioni fondamentali della nostra vita, il respiro va avanti da solo, si auto-regola e non ha bisogno di un atto di volontà. Nello stesso tempo, risente dei nostri stati d'animo.
"Ciò" che respira non è né la nostra volontà né la nostra mente; è il nostro essere più profondo.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:42
Inferno e paradiso


Un soldato che si chiamava Nobushige andò da Hakuin e gli domandò: " C'è davvero un paradiso e un inferno?".
" Chi sei? " volle sapere Hakuin.
"Sono un samurai" rispose il guerriero.
" Tu un soldato! " rispose Hakuin. " Quale governante ti vorrebbe come sua guardia? Hai una faccia da accattone!".
Nobushige montò così in collera che fece per snudare la spada, ma Hakuin continuò: "Sicché hai una spada! Come niente la tua arma è troppo smussata per tagliarmi la testa".
Mentre Nobushige snudava la spada, Hakuin osservò: "Qui si aprono le porte dell'inferno! ".
A queste parole il samurai, comprendendo l'insegnamento del maestro, rimise la spada nel fodero e fece un inchino.
"Ora si aprono le porte dei paradiso" disse Hakuin.


Commento: Inferno e paradiso sono condizioni psicologiche, e, in ogni momento, noi possiamo passare dall'uno all'altro. È la nostra coscienza che fa la differenza: ecco perché è così importante la "cura" o la "coltivazione" della mente. Scrive Milton: "La mente può trasformare l'inferno in un paradiso, e il paradiso in un inferno". E la mistica irachena Rabi'a [sec. VIII] dice: "Sufi è colui che non desidera il paradiso e non teme l'inferno". Quando ci troviamo in una di queste due condizioni estreme, (rendiamoci conto) di quale ruolo vi svolga la mente, e realizziamo ciò che esiste al di là di essa. Lì è la verità.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:45
Nelle mani del destino



Un grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo di quello avversario. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi.
Durante la marcia si fermò a fin tempio shintoista e disse ai suoi uomini: " Dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino".
Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà.
" Nessuno può cambiare il destino" disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la battaglia.
" No davvero " disse Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt'e due le facce.


Commento: Non possiamo cambiare certi aspetti del destino, ma, per quanto riguarda le nostre scelte e il nostro impegno, tutto dipende da noi. È vero che i condizionamenti ci sono stati per lo più instillati dagli altri, ma è anche vero che, da un certo punto in avanti, da quando cioé ne diventiamo consapevoli, saremo noi a decidere come affrontarli, se accettarli o liberarcene. In meditazione si fa affidamento sulla propria forza interiore (jiriki). È ad essa che si fa appello per risolvere i problemi.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:54
Una buona stagione


"Centinaia di fiori in primavera, la luna in autunno, la brezza fresca d'estate, la neve in inverno.
Se non occupi la tua mente in inutili cose, ogni stagione è per te una buona stagione".

(Wu-men)


Commento: un inno alla natura, a quell'alternarsi delle stagioni che è simbolo ed espressione dell'eterno fluire delle cose. Il massimo della saggezza non consiste nell'ammassare tesori, nel lasciare segni di sé o nel perseguire conquiste e primati, ma nel mantenersi in armonia con questi ritmi, svuotando la mente da futili pensieri e preoccupazioni. Solo così ogni stagione sarà una buona stagione.


Britannicus
00mercoledì 23 agosto 2006 22:55
Il bue assetato


"Si può portare il bue assetato al fiume, ma, se non sarà lui a bere, morirà."

(Detto Zen)


Commento: Si può aiutare qualcuno ad avvicinarsi alla verità (e questa è la funzione dell'insegnamento), ma alla fine, sarà lui che dovrà dissetarsi personalmente. Nessuno potrà essere al posto suo.


Britannicus
00sabato 2 settembre 2006 14:48
Una poesia dzog chen di Longchen Rabjam (1308-1363)


Sappi che lo stato di pura e totale presenza
è una vasta distesa priva di centro e di confini.
È ovunque lo stesso, senza accettazione e senza rifiuto.

Integra la natura della mente ed i suoi schemi abituali nella non dualità.
Poiché gli enti, siano essi soggettivamente concepiti o direttamente esperiti,
sono presenti come ornamenti dello stato del proprio essere,
non accettarli né rifiutarli.

E poiché non sono divisi in sé e altro da sé, gli oggetti che appaiono,
presenti spontaneamente, sono il dispiegarsi della pura esperienza.

Ascolta: questa maestosa consapevolezza che liberamente si trasforma,
dispiega la struttura integrata che ha centro
nella realtà intrinseca della forma.

Tutto ciò che esiste ed appare si dispiega nello spazio della realtà non
nata. In questa realtà intrinseca non v'è nulla da accettare
e nulla da rigettare.
Tutto ciò che esiste è manifestato da me, supremo principio ordinante.

Ascolta: questo maestro dei maestri, la maestosa intelligenza creativa,
dispiega la struttura integrata che ha centro nella realtà intrinseca della comunicazione.
Ogni cosa esista e sia designata si manifesta come comunicazione linguistica
che sorge dal campo non nato
e si raccoglie in questa ineffabile realtà intrinseca della comunicazione,
sinfonia del supremo principio ordinante.

Ascolta: questo maestro dei maestri, la maestosa creatività,
dispiega la struttura integrata che ha centro nella realtà intrinseca della consapevolezza.
Sappi che qualunque cosa sia pensata o agita
è la sostanza dello stesso principio ordinante mai nato.

I reami della forma, della comunicazione, e della consapevolezza dell'intelligenza creativa
sono le strutture integrate della realtà,
che naturalmente si manifestano.

Colui che comprende che la realtà di queste strutture integrate
è completa in ogni singolo momento senza che sia stata predisposta,
ha compreso il significato corale della realtà intrinseca, spontaneamente perfetta.

Quindi, poiché tutto ciò che si presenta come forma, suono e pensiero,
fin da quando essi sono apparsi nel tempo, è esistito come queste strutture integrate non nate,
fin dall'inizio vivi questa grande naturale non dualità
senza incedere in alcuna analisi concettuale.

Realizzando che gli esseri ed i mondi sono queste strutture integrate,
le affermazioni, le negazioni, gli antidoti e le acquisizioni
saranno definitivamente liberi ed al loro posto.






Britannicus
00sabato 2 settembre 2006 20:16
Il maestro può solo additare la via (Christmas Humphreys)


C. Humphreys fu uno dei più importanti esponenti occidentali del buddhismo e in particolar modo del buddhismo zen in Europa, nel XX secolo. Scrisse anche diverse poesie.



"Maestro, sono triste e malato.
Insegnami quel che devo sapere".

"Figlio mio non c'è nulla da insegnare,
Né al di sopra, né al di sotto".

"Maestro, io soffro. Sii la mia guida;
Certo la Via è sgombra.
Mostrami i gradini che devo salire
Per giungere alla libertà, ora e qui".

"Figlio mio, se non posso fare di meno
Tuttavia non posso fare di più.
Infatti ognuno troverà da solo il fiume
E arriverà all'altra sponda.
I gradini sono molti. Primo, guardare
Per vedere le cose come sono
Accettando ciascuna come è veramente,
Una goccia di rugiada o una stella,
Quindi sapere che tutto è di tutto,
Del cielo, della terra o dell'inferno.
Tutto il bene è male, il male bene,
E tutto, figlio mio, è buono!".

"Camminare senza sosta è arduo:
Più arduo ancora è incominciare!".

"Col cuore e con la mente sforzati tuttavia
Di raggiungere la visione interiore.
Il sé che tu ami è solo una nebbia,
Trasudata dalla mente
Per offuscare la compassione del cuore
Per tutta la vita e tutta l'umanità.
Il Sè, la luce senza nome,
È lo specchio della Vacuità.
È, l'abbiamo e non l'abbiamo,
Corrotto e incorrotto.
E ora andiamo avanti. Io non guido.
Viaggiamo a fianco a fianco
Finché il cuore sarà l'amore stesso,
E l'amore stesso sarà morto".

"Maestro, il tuo dito indica la Via;
La tua saggezza è mia amica.
Ma quando finirà il viaggio lungo e faticoso?".

"Figlio mio, non c'è fine".




Britannicus
00sabato 2 settembre 2006 20:19
Come andare al tempio del Tao (K. Satchidanandan)


K. Satchidanandan è uno dei poeti indiani contemporanei più importanti, nato nel 1946 nello stato del Kerala.


Non chiudere la porta.
Va' leggero
come una foglia che trasvola dentro
la valle dell'aurora.
Sei troppo bello?
Copriti di cenere.
Sei troppo accorto?
Vai coi sensi ottusi.
Niente passi veloci:
la stanchezza
raggiunge presto chi si muove in fretta.
Vai
adagio
avanza lento
come la calma.
Perdi ogni forma
come fossi acqua.
Sta basso, non provare a innalzarti
e non girare in cerchio intorno al dio:
nel nulla non ci sono direzioni
né un avanti né un dietro.
Non chiamarlo per nome:
se c'è un nome
non puoi esprimerlo con una parola.
Offerte? Non portarle:
un recipiente
quand'è vuoto rimane senza peso
ma diventa assai grave quando è pieno.
Preghiere?
No, nessuna:
qui non c'è spazio per i desideri.
Devi parlare?
Fallo col silenzio
che è il discorso fra gli alberi e le rocce
tra le foglie e i fiori:
tacere è la più dolce delle voci
e il Nulla è fatto
dei colori più splendenti.
Che nessuno ti veda all'arrivare
nessuno alla partenza.
Oltrepassa la soglia come stretto
fra te e te stesso,
al modo di chi guada
un fiume, quando è inverno.
Dentro ti è concesso
solo un secondo,
il tempo che ha la neve
per sciogliersi nel sole.
Nessun orgoglio:
sei soltanto un'ombra.
Non sdegnarti:
nemmeno
un granello di polvere
risponde al tuo comando.
Nessun lamento: non cambierà niente.
Rinuncia alla grandezza:
questa è la sola via d'essere grande.
Queste tue mani, non usarle mai
non pensano ad amore ma a violenza.
Lascia che il pesce nuoti dentro l'acqua,
lascia che il frutto penda dal suo ramo.
Vive più a lungo il mite e non il duro
come la lingua sopravvive ai denti.
Soltanto chi non compie alcuna azione
può fare tutto.
Avanti!
Te
adesso
attende quell'immagine
che mai ha trovato forma.




sissy66
00martedì 5 settembre 2006 23:31
Lo Zen...a volte quando rileggo certe "novelle" ho due pensieri diametralmente opposti. Uno è "Quale saggezza in questa filosofia di vita" l'altro è "ma questi sono matti!!! è un pensiero da incoscienti"
Come mai questa doppia pensata?
Britannicus
00martedì 5 settembre 2006 23:34
Re:

Scritto da: sissy66 05/09/2006 23.31
Lo Zen...a volte quando rileggo certe "novelle" ho due pensieri diametralmente opposti. Uno è "Quale saggezza in questa filosofia di vita" l'altro è "ma questi sono matti!!! è un pensiero da incoscienti"
Come mai questa doppia pensata?





...no! non sono matti,è soltanto un'altra prospettiva di vedere la realtà,i problemi...
una prospettiva migliore e senz'altro più saggia...
sissy66
00mercoledì 6 settembre 2006 09:56
sissy66
00mercoledì 6 settembre 2006 09:58
Coloro che dello Zen sono i migliori allievi
ulisse.54
00sabato 9 settembre 2006 18:50
Re: Re:

Scritto da: Britannicus 05/09/2006 23.34




...no! non sono matti,è soltanto un'altra prospettiva di vedere la realtà,i problemi...
una prospettiva migliore e senz'altro più saggia...



[SM=g27833] [SM=g27827]:
Britannicus
00sabato 9 settembre 2006 19:03
Re: Re: Re:

Scritto da: ulisse.54 09/09/2006 18.50


[SM=g27833] [SM=g27827]:




...già...ma non alla portata di tutti... [SM=g27828]
ulisse.54
00sabato 9 settembre 2006 19:09
[SM=g27833] .....


sissy66
00domenica 10 settembre 2006 18:39
Cos'è che ti diverte Ulisse? :sis1:
Britannicus
00giovedì 14 settembre 2006 22:57
Tempo di morire


Ikkyu, il maestro Zen, era molto intelligente anche da bambino. Il suo insegnante aveva una preziosa tazza da tè, un oggetto antico e raro. Sfortunatamente Ikkyu ruppe questa tazza e ne fu molto imbarazzato. Sentendo i passi dell'insegnante, nascose i cocci della tazza dietro la schiena. Quando comparve il maestro, Ikkyu gli domandò: "Perché la gente deve morire?".
"Questo è naturale" spiegò il vecchio. "Ogni cosa deve morire e deve vivere per il tempo che le è destinato."
Ikkyu, mostrando la tazza rotta, disse: "Per la tua tazza era venuto il tempo di morire".


Britannicus
00giovedì 14 settembre 2006 22:59
Il vero sentiero


Subito prima che Ninakawa morisse, gli fece visita il maestro di Zen Ikkyu. "Devo farti da guida?" domandò Ikkyu.
Ninakawa rispose: "Sono venuto qui da solo e da solo me ne vado. Che aiuto potresti darmi?"
Ikkyu rispose: "Se credi veramente che vieni e che vai, questo è il tuo errore. Lascia che ti mostri il sentiero dove non si viene e non si va".
Con queste parole Ikkyu aveva rivelato il sentiero con tanta chiarezza che Ninakawa sorrise e spirò.


sissy66
00venerdì 15 settembre 2006 09:30
Re: Il vero sentiero

Scritto da: Britannicus 14/09/2006 22.59


Subito prima che Ninakawa morisse, gli fece visita il maestro di Zen Ikkyu. "Devo farti da guida?" domandò Ikkyu.
Ninakawa rispose: "Sono venuto qui da solo e da solo me ne vado. Che aiuto potresti darmi?"
Ikkyu rispose: "Se credi veramente che vieni e che vai, questo è il tuo errore. Lascia che ti mostri il sentiero dove non si viene e non si va".
Con queste parole Ikkyu aveva rivelato il sentiero con tanta chiarezza che Ninakawa sorrise e spirò.


:mar3:


Britannicus
00venerdì 15 settembre 2006 22:42
Le ultime volontà e il testamento


Ikkyu, un famoso maestro Zen dell’era Ashikaga, era figlio dell’imperatore. Quando era molto giovane, sua madre lasciò il palazzo e andò a studiare lo Zen in un tempio. Così anche il principe Ikkyu diventò studente. Quando sua madre morì, gli lasciò una lettera. Diceva così:

“A Ikkyu:
Io ho finito il mio compito in questa vita e ora sto per tornare nell’Eternità. Voglio che tu divenga un bravo studente e che realizzi la tua natura-Buddha. Saprai sempre se sono all’inferno e anche se sono sempre con te oppure no.
Se diventi un uomo capace di comprendere che il Buddha e il suo seguace Bodhidharma sono tuoi servi, puoi smettere di studiare e puoi lavorare per l’umanità. Il Buddha ha predicato per quarantanove anni e in tutto quel tempo non ha ritenuto necessario dire una sola parola. Tu dovresti sapere perché.
Ma se non lo sai, e tuttavia desideri saperlo, evita di pensare inutilmente.

Tua madre,
Non nata, non morta.
Il primo settembre

P.S. L’insegnamento di Buddha aveva soprattutto lo scopo di illuminare gli altri. Se tu ti fai condizionare dall’uno e dall’altro dei vari metodi, non sei che un insetto ignorante. Ci sono 80.000 libri sul Buddhismo, e se tu li leggessi tutti e continuassi a non vedere la tua natura, non capirai nemmeno questa lettera. Questa è la mia ultima volontà e il mio testamento”.


Britannicus
00venerdì 15 settembre 2006 22:56
UNA TAZZA DI TE'


Nan-in, un maestro giapponese dell'èra Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.

Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. «E' ricolma. Non ce n'entra più!».
«Come questa tazza,» disse Nan-in «tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?».




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