Caro Angelo,
Infatti, stesso problema per staurós. Quando assunse il valore traslato di croce? Dopo il NT o addirittura molto prima? In che senso lo usa un Polibio, a contatto con gli usi romani ove la croce è già ipotizzabile? Ma prego non rispondermi ora su ciò, se no mettiamo troppa carne al fuoco
Giusto per fare un po' di ordine: la TNM non basa la traduzione di stauros
solo sulla dialettica sincronia/diacronia, ma è chiaro che per i traduttori l'uso traslato di stauros come "croce" (inteso come forma geometrica) in base alle fonti disponibili è ritenuto
successivo al I secolo, lo stesso Polibio non mi pare che faccia riferimento ad una forma ben precisa.
In generale convengo con te, ma il fatto è che qui non si tratta di «taluni casi», ma di 237. Quindi un intervento sistematico con carattere aleatorio e, mi sembra, arbitrario
Non capisco cosa intendi per "intervento sistematico", dato che la TNM non traduce sistematicamente
kurios con "Geova" né lo fa arbitrariamente, ma solo in base a criteri filologici palesati con chiarezza nell'introduzione.
Quello che condivido con esse è comunque l’idea generale di una sostituzione aprioristica e filologicamente poco felice
Dipende dai punti di vista, se accettiamo l'importanza di fornire al lettore una lettura sincronica del testo la scelta non è affatto
aprioristica né filologicamente
poco felice, perché è proprio la filologia che ci insegna che nel I secolo
kurios era usato come
qeré del tetragramma e dunque rendendo in qual modo si rende un servizio al testo, quello che interessa ai testimoni di Geova.
È però vero che se noi accettiamo queste 237 sostituzioni in traduzione, dovremmo anche immaginarci e presupporre una edizione critica in cui dovremmo sistematicamente sostituire nel testo greco kúrios col tetragramma
Perdonami, ma mi pare che tu non abbia capito il senso dell'operazione: anche se il testo critico contiene la parola
kurios il traduttore vuole fornire al lettore il senso che quella parola aveva per il lettore del I secolo, che sapeva che quel
kurios in quella posizione non aveva il significato di "signoria" ma indicava il
qerè di YHWH, e dunque con quello noi lo rendiamo.
Magari qualcuno l’ha fatto, ma mi sembra un’impostazione assurda. Nel caso, mi piacerebbe sapere che giustificazione ne ha dato
Il senso è molto chiaro: la convinzione che il NT sia un documento ebraico. Possiamo essere più o meno d'accordo, ma si tratta comunque di una scelta coerente con la storia e l'origine del testo, quello che resta da vedere è quanto il traduttore sia coerente con questo presupposto.
Al riguardo, le mie perplessità vertono sul solo piano terminologico, per cui non condivido, fuori dell’ambito linguistico, chi dice che per coerenza dovreste chiamarvi testimoni di Jahvè o simili
Come spiegato per noi la questione della pronuncia, stante che non conosciamo quella corretta, è indifferente, potremmo benissimo chiamarci testimoni di Jahvè senza che questo cambi alcunché. Abbiamo adottato "Geova" solo per coerenza, dato che tutti gli altri nomi ebraici sono regolarmente italianizzati secondo la forma storicamente più conosciuta.
Shalom
[Modificato da barnabino 30/08/2011 22:13]
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Sijmadicandhapajiee, gente per cui le arti stan nei musei - Paolo Conte
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