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Osservazioni sulla TNM di Angelo Fregnani

Ultimo Aggiornamento: 10/09/2011 18:03
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31/08/2011 23:58
 
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Caro Nik,


Tu pensi che nel tempo possa essere nata un sorta di ambiguità nei Cristiani tra la Figura del "Signore Dio" e quella del "Signore Cristo", dovuta proprio alla "omonimia" presente nei testi?



Al contrario, io credo che l'incipiente divinizzazione di Cristo sia stata una delle concause (non la sola né la principale, invero) che hanno portato al progressivo abbandono del tetragramma negli scritti cristiani.

Ma, ripeto, questo è piuttosto indifferente da un punto di vista filologico, se vuoi ragionare su questi aspetti magari apri un 3d a parte

Shalom

[Modificato da barnabino 31/08/2011 23:59]
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FORUM TESTIMONI DI GEOVA
01/09/2011 21:50
 
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Ciao, mi spiace non poter dedicare a questo forum l’attenzione che vorrei, ma come già detto in questo momento ho poco tempo, e ieri sera ho preferito dedicarlo ad alcuni aggiornamenti del mio sito, ivi compresa una rivisitazione della mia pagina sullo stauros, ove ho tolto alcuni apprezzamenti meno propri, in favore di un dettato meno polemico. Un po’ d’ironia è rimasta, ma mi sembra meno “sensibile”, e d’altro canto eliminarla completamente significherebbe dover snaturare e riscrivere il tutto, cosa che rimando a quando avrò conoscenza diretta, a tacer d’altro, del libro del Samuelsson.
I colloqui di questi giorni hanno lasciato un segno, e mi rendo conto, meglio di ieri, della complessità del problema. D’altronde il mio punto di vista è a-religioso, per cui argomenti accettabili sul piano teologico non lo sono altrettanto in una logica laica, non subordinata a un orientamento fideistico, qualunque esso sia. Da questo lato non nego il mio interesse su certe posizioni dei TdG anticattoliche (es. in rapporto al dogma trinitario, al Purgatorio, alla verginità di Maria ecc.), anche perché mi rendo conto di essere comunque intriso da idee ortodosse, che non è facile abbandonare perché si ha comunque sempre diffidenza per il nuovo. Riguardo ciò ho molto apprezzato l’intervento di Barnabino:


Sulla traduzione di stauros abbiamo già detto qualcosa altrove in questa sezione, ti posso solo dire che capisco le tue perplessità, la TNM d'altronde si rende perfettamente conto che questa scelta traduttiva ha anche un forte valore "iconoclastico", andando a toccare un termine che nei secoli è diventato il simbolo stesso del cristianesimo...



Il dubbio è se questa scelta, e ciò potrebbe valere in più di un caso, obbedisca a una sincera spinta interpretativa o non piuttosto, in origine, a un motivo polemico, o meglio, di “originalità” un po’ forzata. Intendiamoci, non sto insinuando niente, tant’è che nella mia pagina web di ciò non ho parlato, tanto più che le mie generiche e sintetiche osservazioni sulla traduzione erano solo un preludio al motivo dello stauros. Ciò non toglie che, in siti a voi ostili, ho letto pesanti critiche al riguardo (es. motivi di propaganda del Rutheford ecc.), su cui, fuori di ogni polemica da parte mia, mi piacerebbe conoscere la vostra posizione, ovviamente se questa è la sede adatta.

Ora però vorrei finalmente rispondere alla domanda di Aquila-58, che nella presentazione aveva chiesto:


Domanda. E' filologicamente corretto tradurre il verbo greco stauroo con crocifiggere, nel I secolo? Ergo, Pilato, che conosceva bene le usanze giudee e la loro legge, avrebbe detto ai giudei "crocifiggetelo voi"?
Certo, non avrebbe potuto dirgli neppure "mettetelo al palo voi", perchè i giudei appendevano allo xylon i cadaveri, ma questa non è una ragione in più per mantenere, filologicamente parlando, nel I secolo, il significato asciutto del verbo greco stauroo (che non è crocifiggere)?



Bella questione, che meriterebbe un’analisi e non una sintesi, ma qui ho già scritto anche troppo. Il punto è che giochiamo sul senso stretto e traslato di stauroo ( e di crucifigo). Quindi Pilato poteva indifferentemente usare stauroo per dire ‘alla croce’ o crucifigo per dire ‘al palo’: Gesù finiva comunque appeso e inchiodato. Ciò non ci aiuta minimamente né in un senso né nell’altro. Saluti a tutti.
[Modificato da Quixote68 01/09/2011 22:18]
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01/09/2011 22:52
 
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Re:
Bentornato Quixote,

Quixote68, 01.09.2011 21:50:

Ciao, mi spiace non poter dedicare a questo forum l’attenzione che vorrei, ma come già detto in questo momento ho poco tempo,



Mal comune mezzo gaudio... [SM=g27987]

Quixote:

...e ieri sera ho preferito dedicarlo ad alcuni aggiornamenti del mio sito, ivi compresa una rivisitazione della mia pagina sullo stauros, ove ho tolto alcuni apprezzamenti meno propri, in favore di un dettato meno polemico. Un po’ d’ironia è rimasta, ma mi sembra meno “sensibile”, e d’altro canto eliminarla completamente significherebbe dover snaturare e riscrivere il tutto, cosa che rimando a quando avrò conoscenza diretta, a tacer d’altro, del libro del Samuelsson.



L'ironia è spesso piacevole, quando non è cattiva, cosa magari facile quando si tratta di pali...
Comunque il "libro" del Samuelsson non è un vero e proprio libro ma è "solo" la pubblicazione della sua tesi di dottorato, cioè un testo per specialisti. Per quello che posso vedere è molto ben strutturato e scritto, tant'è che nonostante quasi tutti i dizionari, lessici, esperti, linguisti, storici, sostenitori e simpatizzanti, in piu' o meno buona fede, siano praticamente allineati al (pur poco credibile) dettato vaticano, finora questo studio ha ricevuto solo critiche e sbeffeggiamenti totalmente gratuiti e, soprattutto, privi di qualunque valore scientifico.

Quixote:

I colloqui di questi giorni hanno lasciato un segno, e mi rendo conto, meglio di ieri, della complessità del problema. D’altronde il mio punto di vista è a-religioso, per cui argomenti accettabili sul piano teologico non lo sono altrettanto in una logica laica, non subordinata a un orientamento fideistico, qualunque esso sia. Da questo lato non nego il mio interesse su certe posizioni dei TdG anticattoliche (es. in rapporto al dogma trinitario, al Purgatorio, alla verginità di Maria ecc.), anche perché mi rendo conto di essere comunque intriso da idee ortodosse, che non è facile abbandonare perché si ha comunque sempre diffidenza per il nuovo.



Purtroppo per quanto ci si sforzi, in Italia si resta sempre un po' cattolici. Anche i comunistacci rossi piu' bestemmiatori, alla fin fine finisce che sposano la figlia in chiesa!
Sul palo poi, per restare in tema, a nostro riguardo c'è molta disinformazione, sapientemente propagata dal marketing vaticano. Noi tdG non facciamo, nè abbiamo mai fatto, alcun uso dello strumento di tortura di Gesu' nella nostra adorazione. Ci mancherebbe. Semplicemente diciamo che il mercimonio e la propagazione ogni dove di croci, crocine, crocette, santini con la croce, rosari con la croce, simboli di ogni tipo purche ricordino quella forma, usati e abusati per parte cattolica, niente hanno a che vedere con la semplice e lineare narrazione che troviamo nel NT. Fullstop. Non è lecito affermare che Gesu' venne "crocefisso" su uno strumento a forma di "croce" perché né il racconto (o meglio i racconti), né le testimonianze dei primissimi anni successivi ai fatti permettono di fare questo tipo di affermazioni. In mancanza d'altro, ci si limita ai termini e alla narrazione disponibile.

Quixote:

Riguardo ciò ho molto apprezzato l’intervento di Barnabino:

Barnabino:

Sulla traduzione di stauros abbiamo già detto qualcosa altrove in questa sezione, ti posso solo dire che capisco le tue perplessità, la TNM d'altronde si rende perfettamente conto che questa scelta traduttiva ha anche un forte valore "iconoclastico", andando a toccare un termine che nei secoli è diventato il simbolo stesso del cristianesimo...




devo dire che il valore iconoclastico è solo parziale e forse anche non proprio intenzionale.
Come ho già argomentato in altri 3D, è la chiesa vaticana che deve difendere gli incassi che si fanno dalle vendite di croci, crocette e crocine fatte con i materiali piu' preziosi e costosi. E' la chiesa vaticana che deve difendere i negozi dei souvenirs in cui i "fedeli" lasciano il loro stipendio. Noi tdG non incassiamo un centesimo, né da pali né da croci.

Quixote:

Il dubbio è se questa scelta, e ciò potrebbe valere in più di un caso, obbedisca a una sincera spinta interpretativa o non piuttosto, in origine, a un motivo polemico, o meglio, di “originalità” un po’ forzata. Intendiamoci, non sto insinuando niente, tant’è che nella mia pagina web di ciò non ho parlato, tanto più che le mie generiche e sintetiche osservazioni sulla traduzione erano solo un preludio al motivo dello stauros. Ciò non toglie che, in siti a voi ostili, ho letto pesanti critiche al riguardo (es. motivi di propaganda del Rutheford ecc.), su cui, fuori di ogni polemica da parte mia, mi piacerebbe conoscere la vostra posizione, ovviamente se questa è la sede adatta.



Posso immaginare a quali siti ti riferisci, e sono quelli che preferiscono dibattere dei tdG americani piuttosto che di quelli italiani, di avvenimenti passati da un secolo e con influenza pratica uguale a zero, piuttosto che della realtà dei nostri giorni.

Come ho già scritto sopra, né Rutherford né alcun altro tdG ha mai incassato un centesimo dalla vendita di oggetti paliformi, santini col palo, rosari con tanto di appendice paliforme.
Proseguo e spiego brevemente il motivo storico-filologico.

Quixote:

Ora però vorrei finalmente rispondere alla domanda di Aquila-58, che nella presentazione aveva chiesto:

Aquila:

Domanda. E' filologicamente corretto tradurre il verbo greco stauroo con crocifiggere, nel I secolo? Ergo, Pilato, che conosceva bene le usanze giudee e la loro legge, avrebbe detto ai giudei "crocifiggetelo voi"?
Certo, non avrebbe potuto dirgli neppure "mettetelo al palo voi", perchè i giudei appendevano allo xylon i cadaveri, ma questa non è una ragione in più per mantenere, filologicamente parlando, nel I secolo, il significato asciutto del verbo greco stauroo (che non è crocifiggere)?



Bella questione, che meriterebbe un’analisi e non una sintesi, ma qui ho già scritto anche troppo. Il punto è che giochiamo sul senso stretto e traslato di stauroo ( e di crucifigo). Quindi Pilato poteva indifferentemente usare stauroo per dire ‘alla croce’ o crucifigo per dire ‘al palo’: Gesù finiva comunque appeso e inchiodato. Ciò non ci aiuta minimamente né in un senso né nell’altro. Saluti a tutti.



Ovviamente Pilato poteva dire e intendere come gli pareva, ma se riferisce le sue parole alle abitudini ebree, ebbene, non troviamo traccia di crocefissioni nella storia di quel popolo. Nemmeno una.

Ovviamente poi il racconto non si conclude con le parole di Pilato, prosegue descrivendo in parte la flagellazione la via che, nota bene, viene chiamata "crucis".

Fermo immagine. Perché "crucis"?

Guardati in giro, ripensa alle scene propagate a iosa dal sapiente marketing vaticano e cattolico romano: vedi croci dappertutto! Addirittura il papa, alla sua età, si porta in giro la "croce" in mondovisione, scosso e scossa dal parkinson, ma resta una croce!

Ma cosa ha trasportato Gesu'?
Ebbene qui non c'è discordia, nemmeno tra gli studiosi piu' cattolici e piu' vaticani di questo mondo (escluso le categorie di simpatizzanti e di fans con ben noti secondi fini), la questione è chiara: Gesu' porto' in giro un semplice palo, una trave, un singolo pezzo di legno. Troverai solo qualche scalmanato che si azzarda a sostentere che porto' in giro una croce intera, perché era troppo pesante.

Voglio dire, Quixote, cominci a capire qualcosa? [SM=g10765]

Simon
01/09/2011 23:07
 
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Caro Angelo,


Il dubbio è se questa scelta, e ciò potrebbe valere in più di un caso, obbedisca a una sincera spinta interpretativa o non piuttosto, in origine, a un motivo polemico, o meglio, di “originalità” un po’ forzata



Anche qui posso capire la tua perplessità, perché certamente è innegabilmente quando una traduzione della Bibbia rompe con la tradizione precedente può destare una certa polemica, anche se non era nell'intenzione dell'autore: la Vulgata venne accolta con sospetto, la Bibbia di Lutero tacciata di eresia, così come la Diodati, polemiche ha suscitato anche versione di Chouraqui.

Insomma, ogni volta che si rompe con la tradizione, e qui abbiamo una tradizione secolare, è inevitabile percepire una certa vena polemica. Ora, per quanto ne sappia la TNM non aveva intenti polemici, ma è altrettanto ovvio che lo scopo dei traduttori era quello di rendere una traduzione il più possibile aderente al senso primitivo del testo, ripulendolo di tutti quei termini che, nel corso dei secoli, hanno perso il loro significato specifico per caricarsi di significati teologici e perfino tecnici estranei a quelli che poteva percepire un ipotetico lettore del I secolo.

Dunque se da un punto di vista filologico gli argomenti per la traduzione di stauros possono non essere definitivi né per rendere con "palo di supplizio" né per rendere "croce", da un punto di vista della logica traduttiva che guida l'opera a me pare che la TNM compia un'operazione ineccepibile: la parola italiana "croce" (al di là di indicare una forma specifica che nel I secolo non faceva parte del campo semantico di stauros) nel corso dei secoli si è caricata di significati teologici, politici e simboli completamente estranei al quello che aveva stauros nel I secolo. Oggi la parola "croce" difficilmente evoca orrore e ribrezzo, o è associata con una pena di morte terribile e umiliante, semmai la croce è quel simbolo vincente che si è imposto da Costantino in poi. La TNM usando "palo di tortura" vuole ad un tempo onorare la filologia ad al tempo stesso la verità del testo, riconsegnando allo "stauros" il suo senso primitivo di nuda sofferenza, ben lontano da quello oggi evocato dalla parola italiana "croce".


Intendiamoci, non sto insinuando niente, tant’è che nella mia pagina web di ciò non ho parlato, tanto più che le mie generiche e sintetiche osservazioni sulla traduzione erano solo un preludio al motivo dello stauros



Non devi giustificarti, le tue osservazioni non sono affatto irragionevoli, semplicemente (IMHO) trascuravano alcuni aspetti importanti.


Ciò non toglie che, in siti a voi ostili, ho letto pesanti critiche al riguardo (es. motivi di propaganda del Rutheford ecc.), su cui, fuori di ogni polemica da parte mia, mi piacerebbe conoscere la vostra posizione, ovviamente se questa è la sede adatta



Vedi, a mio avviso in quei siti spesso, nella vis polemica, si fa un po' di confusione tra quello che è l'aspetto teologico (cioè l'opposizione dei TdG a qualunque uso cultuale delle immagini, compreso il crocifisso, al di là di ogni forma che avesse) e quello più prettamente filologico e traduttivo.

Se poi parliamo addirittura delle posizioni di Rutherford (ma la NWT è un progetto successivo) queste andrebbero anche correttamente storicizzate, la sua opera ha avuto un senso, certo, egli è andato una direzione che è ancora quella odierna, ma molte delle posizione di Rutherford oggi non sarebbero più accoglibili dai testimoni di Geova moderni, né i toni possono essere gli stessi, come d'altronde dagli anni 30 sono cambiati anche i toni delle chiese cattoliche e protestanti. Ma questo è decisamente un altro discorso...

Shalom
[Modificato da barnabino 02/09/2011 00:39]
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02/09/2011 00:01
 
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Re: Re:
(SimonLeBon), 9/1/2011 10:52 PM:

Bentornato Quixote,



Ciao Simon, lieto di sentirti, rispondo brevemente perché è tardi.


Comunque il "libro" del Samuelsson non è un vero e proprio libro ma è "solo" la pubblicazione della sua tesi di dottorato, cioè un testo per specialisti. Per quello che posso vedere è molto ben strutturato e scritto



Per quelle due pagine che ho letto sul vostro forum, e sul suo sito, ove è anche l’indice, ne ho avuto la stessa impressione. Poi, la tesi può essere discutibile; ma mi sembra comunque uno scritto ben impostato.


Purtroppo per quanto ci si sforzi, in Italia si resta sempre un po' cattolici. Anche i comunistacci rossi piu' bestemmiatori, alla fin fine finisce che sposano la figlia in chiesa!



Dillo a me che ho sposato “la nipote del prete” (però non in chiesa, ma ci sono andato vicino…).


Sul palo poi, per restare in tema, a nostro riguardo c'è molta disinformazione, sapientemente propagata dal marketing vaticano.



D’accordo, tanto vero che l’unica pagina extra Leopardi che ho trapiantato dal mio vecchio sito leopardiano nel nuovo verte sul come la Chiesa utilizzi il 5 x 1000.


Ovviamente Pilato poteva dire e intendere come gli pareva, ma se riferisce le sue parole alle abitudini ebree, ebbene, non troviamo traccia di crocefissioni nella storia di quel popolo. Nemmeno una.



Non bisogna però dimenticare che Pilato applicava la legge romana, non quella ebraica. Ma effettivamente ci sono due punti che mi lasciano perplesso: la flagellazione prima della “via crucis” e non sul posto dell’esecuzione, e il fatto che Gesù non venga lasciato agli avvoltoi, ma venga deposto in ossequio alle tradizioni ebraiche prima del nuovo giorno.


Ma cosa ha trasportato Gesu'?
Ebbene qui non c'è discordia […] Gesu' porto' in giro un semplice palo, una trave, un singolo pezzo di legno.



Questo ho scritto anch’io.


Voglio dire, Quixote, cominci a capire qualcosa?



Qualcosa, in generale, avevo già capito, almeno credo. Ma si può sempre migliorare. Ciao!





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02/09/2011 19:11
 
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Re:
Caro Angelo,

Quixote68, 01/09/2011 21.50:


Ora però vorrei finalmente rispondere alla domanda di Aquila-58, che nella presentazione aveva chiesto:


Domanda. E' filologicamente corretto tradurre il verbo greco stauroo con crocifiggere, nel I secolo? Ergo, Pilato, che conosceva bene le usanze giudee e la loro legge, avrebbe detto ai giudei "crocifiggetelo voi"?
Certo, non avrebbe potuto dirgli neppure "mettetelo al palo voi", perchè i giudei appendevano allo xylon i cadaveri, ma questa non è una ragione in più per mantenere, filologicamente parlando, nel I secolo, il significato asciutto del verbo greco stauroo (che non è crocifiggere)?



Bella questione, che meriterebbe un’analisi e non una sintesi, ma qui ho già scritto anche troppo. Il punto è che giochiamo sul senso stretto e traslato di stauroo ( e di crucifigo). Quindi Pilato poteva indifferentemente usare stauroo per dire ‘alla croce’ o crucifigo per dire ‘al palo’: Gesù finiva comunque appeso e inchiodato. Ciò non ci aiuta minimamente né in un senso né nell’altro. Saluti a tutti.



Grazie Angelo per la tua estrema gentilezza.
La mia domanda, come ricorderai, era la seguente: “E' filologicamente corretto tradurre il verbo stauroo con “crocifiggere” nel I secolo? Cioè a dire, Pilato avrebbe mai potuto esortare i giudei a “crocifiggere” Gesù? “:

Labete auton humeis kai staurosate”, recita il testo greco. Possiamo intenderlo come fa la CEI: (Gv. 19:6) “Prendetelo voi e crocifiggetelo”?

Ora, in una traduzione è giusto rendere una parola nel senso che questa aveva (poteva avere) all' epoca della descrizione dell' episodio, cioè nel I secolo.
Dato che nei vangeli non troviamo alcuna indicazione seria sulla forma dello stauros, e dato che non esistono, nel I secolo, testimonianze :
a) che attestino che il significato del sostantivo stauros fosse legato a una forma particolare (una crux simplex, una crux decussata, una crux commissa o una crux immissa....);
b) che attestino che, sempre nel I secolo, il condannato venisse inchiodato al patibulum, che portava fino al luogo del supplizio, e poi appeso allo stipes,

alla luce di ciò, io sono del modesto parere che dobbiamo lasciare il significato asciutto del sostantivo stauros (piolo,palo) e del relativo verbo stauroo (mettere al palo).
Pilato, come ben sappiamo, non avrebbe potuto dire, ai giudei, né “crocifiggetelo voi” né “mettetelo voi al palo di tortura o di supplizio” che dir si voglia, perchè nessuno dei due era il modus operandi di esecuzione capitale dei giudei.
L' esecuzione capitale dei giudei, come ben sappiamo, consisteva nella lapidazione: poi, eventualmente, a volte, i cadaveri venivano appesi allo xylon (Deuteronomio 21:22-23 ; Giosuè 10:26).

Tu giustamente dici in altra risposta che "Pilato applicava la legge romana", ma il fatto è che non abbiamo alcuna attestazione che la prassi romana, nel I secolo, consistesse nell' essere inchiodati a un patibulum e, successivamente, appesi allo stipes.
Tu stesso riconosci, in altra risposta, che “il fatto che “Gesù non venga lasciato agli avvoltoi, ma venga deposto in ossequio alle tradizioni ebraiche prima del nuovo giorno” ti lascia perplesso.

Infatti, potrebbe essere questo un punto importante: Pilato, dicendo, in Gv. 19:6, “Labete auton humeis kai staurosate”, letteralmente “Prendetelo e mettetelo voi allo stauros”, forse intese solamente rimettere loro l' esecuzione capitale di Gesù......lavandosene le mani e i piedi della faccenda...... In Gv. 19:7 i giudei dicono di avere una Legge, e che sulla base di quella Legge Gesù doveva morire “per essersi fatto Figlio di Dio”.
Se, per ipotesi, Pilato avesse dato l' avallo finale all' operazione, i giudei avrebbero preso Gesù, lo avrebbero lapidato come un bestemmiatore (il IV Vangelo ci racconta di svariati tentativi dei giudei di lapidare Gesù per bestemmia, come sai...) e sicuramente appeso allo xylona futura memoria” e a mò di umiliazione.....
La frase di Pilato di Gv. 19:6 può soltanto voler dire: "insomma, signori cari, a costui pensateci voi, magari giudicatendolo in base alla vostra legge" (Gv. 18:31)..... è solo un' ipotesi, ma direi non da scartare.
Può insomma significare una forma di rispetto nei confronti della tradizione ebraica, come tu stesso hai specificato. Non per nulla il pur sadico Pilato, nonostante tutto, acconsentì a Giuseppe di Arimatea e a Nicodemo di togliere il cadavere dallo stauros e di prepararlo per la sepoltura, come da tradizione giudaica (Gv. 19:38-40)....

Cosa più importante, a mio modestissimo parere, è che tutto ciò può costituire una ragione in più per lasciare al sostantivo stauros e al verbo stauroo il significato che quelle parole potevano avere nel I secolo, considerando che “croce”, come la intendiamo noi oggi (una crux immissa), quasi certamente non faceva parte del “campo”  di significato del sostantivo stauros nel I secolo.
Grazie, Angelo.



[Modificato da Aquila-58 02/09/2011 19:20]
02/09/2011 23:40
 
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Può forse essere d'aiuto? [SM=g27995]

1) SE NON VEDO NELLE SUE MANI SEGNO DEI CHIODI (singolo chiodo per ciascuna mano) e non metto il mio dito nel SEGNO DEI CHIODI e non metto la mia mano nel suo fianco, certamente non crederò”. Giovanni 20 24-25 Traduzione de Nuovo Mondo delle Sacre Scritture


2) In Matteo 27 37 è scritto: «Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "Questi è Gesù, il re dei Giudei"». Se Cristo fosse stato appeso ad un palo forse si sarebbe detto "al di sopra delle sue mani".

Pace.
[Modificato da DIEGO.1966 02/09/2011 23:43]
02/09/2011 23:59
 
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Re:
DIEGO.1966, 02/09/2011 23.40:

Può forse essere d'aiuto? [SM=g27995]

1) SE NON VEDO NELLE SUE MANI SEGNO DEI CHIODI (singolo chiodo per ciascuna mano) e non metto il mio dito nel SEGNO DEI CHIODI e non metto la mia mano nel suo fianco, certamente non crederò”. Giovanni 20 24-25 Traduzione de Nuovo Mondo delle Sacre Scritture



E con ciò cosa vorresti dimostrare?

Ma il fatto stesso che la Bibbia in Giovanni 20:25 faccia dire a Tommaso "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi" (plurale) non dimostra che le mani erano sul legno trasversale e quindi su una croce? Se fosse stato su un palo non avrebbe detto "il segno del chiodo"?
Non c'è modo di sapere come le mani di Gesù furono inchiodate al palo. Nulla nega che potessero esserlo con un chiodo per mano e con le mani parallele a se stesse. Infatti, questo poteva voler dire un chiodo per ciascuna mano poste una accanto all'altra.
Inoltre, Tommaso poteva riferirsi ai chiodi sottintendendo anche quello per i piedi e poi, volendo toccare la ferita, si riferisse solo alle mani. Dato che Tommaso non aveva la più pallida idea che per quelle parole a-vrebbero creato dei problemi di interpretazione, non ritenne necessario di essere più specifico.
In merito un'enciclopedia fa questo commento: "Si sono spesi molto tempo e molte fatiche nel dibattere se venissero usati tre o quattro chiodi per appendere il Signore. Nonno di Panopoli, e in questo è seguito da Gre-gorio Nazianzeno, afferma che ne vennero usati solo tre. Più generalmente si crede che i chiodi fossero quattro, opinione sostenuta da Curtius con molti particolari e curiose argomentazioni. Altri hanno fatto salire il numero dei chiodi fino a quattordici.". (Cyclopædia of Biblical, Theological, and Ecclesiastical Literature, di McClintock e Strong, Grand Rapids 1887 Volume II, pagina 580)
La Torre di Guardia del 1/9/1974 afferma: "A questo punto, quindi, non è possibile stabilire con certezza quanti chiodi venissero usati. Qualsiasi raffigurazione di Gesù al palo va intesa come l'opera di un artista il quale ne dà semplicemente una rappresentazione basandosi sui fatti limitati che abbiamo. Discutere su questo particolare insignificante non dovrebbe oscurare l'importantissima verità che siamo stati "riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio". – Romani 5:10".

DIEGO.1966, 02/09/2011 23.40:

Può forse essere d'aiuto? [SM=g27995]

2) In Matteo 27 37 è scritto: «Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "Questi è Gesù, il re dei Giudei"». Se Cristo fosse stato appeso ad un palo forse si sarebbe detto "al di sopra delle sue mani".




La scritta dell'accusa posta sopra la testa

Matteo 27:37 dice: "E al di sopra della sua testa posero la scritta dell'accusa contro di lui: "Questo è Gesù, il re dei giudei". (TNM)
"La Bibbia dice sopra la testa, non sopra le mani, mentre erronea-mente i testimoni di Geova raffigurano Gesù con le mani sopra la testa. Quindi, se la scritta era sopra la testa lo strumento di morte di Gesù doveva essere per forza una croce". Questa è l'obiezione.
Dobbiamo premettere che le illustrazioni che si trovano nelle riviste e nei libri dei TdG non hanno certo la pretesa di realizzare una rappresen-tazione storica esatta in senso assoluto. Infatti, la "Torre di Guardia" del 15/8/87 a pagina 29 afferma: "Si riconosce perciò che le raffigurazioni della morte di Gesù contenute nelle nostre pubblicazioni, come quella che vedete a pagina 24, sono soltanto ragionevoli rappresentazioni artistiche della scena, non espressioni di certezze anatomiche. Non è necessario che que-ste raffigurazioni si adeguino alle mutevoli e contrastanti opinioni degli stu-diosi, e i nostri disegni evitano decisamente simboli religiosi derivanti dall'antico paganesimo."
Tornando all'argomento in questione, una corretta esegesi dei passi biblici in questione non costituisce affatto una prova a favore della forma della croce.
In relazione alla scritta posta sopra la testa di Gesù che leggiamo nel passo di Matteo 27:37 riteniamo che sia stato corretto da parte di Matteo affermare che la scritta era posta "sopra la sua testa", questo a prescindere dal fatto che fra essa e la testa ci fossero le mani. Se noi ci mettessimo nell'ottica dello scrittore, certamente ci esprimeremo allo stesso modo. Sarebbe stato ambiguo riportare che la scritta si trovava sopra le mani, perché non avrebbe dato una reale indicazione topografica; avrebbe comunicato ben poco ai lettori, i quali si sarebbero sicuramente chiesti: "si ma le mani dove erano?", dato che sono una parte mobile del corpo e quindi si possono spostare ai lati, in alto o in basso, in avanti ed indietro, a differenza del capo. L'evangelista pertanto ha reso una descrizione corretta, usando un termine appropriato. Affermare che la scritta era posta sopra la testa equivaleva ad affermare che essa era posta nella parte superiore del legno, in opposizione ai piedi.
Facciamo un esempio. Se una persona dicesse: "Nella mia camera ho il letto vicino alla porta e l'antenna della televisione sopra la mia testa" certamente non vorrebbe significare che l'antenna della televisione è lette-ralmente sopra la sua testa, sappiamo cosa sta dicendo, e sappiamo pure che tra la sua testa e l'antenna c'è il soffitto della casa. La stessa cosa potrebbe aver voluto dire Matteo.
Comunque, questo è l'unico passo in cui si legge che la scritta era posta "al di sopra della sua testa". Questo potrebbe essere stato un modo di dire di Matteo, il quale si esprime diversamente dagli altri e che scrisse il suo vangelo in ebraico. Vediamo cosa riportano Marco, Luca e Giovanni.

Marco 15:26 E l'iscrizione dell'accusa contro di lui era scritta di so-pra (CEI – NVB – PIB – NR – LU – NA – GA – TILC – CON omettono le parole "di sopra"; di sopra a lui DI; sopra lui ND): "Il re dei giudei".

Luca 23:38 Al di sopra di lui (Sopra il suo capo CEI – NVB – NR – ND – LU; di sopra al suo capo DI; sopra il capo TILC; al disopra di lui PIB; sopra di lui NA – GA – CON) c'era anche un'iscrizione: "Questo è il re dei giudei".

Giovanni 19:19 E Pilato scrisse un titolo e lo mise sul palo (sopra la croce NVB – DI – NA; sulla croce CEI – PIB – NR – LU – ND – GA – TILC – CON) di tortura. C'era scritto: "Gesù il Nazareno, il re dei giudei".

In Luca 23:38 il testo dice " " cioè "sopra lui", qui non si menziona il capo. Criticabile è come lo rendono CEI; NVB; NR; LU e TILC.
È interessante notare che, come gli stessi scrittori differiscono nel dire dove sia posta la scritta, essi non sono concordi neppure nel dire cosa fosse scritto su di essa.

Matteo Questi è Gesù, il re dei Giudei (CEI)

Marco Il re dei Giudei (CEI)
Luca Questi è il re dei Giudei (CEI)

Giovanni Gesù il Nazareno, il re dei Giudei (CEI)

Solo Matteo e Giovanni dicono che questi è "Gesù". Solo Giovanni dice "il Nazareno". Anche se tutti sono concordi nel dire che costui è "il re dei Giudei" solo Marco è l'unico a dire solamente "Il re dei Giudei".
03/09/2011 00:08
 
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Il mio post aveva solo la pretesa di dare un umile contributo alla discussione.
Non certo la prova inconfutabile su come siano andate le cose.
Saluti e pace a tutti
[Modificato da DIEGO.1966 03/09/2011 00:08]
03/09/2011 00:14
 
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Vi prego, se possibile, di non entrare troppo in dettagli non espressamente filologici e traduttivi, questa è una discussione molto generale sul metodo impiegato dagli autori della TNM, se vogliamo discutere della traduzione di stauros in particolare possiamo aprire una discussione o continuare una delle tante già esistenti.

Grazie! [SM=g28002]
[Modificato da barnabino 03/09/2011 00:19]
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03/09/2011 11:08
 
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Caro Quixote68, non so quante persone in Italia abbiano realmente studiato l'opera di Samuelsson. In questo forum, sicuramente lo abbiamo fatto io e Simon.
Come primo lavoro nel "cassetto" (in cima alla pila) mi sono ripromesso di scrivere una breve recensione che spero di condividere con voi a breve.

La cosa veramente curiosa sulla quale ti vorrei chiedere di soffermarti a riflettere, anche solo per un secondo, è data dal fatto che la tesi di Samuelsson è stata discussa e ritenuta accademicamente degna al punto da conferirgli un dottorato.

Nella sua tesi, Samuelsson ha l'onestà di scrivere:

"In the older Greek literature, σταυρός refers to "pole" in general (zealously and apparently correctly stressed by Jehovah's Witnesses) and occurs only in the plural."

Alla pagina successiva scrive in merito ai testi evangelici:

"The point of the present investigation is that the texts are not necessarily intended to visualize "the cross" (+) but any kind of suspension or torture device used in both ante and post-mortem suspensions or act of torture. A device connected with death, pain and shame - in an unspecified way; not with all the distinctive features with wich the curch later filled the label "crucifixion"." - [tutte le evidenziazioni sono mie]

Quando però le stesse identiche riflessioni vengono utilizzate dai TdG per arrivare ad una "scelta traduttiva", allora questa "dignità accademica" sparisce di colpo e veniamo bollati(*) come gente che ignora le più elementari fonti storiche.

Non trovi sia quanto meno curiosa questa cosa?

Saluti
TL


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(*) Ovviamente chi on-line ci bolla in questo modo, si guarda bene dal confrontarsi con noi, avendo in questo stesso forum dimostrato come essi ignorano (fra le varie cose) i lavori di Ireneo, Ippolito, ecc.. o addirittura di credere nella "ininterrotta successione episcopale" (cosa che farebbe ridere anche il più scarso degli storici).

[Modificato da The Line 03/09/2011 11:09]
03/09/2011 21:55
 
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Saluti a tutti. Troppe questioni al fuoco, e son costretto ad una sintesi.

Per Barnanbino: ho letto più volte il tuo bel intervento e sostanzialmente concordo con tutto o quasi. Sulle vulgate in genere, anche per quelle puramente letterarie, il problema è spesso il medesimo: es. in Petrarca, ove la divisione di rime in vita e in morte di madonna Laura, assente nell’autografo vaticano, solo in tempi recenti è stata, relativamente, abbandonata. Ma anche in Leopardi si leggono ancora le poesie minori e anche scritti in prosa secondo la “vulgata” (~1940) del Flora, e le ultime recenti edizioni, incluso quelle critiche, sono difettose, e spesso segnano addirittura un passo indietro. Vale a dire anche qui è molto difficile accettare nuove idee, nuovi orientamenti, che al limite, anche se errati, hanno comunque il merito di approfondire la conoscenza del dettato originale e di quello che veramente esso voleva significare. E anche qui si creano polemiche che a volte perdono il vero senso della questione.

Quel che ho recepito da questi colloqui, finora, è proprio questo, la necessità di andar oltre alla polemica sterile, ‘palo’ vs “croce’, per capire cosa ci sia dietro; ovvero, se interpreto bene, un diverso modo di porsi nei confronti dello strumento di morte del Cristo, simbolo portato con ostentazione e orgoglio dai cattolici, ma segno della sofferenza terrena di Gesù e quindi detestato dai TdG e da altre confessioni. Io credo che entrambe le posizioni siano “legittime”, almeno fin quando la prima non scivola nell’idolatria (a prescindere dal mercimonio cui giustamente accennava Simon), e la seconda non cade, viceversa, in sterile polemica. Nel suo nocciolo, la questione è già presente in Paolo di Tarso (1 Cor. 1, 23 «però noi predichiamo Cristo al palo, per i giudei causa d’inciampo ma per le nazioni stoltezza» TNM). Ovvero sarebbe auspicabile un confronto più sereno e rispettoso delle posizioni dell’altro, anche se mi rendo conto che ciò è molto difficile. Un confronto pacato sul tema potrebbe arricchire entrambi, ma per pregiudizi o spirito di parte esso viene normalmente evitato.

Con ciò credo rispondere, in parte, anche a The Line, che mi chiedeva:


Quando però le stesse identiche riflessioni vengono utilizzate dai TdG per arrivare ad una "scelta traduttiva", allora questa "dignità accademica" sparisce di colpo e veniamo bollati(*) come gente che ignora le più elementari fonti storiche.

Non trovi sia quanto meno curiosa questa cosa?



Aggiungo solo che, visto in quest’ottica, il problema travalica le «fonti storiche», e la «dignità accademica» del Samelsson di cui io stesso ho dato un “giudizio” a priori non negativo non solo in questo forum, ma anche in altro forum, senza domandarmi se esso potesse in quel luogo venir gradito o meno. E resto in attesa della recensione promessa da The Line, che leggerò con estremo interesse.

Questo in generale. In particolare rispondo a Aquila-58; tu stesso ti sei dato la risposta:


Ora, in una traduzione è giusto rendere una parola nel senso che questa aveva (poteva avere) all' epoca della descrizione dell' episodio, cioè nel I secolo.
Dato che nei vangeli non troviamo alcuna indicazione seria sulla forma dello stauros, e dato che non esistono, nel I secolo, testimonianze :
a) che attestino che il significato del sostantivo stauros fosse legato a una forma particolare (una crux simplex, una crux decussata, una crux commissa o una crux immissa....);
b) che attestino che, sempre nel I secolo, il condannato venisse inchiodato al patibulum, che portava fino al luogo del supplizio, e poi appeso allo stipes.



Testimonianze precise, inequivocabili, non ne esistono, per cui una tesi potrebbe valer l’altra. Per quel che mi riguarda io trovo indizi che vanno nella direzione crux, non ne trovo, se non genericamente linguistici, che vanno in direzione “palo”. Ti invito a leggere gli ultimi tre paragrafi della mia pagina, prima dell’appendice, che spiega, sobriamente, la mia ricostruzione linguistica della questione. Ricostruzione non dico vera, non dico certa, ma plausibile ed economica. Quanto alla prassi giuridica e procedurale romana certe divergenze, che mi rendono perplesso, non è che siano prive di risposta: la deposizione di Gesù, prima del tramonto, potrebbe obbedire a ragioni di opportunità politica; ovvero, in periodo di pace relativa, vi poteva ben essere in Roma la volontà di aderire a un modus vivendi e di non andare a guastare un rapporto di per sé difficile, conculcando materie di fede che avrebbero potuto creare ulteriori disordini. Ben diversamente i Romani si sarebbero comportati nel 70 E. V., e nelle repressioni del secolo successivo. Quanto alla flagellazione, essa sembra comunque essere stata effettuata in modo efferato, ben diverso dalle quaranta frustate meno una del Talmud, tant’è che vi fu bisogno del Cireneo (e tralascio il fatto che storici “agnostici” dubitino della reale successione temporale). In ogni caso rimane il fatto che erano i Romani ad amministrare la “giustizia”, secondo le loro consuetudini. Ciò è attestato, pur con qualche “scivolamento”, proprio dai Vangeli.

Quando poi dici:


alla luce di ciò, io sono del modesto parere che dobbiamo lasciare il significato asciutto del sostantivo stauros (piolo,palo) e del relativo verbo stauroo (mettere al palo).



Io potrei dire lo stesso dell’intervento di DIEGO.1966, magari ingenuo, ma non per questo inopportuno:


2) In Matteo 27 37 è scritto: «Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "Questi è Gesù, il re dei Giudei"». Se Cristo fosse stato appeso ad un palo forse si sarebbe detto "al di sopra delle sue mani".



È vero che è discutibile, ma se io lo prendo in senso «asciutto», esso tira acqua al mulino della crux. Domanda: siamo liberi di prendere tutto in senso stretto, o tutto in senso traslato? E se mischiamo, siamo autorizzati a farlo? Ciao a tutti.

[Modificato da Quixote68 03/09/2011 21:58]
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03/09/2011 22:18
 
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Re:
Caro Angelo,

Quixote68, 03/09/2011 21.55:

In particolare rispondo a Aquila-58; tu stesso ti sei dato la risposta:


Ora, in una traduzione è giusto rendere una parola nel senso che questa aveva (poteva avere) all' epoca della descrizione dell' episodio, cioè nel I secolo.
Dato che nei vangeli non troviamo alcuna indicazione seria sulla forma dello stauros, e dato che non esistono, nel I secolo, testimonianze :
a) che attestino che il significato del sostantivo stauros fosse legato a una forma particolare (una crux simplex, una crux decussata, una crux commissa o una crux immissa....);
b) che attestino che, sempre nel I secolo, il condannato venisse inchiodato al patibulum, che portava fino al luogo del supplizio, e poi appeso allo stipes.



Testimonianze precise, inequivocabili, non ne esistono, per cui una tesi potrebbe valer l’altra.



Direi di no, Angelo. Testimonianze del I secolo che attestino il condannato venisse inchiodato al patibulum e poi appeso allo stipes non ne esistono, e neppure una: certo, una tesi potrebbe valere l' altra, ma il traduttore non può indicare per il sostantivo stauros un significato estraneo al suo campo semantico (e quindi legato a una particolare forma, specificatamante quella della crux immissa, come certamente intende CEI quando fa dire a Pilato: "crocifiggetelo voi", in Gv. 19:6), piuttosto lasciare il significato che, nel I secolo quel sostantivo poteva esprimere.....

Quixote68, 03/09/2011 21.55:


Per quel che mi riguarda io trovo indizi che vanno nella direzione crux,



Nel I secolo? Quali, di grazia?

Quixote68, 03/09/2011 21.55:


non ne trovo, se non genericamente linguistici,



Non sono genericamente linguistici. Il significato stretto di stauros è "piolo, palo": nel I secolo, questo sostantivo non è legato, che io sappia, ad alcuna forma precisa. Ti risulta il contrario?

Quixote68, 03/09/2011 21.55:


che vanno in direzione “palo”. Ti invito a leggere gli ultimi tre paragrafi della mia pagina, prima dell’appendice, che spiega, sobriamente, la mia ricostruzione linguistica della questione. Ricostruzione non dico vera, non dico certa, ma plausibile ed economica.




Ho letto anche quella di Barnabino, che mi sembra altrettanto plausibile...in attesa di leggere Samuelsson..

Quixote68, 03/09/2011 21.55:


In ogni caso rimane il fatto che erano i Romani ad amministrare la “giustizia”, secondo le loro consuetudini. Ciò è attestato, pur con qualche “scivolamento”, proprio dai Vangeli.




certo, ma non abbiamo attestazioni certe della prassi romana nel I secolo, non abbiamo alcuna testimonianza certa....

Quixote68, 03/09/2011 21.55:


Quando poi dici:


alla luce di ciò, io sono del modesto parere che dobbiamo lasciare il significato asciutto del sostantivo stauros (piolo,palo) e del relativo verbo stauroo (mettere al palo).



Io potrei dire lo stesso dell’intervento di DIEGO.1966, magari ingenuo, ma non per questo inopportuno:


2) In Matteo 27 37 è scritto: «Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "Questi è Gesù, il re dei Giudei"». Se Cristo fosse stato appeso ad un palo forse si sarebbe detto "al di sopra delle sue mani".



È vero che è discutibile, ma se io lo prendo in senso «asciutto», esso tira acqua al mulino della crux. Domanda: siamo liberi di prendere tutto in senso stretto, o tutto in senso traslato? E se mischiamo, siamo autorizzati a farlo? Ciao a tutti.




Direi che c' azzecca ben poco Matteo 27:37 con Gv. 19:6. Non c'è alcun bisogno di dire "al di sopra delle sue mani", primo perchè, nella Bibbia, "testa, capo", (in decine e decine di passi) sta a indicare la persona, seconda poi la scritta era comunque visibile al di sopra della testa, ergo, della persona di Gesù...non si deduce da Matteo 27:37 nulla circa la posizione delle mani, quindi che significato traslato dobbiamo dare qui, mi chiedo?


[Modificato da Aquila-58 03/09/2011 22:34]
03/09/2011 22:49
 
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Caro Angelo,

una sola precisazione, tu dici


ovvero, se interpreto bene, un diverso modo di porsi nei confronti dello strumento di morte del Cristo, simbolo portato con ostentazione e orgoglio dai cattolici, ma segno della sofferenza terrena di Gesù e quindi detestato dai TdG e da altre confessioni



Ora, non ho capito bene il senso della frase e forse l'ho solo fraintesa, La TNM preferisce non usare "croce" non perché segno della sofferenza di Gesù, ma (al di là della convinzione che la forma non fosse necessariamente quella di una croce) per tutte le valenze simboliche estranee allo nudo stauros che tanto la forma geometrica che la parola hanno assunto nel corso dei secoli, a questo riguardo rimando, per esempio, al testo di Chiara Gallini, Croce e delizia. Usi abusi e disusi di un simbolo, Bollati Boringhieri, 2007.

Insomma, il senso evocato oggi dalla parola "croce" è ben diverso da quello che era evocato dalla parola "stauros" nel I secolo, al di là della forma che poi il patibolo poteva assumere, per questo filologicamente non è ritenuto corrispondente, dato che il il campo semantico di "croce" oggi è decisamente più ampio, e direi obliquo, rispetto a quello di "stauros" come è usato nel NT.


È vero che è discutibile, ma se io lo prendo in senso «asciutto», esso tira acqua al mulino della crux. Domanda: siamo liberi di prendere tutto in senso stretto, o tutto in senso traslato? E se mischiamo, siamo autorizzati a farlo?



A me pare che il traduttore (se il nostro è un problema traduttivo) qui non "mischi" nulla, perché rende Matteo correttamente con "e al di sopra della sua testa posero la scritta dell’accusa contro di lui". Ora, la TNM non omette "testa" come avrebbe potuto fare se avesse voluto in qualche modo prendere il passo in senso traslato, cosa per altro non impossibile come detto, ma legge il passo letteralmente, lasciando al lettore (e non al traduttore!) l'onere della comprensione del testo, ovvero capire come erano poste la mani su quel palo, e se l'espressione era da intendere letteralmente o meno.

La mia opinione è che anche prendendo quest'espressione in senso strettamente letterale (ma io avrei i miei dubbi) non mi pare che escluda che il titulus potesse essere comunque posto tra la testa e le mani del condannato, o che le mani fossero inchiodate ai lati del palo, ma qui mi pare davvero che andiamo nel campo delle speculazioni che vanno al di là delle intenzioni del testo. Secondo il mio giudizio più probabilmente qui il testo specificava che il titulus non era appeso al collo del condannato, come spesso avveniva, ma era posto nella parte superiore dello stauros, ben visibile a tutti.

Shalom
[Modificato da barnabino 03/09/2011 23:36]
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04/09/2011 22:11
 
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Ciao Barnabino, ciao Aquila, chiedo scusa se non son stato chiaro. Più facile che io abbia frainteso che non Barnabino: in realtà ho fatto solo alcune osservazioni generiche su preconcetti che, a mio parere, a volte falsano e offuscano il nostro giudizio, da una parte e dall’altra, auspicando un confronto più sereno, non tanto per quel che mi riguarda personalmente, ma in generale per quello che sono le parti coinvolte in questa contrapposizione di idee, troppo spesso troppo polemica. Anche l’esempio di Matteo non voleva essere affatto una prova della preferenza di crux rispetto a stauros quanto piuttosto della difficoltà nell’interpretare le fonti, nell’attribuire loro pensieri e conclusioni che sono più spesso di quanto crediamo nostre, e che non sempre sono negli originali. Ma la dimostrazione di quanto avevo sostenuto la dà proprio Aquila-58:


nella Bibbia, "testa, capo", (in decine e decine di passi) sta a indicare la persona, seconda poi la scritta era comunque visibile al di sopra della testa, ergo, della persona di Gesù...



C.V.D.: sei quindi costretto a interpretare con un traslato, come faccio io quando leggo stauroo = ‘crocifiggo’. Se ciò sia lecito o no, that is the question. Naturalmente possono farsi altre ipotesi, ma io intendevo banalmente sottolineare che anche una traduzione “letterale”, non può esimersi, volta per volta, dal domandarsi se un termine vada preso in senso originario o in senso derivato (cosa che per altro la TNM fa, quando traduce stauros, a seconda del contesto, con ‘palo’ o con ‘palo di tortura’). Nello specifico di Matteo 27:37 la traduzione TNM (e NWT) è ineccepibile: «E al di sopra della sua testa posero la scritta dell’accusa contro di lui» (καὶ ἐπέθηκαν ἐπάνω τῆς κεφαλῆς αὐτοῦ τὴν αἰτίαν αὐτοῦ γεγραμμένην). L’interpretazione è lasciata al lettore; niente da obiettare alla traduzione. È l’interpretazione TdG che non mi soddisfa.

E non v’è dubbio che, filologicamente e linguisticamente, la crocefissione, comunque venisse effettuata, nel I sec. avesse valenze e connotazioni diverse da quelle che in seguito gli vennero date: il passo di Paolo, da me citato (1 Cor. 1:23), forse rappresenta proprio il primo passo di una evoluzione che ha portato la chiesa cattolica a una diversa lettura della parola ‘croce’, ma discorso analogo ha fatto proprio Barnabino, variatis variandis, rispetto alla prima formulazione del Rutheford dell’idea albero = palo, per cui non vedo solo il significato negativo dell’operazione.

Se poi andiamo nello specifico, che dire? Io cerco semplicemente di interpretare le fonti per quello che ci suggeriscono. Purtroppo, mentre disponiamo del De re coquinaria di Apicio per la cucina, del De architectura di Vitruvio per l’architettura, dei lavori di Frontino su acquedotti e stratagemmi militari ecc., non disponiamo di un De arte crucifigendi, quindi non possiamo affidarci che a indizi. Ma questi indizi, in senso storico, sono comunque numerosi, e, a mio modesto parere, costanti nella direzione dell’ipotesi ‘croce’. Non trovo indizi del contrario se non, in buona sostanza, una riflessione linguistica contestabile che si rifà ad Omero e una rigida ipercritica che non mi riesce di condividere: se parlo di Plauto, Cicerone, Matteo, Giovanni, mi sento rispondere «non è detto», se parlo delle fonti del II sec. Barnaba, Giustino Ireneo, Luciano mi sento rispondere «sono fonti tarde», se parlo di fonti primarie (il crocifisso di Gerusalemme, il graffito del Palatino ecc.) «non si capisce bene che vogliano significare». Se infine parlo di moderne letture scientifiche della crocifissione da parte di medici e scienziati che ne illustrano il dato tecnico «sono controverse e contestabili». Altre fonti però non ci sono, ergo devo affidarmi a quello che c’è; conscio della loro ipoteticità, comunque meno ipotetica del nulla: vi sono molte ricostruzioni, nei nostri libri di storia, che accettiamo per oro colato, attestate in maniera anche più superficiale. Superficiale non ho affatto trovato il pensiero che è alla base e informa la NWT al riguardo. Ma dal mio punto di vista, strettamente filologico linguistico e storico, esso è, pur nel suo sforzo apprezzabile, una sovrastruttura, che presenta il rischio di indurre a linee di pensiero aprioristiche. Naturalmente può benissimo darsi che io sbagli. Sicuramente però, non ho una ideologia alle spalle che mi faccia preferire crux a stauros. E se devo sbilanciarmi, preferisco in ogni caso il poco noto all’ignoto. Questione di scelta, su cui magari influisce il ricordo di catechismi infantili. Ma di cui sono cosciente, e non credo essi possano minare un libero pensiero se veramente esso è libero. Ciao a tutti.

[Modificato da Quixote68 04/09/2011 22:16]
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GIOVANNI, III, 19. (G. Leopardi, La ginestra, esergo)
04/09/2011 22:26
 
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Re:
Caro Angelo

Quixote68, 04/09/2011 22.11:

nell’attribuire loro pensieri e conclusioni che sono più spesso di quanto crediamo nostre, e che non sempre sono negli originali. Ma la dimostrazione di quanto avevo sostenuto la dà proprio Aquila-58:


nella Bibbia, "testa, capo", (in decine e decine di passi) sta a indicare la persona, seconda poi la scritta era comunque visibile al di sopra della testa, ergo, della persona di Gesù...



C.V.D.: sei quindi costretto a interpretare con un traslato, come faccio io quando leggo stauroo = ‘crocifiggo’. Se ciò sia lecito o no, that is the question. Naturalmente possono farsi altre ipotesi, ma io intendevo banalmente sottolineare che anche una traduzione “letterale”, non può esimersi, volta per volta, dal domandarsi se un termine vada preso in senso originario o in senso derivato (cosa che per altro la TNM fa, quando traduce stauros, a seconda del contesto, con ‘palo’ o con ‘palo di tortura’). Nello specifico di Matteo 27:37 la traduzione TNM (e NWT) è ineccepibile: «E al di sopra della sua testa posero la scritta dell’accusa contro di lui» (καὶ ἐπέθηκαν ἐπάνω τῆς κεφαλῆς αὐτοῦ τὴν αἰτίαν αὐτοῦ γεγραμμένην). L’interpretazione è lasciata al lettore; niente da obiettare alla traduzione. È l’interpretazione TdG che non mi soddisfa.





qui non si sta tanto a parlare di interpretazione di una forma o di un' altra dello stauros, ma della sua traduzione. Ergo, se in Gv. 19:6 io faccio dire a Pilato "mettetelo voi al palo", allora resto perfettamente nel campo semantico di stauros (piolo, palo) nel I secolo, ma se faccio dire a Pilato (come fa in testo CEI)" crocifiggetelo voi", intendendo una crux immissa (credi che i traduttori CEI pensino a qualcos' altro?), allora io mi allontano dal campo semantico di stauros nel I secolo. "Testa, capo", invece, biblicamente parlando, indica l' intera persona, e come ti ho detto, ci sono decine e decine di passi che lo attestano (e che non vado ora a elencare, data l' ora tarda...): non è quindi un senso traslato vero e proprio, piuttosto un senso biblico che invece non si ritrova per il sostantivo stauros nel testo sacro. Io non mi rifaccio, cioè, a prassi non attestate da nessuna testimonianza nel I Secolo, ma all' uso biblico di un termine, il che è leggermente diverso, me lo consentirai.
Grazie Angelo.


04/09/2011 22:56
 
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Ti lascio, caro Angelo, perchè sono stanchissimo.
A domani sera, se ci sarai.
Ti auguro una buona notte.
Ciao.
[SM=g1944981]
05/09/2011 01:11
 
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Caro Angelo,


L’interpretazione è lasciata al lettore; niente da obiettare alla traduzione. È l’interpretazione TdG che non mi soddisfa



Questo mi pare un problema marginale rispetto al problema filologico, ma se vogliamo spostarci sul piano teologico, allora, il problema è se l'interpretazione dei TdG soddisfa il testo e le intenzioni degli autori.

Da questo punto di vista io credo che "palo di tortura" soddisfi pienamente il concetto di stauros come è espresso nel NT. Tu stesso citi l'elaborazione teologica compiuta da Paolo nella I ai Corinti dove si parla "Cristo al palo, per i giudei causa d’inciampo ma per le nazioni stoltezza" e ancora, altrove, "scandalo", proprio in virtù della vergogna e del terrore che incuteva la solo menzione dello stauros. Tutto questo, poi, non è assolutamente correlato con la presunta forma a "croce" e dunque anche nell'ipotesi (non provata) che quella fosse la forma crucis ometterla non costituirebbe comunque alcun problema rispetto al senso teologico del testo. Che fosse un palo, una tau o una furca questo non cambia l'interpretazione che ne dava Paolo di vergogna e di scandalo.

L'espressione "palo di tortura" nel suo crudo realismo lessicale, nell'assenza di richiami fortemente simbolici ad una forma oggi ideologicamente denotate e teologicamente rielaborata da secoli di tradizione, a me pare che in questo senso colga molto bene lo spirito di stauros per come venne recepito dagli scrittori del NT.


ma discorso analogo ha fatto proprio Barnabino, variatis variandis, rispetto alla prima formulazione del Rutheford dell’idea albero = palo, per cui non vedo solo il significato negativo dell’operazione



Forse non ho seguito bene tutta la discussione, ma non ricordo bene a cosa tu ti stia riferendo, da un punto di vista teologico, e non filologico, Rutherford si limitò ad osservare che in forza della lettura di Paolo dello stauros (dunque siamo sempre nel contesto neotestamentario) Cristo sarebbe morto su uno xylon come quello utilizzato dai giudei.


se un termine vada preso in senso originario o in senso derivato (cosa che per altro la TNM fa, quando traduce stauros, a seconda del contesto, con ‘palo’ o con ‘palo di tortura’)



Solo una piccola precisazione, perché forse non è chiaro, la TNM non è traduce "palo" e "palo di tortura" a seconda del contesto, diciamo che la TNM decide di rende stauros con "palo di tortura" (che ricorda il crucio latino) mentre il verbo staurow (e verbi affini) viene reso con "mettere al palo". A volte, dove in italiano è implicito, può essere omesso il verbo "mettere", ad esempio quando si grida "[mettetelo] al palo!".


Non trovo indizi del contrario se non, in buona sostanza, una riflessione linguistica contestabile che si rifà ad Omero e una rigida ipercritica che non mi riesce di condividere: se parlo di Plauto, Cicerone, Matteo, Giovanni, mi sento rispondere «non è detto», se parlo delle fonti del II sec. Barnaba, Giustino Ireneo, Luciano mi sento rispondere «sono fonti tarde», se parlo di fonti primarie (il crocifisso di Gerusalemme, il graffito del Palatino ecc.) «non si capisce bene che vogliano significare». Se infine parlo di moderne letture scientifiche della crocifissione da parte di medici e scienziati che ne illustrano il dato tecnico «sono controverse e contestabili»



Qui, francamente, non ti seguo più. La resa "palo di tortura" non si fonda certo solo su Omero, né mi pare che vi sia alcuna "ipercritica": semplicemente si fa notare che in nessun passo anteriore al II secolo è possibile in alcun modo determinare una forma diversa che non sia quella di un palo o una trave, comprendi cosa intendo? Tanto filologicamente che storicamente qualunque forma avesse lo stauros era comunque certamente fatto con un palo, possibilmente di legno.

Certo, ci sono fonti letterarie della seconda metà del II secolo e graffiti del III secolo (anche se non conosco alcun "crocifisso di Gerusalemme" per essere sincero) ma questi possono, per l'appunto, darci informazioni sulla forma che aveva lo stauros in quell'epoca ed in certe aree, ma non ci dicono nulla di definitivo sul quel territorio molto particolare che era la Giudea della I metà del I secolo. Dunque mi pare che rispetto all'incertezza della forma che per altro non riveste alcuna plusvalenza teologica nel NT, questo ci tengo a sottolinearlo, il traduttore scelga quello che è il senso meno affetto da sovrastrutture ideologiche e che comunque fornisca al lettore un'idea corretta del tipo di strumento utilizzato, del tipo di morte che procurava e di tutto il senso di orrore e vergogna che suscitava nel lettore del I secolo.


Altre fonti però non ci sono, ergo devo affidarmi a quello che c’è; conscio della loro ipoteticità, comunque meno ipotetica del nulla: vi sono molte ricostruzioni, nei nostri libri di storia, che accettiamo per oro colato, attestate in maniera anche più superficiale



Beh, chiaro che chi traduce "croce" dia per scontato che nella Giudea del I secolo la percezione che si aveva dello stauros era identica a quella del II secolo. La TNM si è semplicemente posta il problema di analizzare se tale conclusioni erano supportate da argomenti sufficienti che non fossero quelli della tradizione o se, piuttosto, vi fossero valide ragioni per ritenere che nel I secolo la percezione dello stauros rispetto alla sua forma non fosse così ovvia come poteva apparire in seguito.


Sicuramente però, non ho una ideologia alle spalle che mi faccia preferire crux a stauros. E se devo sbilanciarmi, preferisco in ogni caso il poco noto all’ignoto. Questione di scelta, su cui magari influisce il ricordo di catechismi infantili. Ma di cui sono cosciente, e non credo essi possano minare un libero pensiero se veramente esso è libero



Guarda che noi non diciamo che chi preferisce la lettura "croce" pensando ad una forma ben precisa lo faccia per un pregiudizio "ideologico", il problema però è che quello che tu chiami "ignoto" non è affatto tale, perché la forma dello stauros pur incerta non è "ignota", qualunque forma potesse assumere uno stauros abbiamo comunque un elemento certo, presente in qualunque stauros e che ne caratterizza il campo semantico. Insomma, qualunque stauros doveva avere come minimo comun denominatore l'elemento verticale a cui il prigioniero (con qualunque tecnica) doveva venire appeso, era quello che faceva di quello strumento uno stauros ed è quello che il traduttore deve rendere.

Tu dici che c'è il "nulla" ma non c'è il nulla, c'è il testo che discrimina. Se l'autore voleva comunicarci una forma ben precisa, o se il lettore vuole scoprirla, bene, c'è il testo. La TNM lascia che sia il testo a parlare, capisci? Se io nell'incertezza lessicale rendo "palo di tortura" lascio aperto il testo, perché sarà attraverso la lettura del testo che (se è nel testo) il lettore dedurrà questa o quella forma dello stauros. Non è che poiché rendo "palo di tortura" impedisco al lettore la propria esegesi.

Viceversa "croce" chiude il testo... ci mette una croce in cima, per così dire. Non permette altra lettura e forma che quella, e per di più ideologizza fortemente il testo, introducendo non semplicemente la forma di un oggetto, taciuta nel testo, ma introducendo così anche un forte elemento simbolo estraneo al testo.

Certo, si tratta di scelte, ma quello che a me pare di vedere è che la TNM non fa una scelta trivialmente servile alla concezioni dei testimoni di Geova, ma piuttosto una scelta ben ponderata sempre con l'intento di fornire una lettura del testo più vicina possibile alla percezione che poteva averne un ipotetico lettore del I secolo.

Shalom
[Modificato da barnabino 05/09/2011 01:19]
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FORUM TESTIMONI DI GEOVA
05/09/2011 20:16
 
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Post: 41
Ciao Aquila-58, ho risposto subito al tuo ultimo intervento, ma, non so perché, il post inspiegabilmente mi vien tagliato a mezzo dall’anteprima. Probabilmente uso qualche formattazione non consentita; mi scuso per l’inesperienza, spero di venirne presto a capo. Vorrei anche rispondere due righe a Barnabino, i cui interventi sono sempre stimolanti. Per il momento saluto tutti.

Quixote, alias Angelo
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Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι μᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς.
E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce.
GIOVANNI, III, 19. (G. Leopardi, La ginestra, esergo)
05/09/2011 21:06
 
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Caro Angelo,

Quixote68, 05/09/2011 20.16:

Ciao Aquila-58, ho risposto subito al tuo ultimo intervento, ma, non so perché, il post inspiegabilmente mi vien tagliato a mezzo dall’anteprima. Probabilmente uso qualche formattazione non consentita; mi scuso per l’inesperienza, spero di venirne presto a capo. Vorrei anche rispondere due righe a Barnabino, i cui interventi sono sempre stimolanti. Per il momento saluto tutti.

Quixote, alias Angelo



Non preoccuparti minimamente. Non siamo qui per fare a gara a chi risponde per primo, ma per edificarci a vicenda nella fede (Efesini 4:29).....parlo ovviamente da persona religiosa, ma non è detto che anche tu, un giorno, possa riflettere su quel che più conta: che non un oggetto cruciforme o paliforme (poco importa, sai, almeno per noi cristiani testimoni di Geova....) ci ha salvato (se perseveriamo fino alla fine), ma il prezioso sangue di Cristo (1 Pietro 1:19; 1 Gv. 1:7 ; Rivelazione/Apocalisse 1:5)...


[Modificato da Aquila-58 05/09/2011 21:08]
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