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CONOSCERE L'AZIONE DEL MALIGNO PER DIFENDERSI

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2022 15:52
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23/02/2010 21:49
 
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8. Carismi e ministeri nella preghiera di liberazione

Nella preghiera di liberazione intervengono diversi cari­smi e ministeri, ed è per l'interazione di questi che la preghiera risulta più efficace.
Ritorna il concetto che la liberazione è un fatto della Chie­sa come corpo, non il fatto di un privato individuo anche se dotato; e l'attività della Chiesa si esplica attraverso il concorso dei diversi ministeri. Per questo, nei nostri gruppi carismatici,
la liberazione, come del resto la guarigione, non è invocata mai da una singola persona.

I principali carismi che ricorrono nella liberazione sono:

1) Carisma della misericordia.
Le scritture del V.T. tessono un inno continuo alla mi­sericordia di Dio, la quale sta sopra tutte le sue opere, come una firma di autore, e riempie di sé tutta la terra (Salmi 32,5; 119,64). La voce « misericordia » ricorre 234 volte nel V. T. (131 volte nei salmi), senza contare le altre voci della stessa ra­dice e dello stesso significato, « misericors », « miseratio », « mi­serator », « miseror ».
Il salmo 136 - il « grande hallel » che Gesù recitò con i discepoli nell'ultima cena (Mt. 26,30) -- ad ogni versetto ha il ritornello: « Perché eterna è la sua misericordia ».
Anche il N. T. celebra la misericordia di Dio, il quale « quando venne la pienezza del tempo, mandò suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a fi­gli » (Gal. 4,4).
E il Figlio di Dio, come suo Padre, si presentò agli uomi­ni come il « misericordioso ». Egli cerca la pecorella smarrita, perdona l'adultera e la Maddalena, sta con i peccatori, e a quelli che si scandalizzano del suo comportamento ricorda il testo di Osea: « Voglio misericordia e non sacrificio » (Mt. 12,7; Os. 6,7). Proclama beati i misericordiosi (Mt. 5,7), anzi comanda: « Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro » (Lc. 6,36).
La liberazione è l'intervento della infinita misericordia di Dio che trae l'uomo dagli artigli del leone. Non c'è miseria più nefasta per l'uomo che cadere schiavo del suo più grande ne­mico, e non c'è atto più squisito dell'amore di Dio che liberarlo.
Le liberazioni operate da Gesù sono frutto della sua com­passione, della congiunzione del suo Cuore con la miseria dell'uomo. Il comando dato da Gesù agli apostoli, e poi trasmesso alla Chiesa, di cacciare gli spiriti maligni, è dettato dal suo amore misericordioso, è l'eco di quel suo « miseror super tur­bam » (Mc. 8,2).
Chi partecipa al ministero della liberazione deve avere il Cuore del Signore, « gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù »(Fil. 2,5). Come buon Samaritano deve piegarsi sul malcapitato che i briganti lasciarono mezzo morto sulla strada tra Gerico e Gerusalemme; deve versare olio e vino sulle sue piaghe, fasciarle e aver cura di lui, portandolo nell'albergo.
L'ossesso o il ferito dal diavolo va guardato con amore e riguardo. Dopo tutto, anche lui è Cristo, malmenato e fatto prigioniero: « Io ero in carcere e siete venuti a trovarmi » (Mt. 25,36).
Se nel gruppo orante non c'è nessuno che abbia questo cuore pieno di misericordia, che accoglie il paziente, lo confor­ta e lo sostiene durante le fasi della preghiera, è meglio non met­tersi a fare liberazione.

2 ) Carisma della intercessione.
Il V.T. ci offre esempi di potenti intercessori presso Dio. Sono in genere profeti e uomini di Dio, come Mosè, Geremia, e altri.
Essi conoscono il Signore e i progetti del Signore, perché « il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo con­siglio ai suoi servítori, i profeti » (Am. 3,7). Conoscono se Dio è proclive a perdonare, a liberare. Pregano e ottengono.
Ma talvolta, pur sapendo che Dio non è proclive, tentano l'impossibile. È commovente la preghiera di Mosè per il po­polo che ha fatto il vitello d'oro: « Cancellami dal tuo libro », dice al Signore, « se tu non perdoni ». Ma Dio non aderisce alla richiesta, e « il Signore percosse il popolo » (Es. 32,32-35).
Talvolta è Dio stesso che previene e taglia la preghiera, come fece con Geremia: « Anche se Mosè e Samuele si pre­sentassero davanti a me, io non mi piegherei verso questo popolo... » (Ger. 15,1).
Nel N. T. il grande intercessore è Cristo che, essendo Fi­glio di Dio e Sommo Sacerdote del nuovo patto, si trova in un'altra posizione.
Egli « nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime e fu esaudito per la sua pietà » (Ebr. 5,7). Egli è superiore a Mosè - dice l'autore della lettera agli Ebrei - perché non è servo ma « Figlio » e « sa­cerdote per sempre ». .E mentre per la sua natura umana è congiunto a noi e perciò capace di comprendere e di compatire, d'altra parte, essendo Figlio, tutto può ottenere, e tutti in Lui possiamo « ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiu­tati al momento opportuno » (Ebr. 4,14-16).
Anche noi, entrando nella preghiera di Cristo, possiamo entrare nel suo potere di intercessione, e diventare intercesso­ri. Certamente l'unico Mediatore è Lui, ma tutti in Lui possia­mo trovare accesso al Padre.
Dio suole concedere ad alcuni in particolare il dono o ca­risma della intercessione. Sono uomini dotati di una grande fede, che sanno premere nello Spirito sul cuore di Dio; uomi­ni dotati di grande amore per il prossimo sofferente, e piangendo con chi piange (Rom. 12,15) ottengono da Dio tante grazie.
Nel gruppo orante non deve mancare l'intercessore.

3) Carisma del discernimento.
Ne abbiamo parlato sopra e abbiamo anche suggerito alcuni consigli pratici. Qui aggiungiamo qualche osservazione.
Sebbene nei nostri gruppi non si pratichino esorcismi, tut­tavia è sommamente utile tener presente quanto dice il Rituale Romano nell'introduzione al rito dell'esorcismo, sia per quanto concerne i segni della presenza del maligno sia per quanto ri­guarda gli accorgimenti che deve usare il ministro.
Circa la presenza è da notare che i segni - parlare o ca­pire lingue ignote, mostrare una forza superiore alla condizione o all'età, manifestare cose occulte o lontane - presi singolar­mente non hanno valore perché l'uno o l'altro possono verificarsi per cause naturali; e neanche presi insieme hanno valore di prova, ma solo di un indizio. C'è tutta una situazione gene­rale da esaminare, in cui inquadrare i detti segni; e c'è tutto un discernimento da fare prima di parlare di presenza diabolica.
Ci sono poi i consigli e gli accorgimenti suggeriti all'esorcista per non cadere in inganno che può essere di facile cre­dulità per cui può scambiare una malattia o un disturbo natu­rale per una attività demoniaca; o, all'opposto, di incredulità, per cui crede che si tratti di un morbo naturale quando effetti­vamente, dietro quella manifestazione, c'è il maligno che si nasconde.
Solo il discernimento ci può venire in aiuto.
Valga comunque, come criterio generale, che là dove non c'è distruzione della persona - a questo mira il maligno -, cioè dove non c'è corruzione mentale o depravazione morale, conseguenti a manifestazioni di possibile natura demoniaca, è difficile ammettere la presenza attiva del maligno. I disturbi psicofisici da soli non bastano a farci propendere, anche quando non si riscontra una causa proporzionata, per una infestazione diabolica, a meno che il dono del discernimento non ci faccia orientare in altro senso.
Quando dovesse manifestarsi una presenza, e questa è riconosciuta come diabolica - attenti alle presenze pseudo-demonache, di origine psichica, nate nel paziente o indotte in lui da altri - allora usare somma prudenza, e possibilmente ri­mandare subito il paziente all'esorcista, e non intavolare di­scussioni con essa.
Quando dovessimo trovarci di fronte al nemico, bisogna stare attenti alla sua tattica, che varia sempre da persona a per­sona, secondo il sesso, l'età, la mentalità, l'educazione, la cultura.
Il diavolo manipola quello che trova dentro la persona, e sa trovare i punti deboli dove attaccare. Così il medesimo demone impuro può attaccare una donna, facendo leva sulle sue turbe emotive, sulle sue frustrazioni, su desideri non soddi­sfatti, e prendere così il ruolo del seduttore, mentre con un uomo assume un altro aspetto e suscita altre reazioni. Con una persona rozza userà una tattica diversa da quella che userà con una persona colta. In Africa si comporterà in un modo, in Europa in un altro modo, utilizzando credenze, costumi, modi di pensare e comportamenti diversi.
Anzi con la stessa persona muta facilmente tattica, e nello stesso corso della preghiera di liberazione può variare sistema di attacco e di difesa.
Un avvertimento utile è questo: non scambiare le reazioni psicofisiche del paziente con altrettanti attacchi diabolici. Il diavolo può scoccare la freccia e colpire un punto, ma non è là dove ha colpito. Bisogna trovare il luogo da dove ha scoccato la freccia. Può darsi anche che abbia teso l'arco, abbia inviato il dardo, e poi lui se ne sia andato. Può darsi che il malore in superficie abbia un'origine interna più profonda, dove il ne­mico ha agito.
Tutto questo nei casi, non frequenti , di vera infestazione diabolica. Nei casi di semplici ferite, molto più frequenti, que­ste osservazioni sono fuori luogo.
Il discernimento deve essere come un lume che ci accom­pagna sempre nel labirinto della persona disturbata, durante tutto il corso della liberazione.

4) Carisma di autorità.
Gesù « Chiamò i dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni » (Lc. 9,1). Questa stessa autorità conferì ai settantadue discepoli: « Ecco io vi ho dato il potere di cammi­nare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico » (Lc. 19,19).
Questo potere adesso risiede nella Chiesa, e in modo particolare in coloro che esercitano l'autorità nella Chiesa, i Vescovi e i sacerdoti che partecipano del loro ministero.
Questa « unzione di autorità » i sacerdoti la ricevono nel­la sacra ordinazione, e sebbene l'esercizio di essa, per certi versi, è limitato dal Vescovo - nell'esorcismo pubblico - tuttavia, in forza del carattere sacerdotale, essa è radicalmente in tutti.
Questa stessa « unzione », per via di un dono di libera­zione, può trovarsi in alcuni carismatici; ma tale dono nel suo esercizio è sempre legato all'autorità competente che però de­termina in quali casi e con quali modalità va esercitato.
Nel gruppo orante è bene che ci sia un sacerdote ricono­sciuto e delegato dal Vescovo che eserciti questa autorità, e se vi è un fratello che abbia l’« unzione di autorità sopra i demo­ni », questi può agire in silenzio.
Se l'uno o l'altro dovesse mancare, il gruppo stesso, che è chiesa, usurpando l'autorità di Cristo, eserciti con fede questo potere, ma sempre nei casi minori, e con la preghiera, non con lo scongiuro.
È opportuno usare la formula in terza persona, prenden­done una di quelle che si trovano nel Rito dell'iniziazione degli adulti.
Quando la formula è diretta, il comando in nome di Cristo va fatto mentalmente o anche a voce sostenuta: « Ti ordino, nel nome di Gesù, per il sangue di Gesù, di lasciare questo servo di Dio ».
Guerra in cielo e in terra
« Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago com­batteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto in cielo per essi.
Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e Satana e che seduce tutta la terra, fu precipi­tato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.
Allora udii una gran voce nel cielo che diceva:
Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte.
Ma essi lo hanno vinto, per mezzo del sangue dell'Agnello
grazie alla testimonianza del loro martirio; poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. Esultate dunque o cieli. e voi che abitate in essi. Ma guai a voi terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo ».
Or quando il drago si vide precipitare sulla terra, si avventò contro la donna, che aveva partorito il figlio ma­schio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso della donna, aprendo una voragine, e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca.
Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in pos­sesso della testimonianza di Gesù.
E si fermò sulla spiaggia del mare ».
APOCALISSE 12,7-18
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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