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EXTRA LARGE

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2010 14:17
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EXTRA LARGE

Otto, di mattina, devo correre!

Impietoso l’orologio, continua il suo trillo squillante, una, due, tre volte; infinite volte quel suono penetra come un chiodo arrugginito tra le pieghe del cervello, ancora vogliose di sonno.
Il solito caffè annacquato, rigorosamente senza zucchero per evitare di aggiungere peso al mio corpo di taglia extra large, disturba le mie papille gustative, non abituate al sapore amaro .
Mi guardo allo specchio, le occhiaie, penzolanti come due borse della spesa stracolme , mi rimandano l’immagine di una notte insonne , combattuta in un letto, caldo come una fornace a causa dei trentaquattro gradi dell’afosa estate.

Decido, seduta stante, di prendermi un giorno di vacanza, non mi presenterò in ufficio, anzi, con un tono di voce malaticcio, compongo il numero e avviso la centralinista che sto proprio male.
Guardo insoddisfatta e infelice l’armadio della mia camera da letto con le ante spalancate; i mie vestiti penzolano dalle grucce come tanti sacchi vuoti; la scelta cade sul solito, informe vestito nero che indosso malvolentieri.
Mi pettino, raccogliendo i miei lunghi capelli neri che si confondono con il colore dell’abito, sulla nuca e legandoli con un elastico li avvolgo a “crocchia”, bloccando così il loro respiro.

Continuo a punirmi; poco prima di uscire, immergo un cucchiaio dentro il vasetto di nutella e raccogliendone un bel pò , lascio scivolare dentro la mia bocca quella crema scura al sapore di nocciola, facendola sciogliere piano piano arrotolandola sulla lingua, la gusto con enorme goduria come se fosse il nettare degli dei e l’unico rimedio a tutti i miei malesseri .
Mi avvio e volutamente decido di lasciare nel garage la mia macchina, anche lei di colore nero, con la segreta speranza che la passeggiata, al mio ritorno a casa, faccia spostare all’indietro l’ago della bilancia pesa persone.
I miei passi mi conducono in un lungo viale al centro della città pieno di negozi e vetrine invitanti.

I manichini dalle lunghe gambe e i seni piccolissimi, sfoggiano abiti scollatissimi e magliette dai mille colori; invidio il loro ventre piatto e i loro piedini che calzano scarpe con i tacchi altissimi. Estasiata li osservo e all’improvviso mi sento magrissima. Non riesco a resistere e continuando a pensare al mio armadio a lutto, decido di entrare sfoggiando il più smagliate dei sorrisi .
La commessa filiforme che mi viene incontro, per un attimo mi osserva sconcertata, poi, tirando fuori la sua vocina , gentilmente mi chiede: “desidera”? La guardo con aria di sufficienza e con la faccia tosta che mi sono stampata addosso poco prima di entrare le chiedo: “Vorrei provare, cortesemente, quel vestito rosso che sta in vetrina”; “taglia”? replica la commessa; “quarantasei, grazie”, rispondo sicura. Soddisfatta, mi avvio nel camerino di prova e mi accorgo che non c’è l’aria condizionata, si muore dal caldo. Finalmente arriva la commessa con l’abito da sogno. Rimango da sola, mi spoglio lentamente pregustando l’attimo in cui vedrò la mia immagine riflessa nello specchio.
Accidenti! La chiusura lampo mi si impiglia tra i capelli e la “crocchia” viene giù , facendo precipitare sulle spalle l’ammasso di capelli. Lotto come una disperata cercando di fare scivolare sulla pelle sudaticcia quel magnifico vestito che si ferma all’altezza delle spalle. Mi siedo disperata sull’unico sgabello esistente in quello spazio angusto che assomiglia sempre di più a una sauna svedese e cerco di rilassarmi.
Guardo per l’ultima volta il bellissimo vestito e rassegnata indosso di nuovo il mio nero camicione taglia cinquantadue. Esco a testa alta da quel camerino riconsegnando all’anoressica commessa il vestito e con grande faccia tosta mi avvio verso l’uscita.

Sono felice! Senza pensarci due volte, mi dirigo verso una galleria d’arte lì vicino e acquisto una stampa gigantesca che riproduce un quadro famoso del grande Botero. Le donne rappresentate nei quadri di questo grande artista, adesso mi sembrano bellissime.

Ritorno lentamente verso casa non prima di essermi fermata ad un bar e aver gustato un calice strapieno di granita al caffè con una montagna di panna sopra.
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11/01/2010 14:17
 
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Scorre benissimo, senza tentennamenti e mi ha trascinato nel pensiero della protagonista.
Però ha ragione: chi non si lascia incantare da un bel vestitino rosso?

Un applauso [SM=x142874]

[SM=x142892] Giancarlo


...

- Quando le parole hanno la musica dentro e la strofa è canto, allora il pensiero è diventato poesia.- (Cobite)
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