ANCHE IL CARDINALE KASPER (COLLABORATORE DI RATZINGER) SI SCHIERA CONTRO “LA CADUTA DI STILE E IL CATTIVO ESEMPIO SOPRATTUTTO PER I Più GIOVANI” DATO DAL CAV. (E DA VERONICA) – “LO CAPIREI DA UN ATTORE O DA UN CANTANTE”…
Giacomo Galeazzi per "La Stampa"
«Il comportamento del presidente del Consiglio ci appare strano, sopra le righe. La sobrietà è un'espressione di rispetto verso le persone, una dimostrazione di senso di responsabilità: il divorzio non può essere uno spettacolo da presentare sotto i riflettori».
Nell'«intera vicenda» della separazione da Veronica Lario, non nasconde il proprio «stupore davanti al singolare stile di Silvio Berlusconi» e la propria «preoccupazione per la situazione e le sue ripercussioni sul sentire comune» il cardinale teologo Walter Kasper.
«Se a comportarsi così fosse un attore o un cantante non andrebbe parimenti bene, ma qui è di sicuro più sorprendente e strano perché si tratta di un capo di governo», osserva il ministro vaticano per l'Unità dei cristiani, tra i più stretti collaboratori del connazionale Benedetto XVI.
Condivide il richiamo di «Avvenire» al premier?
«Sì. La cifra umana della vita privata è sempre rilevante per chiunque ma, a maggior ragione, lo è per chi come Berlusconi riveste i massimi incarichi istituzionali ed è guardato come esempio di successo e realizzazione personale da milioni di uomini e donne. Vorrei ricordare che in tutto il Nuovo Testamento emergono stili di vita, comportamenti e modelli di condotta improntati a serietà, sobrietà e senso di responsabilità.
L'esempio offerto dal Vangelo è calato nell'intimità dell'anima ed è quanto di più diverso e lontano si possa immaginare dagli eccessi gridati, da un troppo esuberante e manifesto entusiasmo. Serietà e sobrietà dovrebbero essere le unità di misura fondamentali per tutti, ma soprattutto per un capo di governo. Non mi pare che siano qualcosa di positivo tutta la pioggia di polemiche che mescolano dissapori sulle candidature e dissidi familiari».
Berlusconi ne ha parlato ieri sera a «Porta a porta». Condivide la decisione?
«Un leader politico è un uomo come tutti gli altri. Anche in Germania e in altri Paesi si verificano talvolta separazioni di chi è in simili posizioni di responsabilità, però in questo caso tutto sta assumendo clamore di spettacolo, tra voci di battaglie legali, ipotesi di divisioni di patrimoni. E soprattutto un'assenza di delicatezza di toni che ferisce maggiormente in presenza di figli che andrebbero tutelati. Un divorzio è un disastro personale, ha ragioni private, intime da vivere in modo riservato.
Mi pare assolutamente inappropriato che un disagio interno a una famiglia venga dato in pasto ai mass media e celebrato davanti a tutti come fosse un film o un evento pubblico da condividere con la più vasta platea. L'eticità dei comportamenti privati è un valore da tutelare, tanto più quando si ha in carico il bene comune. Non solo di cosa si fa, ma di come lo si fa e di quale immagine si proietta all'esterno. Qui in grave difficoltà c'è una famiglia, ci sono i sentimenti più intimi di sposi, genitori. E dei loro figli. C'è un limite etico da non valicare».
Quale, eminenza? Anche la moglie ha sbagliato in questo senso?
«E' vero che un uomo di governo va giudicato per quanto attua nella sua concreta azione politica, però c'è un'idealità, un modo di relazionarsi complessivo. Quando esagera e travalica nello stile di vita personale rende un cattivo servizio a se stesso e all'importanza del proprio compito pubblico. Liti pubbliche per separarsi sono una sofferenza supplementare e un cattivo esempio soprattutto verso le fasce più giovani della popolazione.
Ovviamente è un'attenzione non solo formale, ma di contenuti, di stile nella condotta privata. A un leader l'autorevolezza proviene anche dalla propria vita personale. Una separazione è un fatto che provoca dolore e il dolore rifugge la ribalta dei riflettori perché richiede il massimo rispetto verso se stessi e il prossimo. Mi sembra che mai come in questo caso una maggiore attenzione alla riservatezza avrebbe giovato a entrambi i coniugi. E anche per l'Italia non ne esce un ritratto edificante del potere».