Con la sentenza n. 3829/2009, la Corte di Cassazione ha stabilito che la società titolare della concessione demaniale in virtù della quale espleta, all'interno dei porti, i servizi connessi all'utilizzo dei posti in barca, deve versare al comune la relativa Tarsu.
Secondo i giudici, infatti, il concetto di "aree scoperte" di cui al D.Lgs 507/1993 non si riferisce esclusivamente alla terra ferma, ma va letto in relazione alla finalità di igiene pubblica tutelate dalla normativa sulla Tarsu, il cui fine è quello di eliminare i rifiuti solidi urbani prodotti da insediamenti umani, permanenti o provvisori.
Pertanto, in detta definizione rientrano anche gli specchi d'acqua che ospitano posti in barca.
La Corte precisa, inoltre, che soggetto passivo dell'imposta è la società che gestisce gli spazi portuali, in quanto al diportista spetta solo il diritto di utilizzare tale spazio e i servizi connessi, non sottraendolo affatto alla detenzione del concedente.
Infine, il collegio stabilisce che, anche quando l'area in questione rientri nel demanio statale, tale natura è irrilevante ai fini della Tarsu, poiché il comune è tenuto alla raccolta dei rifiuti sul tutto il proprio territorio, prendendo come riferimento i confini geografici dello stesso e non la natura o la qualità dei beni immobili ivi compresi.
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