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La pietà di Bacchineddu

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2009 15:15
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Bacchineddu.
I bambini ridevano : “Lo scemo del villaggio!”
Certo.
Rimasto orfano da piccolo, costretto a lavorare in una porcilaia, nutrirsi di avanzi, privato di tutto, non parliamo di affetto, bastonato per un niente… violentato per passatempo, non era stato poi così difficile impazzire. Da grande era stato definitivamente abbandonato e vagava in quello che per lui era il mondo : il paese dove aveva avuto inizio la sua vita.
Nella sua mente aveva diviso le vie in posti belli, dove c’era il sole e qualcuno gli offriva da mangiare e posti brutti, dove faceva freddo e veniva beffeggiato. Allora se ne andava via, curvo, dentro un vecchio cappotto militare pieno di bottoni, che gli era stato regalato da un’anima buona. Camminava come una nave senza timone, che non si decideva a fracassarsi sugli scogli. O come un cucciolo smarrito che vuole giocare con altri cuccioli. Gli piacevano i bambini, lui aveva il cervello di un bambino e con il suo sorriso da uomo infelice cercava di avvicinarsi a loro, facendoli scappare. Ma alcuni si voltavano e gli lanciavano delle pietre che colpivano il suo corpaccione avvolto nel cappotto, rimbombando con un rumore sordo.
I grandi sgridavano con orgogliosa noncuranza i loro rampolli, così bravi a destreggiarsi .
Diventavano uomini, caspita.
Che uomini.
Sicuramente, per Bacchineddu un posto brutto era il canale di scolo all’entrata del paese. Ci andava a dormire d’estate, perché faceva fresco, del brutto odore non gli importava molto.
Ma una notte che lui stava dormendo, qualcuno aveva fatto rotolare dentro il canale delle ruote d’auto in fiamme. Ne era uscito soffocato e bruciacchiato, fra le risate generali e da allora non ci aveva più messo piede.
Aveva scoperto un deposito di vecchie auto e per un po’ era riuscito a dormire sopra dei sedili sventrati, con un tetto di lamiera sulla testa. Poi il custode se ne era accorto e gli aveva aizzato dietro i suoi cani per scacciarlo, e i suoi figli.
Per Bacchineddu non faceva differenza.
Gli avevano fatto male entrambi.
Anche da lì se ne era andato.
Quell’ inverno fu particolarmente freddo. Non sapeva dove andare a dormire. Dai portoni e dalle legnaie lo cacciavano a urla, qualcuno a calci. In chiesa per un po’ riusciva a rimanere, ma quando veniva gente il prete lo prendeva per un braccio e lo accompagnava fuori.
Oltre al freddo, gli faceva male anche il braccio, dopo.
Era forte, quel prete e così indignato…
A fianco della chiesa c’era un monumento. Guardava spesso, con aria sbalordita e pensierosa, la statua di quella donna triste, avvolta in un mantello, che poggiava una mano sulla spalla di un uomo sofferente sdraiato ai suoi piedi, con una corona di spine sulla testa.
Forse è tuo figlio, pensava Bacchineddu, osservando l’altra mano della donna, alzata, come a esprimere stupore, dolore.
Se quello era suo figlio, gli avevano fatto del male, pensava.
Quando era sicuro di essere solo, l’aveva stretta quella mano, come per aiutarla, e aveva provato una strana gioia. Forse, perché era l’unica mano che non si era ritratta dalla sua.
Però stava facendo buio e aumentava il freddo.
C’era una cavità ai piedi della statua che poteva offrire un po’ di riparo. Stava per accovacciarsi alla meglio, quando posò lo sguardo sulla statua dell’uomo sofferente, appoggiato alle gambe di quella donna.
Annuì, sorridendo a se stesso, come faceva quando qualcosa gli appariva così chiara.
Si tolse il cappotto e lo coprì per bene, facendo tintinnare sul suo corpo di marmo nudo i bottoni metallici. Finalmente, poteva mettersi a dormire.
Il mattino dopo tutto il paese era coperto di neve.
La statua non si distingueva più.
Dopo tre giorni la neve cominciò a sciogliersi.
Era ora di pranzo quando le campane della chiesa cominciarono a suonare, suonavano disperatamente, chiamando a raccolta i paesani, come se fosse scoppiato un incendio.
Accorsero e rimasero a bocca aperta. La neve del monumento si era sciolta quasi del tutto.
La Madonna aveva una mano poggiata sul corpo del Cristo, riparato da un vecchio cappotto militare, l’altra mano, quella che prima era alzata, abbassata, posata lievemente sulla testa di Bacchineddu che giaceva ai suoi piedi, sembrava dormire.
Sereno e quasi sorridente.
Come se gli avessero dato qualcosa di grande.
La prima e ultima volta nella sua vita terrena.
Nessunò osò più ridere di lui.











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18/02/2009 11:35
 
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Questo tuo racconto, l'ho letto già da due giorni. Mi ha turbata e non sapevo come rispondere, tutt'ora adesso non trovo le parole adatte per esprimere quello che ha suscitato in me. Mi sono sentita parte, di quelle persone che girano la testa e guardano altrove quando incrociano, uno dei tanti Bacchineddu che si vedono nelle strade delle nostre città. Ci siamo assuefatti alla sofferenza, a volte la viviamo con fastidio, distogliamo lo sguardo, perchè non riusciamo a reggere il senso di colpa. Così mentiamo a noi stessi, con la paura e l'insicurezza, ci scagliamo contro queste persone a volte già tanto provate dalla vita, soltanto per sentirci bene con noi stessi.
Il tuo racconto è molto bello, venato di poesia, con un finale dolce amaro. In questa triste società non resta che la Pietà Celeste.
[Modificato da kamo58 18/02/2009 11:38]
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18/02/2009 22:22
 
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Davvero commovente, non sono riuscita a trattenere le lacrime.
Riesci a suscitare tante emozioni nel tuo scritto: l'indignazione per l'abbandono del pover'uomo (tutti avevano un tetto per ripararsi in quel lungo e freddo inverno ma nessuno pensa a Bacchineddu) e poi il finale triste, tristissimo. Perché solo dopo la morte di Bacchineddu la gente non ride più, finalmente si accorge di quanto misero è il suo cuore.
Sei veramente un bravo narratore. [SM=x142874] [SM=x142874]


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MICHELA
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18/02/2009 23:40
 
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Anche io ho pianto... Non ho resistito.
Assolutamente commovente,triste... Perchè ha un fondo di verità troppo evidente per potergli sfuggire...
Hai una capacità di emozionare e di narrare assolutamente splendida...
Mi hai tolto le parole,non so che dire...
Ma hai lasciato tante emozioni ancora vive in me...

Tantissimi complimenti...

[SM=x142887] [SM=x142887]


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◊...Perchè gli occhi dell'uomo cercan morendo il sole...◊
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20/02/2009 15:15
 
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Kamo, Eli, Shilke, vi ringrazio per il vostro apprezzamento e per la sensibilità sull'argomento.
Non so cosa mi sia preso, quando ho provata a scrivere questa storia.
Non ero sicuro di riuscire a mostrare ciò che pensavo, ma, dai vostri gentili commenti, in qualcosa, anche di piccolo, forse sono riuscito.
Vi ringrazio ancora.

Alberto
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