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La Contemplazione e l'azione in S. Caterina da Siena

Ultimo Aggiornamento: 13/02/2009 09:06
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Sesso: Femminile
13/02/2009 09:06

CONTEMPLAZIONE E AZIONE

Santa Caterina c'insegna a coniugare contemplazione e azione e ce ne dà l'esempio: occorre la totale, costante adesione alla Volontà di Dio

La singolare attitudine di santa Caterina da Siena a coniugare contemplazione e azione si manifesta sin dalla infanzia: la visione del Cristo-Pontefice non le appare nell'ambiente raccolto di una chiesa ma fuori, per strada.
La bimba la intende dapprima come un invito ad imitare l'ascesi dei Padri del deserto, e il suo ingenuo tentativo di vita eremitica tramonta col primo calar del sole.

Ma non si dà per vinta: compie come può pratiche ascetiche, fa voto di verginità e, più tardi, ai suoi che vorrebbero vederla sposa, oppone un netto rifiuto: il mio sposo è Cristo.

Una volta lasciata libera si rinchiude nella sua stanzetta, e lì il Maestro la istruisce in familiare conversazione.
Ma un giorno Egli si arresta alla soglia e la invita a uscire: dovrà d'ora in poi partecipare alla vita della famiglia, alla vita cittadina.
Caterina protesta vivacemente: come può la infinita Bontà proporre a lei o ad altri di lasciare la sua dolce compagnia per andare a impacciarsi delle faccende umane?

           

Sempre unita a Dio

La risposta è decisiva: operare per il prossimo non è separarsi da Dio, ma unirsi a Lui più effettivamente, perché quello è il mezzo che ci viene offerto per attuare il duplice precetto dell'amore, quello che comprende tutti gli altri.
La lezione non va a vuoto: Caterina la mette in pratica senza indugio.

Comincia dai più vicini: gl'infermi ributtanti che gli stessi ospedalieri cercano di evitare e i malati nello spirito, inceppati in una eredità familiare di odio, o pronti a inventare nuove cause di discordia.

Più volte spoglia se stessa per rivestire il mendicante, e il Signore la ricompensa mostrandosi a lei nella veste che lei ha donato, o rendendole, tempestata di gemme preziose, la crocellina d'argento.

Per queste sue attività, talvolta accompagnate da fatti straordinari, la figura di Caterina comincia ad emergere, e intorno a lei si forma una famiglia di discepoli: religiosi e laici, uomini e donne di vario livello sociale.

Per mezzo loro si apre a Caterina una più profonda conoscenza della società, e la origine dei disagi che una carità spicciola non puo bastare a sanare.

Comincia allora la sua azione con gli uomini di governo: denuncia le ingiustizie, l'oppressione dei potenti su i poveri senza difesa, I'arrendevolezza dei magistrati— al giudice che, per denaro o per paura, ha prosciolto un colpevole potente vorrebbe fosse inflitta la pena che quello aveva meritato—- agli avvocati propone l'esempio di sant'Ivo, difensore dei poveri, mentre di quelli che per paura dei "grandi" o per prevedibile mancanza di compenso, trovano mille scuse per rifiutare la loro opera, traccia un profilo che anticipa quello del manzoniano Azzeccagarbugli.

Caterina guarda oltre le mura cittadine: le sue lettere richiamano al dovere della giustizia e della difesa dei poveri governanti, signori e sovrani, di qua e di là delle Alpi, prospettano al vivo i danni morali e materiali della guerra, invitano a metter da parte le ambizioni di potere, pur di assicurare alla gente il grande bene della pace.

L'esercizio dell'autorità deve essere atto di amore: estensione al prossimo di quel desiderio del proprio bene che è innato in ogni creatura umana.

Così Caterina lo prospetta ad Andrea di Vanni, allora Capitano del Popolo di Siena: non vedo, gli scrive, come possiamo governare gli altri se non cominciamo dal governare noi stessi, dato che dal medesimo amore di Dio deriva, così il retto amore di noi stessi come quello degli altri, e l'arte di evitare il male e procurare ciò che è buono per gli altri come per noi stessi.

E' dunque aperta a tutti, in qualunque stato di vita, quella "orazione continua", che il Dialogo identifica con la "buona e santa volontà" di collaborare al bene del prossimo che per tutti, in qualunque condizione, è un dovere: ogni parola ogni atto in servizio del prossimo è, di fatto, preghiera: "L'affetto di carità è continua orazione" (Dial. 66).

Non dice che equivale o che sostituisce, ma che semplicemente, "è".

Così dunque Caterina c'insegna a coniugare contemplazione e azione e ce ne dà l'esempio.

L'intuzione dell'Amore

Ma proprio il suo esempio dimostra che la fusione delle due realtà presuppone la totale, costante adesione alla divina Volontà, e questa non s'improvvisa: sta al termine dell'ascesa del ponte tra cielo e terra che è Cristo crocifisso.

Bisogna che la intuizione dell'amore che Lo ha tenuto confitto alla croce attiri l'innato bisogno di amare che è nell'anima, e la muova a intraprendere il cammino segnato dai piedi forati e sanguinanti, e la sostenga, mediante l'orazione e l'esercizio delle virtù, nell'ascesa al costato aperto dalla lancia per scoprirvi il "segreto del cuore", I'Amore che crea e che redime.

Si troverà allora senza alcuno sforzo al sommo dell'ascesa, e nel bacio della pace parteciperà all'amore filiale del Verbo Incarnato nella piena adesione alla Volontà del Padre condividerà la Sua missione per la salvezza degli uomini.

Qui esplode il dinamismo dell'amore: ogni paura cade e la naturale avversione alla sofferenza è sostituita dal desiderio di soffrire per partecipare alla missione del Verbo Incarnato nella conformità alla Sua Passione

La "via del Ponte", che Caterina ha percorso pienamente- non è privilegio di alcuni: è aperta a tutti ed è l'unica che conduca al Padre.

E' ardua ma piacevole perché è la via dell'amore, e nulla è tanto piacevole e dolce quanto l'amore, l'unicum che Dio ci richiede, per Sé e per il nostro prossimo.

E' questo il segreto della fusione di contemplazione e azione in Caterina da Siena, segreto che il suo compatronato invita i popoli di Europa a ricercare e scoprire nel tesoro di una dottrina che è pensiero e vita.


GIULIANA CAVALLINI
(Oss. Romano - Speciale- 20 ottobre 1999)

        

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Tutto in Caterina prende avvio dalla conoscenza di fede. La Fede le dice che Dio è l’Unico, che è l’Essere che esiste di per se stesso e…niente di quanto esiste, esiste in forza di se stesso, ma solo per libera creazione e conservazione del Creatore, di colui che, solo, è Colui che è…

Si, è un giro di parole, ma pur penetrabili se le meditiamo con la massima attenzione. Questo giro di parole è un "riassunto" della strabiliante capacità di intendere Dio da parte di Caterina, analfabeta e illetterata. Caterina è giunta a descrivere una strabiliante definizione del concetto "non-essere", lei stessa si definisce "colei che non è"…Caterina è una grande "ragionatrice", per semplificare senza, però, deturpare il significato, potremo dire che per la Santa senese "il riconoscersi – non-essere- ci consente di conoscere il vero – Essere - cioè, Dio, colui che è…! Nella sua "cella interiore" Caterina scopre come questo suo "essere" è instabile, inconsistente, debole, povero, fragile, che non può difendersi da solo, che non può di per se resistere al venir meno, al richiamo del nulla…ecco perciò il suo "non essere". Caterina ha capito che, se non cede a questo "richiamo", mai potrà scoprire un Essere che è l’Essere…per sé sussistente il quale fa sussistere e resistere l’essere creato e che gli dona ogni sua attualità e positività!

Ecco perché Caterina amava tutti incodizionatamente, amava ogni essere da Dio creato uomo, donna, bambino, adulto, religioso o laico, italiano o estero, signore o plebeo, peccatori o santi…questa sua realtà non è dovuta soltanto alla pratica del Vangelo, ma anche al suo sguardo metafisico che considera e contempla in tutte le cose l’essere…incessantemente versato in esse da Dio creatore e conservatore! Perciò tutti gli esseri hanno la medesima dignità e per tutti Caterina ha riverenza. Ciò che in essi si trova di positivo, dipende e deriva da Dio perciò, sotto questo aspetto, tutti hanno la loro fondamentale dignità!

L’uomo è il "mondo" che Caterina studia, ama ed ammira, al di sopra dell’universo e come noi l’intendiamo. L’intenzionalità di Caterina è molto più profonda di quanto non sia quella attuale che rilega l’uomo "come un mondo piccolo"…(microcosmo). Dice Caterina in una sua Lettera: " l’anima è infinita – perocchè non finisce mai quanto ad essere; perocchè, benchè finisca a Grazia (lo dice in virtù del peccato che allontana da noi la Grazia), non finisce ad essere…" (lettera a madonna Pentella, maritata in Napoli, serva di Cristo.)

In conclusione, questa è la condizione dell’anima: poiché ella ha infinito essere, infinitamente desidera e non si sazia mai…se non si congiunge con lo Infinito…(lettera a sua nipote, Sr. Eugenia, nel monastero di S. Agnese di Montepulciano), e ancora dice: perciò i dannati non perdono l’essere; perdono l’essere della Grazia per la colpa loro, ma l’Essere no! (lettera a Sr. Daniella ad Orvieto)

Per Caterina diventa, perciò, importante alimentare la propria anima per poterla rendere più disponibile all’Essere: l’uomo che perde il "suo essere" è per Caterina la mancanza dell’alimento che è la Preghiera, i Sacramenti, in particolare quello della Confessione e dell’Eucarestia. Attraverso il primo si ricrea quella comunicazione attraverso l’Essere, con la S. Eucarestia l’Essere può sprigionare la Sua ricchezza, potenzialità, genialità…

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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