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Neoliberismo

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2006 13:15
22/08/2006 18:18
 
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Prima hanno bastonato gli operai

ma io non ero un operaio, e così non li ho difesi



poi hanno bastonato i giovani in cerca di lavoro

ma io non ero un giovane in cerca di lavoro, e così non li ho difesi



poi hanno bastonato i ferrovieri e i pendolari

ma io non ero un ferroviere o un pendolare, e così non li ho difesi



poi hanno bastonato gli insegnanti

ma io non ero un insegnante, e così non li ho difesi



poi hanno bastonato piloti e hostess

ma io non ero pilota né hostess, e così non li ho difesi



poi hanno bastonato gli allevatori

ma io non ero un allevatore, e così non li ho difesi



poi hanno bastonato tassisti e farmacisti

ma io non ero tassista o farmacista, e così non li ho difesi





Adesso stanno venendo a bastonare me.


E non è rimasto nessuno a difendermi.






22/08/2006 18:23
 
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Neoliberismo


Il neoliberismo è una dottrina economica che ebbe grande impulso a partire dagli anni '80, soprattutto ad opera di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, che sostiene il disimpegno dello Stato dall'economia, la privatizzazione dei servizi pubblici, la liberalizzazione di ogni settore e la fine di ogni chiusura doganale.

I fautori del neoliberismo, come sembra provato dalla notevole crescita economica registrata negli Stati che hanno adottato questa politica, sostengono che favorendo la libertà di mercato si ha una generale crescita dell'economia in termini di PIL e di livello di scambio tra paesi lontani; questo processo porterebbe verso un sempre maggiore livello di benessere per tutti.
Sotto il profilo ideologico, questo miglioramento è considerato principalmente come un effetto della difesa del diritto di ogni uomo a disporre autonomamente di sé e della propria vita.

Secondo i critici, il neoliberismo non ha portato benessere a tutta l'umanità, ma piuttosto ha accentuato le disuguaglianze fra le differenti classi sociali all'interno dello stesso Paese. Ovvero si è aumentata la ricchezza complessiva dell'umanità a scapito della maggioranza dei poveri.
Altri detrattori hanno sottolineato che questo processo di arricchimento generalizzato è avvenuto soprattutto a scapito del pianeta terra distruggendo per sempre risorse non rinnovabili creando pertanto (esternalità negative).

Le tesi neoliberiste sono state di recente imposte dalle principali organizzazioni internazionali (Banca mondiale, WTO, FMI) a molti paesi del Terzo Mondo - dal Myanmar al Pakistan - ed alle società dell'Europa centro-orientale uscite dal socialismo reale con esiti di dubbio vantaggio per le popolazioni locali.


Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Neoliberismo"


22/08/2006 18:30
 
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La società in crisi.



Nel mondo contemporaneo, i bambini e gli adolescenti che stanno male in senso psicologico sono sempre di più. Essi ormai rappresentano l'ultima frontiera del disagio mentale, essendo la categoria umana sulla quale le rapide mutazioni sociali in corso vanno esercitando una sperimentazione ad altissimo rischio.
Oggetto di conflitti relativi ai sistemi di valori da trasmettere, il bambino è fatto segno di una pressione coercitiva che non ha l'eguale nel corso della storia. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: ansie, fobie, disturbi alimentari, angosce estetiche e sociali, ipercinesie (il fatidico e attuale ADHD), sindromi asociali, dipendenze, conflitti familiari e generazionali, depressioni e persino compulsioni al suicidio, assediano la mente di un terzo dei bambini e degli adolescenti del mondo occidentale, e si prepararono a colpire in futuro la metà della popolazione giovanile totale.
La causa va ricercata nello smarrimento del mondo adulto di fronte al conflitto di ideologie concorrenti, tutte egualmente "forti" e attive nel contendersi il ruolo di "interpreti del mondo". Nella relativa obsolescenza della cultura tradizionale "del dovere", ha preso piede una "cultura del desiderio illimitato" sorta dalla moderna ideologia neoliberista. Il neoliberismo propugna l'idea e diffonde la convinzione che la libertà democratica consista nel diritto inalienabile all'appetizione di beni e servizi, senza limitazioni d'ordine affettivo o morale. In questo senso è lecito parlare di un'ideologia neoliberista implicata nella formazione e nella deformazione della psiche contemporanea, ideologia nella quale l'individualismo assoluto si coniuga con l'onnipresente angoscia di "non essere all'altezza".
Oggetto-tabù che contraddice l'aspirazione moderna all'onnipotenza, il bambino ha finito per essere - suo malgrado - l'inconscio rimosso della nostra civiltà.


22/08/2006 21:05
 
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Globalizzazione e neoliberismo


Due termini che vorrebbero indicare un ordine economico mondiale ormai socialmente adulto che, per mezzo dello stimolo del profitto privato, darebbe sviluppo e benessere a tutti. In realtà è un ordine economico imposto al mondo intero per un maggiore saccheggio delle risorse naturali che sta gettando la maggior parte della popolazione del pianeta in una situazione disperata e insostenibile.

La globalizzazione e il neoliberismo si sono imposti attraverso modelli dell'economia e della politica che aggravano la disuguaglianza economica e approfondiscono l'ingiustizia. Le attuali strutture dominanti hanno portato frustrazione, esclusione e morte per la maggior parte dei popoli.
Essendosi inoltre introdotta l'inaccettabile e demagogica guerra cosiddetta "preventiva", si è inferto un grave danno ai diritti umani e all'umanità in quanto tale, riducendo e indebolendo le Istanze Mondiali destinate a vigilare per la pace. Le conseguenze distruttive di tutto ciò sono presenti in tutti i Continenti, con un flusso crescente di immigrati e con l'evidenza che le promesse di ridurre significativamente la povertà sono semplicemente ingannevoli.

Nonostante la globalizzazione neoliberista si presenti come un'opportunità storica unica, come un progetto fondamentale definito e definitivo, e come l'ultima cosa possibile nella storia, essa porta dentro di sé le contraddizioni e le debolezze che la condurranno a morte:
- accelerando pericolosamente il consumo di materie prime non rinnovabili e usando indiscriminatamente sostanze chimiche, provoca un danno che minaccia seriamente la vita dell’umanità intera;
- promuovendo, per sopravvivere, un aumento costante della produzione e introducendo a tal fine l'automazione, manda in rovina un ingente numero di lavoratori e riduce l'insieme dei consumatori della sua produzione;
- assorbendo i Paesi del mondo per trasformarli in un supermercato, dove tutto ha il cartello "vendesi", concentra il potere economico ai vertici sociali, provoca uno squilibrio economico e infine la rovina, propiziando così la crescita di una opposizione;
- dirigendo infine le "conquiste" ultime della tecnica per cammini sempre più disumanizzanti, accresce il rifiuto generale motivato dalle conseguenze negative che porta con sé.

Inoltre questo modello di sviluppo per esistere ha bisogno di rubare e per rubare ha bisogno di uccidere. E i dirigenti del mondo unipolare e transnazionale hanno avuto l'inaspettata sincerità di dirlo e farlo senza alcuna dissimulazione, per cui diventa urgente, oltre che possibile, un sistema in cui l'elemento costitutivo non sia la concentrazione del profitto, ma la distribuzione delle risorse, non l'individualismo egoista, ma la dimensione comunitaria e il rispetto per la dignità umana.

Alcuni dati possono aiutare a spiegare meglio la tendenza attuale:

Secondo le stime dell'United Nations Development Program, solo 10 persone, i miliardari più ricchi del mondo, possiedono una ricchezza netta di 133 miliardi di dollari, cioè oltre 1,5 volte il reddito nazionale totale dei Paesi meno sviluppati. Basterebbe l'1% del reddito globale per eliminare la povertà. Ci vorrebbero 5,5 miliardi di dollari per cancellare i debiti dei 20 Paesi più poveri. Eppure esattamente 5,5 miliardi di dollari è costata la costruzione di EuroDisney. Il costo per fornire accesso a servizi sociali di base e per trasferire il capitale necessario per alleviare i redditi bassi ammonterebbe a 80 miliardi di dollari, meno del reddito totale delle sette persone più ricche del mondo. In 6 Paesi si spendono 700 milioni di dollari in nove giorni per l'acquisto di cibo per cani e gatti. Annualmente si spendono circa 66 miliardi di dollari per l'acquisto di cosmetici e più di 800 miliardi di dollari, nel 1995, per le spese della difesa. Cifre che parlano da sole e che gridano vendetta al cospetto di Dio!

(Adista n. 53 del 17 luglio 2004)


22/08/2006 21:06
 
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La fame...



La fame esiste anche in Europa. Ne soffrono 30 milioni di persone.
Più di 800 milioni di persone soffrono la fame nel mondo, 30 dei quali in Europa. I Paesi maggiormente colpiti sono la Lettonia e la Slovacchia, dove soffre di fame il 5-6% della popolazione contro una media del 2% degli altri Paesi dell'Europa centrale. I dati sono stati forniti dalla Fao (1). La ragione principale è nella povertà di alcune frange di popolazione. In effetti, questi Paesi producono cibo sufficiente e i supermercati sono ben approvvigionati, ma le persone povere non hanno il denaro sufficiente per nutrirsi correttamente. In Polonia, per esempio, dove soffre di fame l'1% della popolazione, i contadini, soprattutto anziani, vivono di ciò che produce la loro attività, carne di porco e patate, il che non consente lo scambio e quindi la possibilità di avere denaro per completare la dieta alimentare. Altra parte della popolazione anziana vive della pensione di Stato, oppure lavora in attività produttive con salari bassissimi, insufficienti a garantire un buon standard nutrizionale. Il rifugio a questo stato di degrado è l'alcool che peggiora ulteriormente la capacità di spesa alimentare. Insomma pensavano che la fame fosse appannaggio dei Paesi del terzo mondo invece scopriamo che l'abbiamo anche in casa, e in misura consistente.

(1)FAO: 24a conferenza regionale per l'Europa - Monpellier (F)

(Avvertenze n. 2004-12 del 15 Giugno 2004)


22/08/2006 21:08
 
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USA / La difficoltà di far fronte alle spese sanitarie
Circa 20 milioni di famiglie statunitensi hanno grosse difficoltà a saldare i conti del medico e del farmacista. La spesa sanitaria è per molti nuclei onerosa al punto da costringerli a ridurre altre spese, sempre importanti, come l'affitto, il mutuo, la macchina. È quanto emerge da uno studio del "Center for Studying Health System Change" (Hsc). Nel 2003, un terzo delle famiglie ha dovuto rinunciare a farmaci, visite mediche, cure.

G.BRETAGNA / L'esplosione del fenomeno homeless
Gli homeless sono 380 mila in tutto il Paese, quanto la popolazione di Bristol. Vivono in ostelli o dormono in case di accoglienza. Secondo il rapporto "Hidden Homelessness: Britain's Invisible City", il costo del fenomeno è di 1,4 miliardi di sterline: sussidi, costi per gli alloggi e tasse non incassate. Da qui al 2020 le persone senza casa si prevede che saranno 960 mila.

(Avvertenze numero 2004-14 del 15 Luglio 2004)

Al grande naturalista Charles Darwin venne un dubbio che espresse nel suo famoso libro “Viaggio di un naturalista intorno al mondo”:

Se lo stato di miseria dei nostri poveri non è dovuto a leggi di natura ma alle nostre istituzioni, la colpa è nostra, ed è grave.









23/08/2006 13:04
 
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L'essenza del neoliberismo



Il mondo economico è veramente, come vuole il discorso dominante, un ordine puro e perfetto, che implacabilmente dipana la logica delle sue prevedibili conseguenze, pronto a reprimere ogni errore con le sue sanzioni? Sanzioni che infligge automaticamente o anche, in via più eccezionale, tramite un suo braccio armato - I'Fmi o l'Ocse - con l'imposizione di politiche di basso costo della manodopera, riduzione della spesa pubblica, flessibilizzazione del lavoro. E se non si trattasse invece che dell'attuazione di un'utopia, quella del neoliberalismo, convertita in programma politico; un'utopia che giunge a vedere se stessa, con l'aiuto della teoria economica cui si richiama, come la concezione scientifica del reale? Questa teoria tutelare è una pura finzione matematica, fondata, fin dalle origini, su una formidabile astrazione, che consiste nel mettere tra parentesi -in nome di una concezione ristretta e rigida della razionalità, identificata con la razionalità intellettuale - le condizioni economiche e sociali delle disposizioni razionali e delle strutture socioeconomiche che sono la condizione del loro esercizio.

Basti pensare, per dare la misura dell'omissione, soltanto al sistema. dell'insegnamento, che non viene mai considerato in quanto tale in un'epoca in cui il suo ruolo è determinante, sia per la produzione dei beni e dei servizi che per quella dei produttori. Da questa sorta di peccato originale, iscritto nel mito walrasiano della "teoria pura", discendono tutte le lacune e carenze della disciplina economica, nonché la sua fatale ostinazione nell'aggrapparsi all'arbitraria contrapposizione, suscitata dalla sua stessa esistenza, tra la logica propriamente economica, fondata sulla concorrenza generatrice di efficienza, e la logica sociale, soggetta alla regola dell'equità.




23/08/2006 13:05
 
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Oggi più che mai questa "teoria", desocializzata e destoricizzata dalle origini, possiede i mezzi per rendersi vera, empiricamente verificabile. In effetti, il discorso neoliberale non è un discorso come gli altri. Analogamente al discorso psichiatrico nelle strutture manicomiali secondo l'analisi di Erving Goffman è un "discorso forte"; che però è tanto forte e difficile da controbattere, soltanto perché ha dalla sua tutte le forze di quel mondo di rapporti di forze che esso stesso contribuisce a far diventare ciò che è, orientando in particolare le scelte economiche di chi domina i rapporti economici, e aggiungendo così a questi rapporti di forze la propria forza, propriamente simbolica. In nome di questo programma scientifico di conoscenza, convertito in programma politico d'azione, si compie un immenso lavoro politico (negato, poiché in apparenza puramente negativo) mirante a creare le condizioni di realizzazione e di funzionamento della "teoria"; un programma di distruzione metodica dei collettivi.

Il movimento in direzione dell'utopia neoliberale di un mercato puro e perfetto, reso possibile dalla politica di deregulation finanziaria si compie attraverso l'azione trasformatrice e, bisogna ben dirlo, distruttiva, di tutte le misure politiche (delle quali la più recente è l'Ami, accordo multilaterale sugli investimenti, destinato a proteggere contro gli stati nazionali le imprese estere e i loro investimenti) miranti a contestare tutte le strutture collettive in grado di ostacolare la logica del mercato puro: la nazione, il cui margine di manovra si riduce incessantemente; i gruppi di lavoro, ad esempio con l'individualizzazione dei salari e delle carriere in funzione delle competenze individuali, con la conseguente atomizzazione dei lavoratori; i collettivi di difesa dei diritti dei lavoratori: sindacati, associazioni, cooperative; e la stessa famiglia, che con la costituzione di mercati per fasce d'età perde in parte il suo controllo sui consumi.




23/08/2006 13:07
 
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Il programma neoliberale, che trae la propria forza sociale dalla forza politico-economica di coloro dei quali esprime gli interessi - azionisti, operatori finanziari, industriali, politici conservatori o social-democratici convertiti alla rassicurante esautorazione del laissez-faire, alti funzionari delle istanze finanziarie, tanto più accaniti nell'imporre una politica mirante al loro stesso declino in quanto, a differenza dei dirigenti delle imprese, non rischiano in alcun modo di pagarne eventualmente le conseguenze - tende globalmente a favorire la scissione tra economia e realtà sociale, e a costruire così nella realtà un sistema economico conforme alla descrizione teorica: una sorta di macchina logica che si presenta come una concatenazione di vincoli, con effetti di trascinamento sugli agenti economici.

La mondializzazione dei mercati finanziari, coniugata con il progresso delle tecniche dell'informazione, assicura ai capitali una mobilità senza precedenti, e offre agli investitori la possibilità di raffrontare in permanenza il grado di redditività delle maggiori imprese, e quindi di penalizzare gli insuccessi relativi. Dal canto loro le imprese, sottoposte a questa permanente minaccia, sono costrette ad adattarsi sempre più rapidamente, per non incorrere nella cosiddetta "perdita di fiducia dei mercati", alle loro esigenze e a quelle degli azionisti; i quali, interessati alla redditività a breve dei loro investimenti, sono sempre più in grado di imporre la loro volontà ai manager, cui dettano norme attraverso le indicazioni finanziarie, e di orientarne la politica in materia di assunzioni, di rapporti con il personale e di remunerazioni.




23/08/2006 13:08
 
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Si instaura così il dominio assoluto della flessibilità, con contratti a tempo determinato, assunzioni ad interim e "piani sociali" a ripetizione; e all'interno stesso delle imprese nasce la concorrenza tra filiali autonome, tra équipes costrette alla polivalenza e infine tra individui, attraverso l'individualizzazione del rapporto salariale: con la determinazione di obiettivi individuali; l'introduzione di colloqui di valutazione individuali; la valutazione permanente; gli aumenti salariali individualizzati o la concessione di premi in funzione della competenza o del merito individuale; le carriere individualizzate; le strategie di "responsabilizzazione" tendenti ad assicurare I'autosfruttamento di taluni quadri, che pur essendo semplici stipendiati soggetti a una forte dipendenza gerarchica, sono chiamati al tempo stesso a rispondere delle loro vendite, dei loro prodotti, delle loro succursali, del loro negozio ecc., quasi fossero "autonomi"; l'esigenza dell'"autocontrollo", che in base alle tecniche del "management partecipativo" estende il "coinvolgimento" dei dipendenti molto ben oltre i livelli dirigenziali. Tutte tecniche di assoggettamento razionale, con le quali si impone ai dipendenti un iperinvestimento nel lavoro, non limitato ai posti di responsabilità, e una perenne condizione di urgenza. Tutto ciò contribuisce ad affievolire, se non ad abolire, i riferimenti e le solidarietà collettive .

L'istituzione pratica di un mondo darwiniano della lotta di tutti contro tutti, a tutti i livelli della gerarchia, in cui si fa leva sull'insicurezza, sulla sofferenza e sullo stress per ottenere il massimo impegno sul lavoro e al servizio dell'impresa non potrebbe indubbiamente riuscire in maniera così completa senza la complicità delle predisposizioni alla precarietà prodotte dall'insicurezza e dall'esistenza, a tutti i livelli di gerarchia anche quelli più elevati,. di un esercito di riserva di manodopera resa docile dalla precarizzazione e dalla permanente minaccia della disoccupazione. II fondamento ultimo di tutto quest'ordine economico, che pure si pone sotto il segno della libertà, è in effetti la violenza strutturale della disoccupazione, della precarietà e dell'implicita minaccia di licenziamento. La condizione del funzionamento "armonioso" del modello microeconomico individualista è un fenomeno di massa: l'esistenza dell'esercito di riserva dei disoccupati.




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Questa violenza strutturale pesa altresì su quello che viene definito il contratto di lavoro (sapientemente razionalizzato e svuotato di contenuti reali dalla "teoria dei contratti"). Nel discorso dell'impresa non si è mai parlato tanto di fiducia, di cooperazione, di lealtà e di cultura imprenditoriale, quanto in un'epoca in cui si ottiene l'adesione di ogni istante facendo scomparire tutte le garanzie di ordine temporale (tre quarti delle assunzioni sono a tempo determinato, la proporzione di posti di lavoro precari cresce incessantemente e si tende ad abolire ogni restrizione ai licenziamenti individuali).

Si vede così come l'utopia neoliberale tende a incarnarsi in una sorta di macchina infernale, la cui necessità si impone agli stessi ceti dominanti. Come in altri tempi il marxismo, con il quale, da questo punto di vista, ha molti punti in comune, quest'utopia suscita una fede incrollabile, la free trade faith, non soltanto tra coloro che materialmente ne vivono, come i finanzieri, i proprietari delle grandi imprese ecc., ma anche in chi ne trae la giustificazione della propria esistenza, come gli alti funzionari e i politici che divinizzano il potere dei mercati in nome dell'efficienza economica; e quindi esigono l'abolizione delle barriere amministrative o politiche che potrebbero intralciare i detentori di capitali nella ricerca, puramente individuale, della massimizzazione del proprio personale profitto, elevata a modello di razionalità; si schierano in favore dell'indipendenza delle banche centrali; predicano la subordinazione degli stati nazionali alle esigenze della libertà economica dei padroni dell'economia, con la soppressione di ogni regolamentazione su tutti i mercati, a incominciare dal mercato del lavoro, auspicano l'interdizione dei deficit e dell'inflazione, la privatizzazione generalizzata dei servizi pubblici, 1a riduzione della spesa pubblica e sociale.


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Quanto agli economisti, anche se non condividono necessariamente gli interessi economici e sociali dei veri credenti, hanno sufficienti interessi specifici nel campo della scienza economica per dare un contributo decisivo alla produzione e alla riproduzione della fede nell'utopia neoliberale; che rivestono - quale che sia il loro stato d'animo riguardo ai suoi effetti economici e sociali - dei panni della ragione matematica. L'intera loro esistenza, e soprattutto la loro formazione intellettuale, il più delle volte puramente astratta, libresca e teoricista, li tiene segregati dal mondo economico e sociale quale realmente è, rendendoli particolarmente inclini a confondere le cose della logica con la logica delle cose.

Fiduciosi nei modelli che non hanno praticamente mai occasione di sottoporre alla prova della verifica sperimentale, portati a guardare dall'alto in basso le conquiste delle altre scienze storiche, nelle quali non ravvisano la purezza e la cristallina trasparenza dei loro giochi matematici, e di cui sono molto spesso incapaci di comprendere la vera necessità e la profonda complessità, partecipano e collaborano a un formidabile cambiamento economico e sociale; e quand'anche abbiano orrore di alcune delle sue conseguenze (per cui a volte versano contributi al partito socialista o danno oculati consigli ai suoi rappresentanti nelle sedi del potere) non possono dolersene in quanto, sia pure a rischio di qualche infortunio imputabile in particolare a quelle che chiamano talora le "bolle speculative", tendono a conferire realtà all'utopia ultracoerente (come certe forme di follia) cui dedicano la loro vita.


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Eppure, sono lì, sotto gli occhi di tutti, gli effetti della grande utopia neoliberale realizzata: non soltanto la miseria di una parte sempre più grande delle società economicamente più avanzate, lo straordinario aumento dei divari tra i redditi, la progressiva scomparsa degli universi autonomi di produzione culturale (cinema, editoria ecc.), in seguito all'imperiosa intrusione dei valori commerciali, ma anche e soprattutto la distruzione di tutte le istanze collettive - e in primo luogo dello stato - depositarie di tutti i valori universali associati all'idea di pubblico, in grado di contrastare gli effetti della macchina infernale. Dovunque, nelle alte sfere dell'economia e dello stato come in seno alle imprese, assistiamo all'imposizione di quella sorta di darwinismo morale, con il culto del winner formato alla matematica superiore e al salto con l'elastico, che instaura la lotta di tutti contro tutti e il cinismo come norma di tutte le prassi.

Possiamo attenderci che l'inaudito cumulo delle sofferenze prodotte da un regime politico ed economico del genere dia origine un giorno a un movimento capace di fermare la corsa verso l'abisso? Di fatto, ci troviamo davanti a uno straordinario paradosso: mentre ogni tentativo di frapporre ostacoli sulla via della realizzazione del nuovo ordine, quello dell'individuo solo ma libero, è tacciato oggi di rigidezza e arcaismo, e ogni intervento diretto e consapevole (almeno quando provenga dallo stato) è screditato in partenza e quindi respinto a vantaggio di un meccanismo puro e anonimo come il mercato (del quale si dimentica che è anche il luogo di esercizio degli interessi), in realtà è solo grazie alla permanenza, o alla sopravvivenza, delle istituzioni e degli agenti del vecchio ordine in via di smantellamento, di tutto il lavoro di ogni categoria di operatori sociali, di tutte le solidarietà - sociale, familiare o d'altro tipo - che l'ordine sociale non precipita nel caos, nonostante la massa crescente della popolazione precarizzata.





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Il passaggio al "liberalismo" si compie insensibilmente, e quindi impercettibilmente, come la deriva dei continenti, nascondendo così alla vista i suoi effetti più terribili a lungo termine. Effetti che sono, paradossalmente, dissimulati in parte anche dalla resistenza di chi prende le difese del vecchio ordine, e attinge alle sue risorse nascoste, alle antiche solidarietà, alle riserve di capitale sociale che proteggono tutta una parte dell'attuale ordine sociale dalla caduta nell'anomia. (Un capitale votato al deperimento, se non sarà rinnovato e riprodotto, ma che non si esaurisce da un giorno all'altro).

Ma queste stesse forze di "conservazione". che è troppo facile etichettare come conservatrici, sono anche, sotto un altro profilo, forze di resistenza all'instaurarsi del nuovo ordine, e possono divenire forze sovversive. Se dunque si può conservare qualche ragionevole speranza, è perché esistono ancora, nelle istituzioni dello stato e anche nella disposizione dei suoi agenti (in particolare quelli più attaccati a queste istituzioni) forze di questo tipo. Le quali, se apparentemente si limitano a difendere un ordine ormai scomparso, con i relativi "privilegi", per resistere alla prova devono di fatto ingegnarsi di inventare e costruire un ordine sociale che non abbia come sola legge la ricerca dell'interesse egoistico e la passione individuale del profitto, ma schiuda spazi a collettivi, orientati verso il perseguimento razionale di fini collettivamente elaborati e approvati.

Tra questi collettivi, associazioni, sindacati, partiti, come non riservare un posto speciale allo stato: stato nazionale o meglio ancora sovranazionale, vale a dire europeo (tappa verso uno stato mondiale) capace di controllare i profitti realizzati sui mercati finanziari, di sottoporli a un'efficace tassazione. Ma, soprattutto, di contrastarne l'azione distruttiva sul mercato del lavoro, organizzando, con l'aiuto dei sindacati, l'elaborazione e la difesa dell'interesse pubblico. Il quale non potrà mai emergere - neppure falsificando le scritture matematiche - dalla visione ragionieristica (un tempo si sarebbe detto "bottegaia") presentata dal nuovo credo come la forma suprema della realizzazione umana.

di P. Bourdieu




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