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Welby

Ultimo Aggiornamento: 05/01/2007 17:35
10/12/2006 22:22
 
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vorrei proporre uno scambio di opinioni sulla questione di piero welby che negli ultimi mesi è venuta di fronte ai nostri occhi.
leggendo le lettere che ha scritto non sono riuscito a non commuovermi, per molti motivi. anzitutto per il dolore che sopporta così fermamente per la malattia da cui è stato colpito. in secondo luogo per la pazienza con cui scrive ad un pubblico che in buona parte è comporto da persone che nemmeno prendono seriamente la sua questione e la sua condizione ma sbrigativamente dicono "no all'eutanasia". mi chiedo quanto a fondo ci abbiano pensato. "la vita è un valore" dicono in molti. d'accordo. ma in che senso? con quali limiti? che discorso sta dietro tutto questo? non basta lanciare una frase così e fermarsi li senza proseguire. cosa che invece credo facciano moltissimi di quelli che si oppongono all'eutanasia e che non concedono nemmeno la pietà ad una persona che da prova di una forza d'animo molto radicata e di una cultura altrettanto forte.
13/12/2006 16:57
 
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L'eutanasia passiva
Essendo di fede cristiana cattolica, sono convinta dell'importanza del comandamento "Non uccidere", ed anche del fatto che la sofferenza è un valore, se accettata per amor di Dio come ha fatto Gesù sulla croce. Se viene imposta dall'esterno, non accettata da chi la subisce, non è un valore per niente, ma soltanto una disgrazia.
La Chiesa Cattolica, in certi casi, non è contraria all'eutanasia passiva.
Vediamo che cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica agli articoli 2278 e 2279:

2278. L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'"accanimento terapeutico". Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. La decisione deve essere presa dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.
2279. Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche col rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta come fine nè come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.

Quanti casi ci saranno in Italia di persone mantenute artificialmente in vita per accanimento terapeutico? Non è esagerato questo dispendio di risorse umane ed economiche, che sarebbe meglio impiegato nella cura di tante giovani vite prive persino del cibo quotidiano e di cure mediche per nulla costose, ma indispensabili per prevenire o guarire tante malattie invalidanti o mortali?
13/12/2006 21:54
 
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io credo che però sia anzitutto necessario tutelare la volontà del paziente. nel caso sopracitato welby è ancora in grado di "intendere di volere"..non è in coma. non parla e non si muove ma comunica, e con l'ausilio di macchinari tecnologici è stato in grado di inviare lettere e di far sentire la propria voce.
La posizione della chiesa cristiana riguardo l'eutanasia è concepibile e anche accettabile. dire che la vita non è nelle mani dell'uomo, e che questa sia un dono irrinunciabile ha una sua valenza, ma non dimentichiamo il fatto che in italia vige un regime di governo che, almeno negli intenti, è democratico. se negli intenti lo è, e i patti lateranensi dovrebbero concretizzare un po meglio questo "dovrebbe", allora anche in questo caso è necessaria una presa di posizione non schierata secondo le posizioni religiose. credo invece che una posizione che tuteli la libertà individuale sia la più auspicabile. testamento biologico. e poi sarà ciascuno, secondo il pèroprio cr3do, a ritenere di poter fare affidamento o meno su tale possibilità affertagli dalla legge. se è vero che per un cristiano la vita non è un semplice diritto ma quasi un dovere (tant'è che non si può rinunciarvi) a questo punto egli sarà pienamente libero di non interrompere la propria sofferenza, di sopportarla e in generale di obbligare i medici a tenerlo in vita pur essendo di fatto un "vegetale". tuttavia non vedo perchè secondo un credo che per quanto diffuso possa essere troverà sempre qualcuno che non lo abbraccia, si debba imporre una sofferenza ad altri. se una persona che non si ritiene cristiana non intende soffrire non vedo perchè una democrazia non dovrebbe garantire ad ella la possibilità di interrompere la propria sofferenza, imponendogli una sopportazione secondo argomentazioni ch prevedono prima di tutto la condivisione, da parte dell'individuo, di un determinato insieme di idee che tuttavia egli non accetta. questo non è uno schiaffo alla vita, in quanto i principi cristiani sono parte di una religione, di qualcosa che presuppone un atto di fede, che è del tutto personale. uno stato democratico deve permettere ad entrambi, e più, di scegliere secondo le proprie personali posizioni.

[Modificato da Ottavio.undefined 13/12/2006 21.58]

05/01/2007 17:35
 
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Rispondo con ritardo sul caso Welby.
Io credo e son convinto che Dio ci ha prestato la vita, e noi siamo responzabili di ella.
In questo caso, credo che il paziente ha la libera scelta di proseguire o di fermare la sua vita'. La Scrittura insegna che: Dio ha dato una libera scelta, cioe' di obbedire oppure disobbedire, se Dio voleva che tutti obbedissero al suo comandamento, non avrebbe messo davanti un libero albitrio. percio' non spetta a nessuno comandare sulla vita umana in nessun caso ella si trova, neanche Dio ha questo diritto dato che Lui stesso ha creato l'uomo libero di scelta sopra di tutto.

Sono un Cristiano Evangelico, e condivido quello che solo Dio dice. Anche il Cristo ha scelto di morire in croce, offrendo se stesso liberamente e senza opposizione.
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