Essendo di fede cristiana cattolica, sono convinta dell'importanza del comandamento "Non uccidere", ed anche del fatto che la sofferenza è un valore, se accettata per amor di Dio come ha fatto Gesù sulla croce. Se viene imposta dall'esterno, non accettata da chi la subisce, non è un valore per niente, ma soltanto una disgrazia.
La Chiesa Cattolica, in certi casi, non è contraria all'eutanasia passiva.
Vediamo che cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica agli articoli 2278 e 2279:
2278. L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'"accanimento terapeutico". Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. La decisione deve essere presa dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.
2279. Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche col rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta come fine nè come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.
Quanti casi ci saranno in Italia di persone mantenute artificialmente in vita per accanimento terapeutico? Non è esagerato questo dispendio di risorse umane ed economiche, che sarebbe meglio impiegato nella cura di tante giovani vite prive persino del cibo quotidiano e di cure mediche per nulla costose, ma indispensabili per prevenire o guarire tante malattie invalidanti o mortali?