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CONFALONIERI: FINO AL RINCOGLIONIMENTO, VOGLIO ANDARE AVANTI A DIFENDERE MEDIASET

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2006 18:57
30/06/2006 18:57
 
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LA STAMPA
30 giugno 2006
CONFALONIERI
"SILVIO, NON E' IL MOMENTO DI LASCIARE LA POLITICA
PARTITO UNICO CDL? NO, PENSI A RAFFORZA ITALIA"
CHIARA BERIA DI ARGENTINE intervista FEDELE CONFALONIERI

Presidente Confalonieri, c'è chi descrive Silvio Berlusconi avvilito dopo le tre batoste elettorali e chi sostiene che, nonostante tutto, combatterà ancora dall'opposizione. Lei che, da tanti anni, è il suo migliore amico come lo vede? E cosa gli consiglia di fare?
«Io lo vedo stanco, deve andare a riposarsi. Staccare per un po' di tempo, non sette giorni, solo così si ricarica».

Footing, dieta, buone letture, amici. Uno dei vostri "famosi ritiri" in villa alle Bermude?
«No, non abbiamo più l'età dei calzoncini bianchi! Anche se io non sono stanco come lui, comunque ad agosto compirò 69 anni».

Mi consenta: di strada da quando vi siete conosciuti in un oratorio ne avete fatta. Lei è presidente di Mediaset, Berlusconi ha soldi, potere, successo una bella famiglia. Insomma, chi glielo fa fare d'insistere con la politica? Un giorno con Casini & Fini, l'altro con Bossi.
«Anni fa, quando avevamo meno di 40 anni, io e Berlusconi c'eravamo detti che nelle tribù africane mandano i maschi di 40 anni fuori dal villaggio nella foresta e così finiscono in pasto ai leoni. Sono passati gli anni, non siamo in Africa, forse la foresta si è pietrificata. Per quanto mi riguarda, fino al rincoglionimento, nel mio piccolo spicchio di potere voglio andare avanti a difendere Mediaset. Resti vivo solo se lavori».

Non pensavo certo alla panchina dei pensionati! Ripeto: Berlusconi non sente che è finito il suo ciclo in politica?
«Non conosce Berlusconi. Uomini geniali come lui, non staccano mai. Dirò di più: sono un po' monomaniacali. A una certa ora io tiro giù la saracinesca; Berlusconi, invece, non stacca mai il telefono, così faceva da imprenditore dell'edilizia poi da editore e infine da politico. Lui, se lo chiami all'una di mattina, ti risponde. Le sconfitte? Quella che conta è la prima, alle elezioni politiche; ed è stata una sconfitta per modo di dire: tutti gli riconoscono che è stato il vincitore morale. Magra consolazione, ammetto».

Lei viene descritto spesso come una "colomba" fra i berlusconiani, un personaggio capace di fairplay. Cosa pensa di quel che è successo mercoledì al Senato? Le piace il nuovo stile berluscong dell'opposizione?
«Non ho seguito molto ma, se non li hanno lasciati parlare hanno fatto bene; la politica da sempre è scontro anche duro. Il tema vero però è un altro. Non solo Silvio non deve mollare, deve fare un'operazione che chiamerei “Rafforza Italia”. Mi spiego: so che la cosa non lo fa diventare matto dal piacere ma deve assolutamente rafforzare il partito. Io non credo al partito unico. Nella Cdl ci sono diverse anime - l'Udc che rappresenta i valori cattolici, An che ha le sue radici nella destra sociale, la Lega col federalismo - in una coalizione che, certo, e non da oggi, ha dei problemi ma che comunque è molto più coesa e coerente di quell'altra. Tra Bertinotti, Rutelli e Mastella le differenze sono ben più enormi! Berlusconi con Forza Italia al 25%, quasi 8 punti in più del secondo partito della Cdl, ha davvero un compito storico. Forza Italia è il partito della gente che crede in certe libertà, nei valori del liberalismo, della modernità, dell'intraprendere, di coloro che non demonizzano i consumi. Dicono che Berlusconi è populista? Ma lui ha fatto la tv proprio perché s'identifica con il suo pubblico e stiamo parlando della gran parte del Paese. Questa gente ha bisogno di essere rappresentata. Ma c'è di più. Se si lasciassero andare in libera uscita dove andrebbero tutti questi voti? La storia insegna che potrebbero anche diventare forze negative».

La sconfitta al referendum dimostra però che l'elettorato di centrodestra, forse anche deluso da un governo che poco ha fatto sul fronte delle liberalizzazioni, ha preferito andare al mare che alle urne.
«Non esageriamo, anche in Usa o in Svizzera l'affluenza alle elezioni è bassa. Il segnale semmai è un altro: avevano piene le scatole di andare a votare! Quanto alle liberalizzazioni se parliamo dei Giavazzi e dei Bragantini si rifanno a modelli diversi, il loro non è il capitalismo di Berlusconi...»

Non ho alcun dubbio.
«Aggiungo che da leader di Fi e della coalizione Berlusconi deve tener conto non solo del Lombardo-Veneto ma anche dell'altra Italia, cioè del Sud e, naturalmente, deve fare i conti con i suoi alleati».

Capitolo colpe ed errori. Dica la sua opinione.
«Certamente, ci sono stati difetti di comunicazione durante l'esperienza di governo. Non voglio incolpare nessuno ma non è possibile che tutta la stampa straniera, persino quella americana neocon, abbia massacrato il premier! In verità credo che mentre il Berlusconi imprenditore, un vero talento naturale, era molto sicuro di se stesso, cioè ascoltava tutti, valutava ed eri sicuro che alla fine prendeva la decisione più giusta, il Berlusconi politico non è così sicuro di sé. In politica ci vuole un altro ritmo, quello che è giusto oggi può essere sbagliato domani. Ne parlavamo pochi giorni fa. Eravamo lui, io e Gianni Letta ovvero i due meno yesmen. Ho ricordato a Silvio: eravamo i due più contrari alla sua discesa in campo eppure lui mi ha nominato presidente di Mediaset, quanto a Letta è mancato un pelo che non diventasse presidente della Repubblica! Sa, ai vecchi tempi, andava così: ascoltava me, Letta, Galliani, Dell'Utri, Doris e traeva il succo. In politica invece qualche volta si è fatto fuorviare».

Veniamo a Mediaset. Che cosa teme dal governo Prodi?
«Che ci sia chi, in nome di sacri principi, dipinti peraltro da loro a loro uso e consumo, vuol fare bottino con la nostra pelle e vendendosi il tutto come un bene per il Paese. Come si dice? "Fai qualcosa di sinistra!", girogirotondo casca il mondo, facciamo cadere Mediaset».

Ma di chi parla?
«È un atteggiamento che non è nelle corde di Prodi, di D'Alema o Rutelli; anche se hanno alleati che sognerebbero di rinazionalizzare anche l'energia elettrica. In un Paese dai mille, diversi conflitti d'interesse, Berlusconi è diventato il Caimano, la sentina di ogni male: operazione politicamente riuscita. L'unica cosa che li unisce ancora oggi quando litigano è l'antiberlusconismo...».

Non divaghi, Confalonieri. Chi sarebbero i vostri veri "nemici"?
«Parlo di giornali, di personaggi - anche dell'establishment - che ogni giorno ti fanno la lezione, ti danno la patente. Per loro Berlusconi non ha la patente, è il Caimano! Eppure è il più trasparente, ha pagato sempre sulla sua pelle! Non ha fatto né il furbino del quartierino né il furbone del quartierone».

Ripeto, di chi parla?
«Della Rcs di Colao o del gruppo Espresso-Repubblica; di certi progetti di liberalizzazione dei vari Bragantini e Giavazzi. Parlano di concorrenza dimenticando che è stata la tv di Berlusconi a rompere il monopolio. Ci attaccano perché abbiamo tre reti? In quale altro Paese al mondo c'era un tv pubblica con 3 reti, con una lottizzazione politica - una rete al Pci, una alla Dc,una ai socialisti - come in Rai...».

Storia troppo lunga e complessa per un'intervista. Guardiamo avanti. Cosa chiedete al governo?
«Di lasciarci lavorare e restare nella nostra dimensione. Mediaset - oggi guidata da un manager bravo come Piersilvio Berlusconi e con a Publitalia l'ottimo Giuliano Adreani - ha ormai una storia di trent’anni; si è guadagnata il suo spazio. Siamo andati in Borsa, adesso l'azienda è solo per un terzo nelle mani di Berlusconi; per il resto, è nella mani del mercato e degli investitori stranieri. Se faranno qualcosa contro Mediaset la faranno quindi solo per un terzo contro Berlusconi ma per due terzi contro il mercato. E ancora. Parlano di duopolio; non è vero. Nella partita c'è Telecom e c'è una potenza mondiale come Murdoch (1 miliardo e 700 milioni di ricavi contro i 2,5 nostri). La concorrenza è questa roba, certo bisogna investire. Si dice che Drago e Pellicioli vogliono entrare, loro sono bravissimi, guardate l'operazione che hanno fatto con la Toro».

Una curiosità, Confalonieri. Ha visto in Rai? È sicuro che in Mediaset certe carriere di fanciulle non siano altrettanto sponsorizzate? Perché ride?
«Chi scaglia la prima pietra...».

Ottima parata. A proposito cosa pensa della nazionale di Lippi?
«Mi piace, è tosta! Abbiamo sempre vinto quando abbiamo avuto delle belle difese. Se recuperiamo Totti - con Pirlo è il miglior azzurro - potremo avere belle soddisfazioni».

Scongiuri. E il suo Milan? Cosa si aspetta dal maxiprocesso?
«Ho più fiducia nella giustizia sportiva che in quella normale. Il Milan è una vittima. C'era questo Meani che si è lamentato? Ma chiunque abbia visto Juve-Milan, 0-0, decisivo per lo scudetto 2004-2005 con due rigori grandi come una casa e Kaka fermato brutalmente senza che sia successo nulla...
Guarda caso l'arbitro era uno del giro, quel Bertini...»

A "Ballarò" Luciano Moggi ha detto che il vero potere era il vostro. Lui difendeva un fortino.
«Sono palle. Noi, Mediaset, siamo nei diritti sportivi da due anni (certo, bisognerà ridiscuterne, ma in questo momento non mi sembra bello per la Juve parlarne); il sistema Moggi c'è da 12 anni. Ha ragione Berlusconi a rivendicare lo scudetto: al Giro di Francia se il primo risulta dopato, la vittoria va al secondo».

Ve la vedrete con Massimo Moratti. A proposito c'è rimasto male di non fare il sindaco di Milano? Un consiglio a Letizia Moratti?
«L'offerta di Gabriele Albertini mi aveva lusingato, ma non mi sentivo all'altezza. E' un lavoro da 14 ore al giorno, tutto l'anno. Consigli? Non dovrebbe stare ad ascoltare tutti».

E Vittorio Sgarbi assessore alla Cultura?
«Farà casino, è un casinaro».


INES TABUSSO
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