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MA LA TV PUBBLICA E' DEL PUBBLICO O DEI PARTITI?

Ultimo Aggiornamento: 30/06/2006 18:06
30/06/2006 18:06
 
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SERRAVALLE PISTOIESE (PT)
Rocca di Serravalle Pistoiese
30 giugno 2006

Proviamo a fare qualcosa di buono anche per la nostra televisione: almeno
per quella pubblica. mancano tre settimane alla scadenza della raccolta delle
firme sulla legge di iniziativa popolare "Per un'altra tv" che si propone
di cacciare i partiti dalla Rai: ne occorrono almeno 50 mila, di firme, e
siamo a quota 43-44 mila. Diamoci da fare in tutt'Italia, contattando i comitati
sparsi nelle varie città (per informazioni, www.perunaltratv.it). Io intanto
continuo a girare e quasi sempre, al fondo della sala, mi porto un banchetto
per le firme. In particolare, venerdì 30 giugno alla rocca di Serravalle
(Pistoia), alla festa nazionale della Cgil, è in programma una serata con
Sabina Guzzanti e con me. Niente paura, per chi non può farne a meno c'è
il maxischermo per la partita dell'Italia. Poi, alle 22.30, passiamo alle
cose serie. Ci vediamo lì.
MARCO TRAVAGLIO




*****************************************************************





CHI E' "IL PADRONE"? CHI E' L'AZIONISTA DI RIFERIMENTO DELLA RAI?
LA TV PUBBLICA E' DEL PUBBLICO O DEI PARTITI?
E SE E' DEI PARTITI, PERCHE' IL CANONE LO PAGANO GLI SPETTATORI E NON I PARTITI?
I FIRMATARI DELLA "PROPOSTA DI LEGGE POPOLARE DI RIFORMA DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO"*
(VEDI: www.perunaltratv.it/) PARTONO DA PREMESSE MOLTO DIVERSE DA
QUELLE DA CUI SCATURISCONO I RAGIONAMENTI DI FRANCO DEBENEDETTI NEL SUO EDITORIALE
DI OGGI INTITOLATO "Una Rai privata senza porcelli né politici":


"I reati di molestia, di concussione, di corruzione sono individuabili e
punibili: ma il potere del politico - della politica - sulla Rai non è eliminabile,
perché consiste esattamente nella ragione per cui la Rai non viene privatizzata.
Se la Rai resta pubblica è perché la politica vuole che l'informazione che
essa fornisce, il messaggio culturale che essa trasmette, sia la risultante
di un'idea di informazione e di cultura di cui solo la politica si crede
depositaria. Se mi si consente la crudezza (a fronte di quel che si è letto,
è del Cecco Angiolieri): si può benissimo rinunciare al «fùttiri», ma se
non è per «cumannari», per quale motivo tenersi la Rai pubblica?"


IL PROBLEMA STA TUTTO IN QUEL "tenersi la Rai pubblica" E SUL CHI SE LA TIENE,
E A QUALE TITOLO, E A QUALE SCOPO.
MAI PENSATO CHE GLI ABBONATI ALLA RAI NON PAGANO IL CANONE PER «fùttiri»
O PER «cumannari», MA PER VEDERE QUALCOSA DI BELLO, DI DIVERTENTE, DI INTERESSANTE?
E SE PER UNA VOLTA SI CONSIDERASSERO LE COSE DAL PUNTO DI VISTA DI CHI PAGA,
E GUARDA DAL DIVANO DI CASA SUA, SENZA «fùttiri» NE' «cumannari»?
NESSUNO CHE ABBIA VOGLIA DI SCRIVERE UN BELL'EDITORIALE INTITOLATO "Una Rai
PUBBLICA senza porcelli né politici"?



**********************



LA STAMPA
30 giugno 2006
DOPO LO SCANDALO DELLE INTERCETTAZIONI
Una Rai privata senza porcelli
né politici
di Franco Debenedetti

Non uno, commenta sarcastico Massimo Gramellini (Porcelli e Porcelle di domenica),
che, osservando lo spaccato di società che vien fuori dalle intercettazioni
«ne abbia tratto l'ovvia conseguenza di chiedere la privatizzazione della
Rai, per sottrarla agli appetiti dei funzionari di partito e lasciarli a
quelli dei proprietari, che se non altro sono meno numerosi». Con una cinquantina
di articoli, con interventi in Parlamento e convegni di cui ho perso il conto,
in cui ho perorato la causa della privatizzazione della Rai e ne ho esposto
ragioni e convenienze, mi sento direttamente chiamato in causa.

Se son stato zitto è perché le ragioni per cui si deve privatizzare la Rai
sono molto più di fondo di quelle che emergono in questi giorni da intercettazioni
e interviste, e i danni che la proprietà pubblica della Rai può continuare
a fare, a se stessa e al Paese, sono di un ordine di grandezza superiore.
È infatti evidente che ciò che rende possibile ai protagonisti di questo
sottobosco di fare le loro «conquiste» è la condizione di avere un'influenza
politica; è lo status di membro di un clan politico ciò che conferisce la
forza per concutere o che rende oggetto interessante da corrompere (a proposito
di disattenzioni, non mi risulta che qualcuno abbia riproposto, per la coppia
ballerina-politico, l'alternativa concussione-corruzione che aveva tenuto
banco durante Tangentopoli). Ciò da cui trae alimento il nostro eroe, ciò
che lo fa crescere in statura e considerazione presso il suo capo, è il modo
in cui riesce a influenzare e manipolare l'informazione. Ai suoi capi, ai
partiti in generale, interessa essere padroni della Rai (senza gli inconvenienti
di doverne essere proprietari) per controllarne il prodotto, l'informazione
in senso lato. Per farlo hanno bisogno di intermediari fidati che controllino
l'operato della struttura produttiva: da padroni, controlleranno i risultati
conseguiti dai loro fiduciari, li incentiveranno con bonus e fringe benefit,
ignorandone (?) l?esatta natura.

Se anche i funzionari politici incaricati di tenere i rapporti tra «padroni»
e azienda, fossero d'ora in poi tutti sposi irreprensibili, anacoreti rocciosi
o eunuchi inoffensivi, resterebbe inalterato il potere della politica sulla
struttura dell'azienda. Anzi, a ben vedere, liberi da distrazioni, il loro
potere sarebbe ancora più occhiuto; liberi da contropartite e ricatti, le
loro richieste sarebbero ancora più puntuali. I reati di molestia, di concussione,
di corruzione sono individuabili e punibili: ma il potere del politico -
della politica - sulla Rai non è eliminabile, perché consiste esattamente
nella ragione per cui la Rai non viene privatizzata. Se la Rai resta pubblica
è perché la politica vuole che l'informazione che essa fornisce, il messaggio
culturale che essa trasmette, sia la risultante di un'idea di informazione
e di cultura di cui solo la politica si crede depositaria. Se mi si consente
la crudezza (a fronte di quel che si è letto, è del Cecco Angiolieri): si
può benissimo rinunciare al «fùttiri», ma se non è per «cumannari», per quale
motivo tenersi la Rai pubblica?

È capitato molte volte che la pubblicazione di intercettazioni abbia suscitato
nell'opinione pubblica reazioni che hanno avuto l'effetto di sentenze passate
in giudicato: penso alle vicende bancarie dell'estate scorsa, alle dimissioni
di Fazio, a quelle di Storace, alle vicende del calcio. Ma lì erano in gioco
interessi veri, battaglie combattute all'ultimo voto, machiavelliche geometrie
di poteri. Invece, nonostante le apparenze, il rapporto tra sesso e potere
è molto squilibrato a favore del potere. Solo nei romanzi sono le Contesse
di Castiglione o le Mata Hari a fare la storia, e le pause pomeridiane di
Mussolini, stivali ai piedi, nella sala del Mappamondo, restano pettegolezzi.
«Cumannari» è sempre meglio che «fùttiri».

Io non ho perso la fiducia nella privatizzazione della RAI, e tengo preziosa
la lettera di Prodi al Corriere di fine 2003 in cui la prometteva (almeno
in parte). Ma se avverrà, non sarà per i Porcelli e Porcelle così gustosamente
descritti da Gramellini. Quelli non avranno nessun effetto strutturale: favorita
anche dal nuovo clima politico, si instaurerà una pacata moderazione, nisi
caste, saltem caute. E magari, con le quote rosa, qualche balda variante.






*PROPOSTA DI LEGGE POPOLARE DI RIFORMA DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO (IN SINTESI)

A quali sistemi radiotelevisivi si ispira la proposta di legge?
La proposta si basa sul sistema tedesco, che garantisce l'assoluta indipendenza
editoriale dei canali pubblici.

Come cambierà la Rai se questa proposta venisse approvata?
Verrà abolita la Commissione parlamentare di Vigilanza. Al suo posto, un
Consiglio per le Comunicazioni audiovisive, i cui membri saranno in maggioranza
(11 su 21) nominati dalla società civile (sindacati, artisti, imprenditori,
giornalisti, Terzo Settore, accademici, autori, associazioni degli utenti).
Dei rimanenti 10 membri, 3 verranno eletti dagli enti locali e 7 saranno
nominati dal Parlamento.
Il Consiglio per le Comunicazioni audiovisive, e non più il governo ed i
presidenti delle Camere, nominerà i 5 membri del Consiglio d'Amministrazione
della Rai, che saranno scelti tramite concorso pubblico ed agendo in base
a criteri di professionalità, competenza nel campo radiotelevisivo ed indipendenza,
ponendo così fine alla lottizzazione ed alla spartizione politica del servizio
pubblico.
Il mandato del CdA avrà una durata di 6 anni, contro i 5 anni di una legislatura.

Come cambierà il panorama radiotelevisivo italiano se la proposta venisse
approvata?
Nessun operatore televisivo privato potrà raggiungere più del 30% dell'audience
nazionale.
Nessun operatore televisivo potrà raccogliere più del 30% delle risorse del
settore televisivo (canone e pubblicità).









INES TABUSSO
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