Una sera d'estate vagò per le strade che vagamente ricordava fino a trovarsi dinanzi alla locanda dove anni prima si era fermata per il tempo di un breve soggiorno.
Tutto era completamente rinnovato ma entrando riconobbe i visi di coloro che anni prima erano stati suoi coinquilini e compagni di viaggio, e lei stessa fu riconosciuta, per questo si sedette di lato ad ascoltare le loro trame e a scambiare sorsi di ricordi con loro.
L'atmosfera era celeste ed afosa.
Poche settimane più tardi un vecchio zingaro portò una musica diversa e leggermente allegra fra le pareti della locanda: la musica si allontanò lievemente e dopo molti interrogativi lei la seguì, udendone il suono e facendosi trasportare dalle note. Passò per numerose strettoie, seguendo il ritmo gitano della fisarmonica e varcò una soglia alta e di marmo.
Davanti a sè si apriva una porta in carta di riso, una stanza ampia e ariosa, entro cui persone di diversi paesi nelle loro solitudini scambiandosi di tanto in tanto sguardi complici, si esercitavano in preziosi esercizi calligrafici.
Lei era affascinata dalla prodezza e dall'eleganza del pennello intinto nell'inchiostro nero e steso sulla carta che diviene ideogramma. La musica risuonava ancora e decisa impugnò il pennello, curandosi di dipingere con inchiostro rosso invece che nero.
In lontananza si accorse di un pittore che la stava scrutando per quello lei nelle curve dei suoi ideogrammi cercò di metterci tutto il suo corpo e quindi la sua anima. Lei non riuscì più a distogliere gli occhi da lui.
Improvvisamente un gelido vento sfondò la porta in carta di riso e tutti gli ideogrammi furono trascinati fuori, perduti nella volta celeste. Quanto all'inchiostro rosso ne fu vietato l'uso con una ufficiale bolla regale. Anche la musica finì, anzi si rese conto che non era mai esistita e che era il suono amplificato di un vecchio mangianastri.
Lasciò ogni cosa al suo posto, perchè ciò che si dà non si richiede mai indietro.
Decise che era tempo di andare, di tornare via da quello Spazio, ma non da sola.
Capì senza dolore ma con una forza vigorosa che ogni passo l'aveva portata lì esattamente per uno scopo.
Ricongiungersi al proprio uno.
Perchè lui era la vita che voleva, la vita che era sempre stata prima ancora di esistere, la metà che da sempre vagava come lei in cerca della completezza che non chiede altro.
Discretamente come arrivò se ne andò, ma non allo stesso modo.
Quella vita che spacca le vene adesso era più vera dei respiri stessi.
La favola finiva, per iniziare la vita, l'Amore. Lei e il pittore erano una cosa sola, come era scritto fin dall'inizio dei tempi, non era un trovarsi ma un ritrovarsi senza altre vie di fuga.
Eri
[Modificato da erikaluna 28/12/2004 21.03]
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La vera autenticità non sta nell'essere come si è ma riuscire ad assomigliare il più possibile al sogno che si ha di se stessi. (P.Almodovar)