Si apre un post sullo stesso argomento (lettera di Cotrufo), con lo stesso titolo (la Capri descritta), pur di non aggiungere un commento nel primo, cioè questo, aperto da una “nota” costantiniana. Fantastico esempio di capacità di confronto. Si termina poi l’intervento, un’accorata difesa di zampattigli, vino e altri prodotti locali, con una richiesta di scuse (!) che il Gran Capo, al quale occorre direttamente rivolgersi scansando la plebaglia che frequenta questo forum, dovrebbe agli artigiani capresi. Altro fantastico esempio di capacità di confronto.
Sapevo che quanto da me scritto avrebbe scatenato delle reazioni perché l’artigianato caprese ma soprattutto la sua agonia, o meglio la sua morte, viene strumentalizzata a più non posso.
Capri ha subito l’invasione delle firme, delle griffes, nella più totale acquiescenza di tutti, non solo di CF, e quelli che oggi, quando ormai c’è ben poco più da fare, gridano allo scandalo, non hanno mosso un dito perché questo non avvenisse. Se certi introiti economici fanno gola e si è preferito avviare una globalizzazione selvaggia piuttosto che attuare una più lungimirante salvaguardia dell’unicità della produzione caprese, la colpa non può essere attribuita al “parafulmine” CF bensì all’intero sistema nel quale si sono mossi e continuano a muoversi molti dei politici, in massima parte oggi anticostantiniani, che tuttora agiscono per “il bene del Paese” e che mai, dico mai, hanno elevato un solo grido in tempi non sospetti, tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90, quando il fenomeno ha preso a diffondersi. Anzi, l’escalation è andata avanti a ritmi sempre più elevati e non per imitare le metropoli, luoghi che i capresi non invidiano a differenza dell’invidia che molti metropolitani, più provinciali dei provinciali stessi, nutrono per i capresi, ma per pasciuta e irresponsabile inerzia.
Di zampattigli e maglierie, dei prodotti della terra e dell’artigianato del genere, nella smania di modernizzazione e di arricchimento, nessuno si è interessato, se non alcuni commercianti che, della caratteristica locale avevano già fatto, e hanno continuato a fare, il loro segno distintivo. Adesso tutti a piangere per Scialapopolo: a cosa serve? E’ forse l’inizio di un’inversione di rotta? Non ci sono segnali in questo senso.
Nel contempo, il cosiddetto “buen retiro” anacaprese, contrapposto alla volgarizzazione di Capri, sulla quale si specula in una sorta di insana competizione turistica, non si configura come il risultato di scelte fatte dall’amministrazione del Comune di Sopra (tant’è che l’artigianato langue anche ad Anacapri, dove CF non ha operato) ma è semplicemente dato dal fatto che le grandi griffes non hanno esteso ad Anacapri le loro mire espansionistiche. Politici e commercianti anacapresi, se sollecitati dalle richieste di esproprio da parte delle griffes, avrebbero forse detto “no, grazie”? Uhm…
In compenso la classe politica anacaprese ha puntato sull’abusivismo, come strumento di “crescita” clientelare e ha dato spazio a “baronie” culturali ed economiche che oggi fanno e dicono quello che vogliono fra gli applausi dei “buoni selvaggi”. Il “buen retiro” non esiste se non nell’immaginario di questi potenti vacanzieri ai quali, prima di sparare sentenze, inneggiando alle “diversità” fra i due Comuni, consiglierei di farsi una passeggiatina all’Ospedale di Capri/Anacapri, sondandone l’efficienza. Dopo questa esotica esperienza, potrebbero anche soggiornare ad Anacapri, o Capri, fa lo stesso, per almeno 4 mesi d’inverno, quando l’impetuoso e caldo scirocco estivo lascia il passo alla gelida tramontana, per scoprire come è rigenerante vivere a Capri/Anacapri quando le corse marittime, quelle poche che i caproni meritano, spesso vengono anche sospese. Il soggiorno invernale potrebbe comprendere anche passeggiatine nel centro storico, nel deserto delle strade chiuse per ferie, nella più totale assenza di vita sociale, quando Montezemolo non c’è e i caproni residui non ti corrono incontro per salutarti e avviare arcadiche conversazioni, tra un bicchiere di buon vino e una fetta di torta di mandorle.
Forse le “scuse” per la superficialità di una lettera scritta dall’alto di un “dorato esilio” anacaprese dovrebbero essere rivolte dal professor Cotrufo, non certo a CF, bensì ai capresi.