Ennesima confutazione sistematica
“La prima consiste nel dire che il Nuovo Testamento è composto da libri scritti dagli apostoli o rifacentesi direttamente alla loro autorità (così l’evangelo di Marco si rifà a Pietro, quello di Luca e l’epistola agli Ebrei a Paolo). La chiesa non ha scelto nulla e non ha preso alcuna decisione. Il carattere canonico di uno scritto deriva dall’apostolicità del suo autore.”
Grossolano fraintendimento. In primis dire quali sono gli scritti più vicini al I secolo può valere per un discorso storico, cioè serve per sapere quali scritti hanno più probabilità di raccontarci il Gesù storico, ma il problema è che la sacralità di un testo non dipende dal suo essere una cronaca, la valenza teologica di un testo prescinde dalla sua storicità. Si possono conoscere tutti i fatti perché li si ha visti di persona, e al contempo non darne l’interpretazione teologica corretta. Storicità e teologia sono su piani differenti. Inoltre i testi che compongo il NT sono apostolici per riconoscimento ecclesiale o attribuzione pseudo-epigrafa. Ad esempio sette delle 14 lettere paoline non sono di Paolo. Non è che nel I secolo girassero dei testi con scritto “io sono di Luca”, anche perché visti gli scritti pseudo-epigrafi che giravano se anche un testo avesse detto di sé che apparteneva ad un apostolo ciò non era automaticamente una prova che questo fosse vero. La decisione ecclesiale s’è per l’appunto manifestata anche in questo, nel decidere cioè quali tra gli scritti che giravano fossero opera degli apostoli o comunque della loro scuola. Ad esempio la prima volta che ci viene detto che il terzo Vangelo è quello di Luca è a fine II secolo, con Ireneo e il canone muraturiano, prima nulla.
Se come questo sprovveduto sostiene non c’era altro da fare che mettere nel canone gli scritti provenienti dagli apostoli non si capirebbero le infinite dispute sui deutero-canonici del Nuovo Testamento, anche perché, come ripeto, cosa fosse di derivazione è stato stabilito in questo periodo.
“Contro il cattolicesimo, il protestantesimo afferma che la Scrittura e non il clero o la chiesa assicurano la successione apostolica. Agli apostoli, testimoni oculari della vita di Gesù e uditori diretti del suo insegnamento, è stato affidato il compito di raccontare ciò che Gesù ha fatto e detto ed essi hanno altresì posato le fondamenta della dottrina cristiana. Dopo la loro morte essi continuano a svolgere questo compito mediante i libri che trasmettono la loro testimonianza e il loro insegnamento; il Nuovo Testamento trasmette e perpetua la loro eredità.”
Con buona pace di questo autore il cristianesimo primitivo la pensava diversamente. In primis per un motivo storico. Non è possibile che gli apostoli “dopo la loro morte continuano a svolgere questo compito mediante i libri”, per la banale ragione che come abbiamo detto il canone attuale è del IV secolo. Questo autore cioè continua a dimenticarsi che la sua preziosissima Scriptura nel primi 4 secoli non c’era dunque non era possibile alcun “Sola Scriptura” nella mente del cristianesimo primitivo. Che dire dunque? Che siccome nei primi 4 secoli il NT attuale non c’era i cristiani di questo periodo hanno avuto il messaggio divino troncato? Ovviamente no, l’integrità del messaggio era garantito dalla Traditio. Le varie comunità nel cristianesimo primitivo avevano al massimo le lettere che qualche apostolo aveva loro indirizzato (ad esempio i Corinzi la lettera che San Paolo aveva loro scritto), la circolazione a livello ecumenico di alcuni degli scritti che risiedevano nelle varie
ecclesiae si ha solo nel II secolo, e l’accettazione di quali fra questi fossero vincolanti a fine IV. Come è ovvio per una società orale non si sarebbero mai sognati di lasciare come istruzione per la dottrina il NT, anche perché come ripeto nessuno di loro si sarebbe mai sognato che 4 secoli dopo qualcuno avrebbe messo insieme i vari scritti risalenti alle scuole apostoliche per formarne un canone che fosse normativo in materia di fede. Possiamo trovare il pensiero dei cristiani del I secolo su come fosse trasmessa la dottrina, e su come gli apostoli avevano in mente che fosse trasmessa, in Clemente, che a fine I secolo scrive: “Anche i nostri apostoli per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo [...] stabilirono i vescovi predetti e poi fissarono le norme di successione, così che alla loro morte altre persone onorate ne raccogliessero il ministero [...] investiti da loro e dopo di loro da altre degne persone, con l'approvazione di tutta la Chiesa”. (XLIV)
Non si capisce cioè come si possa dire la dabbenaggine “la Scrittura e non il clero o la chiesa assicurano la successione apostolica”, visto che questa successione apostolica, e su istruzione stessa degli apostoli, è andata aventi 4 secoli prima che il NT ci fosse, in quanto si basa semplicemente sulla designazione tramite l’imposizione della mani. Cristo disse “andate e fate discepoli”, e disse di farlo con un “andate e predicate”, non “andate e scrivete”. L’educazione dei cristiani e la trasmissione della fede erano affidate alla predicazione e alla trasmissione della Traditio di successore in successore gli apostoli: Ireneo di Smirne, vescovo di Lione, lo illustra magnificamente: "In realtà, la Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle estremità della terra, avendo ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli la fede...,
conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se abitasse un'unica casa, vi crede in uno stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna e le trasmette con voce unanime, come se avesse una sola bocca", Adversus haereses, 1, 10, 1-2
E ancora:
"Infatti, se le lingue nel mondo sono varie,
il contenuto della Tradizione è però unico e identico. E non hanno altra fede o altra Tradizione né le Chiese che sono in Germania, né quelle che sono in Spagna, né quelle che sono presso i Celti (in Gallia), né quelle dell'Oriente, dell'Egitto, della Libia, né quelle che sono al centro del mondo", , Adversus haereses, 1, 10, 2
Si noti in particolare questo passo: " Conserviamo con cura questa fede
che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, perché, sotto l'azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene", Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 24, 1
Dice che riceviamo la fede dalla Chiesa, ed è vero, perché solo lì il cristiano poteva sentire la voce degli apostoli tramandata di vescovo in vescovo, e soprattutto solo da lì ha potuto in seguito avere la Bibbia.
“Questa obiezione e questo problema mostrano l’impossibilità di stabilire un’equivalenza pura e semplice tra “canonicità” (cioè, appartenenza al cànone) e “apostolicità”.”
Infatti.
“Il professor Oscar Cullmann ha proposto e difeso una seconda risposta. Egli ritiene che stabilendo il cànone la chiesa abbia compiuto un “atto d’umiltà” e di rinuncia. Essa ha pubblicamente ammesso di non detenere l’autorità dottrinale suprema o ultima; essa ha dichiarato la propria volontà di sottomettersi ai libri che, a suo giudizio, contengono la parola di Dio. In qualche modo essa ha rinunciato a esercitare un magistero ponendo la Bibbia come solo magistero.”
Questa tesi è l’apice della contraddizione. Sia perché l’ipotesi che la Chiesa nel IV abbia fatto questo ragionamento non è assolutamente attestata negli scritti coevi, sia perché è impossibile dichiararsi fallibili dottrinalmente ma poi pretendere di essere infallibili nello stabilire quali siano tra i molti i libri infallibili. Per stabilire infallibilmente che certi libri sono infallibili, non si può partire da una Chiesa che riconosca se stessa fallibile altrimenti non si vede perché tale scelta non sia fallibile anch’essa.
“La tradizione protestante ha dato al nostro problema una terza risposta che è stata ripresa e sviluppata da Karl Barth.
Questa risposta parte da una constatazione storica. Prima del sedicesimo secolo gli organi direttivi della chiesa (papi, vescovi, concilii) non hanno mai votato o regolarmente decretato la delimitazione del cànone. Le confessioni di fede della Riforma e poi il Concilio di Trento hanno ratificato per la prima volta l’elenco ufficiale dei libri biblici aventi autorità. Prima esisteva solamente un elenco ufficioso, nel senso che nessuno ne aveva sanzionato la validità. Per essere precisi bisognerebbe dire che la chiesa non ha preso nessuna decisione, ma ha accettato un’abitudine.”
Non è vero. La lista canonica del Concilio di Ippona(393) e Cartagine(397): “Oltre alle Scritture canoniche nulla dev’essere letto sotto il nome di divine Scritture. E le scritture canoniche sono: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Ruth, i quattro dei Re, i due dei Paralipomeni, Giobbe, Salterio di David, cinque libri di Salomone [Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Sapienza, Ecclesiastico], i dodici Profeti [i minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia], Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele, Tobia, Giuditta, Ester, i due di Esdra [Neemia ed Esdra], i due dei Maccabei. Del Nuovo Testamento quattro libri di Evangeli, un libro di Atti degli Apostoli, tredici lettere di Paolo apostolo, una del medesimo agli Ebrei, due di Pietro, tre di Giovanni, una di Giacomo, una di Giuda, l’Apocalisse di Giovanni” (H. DENZINGER - A. SCHÖNMETZER, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, Bologna, EDB)
Si veda poi il Decretum pro Iacobitis del Concilio di Firenze (4 febbraio 1441):
“Un solo, identico Dio è autore dell’antico e del nuovo Testamento, cioè della Legge e dei Profeti, e del Vangelo, perché i santi dell’uno e dell’altro Testamento hanno parlato sotto l’ispirazione del medesimo Spirito Santo. Essa accetta e venera i loro libri, che sono indicati da questi titoli: I cinque di Mosè, cioè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Ruth, i 4 dei Re, i 2 dei Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, Giobbe, Salmi di David, Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Sapienza, Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruc, Ezechiele, Daniele, i 12 Profeti minori, e cioè: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia; i 2 dei Maccabei, i 4 Evangeli: di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni; le 14 lettere di S. Paolo: ai Romani, le 2 ai Corinti, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, le 2 ai Tessalonicesi, ai Colossesi, le 2 a Timoteo, a Tito, a Filemone, agli Ebrei; le 2 di Pietro, le 3 di Giovanni; 1 di Giacomo; 1 di Giuda; gli Atti degli Apostoli, e l’Apocalisse di Giovanni” (Ivi, par. 1335)
E poi, usare quest’obiezione, significa supporre che se davvero un Concilio avesse fatto un canone prima del XVI secolo allora sì che il canone sarebbe stato corretto, ma siccome non è stato fatto non è così. Questa risposta però dice implicitamente che i Concili sono infallibili, infatti si basa sull’idea che se ci fosse un Concilio prima del XVI secolo che tratta del canone l’avrebbero accettato, ma, siccome secondo loro non è così, allora non lo accettano. Ma se un Concilio, o addirittura si nominano i papi, è infallibile, allora non si vede perché un Concilio di quella medesima Chiesa, basta sulla medesima successione apostolico, solo perché avvenuto un secolo dopo, smetta di essere infallibile.
Inoltre, dire che “i libri si sono imposti da soli”, è una cosa senza senso. Un libro non ha vita propria, non gambe e organi fonatori, si può imporre solo se nelle discussioni c’è qualcuno che lo sostiene. I libri non si presentano da soli dicendo “sono canonico”, è chi li usa che ne difende e ne sancisce la canonicità. Inoltre, se davvero il NT fosse semplicemente figlio della consuetudine, perché mai dovrei considerare parola di Dio un testo eterogeneo e strutturatosi nell’arco di secoli? L’autore stesso scrive: “è possibile considerare questo consenso come il risultato di una serie di avvenimenti casuali e rifiutarsi perciò di riconoscergli un particolare valore.”
E poi, almeno si leggesse quando scrive, usa infatti l’espressione “questo consenso”, ma questa è una parola che implica l’azione dell’uomo, in questo caso l’assenso da un testo. Siamo da capo dunque, è la Chiesa che ha fissato il canone dopo secoli di dispute. Come si fa a dire che “il NT si impone da solo” quando sono invece documentati secoli di dispute? Ad esempio a fine II secolo troviamo il canone muratoriano che assieme a molti libri poi effettivamente diventati canonici accetta anche testi come l’apocalisse di Pietro. Che direbbe Calvino di questo? che quei cristiani non avevano il magico e misterioso radar per l’auto-luminiscenza della Bibbia di cui lui parla?
“La quarta risposta si iscrive nella linea e nello spirito del luteranesimo. Il cànone (o regola o norma) non si definisce a partire dai suoi limiti, ma dal suo centro: hanno autorità quegli scritti che annunciano o trasmettono il Cristo, o che conducono al Cristo.”
In primis, la sua definizione di cosa sia ciò che conduce a Cristo deriva per l’appunto dal canone che s’è trovato in mano. Se avesse avuto in mano un canone creato dalle chiese gnostiche avrebbe pensato che si arriva a Cristo capendo che la materia è illusione.
In secundis come si fa a stabilire, in base al Sola Scriptura, che un testo conduce a Cristo se non in base ad un riferimento esterno. Devo ad esempio stabilire se il tal libro conduce a Gesù, ma in base a che cosa dovrei confrontare il contenuto di quel libro con l’ortodossia cristiana?
Infatti la Chiesa nel corso dei secoli tra i vari criteri di canonicità aveva un confronto con la Traditio orale in se stessa tramandata per vedere se quel libro vi si conformasse o meno. E’ cioè impossibile dire che è Bibbia ciò che conduce a Cristo se non so prima che cos’è ciò che conduce a Cristo. Non posso infatti saperlo dalla Bibbia, perché la sto appunto formando per decidendo cosa è canonico e cosa no, e dunque da cosa lo dovrei sapere? Lutero sapeva ciò che conduce a Cristo perché come tutti è stato cresciuto in una famiglia cristiana, da pastori cristiani, ecc. che gli hanno insegnato che cos’è il cristianesimo. Anzi egli era monaco agostiniano prima di diventare eretico e dunque, da vero ingrato, ignorava chi gli avesse insegnato Cristo. Come dice Paolo la fede viene dall’ascolto, ed è Paolo stesso, lo ricordo, che dice di attenersi sia alle sue istruzioni date a voce sia a quelle date per lettera. Ancora una volta dunque, in quelli che dovrebbero essere gli scritti normativi, la oce del cristianesimo delle origini, troviamo al confutazione di quella che è la pacchiana e astorica mentalità protestante da XVI secolo, del tutto incomprensibile in una società orale. La Chiesa cattolica, d’Oriente ed Occidente, è l’unica che tiene in piedi le due dimensioni del cristianesimo primitivo, l’eresia protestante se n’è persa una per strada invece.
Dire che gli scritti canonici sono quelli che annunciano Cristo è cioè insufficiente, perché quasi ogni scritto apocrifo pretende per se stesso di essere l’autentica fede e ciò che conduce a Cristo, eppure spesso non sono altro che eresie gnostiche. Ma l’unico modo per sapere che sono tali, è avere una fede presentente agli scritti che scegli e che ti permetta di stabilire quali fra essi ti conducano a Cristo e quali no.
“In questa prospettiva i limiti del cànone rivestono poca importanza in quanto disponiamo di un criterio che può essere applicato sia ai libri biblici che agli altri. Lo sottolinea un teologo protestante contemporaneo, lo zurighese Ebeling: “La delimitazione del cànone – scrive - ...non è per niente una decisione infallibile e definitiva”.”
Questa eresia non è altro che l’implicita conseguenza del cercare di tenere in piedi il canone buttando a mare la Chiesa. Questo ramo del protestantesimo, avendo capito che evidentemente non aveva fondamento per il canone da esso professato, ne tratto le oneste conseguenze. Molto più sensato dei tuoi astorici proclami.
“Un altro contemporaneo, specialista di Nuovo Testamento, il tedesco Ernst Käsemann, ritiene che la chiesa abbia bisogno di un modello, di un paradigma al quale fare riferimento per delimitare il cànone. Oltre al cristianesimo primitivo, anche un qualsiasi altro “pezzo di storia” (per esempio la Riforma) avrebbe potuto essere scelto come paradigma, ma per comodità, e anche perché si tratta del periodo più prossimo alla fondazione della chiesa, la chiesa ha scelto il primo secolo.”
Ma non mi dite. Dunque anche costui riconosce l’esigenza di qualcosa di esterno alla Bibbia per definire cosa sia la Bibbia stessa. E prendere a modello il cristianesimo primitivo, come lui suggerisce, che altro è se non quello che i cattolici chiamano Traditio? E soprattutto, se è davvero questo il modello, l’autore si rende conto spero che il modello di Chiesa dei primi secoli cui vorrebbe richiamarsi dice per l’appunto che il Sola Scriptura è impossibile? Se ascoltasse davvero al voce dei cristiani dei I secoli non solo si renderebbe conto che il Sola Scriptura è impraticabile perché questa benedetta Scriptura non c’era, e dunque a seconda dei luoghi e dei tempi attendendosi a questo criterio i cristiani avrebbero avuto una parola di Dio più o meno amputata a seconda della vicinanza al canone attuale, ma anche si renderebbe conto che quei cristiani sono gli stessi che dicevano di basare la differenza tra la loro Chiesa e quella degli eretici sulla successione apostolica tramite l’imposizione della mani, requisito che i protestanti di nessun genere possono vantare e che dunque, sulla base della teologia della Chiesa cui essi vorrebbero ispirarsi, verrebbero catalogati come eretici.
Inoltre, checché se ne dica sul processo della formazione del canone, resta sempre la constatazione che non sta scritto nella Bibbia quali siano i libri della Bibbia, ed è dunque dalla tradizione ecclesiale, di qualunque sorta sia, che viene la presentazione al popolo di Dio di quale sia la sua parola scritta.
“A me pare che esse, tra di loro, non si escludano, ma che possano piuttosto essere combinate (come del resto fanno anche Cullmann e Barth).”
E da quando una serie di soluzioni che fanno acqua qualora siano messe insieme fanno qualcosa di più solido? Ne viene fuori sono un insieme più sgangherato, perché nessuna di essa è vera, e l’autore sembra rendersene conto. Non si veda come un’insieme di falsità e di errori logici possa fare una verità. I criteri presi singolarmente o insieme sono elaborazioni e idee moderne (ad esempio la comicissima idea di un “atto di rinuncia compiuto dalla chiesa”), che come ripeto non troverete negli scritti dei secoli in cui s’è formato il canone, e dunque non riflettono il sentire cristiano delle origini, o i motivi per cui il canone s’è formato, essi sono al contrario una rilettura, non basata suoi documenti coevi, che cerca di salvaguardare una concezione del tutto astorica per il cristianesimo delle origini. L’autore stesso ammette che il mix dei tre criteri non può levare tutte le incertezze, e mi io chiedo come si possa avere una base così pencolante senza darsi una svegliata, senza accorgersi che ci si è strappati dall’alveo della Chiesa che da duemila anni è l’erede del cristianesimo apostolico, nelle modalità in cui la letteratura del I secolo stessa codifica la successione, tramite quell’imposizione della mani già negli Atti degli apostoli vediamo essere il criterio per distinguere chi ha l’incarico di rappresentare la Chiesa e chi no. Dopo questa chiacchierata possiamo rileggere con nuovi occhi il già citato brano di Ireneo: "Conserviamo con cura questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, perché, sotto l'azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso,
continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene"Adversus haereses, 3, 24, 1
C’è gente che invece di essere parte attiva di quel ringiovanimento della Chiesa, di quel fedele ascolto della Tradizione e della Scrittura, ha preferito porsene fuori e abbandonarsi all’ultima setta americana nata dal nulla, credendo, o meglio illudendosi, di aver capito qualcosa di più di quella Chiesa che ha creato il Nuovo Testamento e che ha il suoi Padri, i suoi pensatori, nei successori degli apostoli. L’ignoranza e la presunzione dei vari predicatori e fondatori di sette americani, tutti ovviamente convinti d’aver capito qualcosa della Bibbia più degli altri collegi protestanti, è solo l’ennesima conferma di quanto stiamo dicendo, ossia che nella sua ignoranza (specie storico-letteraria), ognuno di essi crede di leggere nella Bibbia quello che vuole, quando invece ha solo prodotto l’ennesima “americanata” dovuta alla sua disinformazione e al clima di fondamentalismo da bible belt che ha respirato. La multiformità infinita delle sette protestanti, ognuna convinta che l’altra sia eretica, e però guarda caso tutte convinte di avere ricavato quale sia il volere divino in base al Sola Scriptura, è la dimostrazione più palese che questo metodo non funzione e che se Dio avesse scelto di comunicare così con noi sarebbe stato un povero allocco imprevidente. E’ nell’alveo del fiume della Traditio che troviamo qual è la retta interpretazione della Scrittura, perché la Traditio è il parere della Chiesa cui quella Scrittura deve la vita.
“Il modo in cui poniamo e risolviamo il problema soffre di una concezione troppo giuridica dell’autorità, di un bisogno di certezza e di un criterio assoluto dimenticando come la fede debba sempre contemplare una ricerca ed evitare il rischio di assolutizzare le proprie formule.”
Anche qui: come fa a sapere che la fede richiede chiesto se non in base alla Bibbia che glielo insegna? E’ un circolo logico. Se l’autorità in base alla quale traggo il mio concetto di fede è poi proprio l’oggetto cui devo prestar fede perché altrimenti non avrebbe consistenza in sé, sono caduto in una petitio principii. Come posso infatti sapere che la fede consiste in questo, cioè in ciò che quel libro dice essere le caratteristica della fede, se prima non ho un criterio valido per stabilire che quel libro è valido per insegnare, e dunque anche per insegnarmi che cos’è la fede? Cade nel tuo stesso errore quando mi citavi i passi della Scrittura che parlavano d Scrittura senza dirmi però prima su che base consideravi quei libri come Parola di Dio e non una creazione totalmente umana del IV secolo.
Essendo la Bibbia scritta con parola umane, all’autore è venuto in mente che ciò implichi necessariamente dei limiti, cioè che la verità non può essere espressa pienamente in un mezzo così limitato come il vocabolario umano, e che dunque siano relative anche le formulazioni della Bibbia stessa? E dunque, come stabilire il limite e in che direzione debba andare una corretta ermeneutica se non postulando un’autorità magisteriale esterna alla Bibbia stessa che illumini sull’argomento perché sa attualizzare l’ortodossia secondo le esigenze e i problemi che si pongono? Senza questa autorità magisteriale che dica dove punti e dove termini il processo interpretativo si avrebbe quello che poi è effettivamente stato il risultato di quella sciocchezza chiamata “libero esame” dei testi sacri, e questo risultato è la Babele delle 21.104* settuncole protestanti cui abbiamo già accennato; il che mostra come la pretesa protestante che Dio conceda l’illuminazione a chiunque si accosti sinceramente alle Scritture e chieda a Dio di illuminarlo è un’autentica bufala. Infatti costoro hanno le orecchie troppo foderate di individualismo e di spirito libertario anti-gerarchico per rendersi conto che lo Spirito Santo risponde alle loro preghiere in una maniera che essi non vogliono sentire perché persistono nel loro essere ego-centrati, nel rifiuto della dimensione ecclesiale anche per l’interpretazione del testo sacro. Il rifiuto della Tradizione viene in realtà da una particolare concezione filosofica tipica della modernità, la quale vuole un rapporto diretto ed individuale con Dio e dunque non tollera la mediazione della Chiesa, e soprattutto di un clero depositario di una catechesi, sarebbe in questa mentalità un ritorno al fariseismo. E’ un presupposto filosofico individualistico figlio dell’amore dell’immediatezza e della presunzione della trasparenza delle Scritture ad aver creato il concetto di “libero esame”, la dottrina già citata secondo cui Dio concederà l’illuminazione a chiunque si accosti con cuore sincero alla Scrittura, e per lui nella Bibbia non ci saranno misteri in quanto essa si mostrerà nella sua trasparenza al semplice, rendendo vana la cosiddetta “casta degli esegeti”.
Essendo possibili una molteplicità di letture, giacché l’orizzonte ermeneutico è infinito e varia a seconda della struttura conoscitiva del soggetto e delle sue conoscenze, o Dio è un idiota ad aver deciso di comunicare in questo modo al suo popolo oppure s’è premunito di darci un criterio per sapere quale tra le mille interpretazioni possibile è quella giusta, e l’unica organizzazione che esista da duemila anni e che dunque possa aver fatto questo compito affidatole da Dio è la Chiesa cattolica (ed includo ovviamente sia Oriente che Occidente). I protestanti per presupposti più filosofici che storici, cioè idee indipendentiste derivate dal soggettivismo moderno, hanno voluto scavalcare la mediazione della Chiesa togliendosi dal paradigma del cristianesimo primitivo. Tempo fa un amico di questo forum mi fece questo bel paragone che credo sia illuminante perché mostra come Gesù stesso, il Gesù ebreo della storia, non era affatto legato ad un Sola Scriptura (da intendersi “Solo l’AT”), bensì seguiva anche le tradizioni orali del suo popolo, a conferma della mentalità culturale estranea alla librolatria in cui è nato il cristianesimo:
”I sostenitori del concetto di "Sola Scrittura" si possono in qualche modo paragonare ai Samaritani e ai Sadducei di cui si parla nella Bibbia. Costoro accettavano come "parola di Dio" solo i cinque libri della Torah (Pentateuco), e i samaritani in una versione tutta loro, ritenendo tutto ciò che andava oltre questi libri non autorevole o valido, e quindi da respingere. Queste persone erano in errore, come disse lo stesso Gesù (Giov. 4).
Fra l'altro si menzionano nella Bibbia delle feste o celebrazioni che non erano state istituite al Sinai, e che non erano quindi esplicitamente comandate nella Legge.
Mi riferisco, per esempio, alla festa dei Purim o alla festa dell'Hanukkà ("Dedicazione").
Se il comando di non aggiungere o togliere nulla alla Legge (Dt 4,2) era da intendere in senso assoluto, cioè che non era consentito (da Dio) istituire feste o celebrazioni che non erano state comandate al Sinai, come mai queste usanze vennero introdotte ed osservate dai fedeli? (cfr. Giov. 10:23).
Credo che questi esempi possano far comprendere come anche prima del cristianesimo il concetto di "Sola Scrittura" non fosse generalmente riconosciuto dal "popolo di Dio". Tale concetto viene oggi sostenuto principalmente da chiese, gruppi o sette che, al pari degli antichi Samaritani, non sono in grado di ricollegarsi alle origini storiche (apostoliche) della chiesa cristiana, e quindi alla sua Tradizione”. (fine del commento)
Si capisce dunque come i concetti di Sola Scriptura e si libero esame vengano in realtà dalla mentalità di un periodo storico insofferente all’autorità, e che è più che mai vitale, per ritrovare la vitalità della Chiesa antica, uscire da questo schema individualistico protestante. L’obiezione più radicale come ho già detto è quella della cosiddetta illuminazione privata, e della sfilza di versetti citabili in cui si dice che Dio assiste chi lo cerca, da cui se ne inferirebbe l’inutilità della Chiesa come portatrice di Cristo. Se il credente supplica: “Signore fammi capire!”, non gli concederà forse Dio la grazia?
Non ne ho alcun dubbio che sia così, quello su cui siamo in disaccordo è sul come. Io credo che ciò che lo Spirito porta appunto ad accettare è che la Chiesa di Cristo dove è possibile trovare la dottrina degli apostoli è la Chiesa cattolica. Chi legge i versetti che parlano di illuminazioni private lo fa trascurandone degli altri degli altri: Cristo ha detto agli apostoli “chi ascolta voi, ascolta me”(Lc 10,16), segno che evidentemente le illuminazioni private non bastavano. Si può certo da parte protestante enumerare all’infinito versetti dove si cita l’azione dello Spirito Santo nei cuori, e io ti continuerò a dire “sì, ma non solo”, citando per contro i passi in cui si fa chiara menzione del magistero apostolico da seguire (si pensi ai cristiani giudaizzanti che fecero di testa loro ad Antiochia, e la loro secca inquadratura da parte del Concilio di Gerusalemme “Abbiamo saputo che alcuni
ai quali non avevamo dato alcun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi, sconvolgendo i vostri animi”(At 15,22). Il cristianesimo non è cioè la religione dei singoli, delle mine vaganti sole dinnanzi a Dio, è una religione con sin dalle origini una dimensione comunitaria e gerarchica.) A chi dunque dice che lo Spirito Santo illumina i cuori io rispondo che prima bisogna predisporsi per sentirlo togliendosi le incrostature individualiste e soggettiviste. Mai pensato infatti che il messaggio dello Spirito sia proprio questo: “la Chiesa è dove ci sono gli apostoli e i loro successori”? Questa era la comprensione che la Chiesa aveva di se stessa nel I secolo. Ignazio vescovo di Antiochia, morto martire nel 107 d.C., e dunque testimone capitale per comprendere il cristianesimo delle origini, scrive qual era la funzione del vescovo nel I secolo:
“Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Dio. Nessuno senza il vescovo faccia qualche cosa che concerne la Chiesa. Sia ritenuta valida l'eucaristia che si fa dal vescovo o da chi è da lui delegato. Dove compare il vescovo, là sia la comunità, come là dove c'è Gesù Cristo ivi è la Chiesa cattolica. Senza il vescovo non è lecito né battezzare né fare l'agape; quello che egli approva è gradito a Dio, perché tutto ciò che si fa sia legittimo e sicuro.” (Lettera agli Smirnesi VIII, 1)
“Nel giudaismo del primo secolo della nostra éra circolavano più cànoni: i due principali erano il “cànone palestinese”, composto unicamente dai libri biblici redatti in ebraico e aramaico, e il “cànone alessandrino”, che aggiunge al cànone palestinese delle opere in lingua greca.”
Questa tesi è imprecisa, o per meglio dire è frutto di una semplificazione scolastica. In realtà sempre più le scienze bibliche si rendono conto che il “canone” è un problema ed un concetto più cristiano, criticando che pretende di vedere “canoni palesatini” o “alessandrini”, anche perché tra i giudei che risiedevano in Terra Santa farisei, esseni e sadducei non avevano gli stessi libri considerati sacri.
“Nel sedicesimo secolo i protestanti (sotto l’influsso dell’umanesimo) hanno adottato il cànone palestinese. Essi hanno ritenuto che gli scritti aggiunti nel cànone alessandrino appartenessero ai deuterocanonici e che avessero perciò minore valore”
Il che porta alla domanda: perché ad un cristiano deve importare una decisione farisaica di fine I secolo?
“Questo semplice sguardo storico mostra che la questione dei confini della Bibbia pone dei problemi, perché essi appaiono spesso arbitrari, contestabili o incerti.”
Un motivo in più per sapere che non è un testo caduto rilegato dal cielo bensì qualcosa che deriva la sua forma definitiva dalle dispute ecclesiastiche.
Ad maiora
*Il dato delle 21.104 sette americane indipendenti è del 1991, e si riferisce alle sole diverse denominazioni protestanti che lo storico Martin Marty è riuscito a catalogare. Considerato che alcune possono essergli sfuggite, e che sono passati quasi 20 anni quindi saranno anche aumentate, io fossi in un protestante mi farei un serio esame di coscienza sulla probabilità che guarda caso sia proprio la mia interpretazione o quella del mio gruppo la sola giusta e guarda caso la sola che si basi esclusivamente sulla Bibbia, senza interferenza alcuna; che io sia cioè l'unico a leggere nella Bibbia ciò che in modo così trasparente mi comunica! Farei cioè un esame di coscienza su quali sono i meccanismi di auto-persuasione, e se posso davvero sperare di competere con la tradizione bimillenaria della Chiesa, l'unica che derivi dal periodo apostolico, che esista da allora, e che abbia creato il NT.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)