Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

Dalla stampa quotidiana (a cura di Nhmem)

Ultimo Aggiornamento: 11/12/2005 22:25
31/12/2004 00:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 34
Registrato il: 08/04/2004
Utente Junior
OFFLINE

Nobiltà romana e Risorgimento

Da "Corriere della Sera" 30.12.2004 Cronaca di Roma

Le contrapposizioni nella nobiltà romana sono state ricorrenti, dalla feroce contesa tra guelfi (Orsini) e ghibellini (Colonna) a quella non meno dura tra partito francese e partito spagnolo. Poi all'inizio dell'Ottocento lo scontro con Napoleone ha fatto nascere una divisione tra collaboratori del nuovo potere e oppositori. L'Ancien Régime non scompare con l'avventura repubblicana e imperiale, ma entra in grave crisi in tutta l'Europa. Nel rivoluzionario 1848 in Italia rapidamente crolla l'illusione neo-guelfa; mentre a Roma la Santa Sede e la nobiltà subiscono la traumatica esperienza della Repubblica Romana: borghesi e popolani muoiono combattendo contro il papa! Infine la seconda guerra d'indipendenza e l'impresa dei Mille riducono il dominio temporale a molto meno dell'attuale Lazio: è l'ultimo isolotto clericale nel mare dell'Europa laica. Pio IX e i gesuiti vorrebbero usare la mano dura. Ma le redini del dominio temporale cadono in mano al duttile cardinale Giacomo Antonelli, convinto che bisogna scegliere sempre il male minore. Così, se qualche romano diventa un «patriota» troppo acceso, Antonelli non lo perseguita, ma lo manda oltre confine.
Nella seconda metà dell'Ottocento l'antichissima nobiltà feudale è ridotta ai tre casati principali (Colonna, Orsini, Caetani), mentre gli altri hanno visto scomparire l'antica potenza. Ai vertici della società ci sono le grandi famiglie della nobiltà papale: una nobiltà composita, che si è stratificata tra Quattrocento e Settecento e che «si è chiusa», come nobiltà di sangue, soltanto con il Libro d'oro (Benedetto XIV, 1746), che però rimane un Libro aperto, perché continueranno ad entrarvi le famiglie dei sommi pontefici, dai Braschi (Pio VI) ai Pacelli (Pio XII). Queste famiglie dell'alta nobiltà papale (dai Borghese ai Chigi) sono ancora molto ricche.
Un medievista, autore d'un bel libro su «Il clero romano nel XII secolo» e di una biografia su Cola di Rienzo, Tommaso di Carpegna Falconieri, è figlio di una Massimo. Negli archivi di famiglia ha letto i diari del bisnonno (Guido di Carpegna Falconieri) e del quadrisnonno (Vittorio Emanuele Massimo) ed ha colto i prodromi della contrapposizione tra nobiltà nera e nobiltà bianca. Per la prossima Strenna dei Romanisti ha preparato l'anticipazione di un futuro studio più approfondito. È colpito dalle caratteristiche «passionali» dei due diari e fa parlare i due testi nell'impatto diretto con gli eventi del settembre 1870.
Guido di Carpegna Falconieri e Vittorio Emanuele Massimo appartengono allo stesso ceto; entrambi molto colti e autori di varie opere: più poeta Guido, più erudito Vittorio. Ma filtrano gli eventi e le persone attraverso due punti di vista diametralmente opposti. Guido è un patriota ed è stato allontanato da Roma, vive tra Siena e Firenze, dove si è sposato con una nobile toscana. Vittorio Emanuele invece è convinto della legittimità e superiorità del dominio temporale.
Guido pensa a Roma capitale del Regno d'Italia. Vittorio Emanuele pensa che Roma debba continuare ad essere la sede del papato e il centro della Cristianità cattolica. Per Guido i soldati di Cadorna e i fuoriusciti romani realizzeranno l'unione sacrosanta di Roma all'Italia, scacciando i miserabili zuavi; per Vittorio Emanuele gli zuavi sono gli intrepidi difensori del papa e gli invasori sono briganti che vengono ad espropriare il legittimo sovrano-pontefice.
Le notazioni puntuali dei due diari rendono il clima d'un passaggio epocale dal potere temporale a una nuova monarchia costituzionale. Intorno a Roma ferve una finta battaglia, perché tutto è stato già deciso dalla sconfitta di Napoleone III a Sedan. A Pio IX servono pochi morti e una resistenza formale, per rivendicare presso le nazioni europee il vulnus recato al Santo Padre. Dall'altra parte il generale Cadorna ha l'ordine di entrare in Roma, riducendo al minimo i morti e le distruzioni. La colonna settentrionale italiana è comandata da quel «brigante» di Nino Bixio, che vuole «rientrare» a Roma da porta S. Pancrazio.
Guido di Carpegna, tra Siena e Firenze, freme in attesa della notizia magica. Vittorio Massimo pensa al papa e all'avvenire dei figli. In pratica già prima del settembre 1870 è visibile una frattura tra la maggioranza delle famiglie aristocratiche fedele al papa e una cospicua minoranza (dai Boncompagni Ludovisi ai Caetani, dagli Odescalchi ai Ruspoli e agli Sforza Pallavicini), che non rinnega l'antica fedeltà, ma è aperta al nuovo ed è cosciente che si è compiuta la laicizzazione di tutti gli stati europei.
Nella realtà quotidiana gli opposti schieramenti sono accaniti su posizioni contrapposte, ma non sono impermeabili. Infatti Guido di Carpegna è figlio del principe Falconieri, un devoto papalino ed è nipote del principe Orsini, assistente al Sacro Soglio; mentre il cugino, colonnello delle truppe pontificie, negozia la resa a Villa Albani col generale Cadorna. Dal canto suo Vittorio Emanuele Massimo disprezza il parente Vittorio Emanuele II, ma è sempre cognato del principe Eugenio di Savoia-Carignano; così il primogenito Carlo Alberto Massimo è ospite a Torino nel palazzo dello zio, mentre il secondogenito Filippo (che ha ereditato il cognome, i beni e il palazzo dei principi Lancellotti) comanda i volontari, schierati a difesa di S. Pietro.
Gli opposti schieramenti politici non possono però inficiare i molteplici legami familiari nè impedire i continui matrimoni incrociati. Bianchi o neri i rampolli dei principi romani non possono derogare al loro rango e si incontrano tra loro. Guido di Carpegna odia gesuiti e zuavi. Vittorio Massimo è figlio della principessa Cristina di Sassonia e il fratello Francesco Saverio è cardinale; rispetta i gesuiti (non per nulla suo figlio Massimiliano professa i voti nell'ordine di S. Ignazio) e ama gli zuavi.
Guido e Vittorio pensano che dalla Breccia di porta Pia siano entrati solo i berzajeri e i fuoriusciti romani. In realtà insieme sono entrati anche il mercato unico nazionale, un governo liberale e anticlericale, la stampa libera, nuove tendenze artistiche e culturali. Tra gli altri di soppiatto è entrato anche il codice unitario nazionale con l'abolizione dei fidecommessi di primogenitura e di giuspatronato, con l'abolizione della manomorta ecclesiastica e le leggi eversive dell'asse ecclesiastico. Così nell'ultimo ventennio dell'Ottocento falliscono i Borghese e i Massimo, mentre traballano tante casate della nobiltà romana. L'ottimismo patriottico di Guido è sconfitto dagli eventi, anche se la delusione è addolcita dalla nomina a senatore del Regno. Il pessimismo politico di Vittorio è superato dai nuovi eventi, ma giustamente ha previsto la rovina finanziaria dei Massimo e di tutta l'aristocrazia romana. Al solito a penza' male se sbaja meno che a penza' bene .




[Modificato da Il Ghibellino 22/03/2005 23.22]

nhmem
zilath mexl rasnal
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 05:53. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com