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Il suicidio filosoficamente parlando

Ultimo Aggiornamento: 05/08/2005 09:56
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Non ti capisco...
Sono d'accordo con molto di quello che dici...riguardo la seconda parte del tuo discorso ti posso anche appoggiare...ma per quanto riguarda la prima: non ti capisco proprio.
Secondo te io che non rischio la vita e cerco di schivare la morte non tengo alla mia vita e non so che cosa significhi? Non è così..anzi; tenere alla propria esistenza non vuol dire metterla alla prova per poi sentirla importante...oppure, se preferisci, non solo...ci sono diversi modi per intendere la cosa...
Io non ho detto che la morte debba essere ignorata e che io stesso non sappia che non vi è modo alcuno per evitarla...solo che, proprio perchè ora sto vivendo, non vi motivo di rischiare di perdere qualche cosa che, a quanto ne so, potrei non avere più...voglio ribadire che io so che cosa è la morte e, sicuramente, non vivo pensando che non esista; diciamo che, nella mia mente, la vedo ancora come una cosa lontana ed è questo che mi permette di vivere con spensierattezza...se ogni giorno pensassi al fatto che la morte è sempre in agguato, come affermi, avrei sempre giornate piene di dolore e paura.
La morte si può conoscere anche per altre vie...quando una persona cara muore non vi sembra che, per un momento, voi stessi abbiate sfiorato quella nera signora? Perdere una persona cara fa sorgere dubbi ed anche per quello che, ora, credo di sapere che cosa è la morte...pensate poi che dietro alla gente che muore (il sabato sera e non...) vi sono famiglie e vite distrutte...questa è una cosa che, spesso, viene dimenticata...
Se per cercare la verifica della nostra esistenza io, invece che metterla a rischio, mi siedo in silenzio e penso a persone che se ne sono andate...ai motivi per cui se ne sono andate...insomma, penso alla loro morte; credo che anche da quello si possa imparare per se stessi...

§Johan Razev§

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"Possiamo solo decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso" Gandalf
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"Venite amici che non è tardi per scoprire un mondo nuovo.
Io vi propongo di andare più in là dell'orizzonte
E se anche non abbiamo l'energia
che in giorni lontani
mosse la terra e il cielo,
siamo ancora gli stessi,
unica eguale tempra di eroici cuori
indeboliti forse dal fato
ma con ancora la voglia di combattere
di cercare
di trovare
e di non cedere." A. Tennyson - Ulysses -
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Veramente Immenso

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Per come la vedo io, non mi interessa cosa c'è dopo la vita, l'importante è che ora sto vivendo e sto vivendo in funzione del resto del mondo.
Il punto è che nella vita non si può dire nulla a priori, nulla che non si sia sperimentato praticamente. L'esperienza teorica è sempre qualcosa di relativo, si può credere e non si può credere, l'esperienza personale è quella che lascia il segno.
Quindi se una persona tiene alla vita vuol dire che la sta rischiando, una persona che ha SEMPRE VISSUTO schivando la morte non potrà mai capire cosa vuol dire tenere alla propria vita.
Io non sto parlando della gente che si ubriaca alla sera, quella è una questione diversa perchè quello è un cercare di autodistruggersi senza morire, un'azione di pura vigliaccheria, ve lo dico io che mi ubriaco ogni sabato sera quando torno a casa.
Sempre per lo stesso principio dico che la vita è una "corsa alle emozioni", perchè se una persona non prova emozioni è come se non vivesse, quindi bisogna farsi coraggio e cercare di sentire le emozioni più forti, sia che queste siano buone emozioni sia che siano cattive emozioni, la valenza è la stessa. Quando una persona prova emozioni forti si sente viva, è per questo che dico che una vita non ha senso se evitiamo di provare emozioni per non provare dolore.
Per concludere dico un'ultima cosa: la vita secondo me non è nè una punizione nè una preparazione all'aldilà nè nulla di lontanamente simile, la vita è solo una cosa che non si sa perchè mi è stata concessa da un non so chi o cosa. Appunto perchè non so, per ringraziare chiunque mi abbia concesso la vita, l'unica cosa che posso fare e godermela e viverla nel modo che voglio io. Quindi cerco semplicemente di vivere nel modo più conveniente per me, del resto non me ne frega assolutamente niente.
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Rasputin: Lo Schiavo


I 10 METALLAMENTI:
1:Non avrai altra musica al di fuori del metallo
2:Non mettere il chiodo con i mocassini
3:Non desiderare il distorsore degli altri
4:Ricorda di acquistare ogni nuovo disco degli Atroci
5:Ricordati di vomitare alle feste
6:Non rubare i pezzi ad Albano
7:Non ascoltare i dischi dei freni
8:Ignora Sanremo
9:Non lavare mai gli Anfibi
10:NON ROMPERE I COGLIONI!
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16/02/2004 21:24
 
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Infatti...
Neppure io ho detto che la vita va vissuta solo in funzione del lasciare un ricordo ai posteri...io dico che non è mia intenzione andarmene senza lasciare una traccia della mia esistenza...solo questo e non mi sembra cosa impossibile da capire...
Io, al contrario di quanto si è detto, voglio affermare questo: è anche la memoria dei posteri che giustifica la nostra vita. In fin dei conti se vieni ricordato significa che hai fatto grandi cose, sei riuscito a svettare tra la folle ed è anche questo un modo per distinguersi...cercare il proprio limite e tentare di superarlo...il nostro arco deve essere sempre teso verso l'alto e il ricordo che lasciamo negli altri è come la verifica che il nostro dardo è riuscito a giungere alla propria meta...ma forse è solo la visione di giovane ragazzo che crede ancora che la vita sia degna di essere vissuta (non come punizione..ma come vita e basta) e crede ancora che sia anche nella memoria delle persone che dimora l'immortalità...ripeto anche...

§Johan Razev§

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16/02/2004 20:37
 
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Capisco
Ma io non ho detto e non ho voluto intendere che sia inutile lasciare un ricordo, ma piuttosto che la vita non può essere giustificata solo con questo, ovvero: se non c'è un dopo, a nulla vale lasciare un ricordo tangibile (così sono in disaccordo con la tua seconda ipotesi finale), però se un dopo c'è, allora ne vale la pena (sia di lasciare un ricordo, sia di vivere), così sono in accordo con la tua prima ipotesi.
Come appunto ha giustamente detto Mioli, non è la memoria dei poisteri a rendere la vita degna di essere vissuta.
Lui poi mi cita in spettacolo Marco Aurelio, mi piacerebbe trovare anch'io una bella citazione, ma non ne ho in mente.
Però non condivido l'opinione di Mioli, cioè che il premio del paradiso non possa giustificare la vita.

Infatti il paradiso non è un premio, il paradiso è la vita.
Questa vita invece non è la vita, ma bensì una punizione (e questo spiega molte cose...).
In questa punizione noi dobbiamo accettare le sofferenze e ringraziare delle gioie, sapendo comunque che è solo un brevissimo lampo nell'eternità della nostra esistenza.

Ad una prima impressione questo sembra sminuire l'importanza della vita terrena (il lepronz pensa di esprimere giudizi profondi, ma è superficiale, è anche in questo che sbaglia), ma non è così, infatti chi in questa vita non sfrutta tutte le possibilità che gli sono offerte (vedi parabola dei talenti) e non è più furbo di chi crede di esserlo (non ricordo dove, ma l'ha detto Gesù stesso), "non entrerà nel Regno dei Cieli".
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16/02/2004 19:50
 
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mettere in dubbio...
Non credo che essere cattolico significhi prendere la verità così com'è...io voglio sapere...quello che non hai inteso è che io sono partito dal presupposto che Dio esiste e solo con il passare degli anni nella mia mente si sono presentati dubbi di questo tipo...mettere in dubbio non significa non credere...sono due cose distinte...metto in dubbio per poi cercare una dimostrazione...se questa non esiste allora cercherò di capire dal mio essere...io credo che esista un'aldilà e credo che un giorno tutti ci incronteremo nuovamente...o forse, senza saperlo, siamo noi che VOGLIAMO credere che sia così...
Secondariamente...riguardo alle morti del sabato sera...è proprio come dici...imprudenza...capisco, ma dopo anni in cui tutti, oramai, sanno che si rischia la vita a fare queste cose non credi che si debba oramai capire che morire tra le lamiere in mezzo ad una strada potrà portare a conoscere la vita...troppo amore per la vita...il problema è che, comprendendolo, non si ha più la possibilità di viverla questa nuova scoperta...accadeva negli anni della caccia alle streghe un metodo terribile per verificare che una donna fosse o no una strega...questa veniva gettata in un lago e, secondo gli inquisitori, nel caso in cui quella fosse una strega, con le proprie arti, si sarebbe salvata galleggiando...se, invece, questo non accadeva, le donne erano innocenti...il problema è che, la maggior parte delle volte, queste morivano affogate. Per vedere se davvero esistiamo e se davvero amiamo così tanto la vita...pensiamo al suo significato...ma con la nostra mente...non seguendo una strada a tutta velocità...senza contare che capita, spesso, che questi pirati della strada non siano le uniche vittime del sabato sera...come voi tutti sapete accade a volte che innocenti vengano coinvolti...
Inoltre non sono d'accordo quando si parla di lasciare un segno tangibile della nostra esistenza....tu stesso dici che credi in Dio e nel mondo oltre la morte...allora saprai che i morti hanno la capacità di vedere nel futuro e, dall'alto, seguire il cambiare della terra...ma, a quanto dici, non mi sembra che tu la pensi in questo modo...io, invece, voglio lasciare un segno della mia esistenza e proprio in modo che, chi verrà, mi ricordi...il ricordo è una via per vincere la morte...se davvero c'è un'aldilà allora io sarò là a rallegrarmi...se non c'è (ma io non voglio crederci) allora vivrò nelle parole della gente...ma questo è quello che spero! Non voglio solo vivere (sono d'accordo con te Rijkaard quando dici che la cosa più importante è quella di vivere la nostra vita provando emozioni e compiendo il nostro lavoro da uomo) e passare come un venticello di primavera che spazza per un attimo la terra e poi scompare...non voglio vivere e scomparire senza che nessuno si accorga di me...voglio vivere nei ricordi dei posteri...in fondo anche questo è sognare..e sognare è una di quelle cose di cui tu, Rijkaard, parlavi...sognare è anche compiere un atto dell'essere uomo.

§Johan Razev§

[Modificato da Johan 16/02/2004 20.33]

[Modificato da Johan 16/02/2004 20.34]


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16/02/2004 19:45
 
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In quanto alle morti del sabato sera torno a ribadire il concetto già espresso, con il quale Forno mi sembra tu sia concorde, che l'errore del giovane è quello di non considerare con il giusto peso la possibilità della morte quando si mette in macchina per tornare a casa, e non è dunque un atto volontario e quindi un suicidio, bensì una mancanza di consapevolezza o anche della tanto discussa ma a mio parere utile paura della morte.
Per quanto concerne l'eternità della vita, essendo io ateo, dico solo che credo che non sia la memoria dei posteri a rendere la vita degna di essere vissuta, come non lo sarebbe un premio quale è il paradiso, ma è invece la soddisfazzione di aver provato in vita le emozioni umane migliori, e di aver compiuto a pieno la propria opera di uomo. (inoltre, anche se non sono esperto non credo che il tuo giudizio Forno sulla vita terrena, che è un Suo Dono, sarebbe gradito da Dio).

"Se ti alzi al mattino pigro e indolente, tieni presente questo pensiero: Mi alzo per riprendere la mia opera di uomo." Marco Aurelio

[Modificato da rijkaard 16/02/2004 19.47]

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16/02/2004 19:25
 
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Io ho capito cosa
vuoi dire, Gebba.
Ma comntinuo a essere in disaccordo, e farò un punto anch'io.
Tu dici di essere cattolico, insomma, io non voglio esprimere giudizi, ma un cattolico su certe cose può avere dubbi (è umano), ma non può dirsi tale se dubita sul primo e più importante fondamento della sua fede, il fatto che esista un Dio che ci ama e che non ci ha creato per vederci morire in questa vita, ma per darcene una eterna. (D'altra parte questo non è la base solo del cattolicesimo, ma del cristianesimo tutto). Sono molto contento che tu sia ancora vivo, ma è strano attribuirne la causa al dubbio sull'esistenza di un aldilà, infatti se io avessi potuto pensare che non ci fosse nulla, solo l'oblio e la perdita della coscenza di essere, allora in certi momenti non avrei esitato a porre fine ad un'esistenza inutile, dal momento che se questa vita deve finire senza un seguito, è irrilevante viverla venti piuttosto che sessanta anni, tanto dopo cosa resta? La memoria? Ma per piacere, che importanza può avere per noi la memoria dei posteri, se non ci saremo più per rallegrarci di essere ricordarti.
Ancora una volta ribadisco che le morti del sabato sera non sono suicidi, non c'è la volontà di morire. Quello che spinge i giovani a comportarsi così è la voglia di vivere, non di morire. è il fatto di non pensare, di ignorare la morte, di non considerarla, che porta a simili conseguenze; non il fatto di cercarla.
Temeraio ha valenza negativa, come essere sprezzante della morte, "menefreghista", comportarsi seza minimamente porvi pensiero.
Coraggioso invece ha valenza positiva, come non temere la morte, non averne terrore, paura, ma comunque non ignorandola, e soprattutto non comportartandosi senza considerare la possibilità di morire.
Hai ragione tu stavolta: le morti del sabato sera sono atteggiamenti temerari.
La morte come accidente, come imprevisto non calcolato.
nessun giovane si mette in macchina ubriaco per morire, ma solo per tornare a casa.
Semplicemente prima di ubracarsi, dovrebbe pensare al fatto che dopo dovrà tornarci a casa, magari vivo.
Non ci si pensa, quindi è imprudenza, in un qualche modo temerarietà.
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Facciamo ordine...
Prima di tutto, per quello che dice lo Schiavo sulla morte io non sono d'accordo...non è vivere l'evtare la morte? Il fatto è che cercare di evitare la morte vuol dire proprio aver compreso l'importanza della vita...quando una persona evita un pericolo è proprio perchè ha capito che è un pericolo...questo significa, nient'altro!
In secondo luogo...io sono cattolico ma non voglio esserlo solo perchè vivo circondato da cattolici...io lo voglio essere per mia volontà e questo mi porta a farmi delle domande...in un primo momento prendevo atto che esisteva un'aldilà e questo lo facevo perchè tutti coloro che mi circondavano dicevano questo...con il passare del tempo molti dubbi si sono affollati nella mia mente...esempi? Eccoli: perchè le persone, se sicure che i loro cari che sono morti sono in un posto migliore, devono struggersi ed addolorarsi così tanto per loro...in fondo, a quanto detto, noi ci troviamo in una situazione molto peggiore, non è così? Poi mi venne in mente questa possibile interpretazione...magari al nostro interno non crediamo veramente che quella persona sia entrata in un luogo che noi raggiungeremo presto...queste domande mi hanno accompagnato per anni ed anni e non voglio risposte del tipo: basta la fede...perchè capita che vi siano persone senza fede ed allora mi chiedo: loro come faranno? Oppure vi è mai venuto in mente questo discorso...magari l'aldilà è solo un'invenzione che cerca di aiutare noi a superare con meno dolore la morte dei cari cercando di pensare che quello, oramai, sta in una situazione migliore...sono tutti quesiti che non vanno sottovalutati! Per questo, Forno, io ti rispondo che, nonostante io non sia certo dell'esistenza di un'aldilà...nonostante questo sono ancora vivo...
Continuando...vi sono casi e casi per quanto riguarda il rapporto tra suicidio e omicidio e questo dipende da persona a persona...come ho già detto, ogni persona reagisce al dolore come è proprio dell'animo che possiede...oltre al fatto che, chi si suicidia o uccide, ha già al proprio interno, senza ombra di dubbio, una certa inclinazione verso questo...cosa che si può manifestare in ogni momento...magari in risposta a stimoli esterni, ma tutto è causato dalla persona in sè.
Ammettiamo pure che le morti del sabato sera non si considerino suicidi allora come possiamo considerarle...temerarietà? Hai proprio ragione sai? Il fatto è che la temerarietà è sinonimo di coraggio (anche i suicidi hanno coraggio)...e quello che possiedono i ragazzi di oggi sfiora l'assurdo! Ora vi racconterò una storia che è accaduta qualche anno fa ad un amico di mio fratello e che, in effetti, dovrebbe ricordare anche Rijkaard (la nostra maestra delle elementari, l'Angela, lo conosceva bene..ti ricordi?)...fatto sta che questo ragazzo è salito n macchina con degli altri ragazzi (erano 5 in tutto)...tre di essi erano ubriachi (l'amico di mio fratello ed un altro no..) e questo li portò a schiantarsi contro un albero al lato di una strada in una doppia curva...morirono in 4, solo il secondo che non si era ubriacato si salvò...a detta di quest'ultimo fu la decisione del conducente di andare alla massima velocità in quella curva per superare il limite fu la causa dell'incidente...ora, non voglio elargire giudizi a vanvera ma, guardando attentamente questo esempio, mi sembra di vederci una forma di suicidio (diversa e, sicuramente, partorita da una diversa situazione)...non dico che il suicidio debba per forza essere il caso di un uomo distrutto dal dolore che si toglie la vita ma, come ho già detto, il suicidio è procurarsi la morte...questo caso è un esempio lampante...purtroppo...
Inoltre voglio dire questo il suicidio ha diverse forme e non tutte sono come noi ora lo stiamo esaminando (un esempio è i suicidi di massa che vengono fatte da credenti di alcune sette...ne avrete sicuramente sentito parlare) e non sempre questo scaturisce da logiche motivazioni...può essere la pazzia di un momento...
In conclusione voglio dire questo: vivere con la paura della morte non è una morte in vita...forse è proprio il contrario...la paura della morte, si può dire quello che si vuole, è un sentimento e c'è chi lo prova e chi no...io non posso oppormi a quello che provo e sento di aver paura della morte, questo è sicuro! Da ciò, però, non deriva sicuramente un trascorrere la vita in modo oscuro e sempre sotto l'ombra della morte...è proprio il credere che quella sia lontana che ci fa vivere meglio...un incubo distante e non ancora sopra di noi...io ho paura della morte ma non vivo sempre con il timore di questa...so che è la che mi attende ed io, fino a quando quella non giungerà a prendermi, vivrò come se non esistesse...sono un uomo!

§Johan Razev§

[Modificato da Johan 16/02/2004 18.01]

[Modificato da Johan 16/02/2004 18.05]


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Re: Re: Dunque

Scritto da: Lo Schiavo 15/02/2004 19.45

Però è sbagliato anche dire: "non faccio una cosa perchè potrei morire", dal momento che potresti morire pure se per sbaglio di piantassi una forchetta nel polso a pranzo. Secondo me bisogna vivere cercando di acchiappare al volo le emozioni finchè si può sbattendosene altamente della possibilità di poter morire. Per fare qualcosa di pericoloso bisogna ignorare la morte, ma quando la stai facendo senti la morte vicina a te, pronta a strapparti la vita in un attimo. In quel momento senti veramente quanto vale la tua vita, quanto è rara da ottenere.

Il punto però è che questa visione della vita non è innata, se una persona rifugge sempre dalla morte, apparentemente può sembrare attaccato alla propria vita, ma in realtà, con il passare del tempo perderà completamente questo attaccamento, diventando (appunto) un potenziale suicida.



Quello che hai detto all'inizio è quello che ho detto anch'io.
Però mi pare di aver preso una posizione intermedia fra te e gebba, (virtus in medio stat...), fra te che dici che bisogna ignorare la morte, e Gebba che dice che bisogna temerla.
Io dico che non bisogna temerla ma non la si deve ignorare, affrotarla con temerarietà, la vita ha un suo valore, non si deve aver paura della morte prorpio per vivere la vita.
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Credo che non sia giusto non avere paura della morte, sia della propria che di quella altrui. Infatti per quello che è il mio pensiero è molto probabile che con la morte tutto si concluda, ed è una cosa che può avvenire in qualsiasi momento, per questo è normale averne paura, è un atto di consapevolezza che non può non condizionare le nostre azioni in vita. Con questo non voglio dire che debba essere una paura continua che ci impedisce di compiere atti di coraggio, semplicemente deve servire da fattore nella grande equazione che risolviamo per decidere delle nostre azioni, e anche per renderci consapevoli di quanto sia importante la nostra vita, in modo da viverla nella migliore maniera possibile, e di evitare atti quali il suicidio, o anche casi come quelli del sabato sera che suicidi non sono, ma rappresentano quella che è spesso nei giovani una mancanza di consapevolezza.
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Insomma
Ancora non mi convinci Shiavo, secondo me uno uccide un'altro non per uccidere una parte di sè, ma per potenziare il suo essere, assumendo in un qualche modo la vita che prende all'altro.
Sono d'accordo pienamente, come ho molte volte già scritto, che non è bene vivere con la paura dela morte.
Per quanto riguarda le facoltà mentali, si perdono quando ci si innamora, e se uno si suicida in un periodo in cui è innamorato, non è sempre colpa sua.
La corsa alle emozioni che tu dici per me è follia.
Ce lo avevano insegnato anche gli Epicurei, e gli Stoici, ma non c'è bisogno di loro per capirlo, pensa solo al fatto dei morti il sabato sera, di cui già ampiamente si è parlato.

Uno che muore a quarant'anni si è perso sessant'anni della sua vita, uno che muore a centoventi se li è persi forse tutti.

Ti piace come ho tradotto il tuo pensiero? a me sì.
Però nonstante la frase sia molto convincente, resto del parere che fra cento giorni da pecora e uno da leone, siano preferibili (come dico sempre) cinquanta da uomo.
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Re: Dunque

Scritto da: Lorentzgang 15/02/2004 19.37
Non ho voluto intendere che tu valutassi che i giovani vanno alla ricerca della morte, ma proprio il fatto che, dal momento che non ci vanno (come entrambi abbiamo asserito), allora la loro morte non da considerasi suicidio, ma come imprudenza, o temerarietà.
Coraggio di fronte alla morte sì, temerarietà no.
Non intendo che si debba andare alla ricerca della morte, ma che non bisogna temerla, questa sarebbe un'inutile e illogica paura, che servirebbe solo a infiacchire la nostra vita.
Per evitare di andare in contro alla morte non è necessario temerla, ma solo comportarsi in funzione di un amore verso la vita, accettando la morte come parte di essa.
Il fatto che non esista un aldilà sarebbe estremamente confortante, io se non avessi la certezza che esiste sarei già morto.


Però è sbagliato anche dire: "non faccio una cosa perchè potrei morire", dal momento che potresti morire pure se per sbaglio di piantassi una forchetta nel polso a pranzo. Secondo me bisogna vivere cercando di acchiappare al volo le emozioni finchè si può sbattendosene altamente della possibilità di poter morire. Per fare qualcosa di pericoloso bisogna ignorare la morte, ma quando la stai facendo senti la morte vicina a te, pronta a strapparti la vita in un attimo. In quel momento senti veramente quanto vale la tua vita, quanto è rara da ottenere.

Il punto però è che questa visione della vita non è innata, se una persona rifugge sempre dalla morte, apparentemente può sembrare attaccato alla propria vita, ma in realtà, con il passare del tempo perderà completamente questo attaccamento, diventando (appunto) un potenziale suicida.
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Innanzi tutto mi fa piacere vedere che la questione vi interessa.

Per rispondere al Forno dico: dal momento che il suicidio deriva da un odio verso la società (dovuto al fatto di non sentirsi pienamente accettati al suo interno), una persona se non ha il coraggio di compiere un atto estremo come il suicidio, può ripiegare nell'uccidere gli altri per vendicarsi della società: in poche parole riversa le sue frustrazioni non su se stesso ma sul prossimo. Così facendo, ad ogni uccisione per lui sarà come se una parte di se stesso morisse, come se il suo ego si stesse macchiando inevitabilmente e stesse distruggendo tutto ciò che era prima. Per questo io reputo l'uccidere una sorta di "suicidio per vigliacchi".

Per quanto riguarda quello che diceva Giebba dico: che vita è se non si sente la morte alle spalle? Secondo me il vivere evitando la morte è una sorta di "morte in vita".

-Io come suicidio intendo il rifiuto totale della vita nel pieno delle proprie facoltà mentali (perchè non è vero che le proprie facoltà si perdono quando si pensa negativo e si riacquistano quando si pensa positivo, se va male va male e basta)-

In ogni caso il vivere sentendo le dita della morte alla propria schiena è secondo me uno dei modi migliori per vivere, perchè ti fa capire quanto la vita in sè sia importante e ti fa accettare il fatto che il tempo un giorno o l'altro scadrà. Una vita vissuta schivando la morte fa perdere importanza alla vita perchè la senti saldata dentro di te, quando in realtà la vita è legata a noi con uno spago. Il dire "ho ancora molto da vivere" è sciocco perchè il giorno dopo potresti essere già morto, in realtà la vita è una eterna "corsa alle emozioni", dove vince chi prova più emozioni nel modo più intenso durante il corso della sua vita, non chi vive di più. Credete che un malvivente che muore a 40 anni per via di sei colpi di pistola sul petto, sia più sfortunato di un ricco sfondato che muore a 120 anni di una malattia incurabile e sconosciuta? Secondo me assolutamente no.
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Rasputin: Lo Schiavo


I 10 METALLAMENTI:
1:Non avrai altra musica al di fuori del metallo
2:Non mettere il chiodo con i mocassini
3:Non desiderare il distorsore degli altri
4:Ricorda di acquistare ogni nuovo disco degli Atroci
5:Ricordati di vomitare alle feste
6:Non rubare i pezzi ad Albano
7:Non ascoltare i dischi dei freni
8:Ignora Sanremo
9:Non lavare mai gli Anfibi
10:NON ROMPERE I COGLIONI!
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Dunque
Non ho voluto intendere che tu valutassi che i giovani vanno alla ricerca della morte, ma proprio il fatto che, dal momento che non ci vanno (come entrambi abbiamo asserito), allora la loro morte non da considerasi suicidio, ma come imprudenza, o temerarietà.
Coraggio di fronte alla morte sì, temerarietà no.
Non intendo che si debba andare alla ricerca della morte, ma che non bisogna temerla, questa sarebbe un'inutile e illogica paura, che servirebbe solo a infiacchire la nostra vita.
Per evitare di andare in contro alla morte non è necessario temerla, ma solo comportarsi in funzione di un amore verso la vita, accettando la morte come parte di essa.
Il fatto che non esista un aldilà sarebbe estremamente confortante, io se non avessi la certezza che esiste sarei già morto.
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D'accordo ma...
Non ho detto che loro volessero la morte...questo mai! Lo dico anche alla fine del post...quando dico che gli incidenti del sabato sera si possono considerare sucidi intendo dire che si, in fin dei conti, si possono evitare e tutto sta nelle scelte dei giovani...quindi se è una cosa che dipende da noi questa morte è suicidio! Il significato stesso di suicidio significa questo! Il sentirsi vivi non può portare alla morte...non posso credere che per sentirsi vivi si debba rischiare la morte...è un pensiero illogico! E' come se quando abbiamo fame non mangiamo per vedere se è vero che abbiamo fame...non c'è bisogno di verificarlo...è così e basta!
E' vero quello che dici che la morte non può essere evitata ma questo non significa che bisogni andare alla sua ricerca...sfiorare le sue dita per sentirsi vivi...io ho paura della morte e questo lo sento! La temo per me non più perchè potrebbe far male morire o cose di questo tipo...io la temo perchè potrebbe avere la capacità di dividerci dai nostri cari e non si è certi di rivederli.
In quanto uomini abbiamo sentimenti e non mi basta sapere che sono in un posto migliore...io sono qui e non ho la possibilità di vedere se essi siano davvero in quel posto...potrebbe non esserci un'aldilà e, forse, potremmo non vedere più chi ci ha lasciato in questa vita...questo mi spaventa della morte...ora è chiaro?

§Johan Razev§

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"Possiamo solo decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso" Gandalf
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"Venite amici che non è tardi per scoprire un mondo nuovo.
Io vi propongo di andare più in là dell'orizzonte
E se anche non abbiamo l'energia
che in giorni lontani
mosse la terra e il cielo,
siamo ancora gli stessi,
unica eguale tempra di eroici cuori
indeboliti forse dal fato
ma con ancora la voglia di combattere
di cercare
di trovare
e di non cedere." A. Tennyson - Ulysses -
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Veramente Immenso

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