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Georg Ratzinger - Baviera

Ultimo Aggiornamento: 16/12/2009 11:48
24/09/2008 17:13
 
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Regensburger Domspatzen





975 Die Regensburger Domspatzen sind der älteste Knabenchor der Welt. Um 975 gründete der Bischof Wolfgang eine eingene Domschule, die neben dem allgemein bildenden Unterricht besonderen Wert auf die musikalische Ausbildung legte. Den Schülern oblag der liturgische Gesang in der Bischofskirche.

Mitte des 19. Jahrhunderts
Um diese Zeit leitete Domkapellmeister Joseph Schrems eine neue Blütezeit des Chores ein.

1924-1963
Es war Dr. Theobald Schrems, der die Regensburger Domspatzen in den Jahren ab 1924 weltberühmt nmachte. In seiner fast 40jährigen Amtszeit als Domkapellmeister baute Schrems die Knzerttätigkeit des Chores, zielstrebig aus, ohne den liturgischen Dienst im Regensburger Dom zu vernachlässigen. Das Musikgymnasium und Internat der Regensburger Domspatzen und eine Tages- und Intergrantsgrundschule gehen auf Theobald Schrems zurück.

1964-1994
In diesem Zeitraum leitete Georg Ratzinger den Knabenchor und unternahm mit ihm jedes Jahr eine ausgedehnte Tournee. Große Auslandsreisen führten die Domspatzen 1984 und 1987 in die USA und 1988 nach Ungarn und Japan. Der Chor war Gast in Taiwan, Hongkng und Korea, sowie in Tschechien und Polen. Der Knabenchor hat in diesem Zeitraum auch bei zahlreichen Schallplatteneinspielungen mitgewirkt.


Ab 1994

Seit dem Sommer 1994 liegt die Leitung des Chores in den Händen von Roland Büchner, der 1954 in Karlstadt am Main geboren wurde.

2004
Für seine Verdienste um den Chor erhielt Roland Büchner dem Kulturpreis der Stadt Regensburg.

2005
Am 22. Oktober 2005 sang der Chor unter der Leitung von Roland Büchner in der Sixtinischen Kapelle vor Papst Benedikt dem XVI. Der Mitschnitt des Konzerts erschien bei Koch-Univesal.
[Modificato da GABRIELLA.JOSEPHINE 24/09/2008 17:15]
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Vatican City, Nervi hall April 25, 2005 - Georg Ratzinger (R), brother of Pope Benedict XVI, before the audience for german pilgrims <> Città del Vaticano, 25 aprile 2005 - Georg Ratzinger, fratello di Papa Bendedetto XVI , prima dell'udienza per i pellegrini tedeschi.
[Modificato da GABRIELLA.JOSEPHINE 25/09/2008 10:16]
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RUPERT HOFBAUER, keeper of JOSEPH RATZINGER vacation house with GEORG and JOSEPH RATZINGER (Pope Benedict XVI). Pentling, Regensburg (D) / RUPERT HOFBAUER, custode della casa di JOSEPH RATZINGER (Papa Benedetto XVI) a Pentling, Regensburg (D) con GEORG e JOSEPH RATZINGER - Reproduced by Marcello MENCARINI
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Pope Benedict XVI
GEORG RATZINGER, brother of JOSEPH RATZINGER (Pope Benedict XVI), at home. Regensburg (D), 21 April 2005 / GEORG RATZINGER, il fratello di JOSEPH RATZINGER (Papa Benedetto XVI) nella sua casa di Ratisbona (D). 21 aprile 2005 - © Marcello MENCARINI

From group: rr_mencarini_270907_t_04
Photographer: Marcello Mencarini
Source: Marcello Mencarini
URL:
Keywords: Georg Ratzinger, Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, people, pope Benedict XVI

Date: Apr 21, 2005
City: Regensburg
State/Province:
Country: Germany
Credit: Marcello Mencarini / Grazia Neri

Copyright: © Marcello Mencarini / Grazia Neri
Model Release: No
Property Release: No
Restrictions:
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"POPE BENEDICT SCHOOL"





The Pope's brother Georg Ratzinger (L) greets pupils of the "Pope Benedict school" in Straubing, Germany, 09 July 2008. The 84 year old former choir leader of the 'Regensburger Domspatzen' acquainted himself with the work of the catholic funding institution in Straubing. The school for physically handicapped children was renamed to Pope Benedict school last year. EPA/ARMIN WEIGEL
fotograaf Armin Weigel
stad Straubing
land Duitsland
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INTERVISTA DI ANDREA TORNIELLI A MONSIGNOR GEORG RATZINGER
Dall’inizio della mia vita mio fratello è stato sempre per me non solo compagno, ma anche guida affidabile. È stato per me un punto di orientamento e di riferimento con la chiarezza, la determinazione delle sue decisioni. Mi ha mostrato sempre la strada da prendere, anche in situazioni difficili». Con queste parole, lo scorso 22 agosto, Benedetto XVI ha ringraziato il sindaco di Castelgandolfo per aver concesso la cittadinanza onoraria a Georg Ratzinger, suo fratello maggiore. La «guida affidabile» del Papa, l’unico membro rimasto della sua famiglia, a dispetto della malattia agli occhi che ne ha ridotto di molto la vista, si muove ancora agilmente nell’abitazione di via Luzengasse, poco distante dal duomo di Ratisbona, dove per lungo tempo ha diretto il famoso coro di voci bianche dei «Domspatzen», i «passerotti del Duomo». Sulla città il cui nome nel 2006 è rimbalzato in tutto il mondo dopo il famoso discorso del Pontefice dedicato al rapporto tra fede e ragione, nuvole grigie scaricano una pioggia gelida e autunnale. Monsignor Ratzinger, 84 anni, puntualissimo, aspetta l’intervistatore sulla porta all’ora prevista per l’appuntamento. Il piccolo salotto di casa, dove riceve i visitatori e dove ci introduce, è zeppo di pergamene e di immagini sacre. Al centro campeggia una foto sorridente del fratello Papa. L’unica condizione per l’intervista è «che sia breve». Ma accetterà di buon grado molte «ultime» domande.

Qual è il primo ricordo che ha di suo fratello Joseph?
«Era il Sabato santo del 1927. Già dall’alba c’era una gran confusione in casa, e io non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Volevo alzarmi, ma mio padre mi disse di continuare a dormire perché mi era nato un fratellino. Lo vidi solo dopo: era piccolo e delicato. Fu battezzato il giorno successivo nella chiesa parrocchiale di Marktl sull’Inn, il paese dove abitavamo. Quel giorno pioveva, nevicava e tirava vento, così i miei genitori decisero di lasciare a casa me e mia sorella per non correre il rischio che ci ammalassimo».

Che tipo di bambino era suo fratello?
«Era un bambino vivace, ma non un terremoto. Lo ricordo sempre allegro. Fin da piccolo mostrava una grande sensibilità nei confronti degli animali, dei fiori e, in generale, della natura. Forse anche per questo a Natale lui riceveva sempre in dono animali di pezza. La sua attenzione per la natura e gli esseri viventi è un suo tratto caratteristico».

Ci può raccontare qualcosa sulla vostra vita familiare e sui vostri genitori?
«Eravamo una famiglia molto unita. Nostro padre era commissario di polizia, proveniva da un’antica famiglia di agricoltori della Bassa Baviera. Mia madre era figlia di artigiani, e prima di sposarsi aveva lavorato come cuoca. Quando era possibile noi bambini andavamo alla messa quotidiana. Si faceva colazione a casa. Poi ci si vedeva di nuovo a pranzo. Secondo la tradizione bavarese mangiavamo prima una zuppa e poi il piatto principale. Il pomeriggio facevamo i compiti e poi con mio fratello andavamo a passeggiare per la città. Poi si cenava insieme. All’epoca non c’erano né radio né Tv e la sera nostro padre suonava la cetra e cantava canzoni. Poi si andava presto al letto».

Quale opinione aveva vostro padre del nazismo?
«Sin dall'inizio è stato un grande oppositore del nazismo. Capì subito che il nazionalsocialismo sarebbe stato una catastrofe e che non era solo un grande nemico della Chiesa ma più in generale di ogni fede e di ogni vita umana».

Lei e Joseph foste costretti ad arruolarvi nella Hitlerjugend, la Gioventù hitleriana?
«Lo Stato aveva disposto che tutti i ragazzi delle scuole, in base alla loro età, dovessero iscriversi a determinati gruppi giovanili. Quando divenne obbligatorio, venimmo iscritti in blocco. Non c'era libertà di scelta e il non presentarsi avrebbe avuto certamente delle conseguenze negative. Mio fratello però non frequentava questi raduni e non si presentava agli appelli. Questo comportò un danno economico per la mia famiglia in quanto non beneficiò più dello sconto sulle tasse scolastiche».

È vero che un vostro parente finì ucciso nell’Aktion T4, il progetto di eutanasia nazista?
«Era un nostro cugino, figlio di una sorella di mia madre. Era un ragazzo carino e allegro, ma soffriva di disturbi mentali.
Non era in grado di dialogare correttamente o di partecipare alle conversazioni. Non so dire nulla di più preciso sulla sua malattia. Solo molto più tardi scoprimmo che i nazisti erano venuti a prenderlo a casa e che era stato ucciso in un campo di sterminio».

Nel 1935 lei entrò nel seminario arcivescovile di Traunstein. Joseph ha scritto nella sua autobiografia: «Io ne seguii le orme». Come nacque la vocazione di Joseph?«Mio fratello e io eravamo entrambi chierichetti, tutti e due servivamo messa. Ci fu presto chiaro, prima a me e poi a lui, che la nostra vita sarebbe stata a servizio della Chiesa».

Già da prima però suo fratello aveva detto che da grande voleva fare «il cardinale»…
«A Tittmoning Joseph aveva ricevuto la cresima dal cardinale Michael von Faulhaber, il grande arcivescovo di Monaco. Ne era rimasto impressionato e aveva detto che sarebbe voluto diventare anche lui cardinale. Ma, solo qualche giorno dopo quell’incontro, osservando il pittore che tinteggiava i muri di casa nostra, disse anche che da grande avrebbe voluto fare l’imbianchino… ».

Nell’autobiografia Joseph racconta che riteneva una «vera tortura» lo sport e che non amava l’attività fisica.
«Posso dire con sicurezza che né io né mio fratello eravamo portati per lo sport. Forse era dovuto al fatto che non avevamo un fisico robusto anzi, eravamo i più piccoli e deboli delle nostre rispettive classi. Non riuscivamo a tenere il ritmo dei nostri compagni».

Come ha inciso la seconda guerra mondiale sulla sua vita e sulla vita di suo fratello?
«La guerra ci ha provati profondamente, anche quando eravamo a casa: il cibo bastava a malapena. Avevamo un biglietto per l’approvvigionamento mensile di cibo, con il quale si potevano comprare solo certi generi alimentari come lo zucchero, il burro, il grasso e un po’ di carne. La sera bisognava oscurare le finestre per non fare uscire la luce e non farsi vedere dagli aerei degli alleati. Sono stato chiamato prima al servizio di lavoro e poi al servizio militare. Mio fratello è stato richiamato qualche tempo dopo di me. Avevamo obiettivi e ideali che erano opposti a quelli di Hitler, ma eravamo nostro malgrado soldati. Non vedevamo l’ora che arrivasse il giorno in cui la guerra sarebbe finita».

Come è nata la vostra passione per la musica?«Nella nostra casa tutti amavano la musica. Nostro padre - l’ho già ricordato - aveva una cetra che suonava spesso la sera. Cantavamo insieme. Per noi era sempre un evento. A Marktl sull’Inn, poi, c'era una banda musicale che mi affascinava molto. Ho sempre pensato che la musica sia una delle cose più belle che Dio abbia creato. Anche mio fratello ha sempre amato la musica: forse l’ho contagiato io».

Lei e suo fratello siete stati entrambi ordinati sacerdoti il 29 giugno 1951, nel duomo di Frisinga. Che ricordi ha di quel giorno?
«Fu un giorno molto gioioso, che ci commosse profondamente. Il bel tempo ci aveva messo di buon umore. Eravamo più di quaranta giovani e ci eravamo preparati insieme per la consacrazione. Eravamo tutti felici perché avremmo raggiunto l'obiettivo per cui ci eravamo preparati per anni e che aspettavamo tanto. Ora tutto diventava realtà. Entrammo nel Duomo di Frisinga, la cui grande campana, che portava il nome di San Corbiniano, aveva, già dal mattino presto, svegliato tutta la città e creato un’atmosfera di festa. Tutta la famiglia era con noi: i nostri genitori, nostra sorella maggiore.
Fu un giorno indimenticabile».

Joseph Ratzinger, sia da cardinale che da Papa, ha parlato delle radici comuni che legano ebraismo e cristianesimo. Avevate contatti con ebrei nella vostra famiglia?

«È un dato teologico che gli ebrei sono il popolo prescelto da Dio e che da quel popolo nacque Gesù, generato dalla Vergine Maria. Ma devo ammettere che all’epoca sapevamo che esistevano gli ebrei solo dall'insegnamento di religione. Nella nostra regione non c’erano per cui non avevamo né contatti né esperienze vissute con loro. Non sapevamo nulla neanche dei pogrom contro gli ebrei e delle ingiustizie commesse nei loro confronti dai nazisti. Eravamo all’oscuro di tutto».

Suo fratello al tempo del Concilio venne definito un «teenager teologico», un teologo di area progressista, ed era il perito di fiducia del cardinale Frings. Che ricordi ha di questi eventi?«Non so chi abbia coniato l’espressione “teenager della teologia” riferita a mio fratello. In quel periodo non sono stato a Roma: ci andai solo una volta insieme a Joseph e alcuni professori tedeschi che svolgevano il ruolo di esperti nell’ambito del concilio. Era chiaro che c’era la necessità di aperture, di uno sviluppo teologico. Mio fratello ha contribuito alla realizzazione di tutto questo con tutta la sua intensità spirituale e credo che parte del merito dell’introduzione di alcune nuove idee, che erano parte integrale delle nostre convinzioni e della nostra fede cattolica, vada dato a lui».

Nell’epoca del post concilio, il professor Ratzinger si trova a vivere a Tubinga, in una facoltà teologica trasformata in «centro ideologico» del marxismo. Suo fratello è cambiato in quegli anni?«No, lui non è cambiato. I giovani in Germania vivevano uno stato di turbamento. La spinta al cambiamento che aveva avuto luogo nel Concilio, si manifestava con più forza tra i laici. I giovani tedeschi e degli altri paesi vivevano in un clima instabile, senza controllo. L’idea dominante era che tutto si doveva cambiare, si dovevano introdurre novità: mio fratello approvò quelle buone ma respinse quelle inconciliabili con la fede. L’idea che il Concilio dovesse portare solo novità non era corretta, poiché lo scopo era quello di presentare in modo adeguato ai tempi la fede cattolica di sempre».


Suo fratello allora lasciò Tubinga e venne a insegnare qui a Ratisbona. Vi ritrovaste uniti tutti e tre fratelli.
«Ricordo ancora quella sera quando Joseph e mia sorella Maria giunsero a Ratisbona, all’hotel Kameliten. Dopo la prova con il mio coro Domspatzen, li raggiunsi in albergo: eravamo contenti di stare insieme, di esserci ritrovati. La domenica successiva tornai a trovarli: vissero in albergo finché non fu pronta la nuova casa. Per noi fu un bel periodo. Gli studenti accolsero bene mio fratello, lo consideravano un professore da cui apprendere molto».

A chi si ispirava suo fratello quando era professore?
«Nei suoi studi si ispirava ad alcuni teologi francesi, aveva come modelli soprattutto Henri de Lubac e il teologo svizzero Hans Urs von Balthasar. Al centro del suo lavoro c’erano la Sacra Scrittura e gli scritti dei padri della Chiesa. Durante i suoi studi universitari aveva cercato di riscoprire questo patrimonio, di farlo uscire dal dimenticatoio e di ravvivarlo».

Che significato ha la liturgia per i fratelli Ratzinger?
«La liturgia, la messa, rappresenta il fulcro della nostra fede e della nostra azione, è l’incontro personale con Dio. Questo naturalmente è al primo posto. Non potremmo immaginare un giorno senza la messa, senza la liturgia, sarebbe povero, privo dell’essenziale... ».

Perché Benedetto XVI ha voluto liberalizzare l’antica liturgia preconciliare con il motu proprio «Summorum Pontificum»?
«All’epoca della riforma liturgica il cambiamento avvenne velocemente e non fu facile per tutti da accettare. Da un giorno all’altro l’antica liturgia fu sostituita con la nuova, alla quale ora siamo affezionati e con la quale celebriamo Messa con una partecipazione interiore piena di gioia. Ci furono, però, alcuni nella Chiesa che non accettarono completamente questo “salto”, poiché la perdita dell’antica liturgia li aveva privati di qualcosa e aveva sconvolto la loro fede. Per non lasciare sole queste persone, per reintegrarle pienamente nella comunità ecclesiale, mio fratello ha deciso di rendere libera l’antica liturgia preconciliare».

Si aspettava l’elezione di Joseph nel conclave dell’aprile 2005? Come ha reagito alla notizia?«Devo ammettere che non me l’aspettavo, e sono rimasto un po’ deluso... ».

Deluso? Con suo fratello diventato Papa?«Glielo spiego subito. Dati i suoi gravosi impegni, ho capito che il nostro rapporto si sarebbe dovuto ridimensionare notevolmente. In ogni caso, dietro la decisione umana dei cardinali c’è la volontà di Dio, e a questa dobbiamo dire sì».

I rapporti tra di voi sono cambiati?
«Prima mio fratello trascorreva alcune settimane in Germania, nella sua casa di Pentling, a pochi chilometri da qui. Cosa che ora non può fare più. C’è stato per un paio di ore nel settembre 2006 quando ha visitato la Baviera. Spesso, la domenica vado in casa a Pentling e faccio un giro per le stanze, poi chiamo Joseph e gli descrivo ciò che ancora con i miei occhi indeboliti riesco a vedere, gli descrivo la casa e gli dico che lì è molto bello. È un pezzo di patria a cui lui adesso ha dovuto rinunciare».

Posso chiederle quale è stata la prima cosa che il nuovo Papa le ha detto quando vi siete sentiti dopo l’elezione?
«Mi perdonerà, non glielo so dire con esattezza, ho dei ricordi confusi. In quei giorni il telefono e il campanello di casa suonavano in continuazione. Era terribile. Non rispondevo più alle telefonate. Così quando ha chiamato il nuovo Papa ha risposto la mia domestica, la signora Heindl. Era mio fratello che voleva parlare con me, ma è stata la signora Heindl a congratularsi per prima dell’elezione».

Può raccontarci come avete trascorso insieme, quest’anno, le vacanze estive a Bressanone. Dicono che passeggiavate insieme e che vi vedevano spesso sorridere.
«Abbiamo trascorso tanti periodi di vacanza a Bressanone e abbiamo vissuto nel seminario dove siamo stati anche quest’anno. Le altre volte però potevamo uscire, girare tranquilli per la città e visitare le chiese. Adesso che mio fratello è il Papa tutto ciò non è più possibile. Così siamo dovuti stare dentro e fare le passeggiate nel giardino del seminario. Queste passeggiate sono state comunque belle, anche se io ho problemi a camminare. Ho grossi problemi sia con la vista che con le gambe».

Suo fratello si è abituato a essere il Papa?

«Sì, si è abituato velocemente alla sua nuova condizioni. Deve semplicemente dire di sì al nuovo ordine di cose. Lo vive come il volere di Dio e si impegna con tutte le sue capacità».
Avevate una qualche predilezione in famiglia per il nome Benedetto?
«Per questo nome no. Anni fa, però, mio fratello mi disse: “Benedetto sarebbe un bel nome per un nuovo Papa”. Lui ora non ricorda di averlo detto, ma io l’ho ben presente».

Le parole che il Papa ripete più spesso sono «gioia», «amore» e «bellezza». Contrastano con l’immagine del «panzerkardinal» con cui è stato descritto per anni.
«Sì, penso che questa immagine lo descriva male e non corrisponda alla realtà. Non è mai stato un uomo brusco, con l’intenzione di offendere gli altri. Ha avuto sempre molto rispetto dell’opinione altrui. Spesso i media creano immagini sbagliate delle persone».

Quale Papa, secondo lei, suo fratello ha amato di più?
«Il suo diretto predecessore Giovanni Paolo II, con il quale ha lavorato a stretto contatto. Gli è stato di grande aiuto e grazie alle sue conoscenze teologiche l’ha potuto consigliare molto bene. Tra i due c’era una solida intesa, un comune orientamento. La loro visione della fede ha fatto sì che chiamassero le cose con il loro nome».

Suo fratello le ha mai parlato di Papa Luciani?«Una volta il futuro Giovanni Paolo I aveva fatto visita a mio fratello, che allora era arcivescovo e si trovava in vacanza a Bressanone. Luciani era un uomo pieno di cuore, molto valido, e mio fratello amava questa sua umanità».

Posso chiederle come ci si sente a essere il fratello del Papa?«È una situazione ha delle ripercussioni, delle conseguenze... Quando vado in città, incontro sempre delle persone che mi rivolgono la parola in modo gentile. Soprattutto i turisti italiani. Mi dicono "Fratello del Papa" e mi salutano gentilmente. In tutto questo, però, io non ho alcun mio merito».

L’avrebbe mai immaginato?
«No, non me l’aspettavo, non ce lo potevamo immaginare.
Era decisamente insolito che un tedesco divenisse Papa, da secoli non si avevano Papi tedeschi.
Non abbiamo mai pensato di ricevere questo onore, era completamente al di fuori alle nostre aspettative».



Andrea Tornielli

(da "Il Giornale")
[Modificato da GABRIELLA.JOSEPHINE 29/09/2008 11:23]
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‚Mein Bruder hilft mir‘


Immer schon „stellte er für mich einen Orientierungspunkt dar mit seiner Klarheit und seiner Entschlusskraft“, sagte der Papst über Georg Ratzinger.



Castel Gandolfo (kath.net/RV) "Seit dem Beginn meines Lebens war mein Bruder für mich nicht nur ein Begleiter, sondern auch ein zuverlässiger Führer“, sagte Papst Benedikt XVI. beim Festakt, als seinem Bruder die Ehrenbürgerwürde von Castel Gandolfo verliehen wurde. „Er stellte für mich immer einen Orientierungspunkt dar mit seiner Klarheit und seiner Entschlusskraft. Er hat mir immer gezeigt, welchen Weg ich nehmen musste, auch in schwierigen Situationen.“

Georg Ratzinger, der ältere Bruder von Papst Benedikt XVI., darf sich seit Donnerstag "Ehrenbürger von Castel Gandolfo" nennen. Der Bürgermeister des Ortes, in dem sich die Päpste traditionell während der Sommermonate aufhalten, ehrte Ratzinger in einer Zeremonie, bei der auch Papst Benedikt anwesend war.



Der Papst betonte, dass die Ehrung seines Bruders auch ihm viel bedeute. „Mein Bruder hat angedeutet, dass wir mittlerweile auf der letzten Etappe unseres Lebensweges angekommen sind - im Alter. Unsere Lebenszeit wird immer kürzer. Aber auch jetzt hilft mir mein Bruder mit seiner Ernsthaftigkeit, seiner Bescheidenheit und seinem Mut, jede Last zu ertragen."

Georg Ratzinger gab die Laudatio an den Bruder zurück. Es sei nicht nur eine Ehre für ihn, jetzt ein Teil von Castel Gandolfo zu sein. Vielmehr sei die Verleihung ein Zeichen der Wertschätzung für seinen Bruder, den Papst: "Castel Gandolfo ist seit 400 Jahren der Sitz der Sommerresidenz des Papstes, die in seinen Mauern ist. Und der Papst verbringt regelmäßig einige Wochen der Ferien und des Urlaubs in diesen Mauern. Und Sie bejahen diese Anwesenheit des Heiligen Vaters und seiner Residenz; Sie leiden nicht darunter, sondern Sie erkennen sie an und übernehmen auch dafür Verantwortung.

Und so sehe ich in der Übertragung der Ehrenbürgerwürde für mich auch eine Anerkennung und ein Bekenntnis zum Heiligen Stuhl und zum Inhaber des Heiligen Stuhls, meinem Bruder."



[Modificato da GABRIELLA.JOSEPHINE 30/09/2008 11:12]
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Frère du Pape

Andrea Tornielli s'est rendu à Ratisbonne, et a réalisé une longue interviewe de Georg Ratzinger.
C'est vraiment un document exceptionnel, avec des réflexions inédites qui ne relèvent pas toutes de l'anecdote - sans doute grâce à l'intelligence des questions posées. (29/9/2008)




Sur son blog, le journaliste italien écrit: "Sono rimasto colpito dalla gentilezza e dalla cordialità con cui monsignor Ratzinger ci ha accolto. Una caratteristica di famiglia".
(Je suis resté frappé par la gentillesse et la cordialité avec laquelle Mgr Ratzinger nous a accueillis.
Une caractéristique de famille)

Plus qu'émouvant, ou même attendrissant, c'est une vraie bouffée d'air pur.
Article original sur le site de IL GIORNALE: www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=293940




« Mon frère, le Pape qui voulait devenir peintre en bâtiment »

d'Andrea TornielliExclusif : Georg Ratzinger parle.
L'enfance, l'adolescence, les souvenirs du seul homme au monde qui connaisse les secrets de Benoît XVI.
« A présent, il s'est habitué à être Pape, il le vit comme une volonté de Dieu »

« Dès le début de ma vie mon frère a été toujours pour moi non seulement un compagnon, mais aussi un guide à qui se fier. Il a été pour moi un point d'orientation et de référence par la clarté, la détermination de ses décisions. Il m'a toujours montré la route à prendre, même dans les situations difficiles ».
Avec ces mots, le 22 août dernier, Benoît XVI a remercié le maire de Castelgandolfo pour avoir concédé la citoyenneté honoraire à Georg Ratzinger, son frère aîné (voir ici: benoit-et-moi.fr/2008-II/... ).
Le « guide à qui se fier » du Pape, l'unique membre de sa famille encore en vie, en dépit de la maladie des yeux qui a beaucoup réduit sa vue, se déplace encore d'un pas alerte dans la maison de Luzengasse, non loin du dôme de Ratisbonne, où pendant longtemps il a dirigé le célèbre choeur de voix blanches des « Domspatzen », les « moineaux du Dôme ».
Sur la ville dont le nom, en 2006 a résonné dans le monde entier après le célèbre discours du Pontife dédié au rapport entre foi et raison, des nuages gris déversent une pluie glaciale et automnale.
Monsignor Ratzinger, 84 ans, très ponctuel, attend l'interviewer sur le pas de la porte, à l'heure prévue pour le rendez-vous.
Le petit salon, où il reçoit les visiteurs et où il nous introduit, est bourré de parchemins et d'images sacrées. Au milieu, une photo souriante de son frère le Pape. L'unique condition mise à l'interviewe est « qu'elle soit brève ». Mais il acceptera de bon gré beaucoup de « dernières » questions.

- Quel est le premier souvenir que vous avez de votre frère Joseph ?
« C'était le Samedi saint de 1927. Déjà depuis l'aube, il y avait une grande agitation dans la maison, et je ne réussissais pas à comprendre ce qui se passait. Je voulais me lever, mais mon père me dit de continuer à dormir parce qu'il m'était né un petit frère. Je le vis seulement après: il était petit et délicat. Il fut baptisé le jour suivant dans l'église paroissiale de Marktl am Inn, le pays où nous habitions. Ce jour-là, il pleuvait, il neigeait et le vent soufflait, aussii mes parents décidèrent-ils de me laisser à maison avec ma soeur pour ne pas courir le risque que nous nous tombions malade ».

- Quel type d'enfant était votre frère ?
« C'était un enfant vif, mais pas un ouragan. Je me souviens de lui toujours joyeux. Depuis l'enfance, il montrait une grande sensibilité envers les animaux, les fleurs et, d'une façon générale, la nature. C'est peut-être aussi pour cela qu'à Noël, il recevait toujours en cadeau des animaux en peluche. Son attention pour la nature et les êtres vivante est son trait caractéristique ».

- Pouvez-vous nous dire quelque chose sur votre vie familiale et sur vos parents ?
« Nous étions une famille très unie. Notre père était commissaire de police, il provenait d'une vieille famille d'agriculteurs de la Basse Bavière. Ma mère était fille d'artisans, et avant de se marier, elle avait travaillé comme cuisinière.
Lorsque c'était possible nous, les enfants, nous allions à la messe chaque jour. On prenait le petit déjeuner à la maison. Ensuite on se voyait de nouveau à déjeuner. Selon la tradition bavaroise nous mangions d'abord une soupe et ensuite le plat principal. L'après-midi nous vaquions à nos occupations, et ensuite avec mon frère nous allions nous promener en ville. Ensuite on dînait ensemble. À l'époque il n'y avait ni radio ni télévision, et le soir notre père jouait de la cithare et chantait des chansons. Ensuite on allait tout de suite au lit ».

- Quelle opinion avait votre père du nazisme ?
« Dès le début, il a été un farouche opposant du nazisme. Il a vite compris que le national-socialisme serait une catastrophe et qu'il n'était pas seulement un grand ennemi de l'Église mais plus généralement de toute foi et de toute vie humaine ».

- Vous et Joseph, avez-vous été obligés de vous engager dans les Hitlerjugend, la Jeunesse hitlérienne?
« L'État avait disposé que tous les garçons des écoles, selon leur âge, devaient s'inscrire à des groupes juvéniles déterminés. Lorsque cela devint obligatoire, nous fûmes inscrits en bloc. Il n'y avait pas de liberté de choix et ne pas se présenter aurait certainement eu des conséquences fâcheuses. Mon frère, cependant, ne fréquentait pas ces rassemblements et il ne se présentait pas aux appels. Ce qui impliqua un dommage économique pour ma famille puisqu'elle ne bénéficia plus de l'escompte sur les taxes scolaires ».

- Est-il vrai qu'un membre de votre famille finit tué dans l'Aktion T4, le projet nazi d'euthanasie ?
« C'était notre cousin, le fils d'une soeur de ma mère. C'était un enfant beau et gai, mais il souffrait de troubles mentaux. Il n'était pas en mesure de dialoguer correctement ou de participer aux conversations. Je ne peux rien dire de plus précis sur sa maladie. Ce n'est que beaucoup plus tard que nous découvrîmes que les nazis étaient venus le chercher chez lui, et qu'il avait été tué dans un camp d'extermination ».

- En 1935 vous êtes entrés au séminaire diocésain de Traunstein. Joseph a écrit dans son autobiographie : « Je suivis ses traces ». Comment naquit-il la vocation de Joseph ?
« Mon frère et moi, nous étions tous les deux enfants de choeur, et nous servions la messe. Ce fut très vite clair, d'abord pour moi et ensuite pour lui, que notre vie serait au service de l'Église ».

- Déjà avant, pourtant, votre frère avait dit que quand il serait grand il voulait faire « le cardinal »…
« À Tittmoning, Joseph avait reçu la confirmation du cardinal Michael Faulhaber, le grand archevêque de Munich. Il était resté impressionné et avait dit qu'il voulait lui aussi devenir cardinal. Mais, quelques jours seulement après cette rencontre, en observant le peintre qui crépissait les murs de notre maison, il dit également que quand il serait grand, il voulait être peintre en bâtiment… ».

- Dans son autobiographie, Joseph raconte qu'il ressentait le sport comme une « vraie torture » et qu'il n'aimait pas l'activité physique.
« Je peux dire avec certitude que ni moi ni mon frère n'étions portés sur le sport. Peut-être était-ce dû au fait que nous n'avions pas un physique robuste, au contraire, nous étions les plus petits et les plus frêles de nos classes respectives Nous ne réussissions pas à tenir le rythme de nos camarades ».

- Comment la seconde guerre mondiale a-t-elle pesé sur votre vie et sur la vie de votre frère ?
« La guerre nous a éprouvés profondément, même lorsque nous étions à maison : la nourriture suffisait à peine. Nous avions un billet pour l'approvisionnement mensuel en nourriture, avec lequel on pouvait acheter seulement certains types d'aliments comme le sucre, le beurre, la matière grasse et un peu de viande. Le soir il fallait obscurcir les fenêtres pour ne pas laisser sortir la lumière et ne pas se faire voir des avions des alliés. J'ai été appelé d'abord au service du travail et ensuite au service militaire. Mon frère a été appelé quelque temps après moi. Nous avions des objectifs et des idéaux qui étaient opposés à ceux d'Hitler, mais nous étions soldats malgré tout. Il nous tardait qu'arrive le jour où la guerre serait finie ».

- Comment est née votre passion pour la musique ?
« A la maison tout le monde aimait la musique. Notre père - je l'ai déjà rappelé - avait une cithare dont il jouait souvent le soir. Nous chantions ensemble. Pour nous, c'était toujours un évènement. À Marktl am Inn, ensuite, il y avait une fanfare musicale qui me fascinait beaucoup. J'ai toujours pensé que la musique est une des choses les plus belles que Dieu ait créé. Mon frère a toujours aimé la musique : peut-être que je l'ai contaminé ».

- Vous et votre frère avez tous deux été ordonnés prêtres le 29 juin 1951, dans le Dôme de Freising. Quels souvenirs avez-vous de ce jour ?
« Ce fut un jour très joyeux, qui nous émut profondément. Le beau temps nous avait mis de bonne humeur. Nous étions plus que quarante jeunes et nous nous étions préparés ensemble pour la consécration. Nous étions tous heureux parce que nous allions atteindre l'objectif pour lequel nous nous étions préparés pendant des années et que nous attendions beaucoup. A présent, tout devenait réalité. Nous sommes entrés dans le Dôme de Freising, dont la grande cloche, qui portait le nom de Saint Corbinien, avait déjà depuis tôt le matin, réveillé toute la ville et créé une atmosphère de fête. Toute la famille était avec nous : nos parents, notre soeur aînée. Ce fut un jour inoubliable ».

- Joseph Ratzinger, que ce soit comme cardinal, ou comme Pape, a parlé des racines communes qui lient hébraïsme et christianisme. Aviez-vous des contacts avec des juifs dans votre famille ?
« C'est une donnée théologique que les juifs sont le peuple choisi par Dieu et que de ce peuple naquit Jésus, engendré par la Vierge Marie. Mais je dois admettre qu'à l'époque nous savions qu'il existait des juifs seulement par l'enseignement de la religion. Dans notre région, il n'y en avait pas, c'est la raison pour laquelle nous n'avions ni contact ni expérience vécue avec eux. Nous ne savions rien non plus des pogroms contre les juifs et des injustices commises dans leurs relations avec les nazis. Nous étions dans l'ignorance de tout ».

- Votre frère, au temps de Concile, fut défini comme un « teenager de la théologie », un théologien de la mouvance progressiste, et il était le conseiller du cardinal Frings. Quels souvenirs avez-vous de ces évènements ?
« Je ne sais pas qui a forgé l'expression « teenager de la théologie » en se référant à mon frère. Dans cette période je n'étais pas à Rome: je n'y suis allé qu'une fois, avec Joseph et plusieurs professeurs allemands qui remplissaient un rôle d'experts au concile. Il était clair qu'il y avait la nécessité d'une ouverture, d'un développement théologique. Mon frère a contribué à la réalisation de tout cela, avec toute son intensité spirituelle et je crois qu'une partie du mérite de l'introduction de quelques idées nouvelles, qui étaient partie intégrante de nos convictions et de notre foi catholique, doit lui être attribuée ».

- A l'époque post-conciliaire, le professeur Ratzinger s'est retrouvé à Tubingen, dans une faculté théologique transformée en « centre idéologique » du marxisme. Votre frère a-t-il changé au cours de ces années ?
« Non, il n'a pas changé. Les jeunes, en Allemagne vivaient un état de trouble. La poussée vers le changement qui avait eu lieu dans le Concile, se manifestait avec plus de force parmi les laïques. Les jeunes allemands et des autres pays vivaient dans un climat instable, sans contrôle. L'idée dominante était que tout devait changer, il fallait introduire des nouveautés: mon frère approuvait celles qui étaient bonnes mais il rejetait celles qui étaient inconciliables avec la foi. L'idée que le Concile ne devait apporter que la nouveauté n'était pas correcte, puisque le but était celui de présenter d'une manière adaptée aux temps la foi catholique de toujours ».

- Votre frère quitta alors Tubingen et vint à enseigner ici à Ratisbonne. Vous vous retrouviez ainsi réunis, les trois frères.
« Je me souviens encore de ce soir où Joseph et ma soeur Maria arrivèrent à Ratisbonne, à l'hôtel Kameliten. Après les répétitions avec le choeur des Domspatzen, je les rejoignis à l'hôtel: nous étions heureux d'être ensemble, de nous être retrouvés. Le dimanche suivant je les rejoignis à nouveau: ils ont habité à l'hôtel jusqu'à ce que leur nouvelle maison soit prête. Pour nous, ce fut une belle période. Les étudiants firent bon accueil à mon frère, ils le considéraient comme un professeur dont on peut apprendre beaucoup ».

- De qui s'inspirait votre frère quand il était professeur ?
« Dans ses cours, il s'inspirait de quelques théologiens français, il avait comme modèles surtout Henri de Lubac et le théologien suisse Hans Urs von Balthasar. Au centre de son travail, il y avait la Sainte Ecriture et les écrits des pères de l'Église. Pendant ses études universitaires il avait cherché à redécouvrir ce patrimoine, à le faire sortir de l'oubli et à le raviver ».

- Quelle signification a la liturgie pour les frères Ratzinger ?
« La liturgie, la messe, représente le coeur de notre foi et de notre action, elle est la rencontre personnelle avec Dieu. Ceci naturellement est à la première place. Nous ne pourrions pas imaginer un jour sans la messe, sans la liturgie, ce serait un jour pauvre, privé de l'essentiel… ».

- Pourquoi Benoît XVI a-t-il voulu libéraliser l'ancienne liturgie pré-conciliaire avec le motu proprio « Summorum Pontificum » ?
« À l'époque de la réforme liturgique, le changement se produisit rapidement et il ne fut pas facile pour tous de l'accepter. Du jour au lendemain, l'ancienne liturgie fut remplacée par la nouvelle, à laquelle nous sommes maintenant attachés et avec laquelle nous célébrons la messe avec une participation intérieure pleine de joie. Il y eut, cependant dans l'Église, certains qui n'acceptèrent pas complètement ce « saut », puisque la perte de l'ancienne liturgie les avait privés de quelque chose et avait bouleversé leur foi. Pour ne pas laisser ces personnes seules, pour les réintégrer pleinement dans la communauté ecclésiale, mon frère a décidé de libérer l'ancienne liturgie pré-conciliaire».

-Vous attendiez-vous à l'élection de Joseph durant le conclave de l'avril 2005 ? Comment avez-vous réagi à la nouvelle ?
« Je dois admettre que je ne m'y attendais pas, et suis resté assez déçu… ».

- Déçu? Avec votre frère devenu Pape ?
« Je vais vous expliquer. Compte tenu de ses lourds engagements, j'ai compris que notre relation allait considérablement être redimensionnée. En tout cas, derrière la décision humaine des cardinaux il y a la volonté de Dieu, et à celle-la nous devons dire oui ».

- Les rapports entre vous sont-ils changés ?
« Avant, mon frère passait plusieurs semaines en Allemagne, dans sa maison de Pentling, à quelques kilomètres d'ici. Chose qu'il ne peut maintenant plus faire. Il y est venu pour une paire d'heures en septembre 2006 lorsque il a rendu visite à la Bavière. Souvent, le dimanche je vais à la maison de Pentling et je fais un tour dans les pièces, ensuite j'appelle Joseph et je lui décris ce qu'avec mes yeux affaiblis je réussis encore à voir, je lui décris la maison et je lui dis qu'ici, c'est très beau. C'est un morceau de patrie à laquelle il a dû renoncer ».

- Puis-je vous demander quelle a été la première chose que le nouveau Pape vous a dite quand vous êtes téléphonés, après l'élection?
« Vous me pardonnerez, je ne peux pas le dire avec exactitude, j'ai des souvenirs confus. Durant ces journées, le téléphone et la sonnette de la maison sonnaient sans discontinuer. C'était terrible. Je ne répondais plus aux coups de téléphone. Ainsi lorsque le nouveau Pape a appelé, c'est ma domestique qui a répondu, madame Heindl. C'était mon frère qui voulait parler avec moi, mais c'est madame Heindl qui a été la première à le féliciter ».

- Pouvez-vous nous raconter comment vous avez passé ensemble, cette année, les vacances d'été à Bressanone. On dit que vous vous promeniez ensemble et qu'on vous voyait souvent sourire.
« Nous avons passé beaucoup de périodes de congé à Bressanone et avons vécu dans le séminaire, celui-la même où nous avons été cette année. Les autres fois, cependant, nous pouvions sortir, nous promener tranquillement en ville et visiter les églises. A présent que mon frère est le Pape tout cela n'est plus possible. Ainsi nous avons dû rester à l'intérieur et faire les promenades dans le jardin du séminaire. Ces promenades ont été belles malgré tout, même si j'ai des problèmes à me promener. J'ai des gros problèmes avec la vue et avec les jambes ».

- Votre frère s'est-il habitué à être le Pape?
« Oui, il s'est habitué rapidement à sa nouvelle condition. Il doit simplement accepter ce nouvel ordre des choses. Il le vit comme la volonté de Dieu et s'engage avec toutes ses capacités ».

- Aviez-vous une quelconque prédilection, dans la famille, pour le nom de Benoît ?
« Pour ce nom-là, non. Il y a des années, cependant, mon frère m'a dit : « Benoît serait un beau nom pour un nouveau Pape ». Il ne se rappelle plus aujourd'hui de l'avoir dit, mais je l'ai bien présent à l'esprit ».

- Les mots que le Pape répète le plus souvent sont « joie », « amour » et « beauté ». Ils contrastent avec l'image du « panzerkardinal » avec lequel il a été décrit pendant des années.
« Oui, je pense que cette image le décrit mal et ne correspond pas à la réalité. Il n'a jamais été un homme brusque, avec l'intention d'offenser les autres. Il a eu toujours beaucoup de respect de l'opinion d'autrui. Souvent les media créent des images fausses des gens ».

- Quel Pape, selon vous, votre frère a-t-il aimé le plus ?
« Son prédécesseur direct Jean Paul II, avec lequel il a travaillé en étroit contact. Il lui a été d'une grande aide et grâce à ses connaissances théologiques, il a pu très bien le conseiller. Entre eux, il y avait un accord solide, une orientation commune. Leur vision de la foi a fait en sorte qu'ils appelaient les choses par leur nom ».

- Votre frère vous a-t-il jamais parlé du Pape Luciani ?
« Autrefois le futur Jean Paul 1er avait rendu visite à mon frère, alors qu'il était archevêque et se trouvait en vacances à Bressanone. Luciani était un homme d'un grand coeur, très valable, et mon frère aimait son humanité ».

- Puis-je vous demander ce que cela fait, d'être le frère du Pape ?
« C'est une situation qui a des répercussions, des conséquences… Lorsque je vais en ville, je rencontre toujours des gens qui s'adressent à moi avec gentillesse. Surtout les touristes italiens. Ils me disent « Frère du Pape » et ils me saluent gentiment. De tout cela, cependant, je n'y suis pour rien ».

- L'auriez-vous jamais imaginé ?
« Non, je ne m'y attendais pas, ne nous pouvions pas l'imaginer. Il était décidément insolite qu'un allemand devienne Pape, cela faisait des siècles qu'on n'avait pas de Pape allemand. Nous n'avons jamais pensé recevoir cet honneur, c'était complètement en dehors de nos attentes ».

Andrea Tornielli

[Modificato da GABRIELLA.JOSEPHINE 01/10/2008 11:45]
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IN MARKTL AM INN



Hat am 1 Juni 2008 das Geburthaus des Papstes in Marktl am Inn, Praelat Georg Ratzinger traegt sich ins "Goldene Buch" der Gemeinde Marktl ein.







Prälat Georg Ratzinger mit dem Passauer Bischof Wilhelm Schraml
vor dem Geburtshaus von Papst Bendikt in Marktl.
[Modificato da GABRIELLA.JOSEPHINE 02/10/2008 09:50]
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IN SEINES HAUS










Der Bruder des Papstes, Domkapellmeister Georg Ratzinger, waerend eines Interwievs am 14 Maerz 2006 in seines Haus in Regensburg.


Photo: Khatarina Ebel
[Modificato da GABRIELLA.JOSEPHINE 02/10/2008 10:16]
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02/10/2008 10:24
 
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Abt Odilon Lechner (r.) des Klosters Andechs und Georg Ratzinger.

12.02.2001




12.01.1999
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MIT ALOIS MESSERER


Joseph Ratzinger his grand-cousin Alois Messerer and his brother Georg Ratzinger Joseph Ratzinger his grand-cousin Alois Messerer and his brother Georg Ratzinger Allemand Archive



Cortege during the celebration of the 25 years of priesthood of Alois Messerer JosephRatzinger s cousin. Left to right Cardinal Joseph Ratzinger his cousin Alois Messerer and his brother Georg Ratzinger. Cortege during the celebration of the 25 years of priesthood of Alois Messerer JosephRatzinger s cousin. Left to right Cardinal Joseph Ratzinger his cousin Alois Messerer and his brother Georg Ratzinger. Allemand
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