Quinta classificata Volo di Morte di JuliaMel con 31.2/45
Grammatica: 9.2/10
Ottima, solo una svista:
“Grinderwald”: -0.80 (0.20x4); la grafia corretta è Grindelwald, l’errore è ripetuto quattro volte.
Stile e lessico: 6/10
Ho riletto diverse volte la tua storia e mi è dispiaciuto non assegnarle un punteggio superiore a 6/10, ma ho reputato fosse il punteggio più giusto. Cercherò di spiegarti nel dettaglio il mio parere.
In questo caso, parlerò contemporaneamente di
stile e di
lessico, perché alcune situazioni sono comuni a entrambi gli aspetti. Hai scelto una narrazione al passato, in terza persona e sintatticamente molto lineare (linearità di cui è un chiaro esempio l’uso abbondante dei due punti, inseriti quasi in ogni periodo per semplificare la sintassi e ovviare a costruzioni più ostiche). È sicuramente uno stile molto descrittivo (come risulta evidente dalla descrizione del cielo nella prima parte della storia), il che è comunque un tratto positivo, perché dimostra che hai grande dimestichezza con la descrizione del contesto entro cui si muovo i tuoi personaggi – in questo particolare caso, come poi approfondirò più avanti, questa tensione alla descrizione e dunque al “dire” si è purtroppo rivelata penalizzante per la narrazione. Non fai uso di escamotage per porre in evidenza espressioni o per dare un certo ritmo al testo – la punteggiatura non è sfruttata a questo fine, è utilizzata invece in maniera nettamente “grammaticale”, cioè inserita laddove la sola grammatica, e non anche il ritmo, lo richiede. Solo in due casi usi la punteggiatura per dare ritmo o espressività, in un caso è ben gestita, nell’altro meno. Te li riporto entrambi per chiarezza:
• “
Grinderwald… Tom si distese sull’erba a occhi chiusi”: in questo caso, i puntini di sospensione sono efficaci, perché riescono a comunicare al lettore il passaggio dall’osservazione alla riflessione. Peccato che sia l’unico caso di “sospensione” dell’intero testo, l’unico caso in cui
mostri Tom e ne fai intuire l’atteggiamento.
• “
Riddle trattenne a stento una smorfia, spostandosi un ciuffo nero dal volto, come se in realtà volesse scacciare quel pensiero. Che assurdità! Se solo ne avesse avuto la possibilità, anche lui avrebbe potuto battere Grinderwald”: in questo caso il discorso si estende anche al registro linguistico. La scelta di inserire un’esclamazione nel discorso indiretto non è stata la migliore. Il tuo è un narratore esterno, che guarda il protagonista da un punto di vista esterno; tuttavia, in questa fase del testo il punto di vista sembra diventare quello del protagonista (l’espressione in grassetto), al punto che sembra di essere davanti a un discorso indiretto libero. Nel caso in cui il tuo obiettivo fosse proprio questo, cioè l’inserimento di un discorso indiretto libero, il passaggio troppo repentino tra un piano e l’altro della narrazione ha fatto sì che risultasse male inserito nel testo, tanto che trovo più corretto parlare a tale riguardo di uno slittamento verso il basso del registro linguistico (testimoniato anche dalla scelta del verbo “battere”, che è decisamente colloquiale).
Completando il discorso sulla struttura del testo, in poche occasioni hai fatto uso di periodi brevi isolati in un capoverso per dare, immagino, enfasi al concetto lì espresso, ma nel complesso i capoversi scorrono l’uno dopo l’altro senza che l’attenzione del lettore sia chiamata a focalizzarsi su delle espressioni in particolare.
Questo tipo di impalcatura stilistica è gestita bene nella misura in cui riesci a essere abbastanza coerente alla stessa, ma manca di incisività e di personalità. Una storia di sole cinquecento parole, affinché sia efficace e quindi riesca a coinvolgere il lettore, necessita di uno stile in grado di trainare il lettore e di inglobarlo nella trama – necessita quindi di quella che ho chiamato incisività e personalità, ossia dettagli in grado di
mostrare piuttosto che
dire ciò che avviene nello spazio e nel tempo del racconto. Ti riporto un estratto del testo come esempio del mio pensiero:
• “
Li fissò con raccapriccio: i Babbani e i Mezzosangue non erano degni di vivere come i maghi. Al massimo avrebbero potuto servirli”: in questo punto Tom è nauseato dalla presenza di coetanei che reputa inferiori; è un momento importante, perché qui emerge la disumanità del protagonista. Eppure tu non la mostri, ma la “dici”. Non descrivi al lettore il raccapriccio di Tom, lo citi e basta; così come esprimi con una sorta di discorso indiretto libero (anche qui) il pensiero di Tom, quando sarebbe stato più efficace mostrare il protagonista nauseato oppure usare immagini più forti per descrivere la sensazione di superiorità che lo invade.
In linea generale, a mio parere, a questo testo mancano dunque le sfumature e il ritmo: non vi sono momenti di tensione né momenti di quiete, non si accelera e non si decelera, è tutto posto sullo stesso piano – ciò nonostante la trama passi da riflessioni sul paesaggio a riflessioni sulla vita, quindi il contenuto evolve dal semplice al complesso (e sarebbe stato coerente che anche lo stile crescesse assieme al contenuto).
Il registro linguistico non aiuta a creare sfumature, sia perché è talvolta disomogeneo (il caso di “battere”), sia perché i termini utilizzati appartengono a un registro tutto sommato d’uso e poco espressivo. Vi sono dei momenti in cui il registro diviene più efficace e ricercato (“l’uggioso cielo scozzese”, ad esempio), ma rappresentano una minoranza. In tal senso, il prompt scelto non si amalgama perfettamente al testo, l’aggettivo “irrisori” stride, perché appartiene a un registro linguistico diverso dalla cornice in cui è inserito.
Concludendo, è uno stile che ha di certo dei tratti positivi (motivo per cui il punteggio non è inferiore a 6/10), che sono la capacità descrittiva, la scorrevolezza del testo e la sommaria coerenza degli elementi che lo compongono. Anche il lessico ha dei momenti, come già detto, decisamente apprezzabili – e ti invito ad affinare la tecnica del discorso indiretto libero, che se limata può diventare un valore aggiunto nei tuoi testi. Il mio consiglio, se vorrai accettarlo, è di dare al testo (in generale) maggiori sfumature, perché le potenzialità per arricchirlo e renderlo più incisivo ci sono. Spero di essere riuscita a spiegarti il mio punto di vista!
Titolo: 5/5
In questo parametro hai fatto un buon lavoro! Trovo che il titolo sia adatto a questa storia. Non solo stilisticamente non si allontana dalla linearità della narrazione, ma riprende il concetto chiave del racconto, che è l’evoluzione di Tom O. Riddle in Voldemort. Inoltre, il fatto che tu abbia scelto l’espressione che traduce “Voldemort” dà al titolo una sfumatura molto particolare: sei riuscita a intitolare un racconto con il nome proprio del suo protagonista senza cadere nella banalità, perché hai camuffato questa scelta optando per l’espressione che rappresenta quel nome. L’ho trovata molto arguta come scelta! In più, credo che sia anche un titolo in grado di attrarre lettori e lasciar loro intuire che il protagonista sia un personaggio appartenente al lato oscuro della saga. Molto brava!
Utilizzo del prompt: 6/10
La citazione da te scelta è “
Amava strappare i fili d’erba e disperderli al vento: per irrisori istanti, erano in grado di volare”. È sicuramente un prompt complesso, perché è un’immagine prima ancora che un concetto. Tu hai scelto di inserirla fisicamente nel testo e di estrapolare dalla frase “i fili d’erba” che sono diventati metafora prima di vite recise e poi del rapporto tra vita e morte relativo al vissuto di Tom Riddle. Sicuramente, in quella specifica parte del testo, il prompt è presente e collabora a trainare il lettore verso il significato del nome “Voldemort”, quindi lo traina verso il futuro di Tom. Tuttavia, fatta eccezione per questo momento, il prompt è assente, tanto che non riesco a considerarlo il prompt su cui si è articolata la trama. È uno dei tanti elementi presenti, ma non il più importante né il più incisivo. A una prima lettura ho avuto anche l’impressione che il riferimento ai fili d’erba fosse forzato, inserito più che altro per necessità (la traccia del contest) e non perché davvero funzionale al racconto. Per questi motivo, il punteggio non è superiore a 6/10; un punteggio comunque alto sia perché i tratti positivi ci sono (e sono quelli detti), sia perché questo era oggettivamente un prompt molto difficile, quindi complimenti anche per averlo scelto!
Caratterizzazione e IC dei personaggi: 5/10
L’unico personaggio del tuo racconto è
Tom O. Riddle, ma prima di addentrarmi nell’analisi della sua caratterizzazione del suo IC, ti riporto in questa voce una svista che considero legata al lessico di Harry Potter e non alla biografia del personaggio: tu utilizzi il termine “Mezzosangue”, ma i maghi contro cui Tom agisce sono i “Sanguemarcio/Sanguesporco”, ossia coloro che hanno entrambi i genitori maghi (come Hermione); “Mezzosangue” indica chi ha un genitore mago e uno babbano (come Piton, Seamus, Tom stesso). Purtroppo, l’errore fu commesso anni fa dai traduttori italiani dell’opera, che in una prima fase non distinsero tra “Mezzosangue” e “Sanguesporco” (tanto che l’errore ricorre anche nei film). Proprio perché l’errore è attribuibile a versioni in stampa mal tradotte dell’opera, non ti ho detratto punti per questo, però lo preciso per completezza e anche per consentirti di modificare.
Passando alla valutazione vera e propria, ho trovato sia dei pro che dei contro e la media mi ha portata al punteggio che vedi. Per un verso, ci sono degli elementi coerenti all’IC del personaggio, che risulta razzista, ambizioso e pronto a tutto – persino a spezzare la propria anima – per ottenere ciò che vuole, ossia il potere e l’immortalità. Purtroppo, al di là di questi elementi che fanno parte della caratterizzazione originale del personaggio (e che sono il motivo per cui il punteggio non è inferiore a 5/10), tra le tue righe non ho ritrovato il Tom O. Riddle della Rowling.
In primo luogo, ci sono due incongruenze con i libri: la prima è che scrivi che a morire, grazie alla magia oscura, sarebbe stata solo l’anima di Voldemort, quando in realtà l’anima è tutto ciò che sopravvive, è il corpo a morire – è plausibile che tu abbia voluto usare l’espressione “senza anima” come sinonimo di “spietato/senza cuore”, ma, considerando quanta rilevanza abbia l’anima di Voldemort ripartita nei vari Horcrux ai fini della trama, è un parallelo poco efficace –; la seconda incongruenza è legata al nome: è vero che fonti esterne ai libri riportano che il nome Voldemort significhi “volo di morte”, ma è ancora più vero che nei libri è lo stesso Voldemort ad affermare che “Lord Voldemort” è l’anagramma del proprio nome di battesimo (nei libri non c’è traccia di “volo di morte”).
Per il resto, a questo personaggio manca una caratterizzazione vera e propria intesa come spessore e tridimensionalità. La scelta di non usare uno stile introspettivo ha fatto sì che il lettore potesse osservare il tuo personaggio solo esternamente, senza indagarne l’animo. Anche le sue riflessioni risultano poco approfondite, e sin troppo frettolose considerando attorno a quale tema ruotino (potere e immortalità). L’ho trovato poco convincente, anche immaginarlo seduto sul prato a osservare il cielo è poco in linea con quanto sappiamo di questo personaggio (sempre molto pratico), così come sono poco contestualizzate le divagazioni di Grindelwald, che appare e sparisce nell’arco di un paio di righe – inoltre non credo che Tom agisse con tanta presunzione nei suoi riguardi, è più plausibile che a sedici anni lo ammirasse (per quel che ne sapeva Tom, coltivavano un’ambizione simile). Nell’insieme, i suoi pensieri e la maniera in cui vengono resi mancano di maturità (il concetto di “battere Grindelwald”, ad esempio, è di per sé un pensiero immaturo, formulato in maniera a sua volta immatura); il Tom dei libri è al contrario molto maturo e molto pragmatico, ha un modo di ragionare già complesso a undici anni, quando incontra Silente e si rapporta a lui come se fosse un adulto – ma questa maturità (e quindi questa “eccezionalità” del personaggio, che è oltre i limiti della propria età) non emerge dalla tua caratterizzazione.
Mi dispiace davvero molto, ma a mio parere, al di là delle incongruenze, ciò che manca a questa caratterizzazione è la complessità del personaggio. In generale, l’impressione che ho avuto è che tu sia abituata a rapportarti con storie più lunghe (se non erro, sei tu che mi hai scritto nelle note che questa è stata la tua prima flashfic) e quindi ad avere più spazio per caratterizzare i personaggi; questo perché l’intenzione c’è, ma sembra che non abbia avuto modo di svilupparsi pienamente.
Totale: 31.2/45
Quarta classificata Sempre io di fra_eater con 33.1/45
Grammatica: 8.6/10
Buona, solo qualche svista:
“la famiglia che ti hanno suggerito di evitare ma che, grazie a Merlino, non hai fatto”: -1; qui c’è un problema di coerenza sintattica. Omettendo l’inciso, la frase è “la famiglia che ti hanno suggerito di evitare ma che non hai fatto”; come è evidente la relativa “che non hai fatto” sembra essere retta da “la famiglia” [quindi: “la famiglia che non hai fatto”]; ovviamente, la presenza della congiunzione “ma” lascia intuire che la frase vada letta in relazione a “che ti hanno suggerito di evitare”. Sorge dunque un problema di mancata coerenza sintattica, cioè il periodo non è costruito bene. Va riformulato in altri modi, ad esempio: “la famiglia che ti hanno suggerito di evitare, cosa che grazie a Merlino non hai fatto” oppure “la famiglia che ti hanno suggerito di evitare, ma che grazie a Merlino non hai evitato”. Nota stilistica a parte (che non ha inciso sulla penalità): inserire la virgola prima di “ma” (evitando le virgole per l’inciso “grazie a Merlino”) dà un ritmo diverso alla frase e sottolinea l’importanza del significato della frase introdotta da “ma”.
“scorso natale”: -0.20; i nomi di festività religiose e laiche si scrivono con l’iniziale maiuscola, quindi “Natale”.
“Amico, mi spiace dirti che la tua dama sta ballando con un altro”: -0.20; manca il punto fermo a chiusura del discorso diretto e, di conseguenza, a chiusura dell’intero periodo, visto che non isoli questa battuta in un capoverso a parte.
Stile e lessico: 7/10
Ho riletto più volte la tua storia per valutare questo parametro, inizierò dal
lessico. Il registro linguistico del discorso indiretto, nel complesso, è indirizzato verso l’uso o il colloquiale, probabilmente in coerenza alla scelta della prima persona narrante – il testo narra ciò che il protagonista pensa, di conseguenza il testo “parla” come “parla” il protagonista. Tuttavia, vi sono dei momenti dove utilizzi termini appartenenti a un registro linguistico diverso, che si discosta dall’uso, momenti in cui il registro smette di essere omogeneo, e quindi stranisce il lettore e penalizza la credibilità della narrazione. Ti riporto un estratto esemplificativo:
• “
Se non ti avessi detto che la mia dama mi ha mollato per ballare con un altro, forse ora intraprenderesti discorsi leggeri”: qui anche la struttura sintattica richiama l’espressività della lingua orale, la voce narrante sta chiaramente riflettendo e lo sta facendo nei toni coerenti alla sua caratterizzazione (un adolescente). Nonostante questo, utilizzi due termini che, per ragioni diverse, cozzano con il registro del periodo. Nel caso di “dama” è chiaramente un termine “antiquato”, che mal si associa a un adolescente che subito dopo usa l’espressione “mi ha mollato”: sarebbe stato più coerente “compagna”, “ragazza” o simili; capisco l’esigenza di comunicare sinteticamente al lettore che Scorpius è stato piantato in asso dalla ragazza che ha invitato al ballo, ma “la mia dama mi ha mollato” stride. Anche nel caso di “intraprenderesti” il registro si alza, e coniugato al condizionale rallenta anche il ritmo della frase e la sua complessiva semplicità: un’alternativa come “faresti” sarebbe stata più coerente al contesto lessicale della narrazione.
Nota a parte per l’uso della d eufonica:
• “
Ma possibile che per partecipare ad una festa”: questo è un estratto di un discorso diretto. Ti sconsiglio di utilizzare la d eufonica nel discorso diretto, perché quest’ultimo è espressione del parlato e nel parlato difficilmente qualcuno marca la la d eufonica quando non si susseguono due vocali identiche o non si è in presenza di espressioni come “ad esempio”.
Passando ora allo
stile, hai scelto una narrazione in prima persona piuttosto particolare, perché da un lato sembra essere un flusso di coscienza (inteso come insieme di riflessioni), mentre dall’altro l’ingresso in scena di personaggi diversi dal protagonista, i dialoghi e i momenti descrittivi sono tutti elementi che cozzano con l’idea di flusso di coscienza. Nel complesso non è male, e a suo modo funziona, perché – salvo le occasioni in cui il registro diventa disomogeneo – sei riuscita a rendere credibile questa voce narrante che un po’ interagisce con il contesto e un po’ riflette. In particolare, è ottima la scelta del tempo presente, che attualizza tutto ed è perfetto per una narrazione come la tua.
Tuttavia, non ho trovato molto efficace la scelta di iniziare la narrazione con un discorso diretto seguito immediatamente da questo flusso di pensieri: l’immagine che crea è strana, a una prima lettura (complice anche il corsivo usato per i dialoghi che si svolgono nel presente del racconto) sembra quasi che Rose abbia posto quella domanda in un passato non meglio identificato e che il protagonista vi stia riflettendo a posteriori; mentre poi si scopre che in realtà si svolge tutto nel medesimo istante.
A proposito dell’utilizzo del corsivo, ho trovato singolare la scelta di usarlo per i dialoghi, generalmente viene sfruttato per marcare espressioni e/o momenti, però capisco tu l’abbia fatto anche per differenziare in maniera efficace i dialoghi che avvengono nel presente del racconto da quelli che invece sono avvenuti nel passato del racconto (come ad esempio le parole che Arthur ha rivolto, nel passato, a Scorpius). Quindi, trovo che abbia sfruttato bene la tua scelta e che abbia soprattutto il suo perché nel testo. In merito al discorso diretto, l’unica scelta che non ho condiviso, perché mi è parsa incoerente rispetto alla struttura stessa del racconto, è stata questa:
• “
Lysander si avvicina con tre calici colmi di un liquido giallino pieno di bollicine e me ne porge uno con un sorriso dispiaciuto “Amico, mi spiace dirti [...]”: in tutte le occasioni precedenti e successive, il discorso diretto del presente del racconto è introdotto in un capoverso a parte. Fai punto e capo ad ogni battuta. Per coerenza, dunque, dopo “dispiaciuto” vi sarebbe dovuto essere un punto e a capo.
Ti riporto poi due situazioni isolate:
• “
Ma non viene nessuno, siamo solo io e te che, stranamente tranquilla, attendi”: ho considerato questa situazione una scelta di ritmo e non una svista di sintassi, quindi ho scelto di riportarla qui. La virgola è inserita dopo “che” immagino per isolare l’inciso e dare quindi rilevanza a “stranamente tranquilla”, ma dal punto di vista strettamente grammaticale, con la virgola lì inserita, “che” regge “io e te”, mentre il soggetto della relativa è “te”. Il mio consiglio è dunque di organizzare così la punteggiatura: “siamo solo io e te, che stranamente tranquilla attendi”.
• “
Non so cosa dirti di preciso come sarei, ma una cosa la so: chiunque io sia...”: questa espressione, a mio avviso, non è costruita in maniera coerente. La voce narrante dice “non so dirti […]
come sarei, ma […]
chiunque io sia”, dunque passa dal “come essere” al “chi essere”, che non esprimono esattamente lo stesso significato. Plausibile che qui tu abbia voluto questa discordanza per porre l’accento sullo stato confusionale del personaggio – o per rafforzare l’idea del flusso di coscienza –, ma trovo che non renda al meglio il significato del periodo.
In conclusione, questa narrazione in prima persona risulta credibile nonostante le situazioni elencate ed è questo il motivo per cui il punteggio non è inferiore a 7/10 (più ovviamente i pregi già detti nel commento), ma vi sono le situazioni elencante che la penalizzano. Il mio consiglio, se vorrai accettarlo, è di prestare maggiore attenzione ai dettagli e di soffermarti di più sulla gestione della prima persona narrante in modo tale che non alterni tra flusso di coscienza e descrizione in maniera poco coesa.
Titolo: 2.5/5
Il titolo è certamente adatto al tuo racconto, sia perché lo riprende stilisticamente (è scritto in prima persona), sia perché contiene il concetto portante dell’intero testo – questo protagonista che riflette su se stesso e che, alla fine, prende coscienza di essere semplicemente se stesso sempre e comunque. Il motivo per cui non ho assegnato un punteggio superiore a 2.5/5 è che, malgrado i pregi ora detti, è un titolo che pecca in originalità e in efficacia: è vero che contiene il concetto portante della storia, ma è anche vero che quel “Sempre io” non è interpretabile in nessun modo dal lettore prima che questi legga il racconto, quindi da questo punto di vista è un titolo muto, un po’ anonimo, che non comunica nulla che possa incuriosire e spingere a leggere il racconto. Il che è sempre un peccato, perché il primo elemento su cui il lettore posa l’attenzione è sempre il titolo.
Utilizzo del prompt: 10/10
Il prompt da te scelto è “
Immagina un mondo in cui ognuno si mostra per ciò che è. Tu come saresti?”, uno spunto che hai utilizzato molto bene. La storia inizia con questa domanda posta da un personaggio al protagonista, e da lì si snoda sino alla conclusione attraverso riflessioni che costringono il protagonista a riflettere su se stesso e su questo mondo alternativo dove ognuno può o deve mostrarsi per ciò che è. Nello spazio del tuo racconto, tuttavia, lo scomodo quesito non apre davvero una finestra sull’individuo protagonista, ma la apre sul protagonista in rapporto all’amore che nutre per un altro personaggio: piuttosto che riflettere su se stesso come persona, Scorpius riflette su se stesso come innamorato (il che un po’ sottrae forza al quesito). Hai inserito la frase anche fisicamente nel testo, e devo dire che l’hai fatto in maniera molto naturale, difatti non sembra una citazione esterna ma una tua frase. In conclusione, dunque, trovo che tu abbia innegabilmente sviluppato l’intera trama attorno al prompt scelto, che risulta il pilastro su cui si snoda tutta la narrazione. Dunque, 10/10!
Caratterizzazione e IC dei personaggi: 5/10
Nella tua storia sono citati più personaggi: abbiamo Albus, James, Arthur (e in generale le famiglie Potter e Weasley), citati per far intuire al lettore il buon rapporto che lega Scorpius a tutti loro (molto carino, in particolare, l’aneddoto con protagonista Arthur, è una fotografia efficace del personaggio); questo insieme è ben presentato e ha il pregio di far intuire immediatamente al lettore che il rapporto tra Rose e Scorpius non è impossibilitato da dissidi tra famiglie – un elemento che di per sé già orienta la caratterizzazione.
C’è poi
Lysander, che giudico non-personaggio, perché non ha una caratterizzazione e il suo ruolo nella storia, estremamente marginale, è solo quello di allontanare Rose da Scorpius: è l’ostacolo più evidente tra loro due.
Arrivo dunque a
Rose e mi spiace dire che la sua caratterizzazione non mi ha convinta. È un personaggio che non sono riuscita a capire: la storia inizia con una domanda posta da lei, una domanda molto impegnativa posta in un contesto, di contro, estremamente leggero (un ballo); ci si aspetterebbe dunque un personaggio coerente a questo tipo di iniziativa, invece Rose sparisce del tutto a favore delle riflessioni di Scorpius, e quando riappare non è all’altezza della se stessa che ha posto l’interrogativo – va via con Lysander, mostrando o di non aver capito i sentimenti di Scorpius o di non avere abbastanza coraggio per affrontarli o di essere, in ultimo, del tutto disinteressata alla risposta di Scorpius (che abbia dunque posto il quesito con leggerezza? Non è possibile saperlo con certezza). Il suo sorriso triste, infine, non trova spiegazioni nel testo: è triste perché sa e vorrebbe che Scorpius si dichiarasse? Oppure è triste perché non li segue e quindi resta da solo? O, ancora, è triste perché sa e le spiace per Scorpius, dato che non ricambia? Insomma, potrei continuare a oltranza. La mancanza di questi dettagli impedisce di comprendere pienamente Rose, perché il lettore non sa dove collocarla, è come se non l’avessi realmente caratterizzata, ma avessi usato anche lei come non-personaggio alla stregua di Lysander.
Arrivando a
Scorpius, è sicuramente il personaggio più caratterizzato, essendo protagonista e voce narrante, ma trovo che la caratterizzazione sia comunque poco approfondita. Ce lo presenti come un giovane innamorato incapace di dichiararsi alla ragazza amata, un cliché coerente all’età adolescenziale e che rende il personaggio molto umano e con molte probabilità simpatico al lettore, che generalmente simpatizza per “gli innamorati sfortunati”. Allo stesso tempo, è anche un giovane abbastanza maturo da riuscire a riflettere su se stesso e sui propri sentimenti. Queste riflessioni, però, che sono la parte estremamente caratterizzante della storia, accennano tanti elementi ma non ne approfondiscono nessuno. Dalle sue riflessione, deduciamo che Scorpius non avrebbe voluto essere né un Malfoy né un Serpeverde né un Purosangue, ma perché? Sfugge totalmente il motivo di queste considerazioni importantissime, perché di fatto lui rifiuta ciò che è. Se vi fosse stato acredine con Rose a causa di queste appartenenze, la risposta sarebbe stata ovvia, ma così non è. Scorpius è un Malfoy, Purosangue e Serpeverde, ma è amico di tutti i Potter e Weasley, frequenta le loro famiglie e, come se non bastasse, ha un rapporto d’amicizia con Rose, quindi sfugge totalmente dove sia il problema. Tutto questo fa sì che anche il protagonista sfugga, malgrado la storia sia narrata dal suo punto di vista, perché non è possibile conoscerlo e capirlo sino in fondo.
Per i motivi detti in relazione a Rose e soprattutto a Scorpius, il punteggio non è superiore a 5/10. Non ho assegnato un punteggio inferiore perché sei comunque riuscita a caratterizzare il contesto e a dare qualche pennellata al tuo protagonista; ho considerato anche la difficoltà di aver trattato personaggi della nuova generazione, quindi privi di una caratterizzazione di partenza a cui appoggiarsi.
Totale: 33.1/45
Terza classificata Specchio riflesso di JulyChan con 37.9/45
Grammatica: 9.9/10
Perfetta, solo una svista:
“equel”: -0.10; un refuso di (credo) formattazione.
Stile e lessico: 8.5/10
Anche in questa occasione ho ritrovato uno
stile che sembra evocare la narrazione favolistica, seppure il contenuto della storia sia ben lontano da questo genere letterario. È un contrasto sempre piacevole da ritrovare, perché alla sommaria linearità della struttura stilistica si contrappone una trama intricata, un groviglio di emozioni ed eventi. Nessun periodo è privo della presenza fisica dei protagonisti, espressa attraverso la ripetizione del nome proprio (Daphne e Draco) sottoforma di soggetto grammaticale della frase – nella tua storia, il soggetto del periodo e il protagonista della narrazione coincidono sempre, e questo in un certo senso personalizza il testo, che esiste solo in funzione dei protagonisti anche dal punto di vista formale.
Particolarmente caratterizzante è il ritmo della storia, che è davvero molto lento. Si procede un passo alla volta, con la stessa lentezza che accompagna le giornate di Daphne cristallizzate nel dolore e quelle di Draco rallentate dalla graduale dissociazione dalla realtà. A creare questo ritmo è sia la suddivisione del testo in paragrafi – ognuno dei quali rappresenta un tempo diverso – che la sintassi adoperata: queste frasi grammaticalmente lineari eppure piene di circostanziali, di informazioni che riempiono la narrazione e fanno sì che il lettore incespichi nella lettura. È una tecnica piuttosto ben sfruttata, perché questo tipo di complessità rallenta la lettura e dunque il ritmo, e caratterizza a sua volta sia il racconto in sé che i personaggi che lo abitano.
In un simile contesto, ci sono state alcune espressioni che non mi hanno convinta, perché a mio avviso costruite in maniera non proprio efficace. Te le riporto:
• “
La morte di Astoria ha turbato tutti, ma lei di più; ha fatto ammalare sua madre, ha sconvolto Draco, ma lei di più”: l’espressione in grassetto ho immaginato fosse quasi un modo per descrivere Daphne stessa, che è “di più”, intesa come più fragile, più empatica, più emotiva. Tuttavia, il fatto che l’espressione fugga alle regole della grammatica (suppongo per scelta, per questo ti riporto qui la situazione) fa sì che risulti poco scorrevole alla lettura, si ha infatti la sensazione che manchi qualche elemento – e in effetti manca. Nella prima occorrenza, la frase sarebbe dovuta essere o “ma
a lei
l’ha turbata di più [la morte di Astoria]” oppure “ma
ha turbato lei di più” – “ma lei di più” risulta quindi tronca. Stessa cosa per la seconda occorrenza, la frase dovrebbe essere: “ma
a lei
l’ha fatta ammalare di più”. Non so se sia stata una scelta dettata anche da esigenze di spazio, ma è poco efficace proprio perché si ha l’impressione che manchino delle parole.
• “
Daphne si trascina ogni mattina nella stessa vestaglia, e ne sta assumendo le fattezze: preziosa e regale quanto lisa e impolverata, Draco la trova così il giorno in cui decide di bussare alla sua porta”: in questo caso, la frase in grassetto non dovrebbe essere seguita da una virgola, bensì da un segno di punteggiatura più forte. Questo perché la frase che la precede è introdotta dai due punti, quindi è una specificazione dell’assunto precedente. La punteggiatura di questo periodo, sebbene non scorretta dal punto di vista grammaticale, è poco efficace dal punto di vista sintattico-stilistico – non c’è coerenza tra la disposizione sintattica delle frasi e il loro significato.
• “
Ogni volta Draco le fissa gli occhi e le fissa la pelle prima di andarsene, e dopo sette giorni torna per rimanere”: qui c’è uno sbalzo temporale introdotto in modo poco efficace. L’espressione è introdotta da una temporale vaga (“ogni volta”) e si conclude con un riferimento temporale preciso (“dopo sette giorni”). I due riferimenti non sono bene amalgamati, e anche qui la virgola e la congiunzione “e” non sono l’elemento di coesione migliore. Il riferimento temporale preciso sarebbe dovuto essere introdotto in maniera migliore, in un periodo tutto per lui – la scena cambia, e cambia anche il rapporto tra i due protagonisti. Per tale ragione, ho trovato questa espressione meno efficace rispetto alle altre, malgrado descriva un momento fondamentale della trama.
Questi sono gli elementi che mi hanno convinta meno e sono il motivo per cui il punteggio non è superiore a 8.5/10. Per il resto, come già detto, trovo che la struttura stilistica del testo sia molto buona. Menzione a parte per il discorso diretto, che non abbonda ma è davvero efficace – le battute dei personaggi sono concise, dirette, inequivocabili, appartengono innegabilmente a personaggi scossi da un grande dolore, quindi poco loquaci e chiusi in se stessi. Davvero un ottimo lavoro!
Passando al
lessico, l’ho trovato giusto per il tuo tipo di racconto e ho apprezzato e condiviso la scelta di non arricchire il testo con un registro linguistico troppo ricercato o troppo carico di sfumature. Le tue parole non sono banali né scontate, ma sono
secche, non celano nessun significato nascosto, sono spoglie come i tuoi personaggi, ormai spogli di speranze e di futuro. In tal senso, dunque, non ho nessun appunto da fare a riguardo, anche perché una ricercatezza lessicale associata alla lentezza del ritmo avrebbe rischiato di rendere davvero ostica e poco piacevole la lettura della storia, perché il testo sarebbe risultato eccessivamente complicato e ancora più lento. Dunque, brava!
Come già anticipato, valutando pregi e difetti (che sono quelle espressioni fatte notare), ho reputato che 8.5/10 fosse il punteggio più giusto in questo parametro.
Titolo: 2.5/5
Anche senza le note, avevo intuito il rimando al gioco per bambini, che come dici anche tu è in effetti abbastanza conosciuto. Ti dirò che associare il titolo a un contesto ludico non è stato un punto a suo vantaggio, considerando l’atmosfera sofferente che avvolge l’intera storia; tuttavia, se il punteggio non è superiore a 2.5/5, il motivo non è questo, passo dunque a spiegarti cosa non mi ha convinta del tutto. Nel testo non c’è mai un riferimento allo specchio, abbiamo invece degli “specchi” e il significato varia notevolmente, perché gli specchi del testo sono specchi reali, sono quelli che ritraggono Daphne per ciò che è: Daphne e non Astoria. Diversamente, lo “specchio riflesso” del titolo allude alla dissociazione della realtà di Draco e all’annullamento totale di Daphne, che per dolore e amore (malsano) lascia che lui la usi come un surrogato della moglie defunta. Tutto questo mondo, però, non è purtroppo espresso dal titolo; il titolo ci prova, la tua idea di chiamare in causa il gioco per bambini è carina e a suo modo originale (ed è il motivo per cui il punteggio non è inferiore a 2.5/5), ma non è vincente, perché di fatto hai un titolo che dubito possa attrarre lettori, perché non riesce a comunicare né l’atmosfera del racconto né i risvolti drammatici dello stesso. Mi dispiace, ma credo che questo titolo non renda giustizia alla storia.
Utilizzo del prompt: 7/10
La citazione scelta è “
C’erano giorni in cui a malapena s’alzava, erano quelli in cui la mancanza pulsava prepotente”, che tu hai inserito fisicamente nel testo utilizzandola al tempo presente. L’impressione che ho avuto è che il prompt sia stato presente nella prima metà della storia, mentre sia sparito nella seconda. Non posso dire che sia un concetto assente, ma non posso neanche affermare che sia il concetto attorno cui si articola la trama. Sicuramente la mancanza che intorpidisce sia l’anima che il corpo è presente nel racconto, e naturalmente riguarda la tua straziata Daphne; nella prima parte della storia questa mancanza è assordante, molto ben rappresentata, al punto che riesci a inserire senza alcuna forzatura la mia frase nel testo. Ciò nonostante, nella seconda parte della storia si fa strada un altro elemento, così totalizzante da spazzare via il prompt e il suo significato, che è l’instabilità psichica ed emotiva dei tuoi protagonisti – una tematica così importante e così opprimente da scacciare via tutte le altre. In tal senso, dunque, ho trovato che la citazione scelta smettesse di fare da prompt nella seconda parte del racconto, e che nel complesso risultasse anche un concetto meno forte e invasivo di questa instabilità psichica e dell’amore malsano che ne deriva – tuttavia, ho considerato anche, a favore del buono inserimento del prompt, che i risvolti nefasti per i personaggi hanno il loro presagio e la loro possibilità di esistere in quella mancanza pulsante che inebetisce Daphne (e anche Draco). Per questi motivi, facendo una media dei pro e contro, ho scelto di assegnarti 7/10 in questo parametro, che resta un punteggio comunque alto.
Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10
In questo parametro sei stata veramente bravissima, non solo per le caratterizzazioni ottime, ma anche per essere riuscita a trattare dei personaggi con disturbi psichici e depressione in una storia tanto breve. Ma andiamo con ordine!
Inizio da
Astoria, questo non-personaggio attorno cui si sviluppa tutto. La sua assenza è la presenza più ingombrante della narrazione. Ovviamente non ha una caratterizzazione, non può e non deve averla, è più che altro un’ombra sui protagonisti, ma un’ombra dai contorni ben definiti e ben impiantati nel groviglio del racconto. Questo non-personaggio è il pilastro della trama, il lettore lo intuisce sin dalle prime righe, e a fine lettura si ha la sensazione di aver voglia e bisogno di sapere altro di lei, di lei che ha stravolto tutti gli equilibri, soprattutto quelli psichici. Bellissima figura e ottimo inserimento.
Passo quindi a
Draco, il tuo Draco in apparenza così diverso dalla controparte originale. In realtà, questo Draco ha molto del Draco dei libri: è principalmente un codardo e un debole, un uomo incapace di accettare la morte della donna amata e in grado solo di rifugiarsi egoisticamente tra le braccia di un’altra donna. Reso così folle dalla sua debolezza da finire per esserne psicologicamente vittima. E allora ecco un Draco inedito, un Draco che sembra dissociarsi dalla realtà, rifiutarla e poi alterarla, sino a smettere di essere in grado di scindere ciò che è vero da ciò che è falso. Tutto diventa finzione nella sua vita: l’amore, la felicità, la serenità – tutte menzogne che nascondono ai suoi sensi offuscati la perdita di Astoria. Trovo che tu sia riuscita a trattare bene, e con delicatezza, questo disturbo di cui diviene vittima; il rischio era quello di banalizzare una situazione tanto delicata, ma ciò non è accaduto e di conseguenza la caratterizzazione è stata davvero perfetta.
Infine, arrivo a
Daphne, quella che a mio avviso è la reale protagonista della storia. Il personaggio più a pezzi, più vittima, più fragile. Non abbiamo una sua caratterizzazione dai libri, è solo un nome (che prima di approdare nel mondo delle fanfiction neanche ricordavo esistesse), quindi per lei non posso parlare di IC. Valuto la tua caratterizzazione, la maniera in cui l’hai voluta e il modo in cui l’hai presentata al lettore. Trovo che abbia saputo renderla molto reale, è un personaggio ricco di sfaccettature ed è anche un personaggio perduto sin dalle prime righe. Si intuisce immediatamente che Daphne non sia destinata alla felicità, che in lei vi sia sempre stato qualcosa di incrinato, che si è poi spezzato del tutto con la morte della sorella. Al subentro di Draco capiamo che il qualcosa di incrinato era un amore non corrisposto e che la rottura è data non solo dal dolore per la perdita della sorella, ma anche dalla speranza di poter ritrovare la felicità con Draco, che era l’uomo di Astoria. Questo fardello che lei porta su di sé la rende dapprima schiava della depressione e poi schiava di un amore malsano, ossessivo, che la convince ad accettare l’inaccettabile: fingere di essere Astoria pur di avere Draco. Tutta la fragilità di Daphne esplode nel finale, quando il lettore comprende che lei è paradossalmente lucida nella sua follia, perché annulla se stessa in favore di un surrogato della sorella con una folle consapevolezza. È un personaggio triste, che fa del male a se stessa credendo di poter essere felice solo in questo modo. È una caratterizzazione tridimensionale e convincente, non ho proprio nessun appunto da farti. 10/10!
Totale: 37.9/45
Seconda classificata L’uomo che non ha mai vissuto di Freya Crystal con 40/45
Grammatica: 9.5/10
Perfetta, salvo una svista:
“un'idealista”: -0.50; è riferito a un personaggio maschile, quindi l’apostrofo è di troppo. Conoscendoti sono sicurissima che si tratti di una distrazione, ma non posso esimermi dall’assegnarti la penalità standard per questi casi.
Stile e lessico: 10/10
Forse te l’ho già detto in occasione di altre valutazioni, ma valutare lo stile delle tue storie non è mai semplice, perché i tuoi testi non sono stilisticamente immediati, sono anzi caratterizzati da una complessità di fondo che produce un testo ingannevolmente ostico alla lettura, ma che poi si rivela per ciò che è: una narrazione molto raffinata.
Lo
stile di questa storia è tutto fondato su un’impalcatura i cui singoli elementi sono a loro modo semplici: l’uso della terza persona narrante, un passato narrativo (e poi un presente, in conclusione) con cui il lettore medio ha dimestichezza, una palese e visiva divisione dei momenti del racconto – discorso diretto e indiretto, passato e presente –, un ritmo costante caratterizzato da una lentezza che dilata il tempo del racconto (al punto tale che, a fine lettura, si ha la sensazione di aver letto una storia fatta da più di cinquecento parole). Tuttavia, tutti questi elementi insieme – uniti alla selezione lessicale e all’uso mirato del corsivo e dell’impaginazione – danno vita a un testo che risulta complesso e ricco di sfumature, di certo non una lettura immediata. Il maggior pregio stilistico, in tal senso, sta proprio nel fatto che, malgrado tutto, la coesione interna non è mai messa in discussione e la comprensione del testo non è inficiata dalla complessità di fondo di cui parlo – è semplicemente una narrazione più pretenziosa, perché più ricca e sofisticata.
Faccio invece un appunto a parte alla sintassi utilizzata, che devo dire è piuttosto complessa, perché incaselli più volte incisi (talvolta sono persino frasi prive di verbo) nelle frasi semplici, spezzando di fatto la linearità del periodo e sintetizzando immagini in poche e mirate parole. In questo senso, hai dimostrato di avere un’ottima capacità di sintesi, perché quegli incisi – che dal punto di vista grammaticale rappresentano le informazioni accessorie alla frase nucleare composta da soggetto-verbo-oggetto – fungono da tramite indispensabile per riempire la narrazione e darle spessore. Ad esempio:
• “
È con una risata sprezzante che Gellert, la mente e il corpo disfatti dalla prigionia, lo accoglie nella propria cella”: l’inciso in grassetto racchiude il discorso fatto riguardo alla sintassi; lì crei la sfumatura, comunicando al lettore lo stato fisico ed emotivo del tuo personaggio. Senza quell’inciso, sarebbe venuta meno anche la tridimensionalità della caratterizzazione.
Collabora grandemente a questa elaborata impalcatura stilistica il
lessico utilizzato, innegabilmente appartenente a un registro lontano dall’uso e dal colloquiale, e teso a sfruttare le sfumature e le varietà semantiche del lessico italiano. Le immagini evocate dalle parole sono sempre forti e nitide, e inglobano totalmente il lettore. In più, fai un uso oserei dire perenne di espressioni metaforiche, al punto tale che l’intera storia sembra essere narrata attraverso una metafora, come se i personaggi protagonisti fossero al di là della narrazione comune e per tratteggiarli l’autore deve a sua volta andare al di là, usando espressioni e costruzioni capaci di evocare idee prima ancora che fatti o cose.
Prendiamo ad esempio questa espressione:
• “
lo guardava in preda a un estatico delirio”: il delirio è estatico, né mistico né incantato né entusiasta – è estatico, un termine che semanticamente richiama l’estasi e che quindi quasi stride con il concetto di “delirio” che è generalmente associato al caos anziché alla gabbia dei sensi. Potrei andare avanti con ogni singola parola (sia di questa frase che dell’intero testo), ma non voglio annoiarti e sono certa tu abbia compreso ciò che intendo quando lodo le tue scelte lessicali.
Non credo di aver altro da aggiungere che non vada a ripetere quanti già detto, di conseguenza mi fermo qui e sottolineo che per i pregi elencati il punteggio è 10/10. Non ho nessun appunto da farti per quanto riguarda questo parametro, bravissima!
Titolo: 3.5/5
“L’uomo che non ha mai vissuto” è un titolo su cui ho ragionato molto, perché da un lato mi è parso completamente estraneo alla storia, dall’altro ne ho colto i riferimenti interni e ne ho quindi compreso il senso. Ho cercato di capire il perché della prima sensazione, quella di estraneità tra titolo e racconto, e sono arrivata a due considerazioni che ti espongo (e che rappresentano il motivo per cui il punteggio non è superiore a 3.5/5): in primo luogo, dal punto di vista stilistico, il titolo non evoca il racconto, perché non è una costruzione incisiva né il lessico utilizzato contiene particolari sfumature – è un titolo “che dice ciò che dice”, senza sottotesti; in secondo luogo, il concetto del “vivere senza vivere realmente” si palesa solo in conclusione, ma in precedenza non è molto marcato e non sembra essere centrale, anche perché il punto di vista di Gellert fa sì che lo sguardo del lettore segua più lui che Tom, e quindi ci si aspetterebbe un titolo che richiami Gellert o entrambi.
Passando ai pregi (e dunque ai motivi che mi hanno convinta ad assegnare un punteggio comunque alto), è di certo un titolo che richiama la vita malvissuta di Tom Riddle, sottolinea il dualismo con il nemico predestinato che è Harry, si lega al concetto conclusivo del racconto – momento dove si palesa in maniera inequivocabile la differenza tra i due grandi maghi oscuri nonché protagonisti di questa storia – e, in ultimo, trovo sia un titolo abbastanza originale e in grado di catalizzare l’attenzione.
Utilizzo del prompt: 9/10
La frase scelta è “
Sorrideva di rado, ma in quei rari momenti potevi notare una luce sinistra nel suo sguardo”. Non era un prompt semplice, perché si legava indissolubilmente alla caratterizzazione del personaggio prescelto per lui, eppure sei stata molto brava a legare l’espressione e il suo significato a Tom – riuscendo anche a inserire il prompt fisicamente nel racconto e farlo divenire parte integrante delle tue parole e del tuo stile. Sono riuscita a vederlo, questo sorriso che illuminava in maniera sinistra lo sguardo di Tom (personaggio tra l’altro perfetto per un’espressione di questo tipo, credo di averla scritta pensando a lui), e sono riuscita a percepire quanto questo sguardo condizioni Gellert e sia importante ai fini del rapporto tra i due – minato, in un certo senso, dalla consapevolezza che quella luce sinistra è la parte più intima e vera di Tom.
Il motivo per cui il punteggio non è superiore a 9/10 è che nella parte conclusiva della storia, quando la narrazione muta spazio e tempo e arriva al presente, il prompt sparisce totalmente. Sparisce il riferimento e anche l’accenno, mentre diventa protagonista il dualismo vita-morte e la diversa concezione che i due protagonisti hanno del vivere e del sopravvivere. C’è spazio solo per la risata di Gellert nelle ultime righe – una risata che chiami in causa ben due volte in uno spazio irrisorio –, ma non per lo sguardo di Tom. Trattandosi della scena finale, della conclusione del tuo racconto, ho reputato giusto far pesare sul punteggio di questo parametro l’assenza – ovviamente, trattandosi di un dettaglio, il punteggio resta molto alto!
Caratterizzazione e IC dei personaggi: 8/10
Ho letto la tua storia più volte, sono stata piuttosto indecisa sul punteggio da assegnarti, anche perché i personaggi scelti sono entrambi molto complessi.
Partendo da
Tom, l’elemento che inizialmente mi ha un po’ stranita è quell’autodefinirsi un idealista, dato che ho sempre immaginato che lui si considerasse al contrario molto concreto, l’unico in grado di leggere correttamente la realtà. Tuttavia, approfondendo la lettura, ho poi capito che quel “idealista” detto da Tom è in realtà sia una provocazione a Gellert (compensata immediatamente da quel “so essere anche pragmatico”) che la maniera sintetica per descrivere un progetto che va al di là del comune – il suo mondo idealizzato. Di conseguenza, ho alla fine apprezzato questo termine tanto forte. Per il resto, non ho avuto altri dubbi: la caratterizzazione di Tom è perfetta e decisamente IC; il suo sorriso sinistro, la sua bellezza appariscente e la sua spietata follia – c’è tutto di lui, tutto di questo giovane mago assetato di potere e di morte, che crede di aver finalmente trovato un pari in Gellert ed è poi costretto a ricredersi, e a quel punto non ha remore a rinfacciargli la propria delusione e ad abbandonarlo. Molto ben caratterizzato, di contro, anche Voldemort, che è più fragile di Tom Riddle, più “trasparente” nelle sue emozioni e ormai fuori controllo – l’uomo che, per il troppo fuggire dalla morte, ha paradossalmente dimenticato di vivere.
Diversamente, la caratterizzazione di
Gellert mi ha convinta un po’ meno e quanto ti dirò a proposito è il motivo per cui il punteggio non è superiore a 8/10. Il tuo Gellert mi è parso sin dalle prime righe un personaggio più debole della controparte cartacea, mi è sembrato già arreso, già “redento”; e mi è parso così in un momento della sua vita in cui, ci dice la Rowling, è al massimo del suo potere e sta conquistando l’Europa, tanto che di lì a breve dovrà scendere in campo Albus Silente in persona per fermarlo; questo elemento qui, a mio avviso, stride con la caratterizzazione originale del personaggio. Ciò nonostante, ho compreso (prima ancora di leggere le note alla storia) quale sia stato il tuo disegno per lui: un personaggio che prende atto di scelte sbagliate compiute e che comprende le scelte di vita del suo antico alleato; questo è molto chiaro nel finale, dove riprendi anche estratti del libro e ci mostri un Gellert che agisce per il bene, quello vero (molto bello il significato nuovo che assume “Bene Superiore” in questo frangente). Tuttavia, malgrado io abbia compreso il tuo disegno e l’abbia trovato ben sviluppato nello spazio del racconto, non ho potuto esimermi dall’assegnare una penalità a questa caratterizzazione che un po’ sfugge da ciò che sappiamo del Grindelwald al massimo del suo potere. Trattandosi di un personaggio che la Rowling non ha mai approfondito dal punto di vista psicologico, non ho però ritenuto di dover far pesare troppo la tua licenza, dopotutto non possiamo sapere cosa pensasse Gellert in quegli anni né come li vivesse, dunque non posso dire che la tua interpretazione sia del tutto implausibile o incoerente. Alla fine di questo tortuoso ragionamento, ho dunque scelto di assegnarti 8/10.
Totale: 40/45
Prima classificata Le maschere imperfette di Mary Black con 45/45
Grammatica: 10/10
Perfetta!
Stile e lessico: 10/10
Come è intuibile dal punteggio, non ho nessun appunto da farti in questo parametro, e potrei fermarmi qui se non fosse che non sarebbe affatto corretto nei tuoi riguardi, quindi passo a spiegarti il motivo per cui ho reputato giusto assegnarti 10/10.
Partendo come consuetudine dallo
stile, l’ho trovato perfetto. Una prima lode va alla gestione della prima persona: rispetto a tue storie più datate, trovo che tu sia diventata ancora più padrona di questo tipo di narrazione; qui abbiamo un flusso di pensieri, emozioni, stati d’animo, gesti descritti nell’istante in cui la voce narrante (nonché protagonista) li sta vivendo, e non c’è nessuna costruzione sintattica tortuosa né un lessico troppo complesso, c’è anzi l’equilibrio –
o squilibrio, che dir si voglia! – proprio di una prima persona narrante particolarmente emotiva.
Menzione di merito va alla punteggiatura, che hai utilizzato in maniera sapiente, ricorrendo anche all’uso dei puntini di sospensione nel discorso indiretto, che sono sempre una lama a doppio taglio – ma che tu hai gestito perfettamente, dando alla narrazione un ritmo instabile, che accelera e decelera assieme ai tumulti interiori della protagonista, mettendo di fatto in scena tutto ciò che le sta accadendo sia fisicamente che emotivamente. L’uso del trattino lungo è a sua volta ottimo, ti avvali di questa pausa al sapore di parentesi laddove c’è davvero un inciso da isolare e porre in evidenza, non c’è spreco di espressioni.
Anche il corsivo, che trova sempre spazio nei tuoi testi, è ben calibrato. Inserito laddove può imprimere forza alla narrazione, mai sprecato e mai in eccesso. Prendi l’espressione “
le maschere crollano ma non cadono mai veramente, e la libertà è un miraggio affogato nel sangue”: il corsivo le dà intensità, avvisa il lettore che è dinanzi a un concetto chiave del racconto – e non mente, perché questa frase racchiude tantissimo delle vite e dei tormenti dei protagonisti, la giudico una frase “caratterizzante” i personaggi.
In ultimo, anche l’alternarsi di discorso diretto e indiretto è ben calibrato. Entrambi i momenti si incasellano l’uno con l’altro in un insieme finito e coerente. È una storia, stilisticamente parlando, decisamente coesa, malgrado l’alterarsi di tanti momenti in così poche parole, che risulta godibile alla lettura, seppure riconosco che non sia un testo per tutti – nel senso che palati abituati a gusti più immediati potrebbero non cogliere la sub-struttura formale e tutte le sfumature del testo; ma questo non può assolutamente essere un difetto, anzi!
Passando al
lessico, anche qui hai fatto un ottimo lavoro. Come detto in precedenza a proposito della prima persona, non fai uso di un registro linguistico “tortuoso”, ma riesci comunque a non essere banale né colloquiale, anzi non rinunci alle sfumature lessicali della lingua italiana, riuscendo a non ricorrere né a ripetizioni inutili né a espressioni banalizzanti (come già accennato). Un esempio perfetto è questa espressione:
• “
James ride senza gioia e s’allontana da me. La sensazione d’essere vuota è peggio d’una pugnalata al cuore, ma niente è doloroso quanto la sorpresa – e gli spasmi di piacere nel mio grembo ancora in fiamme, il senso di colpa che mi fiorisce tra le dita”: un lessico immediato che ti si ritorce contro all’improvviso, perché risulta chiaro che le parole siano state scelte con l’intenzione di comunicare una certa sensazione al lettore, e quelle da te scelte sono probabilmente le uniche possibili. Ecco allora che lui “ride senza gioia”, e non potrebbe né “sogghignare” né “sorridere”, perché non sarebbe la stessa cosa; lei avverte una sensazione che è come una “pugnalata al cuore”, un’espressione ingannevolmente banale che viene subito inglobata dalla tetra cornice lessicale del periodo, dove si avvicendano “spasmi di piacere” in un “grembo in fiamme” e un “senso di colpa” che “fiorisce tra le dita”, dita che ormai sappiamo essere traditrici e che probabilmente, per la protagonista, sono sporche di quel sangue causato dall’immaginaria pugnalata al cuore.
Tutto questo per dire che la struttura lessicale non è affatto semplice e che i suoi pregi contribuiscono ad arricchire il testo. Anche qui, dunque, hai fatto un ottimo lavoro.
Per questi motivi il punteggio non poteva essere diverso da 10/10, bravissima!
Titolo: 5/5
Hai scelto per la tua storia un titolo che racchiude in sé ciò che i tuoi protagonisti sono: delle maschere imperfette, maschere che non riescono né a nasconderli né a rivelarli, ma di cui entrambi i personaggi sono in un certo senso prigionieri. È inoltre anche un titolo che dà già un primo sentore dell’atmosfera decadente del racconto e della sua drammaticità, in questo dunque riesce a comunicare in maniera esemplare al lettore che tipo di storia si ritroverà dinanzi. È anche un titolo piuttosto originale, che non necessariamente sarebbe venuto in mente a chiunque; ha anche il pregio di essere breve e incisivo – sostantivo e aggettivo, senza reggenza verbale, un’unità nominale che per natura comunica l’idea di un qualcosa di fermo e cristallizzato nel tempo; proprio come sono i tuoi protagonisti, immobilizzati dalle spire delle loro maschere. Per questi motivi, dunque, ho assegnato 5/5 in questo parametro, non avendo proprio nessun appunto da muoverti. Bravissima!
Utilizzo del prompt: 10/10
La frase da te scelta è “
I tradimenti sono solo maschere cadute, rivelano di te chi sei e cosa desideri sopra ogni cosa.”, che hai utilizzato egregiamente come prompt del racconto. Non l’hai inserita fisicamente, ma è il concetto chiave su cui si articola e si snoda la tua trama. I tuoi protagonisti sono due traditori, due anime impenitenti destinate a tradire ancora, persino contro la loro volontà. E questi tradimenti, sopratutto nel caso di Rose, rivelano chi sono realmente e cosa desiderano oltre tutto e tutti, oltre la morale, il pudore, i sentimenti stessi. Inoltre, la metafora delle maschere è poi particolarmente presente, rimarcata dalla consapevolezza che pur crollando non cadono mai realmente, perché non si esce mai allo scoperto, non si smette mai di mentire alla società e, di conseguenza, non si smette mai di essere traditori. Hai messo letteralmente in scena la mia citazione, facendola tua e ampliandone il significato sulla base della tua narrazione. 10/10!
Caratterizzazione e IC dei personaggi: 10/10
Qui confesso di aver avuto un po’ di difficoltà. Ho riconosciuto immediatamente i James e Rose della tua long, una sensazione che le tue note hanno confermato essere giusta; di conseguenza, ho cercato di prendere le distanze dalle informazioni che avevo grazie alla lettura della long e di valutare le caratterizzazioni così come sono in questa singola flashfic. Mi sono chiesta: se non avessi letto la long, come avrei trovato queste caratterizzazioni? La risposta è evidente dal punteggio assegnato, cioè le avrei trovate comunque riuscite, e ti spiego il perché.
Nonostante le poche parole a disposizione, complici la narrazione in prima persona e i dialoghi molto efficaci, sei riuscita a dare al lettore un’idea definita dei tuoi protagonisti.
Rose, protagonista indiscussa e voce narrante, è vittima di se stessa, innamorata oltre l’amore stesso, un sentimento così irruento e sbagliato da essere in realtà la sua più grande debolezza. I riferimenti a Scorpius e all’amore che comunque crede di provare per lui pongono l’accento sul carattere volubile della protagonista, facendo comprendere al lettore quanto sia difficile per lei
scegliere un amore devastante come quello di James. Allo stesso tempo, però, non riesce neanche a fuggirlo in eterno, e difatti malgrado il matrimonio torna a rifugiarsi tra le braccia del suo grande amore, del suo peccato più grande – tradendo tutto e tutti: il marito, la famiglia, la morale, anche se stessa quando non trova la forza di vivere alla luce del sole questo rapporto. È piena di sfaccettature Rose, ed è molto umana nella sua infinita debolezza, in questa infelicità che sembra essere parte di lei. L’hai caratterizzata al di là della felicità, che è
oltre assieme a James. Una caratterizzazione molto forte e definita, nonché molto originale.
Passando a
James, lui è un po’ la vittima di questa tragedia romantica. Lui è completamente in balia di Rose, delle sue scelte e dei suoi sentimenti; questo risulta chiarissimo nel finale del racconto, dove James tenta di andare via, di mettere l’odio tra loro due, ma lo sai tu, lo sa Rose e lo sa il lettore che lui tornerà da lei, che malgrado voglia fuggirle non riuscirà mai a sbatterle la porta in faccia – finché lei lo vorrà, lui ci sarà. Tuttavia, è anche un personaggio a suo modo rude, impudico e sfacciato, che non lesina a prendersi ciò che desidera e a rinfacciare a Rose che brancola nella menzogna e costringe lui a fare altrettanto. A suo modo, anche James è debole, ma mentre Rose sembra esserlo di natura, lui è indebolito dall’amore smisurato, folle e forse anche malsano che nutre per lei, per la quale – è evidente – è disposto a tutto, anche a dividerla con un altro, anche a rinfacciarle i loro peccati mentre la bacia, anche a tradire il mondo intero.
Sono due personaggi decadenti, che si scambiano amore e dolore contemporaneamente. Una caratterizzazione convincente e originale, non ho nessun appunto da farti!
Totale: 45/45[Modificato da Rosmary 12/03/2018 00:07]