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Perchè Davide non morì a seguito del peccato con Betsabea

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2017 20:24
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16/02/2017 19:15
 
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*** w10 15/3 pp. 28-29 Domande dai lettori ***

Ezechiele 18:20, secondo cui “il figlio stesso non porterà nulla a causa dell’errore del padre”, contraddice forse Esodo 20:5, dove si legge che Geova reca “la punizione per l’errore dei padri sui figli”?

Non c’è contraddizione tra i due versetti. La prima dichiarazione dà risalto alla responsabilità dell’individuo, mentre la seconda prende atto di una realtà: l’errore di una persona può avere delle conseguenze che si ripercuotono sui suoi discendenti.

Il contesto indica che in Ezechiele capitolo 18 si pone l’accento sulla responsabilità personale. “L’anima che pecca, essa stessa morirà”, afferma il versetto 4. Che dire invece dell’uomo “che sia giusto e che abbia eseguito diritto e giustizia”? “Positivamente continuerà a vivere”. (Ezec. 18:5, 9) Pertanto, una volta raggiunta un’età in cui è abbastanza maturo da essere ritenuto responsabile delle proprie azioni, ciascuno è giudicato “secondo la sua via”. — Ezec. 18:30.

Il caso del levita Cora illustra questo principio. Durante il viaggio di Israele nel deserto, Cora cominciò a sentirsi insoddisfatto dei suoi privilegi di servizio. Nel tentativo di assicurarsi il sacerdozio, lui e altri si ribellarono contro i rappresentanti di Geova, Mosè e Aaronne. Geova mise a morte Cora e gli altri ribelli per avere cercato presuntuosamente di ottenere quell’incarico, un privilegio al quale non avevano diritto. (Num. 16:8-11, 31-33) I figli di Cora, però, non si unirono alla ribellione, e Dio non li ritenne responsabili del peccato del loro padre. La lealtà a Geova salvò loro la vita. — Num. 26:10, 11.

Come va inteso invece l’avvertimento di Esodo 20:5, che fa parte dei Dieci Comandamenti? Ancora una volta, consideriamo il contesto. Geova aveva appena stipulato il patto della Legge con la nazione di Israele. Dopo avere appreso i termini del patto, gli israeliti dichiararono pubblicamente: “Siamo disposti a fare tutto ciò che Geova ha proferito”. (Eso. 19:5-8) La nazione nel suo insieme strinse così una speciale relazione con Geova. Pertanto, le parole riportate in Esodo 20:5 furono fondamentalmente rivolte all’intera nazione.

Quando gli israeliti erano fedeli a Geova, la nazione ne traeva beneficio e riceveva molte benedizioni. (Lev. 26:3-8) Era vero anche il contrario. Quando la nazione gli voltò le spalle e seguì falsi dèi, Geova smise di benedirla e di proteggerla, e su di essa si abbatté la calamità. (Giud. 2:11-18) Certo, alcuni rimasero leali a Dio e osservarono i suoi comandamenti nonostante la nazione nel suo insieme praticasse l’idolatria. (1 Re 19:14, 18) Con tutta probabilità gli israeliti fedeli affrontarono delle difficoltà a causa dei peccati della nazione, ma Geova mostrò loro amorevole benignità.

Quando Israele violò i princìpi divini in modo talmente palese che il nome di Geova divenne oggetto di derisione tra le nazioni, Egli decise di punire il suo popolo permettendo che fosse portato in esilio a Babilonia. Ovviamente, in questo modo furono puniti sia i singoli che il popolo in generale. (Ger. 52:3-11, 27) La Bibbia mostra infatti che la colpa della nazione di Israele era così grave che tre o quattro generazioni, se non di più, subirono le conseguenze della cattiva condotta dei loro antenati, in armonia con l’affermazione di Esodo 20:5.

La Parola di Dio contiene inoltre esempi di famiglie che risentirono del cattivo comportamento dei padri. Il sommo sacerdote Eli offese Geova permettendo che i figli, “uomini buoni a nulla” e immorali, continuassero a servire come sacerdoti. (1 Sam. 2:12-16, 22-25) Poiché Eli onorò i figli più di Geova, questi decretò che la sua famiglia sarebbe stata destituita dal sommo sacerdozio, cosa che avvenne al tempo di Abiatar, di cui Eli era il trisavolo. (1 Sam. 2:29-36; 1 Re 2:27) Il principio di Esodo 20:5 si applicò anche nel caso di Gheazi. Egli approfittò della sua posizione di servitore di Eliseo per trarre dei vantaggi materiali dalla guarigione del generale siro Naaman. Geova pronunciò la sua condanna tramite Eliseo: “La lebbra di Naaman si attaccherà dunque a te e alla tua progenie a tempo indefinito”. (2 Re 5:20-27) I discendenti di Gheazi, quindi, subirono le conseguenze della sua condotta disonesta.

Geova, in qualità di Creatore e Datore di vita, ha tutto il diritto di stabilire qual è la punizione equa e adeguata in ciascun caso. Gli esempi citati dimostrano che gli effetti negativi dei peccati di una persona possono ricadere sui figli o sui discendenti. Comunque Geova “ode . . . il grido degli afflitti”; i singoli individui che si rivolgono a lui sinceramente possono godere del suo favore e ricevere anche un certo sollievo. — Giob. 34:28.
[Modificato da Hal.9000 16/02/2017 19:18]
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